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Il suono
Il suono è un fenomeno fisico che stimola il senso dell’udito: esso è provocato
dal rapido movimento (vibrazione) di un qualsiasi corpo (una corda, un
elastico, un pezzo di legno, una colonna d’aria, ecc.).
La propagazione sonora
Il suono è un fenomeno fisico, non un oggetto. Per esistere ha bisogno di una
sorgente, cioè di un corpo vibrante e di un mezzo elastico di propagazione in
cui le onde possano viaggiare. Aria, acqua, legno, metalli, cemento, mattoni e
vetro possono vibrare e propagare le onde sonore.
All'origine del suono c'è un corpo vibrante. Vibrando, questo corpo trasmette le
proprie vibrazioni al mezzo che lo circonda (nel nostro caso, l'aria). L'energia
sonora, quindi, è un'energia meccanica (o cinematica) che, partendo dalla
sorgente, si irradia sotto forma di onde attraverso il mezzo di propagazione
fino all'ascoltatore, senza trasporto di materia.
I suoni sono onde create da vibrazioni ottenute in migliaia di modi diversi, che
generano una variazione di pressione che si propaga all’interno di un mezzo
materiale senza trasporto di materia, (ad es. Nel vuoto non c’è suono).
Riflessione
Quando un’onda sonora incontra un ostacolo può accadere che lo superi, o
venga assorbita o riflessa. La riflessione avviene quando un’onda sonora
incontra un ostacolo di grandi dimensioni e rimbalza all’indietro. La legge della
riflessione è uguale per tutti i tipi di onde e ci dice che l’angolo di incidenza è
uguale all’angolo di riflessione.
Rifrazione
Consideriamo un’onda sonora che parte da terra, quando il suo fronte
raggiunge una certa quota diminuisce la sua velocità , mentre la parte
dell’onda che si propaga a bassa quota
continua a propagarsi con la stessa
velocità. Il fronte si curva quindi verso
l’alto. Quindi a terra vi è la possibilità che
ad una certa distanza il suono non giunga
affatto. I «raggi» sonori sono stati quindi
portati verso l’alto per rifrazione.
Interferenza
Alla base dell’interferenza vi è il principio della sovrapposizione; in ogni punto
in cui 2 onde della stessa natura incidono contemporaneamente l’oscillazione è
data dalla somma algebrica delle oscillazioni delle 2 onde incidenti prese
separatamente. Esistono 2 tipi di interferenza; interferenza costruttiva
(incontro fra 2 gole o 2 creste) e interferenza distruttiva (incontro fra una
cresta e una gola).
Diffrazione
Quando un'onda incontra sulla sua strada un ostacolo o è costretta a passare
attraverso una piccola fenditura, manifesta un comportamento peculiare: essa
(e con essa l'energia che trasporta) è in grado di raggiungere anche punti che
non sarebbero raggiungibili se la propagazione avvenisse per raggi d’onda
rettilinei. È come se l'onda si "rompesse" e si ricomponesse, sparpagliandosi, al
di là dell'ostacolo o della fenditura. Quando un suono incontra un ostacolo, la
sua capacità di aggirarlo dipende dal rapporto tra la dimensione dell'ostacolo e
la lunghezza d'onda del suono.
Effetto Doppler
l'effetto Doppler è un fenomeno fisico che consiste nel cambiamento, rispetto
al valore originario, della frequenza o della lunghezza d’onda percepita da un
osservatore raggiunto da un’onda emessa da una sorgente che si trovi in
movimento rispetto all'osservatore stesso.
Il Pendolo
Se accelerazione di gravità, velocità iniziale e direzione iniziale del filo sono
complanari il pendolo oscilla in un piano verticale, descrivendo in particolare
una traiettoria circolare, a causa dell'inestensibilità del filo.
In condizioni di riposo, la forza di gravità che agisce sul pendolo è equilibrata
dalla reazione del vincolo, ossia dal filo che trattiene la massa.
Il pendolo viene spostato dalla sua posizione di riposo per essere portato verso
un altro punto, dove avrà inizio il suo movimento oscillatorio.
Una volta lasciato, il pendolo scende con velocità crescente verso il punto
iniziale, trasformando l’energia potenziale in energia cinetica che gli consentirà
di risalire, con velocità decrescente, verso la posizione opposta a quella di
partenza, raggiunta la quale invertirà il movimento scendendo di nuovo verso il
punto iniziale, transitandovi e risalendo verso il secondo punto, dove avrà
termine il primo periodo del movimento oscillatorio, al quale seguirà un altro
periodo, etc etc, sino a quando il graduale smorzamento delle oscillazioni avrà
ricondotto definitivamente il pendolo allo stato di riposo. Il graduale
smorzamento implica un graduale rallentamento della velocità di elongazione
(oscillazione), mantenendo però inalterato il tempo impiegato per compiere
ciascuna oscillazioneLa legge dell’isocronismo pendolare venne scoperta da
Galileo Galilei verso il 1580. Le oscillazioni si svolgono (all'incirca) tutte nello
stesso tempo, a prescindere dalla loro ampiezza.
Il periodo di oscillazione cresce con la radice quadrata della lunghezza del
pendolo: dunque, un pendolo lungo oscilla più lentamente di uno corto.
La quantità delle vibrazioni nell’unità di tempo viene detta frequenza e la sua
unità di grandezza è l’Hertz (Hz). Se una vibrazione acustica ha la frequenza di
440 Hz vuol dire che compie 440 periodi (cicli completi) al secondo. Il Ritmo
La definizione di ritmo che è stata proposta al Gruppo di Lavoro per l’Acustica
Musicale per un vocabolario per la unificazione della terminologia:
“il ritmo musicale è l’ordinata successione delle unità di tempo che, sulla base
della misura assunta, regolano le accentuazioni periodiche dei suoni”
Definizione di metrica per il medesimo vocabolario: “la metrica, che anche in
musica è scienza delle misurazioni, è quella parte della tecnica e della teoria
che coordina nel tempo l’andamento e le accentuazioni del discorso musicale”.
I fenomeni fisici sono indipendenti dall’uomo, anche se questi li può in una
certa misura dominare e anche se gli stimoli delle nostre sensazioni
provengono tutte dal mondo fisico. La natura del ritmo è psicologica e
appartiene solo all’uomo. Pur essendo vero che talvolta il nostro mondo può
offrirci spontaneamente eventi acustici ai quali è possibile attribuire
un’importanza ritmica, questi fenomeni (periodici ad esempio come il ticchettio
di un orologio) non contengono in sé alcun elemento ritmico. Un orologio in se
non ha nessuna configurazione ritmica, ma appena immaginiamo che quel
ticchettio sia costituito da una serie di “tic-tac”, ecco che con questa
elementare suggestione onomatopeica abbiamo introdotto, soggettivamente, la
più elementare delle cellule ritmiche, anche se quegli impulsi acustici sono e
restano fisicamente indifferenziati.
Il Metronomo
Il metronomo è un dispositivo meccanico o elettrico
usato per scandire con adeguato isocronismo la
cadenza di una figura musicale nel tempo di un minuto
primo.
Fu inventato dal tedesco Johann Mälzel, nel 1816, ma
prima di questi vi furono molti precursori che
inventarono diversi apparecchi atti a misurare il
tempo. Nel 1600, ad esempio, vi fu Etienne Louliè e,
poco prima del Mälzel, il
Winkel, al quale deve il testo fondamentale della sua
scoperta.
• Altezza
E’ quell’attributo della sensazione uditiva oer mezzo del quale i suoni
possono essere ordinati dal basso verso l’alto, come avviene, per
esempio, nella scala musicale.
Dipende soprattutto dalla frequenza, ma è influenzata anche dal timbro e
dall’intensità del suono.
• Intensità
E’ l’attributo della sensazione uditiva mediante il quale i suoni possono
essere ordinati dal debole al forte. L’acustica fisiologica ha però sostituito
il termine “intensità soggettiva” con il più semplice “sonia”. Dipende
soprattutto dalla pressione acustica generata dalle vibrazioni della
sorgente sonora, ma è influenzata anche dall’altezza e dal timbro.
• Timbro
E’ quell’attributo della sensazione uditiva mediante il quale è possibile
distinguere suoni diversi, anceh quando vi sia tra i medesimi parità di
altezza e sonia.
Dipende dalla composizione spettrale del suono (vibrazioni armoniche),
ma è influenzato pure dall’intensità e dall’altezza, nonché dai transitori di
attacco e di estinzione e dalle disarmonicità che in misura sia pur minima
sono presenti nei moti vibratori.
• Durata
La durata del suono influisce non solo sull’immagine sonora a livello
psicoacustico, ma anche sulla oggettività della stimolazione acustica. Se
la durata del suono scende a un valore molto basso, l’udito non può
percepire integralmente le qualità del suono.
L'altezza è la frequenza
fondamentale di una nota musicale
o suono che viene percepita, ed è
una delle caratteristiche principali di
un suono. L'altezza indica se un
suono è acuto piuttosto che grave e
dipende dalla frequenza dell'onda
sonora che lo ha generato. In
particolare: più la frequenza di
un'onda sonora è elevata e più il
suono ci sembrerà acuto, mentre
più è bassa la frequenza e più il
suono ci apparirà grave. Nonostante
la frequenza fondamentale reale
possa essere determinata con una
misura fisica, essa può differire
dall'altezza percepita per via degli
ipertoni e degli armonici naturali del
suono. Il sistema di percezione
uditiva umano può avere anche difficoltà a distinguere differenze di altezza fra
le note, in alcune circostanze.
La percezione dell’ampiezza
Il La sopra al Do centrale suonato su uno strumento qualsiasi ha un altezza
percepita pari a quella di un suono puro a 440 Hz ma non necessariamente ha
un armonica a quella frequenza. Inoltre, una piccola variazione di frequenza
potrebbe non comportare una variazione percepibile di altezza, ma una
variazione di altezza comporta necessariamente una variazione di frequenza.
Infatti la minima differenza avvertibile, la soglia oltre la quale si percepisce la
variazione di frequenza, è di circa cinque cent, cioè cinque centesimi di un
semitono; ma questa soglia varia lungo lo spettro delle frequenze udibili ed è
minore quando due note sono suonate contemporaneamente.
L'altezza è influenzata anche dall'ampiezza del suono, specialmente alle basse
frequenze. Per esempio, una nota grave e forte sembrerà ancora pìù grave se
suonata più piano. Come accade per gli altri sensi, anche la percezione relativa
dell'altezza può essere tratta in inganno, creando delle illusioni auditive. Ce ne
sono diverse, come il paradosso di tritone o la più nota scala Shepard, dove
una sequenza ripetuta (continua o discreta) di toni disposti in modo particolare
può sembrare come una sequenza ascendente o discendente infinita.
La concert pitch
Il La sopra il Do centrale al giorno d'oggi è fissato a 440 Hz, e spesso è scritto
come "A = 440 Hz" o semplicemente A440, e conosciuto come concert pitch (a
volte chiamato diapason da concerto). Questo standard è stato adottato di
recente.
Altezze storiche
Storicamente, diverse convenzioni sono state impiegate per fissare l'altezza
delle note a specifiche frequenze.Vari sistemi di temperamento sono stati
applicati per determinare i rapporti fra le frequenze delle note di una scala. Nel
1955, l'Organizzazione Internazionale per le Standardizzazioni fissò la
frequenza del La sopra al Do centrale a 440 Hz, ma in passato sono state usate
varie frequenze. Fino al XIX secolo non ci sono stati tentativi di collaborazione
per trovare uno standard all'altezza delle note, e i livelli in Europa erano i più
diversi. Anche all'interno di una singola chiesa. l'altezza usata poteva variare
nel tempo per via del modo in cui si accordavano gli organi. Generalmente,
l'estremità del tubo di un organo veniva ribattuta verso l'interno in modo da
formare un cono o aperta verso l'esterno per variare la frequenza. Quando le
estremità divenivano troppo danneggiate, venivano tagliate, incrementando
così l'altezza musicale dell'organo.
Ci si può fare un idea della variabilità dell'altezza esaminando i vecchi diapason
per accordatura, i tubi degli organi ed altre fonti. Per esempio, un vecchio
pitchpipe inglese del 1720 suona il La sopra al Do centrale a 380 Hz, mentre gli
organi suonati da Johann Sebastian Bach ad Amburgo, Lipsia e Weimar erano
calibrati a A = 480, una differenza di circa quattro semitoni. In altre parole, il
La prodotto dal pitchpipe del 1720 aveva la stessa frequenza del Fa di uno
degli organi di Bach. L'altezza non variava solo a seconda del posto o del
periodo, il livello poteva variare anche all'interno di una città. L'altezza di un
organo di una cattedrale inglese del XVII secolo, per esempio, poteva essere
inferiore di cinque semitoni rispetto a quella di uno strumento a tastiera
casalingo della stessa città.
Altro effetto dovuto alla fatica uditiva è il mascheramento dei suoni. E’ noto a
tutti che quando si parla di un ambiente molto rumoroso bisogna alzare la voce
per farsi udire. Ciò dipende dal fatto che il “disturbo” produce un innalzamento
della soglia di udibilità: è come se l’orecchio diventasse improvvisamente meno
sensibile. L’effetto di mascheramento gioca un ruolo molto importante anche
nella pratica musicale: se la sonorità di qualche strumento è eccessiva può
ridursi la percettibilità o l’importanza musicale di altri suoni.
Un’altra caratteristica uditiva riguardante sia l’intensità dei suoni sia l’effetto di
mascheramento è il cosiddetto ascolto intenzionale. I musicisti sanno per
esperienza professionale come anche in una situazione strumentale molto
complessa basti fissare l’attenzione su un suono particolare per udirlo più
distintamente; così come tutti sanno che anche in un ambiente rumoroso è
sufficiente fissare l’attenzione sulla voce di una determinata persona, che può
essere anche distante da noi, per percepire con maggior chiarezza le sue
parole.
Volume e intensità
Il volume che viene spesso anche chiamato - colloquialmente ed erroneamente
- intensità, è la qualità sonora associata alla percezione della forza di un
suono, ed è determinato dalla pressione che l'onda sonora esercita sul
timpano: quest'ultima è a sua volta determinata dall'ampiezza della vibrazione
e dalla distanza del punto di percezione da quello di emissione del suono.
Per misurare il volume percepito di un suono, si fa spesso riferimento al livello
di pressione sonora.
Timbro
Il timbro, è la qualità che, a parità di frequenza, distingue un suono da un
altro. Il timbro dipende dalla forma dell'onda sonora, determinata dalla
sovrapposizione delle onde sinusoidali caratterizzate dai suoni fondamentali e
dai loro armonici. Dal punto di vista della produzione del suono, il timbro è
determinato dalla natura (forma e composizione) della sorgente del suono e
dalla maniera in cui questa viene posta i oscillazione.
La scomposizione di un suono nelle proprie componenti sinusoidali
fondamentali è detta analisi in frequenza. Nella musica, tanto più un suono è
composto da diverse componenti, tanto più esso risulta complesso: si va dal
suono di un flauto dolce, composto dalla fondamentale e da pochissime
armoniche, al suono degli strumenti ad arco, composto da moltissime
frequenze armoniche secondarie. Tanto più le frequenze secondarie che si
sovrappongono alla principale non sono armoniche (ovvero hanno frequenze
che non sono multipli interi della fondamentale), tanto più ci si avvicina al
rumore. E’ questo il terzo elemento essenziale del suono ed è forse il più
complesso tante sono le cause che possono influire su di esso.
Le componenti di un suono complesso, dalla cui associazione dipende
prevalentemente la formazione del timbro, non sono di ampiezza (intensità)
stabile se non nel caso in cui una sorgente sonora di natura meccanica o
elettrica (oscillatori, organi elettrici etc.) sia adeguatamente predisposta.
Non vi è suono strumentale o vocale le cui componenti non siano di ampiezza
fluttuante. Per sperimentare direttamente e facilmente questo fatto, basta
suonare un accordo perfetto maggiore nella tessitura medio bassa di un
pianoforte (meglio se è a corda), tenendo alzati gli smorzatori: è sufficiente un
minimo di esperienza e di orecchio per distinguere nel groviglio della sonorità
alternanze d’intensità a carico di varie componenti, con effetto prevalente per
la terza e la quinta armonica e per le loro ottave. L’esito della prova dipende
anche dai fenomeni di risonanza che avvengono nella cassa armonica dello
strumento, ma il fondamento di questa semplice esperienza, dal punto di vista
esemplificativo, è validissimo.
Nel campo degli strumenti musicali e della voce umana anche il suono, che
all’ascolto ci sembra il più stabile, è costituito da componenti di ampiezza
fluttuante e il fatto che dette fluttuazioni non siano percepite dipende da un
processo d’integrazione compiuto spontaneamente dal nostro organo uditivo:
vediamo la fluttuazione della seconda armonica di un suono di trombone, fatti
del genere si verificano costantemente in qualsiasi suono complesso di origine
non meccanica o elettrica. Lo
spettro armonico del suono, si cui
un esempio è dato dalla figura a
lato, rappresenta, come a suo luogo
è stato detto, il risultato dell’analisi
del suono stesso, ma le fluttuazioni
di ampiezza delle componenti non
possono apparire, poiché lo spettro
è l’immagine di un istante dell’evento sonoro, oppure quella della sua
situazione media. La questione è ancora più critica se si considera che le
fluttuazioni delle componenti, fondamentale compresa, sono di ampiezza
imprevedibile e di andamento tutt’altro che costante. Se a tutto questo
aggiungiamo le impurità, i rumori e disarmonicità sempre presenti nei suoni
strumentali e vocali, si avrà un quadro sufficientemente informativo sulla
complessità della situazione.
Tutti questi fattori hanno un’importanza positiva e determinante sulla
formazione del timbro, ma la loro aleatorietà e l’imprevedibile andamento che
caratterizza e differenzia ogni caso reale, rendono pressoché impossibile
produrre suoni sintetici che siano veramente identici a quelli originali. La
diffusione degli strumenti musicali elettrici ed elettronici ha portato alla
comune conoscenza i migliori risultati ottenuti in questo campo dalla tecnologia
elettroacustica, e i “registri”preordinati, o preordinabili, di cui questi strumenti
sono provvisti, consentono anche buone simulazioni di timbri strumentali di
natura tradizionale, ma la differenza tra questi e i suoni originali è sempre
inequivocabile anche nei casi più felici, perché infinite sono le variabili dei suoni
vocali e strumentali. Il valore informativo che ai fini del timbro può essere
offerto da uno spettro del suono non consiste solamente nella cognizione pura
e semplice delle ampiezze relative delle varie componenti. In questa figura
sono riprodotti due spettri, uno di violino e l’altro di pianoforte: chi saprebbe
distinguerli? Qualsiasi spettro esige un’interpretazione accurata e specializzata.
Oggi si tende ad accertare nello spettro del suono la presenza di fasce di
frequenze di maggior ampiezza, che sono messe in risalto da fenomeni di
risonanza propri, ma ben definiti, della sorgente sonora e che prendono il
nome molto significativo di formanti: la loro considerazione ha dato vita alla
teoria formantica del timbro. Secondo la teoria formantica del timbro
quest’ultimo dipende in modo prevalente dalla presenza più o meno cospicua
delle zone formanti e dalla larghezza della fascia di frequenze abbracciata da
ciascuna di esse.
Intervalli
L’intervallo è la differenza di altezza tra due note.
La tonica e il suo duplicato formano l’unisono (cioè un suono solo). Il termine
unisono è usato anche quando due o più voci o strumenti suonano alla stessa
altezza o a un’ottava di distanza.
Il prossimo intervallo, fra i gradi I e II è una seconda, fra I e III una terza e così via.
Questa può essere una rudimentale classificazione numerica degli intervalli.
Nel caso delle scale maggiori o minori una terza può essere maggiore o minore,
secondo la disposizione dei toni e dei semitoni che la compongono. Ciò dimostra che
oltre alla classificazione numerica di un intervallo vi sono anche classificazioni
qualitative.
Queste dividono gli intervalli in cinque categorie: giusti, maggiori, minori, eccedenti
e diminuiti.
Scala maggiore
T T s T T T s
do re mi fa sol la si do
Scala cromatica
le scale diatoniche hanno toni e semitoni. La scala cromatica è
composta solo dai semitoni, significa in pratica tutti semitoni e
quindi l’intera successione:
do do# re re# mi fa fa# sol sol# la la# si
Scala aumentata
2a e 5a aumentata
3s s T T 3s
do re# mi fa# sol# si
Scala alternata
usata da Skrjabin, Ravel e Bartók, ed è stata teorizzata da Olivier
Messiaen
T s T s T s T s
do re mi♭ fa fa# sol# la si do
Scala enigmatica
inventata da Adolfo Crescentini
T T T T T s s
do re mi fa# sol# la# si do
Scala blues
3s 1T 1s 1s 3s 1T
do mi♭ fa sol♭ sol si♭ do
Scala araba
s 3s s T s 3s s
do do# mi fa sol sol# si do
Scala cinese
T T 3s T 3s
do re mi sol la do
Le tonalità
Nella musica popolare e in quella che usiamo chiamare musica classica
(includendovi una fetta sostanziale della musica barocca e romantica), ogni
brano è composto in base al sistema tonale, cioè a partire da un sistema di
regole compositive centrate sulla relazione gerarchica fra le altezze delle note
di una scala musicale diatonica rispetto alla tonica della scala stessa, che funge
da nota fondamentale e centro di convergenza di quel particolare brano. In
questo senso, in realtà, dovremmo dire che è “tonale” non solo la musica
propriamente tonale, ma ogni composizione che ruota intorno ad un suono
principale di riferimento, da cui si origina una scala o un sistema organizzato di
suoni, quali i modi ecclesiastici e medievali, i raga indiani o i maqam arabi
(Modalità). D’altro canto, nella tradizione musicale occidentale, l’aggettivo
“tonale” è spesso utilizzato in contrapposizione con “modale” e “atonale”
stabilendo così una netta (e fin troppo schematica) divisione storica tra la
musica pre-tonale (fino al 1600), tonale (dal 1600 al 1900) e post-tonale. Tale
distinzione concepisce il sistema tonale come un tronco principale
nell’evoluzione del linguaggio musicale e gli attribuisce un valore normativo
rispetto a quanto lo precede e gli succede.
Accordi e triadi
L’accordo è un insieme di almeno tre note suonate contemporaneamente.
L’accordo di tre note, o triade, è il primo fondamento della musica tonale
poiché assume un significato specifico e individuale all’interno della scala
diatonica di riferimento. Come ricordato alla voce intervallo, l’intervallo di
quinta giusta è un intervallo ’perfetto’ e naturale. Se i due suoni che lo
formano sono eseguiti in contemporanea, però, la sonorità risultante risulta
‘vuota’ per la nostra sensibilità musicale, come potremmo facilmente
sperimentare suonando al pianoforte una successione di quinte parallele, così
estranea al gusto tonale che è tassativamente vietata dalle regole dell’armonia
(naturalmente ciò vale come principio, la cui validità è garantita dalla
possibilità dell’eccezione). La diade (due suoni simultanei) di quinta manca
infatti di un costituente essenziale della musica tonale: l’intervallo di terza.
L’introduzione di una nota intermedia collocata ad intervallo di terza da
entrambi i suoni della diade, rende completa armonicamente la sonorità
risultante: nel caso dell’esempio seguente la triade do-mi-sol è formata da una
terza maggiore (do-mi) ed una terza minore (mi-sol); mentre gli estremi della
triade (do-sol) sono ad intervallo di quinta giusta, come specificato alla voce
intervallo. L’accordo fondamentale in un contesto musicale tonale è la triade
che si costruisce sulla nota generatrice della scala. Per semplicità ci riferiamo
alla scala di do maggiore, per cui la triade maggiore costruita sulla
fondamentale è l’esempio canonico dell’accordo perfetto maggiore. Nella
tonalità minore la triade di tonica è invece una triade minore, cioè formata da
una terza minore più una terza maggiore; nella tonalità di do minore, ad
esempio, la triade minore di tonica è do-mib-sol, che è un accordo perfetto
minore
Le due triadi sono composte dalla tonica della scala (do), dalla modale della
scala (mi per la scala maggiore, mib per la scala minore) e dalla nota detta
dominante (sol). L’accordo si legge partendo dalla nota più bassa alla più alta:
do-mi-sol. Procedendo di grado in grado lungo la scala diatonica, è possibile
costruire una successione di triadi: tale successione definisce sette diversi
accordi, uno per ciascun grado della scala (nell’immagine che segue si è
aggiunto l’accordo di tonica all’ottava superiore), che, impiegati secondo le
regole dell’armonia, costituiscono la dimensione ‘verticale’ della musica tonale.
Comporre un brano nella tonalità di do maggiore significa impiegare le note
della scala di do maggiore e gli accordi costruibili su di esse in modo coerente.
Il principio per cui tonalità diverse condividono alcuni accordi è alla base del
meccanismo della modulazione, come specificato più avanti. Gli esempi sopra
proposti di successioni di triadi in tonalità di do, di sol e di re possono essere
utili per evidenziare come le tre tonalità di differiscano per l’impiego di alcuni
suoni della gamma. Ad esempio, la tonalità di do presenta tutti i suoni allo
stato naturale, senza alterazioni, mentre la tonalità di sol maggiore, basata
sulla scala di sol maggiore, necessita della presenza del fa# come grado
sensibile e come suono di ogni accordo che contiene tale grado. La tonalità di
re maggiore, a sua volta, differisce dalla tonalità di sol maggiore per l’aggiunta
di un’ulteriore nota alterata nella scala (il do#). Poiché fra do (tonica della
tonalità di do maggiore) e sol (tonica della tonalità di sol maggiore), e tra sol e
re (tonica della tonalità di re maggiore) c’è la distanza di un intervallo di quinta
giusta ascendente,il passaggio fra le tonalità costruite su intervalli di quinta
ascendente si caratterizza per l’aggiunta progressiva di un’alterazione nella
scala.
Questo meccanismo si chiama circolo delle quinte, ed è così schematizzabile
La progressione per quinte ascendenti (partendo da do: sol, re, la, mi, si, fa#,
do#, re#, la#, mi#, si#=do) determina la successione di 12 tonalità differenti:
do, sol, re, la, mi, si, fa#, ... ciascuna posta una quinta sopra la precedente e
caratterizzate dall’aggiunta progressiva di un #, fino a si#, che è tonalità
omologa di do (cioè composta dagli stessi suoni, ma chiamati in modo
differente). Guardando il circolo delle quinte, si noterà inoltre che la
concatenazione di 12 tonalità si realizza anche attraverso l’inserimento
progressivo di bemolli. In questo caso, però, si procede da do per quinte
discendenti (partendo da do: fa, sib, mib, lab, reb, solb, dob, fab, sibb, mibb,
labb, rebb=do). L’aggiunta di b nella progressione di tonalità si arresta
ugualmente a 12, e tutte le tonalità costruite sono omologhe rispetto a quelle
costruite aggiungendo diesis. L’insieme delle tonalità così delineate costituisce
le 12 tonalità di modo maggiore del sistema tonale. Allo stesso modo è
possibile costruire attraverso il circolo delle quinte la successione delle 12
tonalità di modo minore, ricordando che ogni tonalità maggiore ha una relativa
minore che ha per tonica la nota posta una terza minore sotto la tonica della
tonalità maggiore.
Nella scrittura musicale la tonalità è indicata graficamente in partitura dal
numero di alterazioni (diesis o bemolli) segnalate all’inizio del pentagramma,
dopo la chiave musicale. La prassi prevede che si impieghino le tonalità che
hanno un massimo di sette diesis e sette bemolle, questo per facilità di
scrittura musicale (cioè per evitare le doppie alterazioni). Le tonalità minori
hanno la stessa gamma di suoni in comune con le tonalità maggiori, dunque
sono indicate in armatura di chiave con le stesse alterazioni. Ad esempio, come
nessuna alterazione in armatura di chiave segnala tanto la tonalità di do
maggiore che di la minore, così un fa diesis in armatura di chiave segnala
tanto la tonalità di sol maggiore che di mi minore, e così via, secondo il
seguente schema: