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Il suono e le onde sonore semplici/complesse

IL MOTORE

Nel caso dei suoni linguistici, il motore pressorio dei mutamenti energetici è
l’apparato fonatorio, nell’interazione tra i polmoni e le corde vocali in primis, con
l’azione degli altri articolatori in seconda istanza.

Si può descrivere la formazione di un’onda sonora:

le pliche vocaliche, che vibrano con una frequenza variabile, generano nella colonna
d’aria che esce dai polmoni picchi di pressione (ovvero, massimi di energia) che si
alternano in maniera più o meno regolare con minimi pressori. Dal momento che
l’aria è un mezzo elastico, le molecole che la compongono trasmettono il loro surplus
energetico a quelle circostanti, facendo in modo che esso si propaghi nello spazio: si
genera, in questo modo, una perturbazione in movimento: un’onda. Tale onda,
attraversando gli organi fonatori ne viene modificata dal complesso gioco
delle risonanze: gli organi fonatori, infatti, sono elastici e vengono messi in
vibrazione dal movimento delle particelle d’aria. Naturalmente la frequenza a cui essi
vibrano varia in funzione della loro forma, oltre che del materiale di cui sono fatti: ciò
significa che sono messi in movimento solo da determinate frequenze, che – dopo
avere determinato la vibrazione dell’apparato – ne vengono amplificate per il
fenomeno della risonanza. La frequenza di oscillazione delle corde vocali insieme al
fenomeno delle risonanze decide l’altezza e il timbro dei suoni prodotti, mentre
l’energia con cui avviene la contrazione dei muscoli che tendono le corde vocali e
quella dei muscoli che consentono l’espirazione ne determina l’intensità.

Un suono è detto semplice (o puro) se costituito da una sola frequenza; i suoni


semplici sono necessariamente periodici; la forma d'onda di un suono semplice (e
periodico) è sinusoidale. Il numero di cicli che si compiono nell’unità di tempo
costituisce la frequenza di un’onda; dal momento che il periodo rappresenta il
tempo in cui si compie un ciclo, la frequenza è l’inverso del periodo (così, se
un’onda ha periodo pari a 10 ms – un ciclo si compie ogni 10 ms – avrà una
frequenza pari al numero di cicli in un secondo, ovvero 100; la frequenza si misura
in Hertz). Il periodo, insieme all’ampiezza, ovvero alla dimensione dell’escursione
delle particelle messe in vibrazione rispetto alla posizione occupata inizialmente
(quella dello zero acustico, vale a dire dell'assenza di suono), permette di descrivere
perfettamente un’onda sinusoidale.

Caratteristiche del suono:

1. Altezza: L’altezza di un suono, ossia se il suono è acuto oppure grave


dipende dal tipo di vibrazioni: se le vibrazioni sono lente allora il suono sarà
grave, se le vibrazioni sono molto frequenti o veloci, il suono sarà acuto.
2. Timbro: Il timbro ci permette di giudicare diversi suoni con uguale altezza e
intensita'. Ci consente di identificare la fonte sonora rendendola distinguibile
da un’altra.
3. Frequenza: La frequenza è il numero di onde sonore emesse in un
secondo. Si misura in hertz. Le onde possono avere qualsiasi frequenza:
l’orecchio umano è capace di percepire suoni che vanno da 20 a 20.000 hz. I
suoni al di sotto dei 20 si chiamano infrasuoni, quelli al di sopra dei 20.000
ultrasuoni.
4. • L’intensità di un suono dipende dalla forza con cui esso viene prodotto,
essa dipende dall'ampiezza delle vibrazioni. Si misura in decibel. Il nostro
orecchio inizia a subire danni se sottoposta suoni superiori agli 80 dB.

Il suono è un'oscillazione che si propaga per trasferimento di energia e non di


materia. Esistono due diversi tipi di onde: le onde longitudinali e le onde trasversali.
Si parla di onde di tipo longitudinale quando le particelle vibrano sullo stesso piano
della direzione di propagazione. Si parla, invece, di onde trasversali quando le
particelle vibrano in posizione perpendicolare rispetto alla direzione di
propagazione del suono. L'onda è composta da una cresta (il punto superiore) ed
una valle, ovvero il punto inferiore. L'unità di misura della frequenza è l'hertz: una
frequenza è il numero di oscillazioni per secondo. Il suono è, infatti, composto da
onde sonore. Bisogna, inoltre, ricordare che la velocità del suono è direttamente
proporzionale alla densità del mezzo in cui si propaga.

Il suono e le onde sonore complesse. Lo spettogramma, analisi di Fourier e


formanti

Non tutte le onde sonore, però, sono semplici e periodiche; la loro maggior parte è
anzi complessa (è il risultato dell’interferenza di più onde semplici di frequenze
diverse) e molte sono anche aperiodiche, ovvero non suddivisibili in cicli. I suoni
linguistici, per esempio, sono sempre complessi; in qualche caso – come in quello
delle consonanti – sono anche aperiodici. Nell’immagine che segue (fig. 1) è
rappresentata un’onda periodica complessa: quella che caratterizza il suono
vocalico [a] in un parlante maschile dell’italiano. È facile notare che, soprattutto
nella sua parte centrale, vi sono configurazioni di minimi e di massimi che tendono
a ripetersi con regolarità nel tempo; è altrettanto evidente che l’onda non è una
semplice sinusoide:
FIG. 1, onda periodica complessa: quella che caratterizza il suono vocalico [a]
in un parlante maschile dell’italiano

Il procedimento che consente di analizzare e rappresentare un suono complesso


come somma di suoni semplici è detto analisi di Fourier, e richiede che se ne
legga l’intensità (in dB) della componente a frequenza più bassa (frequenza
fondamentale: per es. 100 Hz) e che si legga poi quella di un certo numero di
componenti che ne sono multipli (non necessariamente interi) sino al limite di
udibilità (per es., il valore in dB del suono che ha frequenza doppia rispetto a quella
più bassa; il valore in dB del suono che ha frequenza 3,87 volte rispetto a quella più
bassa, ecc.). Ciascuna delle componenti la cui frequenza è un multiplo di quella
più bassa è chiamata parziale; se ha frequenza pari a un multiplo intero della
frequenza più bassa (il doppio, il triplo) è chiamata armonica; la stessa frequenza
fondamentale corrisponde in effetti a un'armonica: la prima (le altre, se presenti, si
chiameranno seconda, terza ecc.). L’insieme delle parziali di di un’onda
complessa ne forma lo spettro; l'insieme delle parziali che hanno frequenze
corrispondenti con multipli interi della prima armonica è particolarmente
importante nella descrizione dei suoni musicali; nella descrizione dei suoni
linguistici, invece, hanno rilievo tutte le parziali.

Lo sviluppo cronologico delle intensità delle parziali ottenute mediante l’analisi di


Fourier può essere rappresentato in un grafico simile a quello rappresentato nella
figura sotto: lo spettrogramma (fig. 2):
FIG. 2, lo spettogramma: sulle ascissei secondi in ms e sulle ordinate la
frequenza

I parametri che permettono di descrivere un’onda sonora sono i seguenti:

1. La frequenza, vale a dire il numero di cicli per secondo; è dipendente dalla


misura del periodo e la si computa in Hertz; il grafico che segue rappresenta
la forma d’onda dell’enunciato “Oggi ha piovuto forte da me”: le frequenze
dei suoni componenti sono misurabili anche semplicemente contando i
picchi in un dato intervallo di tempo.
2. L’intensità, vale a dire l’entità delle spinte esercitate dalle particelle in
movimento sull’unità di superficie; l’intensità è ovviamente collegata
all’ampiezza (tanto più ampio lo scostamento delle particelle, tanta
maggiore l’energia, tanto più alta la pressione sonora ovvero l’intensità); la si
misura in decibel.

Il grafico che segue (fig. 3) rappresenta la dinamica delle intensità per


l’enunciato “Oggi ha piovuto forte da me”. I picchi di intensità corrispondono ai
suoni vocalici:
FIG. 3, “Oggi ha piovuto forte da me”, i picchi di intensità corrispondono ai
suoni vocalici

Lo spettrogramma resta ancora oggi il principale riferimento documentario per


l’interpretazione acustica e articolatoria del fatto fonetico. I grafici presentati sono
ottenuti mediante PRAAT, un applicativo multi-piattaforma (PC, Unix, Macintosh)
sviluppato dal 1992 e aggiornato costantemente dal Laboratorio di Fonetica
dell’Università di Amsterdam (scaricabile dal sito www.praat.org).

Gli spettrogrammi (detti sonagrammi o sonogrammi in altre tradizioni) di una


registrazione sonora di parlato conservano le stesse caratteristiche grafiche,
presentando la distribuzione dell’energia spettrale, alle varie frequenze (sull’asse
delle ordinate, in cicli al secondo o Hertz, Hz) e nel corso del tempo (sull’asse
delle ascisse, in millesimi di secondo o millisecondi, ms), con valori locali
rappresentati da variazioni di livello cromatico (generalmente in scala di grigi). La
terza dimensione dello spettogramma è quella dell’intensità, rappresentata dal
maggiore o minore annerimento del tracciato (fig. 4). In particolare, a noi interessa
lo spettogramma a 300 Hz (spettrogramma a banda larga) che mette in risalto le
cosiddette formanti (frequenze di risonanza generate dalle cavità sopralaringali: F1,
F2, F3 ecc.) evidenziate da zone di maggiore annerimento, senza che vengano
perdute le informazioni sul comportamento della sorgente glottidale: le aperture e
chiusure delle corde vocali sono infatti rappresentate da striature verticali
periodiche:

considerate che la frequenza fondamentale di un parlato conversazionale è


mediamente compresa tra 70 e 150 Hz per una voce maschile, tra 150 e 250
Hz per una voce femminile, tra 250 e 350 Hz per una voce di bambino. Tali
differenze sono dovute alla diversa lunghezza e al diverso spessore delle corde vocali,
più lunghe e spesse nell’uomo, più corte e sottili nella donna, ancora più corte nel
bambino.
FIG. 4, La struttura fisica della frase può essere espressa e visualizzata,
utilizzando lo spettrogramma generato dall’analisi di Fourier, come una
concatenazione di suoni e pause con modulazioni di frequenza e ampiezza
nello spazio temporale

Lo spettrogramma é molto utile per analizzare la pronuncia e codificarne le


oscillazioni relative alle consonanti e alle vocali (fig. 5).

Alcuni aspetti interessanti della struttura formantica: i primi due formanti


contengono sufficienti informazioni affinchè il nostro sistema auditivo identifichi e
classifichi un timbro vocalico. Ciascuna delle 7 vocali della lingua italiana prevede
almeno 5 formanti, situati in zone frequenziali ben precise:

la frequenza del primo formante F1 è in relazione con l’ampiezza dell’apertura della


bocca

la frequenza del secondo formante F2 è determinata dalle diverse posizioni della


lingua
FIG. 5, in alto lo spettrogramma dell’esempio vocale; nella colonna sinistra gli
schemi degli atteggiamenti articolatori, ricavati da radiografie; nella colonna
destra gli spettri delle sette vocali

Oltre all’analisi di tipo segmentale (fonazione e articolazione), lo spettrogramma


consente anche un’indagine di tipo soprasegmentale (accento, ritmo, tono), in
quanto dal tracciato è possibile ricavare la durata dei singoli foni, la loro intensità e
l’andamento intonativo dell’enunciato.

Le risonanze

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