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1) corde
2) tubi
3) strumenti a percussione
4) voce umana
Le corde
Nella pratica degli strumenti musicali si hanno tre modi di
eccitare le corde:
- con l'archetto (archi)
- a pizzico (chitarra, arpa, clavicembalo)
- a percussione (pianoforte)
La vibra-
zione si propaga lungo la corda in due direzioni opposte.
Dal momento che le due onde (a parte il caso in cui P sia
punto medio di ab) debbono percorrere distanze diverse, una
delle due giungerà prima a destinazione e, riflettendosi,
invertirà percorso e fase. Avremo così vari momenti nella
vibrazione. Onde di questo tipo (che si propagano, cioè a-
vanti e indietro tra i due punti ai quali la corda è fissa-
ta) sono dette <stazionarie>. Ad eccezione degli strumenti
ad arco (il cui suono può essere sostenuto con l'azione co-
stante dell'archetto), negli altri strumenti si generano
onde di tipo smorzato, in quanto l'ampiezza delle vibrazio-
ni decresce, periodo per periodo, fino all'esaurimento del-
la energia ricevuta dall'eccitazione iniziale. Vale la pena
di osservare che il timbro del suono dipende anche dal tipo
di eccitazione. La frequenza delle vibrazioni di una corda
obbedisce alle seguenti leggi:
I tubi sonori
I tubi sonori si suddividono in due categorie principali:
tubi aperti – hanno una doppia apertura alle estremità e
possono essere cilindrici, prismatici e conici;
tubi chiusi – comunicano all’esterno attraverso una sola
apertura e possono essere cilindrici e prismatici.
Un’altra suddivisione dipende dalla imboccatura.
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ria, con trasporto delle particelle materiali di essa dal
tubo all'ambiente esterno. Ma l'imboccatura degli aerofoni,
o meglio la parte vibrante di essa, è costituita da un si-
stema elastico che apre e chiude con alternanza periodica
l'orifizio del tubo. Per questa ragione non si ha un flusso
continuo dell'aria, ma comunicazione impulsiva di energia,
senza trasporto di materia; tale comunicazione di energia
avviene mediante onde di compressione, che percorrono la co-
lonna d'aria precipitando nell'ambiente esterno l'energia
immagazzinata. Quando l'onda di compressione giunge al punto
terminale del condotto, la sua energia si distribuisce nel-
l'aria circostante che, essendo elastica, reagisce e propaga
il fenomeno nell'ambiente stesso. Data la costanza della
pressione ambientale, a ogni compressione del gas (ossia
dell'aria) deve necessariamente corrispondere una pro-
porzionale rarefazione nelle zone adiacenti; per cui, in
virtù della dinamica che caratterizza le alternanze tra com-
pressioni e rarefazioni, si ha formazione e propagazione di
onde di frequenza acustica, che, nei limiti imposti dalla
fisiologia dell'organo uditivo, sono generatrici della sen-
sazioni sonora. Nell'interno del tubo, esauritasi l'energia
dovuta alla compressione, si ha una reazione di segno inver-
so, ossia una rarefazione che dalla bocca terminale del con-
dotto si trasmette sino all'imboccatura. E’ in questo punto
e in questo momento che il ciclo della pulsazione si conclu-
de, mentre con rigoroso sincronismo si riapre la parte vi-
brante dell'imboccatura. E’ quindi chiaro che il periodo di
apertura e chiusura dell'imboccatura deve coincidere esatta-
mente con quello della pulsazione, altrimenti nella interfe-
renza dei 2 periodi si manifestano sfasamenti che compromet-
tono, o distruggono, il regolare andamento delle pulsazioni,
con conseguente analogo effetto sulla regolarità del suono.
Concluso il primo ciclo, con l'immediata riapertura dell'im-
boccatura il fenomeno si ripete; e poichè la velocità delle
pulsazioni è costante, è evidente che la durata del ciclo
non può che dipendere dalla lunghezza del tubo. Più il tubo
è lungo, maggiore è la durata del ciclo minore è la fre-
quenza delle pulsazioni e più grave è il suono, e vicever-
sa.1
dove f = frequenza,
V = velocità (340 m/sec)
L = lunghezza d'onda (si definisce lunghezza d'onda la di-
stanza fra due punti dello spazio che raggiungono contempo-
1
P.Righini, Acustica, voce dal DEUMM
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raneamente un massimo e un minimo; in acustica è la distan-
za fra due punti di massima compressione e depressione del-
l'aria).
L'imboccatura
Come si è letto poco più sopra, l’imboccatura è il mezzo
elastico che consente la produzione del suono trasformando
l’impulso dato dall’esecutore in un impulso energetico che
sollecita la formazione di onde di compressione e di rare-
fazione all’interno del tubo. Dal tipo di imboccatura di-
pende la qualità del suono di un tubo sonoro.
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tura, producendo un miscuglio di vortici e di vibra-
zioni che il tubo seleziona, esaltando solo quelle la
cui frequenza si accorda per risonanza, con il perio-
do, delle pulsazioni della sua colonna d'aria.
Imboccatura di tubi sonori Ancia semplice - Si tratta di
una linguetta sottile ed ela-
stica (di legno o di metallo)
con una base rigida e l'estre-
mità opposta in grado di vi-
brare. Può essere:
a) libera (armonica a bocca,
alcuni registri d'organo, zam-
pogne) - vibra da una parte
1. Flauto all'altra di un'apertura pra-
2. Oboe ticata nel supporto alla cui
3. Clarinetto base è fissata la parte rigida
4. Strumenti di ottone dell'ancia stessa;
5. Canna d’organo b) battente (clarinetti, saxo-
foni, canne d'organo) - è leg-
germente più grande rispetto
all'apertura alla quale è applicata. Il bordo dell'apertu-
ra, sul quale l'ancia vibrando batte, impedisce il comple-
tamento delle escursioni, facendo compiere così all'ancia
poco più di mezza vibrazione.
Il clarinetto
Il clarinetto (tubo aperto) costituisce un caso abbastanza
singolare. L'accoppiamento di ancia battente e tubo cilin-
drico sta alla base della sua particolarità di avere un
rapporto tra la lunghezza della sua colonna d'aria e la
lunghezza d'onda del suono fondamentale, pari a 1/4 invece
di 1/2. Nel clarinetto il punto nodale dell'onda fondamen-
tale, invece di essere come nelle altre canne aperte, circa
a metà del tubo, è molto vicino all'imboccatura.
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mentale del clarinetto è all'ottava inferiore rispetto alle
altre canne aperte.
Strumenti a percussione
Nell'ambito degli strumenti musicali, quelli a percussione
formano la categoria più vasta, più eterogenea e più com-
plessa acusticamente. Possiamo distinguerli in vari gruppi:
verghe e lamine; regoli; piastre; membrane.
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In ciascun gruppo possiamo incontrare esemplari di varie
dimensioni, l'altezza del cui suono, indipendentemente dal-
la identificabilità con una o l'altra nota del sistema mu-
sicale, si colloca in un punto o l'altro del campo di udi-
bilità, abbracciando nell'insieme una tessitura che occupa
l'interezza del campo stesso. Per quanto riguarda le vibra-
zioni negli strumenti a percussione si ha una infinita va-
rietà di comportamenti: si va dalle più regolari (diapason)
alle più caotiche (grancassa, tam tam).
Le membrane tese possono essere considerate corde elastiche
estese in due dimensioni. Le piastre vibrano in tutta la
loro superficie, formando zone ventrali limitate da linee
nodali, con un punto nodale al centro. La difficoltà di a-
vere una materia perfettamente omogenea e geometricamente
precisa, comporta la compresenza di vibrazioni di frequenze
non identiche, ma prossime tra loro, con l'effetto di un
suono ondulato e impreciso.
La voce umana
La voce umana parlata e cantata è il risultato di un pro-
cesso che impegna il sistema respiratorio, laringeo e riso-
natore.
Il primo sistema di organi che concorre a produrre la voce,
è il sistema respiratorio inferiore.
E' costituito dai due polmoni siti nella gabbia toracica. I
polmoni sono a forma di semicono, hanno tessuto molle spu-
gnoso e presentano numerosi spazi detti alveoli nei quali
si raccoglie l'aria.
Alla base dei polmoni vi è il diaframma (organo di impor-
tanza fondamentale per una giusta respirazione) il quale
interviene insieme ai muscoli intercostali ed agli altri
muscoli siti nella cavità toracica, nelle varie fasi della
respirazione. Il diaframma ha forma di cupola con la conca-
vità rivolta al cavo addominale e la parte convessa a con-
tatto con i polmoni.
I polmoni ed il diaframma possono essere paragonati al man-
tice dell'organo, in quanto forniscono, mediante l'espira-
zione, l'aria necessaria per far vibrare le corde vocali.
La trachea, tubo cilindrico costituito da anelli di carti-
lagine ha il compito di permettere all'aria di passare, du-
rante le fasi della respirazione, dall'esterno ai polmoni
(con i quali è in comunicazione tramite due biforcazioni
denominate “bronchi”). Tutti questi organi si allungano e
si dilatano durante l'inspirazione, mentre si accorciano e
si restringono in fase espiratoria.
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La laringe vista di fronte
a) epiglottide; b) orificio dell’epiglottide
c)muscoli aritenoidi; d) trachea
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Durante la fonazione le corde vocali vibrano sotto l'impul-
so dell'aria espirata, come ance membranose a cuscinetto,
con vibrazioni quasi perpendicolari alla direzione della
corrente aerea.
L'intensità del suono, naturalmente, dipende dalla forza
con cui l'aria espirata fa entrare in vibrazione le corde
vocali, mentre altezza e timbro dipendono dal grado di ten-
sione e dalle diverse modalità di contrazione dei muscoli
laringei, oltre che dalla lunghezza della corda (elemento
congenito dell'apparato vocale).
Al di sopra della laringe, abbiamo una lamina flessibile la
quale forma una sorta di coperchio mobile che serve ad im-
pedire agli alimenti di penetrare negli organi respiratori
e mette in comunicazione la laringe con la faringe.
Tale lamina si chiama epiglottide.
Il suono vocale prodotto nel sistema laringeo, viene poi
modificato nelle vie respiratorie superiori che comprendono
la faringe, la bocca (lingua, palato, arcate dentarie, lab-
bra) e le vie nasali (in particolare e soprattutto i seni
paranasali).
L'insieme di queste strutture forma un canale molto irrego-
lare, suddiviso in piccoli compartimenti liberamente comu-
nicanti.
Le vie respiratorie superiori si comportano come casse di
risonanza che rinforzano i suoni formatisi in laringe e ne
modificano il timbro consentendo una migliore e maggiore
formazione dei suoni armonici.
La faringe è un canale muscolare membranoso limitato in al-
to dalla base del cranio, in basso dalla parte superiore
dell'esofago; comunica con le fosse nasali, la bocca e la
laringe ed è destinata a ricevere quasi per prima la colon-
na d'aria vibrante.
Passando dalla faringe alla bocca, si incontra il velo pa-
latino che è una lamina mobile, membranosa, muscolare, in
cui termina il palato, che presenta due parti: l'anteriore
che appartiene alla bocca (ai suoi due lati le pieghe della
mucosa formano i pilastri anteriori del velo palatino) e la
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posteriore posta obliquamente, in basso ed all'indietro, al
cui centro pende una sporgenza carnosa detta ugola.
Dai margini dell'ugola partono altre due pieghe della muco-
sa dette pilastri anteriori del velo palatino.
Fra i pilastri anteriori e quelli posteriori, si trova una
incavatura che contiene le tonsille.
Tutto questo spazio prende il nome di istmo delle fauci.
La cavità nasale comprende le narici che comunicano con
l'esterno e le fosse nasali che comunicano con la faringe.
La bocca è l'organo che presiede alla articolazione delle
vocali e consonanti che si formano in essa per mezzo dei
vari movimenti della lingua, delle labbra e dei denti.
Al di sopra delle fosse nasali, ci sono le massime e fonda-
mentali casse di risonanza per la voce e cioè i seni para-
nasali che maggiormente determinano, a seconda della loro
strutturazione, il <colore> della voce.
Da ricordare inoltre che un'altra importante cassa di riso-
nanza per la voce, è costituita dalla cassa toracica la
quale è usata dalle voci maschili (registro di petto) o
dalle voci femminili per emettere suoni gravi di notevole
omogeneità, intensità e coloratura.
Voci femminili
Soprano leggero - Limitato volume, timbro squillante, ten-
denza al virtuosimo, alla sfumatura. Facile il registro a-
cuto e sovracuto.
Sono tradizionalmente considerate adatte alla voce di so-
prano leggero le seguenti parti: Costanza (Ratto dal serra-
glio), la Regina della notte (Flauto magico), Lucia (Lucia
di Lammermoor), Amina (Sonnambula) e Gilda (Rigoletto).
Soprano lirico - Buon volume, calore espressivo, facile
cantabilità, sia dolce, sia passionale. Sono adatte al so-
prano lirico le parti: donna Elvira (Don Giovanni), Matilde
(Guglielmo Tell), Violetta (Traviata), Micaela (Carmen) e
Mimì (Boheme di Puccini).
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I registri della voce umana – I riquadri più scuri indicano
l’estensione normale delle singole voci; quelli bianchi le note
estreme cui ogni tipo di voce può arrivare, fermo restando che,
in realtà, ogni voce umana costituisce un caso a sé. (dalla En-
ciclopedia della Musica, Garzanti, 1996)
Voci maschili
Tenore leggero - Limitato volume, timbro squillante, buone
possibilità nel virtuosismo e nel fraseggio sfumato. Sono
adatte al tenore leggero le seguenti parti: Don Ottavio
(Don Giovanni), Tamino (Flauto magico), il Conte d'Amalviva
(Barbiere di Siviglia di Rossini), Elvino (Sonnambula).
Tenore lirico - Buon volume per tutta la gamma, espressivi-
tà cantabile e passionale. Sono adatte al tenore lirico le
seguenti parti: Edgardo (Lucia di Lammermoor), il Duca di
Mantova (Rigoletto), Alfredo (Traviata), Faust (Faust), Ro-
dolfo (Boheme di Puccini) e Mario Cavaradossi (Tosca)
Tenore spinto o drammatico - Notevole volume e grande vi-
brazione timbrica incisività, qualche difficoltà nella can-
tabilità dolce e legata. Sono adatte al tenore spinto o
drammatico le seguenti parti: Manrico (Trovatore), Radames
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(Aida), Otello (Otello di Verdi), don Josè (Carmen), Des
Grieux (Manon Lescaut), Calaf (Turandot), Turiddu (Cavalle-
ria rusticana) e Tristano (Tristano e Isotta).
Baritono brillante - Timbro squillante, vivacità d'accento,
espressività dolce e virtuosismo abbastanza facile. Sono
adatte al baritono brillante le seguenti parti: Figaro
(Nozze di Figaro), Don Giovanni (Don Giovanni) Figaro (Bar-
biere di Siviglia di Rossini), Falstaff (Falstaff), Marcel-
lo (Bohème di Puccini) e Gianni Schicchi (Gianni Schicchi).
Baritono drammatico - Volume, vigoria timbrica e incisività
drammatica. Sono parti per baritono drammatico: Enrico (Lu-
cia di Lammermoor), Rigoletto (Rigoletto), Jago (Otello di
Verdi), Escamillo (Carmen), Scarpia (Tosca) e Tonio (Pa-
gliacci).
Basso comico o brillante - Più timbro che volume, tendenza
al virtuosismo, vivacità di accento. Si ricordano Leporello
(Don Giovanni); Don Bartolo (Barbiere di Siviglia di Rossi-
ni), Don Pasquale (Don Pasquale) e Colline (Bohème).
Basso profondo - Volume, nobiltà di accento, potenza nelle
note gravi: Sarastro (Flauto Magico), Zaccaria (Nabucco);
Mefistofele (Mefistofele di Boito); Sigfrido (Sigfrido) e
Wotan (L'oro del Reno).
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APPENDICE
2
J.Hains, Dal rullo di cera al CD in Encicloipedia della Musica – Il Novecento vol.I
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nascere di nuovi (musica da film, elettroacustica, rock, new
age ecc.).
Le prime esperienze
La possibilità di registrare, di fissare una cosa così ef-
fimera come il suono aveva affascinato anche l’antichità.
Nel suo IV libro del Pantagruel (1548) Rabelais racconta
che i rumori e le grida di una battaglia combattutta duran-
te un inverno erano rimasti congelati per sciogliersi con
la primavera e farsi nuovamente riascoltare, sia pure scol-
legati dalla fonte originaria di emissione.
In Le courrier veritable (1632) gli abitanti di un paese
esotico comunicano attraverso spugne che assorbono le voci
e poi le lasciano andare quando vengono strizzate. Ancora,
nel 1657 Cyrano de Bergerac descrive in Histoire comique
des Etats et Empire de la Lune una scatola contenente un
meccasnismo ad orologeria che consentiva di ascoltare testi
e musiche.
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Sono naturalmente tutte fantasie che dimostrano però
l’interesse per il problema.
Con i progressi dell’orologeria, vengono costruiti strumen-
ti in grado di suonare da soli. Si possono ricordare i tan-
ti tipi di carillons3, gli organetti di Barberia, i piano-
forti meccanici (in uso nel Novecento).
I meccanismi più antichi prevedevano un cilindro munito di
punte e roteante sotto la spinta di una molla o di una ma-
novella. Le punte, posizionate secondo un criterio preciso
sul cilindro, azionavano tasti o leve che producevano per-
tanto i suoni.
3
Si può ricordare che un cilindro fonotattico, ovvero un rullo
di legno o di metallo sulla cui superficie sono infissi chiodi o denti
che nel corso di un movimento rotatorio agiscono sulla meccanica di
uno strumento cui è aplicato, esisteva già in epoca antico. Athanasius
Kirker, nella sua Musurgia universalis attesta che tale cilindro era
usato per l’esecuzione di toccate e di ricercari di Kerll e di altri
autori.
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L’operazione ebbe un certo successo. Nel 1921, ad esempio,
Stravinskij firmò con Pleyel un contratto di sei anni per
la trascrizione su
pianola delle proprie opere.
Autopiano
Il fonografo
Nel 1877 Thomas Edison brevetta il fonografo, strumento che
per la prima volta permette di registrare la voce. Edison
aveva scoperto il proprio apparecchio per caso, mentre ten-
tava di registrare su un rotolo di carta i punti e le linee
dell’alfabeto Morse; rimase affascinato dai suoni che pro-
duceva lo scorrimento della carta e immaginò dunque una
nuova macchina che fece costruire al suo assistente John
Kruesi.
In un articolo pubblicato nel 1878 Edison elencava dieci
possibili utilizzi del nuovo apparecchio: la riproduzione
della musica figurava al quarto posto, dopo il suo impieto
come dittafono, come libro parlato per i ciechi e per
l’insegnamento delle tecniche della comunicazione in pub-
blico.
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cui si parla. L’estremità inferiore, più stretta di questo
imbuto è chiuesa da una membrana (o diaframma) posta in vi-
brazione per risonanza; sul diaframma è fissato un ago
(puntina) che poggia sul solco e incide avvallamenti e ri-
lievi a seconda delle vibrazioni. Quando si vuole ascoltare
la registrazione, si ricolloca la puntina all’inizio del
solco e si torna a far girare il rullo; la puntina ripassa
nel solco e stimolata da rilievi e avvallamento fa nuova-
mente vibrare il diaframma ricreando le vibrazioni origina-
li.
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Il grammofono di Berliner
Negli anni successivi, il fonografo di Edison fu sottoposto
a vari interventi da altri inventori e costruttori che cer-
vano di migliorarlo per renderlo più utilizzabile e commer-
ciabile. Il foglio di stagno, ad esempio, venne sostituito
con uno strato di cera; la rotazione del cilindro venne mo-
torizzata per garantire una maggiore regolarità (al motore
elettrico, più costoso, si preferiva al momento un meccani-
smo a molla che si ricaricava a mano), l’imbuto acquisì la
forma di una tromba in grado di captare e diffondere meglio
il suono.
Furono questi i fonografi impiegati nelle prime registra-
zioni “sul campo”, passo fondamentale verso la nascita del-
la moderna etnomusicologia. Nel 1899 fu effettiata la prima
registrazione presso le popolazioni amerindie
dall’americano Walter Fewkes. Nel 1902 Carl Stumpf fondò a
Berlino il primo archivio di musica non occidentale.
Nel 1887, intanto, Emil Berliner (1851 – 1929), un tedesco
emigrato negli Stati Uniti, sostituì il rullo di cera con
un disco, una sottile lamina di zinco di 12 cm ricoperta di
cera sulla quale veniva tracciato il solco a spirale: la
puntina vibrava orizzontalmente e non più verticalmente co-
me sul rullo il che consentiva di avere un supporto più
sottile. L’anno successivo, ancora Berliner inventò il si-
stema di duplicazione del disco tramite bagno galvanopla-
stico a partire da un’impronta negativa, la matrice. Dopo
aver perfezionato il meccanismo Berliner lo mise sul merca-
to nel 1896 insieme all’apparecchio lettore, il grammofono.
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Nipper con l’orecchio teso verso un grammofono per ricono-
scere “la voce del padrone”. Era nata un’etichetta destina-
ta a fare la storia della incisione discografica.
Il successo del disco sul cilindro dipende dalla possibili-
tà di contenere più musica, di poter essere inciso su ambe-
due le facciate, di poter essere riprodotto facilmente e di
essere meno ingombrante.
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L’anno successivo ci fu una nuova rivoluzione tecnologica
con l’utilizzo dei microfoni elettrici messi a punto dai
laboratori della Bell Telephone negli Stati Uniti.
Nel microfono una sottile membrana metallica (diaframma)
viene messa in vibrazione dal suono ed esercita variazioni
di pressione su un materiale in cui circola una debole cor-
rente elettrica; gli impulsi elettrici, sotto forma di va-
riazioni di voltaggio riproducono l’onda sonora, costitui-
scono cioè il segnale che viene trasmesso lungo un filo me-
tallico, amplificato, poi trasmesso ancora all’apparecchio
di incisione.
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100/5000 hertz, con un miglioramento anche nella definizio-
ne dei timbri.
Il microfono inoltre consentiva di percepire, sia pure in
una dimensione ancora contenuta, un senso di spazialità del
suono. Il microfono captava in prima istanza il suono di-
retto (e più la fonte era vicina e più il suono diretto ar-
rivava in quantità rilevante) e poi i suoni riflessi che
dipendevano dall’acustica della sala.
Fra le prime registrazioni con i microfoni elettrici (subi-
to adottati da tutte le case discografiche) si ricordano la
Danse macabre di Saint-Saens diretta da Leopold Stokowski
con la Philadelphia Symphony e “Pini di Roma£ di Respighi
con Toscanini.
Aumentava la qualità del suono e aumentavano naturalmente
anche le responsabilità dei tecnici del suono, anche perché
era ora possibile lavorare sulle dinamiche e mettere in e-
videnza un strumento invece di un altro.
Nel 1927 venne inventato un mezzo per fissare il suono su
una pellicola cinematografica. Il pianista o l’orchestrina
che prima suonavano dal vivo per commentare il film e co-
prire il rumore della pellicola andavano in pensione: una
cellula fotoelettrica ora leggeva l’informazione audio
tracciata sulla banda sonora della pellicola e la converti-
va i corrente che alimentava gli altoparlanti.
Il primo film sonoro fu The jazz singer con Al Jolson.
La nuova invenzione creò un nuovo genere musicale, quello
della colonna sonora. E diversi grandi compositori
dell’epoca si gettarono nella avventura cinematografica:
basta ricordare Saint-Sanes, Satie, Prokof’ev Copland. Non
tutti furono d’accordo: basta ricordare le forti critiche
di Stravinskij alla sua Sacre inserita in Fantasia di Walt
Disney.
Negli anni successivi Arthur Schnabel registrò l’integrale
delle Sonate di Beethoven, Albert Schweitzer l’integrale
per organo di Bach. Pablo Casals le Suites per violoncello
di Bach, Wanda Landowska le Variazioni Goldberg sul clavi-
cembalo.
La nascita del LP
Il 1° agosto 1942 140mila membri dell’American Federation
of Musicians dichiararono uno sciopero nazionale contro le
case discografiche. L’uso dei dischi nei locali pubblici
lasciava a casa i musicisti e l’Associazione chiese e ot-
tenne il versamento di una tassa per ogni disco venduto.
Nel 1945 la Decca brevettò un nuovo procedimento (Full Fre-
quency Range Recording, FFRR) che consentiva di registrare
e riprodurre tutte le frequenze udibili dall’uomo garanten-
do pertanto una riproduzione praticamente perfetta.
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Tre anni dopo la Columbia mise sul mercato il long playing,
in grado di contenere dai 20 ai 30 minuti a facciata. Va
ricordato che in precedenza la Messa in si minore di Bach
richiedeva 17 dischi e una sinfonia ne occupava almeno 4.
Adesso una sinfonia stava in un solo disco. I nuovi LP era-
no in vinile, più flessibile e resistente della gommalacca
in scaglie dei vecchi 78. La velocità fu ridotta a 33 e 1/3
giri al minuto.
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velocità costante davanti a un elettromagnete (testina ma-
gnetica) nel quale circola corrente elettrica amplificata
proveniente dal microfono. Le variazioni della corrente im-
primono sul nastro analoghe variazioni di carica magnetica.
Al momento della lettura, il nastro ripassa davanti alla
testina che riproduce le stesse variazioni di corrente che
vengono incanalate verso l’altoparlante. Naturalmente mag-
giore è la velocità di scorrimento, più alta la qualità
della registrazione. Il nastro può essere cancellato.
Il nastro apportò una vera e propria rivoluzione nel mondo
della registrazione. Rispetto ai dischi, durava molto di
più e consentiva pertanto sedute di registrazione più lun-
ghe e continuative. In più consentiva di riascoltare imme-
diatamente dopo la registrazione quello che si era fatto;
ancora, il contenuto poteva essere copiato per mezzo di un
secondo magnetofono.
La stereofonia
Nel 1931 il fisico inglese Alan D.Blumlein brevettò il pri-
mo disco stereofonico, mentre due anni dopo la EMI avviò
una ricerca nel campo che rimase però alquanto infruttuosa.
Nel 1940 Walt Disney usò effetti stereofonici in Fantasia.
La stereofonia iniziò tuttavia in maniera ufficiale il pro-
prio cammino nel 1958.
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me la prospettiva in pittura crea un’illusione di spazio vi-
sivo.
4
J.Culshaw, Ring Resounding, 1967 in Hains, op. cit.
57
per la prima volta (atto II). Si era perciò convocata
Elisabeth Schwarzkopf, la cui voce, grazie alle magie
dello studio, si era sostituita a quella della Flagstad
in quelle due note soltanto. All’ascolto nessuno si ac-
corse di niente e la storia rimase segreta fino a quan-
do non esplose un anno più tardi a causa
dell’indiscrezione di un dipendente, facendo il giro
delle prime pagine; alcune critici d’opera ostili alla
tecnologia se ne impadronirono e diedero sfogo alla lo-
ro indignazione gridando che questa volta si era esage-
rato.
Musicassette
Nel 1963 al nastro e al disco si affianca un nuovo sistema,
quello della musicassetta. Piccola e maneggevole, la cas-
setta ideata dalla Philips evita il riavvolgimento manuale
del nastro e, grazie ai nuovi apparecchi portatili immessi
nel mercato nel 1979 dalla Sony, può essere ascoltata anche
camminando. Pur essendo meno professionale e meno sicura
sul piano della qualità, la musicassetta presenta indiscu-
tibili vantaggi pratici, dalla maneggevolezza, alla possi-
bilità di copiatura, alla opportunità di utilizzarla per
riversare dischi ecc.
Il suono sintetizzato
Il Dynamophone o Telharmonium è il capostipite degli stru-
menti musicali elettronici. La sua costruzione, ad opera
dell’america Thaddeus Cahill, risale all’inizio del Nove-
cento. L’apprecchiatura era costituita da un gruppo di ge-
neratori (alcune dinamo del peso di alcuni quintali ciascu-
na) che producevano correnti alternate a diverse frequenze.
L’obbiettivo era ridurre elettricamente musica da distri-
buire via cavo. Non vi erano però i mezzi tecnici per rea-
lizzarlo e lo strumento fu accantonato. Da lì iniziò però
un cammino che avrebbe portato decenni dopo al Moog (ta-
stiere elettroniche create da Robert Moog), il primo sinte-
tizzatore (ovvero un dispositivo capace di generare, mani-
polare e controllare elettronicamente un suono senza dipen-
dere da un generatore acustico esterno) di interesse per un
musicista. In mezzo ai due apparecchi si collocano altre
esperienze: si citano nel Onde Martenot (1928), il Partitu-
rophon (1930, primo esempio di strumento polifonico dotato
di cinque tastiere), il Trautonium di Tratwein (1930) che
propone un ampio repertorio di timbri.
La digitalizzazione
Proprio nel 1979, quando la Sony immetteva nel mercato i
lettori di musicassetta, la tecnologia faceva un nuovo bal-
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zo in avanti introducendo negli studi di registrazione il
processo digitale. Nello stesso anno ancora la Philips pre-
sentava il compact disc. Il CD si impose sul mercato a par-
tire dal 1986.
La registrazione digitale non interviene nella prima parte
(il suono captato dai microfoni) né nella parte conclusiva
(la riproduzione da parte degli altoparlanti), bensì nei
processi intermedi.
Nella registrazione analogica, l’onda sonora viene succes-
sivamente convertita in diversi stati, ognuno dei quali è
una sua rappresentazione (un’analogia), più fedele possibi-
le. Ma ciascuna di queste conversioni rischia di far perde-
re un po’ di qualità al suono.
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Il CD garantisce una più alta qualità di suono, riducendo
ad esempio al minimo i rumori di fondo.
Informatica musicale
L’informatica ha naturalmente un ruolo sempre più importan-
te in campo musicale. In particolare due sussidi informati-
ci fondamentali sono oggi als ervizio dei musicisti, il
campionatore e il sequencer. Il primo, pur con i limiti di
una massiccia richiesta di memoria informatica, è un vero e
proprio registratore digitale che consente operazioni di
montaggio e di trasformazione del suono (altezza, timbro,
volume). Il sequencer consente di attivare uno strumento
musicale, funzionando come un programma di scrittura elet-
tronica (word processor).
La rivoluzione dell’MP3
Alla fine degli anni Novanta, a circa 40 anni dalla rivolu-
zione apportata da Peter Carl Goldmark con l’invenzione
dell’Lp quale sostituzione dei vecchi 78 giri, è scoppiata
un’altra rivoluzione destinata a cambiare sensibilmente le
modalità di ascolto e di archiviazione dei suoni.
Ha scritto Giovanni Valerio su Tuttoscienze del 19 agosto
1998 (Algoritmi e musica compressa):
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