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Acustica 69

5 La propagazione del suono negli ambienti


confinati

5.1 I modi normali di vibrazione

Il campo sonoro negli spazi confinati diventa ancora più complesso quando
si realizzano condizioni particolari che influiscono sulla distribuzione dell’energia
nell’ambiente.
All’interno di un ambiente a forma di parallelepipedo si consideri una sor-
gente sonora che emette un tono puro, la cui propagazione può essere rappresentata
da un’onda sinusoidale. Se le pareti si assumono rigide, per soddisfare le condizioni
al contorno l’onda sonora riflessa deve avere una pressione uguale a quella
dell’onda incidente, ma con verso di propagazione opposto. Inoltre, sempre a causa
della rigidezza delle pareti, la velocità delle particelle (risultante dalla sovrapposi-
zione dell’onda incidente e di quella riflessa), dovrà essere istante per istante uguale
a zero, il che, in virtù del legame che intercorre fra velocità e pressione acustica,
comporta anche che la pressione acustica risultante abbia sempre una derivata nulla
(ovvero assuma valore massimo o minimo in corrispondenza della superficie).
Come conseguenza di ciò ad una distanza di /4 dalla parete (e in tutti i multipli
interi) la pressione acustica assumerà sempre valore nullo e, per contro, la velocità
delle particelle assumerà valore massimo (Figura 1.6). Ora se due superfici rigide
sono disposte parallelamente e ad una distanza pari ad un multiplo intero della semi-
lunghezza d’onda /2, l’onda sonora verrà mutuamente riflessa “ritornando su se
stessa” e dando luogo ad un “onda stazionaria” per la quale la disposizione dei nodi
e dei ventri rimane fissa, anche se nei ventri si avrà comunque variazione di pres-
sione, e quindi intensità massima, mentre nei nodi l’intensità sarà costantemente
nulla.
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Figura 1.6 - Formazione di onde stazionarie

Quando si verifica il fenomeno appena descritto si parla, come detto, di for-


mazione di onde stazionarie, perché queste non progrediscono a differenza delle
onde progressive: l’energia sonora, invece di propagarsi, risulta bloccata e non uni-
formemente distribuita nello spazio. Questa risposta particolare dell’ambiente viene
definita con il termine risonanza.
Pertanto se l è la distanza fra due pareti parallele e si è detto che essa deve
essere pari a /2 affinché si manifesti la prima onda stazionaria, è agevole dimo-
strare che, essendo f = c/, la più bassa frequenza alla quale ciò potrà avvenire sarà
f = c / 2l, pertanto anche tutte le frequenze multiple di questa risulteranno frequenze
di risonanza.
Nel caso di un ambiente a forma regolare con pareti, soffitto e pavimenti piani
e paralleli tra loro è possibile generalizzare le considerazioni precedenti e calcolare
con la formula seguente le frequenze di risonanza, ossia le frequenze alle quali è
possibile che si instaurino fenomeni di onde stazionarie:
2 2 2
c  nx   ny   nz 
fn          , Hz (1.4)
2  
 lx   l y   lz 
dove c [m s-1] è la velocità del suono nell’aria; lx, ly, lz [m] sono le dimensioni
dell’ambiente; nx, ny, nz sono numeri interi compresi tra 0 e .
Ne deriva, quindi, che i modi normali di vibrazione di un ambiente sono infi-
niti, dipendendo soltanto dalla combinazione dei tre numeri interi nx, ny, nz (Fig.
1.7).
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Figura 1.7 - Andamento della pressione acustica in un ambiente di 2m x 3m in corrispon-


denza di alcune frequenze di risonanza.

Variando opportunamente gli indici nx, ny e nz è possibile individuare i prin-


cipali modi normali relativi a un dato ambiente, tuttavia tale procedura, per quanto
relativamente agevole da compiere con un foglio di calcolo, risulta comunque di
scarsa utilità generale. È invece possibile trarre conclusioni più interessanti consta-
tando che la generica frequenza fn può, alla luce dell’eq. 1.4, essere intesa come la
somma vettoriale dei tre contributi n/l, ciascuno dei quali è perfettamente indivi-
duato all’interno di una matrice tridimensionale i cui punti sono equispaziati di
c/2lx, c/2ly e c/2lz rispettivamente lungo gli assi x, y e z (Fig. 1.8). Ciò consente
perciò di calcolare con una certa facilità anche il numero complessivo di modi nor-
mali che si trovano al disotto di una certa frequenza f. Infatti, tracciata la sfera di
raggio f, il numero dei modi di frequenza inferiore sarà ottenuto dividendone il vo-
lume del primo ottante (non potendo avere frequenze negative), pari a f3/6, per il
volumetto “elementare” del modulo base della griglia spaziale, pari a c3/8V, V es-
sendo il volume dell’ambiente dato da lx  ly  lz. Pertanto si ha:
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3
4  f 
N  V  (1.5)
3 c

Figura 1.8 - Matrice spaziale dei punti rappresentativi dei modi normali corrispondenti alle
terne nx, ny e nz.

Negli ambienti di dimensioni ordinarie i modi normali di vibrazione sono ab-


bastanza spaziati tra loro alle basse frequenze e possono essere percepiti con un
“boom” quando si raggiunge la frequenza di risonanza. Con l’aumentare della fre-
quenza, anche il numero dei possibili modi di vibrazione aumenta, tanto che alle
più alte frequenze praticamente ogni frequenza corrisponde ad uno o più modi di
vibrazione dell’ambiente. Il valore limite della frequenza al disopra della quale si
può ritenere sufficientemente uniforme la distribuzione dei modi normali è indivi-
duato dalla cosiddetta frequenza di Schroeder (1962) definita come:
T
f S  2000 , Hz (1.6)
V
dove V è il volume dell’ambiente [m3] e T è il suo tempo di riverberazione [s],
parametro che sarà definito al paragrafo successivo e che misura la permanenza del
suono all’interno dell’ambiente in misura inversamente proporzionale all’assorbi-
mento acustico presente.
Pertanto, in ambienti con dimensioni particolarmente esigue e con superfici
dure (un classico esempio è la cabina della doccia), fS è elevata ed è facile speri-
mentare una forte anomalia nella distribuzione dei modi normali di risonanza anche
a frequenze relativamente alte (alla lunghezza di 80 cm il primo modo si ha intorno
ai 210 Hz), mentre al contrario in ambienti di grandi dimensioni e con assorbimento
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maggiore fS è minore ed è più facile ottenere una più uniforme distribuzione dei
modi normali e, quindi, caratteristiche acustiche più omogenee.
Quanto detto si riferisce ad onde sinusoidali, vale a dire a toni puri, che nei
casi pratici si riscontrano raramente. Va ricordato, però, che ogni fenomeno perio-
dico può essere analizzato sviluppandolo in una serie di onde sinusoidali di varia
ampiezza e frequenza (serie di Fourier). Poiché la maggior parte dei segnali vocali
e musicali hanno caratteristiche di periodicità, la propagazione di questi suoni negli
ambienti confinati va studiata con riferimento alle componenti sinusoidali, per cui
c’è da aspettarsi che per alcune frequenze compaia il fenomeno della risonanza e di
conseguenza il rischio di anomalie nella distribuzione dei livelli sonori e degli altri
parametri acustici.
Nel caso di un ambiente confinato di forma rettangolare con superfici rigide,
per avere buona distribuzione dei modi normali di vibrazione conviene evitare rap-
porti interi tra altezza, larghezza e lunghezza. Esistono numerose regole pratiche
che suggeriscono rapporti ottimali fra le dimensioni dell’ambiente ma non sempre
esse assicurano i migliori risultati. Parimenti utile può essere la modifica della
forma dell’ambiente variando le frequenze dei modi normali di vibrazione, che di-
ventano molto difficili da calcolare. Tuttavia, pur variando la forma dell’ambiente,
il numero totale dei modi di vibrazione si può ancora calcolare con l’Eq. 1.5, nei
limiti dell’approssimazione da questa fornita.
È utile tener presente che le irregolarità nella forma e nella distribuzione dei
materiali possono rendere la risposta in frequenza dell’ambiente più uniforme a
patto che le irregolarità siano di dimensioni paragonabili con la lunghezza d’onda
del suono. Per questa ragione inclinazioni più o meno lievi delle pareti, come pure
le decorazioni su esse presenti, i pilastri e simili non sono in grado di modificare
significativamente le frequenze più basse dei modi di vibrazione. Il ricorso all’in-
clinazione delle pareti, ad esempio (Figura1.9) non solo non elimina il problema
della presenza di nodi e ventri, ma rende l’individuazione della loro posizione molto
più complessa e imprevedibile, risultando perciò addirittura controproducente in
certi casi.

Figura 1.9 - Diversa distribuzione dei livelli di pressione in due ambienti di uguale superfi-
cie (35 mq) ma di forma diversa
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Al fine di conseguire un più elevato grado di diffusione ed evitare la concen-


trazione di più modi normali sulle stesse frequenze o su frequenze adiacenti, uno
dei modi più semplici di intervento è quello che prevede invece un controllo delle
dimensioni (e delle proporzioni) dell’ambiente, particolarmente utile quando si ha
a che fare con ambienti di forma rettangolare.

Figura 1.10 - Diagramma di Bolt per l'individuazione delle migliori proporzioni di un am-
biente assumendo l’altezza di valore unitario

Il diagramma riportato in Figura 1.10 mostra quali siano i migliori rapporti


fra le dimensioni dell’ambiente, grazie ai quali ottenere una migliore distribuzione
dei modi normali. Altri studiosi come Sepmayer propongono altre possibili combi-
nazioni (ad es. 1:1,14:1,39; 1:1,28:1,54; 1:1,60:1,33).
La possibilità di calcolare grazie a fogli di calcolo la successione di un nu-
mero piuttosto alto di modi normali consente oggi l’applicazione di criteri anche
diversi e più raffinati, come ad esempio il criterio di Bonello, secondo cui la distri-
buzione della densità dei modi (raggruppati per bande di 1/3 di ottava) deve essere
non decrescente e in presenza di frequenze coincidenti all’interno di una stessa
banda è necessario verificare che ve ne siano almeno altre cinque distinte.

5.2 Le riflessioni in un ambiente chiuso

L’analisi del percorso seguito da un raggio sonoro dopo che è stato emesso
da una sorgente comporta la determinazione di tutte le riflessioni che il suono subirà
nell’ambiente da parte delle pareti, del soffitto ed, eventualmente, anche del pavi-
mento fino a che il suono non si estingue. Ciò accade immediatamente se il suono
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incide su una superficie perfettamente assorbente, oppure, dopo un certo tempo, per
effetto dell’energia assorbita di volta in volta dalle pareti.
Per studiare i percorsi del suono può essere molto utile, se le pareti che deli-
mitano l’ambiente sono piane, impiegare il metodo delle immagini. Questo può es-
sere applicato per determinare dapprima le sorgenti immagine del primo ordine,
cioè tutte le immagini speculari della sorgente reale relative a ciascuno dei piani
che delimitano l’ambiente. Fatto ciò si possono determinare le sorgenti immagine
del secondo ordine, cioè le immagini speculari delle sorgenti del primo ordine rela-
tive ai rimanenti piani (Fig. 1.11). Procedendo così, è possibile tracciare il percorso
del suono dopo un numero di riflessioni pari all’ordine delle sorgenti immagine
individuate.

Figura 1.11 – Determinazione della sorgente immagine del secondo ordine

Figura 1.12– Immagini di un ambiente rettangolare e relative sorgenti immagini

La determinazione delle sorgenti immagine di ordine superiore al primo ci


pone di fronte al principale limite di questo metodo. Se l’ambiente è delimitato da
N superfici piane il numero di sorgenti immagine del primo ordine sarà proprio N.
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Il numero delle sorgenti del secondo ordine sarà pari al numero di quelle del primo
ordine moltiplicato per il numero dei piani diversi da quello a cui si riferisce la
sorgente immagine, quindi si avranno N(N – 1) sorgenti del secondo ordine. Quelle
del terzo ordine saranno quindi N(N – 1)(N – 1), e così via, per cui le sorgenti im-
magine di ordine i saranno N(N – 1)i–1. Pertanto per ambienti di forma non semplice
la ricerca delle sorgenti immagine richiede una elaborazione che può essere con-
dotta solo con l’ausilio di calcolatori. Per ambienti di forma semplice, invece, le
sorgenti immagini si dispongono in strutture spaziali regolari in cui a ciascuna sor-
gente è associato anche un ambiente immagine (Fig. 1.12).

5.3 La distribuzione temporale delle riflessioni

Se si rappresentano le riflessioni (ovvero i raggi sonori) che arrivano in un


punto in funzione del tempo di arrivo mediante dei segmenti verticali di altezza
proporzionale all’intensità della riflessione, si ottiene il cosiddetto diagramma delle
riflessioni, noto anche come ecogramma (Fig. 1.13). Tale diagramma contiene tutte
le informazioni necessarie per caratterizzare la distribuzione temporale delle rifles-
sioni in un punto conseguente all’emissione di un suono di tipo impulsivo. Dopo
l’arrivo del suono diretto seguono le riflessioni dei primi ordini (o prime riflessioni)
che giungono sporadicamente ma hanno una intensità confrontabile con quella del
suono diretto. Successivamente la densità temporale delle riflessioni cresce rapida-
mente al punto che esse tendono a sovrapporsi l’una con l’altra e a costituire una
distribuzione continua ma, per contro, l’energia ad esse associata è sempre più de-
bole e risulta decrescere nel tempo con regolarità. L’insieme di queste riflessioni
costituisce il campo riverberante ed è, come sarà più chiaro nel seguito, una carat-
teristica comune all’intero ambiente; al contrario l’insieme delle prime riflessioni
dipende fortemente dalla posizione in cui il suono viene ricevuto.

Figura 1.13 – Diagramma delle riflessioni schematizzato

La distribuzione temporale delle riflessioni relative ad un ambiente di forma


rettangolare può essere ottenuta in maniera semplice adoperando il metodo delle
immagini (v. Fig. 1.12). Se si immagina che ad un istante t = 0 tutte le sorgenti
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emettono un impulso di uguale intensità, al generico istante t saranno arrivati nel


punto di ricezione P tutti i contributi delle sorgenti immagine contenute nella sfera
ideale centrata in P e di raggio ct, con c velocità di propagazione del suono nel
mezzo. Questo significa che nel successivo istante dt arriveranno in P tutte le rifles-
sioni provenienti dalle sorgenti che si trovano ad una distanza da P compresa fra ct
e c(t + dt). Tutte queste sorgenti sono localizzate in un guscio sferico di raggio ct e
spessore cdt, il cui volume è quindi 4c3t2dt. Se si osserva che in ogni ambiente
immagine è contenuta una sola sorgente immagine, il numero delle sorgenti imma-
gine contenute nel guscio sferico potrà essere calcolato dividendo il volume del
guscio per il volume V, pertanto la densità di riflessioni (cioè il numero di riflessioni
che arrivano nell’unità di tempo) sarà dato da:
dN c 3t 2
 4 . (1.7)
dt V
La densità di riflessioni cresce, quindi, proporzionalmente al quadrato del
tempo, un risultato che è però significativo solo quando la densità di riflessioni è
già abbastanza alta da rendere significativo un approccio di tipo statistico. Infatti,
quando ciò si verifica, la posizione particolare del ricevitore diventa del tutto irrile-
vante, anzi, si può dimostrare che anche la forma dell’ambiente diventa irrilevante
ed il risultato trovato per l’ambiente di forma rettangolare è applicabile ad ambienti
di qualsiasi forma.

5.3.1 Il decadimento sonoro per un suono impulsivo


Ogni riflessione che arriva in un intervallo di tempo dt corrisponde all’in-
sieme delle riflessioni provenienti da tutte le sorgenti immagine che distano di ct
dal ricevitore, pertanto l’intensità delle riflessioni arriva attenuata proporzional-
mente a (ct)–2. Inoltre l’intensità dei raggi sarà attenuata dall’assorbimento avvenuto
nel mezzo e da quello avvenuto su ciascuna delle pareti su cui hanno urtato (ovvero
su ciascuna parete che anno attraversato in Figura). Il primo contributo può essere
computato moltiplicando l’intensità della riflessione per un termine esponenziale
e-mct, dove m è il coefficiente di assorbimento dell’aria. Per valutare l’attenuazione
conseguente all’assorbimento delle pareti bisogna tenere presente che dopo ogni
urto con una parete l’intensità del raggio sonoro si riduce di un fattore (1 – ), e se
questo accade n volte in un secondo allora dopo un tempo t l’intensità risulta ridotta
di (1 – )nt = ent ln(1 – ). È opportuno osservare che se le pareti hanno coefficienti di
assorbimento differenti l’una dall’altra  deve essere inteso come il valore medio
degli  associati a ciascuna parete. Questo vale, ancora una volta, solo se la densità
di riflessione è elevata, ovvero se il numero di riflessioni subite da ciascun raggio è
statisticamente significativo. Da quanto visto si può quindi scrivere che l’energia
associata alla generica riflessione che arriva all’istante t è pari a:
A
w exp mc  n ln(1   )t (1.8)
(ct) 2
Acustica 78

dove A è un termine costante (pari a W/4c) che corrisponde alla densità di energia
acustica emessa dalla sorgente associata al raggio. Se si considera l’insieme delle
riflessioni che arrivano all’istante t, combinando la Eq. (1.7) e la Eq. (1.8), la densità
di energia complessiva sarà pari a:
Wdt
wdN  exp  mc  n ln(1   ) t  , (1.9)
V
essendo Wdt l’energia associata all’impulso, sia ha che Wdt/V è pari alla densità di
energia iniziale emessa nell’ambiente dalla sorgente impulsiva, e quindi:
w(t)  w0 exp mc nln(1)t . (1.10)
L’unico termine da esplicitare nella Eq. (1.10) è il numero di riflessioni (o di
attraversamenti di pareti) che avvengono in un secondo. Se si ritengono valide le
ipotesi di campo sonoro perfettamente diffuso, secondo cui il suono incide sulle
pareti secondo tutte le possibili direzioni, si può dimostrare che il numero medio di
riflessioni per secondo è pari a:
cS
n , (1.11)
4V
dove S è la superficie totale delle pareti che delimitano l’ambiente. Questo parame-
tro è molto importante perché ci permette di risalire ad un’altra grandezza caratte-
ristica dell’ambiente, cioè il cammino libero medio (l), definito come la distanza
mediamente percorsa da un raggio sonoro fra una riflessione e la successiva. Se n è
il numero di riflessioni in un secondo allora 1/n è l’intervallo di tempo che inter-
corre fra una riflessione e la successiva, quindi la distanza percorsa in tale intervallo
di tempo risulta c/n, e quindi l = 4V/S.
Sostituendo n nella Eq. (1.10) è possibile ottenere la formulazione definitiva
della legge di variazione della densità di energia acustica in funzione del tempo:
 4mV  S ln(1   ) 
w(t )  w0 exp ct . (1.12)
 4V 
Per caratterizzare con un singolo numero il decadimento sonoro del campo
diffuso si introduce il tempo di riverberazione (T60), definito come il tempo neces-
sario affinché l’energia del campo sonoro si riduca ad un milionesimo del suo va-
lore iniziale. Dalla Eq. (1.12) si può quindi ricavare:
1 24V ln10
T60  , (1.13)
c 4mV  S ln(1   )
da cui, assumendo c = 343 m/s, e raggruppando i termini costanti si ottiene:
V
T60  0.161 . (1.14)
4mV  S ln(1   )
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La relazione così ottenuta prende il nome di formula di Eyring e consente di


calcolare il tempo di riverberazione per un dato ambiente in funzione della cono-
scenza dei parametri geometrici e acustici dello stesso.
L’insieme dei termini posti al denominatore viene solitamente indicato come
“assorbimento acustico” (A) dell’ambiente, definito come:
A  4 mV  S ln(1   ) . (1.15)
Il termine 4m può essere determinato a partire dalla norma ISO 9613-1 e al-
cuni valori sono riportati a titolo di esempio nella Tabella 1.1.
Tabella 2.1 - Valori del termine 4m [m-1] in funzione della temperatura e dell’umidità
dell’aria.
Temperatura Umidità Relativa Frequenze centrali (Hz)
°C % 2000 4000 8000
15 50 0.0100 0.0336 0.1198
20 50 0.0091 0.0273 0.0969
25 50 0.0094 0.0238 0.0796
30 50 0.0108 0.0227 0.0681
15 70 0.0081 0.0245 0.0874
20 70 0.0083 0.0212 0.0714
25 70 0.0096 0.0202 0.0609
30 70 0.0117 0.0213 0.0552

5.3.2 Il decadimento sonoro per un suono continuo


Il segnale emesso da una sorgente sonora di tipo continuo può essere schema-
tizzato come una serie di impulsi, conseguentemente il segnale che giunge al rice-
vitore sarà dato dal suoni diretto e dalle riflessioni che di volta in volta si vanno ad
aggiungere, in accordo con quello che era il diagramma delle riflessioni per il se-
gnale impulsivo (Fig. 1.14). Se la sorgente resta in funzione per un intervallo di
tempo sufficiente a consentire a tutte le riflessioni di arrivare nel punto di ricezione,
si raggiunge una situazione stazionaria in cui la densità di energia acustica com-
plessivamente presente nell’ambiente rimane costante fintanto che la sorgente so-
nora rimane in funzione. Nel momento in cui la sorgente cessa di funzionare verrà
meno il contributo del suono diretto e, successivamente quelli delle prime rifles-
sioni e di quelle che compongono il campo riverberante, dando luogo ad un deca-
dimento della densità di energia analogo a quello osservato per il suono di tipo im-
pulsivo.
Acustica 80

Figura 1.14 – Densità di energia per segnale emesso (sopra) e segnale ricevuto (sotto) nel
caso di una sorgente sonora impulsiva (sinistra) e continua (destra)

Per poter derivare anche in questo caso una relazione fra densità di energia e
tempo è necessario dapprima ricavare il valore della densità di energia in condizioni
stazionarie. In tali condizioni la densità di energia presente nell’ambiente è data
dalla somma di due contributi, quello diretto wD e quello riverberante wR. Il primo
può essere agevolmente determinato a partire dalla potenza W emessa dalla sorgente
tenendo conto delle relazioni che sussistono fra densità di energia e intensità acu-
stica, per cui wD = W / (4cr2). Nel caso del campo sonoro riverberante la densità
di energia non dipende dalla distanza del punto di osservazione dalla sorgente e può
essere calcolata con buona approssimazione con la relazione:
4W
wR  , (1.16)
cA
dove A [m2] è l’assorbimento totale dell’ambiente dato dall’Eq. (1.15).
La densità di energia sonora totale, w [J/m3] si ottiene sommando gli effetti
del campo sonoro diretto e di quello riverberante:
W 1 4
w  wD  wR     , J/m3 (1.17)
c  4r 2
A
La Eq. (1.17) può essere espressa in termini di pressione efficace e poi in
termini di livelli di pressione, ottenendo:
 1 4
L p  LW  10log10    , dB (1.18)
 4r 2 A 
Riportando in grafico l’andamento dei due campi descritti e del campo sonoro
totale, si può notare che quello diretto è prevalente in prossimità della sorgente,
mentre a distanza prevale quello riverberante (Fig. 1.18). Il punto in cui i due con-
tributi si uguagliano, denominato distanza critica, dipende esclusivamente dal
grado di assorbimento acustico delle superfici che delimitano l’ambiente. Tanto
maggiore sarà quest’ultimo, tanto più la propagazione approssimerà le condizioni
Acustica 81

di propagazione all’aperto, mentre quanto minore sarà l’assorbimento (e quindi


maggiore la riverberazione), tanto più piccola sarà la distanza critica.
In formule è possibile ottenere la distanza critica come:
R V
Dc   0.1 (1.19)
16 T

Figura 1.15 - Livello sonoro in un ambiente chiuso in funzione della distanza

È importante osservare che la distanza critica può essere influenzata anche da


un altro parametro, proprio della sorgente sonora, ovvero la sua direttività Q (o, in
maniera equivalente, il suo indice di direttività DI). Infatti, nel caso di sorgenti reali
(e pertanto non perfettamente omnidirezionali), il contributo al campo diffuso viene
a dipendere sempre dalla potenza acustica complessivamente irradiata, mentre nella
direzione che congiunge la sorgente con il ricevitore il contributo al campo diretto
potrà essere più o meno intenso rispetto al caso omnidirezionale, in funzione del
valore del parametro Q. Pertanto l’Eq. 1.19 deve essere riscritta come segue:
 Q 4
L p  Lw  10 log  . (1.20)
 4r 2 A 
E di conseguenza anche la distanza critica risulterà essere pari a:
QV
Dc  0.1 (1.21)
T
Dalla Figura 1.16 è possibile osservare che se la sorgente è omnidirezionale,
a parità di volume la distanza diminuisce al crescere del tempo di riverberazione,
mentre a parità di tempo cresce al crescere del volume. Nel caso in cui la sorgente
sia caratterizzata da una direttività Q, il valore della distanza critica aumenta in
proporzione alla radice quadrata di Q, per cui ne consegue una maggiore capacità
di penetrazione del suono anche in condizioni molto riverberanti. Dalla distanza
critica dipende infatti anche un parametro che misura la perdita di articolazione
Acustica 82

delle consonanti, noto come Articulation loss (ALcons), che è strettamente correlato
all’intelligibilità della parola e che sarà analizzato più in dettaglio nel seguito.

Figura 1.16 - Andamento della distanza critica in funzione del volume (V) e del tempo di
riverberazione (T). Se la sorgente sonora è direttiva è necessario leggere il valore incre-
mentato della quantità indicata dal cursore posto a destra in funzione della direttività.

Se si trascura la particolare posizione del punto di ricezione e si tiene conto


del fatto che in condizioni stazionarie la potenza emessa dalla sorgente deve essere
pari a quella assorbita dalle pareti dell’ambiente, si può dedurre che in generale
anche la densità di energia associata al suono diretto deve essere pari ad una aliquota
 della densità di energia totale w0. Questo significa che nel momento in cui la
sorgente cessa di funzionare il primo contributo che viene meno, quello del campo
diretto, fa sì che la densità di energia si riduca a w0(1 – ). Successivamente verrà
meno la prima riflessione, la cui densità di energia è, per quanto abbiamo visto in
precedenza, una aliquota (1 – ) della densità di energia del suono diretto (pari a
w0), pertanto l’energia si riduce a:
w0(1 – ) – w0(1 – ) = w0(1 – )2
Procedendo così si osserva che dopo che la i-esima riflessione viene meno, la den-
sità di energia si riduce a w0(1 – )i. Se il campo sonoro è diffuso si può allora
ipotizzare che ogni secondo viene meno il contributo di n riflessioni e quindi la
densità di energia può essere espressa in funzione del tempo mediante la seguente
relazione:

w(t )  w0 (1   ) cSt /(4V ) , (1.22)

che, includendo anche l’attenuazione dovuta all’assorbimento dell’aria, e riscritta


in forma di esponenziale fornisce:
Acustica 83

 4mV  S ln(1   ) 
w(t )  w0 exp ct , (1.23)
 4V 
del tutto equivalente alla Eq. (1.9), con la sola differenza che in questo caso w0 è la
densità di energia in condizioni stazionarie, mentre nel caso precedente era la den-
sità di energia iniziale emessa dalla sorgente impulsiva.
La Eq. (1.21) può essere riscritta in termini di livello di pressione sonora ot-
tenendo:
4 .34 c
L p (t )  L p  4 mV  S ln(1   ) t (1.24)
4V
dove Lp è il livello di pressione che si instaura nell’ambiente in condizioni stazio-
narie dato dall’Eq. (1.15). In virtù di quanto detto anche il tempo di riverberazione
che si ricava a partire dalla interruzione del funzionamento di una sorgente sonora
è equivalente a quello ottenibile a partire da un impulso e può essere espresso me-
diante la stessa Eq. (1.11). Facendo riferimento alla Eq. (1.22) si può anche definire
il tempo di riverberazione come il tempo necessario affinché il livello di pressione
sonora in un ambiente decresca di 60 dB dopo l’interruzione di una sorgente sonora
di tipo stazionario.

5.4 Altre formule per il calcolo del tempo di riverberazione

Da quanto visto nei due precedenti paragrafi è possibile esprimere il tempo di


riverberazione e il livello di pressione in condizioni stazionarie mediante le Eq.
(1.18) e (1.20). Tuttavia, in particolare per quanto riguarda il tempo di riverbera-
zione, sono state definite diverse altre formule nel corso del tempo, a partire dalla
più celebre di tutte, la cosiddetta formula di Sabine, ottenuta empiricamente da
W.C. Sabine a seguito dei suoi primi studi condotti sull’argomento. Tale formula si
presenta analoga alla Eq. (1.13), con la sola differenza che l’assorbimento totale è
espresso come:
A  4mV  S (1.25)
In cui di fatto si è sostituito  a –ln(1–), il che è matematicamente corretto
per valori di  piuttosto piccoli, ma dà luogo a soluzioni sempre più divergenti
quando  cresce. La stessa relazione può essere poi impiegata anche nell’Eq. (1.18)
al fine del calcolo del livello sonoro. L’aspetto interessante è che è possibile espri-
mere in maniera generica il tempo di riverberazione impiegando la seguente equa-
zione:
V
T 0.161 , (1.26)
Sa  4mV
Provvedendo di volta in volta a sostituire al termine a, denominato “esponente
di assorbimento” il termine corrispondente alle diverse formulazioni. Pertanto con
riferimento alla formula di Sabine si avrà:
Acustica 84

1
asab  i Si .
S i
(1.27)

Espresso in funzione delle aree superficiali (Si) coperte dai diversi materiali e
dei corrispondenti coefficienti di assorbimento (i). Analogamente, a partire
dall’Eq. (1.27) è possibile esprimere l’esponente di assorbimento calcolato secondo
la formula di Eyring, in base alla quale il tempo di riverberazione si annulla del
tutto quando l’esponente di assorbimento è uguale ad uno:
aEyr   ln(1 aSab) . (1.28)

Nel corso del tempo sono state proposte diverse altre modifiche alle formule
già citate, cercando in particolare di adattarle alle specifiche condizioni incontrate
nella realtà, e soprattutto per cercare di fare fronte alla disuniforme distribuzione
dell’assorbimento all’interno degli ambienti. Fra le diverse formule proposte una
sufficientemente accurata è quella di Arau-Purchades secondo cui gli esponenti di
assorbimento vengono calcolati separatamente nelle tre direzioni e pesati in base
all’area delle superfici:
a ArP  [ ln(1   x )]Sx / S  [ ln(1   y )]Sy / S  [ ln(1   z )]Sz / S , (1.29)

Essendo Sx l’area del soffitto e del pavimento, Sy la superficie delle pareti


laterali e Sz la superficie delle pareti di fondo. In aggiunta x, y, and z sono i
coefficienti di assorbimento relativi alle tre aree Sx, Sy and Sz.
Ovviamente ciascuna delle formule può risultare più accurata in alcune situa-
zioni e meno accurata in altre.

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