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IL FENOMENO DELLA ROUGHNESS

LE BANDE CRITICHE

Prima di entrare nel dettaglio e definire il fenomeno della Roughness è necessario


introdurre due concetti che risultano fondamentali per comprendere l’argomento in
esame. Parliamo quindi di bande critiche e di membrana basilare.

La membrana basilare

Partiamo parlando della membrana basilare. All’interno dell’orecchio umano sono


Presenti vari organi recettori che hanno il compito di trasmettere al cervello i suoni
uditi dopo averli convertiti in impulsi nervosi, affinché quest’ultimo possa elaborar-
li. Fra questi organi recettori va menzionata appunto la membrana basilare. Ha una
costituzione fibrosa ed è contenuta all’interno della coclea della quale segue la
struttura a spirale. La membrana a spirale ha come funzione quella di trasformare le
vibrazioni provenienti dall’esterno in vibrazioni meccaniche che si propagano su
tutta la superficie della membrana per poi essere convertite nuovamente in impulsi
elettrici che arriveranno al cervello mediante il nervo acustico. La membrana basilare
ha una risposta frequenziale ben definita in base a ogni punto della propria estensio-
ne. In prossimità della finestra ovale la sua risposta frequenziale si aggira intorno ai
20.000 Hz (ovvero il picco massimo indicativo della soglia di udibilità umana). Al
Suo apice la membrana basilare avrà dunque una risposta in frequenza sensibile alle
basse frequenze. Bisogna infine chiarire che nella membrana basilare si verificano
dei fenomeni vibratori e questo ci porta a introdurre il concetto di banda critica.
(L’immagine mostra la coclea “srotolata” e la relativa risposta in frequenza della membrana basilare. Notare
come il picco massimo di risposta sia indicato a 16kHz mentre in precedenza si era detto 20kHz. Questi
valori hanno validità statistica in quanto cambiano da soggetto a soggetto.)

Bande critiche

Una zona frequenziale in cui un intorno di frequenze presenta delle variazioni in


ampiezza quando si verifica la comparsa di un nuovo suono che si relaziona alla
frequenza principale, è definito con il concetto di banda critica. In altri termini
è la descrizione grafica e psicoacustica della relazione fra una frequenza principa-
le e di una frequenza data che coesistendo, interferiscono fra loro generando
fenomeni di consonanza e di dissonanza.
Per capire meglio il modello delle bande critiche andremo ad analizzarlo con
l’ausilio di alcuni grafici. Il comportamento di una banda critica va visualizzato
sull’asse delle ascisse. Questo altro non è che la membrana basilare “srotolata” e
vista a partire dal suo apice (risposta in frequenza pari a 20 Hz) per arrivare alla
sua base (risposta in frequenza pari a 16/20 kHz):
Nel grafico sovrastante possiamo apprezzare un’area spaziale a forma di campana.
Quello spazio è la banda critica. La campana nera è definita in un intorno di
frequenze intorno ai 1000 Hz, ergo, come già detto in precedenza, tutte le frequenze
immediatamente prima e dopo la nostra frequenza di riferimento (nel grafico descritte
con l’area che inizia nel punto A e termina nel punto B) presenteranno una risposta in
ampiezza differente alla compresenza della frequenza centrale ma anche di sé stesse.
L’esempio in figura mostra due bande che interagiscono reciprocamente. Quando due
Vicini fra loro in frequenza (uno a 1000 Hz e l’altro a 1100 Hz) vengono emessi nello
stesso momento si crea una zona di interferenza molto ampia. Ciò significa che il
livello di dissonanza generato dai due suoni sarà anch’esso molto elevato. Tutte
le frequenze oltre i 1100 Hz saranno ovviamente lontane dalla banda critica dei 1000
Hz e il livello di dissonanza che creeranno sarà molto inferiore. L’area spaziale sarà
quindi ristretta rispetto alla precedente. Il comportamento delle bande critiche ci
permette di capire un concetto fondamentale che riguarda l’udito umano: due suoni
molto vicini fra di loro in frequenza cadono nella stessa banda critica. Questo va a
stimolare le stesse aree della membrana basilare adibite al riconoscimento delle
frequenze. Di conseguenza le cellule ciliate non riescono a distinguere le due
frequenze che interferiscono fra loro restituendo un’immagine sonora non del tutto
esatta. L’informazione errata viene percepita dall’orecchio umano sottoforma di un
suono aspro e rugoso che provoca fastidio poiché simile a un raschio. Questo
fenomeno è appunto la cosiddetta Roughness. Essendo giunti al cuore della
questione proviamo a spiegare questo fenomeno con un esempio:
Teniamo una frequenza fissa sui 1000 Hz ed effettuiamo un glissando partendo da
dalla frequenza nel punto A. Le frequenze e la loro relativa dissonanza cresceranno
in maniera direttamente proporzionale. Nel punto A la dissonanza sarà del tutto
inesistente e man mano che ci avvicineremo ai 1000 Hz la dissonanza aumenterà
fino a quando, raggiunta la frequenza più vicina a quella di 1000 Hz verranno pro-
dotti dei battimenti e il livello di dissonanza avrà raggiunto il suo picco massimo.
Quando il glissando avrà raggiunto l’unisono (sui 1000 Hz), un intervallo ovviamente
consonante il livello di dissonanza scomparirà. Superando i 1000 Hz i fenomeni si
verificheranno in maniera inversa fino a quando il glissando sarà completamente
fuori dalla banda critica e il nostro cervello sarà perfettamente in grado di distinguere
due suoni differenti.

(Nell’immagine viene sintetizzato il processo descritto in precedenza.)

In ultimo luogo è importante chiarire che in relazione alla regione frequenziale, le


bande critiche hanno una larghezza definita. Per esempio in un range di frequenze
molto basse la banda critica occuperà lo spazio di una terza maggiore. Motivo per
cui se suoniamo i primi tasti di un pianoforte contemporaneamente il risultato che
otterremo sarà un suono molto aspro e dissonante. In un range di frequenze alte
le bande critiche, al contrario, avranno una larghezza minore che oscilla fra il tono
e il tono e mezzo.

La Roughness

Finora abbiamo descritto il processo che porta alla formazione del fenomeno della
Roughness ma non abbiamo ancora dato una definizione. Possiamo intendere la
Roughness come la dissonanza percettiva di due frequenze che interferiscono fra
loro, più precisamente come la misurazione del livello di dissonanza di due suoni
che coesistono. Per mettere a fuoco questo concetto è necessario ancora una volta
ricorrere a una soluzione grafica, per poter capire i fenomeni di dissonanza negli
strumenti acustici. Dunque è necessario capire come opera la roughness all’interno
dell’elemento base del suono ovvero la sinusoide.
Il grafico sovrastante mostra l’andamento della roughness all’interno di una
sinusoide. Com’è possibile notare l’andamento tende a decrescere in prossimità
del raggiungimento dell’ottava.

Nei suoni complessi, quindi in suoni che presentano uno spettro contenente delle
armoniche, l’andamento è completamente diverso. In corrispondenza del semitono
l’andamento decresce fino all’intervallo di quarta. Verso il tritono risale leggermente
per poi deprimere sull’intervallo di quinta che è perfettamente consonante. Dalla
quinta in poi l’andamento è praticamente speculare evidenziando una grande
dissonanza nell’ intervallo aumentato di quinta e in quello di settima maggiore.
In prossimità dell’ottava com’è semplice intuire vi è una profonda depressione
data dall’estrema consonanza di tale intervallo.

Conclusioni

La descrizione appena affrontata è valida per la gran parte degli strumenti acustici
con le dovute variazioni in base alle frequenze emesse. Bisogna però tenere
presente che la roughness dipende sempre dalle dissonanze di ogni singola
armonica di due suoni complessi coesistenti. Ogni strumento musicale quindi
avrà dei livelli di roughness diversi l’uno dall’altro. Non otterremo mai lo stesso
risultato prendendo in esame un pianoforte e una chitarra perché il contenuto
armonico dei due strumenti è estremamente diverso per cui anche la dissonanza
che metteranno in atto sarà diversa.

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