La psicologia della musica è il nodo centrale legato sia alla percezione che alla possibilità di
esprimersi con il linguaggio delle neuroscienze. Questa disciplina ha diversi punti in contatto con la
musica, le emozioni e la musicoterapia, tre ambiti diversi che si influenzano a vicenda. La psicologia
della musica tocca anche la musicologia, con aspetti più applicativi legati all’insegnamento e alla vita
quotidiana (come la musica suscita un’emozione e perché).
La psicologia della musica nasce recentemente grazie a Ernest Kunt, un musicologo svizzero che nel
1931 individua un settore specifico di ricerca che permette di svincolare lo studio psicologico della
musica da quello della psicologia della percezione, settore che si occupava solo dell’ambito sensoriale
(come vengono percepiti i suoni) e non di quello strettamente musicale. Questa psicologia ha delle
radici che arrivano agli studi sugli effetti psicologici nell’attività musicale presenti nella filosofia
classica greca (Aristosseno da Taranto nel IV sec. divide la musica in tre “ethoi” sulla base di come
la musica agisce sull’animo umano). Dividiamo la storia della psicologia in 4 grandi periodi:
1- Tra metà ‘800 e inizio ‘900 abbiamo un primo periodo caratterizzato dalla psicoacustica e la
ricerca sulla natura dei suoni e il rapporto suono-musica
2- Nel secondo periodo abbiamo gli studi della Gestalt coi quali la psicologia della musica si
svincola dal riferimento percettivo
3- Il terzo periodo è contrassegnato dal cognitivismo, si esamina il problema della psicologia
della musica all’interno della competenza musicale (Sloboda ne è il principale artefice)
4- Il quarto periodo è il periodo del cervello musicale relativo al progresso delle neuroscienze
Seguendo i quattro periodo possiamo vedere come dalla percezione sonora si passa alla percezione
musicale, poi successivamente alla mente musicale e infine si giunge al cervello musicale.
I grandi precursori
Nel primo periodo bisogna ricordare due grandi figure: Helmholtz e Stumpf.
Helmholtz è uno dei primi studiosi a parlare di altezze tonali e lo fa nel suo trattato del 1963. Nel suo
trattato affronta anche il tema della psicoacustica e la teoria consonanza-dissonanza (o fenomeno dei
battimenti), due argomenti importanti per comprendere l’organizzazione del mondo sonoro. Secondo
Helmholtz due suoni che battono uno contro l’altro vanno a creare delle dissonanze, mentre le
consonanze si creano dalla fusione di due suoni. Egli insiste sulla natura del suono per andare a
spiegare questa teoria. Fino a una certa epoca solo alcuni intervalli erano classificati come consonati
(gli unisono, le quinte e le ottave) mentre tutti gli altri erano considerati dissonanti. Col tempo
troviamo altri intervalli presi in considerazione per questa categoria, un esempio è l’intervallo di
quarta che viene periodicamente spostata dentro e fuori dalle consonanze. Un intervallo che invece
successivamente viene inserito nelle consonanze è l’intervallo di terza.
Gli studi di Stumpf sono quelli che danno vita alla prima e vera opera di psicologia della musica. È
possibile scomporre la percezione uditiva in sensazioni elementari, ma la scomposizione va a
distruggere ciò che è musicale in quello che si ascolta. Il brano musicale è quindi una totalità di
sensazioni. Stumpf è il primo studioso a parlare del concetto di totalità, un concetto che va al di là
delle singole componenti. Questo argomento viene precisato da Von Ehrenfels, studioso che anticipa
molte delle idee della Gestalt. I suoni hanno delle proprietà gestaltiche, proprietà invarianti ad ogni
trasposizione, indipendentemente dalle singole note che costituiscono la melodia. Von Ehrenfels
spiega come una melodia può essere scritta in diverse tonalità, ma il rapporto tra le note rimane
sempre lo stesso. È la totalità che rimane invariata nonostante i singoli cambino.
La mente musicale
Il cognitivismo ha apportato una vera rivoluzione nella psicologia della musica. La percezione
musicale implica la formazione di una rappresentazione astratta o simbolica della musica. In questo
ambito Sloboda è il rappresentante per eccellenza, che insiste sul fatto che lo studio delle abilità
musicali si basi su un’astrazione dello stimolo fisico, determinando come le persone rappresentano
mentalmente la musica. La rappresentazione mentale fa riferimento ad una organizzazione strutturale
e Sloboda fa l’esempio di Mozart che in 2 ascolti è riuscito a imparare un brano musicale. Questa
padronanza della struttura è la stessa che hanno i giocatori esperti di scacchi, essa permette loro di
posizionare correttamente le pedine nonostante si trovino in disordine. Questa rappresentazione viene
dall’esperienza, dall’abitudine e dall’esercizio che segna il passaggio dal livello principiante a
maestro. Legato a questo concetto possiamo aggiungere il criterio dei 10 anni, secondo il quale dopo
10 anni le persone diventano esperte nell’ambito. Si dice che questo periodo di tempo sia il minimo
necessario per sviluppare la rappresentazione mentale che porta all’automatismo. Si crea uno schema
mentale legato all’influenza inconscia secondo cui a uno stimolo corrisponde automaticamente una
risposta. C’è continuità tra il piano dell’esperienza (apprendimento),gli aspetti strutturali e
organizzativi e l’apprendimento delle regole; il tutto rimane diverso dalla percezione di stimoli fisici.
Per esempio memorizzando una canzone l’altezza delle note non è essenziale come il rapporto esse.
Esperimenti di Vicario
Dislocamento temporale
Vengono fatti ascoltare tre toni con altezza diversa tra loro: il primo tono a 1770 hz, il secondo a 88.4
hz e il terzo a 1888 hz. Se i suoni vengono uditi in successione con un intervallo preciso, sentiamo in
ordine il primo suono, il terzo e il secondo. Su questo esperimento Vicario costruisce la teoria di
presente fenomenico: non prevale la successione degli eventi, ma è come se tutti gli eventi fossero
presenti allo stesso momento.
Timbro e tessitura
Se il timbro e la tessitura non sono esplicitamente scritti nella partitura esistono nella mente degli
esecutori e degli ascoltatori. Si può analizzare quello che nella partitura è presente in forma implicita.
Entrambi gli elementi possono essere considerati come un qualcosa al di là della scrittura musicale,
ma comunque presenti in forma implicita. Il timbro è uno di quegli elementi che è difficile da
comprendere e da riconoscere. Alcuni studi hanno considerato queste difficoltà percettive a livello
del timbro in relazione alla memoria, alle emozioni e alla percezione. Anche la tessitura è un concetto
poco definito nella letteratura musicale ed esistono molte definizioni che provano a spiegare cosa sia:
- sovrapposizione di più timbri strumentali
- sovrapposizione di note che non coincidono con un’armonia riconoscibile
- il risultato di armonie polifoniche non singolarmente percettibili
- il risultato di successioni temporali di note molto rapide non percettibili singolarmente
Secondo uno studio legato allo studio etologico del timbro, ci sono indizi inferenziali in cui erano
espressi strati della mente non facilmente definibili.
Si parla di inferenze con le risposte implicite, così quando abbiamo di fronte elementi come il timbro
o la tessitura possiamo fare associazioni inferenziali facendo riferimento all’esperienza senso-
motoria, intuendo quindi anche degli stati d’animo.
Musica e linguaggio
Il rapporto tra musica e linguaggio verbale ha costituito un argomento da sempre molto discusso, ma
negli ultimi tempi si cerca di sottolineare la loro interdipendenza. Due grandi studiosi si sono
avvicinati a questo argomento parlandone ampiamente nelle loro opere.
Darwin
Darwin nei suoi studi pone l’attenzione sugli animali emettono che note musicali, insistendo su alcune
specie come i gibboni che producono esattamente un’ottava di suoni musicali. Questo fa capire come
gli antenati dell’essere umano emettevano suoni musicali già prima di aver acquisito la capacità di
articolare la parola e che, quando la voce è usata sotto la spinta di una forte emozione, tende ad
assumere un carattere musicale. Possiamo così dedurre che il linguaggio verbale nasce dal canto, un
linguaggio che anche gli animali usano per esprimere emozioni. Darwin dimostra che nel canto dei
gibboni ci sono intervalli che danno un senso al canto, ricordando le riproduzioni di scale cromatiche
musicali. Ovviamente non tutti gli animali usano il repertorio musicale, ma si rifanno a segnali visivi
o olfattivi. Questi linguaggi vengono usati dai gibboni anche perché traggono piacere da questa
pratica, mettendo assieme la dimensione linguistica e quella estetica con la quale viene mostrato che
anche gli animali hanno cose che piacciono e cose che non piacciono. Nel mondo degli uccelli esiste
l’uccello lira che imita tutti i suoni che sente, mostrando grande capacità di apprendimento. In questo
mondo ci sono molti repertori che e gli uccelli organizzano in maniera molto simile all’uomo.
Fubini
Secondo Fubini la musica ha un legame evidente con il linguaggio e da questa unione due elementi
carenti di espressività riescono a trovare la loro pienezza espressiva. Fubini sottolinea come i due
linguaggi hanno bisogno uno dell’altro, diventando complementari nella sfera emotiva.
Anche nei film la musica riesce spesso a esprimere emozioni che le parole non riescono a evocare e
viceversa la parola descrive espressioni che la musica non riesce a rappresentare. Fubini ritiene che
la musica fa emergere ciò che nel linguaggio è soffocato o rimane latente. Essa può operare grazie
alla parentela originaria tra suono della musica e quello della parola. Anche quando si rende
autonomo, il linguaggio dei suoni conserva il ricordo di un rimando al mondo degli affetti.
Da questi due studi capiamo che il paragone tra musica e linguaggio verbale è alla base di ciò che
potrebbe essere definita la nostra conoscenza del mondo esterno. Sia la musica sia il linguaggio
verbale rappresentano degli strumenti di comunicazione e di conoscenza. Come ci ricorda lo
psicoanalista Mancia, non è un caso che i miti aborigeni della creazione in Australia narrino di
creature totemiche che avevano percorso il continente cantando il nome di ogni cosa e con il canto
avevano fatto esistere il mondo. Questa antica cosmogonia ci dice che il mondo può essere conosciuto
solo se scandito da canti. La creazione avviene attraverso il canto, rendendo reali elementi inanimati.
Il piacere
L’idea che il canto crei le cose può essere spiegata da un’osservazione di Darwin su alcuni animali
inferiori. In queste specie i maschi usano la voce per fare cosa gradita alle femmine e al tempo stesso
traggono piacere dai loro canti, nonostante non ci sia qualcosa che spieghi il perché tutto ciò avvenga.
Sembrerebbe che alla base della creazione attraverso il canto ci sia un piacere estetico. In questo tipo
di piacere potremmo trovare quel lato nascosto del linguaggio che la musica può evidenziare e che
consente di potere esprimere cose che attraverso il linguaggio verbale non potremmo esprimere.
Apprendimento linguaggio-musica
Il canto e il linguaggio hanno sviluppi paralleli: il linguaggio parte dalla lallazione, passa per le parole
pronunciate e arriva all’apprendimento di regole che gestiscono le parole e portano al linguaggio
verbale. Allo stesso modo il canto parte dalla lallazione cantata che diventa un canto spontaneo senza
regole, successivamente sono inserite regole e si comprenderanno le basi del linguaggio musicale che
darà il via a una vera e propria narrazione.
Linguaggio verbale e linguaggi artistici (•)
Forse il paragone tra musica e linguaggio verbale fa parte di un paragone più ampio che potrebbe
essere fatto tra linguaggio verbale e le diverse pratiche simboliche proprie di molti linguaggi artistici.
Il musicologo Molino ha cercato di descrivere questi momenti comuni nella conoscenza umana nel
suo modello del “fatto musicale totale”. Il linguaggio verbale è uno strumento di comunicazione e
rappresenta un sistema aperto orientato all’interazione con altre persone che si costruisce proprio in
virtù degli scambi comunicativi. In una certa misura anche la musica può essere vista come sistema
aperto che si costruisce nel momento in cui si il significato può risiedere anche al di fuori del sistema.
Possiamo considerare la musica anche come un sistema chiuso fatto di regole, il cui significato può
essere trovato solo al suo interno. La musica può essere un sistema chiuso fatto di regole, ma
rappresenta anche qualcosa di importante dal punto di vista emotivo per alcune persone. Assume un
significato a seconda di chi l’ascolta, diverso dal significato intrinseco, perché riguarda l’occasione
del ricordo della canzone in una precisa situazione. Questa interazione tra intrinseco ed estrinseco è
un sistema di comunicazione che troviamo nella musica contemporanea.
4’33”
Nel 1952 il compositore americano John Cage fece eseguire a un pianista un’opera intitolata 4’33”
che presenta una partitura particolare in cui possiamo vedere l’aspetto estrinseco della musica.
Nell’esecuzione del pianista David Tudor viene segnato l’inizio e la fine di ogni movimento aprendo
e chiudendo il coperchio della tastiera. Il primo movimento dura 33”, il secondo 2’40” e il terzo 1’20”.
Furono lasciate aperte le finestre della sala da concerto in modo che si sentisse il canto degli uccelli.
L’aspetto rivoluzionario di Cage si appoggia a una forma di musica provocatoria con un significato
preciso: indurre ad ascoltare i rumori del mondo con intenzione d’ascolto musicale come Schaeffer.
Cage dichiarò che più si scopre che i rumori del mondo sono musicali più c’è musica. Questo gesto
provocatorio di Cage aveva dei precedenti illustri come nel Trovatore di Verdi o nell’Oro del Reno
di Wagner quando i due compositori avevano inserito delle incudini nell’orchestra.
Nel 1913 Russolo pubblica L’arte dei rumori e organizza un concerto di rumori, mentre tra 1929 e
1931 Varèse compone Ionisation, un brano per sole percussioni. Nel 1948 Schaeffer inventa il
concetto di musica concreta.
La rivoluzione tecnologica
Queste esperienze e provocazioni rispecchiavano una realtà musicale diversa rispetto a quella di pochi
anni prima. L’avvento dei nuovi mezzi di riproduzione (dischi e computer) ha cambiato le modalità
di fruizione musicale e il rapporto uomo-musica. La stessa rivoluzione tecnologica ha permesso di
riscoprire e registrare i suoni provenienti dalla tradizione orale musicale. Questa rivoluzione ha
permesso grandi passi avanti nel campo dell’etnomusicologia, riuscendo a registrare e venire a
conoscenza di nuovi diversi repertori musicali. La musica non è solo suono organizzato, quando noi
qualifichiamo come musicale un qualsiasi fenomeno ci riferiamo ad una realtà definita “fatto musicale
totale” (Molino, 1975). Per comporre, produrre e ascoltare il suono occorrono cose diverse dal suono
stesso: esseri umani, strumenti, istituzioni e categorie sociali. Non di meno però sono le realtà non
musicali a essere saldamente legate alla costruzione del fatto musicale totale.
Le pratiche simboliche
Nel tentativo di comprendere cosa sia la musica, l’errore fatto è stato di partire da una divisione delle
forme simboliche in categorie relativamente stagne (il linguaggio, la musica, il gioco) che non
reggono il confronto con le delimitazioni e i significati propri di ciascuna cultura. Un esempio sono i
concetti di altezza e timbro che non sono elementi esclusivi della musica. Conviene individuare
componenti che caratterizzano le varie pratiche simboliche riguardanti ogni forma di comunicazione.
Le 9 componenti
Nel modello Molino ci sono 9 componenti legate alle pratiche simboliche:
- I parametri sostanziali→ riguardano l’organizzazione delle forme simboliche trovandoci
ritmo (tipico nel rituale, nella danza, nella parola, nel disegno o nella musica), modulazioni
dell’altezza, intensità piano-forte (in musica, nel linguaggio e nell’arte) e il timbro
- I movimenti del corpo→ accompagnano la produzione linguistica (gesti), la produzione
vocale e strumentale in musica, la danza, l’azione teatrale.
- L’impiego di strumenti→ dalla matita al computer, dai costumi agli attrezzi, alle luci, dalla
cinepresa al proiettore
- I contesti e le circostanze→ circostanze concrete con cui si iscrivono le pratiche simboliche
(raduni, comizi politici, congressi…)
- La dimensione pragmatica→ le forme e pratiche simboliche in tutte le forme di espressione
artistica acquisiscono una dimensione pragmatica tipica dell’uso fatto (ludico, competitivo…)
- Il quadro di scambio simbolico→ ogni esperienza artistica segue uno schema costituito da 3
istanze, il produttore della forma che crea una traccia (verbale, grafica, sonora) riferendosi a
uno o più destinatari.
- I rimandi associativi→ le pratiche simboliche creano associazioni mentali di ogni natura nel
fruitore e nel produttore; i significati lessicali e delle frasi nel linguaggio verbale, i diversi
livelli di significato nelle arti plastiche, le immagini e le connotazioni emotive in musica
- I giudizi estetici→ sono un particolare tipo di associazione mentale suscitati dalla musica
occidentale, dalla parola (ha una bella voce) o dagli edifici (questo edificio è orribile)
- Il metalinguaggio→ le forme e le pratiche simboliche danno luogo a enunciati metalinguistici
attraverso i quali l’essere imano ne prescrive il funzionamento. Laddove un uomo o una donna
cantano, danzano o suonano uno strumento, qualcun altro cerca di comprendere ciò che fanno.
Alla luce delle considerazioni di Molino possiamo esaminare le esperienze in ambito didattico
musicale fatte fin dai primi anni del secolo scorso che attraverso l’espressione corporea e
vocale, volevano insegnare ai bambini l’amore per la musica e salvaguardare proprio
quell’aspetto del linguaggio musicale inteso a rendere possibile la conoscenza del mondo.
Musica e psicolinguistica
Il fascino del paragone linguaggio verbale-musica nasce da elementi universali presenti nella musica
e nel linguaggio e che concernono gli aspetti strutturali e grammaticali. La psicolinguistica di
Chomsky costituisce un punto di partenza e di riflessione anche per capire il linguaggio musicale. Lo
stesso concetto verrà poi affrontato da Sloboda negli anni Ottanta. Tutte le lingue del mondo hanno
in comune delle caratteristiche che vanno a costituire la rammatica universale, una struttura già
esistente che deve solo essere riempita con gli elementi della lingua a cui si è esposti. La Grammatica
universale ha dei principi generali validi per tutte le lingue, con parametri che devono essere
specificati: Io sto andando al cinema = Sto andando al cinema; in inglese non posso omettere il
soggetto per cui abbiamo il parametro del soggetto obbligatorio. Chomsky spiega come l’uomo abbia
la capacità di parlare anche grazie a un organo, la grammatica universale, e a un dispositivo, il LAD
(Language Acquisition Device) che permette di elaborare frasi e comprendere discorsi. Il punto di
vista della psicolinguistica di Chomsky nasce dallo studio di quest’ultimo dell’opera di un altro
studioso sull’apprendimento del linguaggio. Le regole sono universali perché valgono per tutte le
lingue. Chomsky esegue in seguito un’analisi grammaticale andando a segmentare le frasi secondo le
principali componenti, impostando il lavoro con il concetto di riscrittura secondo il quale una frase
ha lo stesso significato all’attivo e al passivo. Abbiamo anche il caso in cui una stessa frase ha due
significati diversi e due interpretazioni diverse. Da questo concetto di Chomsky nascono due
definizioni legate alla struttura della frase: la struttura di superficie può veicolare significati diversi,
mentre la struttura profondo è il significato stesso. Per cui a strutture di superficie uguali, possono
corrispondere strutture profonde diverse e viceversa. Il modello di Chomsky è chiamato modello
trasformazionale perché prevede queste trasformazioni attraverso delle determinate regole. Una
posizione simile a quello di Chomsky la troviamo nel sistema di analisi del musicologo Schenker.
Studio di Schenker-Ursatz
Il concetto di struttura profonda di Schenker è legato al diverso rapporto creato tra le note secondo
una serie di regole. L’Ursatz è la struttura profonda costituita da una linea melodica fondamentale e
un arpeggio di basso. Per capire l’Ursatz bisogna partire dal rapporto tra armonia e melodia in musica.
L’Ursatz è un concetto simile a quello della triade di tonica, però non lo rappresenta al completo,
infatti alcune note appartengono alla triade di tonica mentre altre appartengono ad altre triadi.
Nell’Ursatz abbiamo una progressione che è tipica dell’armonia tonale e va dalla creazione di una
tensione motivata alla sua risoluzione. Ciò che sostanzialmente differenzia Chomsky e Schenker è
che il primo voleva dimostrare il carattere generativo della musica poiché conoscendo il linguaggio
possiamo creare infinite frasi.
Il pensiero musicale
Parlare di metafore della musica significa far riferimento a categorie di pensiero e comprendere cosa
è davvero il pensiero musicale. Esso può essere inteso come idea musicale legata alla composizione.
Ma questa definizione è riduttiva perché il pensiero musicale opera in tutte le attività legate alla
musica, a partire dalla composizione, per arrivare all’interpretazione, all’ascolto o al ricordo.
Metafore fisiche: è importante usare metafore fisiche come “esecuzione vigorosa”, “legato fluente”.
Queste metafore sulla musica riferite al movimento possono essere un potente mezzo, per esecutori,
insegnanti e studenti, per sviluppare aspetti musicali e tecnici. Ad esempio immaginando che lo
strumento da apprendere sia la chitarra, si può far notare che la sua forma è simile a quella del corpo
umano, suggerendo la necessità di “cullarlo” con leggerezza.
Da dove hanno origine queste metafore? Fin dalla nascita i genitori fanno saltellare ritmicamente i
bambini, si rivolgono loro con un linguaggio tipico che si usa coi neonati con molti elementi musicali.
Si tratta di esperienze protomusicali che hanno nel corpo e nella sua espressione il principale
referente. Questi movimenti sono funzionali ad istanze comunicative e favoriscono adattamenti
fisiologici ed emozioni.
Schema corporeo: Le idee e i concetti musicali nascono nel corpo e si manifestano attraverso precisi
schemi di rappresentazione. Le metafore della musica farebbero riferimento a schemi corporei.
Sembrerebbe che nel pensiero musicale ci sia un frequente e continuo ricorso a meccanismi analogici,
il rinvio ad uno schema che contenga i principali aspetti espressivi di determinate qualità che vogliono
essere comunicate ad altre persone.
Kivy e Davies: Per Kivy alcuni brani musicali esprimono una certa emozione perché è possibile
percepire che alcuni tratti sono "strutturalmente simili a quelli della nostra voce" quando questa
esprime tale emozione nella vita quotidiana. Diciamo "questa musica è espressiva di tristezza" perché
assomiglia al nostro tono vocale nei momenti di tristezza. Per Davies quando si pronuncia "questa
musica è triste", si sente un'analogia tra il movimento percepito ascoltando il brano in questione e i
movimenti che, come componenti del comportamento di una persona, ci fanno dire che tale persona
è triste. Nel movimento musicale viene percepito qualcosa che è presente anche nei movimenti che
sono espressioni di tale emozione. Nel caso della tristezza si percepiscono movimento di lentezza,
andamenti vacillanti, esitanti e irregolari.
La tradizione darwiniana e degli studi etologici: Darwin aveva osservato che le modulazioni della
voce in altezza erano funzionali all’espressione di stati emotivi e che ciò avesse un’origine antica,
probabilmente precedente allo sviluppo del linguaggio. Dagli studi dello stesso Darwin e da lavori
più contemporanei possiamo osservare come alcuni gruppi di scimmie della famiglia dei gibboni
usino delle variazioni nell’altezza tonale in vere e proprie sequenze cantate con duetti, assoli e cori.
La funzione di questi canti è legata all’espressione di segnali comunicativi all’interno di attività
tipiche come la riproduzione sessuale o l’allarme per qualche pericolo. Queste situazioni sono legate
a contesti emotivi specifici come paura, rabbia, felicità o tristezza espresse tramite le modulazioni.
Musica come sistema di comunicazione: La musica è sia linguaggio delle emozioni che sistema di
comunicazione e occorre precisare due aspetti:
- Prima idea→ le espressioni vocali e i movimenti del corpo, attraverso processi di analogia e
metafora, si trasformano in concetti che fanno parte del sapere musicale e permettono di
esprimere e vivere pienamente le nostre emozioni. Inoltre, attraverso la musica, si attuerebbe
un passaggio dal mondo delle proprie esperienze interne a quello esterno.
- Seconda idea→ nel discorso musicale il significato che ne deriva è il frutto di un’attività di
costruzione e collaborazione. Una parte della forma musicale viene creata nell’atto stesso del
fare musica insieme ad altri o anche nell’ascolto.
In sostanza c’è un pensiero musicale che utilizza codici diversi dalle parole. La musica viene spesso
collegata a molte attività quotidiane in cui si utilizza il linguaggio verbale e per questo le metafore
sulla musica sono così frequenti. La musica oltre a essere un pensiero che si organizza secondo sue
regole, è anche oggetto di pensiero che dischiude i suoi segreti ci consente di trovare le sue metafore.
L’esecuzione musicale
Parlando dell’esecuzione musicale Sloboda si sofferma principalmente su tre aspetti: la lettura a prima
vista; le prove e gli esercizi; l’esecuzione al livello esperto.
La lettura a prima vista
La capacità di una buona lettura musicale è un aspetto importante dell’esperienza musicale eppure i
buoni lettori sono comunque pochi. Ciò dipende dai metodi didattici che trascurano il momento della
lettura e incentivano la memorizzazione del brano.
Differenze con il linguaggio verbale La lettura musicale è diversa dalla lettura: nel linguaggio verbale
la lettura a prima vista è più immediata anche perché ha un compito diverso. Con la lettura verbale
bisogna cogliere il senso della frase, così leggiamo in silenzio senza soffermarsi su ogni parola. La
lettura musicale è più complessa perché non si possono eseguire troppe deviazioni. L’analogia più
vicina nei termini del linguaggio verbale è la recitazione di un testo da parte di un attore.
I movimento oculari Per lo studio della lettura nel linguaggio verbale e nel linguaggio musicale, lo
studio dei movimenti oculari fornisce importanti indicazioni: movimenti oculari rapidi e a scatti
(saccadi) o pause di fissazione. L’informazione visiva avviene nelle pause di fissazione; le fissazioni
sono irregolari e privilegiano alcuni punti della lettura. Nel linguaggio verbale ci si sofferma più sui
verbi che sugli articoli e le conoscenze linguistiche interagiscono con le informazioni periferiche.
Nella musica contrappuntistica ci sono movimenti oculari diversi rispetto ai brani accordali, infatti
possiamo vedere prima una linea melodica e poi una seconda linea melodica.
Vedere in anticipo Una caratteristica importante per una buona lettura a prima vista è il “vedere in
anticipo”, anticipando la lettura. Questo anticipo è chiamato “estensione occhio-voce” e possiamo
vederlo nell’esperimento di Shaffer (1976) coi dattilografi: i testi sono mostrati su un monitor e ogni
volta che il dattilografo batteva un carattere, tutti i caratteri dello schermo si spostavano di uno spazio
a sinistra; il carattere più a sinistra scompariva e ne compariva uno nuovo a destra. La variabile
manipolata dallo sperimentatore era il numero di caratteri non ancora battuti. Le prestazioni dei
dattilografi esperti si stabilizzavano se il numero di caratteri non ancora battuti disponibili sullo
schermo era 8, ma si vide che l’intervallo necessario era una parola.
Un altro esperimento importante è l’esperimento di Levin e Addis (1980) e di Levin e Kaplan (1970).
Per determinare l’estensione occhio-voce nella lettura del linguaggio si chiedeva ai soggetti di
continuare a leggere ad alta voce un brano dopo che il foglio su cui era stato scritto il testo era rimosso.
Nelle normali situazioni di lettura l’estensione occhio-voce di un lettore esperto va da 4 alle 6 parole.
Applicazioni in musica Questi esperimenti vengono replicati in musica da Sloboda su una linea
melodica e i risultati indicavano che i lettori più abili riuscivano ad eseguire fino a sette note giuste.
L’estensione occhio-mano è determinata anche da altri fattori strutturali; si contrae o si espande a
seconda se l’interruzione (ritiro del foglio) avviene vicino o lontano dalla fine di una frase musicale.
È anche vero che la frase musicale è un punto di riferimento troppo ampio e bisogna considerare le
unità di esecuzione in cui il lettore divide la frase basandosi sulla sua struttura ritmica e armonica.
Quando nelle melodie mancano le normali progressioni armoniche l’estensione occhio-mano
decresce, come decresce nascondendo divisioni ritmiche tra parti con aggiunta di note di passaggio.
Il confronto tra lettori buoni e mediocri dimostra che questi ultimi hanno un’estensione minore (tre o
quattro note) anche quando le melodie sono strutturalmente inequivoche. I lettori mediocri si
comportano con la musica “normale” come i buoni si comportano con la musica “oscura”. Se la
capacità di vedere lo scritto in anticipo dipende dall’abilità di isolare unità strutturalmente definite, i
lettori mediocri hanno minore capacità di farlo.
Esposizione di stimoli visivi per durate molto brevi Un elemento importante legato alla lettura a prima
vista è l’errore del correttore di bozze per cui la nostra mente corregge automaticamente un errore di
scrittura. Il lettore pensa di aver visto uno stimolo corretto nonostante non sia così e questo errore
esiste anche in musica come ci dimostra Sloboda nel suo esperimento. Questo esperimento aveva
senso se si insisteva sulla memoria musicale di musicisti esperti e non musicisti. Vengono presentati
suoni da 20 msec a 2 sec e fino a 100 msec le prestazioni rimangono scadenti per entrambe le parti
con un migliore ricordo del contorno per i musicisti da 100 msec in poi. I musicisti arriveranno poi a
ricordare fino a 6 note a differenza delle 3 dei non musicisti.
Aspetti espressivi della lettura a prima vista L’espressività è un elemento importante nell’esecuzione
musicale. Un’esecuzione inespressiva è considerata un’esecuzione scolastica e anche se priva di errori
non verrebbe considerata musicalmente efficace. I mezzi escogitati per rendere un’esecuzione
espressiva sono legati alla durata, all’intensità e all’accento posto sulle note. Questi elementi fanno
parte dello stile espressivo dei pianisti esperti, trovando applicazione anche nella lettura a prima vista.
Esperimento di Shaffer (1980) Per esaminare le costanti stilistiche interpretative, Shaffer collegò un
calcolatore ad un pianoforte a coda in modo da registrare informazioni precise sulla durata e
l’intensità di ogni nota. Il soggetto non aveva eseguito il brano richiesto da molti anni e dopo la prima
esecuzione gli venne chiesto di suonarla ancora una volta senza istruzioni sul come eseguirla. Le
esecuzioni erano simili sul piano espressivo e infatti all’interno delle misure, ordinando per rango le
intensità delle singole note, si riscontravano valori uguali nelle due prestazioni. Così vi erano note
che in entrambe le esecuzioni venivano accentate, anche se lo spartito non lo prevedeva.
Le regole espressive La regolarità negli accorgimenti espressivi usati fa pensare a regole che si creano
nell’ascolto critico. Le caratteristiche espressive sono inutili se non possono essere rilevate dagli
ascoltatori, avendo anche un diverso valore nell’esecuzione di brevi sequenze e nell’esecuzione
complessiva del brano. Sloboda descrive la sua sorpresa nello scoprire quanto poco fossero rilevabili
certi errori che inizialmente erano apparsi catastrofici. Una componente della lettura a prima vista
consiste nel sapere quali parti della musica saranno prive di salienza per l’ascoltatore.
Programmazione motoria Per mettere in musica accorgimenti espressivi è importante stabilire una
serie di comandi che i muscoli dovranno eseguire. Le sequenze motorie vanno programmate con
sapiente uso della diteggiatura. I pianisti esperti possono usare differenti diteggiature in esecuzioni
diverse dello stesso brano, ottenendo lo stesso suono. L’esecuzione è il risultato dell’interazione tra
piano mentale e un sistema flessibile di programmazione motoria.
Prove ed esercizio
Nelle prove è importante la ripetizione delle parti; l’uso della ripetizione delle parti indica maggiore
consapevolezza della struttura della musica da apprendere in cui le parti ripetute sono isolate come
unità significative. Dividere la musica in unità aiuta a memorizzare e costruire un’esecuzione fluida.
La composizione musicale
Sloboda individua 4 metodi di indagine:
1- La storia di un’opera specifica come ci viene rilevata dai manoscritti del compositore. Gli
abbozzi ci possono mostrare i cambiamenti nel tempo di composizione. Anche dal manoscritto
finale, come nel flauto magico di Mozart si può inferire qualcosa del processo compositivo
2- Esame di quanto i compositori stessi dicono dei propri processi compositivi
3- Osservazione diretta dei compositori durante la fase dei propri processi compositivi
4- Osservazione del compositore all’opera (improvvisazione)
Gli abbozzi
In termini musicali gli abbozzi sono considerati esperimenti falliti non avendo la completezza del
manoscritto finito, ma testimoniano delle direzioni che l’autore ha poi rifiutato. In termini di analisi
del processo compositivo ci permettono di capire con che mezzi un’opera è stata portata a termine.
Gli abbozzi possono essere esaminati secondo tre linee interpretative:
Gli aspetti strutturali Prendendo come esempio gli abbozzi di Beethoven della sonata per piano n.10
e n.3 e mettendoli a confronto con la versione finale, vediamo che gli abbozzi sono tentativi di
riempire una struttura già definita nella mente dell’autore. Tuttavia alcuni vincoli posti all’inizio sulla
struttura della frase sono stati abbandonati nel processo compositivo a favore di nuovi obbiettivi.
Vediamo come in Beethoven l’idea fondamentale della composizione è soggetta a diversi
esperimenti, ma comunque è già ben chiara nella mente del compositore.
Gli aspetti temporali Se confrontiamo due abbozzi in successione non bisogna ritenerli troppo vicini
alla sequenza del processo compositivo perché possono essere separati da riflessioni non scritte.
Significato degli abbozzi per il compositore Per il compositore l’abbozzo è un aiuto alla memoria,
infatti ci possono essere segni criptici o tracce di ossatura utili per recuperare l’intera idea. Beethoven
tracciava solo la linea melodica senza armonia o contrappunto sapendo di poter recuperare il resto o
generarlo di nuovo.
Stravinsky
Negli abbozzi di Stravinsky vediamo somiglianze e differenze con quelli di Beethoven. Le
somiglianze sono che entrambi usano uno schema che sarà sviluppato nella versione finale, usando
l’abbozzo come aiuto per la memoria. Le differenze invece sono che in Stravinsky è molto più curata
la parte armonica e la disposizione delle parti tra gli strumenti dell’orchestra.
Trasformazioni Negli abbozzi di Stravinsky possiamo ricostruire i punti di partenza da cui l’autore
era partito. Molte delle prime annotazioni del compositore erano semplici melodie popolari che
modificava con accorgimenti come: cambi nell’ordine delle note, inserimento di nuovi ritmi…
I manoscritti finali
Possiamo trarre conclusioni relative al processo compositivo anche dai manoscritti finali come nel
caso di Mozart che durante la stesura del Flauto Magico ha cambiato inchiostro più volte. Il secondo
inchiostro usato si è sbiadito più rapidamente e il tempo ci ha rivelato la storia di questa scrittura.
In un primo momento Mozart scriveva la melodia e il basso sui due righi più esterni di ogni pagina,
lasciando righi vuoti per le parti interne. In un secondo momento, utilizzando un diverso inchiostro,
tornava alla partitura per scrivere queste ultime. In alcuni casi Mozart riempie col primo inchiostro
l’intera partitura per qualche misura, mentre in altri punti viene utilizzato solo per passi isolati. Questi
punti costituiscono punti di passaggio che legano una sezione ad un’altra. Con questo procedimento
Mozart voleva fissare sulla carta questi elementi cruciali prima che se ne dimenticasse.
Il processo compositivo non avveniva per dettatura, ma era una rappresentazione articolata in parti
con cui si definivano gli elementi cruciali all’interno di un piano più ampio. L’idea della dettatura
nasce dal compositore stesso che dichiarava di aver scritto sotto dettatura di un’entità superiore. Il
processo di scrittura di Mozart rinviava più ad una traduzione di rappresentazione strutturata a livello
complesso. Sloboda ridicolizza il concetto di medium compositivo ritenendolo banale e ridicolo.
Ciò che dicono i compositori Dagli scritti di alcuni musicisti emergono due fasi distinte: l’ispirazione
in cui viene l’idea e la fase esecutiva in cui l’idea è soggetta a trasformazioni. Nella fonte di ispirazioni
ci sono prerequisiti legati a conoscenze tonali e stilistiche o a vincoli relativi alla forma e direzione.
Il vincolo è legato alla forma musicale, ma lo troviamo anche in altri contesti; esistono vincoli esterni
che sono caratteristici della composizione artistica. Nel concetto di forma modificata si fa riferimento
a vincoli personali che contribuiscono alla realizzazione della composizione. Seguire i vincoli però
porta sempre a una composizione scolastica, quindi è giusto seguire i vincoli ma occorre violarli per
creare qualcosa la novità. Una composizione è tanto avvincente quante novità presenta al suo interno.
L’improvvisazione Sloboda dedica un capitolo intero all’improvvisazione, un concetto che ha molti
punti in comune con la composizione. L’improvvisazione è legata al presente, rendendo momentaneo
un qualcosa di programmato. Ciò che distingue l’improvvisazione dalla composizione è la
preesistenza di un insieme di vincoli formali che comprendono lo scheletro dell’improvvisazione.
L’improvvisazione può anche essere qualcosa di inedito e inventato sul momento, ma che va sempre
a basarsi su regole o moduli ripetitivi che assicurano una prosecuzione della narrativa improvvisata.
Il jazz è un genere che si basa molto sull’improvvisazione e la sua essenza è nella linea melodica. Il
jazz lo si apprende ascoltando intensamente gli altri musicisti e suonando insieme a loro.
L’improvvisatore jazz bravo e colui che da ogni nota riesce a creare effetti che tiene aperte tutte le
vie di fuga. Nei concerti però le improvvisazioni sono state ripetutamente provate e non sono delle
novità per gli interpreti. La vera improvvisazione rimane comunque nelle sedute informali dove
vengono fatti esperimenti che a volte riescono e altre volte falliscono.
La competenza musicale
La competenza musicale è elaborata da Stefani in maniera simile a Nattiez e Molino. Il modello si
articola da un livello generale a uno più specifico, partendo dai Codici Generali e arrivando alle
Opere. Secondo Stefani non è corretto separare i Codici Generali e le Pratiche Sociali (primi due
livelli) dagli altri definendoli pre-musicali. L’esperienza musicale ha un carattere globale anche se
per molti la musica comincia dalle Tecniche Musicali (lvl. 3), per altri dalle Opere (ultimo lvl.).
Per Stefani possiamo arrivare alla musica da qualsiasi livello. La competenza musicale scaturisce
dall’esperienza dei singoli individui e si riferisce a discipline che si occupano delle singole
componenti del sapere musicale. Così l’ascoltatore esperto può concentrarsi sulle tecniche musicali e
considerare lo Stile e l’Opera. L’ascoltatore dilettante si concentra sui Codici Generali attingendo alle
proprie motivazioni personali e prevenire alle Tecniche Musicali attraverso un percorso che va dalle
Pratiche Sociali allo Stile. Una disciplina come la psicologia della musica prende in considerazione
il rapporto tra Codici Generali e Tecniche Musicali interessandosi al rapporto tra percezione e
organizzazione del materiale sonoro. Il modello di competenza musicale è uno schema applicabile a
più contesti che dà conto delle componenti dell’esperienza musicale, rispettando i rapporti all’interno
dei livelli.
L’apprendimento musicale
L’apprendimento musicale, come l’apprendimento dei linguaggi artistici, è un lavoro lungo e
complicato diverso da persona a persona. Un elemento che influisce si questo argomento è la genialità
propria di personaggi come Mozart. L’apprendimento naturale dei linguaggi artistici si blocca nel
momento in cui il soggetto apprende parallelamente il linguaggio verbale causando competenze
limitate nei vari campi. Sloboda riprende Piaget e Chomsky, dicendo che l’apprendimento musicale
è legato alle risorse cognitive del bambino e distingue l’apprendimento sonoro e musicale spontaneo
(acculturazione) dall’apprendimento frutto di studi e applicazioni (educazione).
L’acculturazione musicale
Processo dei primi anni di vita che arriva fai 4/5 anni. Bisogna fare distinzione tra attenzione per i
suoni e consapevolezza musicale (bambino che riesce a rilevare relazioni sequenziali tra suoni).
Esperimento di Chang e Tehub Presentazione di una melodia atonale di 6 note ai bambini che
reagiscono con un’accelerazione del ritmo cardiaco; quando la melodia viene proposta più volte il
battito si stabilizza poiché c’è un’abituazione al suono. La destabilizzazione avviene quando
cambiano il contorno musicale e i patterns ritmici.
Esperimento di Moog (1976) I bambini sono sottoposti a diversi stimoli sonori e vengono registrate
le loro reazioni. Gli stimoli sono: cantilene infantili, parole pronunciate secondo determinati ritmi,
ritmi puri suonati su percussioni, musica strumentale, canzoni basate su musica strumentale e rumori.
A sei mesi i bambini sono più attratti dagli stimoli come cantilene o ritmi suonati su percussioni
piuttosto che dagli altri stimoli. Il bambino sviluppa parallelamente il linguaggio verbale e il canto,
cominciando con lallazioni cantate e reagendo diversamente all’ascolto di brani familiari e non
familiare. In età prescolare il bambino comincia a discriminare le altezze sonore e tra i 2 e i 3 anni le
lallazioni cantate generano i canti spontanei. Col tempo i canti spontanei sono più lunghi e gli
intervalli più ampi. A 2 anni e mezzo sembra che il bambino abbia imparato che la musica va costruita
attorno a un insieme prefissato di intervalli di altezze e la ripetizione di configurazioni di intervalli e
ritmi. Quel che non arriva ad afferrare è la necessità di una struttura gerarchica che governi queste
configurazioni indicando direzioni e conclusioni, infatti questi canti sono spesso privi di meta.
L’imitazione Dai 2 anni e mezzo il bambino imita canzoni sentite dalla madre o in famiglia.
L’imitazione diviene sempre più precisa a partire dai patterns ritmici e il canto spontaneo continua
fino ai 5 anni quando si ridimensiona. La ripetizione diventa ossessiva e permette al bambino di
estrarre gli elementi musicale e cominciare a dare direzionalità al discorso musicale. Questa
precisione però va contro alla sperimentazione spontanea a meno che non venga incoraggiata, infatti
attorno ai 5 anni il bambino perde l’abitudine di sperimentare. Per combattere questo processo si
valorizza l’apporto dell’acculturazione musicale dai 5 ai 10 anni con la scoperta delle principali
caratteristiche del materiale musicale che va di pari passo con l’educazione musicale.
Improvvisazione e composizione Per capire quali competenze compositive hanno i bambini in diverse
età, quali aspetti possono essere appresi e quali necessitano educazione, quali strategie didattiche gli
insegnanti possono utilizzare per assecondare competenze già esistenti, viene fatto un esperimento.
A 131 bambini dai 7 ai 9 anni viene chiesto di fare 6 improvvisazioni individuali, 5 su un metallofono,
1 con un tamburino, in 6 diverse situazioni: 2 compiti di improvvisazione legata a un’idea verbale da
sviluppare, 2 sull’uso libero del materiale sonoro e 2 su procedure compositive. Nei 786 pezzi ottenuti
si analizzano gli inizi e i finali notando che le differenze di età e di esperienza si riflettono nella
musica. Secondo un libro di Gino Stefani, esistono 6 tipi di inizi validi e un settimo inizio non valido:
1- Uno o più suoni seguiti da pause: pronti a partire
2- Arpeggi, accordi, glissando che servono a creare un’atmosfera
3- Presentazione di un tema
4- Piccoli elementi che crescono e diventano più complessi
5- Numero di elementi che accrescono ma il vero inizio viene posticipato, un inizio differito
6- Un’esplosione iniziale, un attacco a sorpresa
7- Successione di suoni senza relazione tra loro, esplorazione sonora che non ha la qualità di
inizio perché non si coglie il nesso tra questi suoni
Nello stesso libro sono individuati 15 diversi finali validi e 1 non valido, i più importanti sono: finale
in apoteosi, finale retorico, finale logico, finale sulla tonica e finale non valido che un’interruzione
improvvisa del discorso musicale.
Esperimento Adessi sull’improvvisazione e sistemi interattivi musicali Si parte dal Continuator,
sistema musicale interattivo che produce musica nello stesso stile della persona che suona. Lo
strumento nasce come aiuto per musicisti professionisti, ma la Adessi usa questa interfaccia coi
bambini per vedere come reagivano alla ripetizione del sistema. L’esperienza è utile anche come
esplorazione sonora per i bambini, oltre che strumento di condivisione di alcune emozioni.
Educazione musicale
Parlando dell’educazione musicale, Sloboda fa riferimento alla teoria dei Sistemi di Produzione di
Anderson in base ai quali un’architettura di scopi e sotto scopi regola la produzione musicale.
Secondo Sloboda occorre fare riferimento a varie fasi nell’apprendimento di uno strumento: fase
cognitiva (leggere le istruzioni), fase associativa (apprendimento del funzionamento), fase autonoma
(miglioramento del proprio comportamento e dell’esecuzione). Sloboda racconta la sua esperienza
nell’imparare a suonare il clarinetto seguendo dei passi. Se lo scopo è suonare Do e la configurazione
delle dita è coprire con tre dita i fori superiori, allora il sotto scopo è ottenere tale configurazione.
Lo stile musicale
Nel periodo dalla preadolescenza all’adolescenza cambiano molte cose tra cui i gusti musicali. Nella
prima fase vediamo come c’è una preferenza per la musica classica, mente col tempo ci si avvicina
sempre di più a uno stile più dissonante come il rock. La ricerca di Baroni e Nanni “Crescere con il
rock” dimostra proprio come la musica va a rispecchiare l’età dell’ascoltatore. Una musica dissonante
come il rock infatti si presta bene per un’età ribelle e dissonante come l’adolescenza.
RELAZIONE MUSICA-EMOZIONE
Questa relazione viene descritta in maniera intuitiva poiché tutti sanno che la musica stimola
emozioni diverse, ma nessuno sa come ciò accade. Gli elementi più legati alla struttura musicale sono:
- intervalli→ unisono indica riposo quiete; la seconda minore indica a volte tensione molto
forte (come ne Lo squalo); la terza maggiore indica una sensazione di gioia (Bach) mentre la
terza minore rimanda alla tristezza e all’angoscia; la quarta riprende una sensazione di
risveglio da un bel sogno, la quarta aumentata rimanda alle campane tibetane; la quinta dà un
senso di rilassamento e relazione stimolante; la sesta è un intervallo più piacevole usato nelle
ninna nanne; la settima crea tensione salutare meno paralizzante della seconda
- velocità, modo, intensità
E altri elementi narrativi legati al linguaggio musicale (tensione-distensione, narrazione attraverso
istanti separati, collegamento musica-immagini). Una prima posizione suggerisce che la struttura
musicale è legata all’attivazione corporea e al fatto che le emozioni sono indotte, quindi il corpo prova
emozioni perché indotto dalla musica. Invece la forma delle emozioni è legata alla forma narrativa.
Una seconda posizione divide le emozioni musicali e le emozioni di base. Quest’ultime sono legate
alla sopravvivenza mentre le emozioni musicali sono legate alla qualità estetica che la musica può
avere, comunicandoci bellezza o nostra approvazione, non legandosi per forza alle emozioni di base.
Le emozioni musicali sono legate a un’attrazione cerebrale più ampia suscitata da una musica che ci
piace, mentre le emozioni di base si utilizzano per descrivere una musica a cui non siamo
particolarmente interessati. Ci sono 3 aspetti universali che riguardano vari repertori musicali: amore,
rabbia e tristezza; tre situazioni tipiche attorno a cui si sviluppa la maggior parte della musica.
La posizione di Davies
Unisce la prospettiva esternalità con la prospettiva emotivista, sviluppando negli anni Ottanta
questa idea di espressione delle emozioni nella musica all’interno di The expression of emotion in
music. All’interno di quest’opera spiega come la musica è emozionalmente espressiva in virtù del
fatto che assomiglia al modo in cui le emozioni appaiono. Con questo concetto indica che
l’espressività musicale dipende dalla somiglianza percepita tra il carattere dinamico della musica e
l’atteggiamento tipico dell’uomo. Un concetto importante per Davies è quello di intenzionalità,
distinguendo intenzionalità meccanica (tipica delle macchine e condizionata comunque
dall’intenzionalità umana) e intenzionalità musicale (crea caratteristiche emotive singolari).
La risposa emotiva dell’ascoltatore è una risposta estetica a condizione che non ci siano fattori
intermedi. Quando si ha una risposta emotiva a una caratteristica emotiva in un aspetto si tenderà a
rispondere provando l’emozione che è indossata dall’apparenza. L’apparenza diventa l’oggetto
percettivo, il nostro modo di classificare qualcuno, ma non diventa oggetto emotivo.
Emozioni e musica
In un esperimento di Caterina, Zanarini, Regazzi del 1997 vengono messi a confronto voce parlata e
voce cantata. 3 attori e 3 cantanti professionisti interpretano frasi scelte da repertorio operistico.
Le emozioni richieste erano felicità, rabbia e tristezza eseguiti secondo due lievlli di intensità. Le
interpretazioni erano precedute da un intepretazione neutra. I cantanti erano accompagnati dal
piano, sentendolo attraverso le cuffie. In seguito 3 giudici hanno valutato le interpretazioni dei
cantanti e degli attori secondo due scale: una scala a 5 punti per vedere la riconoscibilità delle
emozioni espresse e una scala a 4 punti per stabilire la genuinità e la naturalezza delle
interpretazioni. In seguito sono state scelte le due interpretazioni migliori di cantanti e attori. Alla
fine si è visto dai risultati che gli attori hanno espresso meglio tutti i sentimenti, mentre i cantanti
erano meglio riconoscibili nella rabbia e nella tristezza.
Arousal corporeo
Il legame tra musica, emozioni e attivazione corporea è molto evidente. In un recente studio di
Salimpor si è visto come nell’ascolto si ha il rilascio di dopamina come quando si mangia un cibo
piacevole o si svolge un’attività piacevole e anche l’ascolto musicale può causare fenomeni di
dipendenza. In un’altra ricerca di Bigand si evidenza che è sufficiente un tempo brevissimo ad un
ascoltatore medio per dire se in un brano musicale sono presente emozioni e quali.
Frisson: una delle risposte più comuni osservate è costituita dai brividi lungo la schiena, tremori o
pelle d’oca che l’ascolto musicale sembrerebbe provocare. Per unire tutte queste risposte corporee si
usa un unico termine francese che è proprio frisson.
MUSICA A TAVOLA
Quando mangiamo interagiamo con la musica in diversi modi e molti studi hanno affrontato questo
argomento da diversi punti di vista. Un primo punto è conoscere il duplice senso che assume il
rapporto musica-cibo, da un lato la musica come accompagnamento al mangiare e dall’altro la musica
come fonte di nutrimento. In seguito abbiamo l’esperienza dell’assunzione del cibo che è sempre
multisensoriale, il rapporto musica-cibo collegato alle emozioni e l’aspetto soggettivo del tema.
1) Quando la musica accompagna i banchetti ha la funzione di facilitare la comunicazione
verbale e quella di emozioni e sentimenti tra le persone che partecipano ad eventi collettivi
(feste) o eventi più intimi.
2) L’assunzione del cibo è un’attività multisensoriale che va al di là del semplice gusto, andando
a influenzare anche l’olfatto, la vista e a volte anche l’udito.
3) Esiste un’evidente analogia tra musica, cibo ed emozioni poiché come il cibo la musica può
suscitare risposte corporee come brividi. Molti hanno studiato la natura di questi brividi e si è
rilevato che durante l’ascolto di una musica che piace e provoca brividi avviene il rilascio di
dopamina, esattamente come quando si mangia un cibo che piace. Il rilascio della dopamina
legato al cibo e legato alla musica sono molto simili e viene da considerare utile la riflessione
legata alla musica come fonte di nutrimento.
L’esperienza stessa di molti musicisti denota il legame speciale che si ha con il cibo, come per
esempio La cantata del Caffè di Bach. La musica però oltre che a indurre le emozioni intense, riesce
a fornire all’ascoltatore degli strumenti di regolazione e autoregolazione. Quasi tutti i programmi di
musicoterapia sfruttano questo aspetto di regolazione delle emozioni per usare la musica come spazio
di comunicazione utile a capire meglio sè stessi e vivere con gli altri un rapporto basato sulla fiducia.
La musica che accompagna il cibo può creare un equilibrio tra mente e corpo, andando ad aggiungere
alle emozioni principali (rabbia, paura e gioia) delle micro-emozioni che attivano l’organismo.
Studi di Spence
Spence elaborano un programma dietetico legato alla musica, andando a sostituire gli alimenti da
ridurre con suoni associati a cibi. I suoni acuti esaltano i sapori dolci, i suoni gravi quelli amari, alcuni
timbri come gli ottoni quelli sapidi, mentre altri timbri richiamano altri sapori. Inoltre gli alimenti
serviti potranno sembrare più dolci o più amari a seconda della musica accompagnata. Questo metodo
però era troppo generale e non teneva conto dei gusti personali delle persone, infatti l’ascolto delle
musiche scelte non avrebbero mai soddisfatto quanto un repertorio personalizzato.
Quello che occorre fare a riguardo è valutare bene i dati perché un parametro importante dell’ascolto
è di reputare un brano piacevole e far si che il cervello reagisca sempre allo stesso modo.
L’ascolto del genere musicale preferito attiva sempre una rete specifica di connessioni cerebrali,
mentre l’ascolto di un brano che non piace non genera alcuna emozioni. In conclusione nel legare il
cibo, la musica e le emozioni bisogna sempre tenere conto dei suoni che caratterizzano ogni individuo.
Solo cogliendo questa differenza è possibile associare suoni e cibo in modo creativo e comunicativo.
MUSICOTERAPIA
Il termine musicoterapia si fonda su due elementi, la musica e la terapia, e sulla relazione tra questi
due termini. Le potenzialità terapeutiche della musica sono da sempre evidenziate nelle pratiche
magiche e sciamaniche della medicina tribale dove gli elementi ritmici musicali sono legati al
movimento e all’espressione corporea (la tarantella nel medioevo era una forma di danza e musica
utilizzata per combattere l’improvviso delirio provocato dalla puntura della tarantola).
Storia attuale
Per capire come sia nata la pratica e la teoria della moderna musicoterapia bisogna parlare di alcuni
eventi del XX secolo: lo sviluppo del sapere medico, alcuni studi di Darwin e gli studi di Freud.
Il punto di vista medico: il grande sviluppo medico in Europa ha messo le basi per un impiego
terapeutico della musica. Si possono ricordare a riguardo i lavori di Chomet che nel 1875 indagò sugli
effetti della musica sulla salute psicofisica e sulla sua utilità nella prevenzione di attacchi epilettici.
Le implicazioni terapeutiche della musica erano molto vaghe in queste prime applicazioni, nonostante
lo sforzo di fornire una spiegazione scientifica agli effetti della musica sull’organismo umano.
L’influenza di Darwin: sia in Darwin che in Freud si riteneva che il comportamento umano avesse
origini primordiali. Per Darwin la continuità tra comportamento animale e umano era rilevabile
soprattutto nel fatto che l’uomo aveva ancora comportamenti fondati sul linguaggio non verbale. Il
rapporto organismo suono rilevava l’esistenza di una relazione uomo-ambiente sia sul piano della
filogenesi che su quello dell’ontogenesi.
Freud: la nascita della psicoanalisi di Freud e i suoi studi successivi hanno fornito ulteriori elementi
di riflessione ed hanno posto le basi per un modello di musicoterapia fondato sull’analisi della
relazione terapeuta-paziente. Per Freud la vita mentale d’ogni individuo non poteva esaurirsi sul piano
della rappresentazione cosciente. L’esistenza dell’inconscio era connessa con stadi primitivi al livello
ontogenetico e filogenetico.
Cos’è la musicoterapia: La musicoterapia si fonda su due elementi: la musica e la terapia. Nel
rapporto tra questi due elementi si trova la specificità dell’intervento musicoterapeutico che non ha
nulla di speciale e si configura come relazione di aiuto con la possibilità di sostegno e di esplorare le
emozioni più profonde. Esso va differenziato da discipline che inducono ad assumere medicine e
presentano “terapie” olistiche in cui la mente e il corpo sarebbero l’unico oggetto di indagine.
Il rapporto uomo-suono
Il rapporto uomo-suono va visto secondo una duplice prospettiva: una relazione immediata o il
risultato di una specifica valutazione cognitiva da parte dell’organismo secondo un modello a tre
tappe sequenziali (stimolo-significato-risposta dell’organismo).
In ogni caso è necessario distinguere le componenti del suono rilevanti per l’attivazione
dell’organismo (timbro, intensità, durata e altezza) che si manifestano in musica come ritmo, melodia
e armonia. Il musicoterapeuta osserva e ascolta come i pazienti fanno uso degli elementi sonori e di
quelli musicali, influenzando le risposte del terapeuta e il suo stile nel fare musica. Il rapporto tra
suono e attivazione dell’organismo dipende dalla combinazione di più elementi musicali e dalla
competenza di chi ascolta. Non bisogna dimenticare l’importanza del silenzio in musicoterapia,
perché da importanti ai suoni e alla relazione col terapeuta.
Interventi esterni e interni: Le strategie operative in musicoterapia possono essere interne o esterne.
Quelle esterne servono a stabilizzare una condotta e contenere una determinata espressione. La
capacità manipolativa e suggestiva del suono rientra in un tipo di intervento esterno. Un intervento
interno tiene conto della personalità globale del paziente e della possibilità di usare il suono come
strumento di comunicazione.
Musica in terapia: l’obbiettivo della musicoterapia è sviluppare un intervento interno, mentre un
intervento esterno può essere utilizzato in casi in cui il mezzo musicale funge da supporto a un’altra
terapia. Processi analoghi si manifestano nella “musica funzionale” per migliorare la produttività in
ambienti di lavoro o per orientare la scelta verso determinati beni di consumo in centri commerciali.
Musica come terapia: dove invece la musica è il principale oggetto e obbiettivo della terapia l’analisi
del significato veicolato dal suono e dalla musica diviene il momento essenziale dell’intervento
terapeutico. L’intervento musicoterapeutico interno si articola in alcune tappe fondamentali. La prima
è la capacità del terapeuta di osservare il paziente, la seconda è la capacità di trovare un canale di
comunicazione sonora con il paziente e infine la capacità di fare o ascoltare musica assieme.
Ovviamente secondo le tipologie di patologie dei pazienti e le loro caratteristiche è possibile definire
2 diversi tipi di interventi: l’utilizzo del materiale sonoro (ascolto e produzione attiva) e le modalità
di setting (terapia individuale vs terapia di gruppo) ottenendo una terapia recettiva individuale e una
terapia recettiva di gruppo basate sull’ascolto di brani musicali registrati.
Costanze
La prima costante riguarda la capacità del terapeuta di osservare il paziente. La funzione e la natura
dell’osservazione, attuata con metodiche diverse secondo l’orientamento teorico di riferimento si
traduce in un preciso compito terapeutico: il terapeuta parte dall’osservazione del paziente e deve
mettere in grado quest’ultimo di osservare sé stesso e le proprie produzioni. Lo sviluppo della capacità
di osservare si differenzia secondo diversi canali sensoriali prescelti. A livello generale la
musicoterapia si fonda sulla capacità di ascoltare sé stessi, a partire dall’esperienza sonora del proprio
corpo e arrivando a conoscere nuove competenze che consentono di scoprire nuovi spazi percettivi.
L’osservazione in musicoterapia si attua mediante l’impiego di alcuni strumenti tecnici di valutazione
delle capacità potenziali del paziente come la scheda di musicoterapia. Essa consente di individuare
l’ambiente, i gusti musicali del paziente, i suoni o rumori che accetta o rifiuta. Queste schede
rappresentano per il terapeuta la capacità di saper costruire i presupposti per un dialogo fondato
nell’individuazione di alcuni elementi sonori che fanno parte di uno spazio di comunicazione comune.
La Seconda costante riguarda la capacità del terapeuta di trovare un canale di comunicazione sonora
con il paziente. Il dialogo sonoro tra paziente e terapeuta si realizza attraverso un contatto di energia
sonora che si articola in vari livelli.
La Terza e ultima costante riguarda la capacità del terapeuta di fare o ascoltare musica insieme al
paziente. Il musicoterapeuta deve possedere una grande flessibilità e sensibilità nel dosare i suoi
interventi attivi e nel saper privilegiare l’ascolto rispetto al fare, in modo da rafforzare e sviluppare
la capacità d’ascolto del paziente.
Ricerca in musicoterapia
I luoghi devono essere naturali, per esempio studi senza tavoli o sedie con pareti di legno fino a metà
in modo che sia insonorizzata. Nelle sedute svolte in questi studi sono presenti terapeuta e coterapeuta
in modo che riducano l’ansia e forniscano una struttura di contenimento più adeguata.
La musicoterapia è rivolta all’handicap ed evitare che un deficit si trasformi in handicap; il processo
si fonda sulla regolazione delle emozioni e su una strategia di armonizzazione suono-uomo.
È importante classificare i cambiamenti avvenuti nei pazienti dopo le sedute musicoterapeutiche.
Cambiamenti nelle risposte fisiologiche
Accelerazione-decelerazione del battito cardiaco è la prima risposta al trattamento che presenta
risultati contradditori. Nello studio di Davis-Rollans non si notano differenze nel battito cardiaco fra
i soggetti esposti a suoni e il gruppo di controllo; invece nello studio di Guzzetta si analizzano soggetti
infartuati che manifestano una decelerazione del battito rispetto ai controlli. Nonostante ciò
rimangono i miglioramenti indotti dall’esposizione sonora sulla riduzione dell’ansia.
Ritmo respiratorio è il secondo pattern in cui si presentano sempre risultati contraddittori. In uno
studio su malati di sclerosi multipla si è visto che l’esposizione sonora poteva aiutare a rafforzare i
muscoli respiratori ma non vi erano differenze ai controlli. In un altro studio si è visto invece un
miglioramento nel ritmo respiratorio in pazienti ipertesi in seguito a un’esposizione sonora.
Pressione sanguigna è il terzo campo dove si presentano ottimi risultati legati all’abbassamento dei
valori massimi della pressione del sangue in pazienti ipertesi dopo un’esposizione sonora.
Conduttanza cutanea secondo le ricerche della Alvin si è dimostrata una differenza psicogalvanica
tra chi ascoltava musica e chi non l’ascoltava.
Risposte ormonali la musica ha portato ha un incremento di melatonina in pazienti affetti da
Alzheimer con una stabilizzazione del sonno. Inoltre degli studi hanno mostrato una riduzione degli
ormoni dello stress in pazienti affetti da cancro o in situazioni preoperatorie.
Risposte del sistema immunitario ricerche comprovate hanno mostrato che l’esposizione sonora
stimola significativamente le difese immunitarie.
Cambiamenti nella sintomatologia di determinate malattie
Le principali ricerche erano legate a studi sul cancro (Bailey, 1989 e Frank 1985) e i risultati sono
stati la riduzione di episodi di vomito, di sintomatologia dolorosa cronica e miglioramento di umore.
Cambiamenti nell’espressività corporea
In numerosi casi clinici si vede come nel corso delle sedute i pazienti si muovono di più e utilizzino
maggiormente le espressioni facciali. La maggior parte dei dati si riferisce al rapporto tra momenti di
impegno musicale e momenti di non impegno, rendendo difficile l’interpretazione dei dati.
Cambiamenti nell’attenzione e nell’interesse
I pazienti mostrano maggiore attenzione e interesse al materiale musicale e alla sua produzione
rivelando una crescita motivazionale per la terapia seguita.
Cambiamenti nell’interazione sociale
Nelle terapie di gruppo si vede come l’intervento musicoterapeutico diminuisce i comportamenti
distruttivi e asociali in pazienti psichiatrici e favorisce la comunicazione coi pazienti schizofrenici.
Cambiamenti nel rapporto col terapeuta
Nel corso delle sedute si nota come migliora anche l’interazione terapeuta paziente.
Cambiamenti dei vissuti soggettivi
È possibile vedere un cambiamento nei pazienti depressi, i quali riescono a vivere coscientemente le
proprie emozioni e instaurare un confronto razionale con sé stessi.
La verifica qualitativa
La verifica qualitativa si basa sul progredire della qualità dell’interazione terapeuta-paziente ed è
importante valutare soggettivamente il terapeuta e il paziente per capire se il rapporto funziona e può
avere uno sbocco futuro. Gli elementi qualitativi devono essere tenuti presenti dall’inizio alla fine del
percorso. La valutazione qualitativa si lega alla supervisione che consente al terapeuta di sviluppare
il rapporto empatico col paziente e osservare il proprio mondo interno elaborando strategie efficaci.
In sostanza nella musicoterapia la relazione terapeutica mira a cogliere la struttura e la forma musicale
come elemento che permette di regolare le proprie emozioni e trasformarle in pensieri.
AMBIENTE SONORO
Lo spazio urbano sonoro si parla legandosi all’inquinamento acustico o al progetto di edifici
speciali. Città e vie fanno parte dello spazio sonoro, ma si privilegia spesso la dimensione visiva.
Con Schafer suono e rumore sono gli elementi che definiscono l’ambiente sonoro che si configura
come capacità soggettiva di ascolto ed elaborazione dei suoni. La valutazione soggettiva e il poter far
riferimento al proprio mondo interno rappresentano un punto forte del concetto di ambiente sonoro,
evidenziato da Amphoux che distingue milieu sonoro, paesaggio sonoro e ambiente acustico.
Il paesaggio sonoro rappresenta la totalità dei suoni che ci circondano e può essere frutto di
un’esposizione passiva in cui chi è immerso nel paesaggio sonoro può anche diventarne compositore.
La ricerca attiva dei suoni avviene in diverse occasioni a partire dalla semplice passeggiata a piedi,
momento in cui possiamo cogliere e osservare i suoni. L’attivazione dell’ascolto è un metodo usato
dal CRESSON di Grenoble e consiste nel riconoscere scene sonore registrate, al di là dei riferimenti
visivi che possono essere ricreati nell’immaginazione. Con questo metodo si può cogliere il carattere
narrativo del suono. La mappatura sonora invece consiste nel mappare gli ambienti sonori con
registrazioni di 24 ore, cogliendone aspetti salienti, elementi costanti e variabili.
I suoni
Ci sono diverse categorie di suono: Signal sound (suoni che emergono da uno sfondo), Soundmarks
(suoni caratteristici come il suono delle campane) e Keynote sounds (rappresentano l’impronta
caratteristica acustico spaziale di un luogo). Esistono numerose opere realizzate con l’unione di
Soundmarks e Keynote sounds di alcune città. Al di là del valore artistico di questi percorsi, essi
rappresentano uno stimolo importante per la ricerca scientifica sull’ambiente sonoro e sul contesto
urbano. La ricerca può avere come finalità una presa di coscienza pubblica e privata rispetto al valore
del suono, favorendo un rapporto più attivo coi suoni della città. Si possono porre a confronto i diversi
paesaggi sonori di diverse parti o quartieri della città. In studi già realizzati vediamo che anche la
diversa conformazione architettonica ha una sonorità più intensa rispetto a quartieri periferici.
Dall’esperienza di Vancouver nel 1997 si evidenziano alcuni punti di un modello strategico: impegno
del comune ad includere aspetti acustici nella progettazione ambientale, riconoscere marchi sonori
della città come patrimonio da proteggere, le mappe turistiche vanno completate con informazioni su
passeggiate sonore, le visite guidate possono includere il paesaggio sonoro come programma di visita
e devono esserci scambi di informazoni su suoni e rumori organizzazioni di quartiere. Dall’esperienza
musicoterapeutica emerge che tutto ha un suono che lo caratterizza, sta a noi scoprirlo e occuparcene.