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Politecnico di Bari

Corso di Laurea in Ingegneria Edile-Architettura


Corso di Acustica

Anno Accademico 2016/2017

Dispense del Corso

Prof. Ing. Francesco Martellotta


Acustica 2

1 Fondamenti di acustica

1.1 Nozioni preliminari

L'acustica è la scienza del suono, inteso sia come fenomeno fisico che, pro-
dotto da vibrazioni meccaniche, si propaga per onde in un mezzo elastico, sia come
sensazione psicologica che queste onde producono sull'uomo.
Il suono è una perturbazione, prodotta da una sorgente sonora, che propagan-
dosi in un mezzo elastico provoca una variazione di pressione e uno spostamento
di particelle, tale da poter essere rilevata da una persona o da uno strumento acu-
stico. Da questa definizione deriva che il fenomeno acustico dal punto di vista tec-
nico prevede la presenza contemporanea della sorgente sonora, del mezzo di tra-
smissione e del ricevitore.
Il fenomeno ondulatorio, connesso con il suono, fa sì che le varie particelle
del mezzo, in cui esso si trasmette, vibrino propagando la perturbazione alle parti-
celle vicine. Mentre questa perturbazione, che trasporta sia l'informazione che l'e-
nergia, si propaga a distanza, le singole particelle, anche nel caso di fluidi, riman-
gono sempre in prossimità della loro posizione originale. Tali vibrazioni locali
(compressione e rarefazione) nel caso di gas o liquidi sono sempre parallele alla
direzione di propagazione dell'onda, per cui si parlerà di onde longitudinali, mentre
nel caso di solidi, che possono trasmettere sforzi di taglio, vi saranno anche onde
trasversali.

Durante la trattazione seguente ci si soffermerà sulla propagazione del suono


nei gas e in particolare nell'aria, per la grande importanza che questo aspetto del
fenomeno ha nell'acustica ambientale.
Acustica 3

Le onde sonore si propagano con velocità caratteristica del mezzo elastico di


trasmissione.
La velocità di propagazione del suono nell’aria può essere calcolata, riferen-
dosi alla temperatura in gradi Celsius, ϑ[°C], con buona approssimazione per
mezzo della relazione:
c = 331,2 + 0,6ϑ m/s

Tab. 1.1 Velocità del suono nell’aria in funzione della temperatura

Temperatura [°C] velocità del suono [m/s]


-10 325
0 331
10 337
20 343
30 349
40 355

Nel fenomeno sonoro oltre alla velocità di propagazione, che misura la rapi-
dità con cui il segnale si sposta da un punto all'altro del mezzo di trasmissione,
occorre attentamente considerare anche alcune proprietà fisiche caratteristiche delle
onde, quali la frequenza, il periodo e la lunghezza d'onda.
La frequenza, legata alla rapidità con cui le particelle oscillano in ogni singolo
punto, è la misura fisica del numero di oscillazioni nell’unità di tempo; il suo sim-
bolo è f, la sua unità di misura il ciclo per secondo, internazionalmente chiamata
Hertz [Hz]. Alla frequenza, che nel caso di individui adulti normal-udenti risulta
essere percepibile nel campo di valori che si estende approssimativamente dai 20 ai
16.000 Hz, è collegata l'altezza soggettiva del suono.

Bande di frequenza di alcuni suoni e rumori

Il periodo è l'inverso della frequenza, si indica con la lettera T, si misura in


secondi [s] e rappresenta il tempo necessario affinché le particelle compiano local-
mente un'oscillazione completa (cfr. fig. 1.3).
Acustica 4

La lunghezza d'onda è la distanza percorsa dall'onda durante un'oscillazione


completa; si indica con la lettera λ e si misura in metri [m]. La lunghezza d'onda è
legata alle altre proprietà delle onde dalla relazione:
c
λ = = c×T m
f

Ampiezza, A, periodo, T, e lunghezza d’onda λ nel caso di onde sinusoidali

Soffermandosi sulla propagazione del suono nell'aria e tenendo presente il


valore della velocità di propagazione del suono nell'aria in condizioni normali, si
ottiene che nel campo dell'udibile la lunghezza d'onda varia all'incirca tra λ=17m
(f=20 Hz) e λ=22 mm (f=16 kHz) con conseguenze molto importanti ogni qual volta
risulta comparabile con le dimensioni degli ambienti edificati o degli oggetti pre-
senti.
Durante la propagazione del fenomeno sonoro in un gas le particelle del
mezzo vibrano intorno alla loro posizione di equilibrio. Queste vibrazioni non av-
vengono in tutti i punti con la stessa fase, anzi in alcuni punti le particelle vibrano
in opposizione di fase con la conseguenza che in alcune zone le particelle tende-
ranno ad addensarsi, in altre a rarefarsi. Nel mezzo di propagazione si avranno va-
riazioni di densità e di pressione, entrambe funzioni del tempo e dello spazio.
La pressione P nell’aria in presenza del fenomeno sonoro può pertanto essere
scritta come:
P(x,y,z,t) = po+ p(x,y,z,t)
dove po è il valore della pressione nelle condizioni iniziali indisturbate e p la
variazione di pressione dovuta al fenomeno acustico.
Acustica 5

Nel caso di suoni che si propagano nell'aria le variazioni di pressione prodotte


dall'onda sonora sono comprese tra 20 µPa e 104 Pa, e per suoni di normale inten-
sità risultano piccole rispetto alla pressione atmosferica, il cui valore al livello del
mare, trascurando gli effetti delle condizioni meteorologiche, è p0=1,013.105Pa e
decresce all'aumentare della quota di circa 12,5 Pa/m.

Livelli in decibel e valori della pressione sonora per alcuni suoni tipici

La propagazione del suono nell’aria, considerata come fluido isotropo, omo-


geneo e non viscoso, è governata dalla equazione differenziale, detta equazione
delle onde, che in coordinate cartesiane assume la forma seguente:
∂2 p ∂2 p ∂2 p 1 ∂2 p
+ + =
∂x 2 ∂y 2 ∂z 2 c 2 ∂t 2
Introducendo l'operatore ∇ 2 detto laplaciano la relazione precedente si tra-
sforma in:

2 1 ∂ 2p
∇ p= 2 2
c ∂t
Le relazioni precedenti esprimono l'equazione delle onde in coordinate carte-
siane e sono molto utili per lo studio della propagazione delle onde piane. Nel caso
Acustica 6

in cui si voglia considerare la propagazione nello spazio libero di onde sferiche


emesse da sorgenti sonore omnidirezionali (sferiche) è più utile esprimere l'equa-
zione delle onde in coordinate sferiche, per cui fissando l’origine del riferimento
nel centro di propagazione e definendo r come la distanza dal centro del punto preso
in considerazione si ottiene:
∂ 2 p 2 ∂p 1 ∂ 2 p
+ =
∂r 2 r ∂r c 2 ∂t 2

1.2 Derivazione dell’equazione delle onde

Consideriamo un elementino di volume dV = dx⋅dy⋅dz per il quale il feno-


meno sonoro si propaga lungo la direzione x. Ciò significa che sulle facce perpen-
dicolari alla direzione di propagazione agiranno le forze
F ( x ) = p ⋅ dA = p ⋅ dy ⋅ dz

e
 ∂p   ∂p 
F ( x + dx) =  p + dx dA =  p + dx  ⋅ dy ⋅ dz
 ∂y   ∂y 
Corrispondenti ad una forza netta:
 ∂p  ∂p ∂p
F = p ⋅ dy ⋅ dz −  p + dx  ⋅ dy ⋅ dz = − dx ⋅ dy ⋅ dz = − dV
 ∂y  ∂x ∂x
A tal punto, detta m la massa dell’elementino (m=ρ⋅dx⋅dy⋅dz), e v la velocità
di oscillazione della singola particella (d’ora innanzi denominata velocità di parti-
cella) si può esprimere la legge di Newton e ottenere l’equazione del moto:
dv ∂p ∂p ∂v
F = ρ ⋅ dx ⋅ dy ⋅ dz =− dV → − =ρ
dt ∂x ∂x ∂t
Avendo trascurato il differenziale del second’ordine nell’equazione:
Acustica 7

dv ∂v ∂v ∂x
= + ⋅
dt ∂t ∂x ∂t
A questo punto, possiamo procedere a scrivere l’equazione dei gas. Poiché i
processi oscillatori sono molto rapidi è possibile ritenere che le trasformazioni ter-
modinamiche che avvengono siano sostanzialmente adiabatiche e, pertanto, rette
dall’equazione
cp
PV k = const. con k = = 1.4
cv
Con cp e cv calori specifici rispettivamente a pressione e a volume costante.
Differenziando l’equazione si ottiene

d(PVk ) = 0
E, dopo aver posto l’equazione in forma logaritmica PVk = log P + klogV
dP dV dP dV
+k =0→ = −k
P V P V
A questo punto, come per P = p0 + p, si può scrivere V = V0+τ , con τ pari
alla variazione di volume, piccola rispetto a V. Se p e τ sono piccoli rispetto ai valori
di riferimento ne consegue, pertanto, che P≈p0 e V≈V0:
p τ
+k =0
p0 V0
Infine, derivando rispetto al tempo si ottiene:
1 ∂p k ∂τ
=−
p0 ∂t V0 ∂t
Ovviamente, nella propagazione per via solida, l’equazione precedente non può
essere applicata e le cose si complicano un po’.
Acustica 8

Non resta che scrivere l’equazione della conservazione della massa. Riconsi-
deriamo l’elemento di volume precedente, prendendo in considerazione lo sposta-
mento subito dalle due facce perpendicolari alla direzione di propagazione. La va-
riazione di volume può essere espressa come:
 ∂ξ x  ∂ξ ∂ξ
τ = ξ x + dx − ξ x dy ⋅ dz = x dx ⋅ dy ⋅ dz = x V0
 ∂x  ∂x ∂x

Tenuto conto che ci serve poter esprimere la variazione di volume rispetto al


tempo consegue:
∂τ ∂2ξx
= V0
∂t ∂x∂t
Infine, ricordando che v = ∂ξ x ∂t , consegue che:
∂τ ∂ 2ξ x ∂v
= V0 = V0
∂t ∂x∂t ∂x
Sostituendo il termine relativo alla variazione di volume nell’equazione dei gas, si
ottiene:
1 ∂p k ∂v ∂p ∂v
=− V0 → = −kp0
p0 ∂t V0 ∂x ∂t ∂x
Derivando entrambi i membri rispetto al tempo si ha:
∂2 p ∂ 2v
= −kp0
∂t 2 ∂x∂t
Richiamando a questo punto l’equazione del moto, si può scrivere:
∂v 1 ∂p ∂2 p kp ∂ 2 p
=− → 2 =− 0 2
∂t ρ ∂x ∂t ρ ∂x
E, infine, ponendo k⋅p0 /ρ = c2 consegue che:
∂2 p 1 ∂2 p
=
∂x2 c2 ∂t 2
Ovvero, si è ottenuta l’equazione delle onde nel caso monodimensionale. Vo-
lendo generalizzare alle tre dimensioni, basterebbe scrivere:
∂2 p ∂2 p ∂2 p 1 ∂2 p 2 1 ∂2 p
+ + = → ∇ p =
∂x 2 ∂y 2 ∂z 2 c 2 ∂t 2 c 2 ∂t 2
La costante c che compare nell’equazione delle onde si può dimostrare essere
proprio la velocità di propagazione dell’onda. Supponiamo di voler trovare la solu-
zione generale dell’equazione differenziale dell’onda e se facciamo riferimento al
caso monodimensionale (p = p (x,t)), l’integrale generale dell’equazione delle onde
Acustica 9

è una funzione di x e t data dalla somma di due funzioni generali nella seguente
forma:
( , )= ( − )+ ( + )
F e G sono due funzioni generiche la cui unica caratteristica deve essere di-
pendere da t e x, rese dimensionalmente coerenti moltiplicando il tempo per la gran-
dezza c che ha le dimensioni di una velocità. Per comprendere meglio il suo signi-
ficato fisico, però, osserviamo la funzione F e immaginiamo di prenderla a un
istante 0 e in una posizione 0, la sua equazione sarà:
(t0,x0) =( 0 − 0)

Se resto nella stessa posizione, dopo un tempo t0+Δt la funzione assumerà il


valore:
(t0+Δt,x0) =( 0 +cΔt − 0)

D’altra parte se all’istante t0+Δt ci si spostasse nel punto avente coordinata x0


+ cΔt si potrebbe facilmente osservare che:
(t0+Δt,x0+cΔt) =( 0 +cΔt − 0 – cΔt) = ( 0 − 0) = (t0,x0)

Ovvero, se andassimo a rappresentare l’andamento spaziale della funzione


riprodotto in diversi istanti temporali vedremmo ripetersi esattamente lo stesso an-
damento ma traslato in avanti. In particolare, dopo un tempo Δt la traslazione risul-
terà essere proprio cΔt, pertanto c si configura proprio come la velocità di propaga-
zione della perturbazione ondulatoria che la funzione F descrive.
Il segno negativo è l’unica differenza con la funzione G ed è rappresentativo
del fatto che hanno due direzioni di propagazione diverse, poiché F sarà rappresen-
tativa dell’onda “progressiva” cioè che si propaga nella direzione positiva dell’asse
x e G sarà rappresentativa dell’onda “regressiva” cioè che si propaga nella direzione
negativa dell’asse x.

Vediamo da cosa dipende c: essenzialmente dipende dalle caratteristiche ter-


modinamiche del mezzo. Se si riscrive l’equazione di c trovata in precedenza:

=
ρ

e ricordando l’equazione fondamentale dei gas ideali, risulta:


=
Dove p è la pressione [Pa], v è il volume specifico [m3/kg], R è la costante dei
gas ideali [kJ/kgK] e T è la temperatura assoluta [K]. Ricordando che
Per liberarci del volume specifico ricordiamo che v = 1/ρ e quindi, consegue
che
= √1.4
E sostituendo alla costante R il valore riferita all’aria (0.287 kJ/kgK) diventa:
Acustica 10

= 20.04√
Per cui c dipende solo dalla temperatura dell’aria. La c per l’aria è all’incirca
uguale a 340 m/s e più elevata sarà la temperatura maggiore sarà la velocità di pro-
pagazione.

1.3 Soluzione dell’equazione delle onde

Partendo dall’integrale generale dell’equazione delle onde vogliamo trovare


una soluzione particolare per poter rappresentare il fenomeno sonoro:
( , )= ( − )+ ( + )
Non è detto che questi due termini siano coesistenti, per cui per adesso ci
concentriamo sull’onda progressiva. Il tipo di integrale generale più semplice che
soddisfa queste caratteristiche è una funzione di tipo periodico. La nostra soluzione
particolare sarà un’equazione del genere:
( , ) = " ⋅ #$( − ) %# & " = '( )&**' %&++′#$ )++'*)#-&
Per rendere più evidente il carattere periodico della funzione risulta conve-
niente esprimere l’argomento della funzione coseno come angolo, per cui rielabo-
riamo le quantità dell’argomento moltiplicando per 2. e dividendo per cT, dove T
è il periodo dell’oscillazione già introdotto:
2. 2.
( , ) = " ⋅ #$ / − 0

In tal modo si avrà una oscillazione completa (corrispondente a 360°) ogni


volta che il tempo t è un multiplo intero del periodo T e ogni volta che la distanza x
è un multiplo intero della lunghezza d’onda λ = cT.
Chiameremo pulsazione la grandezza:
2. 3'%
1= 2 4$5 = 2.6

E numero d’onda la grandezza, da non confondere con il rapporto fra calori


specifici trovato in precedenza:
2. 3'%
= 2 4(5
7
Per cui possiamo infine riscrivere l’equazione dell’onda come:
( , ) = " ⋅ #$(1 − )
Questa è la forma più semplice per rappresentare un’onda sonora. Potremmo
rappresentare la funzione coseno mediante la notazione complessa. Ricordiamo in-
fatti che un numero complesso può essere scritto come somma della parte reale (x)
e della parte immaginaria (y) moltiplicata per l’unità immaginaria ) = √−1:
*= + )8
Acustica 11

Questo numero complesso lo possiamo anche rappresentare come vettore del


piano cartesiano riportando la parte reale sulle ascisse e la parte immaginaria sulle
ordinate, e riscrivendo l’equazione nella cosiddetta forma polare, in cui x e y ven-
gono sostituite da r e ϕ :
*= + )8 = 3( #$9 + ) $&-9) = 3 ⋅ & :;
Dove l’ultima relazione 3& :; è, invece, la cosiddetta notazione euleriana o
esponenziale, con la quale, richiamando l’equazione di Eulero1, trasformiamo in
esponenziale la relazione trigonometrica, con il grandissimo vantaggio di poter ap-
plicare a quest’ultima tutte le regole di integrazione e derivazione, come sarà meglio
chiarito di seguito. Dal punto di vista acustico, e più in generale di tutti i fenomeni
di tipo periodico, risulta evidente che alla luce di quanto detto l’equazione dell’onda
può essere scritta come
( , ) = " ⋅ #$(1 − ) = Re >" ⋅ & :(?@ABC) D
In questi casi ci si riferisce ad 3& :; con il termine di fasore, ovvero un vettore
che nel piano complesso rappresenta una funzione sinusoidale. Come anticipato, la
notazione euleriana ci porta diversi vantaggi: ad esempio se dobbiamo considerare
uno sfasamento, ovvero vogliamo introdurre nell’argomento un termine costante θ
possiamo farlo semplicemente moltiplicando il fasore per un termine & :E :
" ⋅ #$(1 − + F) = Re >" ⋅ & :(?@ABC) & :E D
Altro importante vantaggio lo troviamo nelle operazioni di derivazione e in-
tegrazione. Sempre facendo riferimento al caso semplice di onda longitudinale, se
si deriva la pressione acustica rispetto al tempo si ha:
% ( , ) .
= −1"$&-(1 − ) = 1" #$ G1 − + H
% 2
È evidente che l’operazione di derivazione è equivalente ad uno sfasamento
di +. ⁄ 2 della nostra onda.

1
La formula di Eulero, infatti, stabilisce che eiγ = cos γ + i sen γ
Acustica 12

Scrivendo la stessa relazione mediante notazione complessa si avrebbe:


%p( , )
= )1"& :(?@ABC) = )1"Kcos(1 − ) + )$&-(1 − )N
%
= −1"K$&-(1 − ) − ) #$(1 − )N
Quindi, prendendo la sola parte reale viene fuo ri lo stesso risultato ottenuto
facendo normalmente la derivata della pressione come visto precedentemente. Per-
tanto, usando la notazione complessa, l’operazione di derivazione risulta essere
estremamente semplificata, perché si riduce a una moltiplicazione per ")1" se la
derivata è rispetto al tempo, oppure, se la derivazione è rispetto ad x, ad una molti-
plicazione per " − ) ".
Analogamente si può dimostrare che per operare un’integrazione dobbiamo
solo dividere il fasore per ")1" o per " − ) ", il che corrisponderà ad uno sfasamento
di −. ⁄ 2.
Fra gli altri vantaggi della notazione esponenziale vi è la possibilità di espli-
citare il comportamento delle funzioni periodiche trascurando la dipendenza dal
tempo (che può essere reintrodotta in qualsiasi momento semplicemente moltipli-
cando per eiωt ), e ragionando invece sui soli sfasamenti dovuti alla posizione o alle
interazioni con le superfici.

1.4 Grandezze energetiche nei fenomeni sonori

Una volta acquisiti gli strumenti matematici per manipolare i fenomeni ondu-
latori è possibile procedere nella definizione di quelle che sono le grandezze ener-
getiche atte a descrivere i fenomeni sonori. Il primo aspetto su cui focalizziamo
l’attenzione è quello di pressione efficace PQQ , una grandezza indispensabile per
sopperire all’impossibilità di definire correttamente un valore medio per le funzioni
periodiche, le quali potendo assumere valori sia positivi, sia negativi, restituireb-
bero valori non rappresentativi della reale “intensità” del fenomeno, o addirittura
Acustica 13

nulli se il periodo di integrazione fosse un multiplo del periodo T. Pertanto, si pro-


cede elevando al quadrato la pressione ed integrando quest’ultima per poi dividere
per il tempo e riportare il tutto nella forma di una pressione facendone la radice
quadrata (per questo motivo la pressione efficace è anche definita pressione qua-
dratica media):

1 T
PQQ = R S( )%

Ci riferiamo solo al tempo perché diamo per scontato che stiamo effettuando
l’integrazione in un punto ben preciso e quindi la dipendenza da x viene meno.
Vediamo come nel caso di una funzione sinusoidale semplice la pressione
efficace possa essere espressa in funzione di quelle che sono le grandezze che ca-
ratterizzano la funzione armonica

1 T
"
PQQ = R "S #$ S (1 − )% = → "= PQQ √2
√2
Quindi nel caso di una funzione armonica la pressione efficace è direttamente
proporzionale all’ ampiezza.
Adesso vogliamo trovare una relazione che leghi la velocità di particella
(che ricordiamo essere una grandezza vettoriale, di cui al momento consideriamo
la sola componente nella direzione x), alla pressione acustica per capire in che
modo variano le due grandezze, e per farlo andiamo a scomodare l’equazione del
moto:
V V
− =W
V V
da cui, integrando, si ottiene:
1 V 1
( , )=− R % = − R −) " & :(?@ABC) %
W V W
Quella che vediamo sotto il segno di integrale è la derivata fatta rispetto ad x
della pressione, di cui diamo per scontato che andremo sempre a prendere la parte
reale. Abbiamo detto che integrando dobbiamo dividere per ")1", pertanto:
" ) " :(?@ABC)
( , )= "& :(?@ABC) % = &
W )1 W 1
Ricordandoci che:
2. 2. 2. 1
1= & = = → =
7 1
Risulta:
1 1
( , )= "& :(?@ABC) = ( , )
W W
Acustica 14

Possiamo dire che la velocità di particella per un’onda piana longitudinale è


in fase con la pressione. Volendo generalizzare la relazione fra le due grandezze è
possibile introdurre il concetto di impedenza acustica, definita proprio come rap-
porto complesso fra la pressione e la velocità di particella in un punto:
( , )
XY =
Y( , )
In generale l’impedenza acustica è una grandezza complessa, cioè è caratte-
rizzata non solo da un’ampiezza, ma anche da una fase perché non è detto che e
Y siano perfettamente in fase. Tuttavia, nel caso particolare dell’onda longitudinale
che si muove in aria, l’impedenza acustica caratteristica Z0 assumerà un valore
reale:
] ( ] '
X =W Z 407 \ _ = \ S _ = \( _
( $
^ ( $ ⁄$
Una applicazione immediata dell’impedenza Z è relativa alla definizione
della cosiddetta intensità acustica (I) di un fenomeno sonoro. Tale grandezza serve
a definire in maniera chiara quanto vale l’energia acustica che attraversa nell’unità
di tempo una porzione dello spazio di area unitaria. Conseguentemente l’intensità
acustica si misura in [W/m2]
energia
Intensità =
superficie ⋅ tempo

Supponiamo di avere un’onda piana che si muove in una certa direzione ca-
ratterizzata dal vettore velocità Y e dalla pressione p. Se tale onda attraversa una
superficie piana di area dA, avente come normale %-jY determinerà uno spostamento
%k nella direzione di propagazione. Il lavoro compiuto durante tale spostamento
sarà dato dal prodotto della forza (ottenuta moltiplicando la pressione p per l’area
dA) per la componente dello spostamento in direzione normale alla superficie. Per-
tanto se lo spostamento è %k, la sua componente rispetto a %-jY sarà %k cos F. Quindi
possiamo esprimere l’energia come %l = %" %k cos F e conseguentemente l’in-
tensità acustica come:
Acustica 15

%l %" %k #$F
m( , F) = =
%" % %" %

%k
Ma poiché
=
%
Ne consegue che
m( , F) = ⋅ cos F
Da cui consegue che l’intensità assumerà valore massimo quando l’onda si
muove perpendicolarmente alla superficie, mentre se il moto avviene parallela-
mente l’intensità sarà nulla. A tal punto, richiamando il concetto di impedenza acu-
stica caratteristica si ha anche che, sempre per l’onda piana:
S
m( , F) = #$F
X
Il valore così determinato è evidentemente istantaneo. Se volessimo ricavare
un valore medio misurato nel punto, si dovrebbe procedere integrando l’espressione
precedente:
1 T S S
m (̅ F) = R m( , F)% = cos F = cos F
PQQ PQQ
X W

La relazione precedente esprime quindi il legame fra l’intensità acustica e la


pressione efficace. Quest’ultima è sicuramente più semplice da misurare rispetto
alla prima mentre, come si vedrà, l’intensità è più facile da trattare nei calcoli pre-
visionali essendo una grandezza puramente energetica. Pertanto, diventa importante
sapere come poter passare dall’una all’altra.
Mentre per misurare la pressione è necessario un semplice microfono, che è
un trasduttore con una membrana sensibile alle variazioni di pressione, per l’inten-
sità il discorso è diverso dal momento che la misura dipende dall’angolo che il
“sensore” forma con la direzione di propagazione dell’onda.
La pressione è rappresentabile con uno scalare (poiché abbiamo detto che ci
interessiamo solo alla parte reale), ma l’intensità dipende dalla pressione (che è uno
scalare) ma anche dalla velocità di particella che invece ha delle componenti vetto-
riali, e il #$F serve proprio a ricordarci la componente direzionale che entra in
gioco, poiché se è vero che è facile rappresentare la pressione in un punto non è
altrettanto facile rappresentare la velocità poiché la superficie rispetto a quel punto
può essere orientata in infinite direzioni.

Per poter misurare l’intensità acustica devo perciò misurare contemporanea-


mente la pressione acustica e la componente della velocità di particella nella dire-
zione normale alla superficie che ho preso come riferimento. Ricordando che per
l’equazione del moto velocità e pressione sono legate fra loro, ne deriva che, riscri-
vendola in forma generalizzata riferita alla direzione n si ha:
Acustica 16

V o V
W =−
V V-
Da cui, se conosco la pressione in due punti sufficientemente vicini e distanti d

zione e sostituendo al posto di V /V- la differenza finita Δ /%:


lungo la direzione n posso esplicitare la componente della velocità per integra-

1 @
= − R ( q (r) − S (r))%r
o
W %
Su questo semplice principio si basa l’intensimetria, ovvero la misura dell’inten-
sità acustica.

L’ultimo parametro energetico che introduciamo è la densità di energia acu-


stica (w) definita come quantità di energia contenuta in un volume unitario, e mi-
surata in [J/m3]. Tenuto conto delle relazioni precedenti, e considerato che un’onda
che si propaga con velocità c spazza in un tempo dt un volume pari a dA c dt, si può
scrivere:
%l %" %k S
m
s= = = = =
%t %" % W S

1.5 I livelli sonori

I valori della pressione e dell'intensità acustica variano in campi piuttosto va-


sti, per cui è sorta la necessità di esprimere queste grandezze in scala logaritmica.
Si è operata quindi una trasformazione nelle unità di misura passando a considerare
Acustica 17

non il valore della grandezza ma il suo livello rispetto ad un valore di riferimento.


In pratica si è assunto come livello di una grandezza acustica il valore che si ottiene
moltiplicando per dieci il logaritmo in base dieci del rapporto tra il valore della
grandezza presa in considerazione ed un valore di riferimento. Così facendo le gran-
dezze acustiche sono espresse da livelli in decibel [dB], al di sotto o al di sopra del
livello di riferimento.
Nel caso dell'intensità acustica, I[W m-2], il livello d’intensità è dato dalla
relazione:
I
L I = 10 log10 dB
I rif
dove il valore di riferimento per l'intensità acustica è:

I rif = 10−12 W/m


2

Dal livello di intensità, LI[dB], si può ricavare il valore dell'intensità acustica,


I[W m-2], adoperando la relazione inversa:
LI
2
I = I rif 10 10
W/m
Analogamente la potenza, W[W], di una sorgente sonora può essere espressa
come livello in decibel con la relazione:
W
LW = 10 log10 dB
Wrif
dove il valore della potenza di riferimento è Wrif=10-12W.
Anche nel caso della potenza sonora vale la relazione inversa, per cui dal li-
vello di potenza, LW[dB], si può ricavare il valore della potenza, W[W], con la re-
lazione:
LW
W = Wrif 10 10
W
Il decibel, introdotto dapprima in radiotecnica per esprimere il guadagno degli
amplificatori, è associato ad un rapporto energetico tra potenze o intensità. Da que-
sta particolarità deriva che si può esprimere anche la pressione sonora come livello
di pressione sonora misurato in decibel, purché si tenga conto della proporzionalità
tra il quadrato della pressione in valore efficace e la potenza o l'intensità acustica.
Il livello di pressione sonora sarà:
p 2eff p
L p = 10 log 10 2 = 20 log 10 eff dB
p effrif p effrif
−5
dove la pressione di riferimento è peffrif = 2 ⋅ 10 Pa.
Come per l'intensità e la potenza anche per la pressione sonora efficace vale
la relazione inversa per cui la pressione sonora, peff[Pa], in un punto è legata al
livello di pressione sonora, Lp[dB], dalla relazione:
Acustica 18

Lp

p eff = p effrif 10 20 Pa
Nel caso in cui due o più suoni, dei quali si conoscono i livelli Li, si sovrap-
pongono, per calcolare il livello totale, LT, occorre ricordare che le grandezze che
si sommano sono quelle energetiche, quindi in generale si avrà:
Li
L T = 10 log10 ∑i10 10 dB

Per sommare o sottrarre due livelli espressi in dB si può anche procedere gra-
ficamente utilizzando opportuni grafici che forniscono in funzione della differenza
in dB tra i due livelli da sommare o sottrarre la correzione da apportare al valore
più alto per ottenere il risultato voluto.

Dall’esame dei grafici, riportati nelle figure precedenti, si può notare tra l’al-
tro che:
- nel caso di somma dei livelli di due sorgenti l’incremento del livello totale
rispetto al livello più alto è al massimo ∆L = 3dB quando i due livelli da sommare
sono eguali, mentre è trascurabile quando i due livelli differiscono per più di 10 dB;
- nel caso di differenza, se il livello totale differisce dal livello di una sorgente
di 3 dB, i livelli delle due sorgenti saranno eguali; se la differenza, invece, è infe-
riore a 3 dB significa che il livello della sorgente da sottrarre è inferiore all’altro. In
questo caso diventa difficile valutare con buona approssimazione il contributo di
questa sorgente per la ripidità dell’andamento della curva, considerando che la pre-
cisione con cui si fanno normalmente le misure acustiche è di ±0,5 dB.

1.6 Lo spettro sonoro

Le sorgenti sonore reali difficilmente emettono suoni puri vibrando con oscil-
lazione sinusoidale di ben definita frequenza. Il più delle volte, invece, l’andamento
temporale della pressione in un punto si presenta come una funzione complessa e il
Acustica 19

suono, ivi rilevato, può essere considerato come composto da un insieme di suoni
puri di diverse frequenze, variabili discretamente o con continuità.
Il teorema di Fourier consente di sviluppare sotto certe condizioni, peraltro
sempre verificate nei casi di interesse fisico, una funzione x=x(t), periodica di pe-
riodo T e di frequenza f=1/T, in una somma di infiniti termini armonicamente cor-
relati, ciascuno dei quali è caratterizzato da una frequenza multipla di fondamentale,
f. Pertanto un suono periodico può sempre essere scomposto in un insieme di suoni
puri di diversa frequenza (armoniche).

Rappresentazione nel dominio del tempo e della frequenza (spettro) di un suono puro, di
un suono complesso periodico e di un suono aperiodico

La rappresentazione del livello di pressione di ogni armonica del suono costi-


tuisce lo spettro sonoro. Nel caso di un suono puro, lo spettro è costituito da una
sola linea in corrispondenza della frequenza del suono stesso. Nel caso, invece, di
un suono periodico complesso, lo spettro è formato da più linee in corrispondenza
delle frequenze multiple che compongono il suono originario.
Un suono aperiodico, di durata limitata, può essere scomposto in una somma
di infiniti termini armonici in cui la differenza di frequenza di due termini successivi
è infinitesima sicché l’insieme delle frequenze dei termini componenti costituisce
una distribuzione continua, spettro continuo. In questo caso la grandezza fisica è
rappresentata attraverso la funzione di densità spettrale, che integrata in funzione
Acustica 20

della frequenza fornisce il valore della grandezza nell’intervallo di frequenza con-


siderato. Per le caratteristiche dell’integrazione, questa operazione deve essere ap-
plicata a funzioni che rappresentano grandezze effettivamente sommabili: ciò si ve-
rifica quando la funzione di densità spettrale rappresenta la grandezza espressa in
termini energetici. Il procedimento descritto può essere semplificato attraverso l’in-
troduzione delle bande di frequenza. Così facendo per analizzare l’andamento del
fenomeno sonoro in funzione della frequenza, l’intero spettro di frequenze udibili
viene suddiviso in intervalli di frequenze, detti bande di frequenze, contigui e ab-
bastanza piccoli per non perdere di dettaglio, in corrispondenza dei quali si ripor-
tano i valori dei livelli di pressione sonora rappresentandoli con un grafico a barre.
Si possono usare anche diagrammi cartesiani in cui i livelli di pressione sono
riportati in corrispondenza della frequenza centrale della banda. Per evidenziare
l’andamento dello spettro, i punti così ottenuti vengono uniti tra loro anche se i
valori letti sui segmenti che uniscono i punti non forniscono alcuna informazione.

Spettro del livello di potenza di un ventilatore centrifugo misurato in bande di ottava (sini-
stra) e di terzi di ottava (destra)

Nell'analisi spettrale le bande di frequenza vengono fissate in modo tale da


avere larghezza costante o proporzionale alla frequenza inferiore della banda. In
quest’ultimo caso, che è il più frequente in acustica, le ampiezze di banda e le fre-
quenze inferiori e superiori delle bande sono in progressione geometrica.
Alle frequenze estreme della banda è legata attraverso la media geometrica la
frequenza centrale della banda, fc, definita dalla relazione:

f c = f1 f 2
Le bande di frequenza utilizzate in acustica hanno la ragione della progres-
sione geometrica pari ad una potenza di 2. Pertanto tra la frequenza finale e quella
iniziale della banda si avrà:
Acustica 21

f2 = 2 n f1
Per n=1 si ottengono le bande di ottava per le quali risulta:
fc
f 2 = 2 f1 f1 = f2 = fc 2
2
Le bande di ottava possono costituire campi di frequenze troppo larghi per
alcune rilevazioni per le quali è preferibile usare bande più strette.
Per n=1/3 si ottengono le bande di terzi di ottava per le quali risulta:
f
f2 = 3 2f1 f1 = 6 c f2 = fc 6 2
2
Il campo udibile può essere suddiviso in bande di ottava o di terzi di ottava
contigue fissate con convenzione internazionale, come riportato nella tabella se-
guente.
Suddivisione dello spettro di frequenze udibile in bande di ottava e di terzi di ottava.
ottava terzi di ottava
banda frequenza frequenza frequenza frequenza frequenza frequenza
inferiore centrale superiore inferiore centrale superiore
12 11 16 22 14,1 16 17,8
13 17,8 20 22,4
14 22,4 25 28,2
15 22 31,5 44 28,2 31,5 35,5
16 35,5 40 44,7
17 44,7 50 56,2
18 44 63 88 56,2 63 70,8
19 70,8 80 89,1
20 89,1 100 112
21 88 125 177 112 125 141
22 141 160 178
23 178 200 224
24 177 250 355 224 250 282
25 282 315 355
26 355 400 447
27 355 500 710 447 500 562
28 562 630 708
29 708 800 891
30 710 1.000 1.420 891 1.000 1.122
31 1.122 1.250 1.413
32 1.413 1.600 1.778
33 1.420 2.000 2.840 1.778 2.000 2.239
34 2.239 2.500 2.818
35 2.818 3.150 3.548
36 2.840 4.000 5.680 3.548 4.000 4.467
37 4.467 5.000 5.623
38 5.623 6.300 7.079
39 5.680 8.000 11.360 7.079 8.000 8.913
40 8.913 10.000 11.220
41 11.220 12.500 14.130
42 11.360 16.000 22,720 14.130 16.000 17.780
43 17.780 20.000 22.390
Acustica 22

Se si esaminano gli spettri in frequenza della potenza sonora emessa dalla


stessa sorgente, ad esempio un ventilatore centrifugo come sopra riportati, rilevati
in bande di ottava e in bande di terzi di ottava, si può notare che essi hanno un
andamento simile, ma quello in terzi d'ottava fornisce più informazioni di dettaglio
che non quello in ottava. Si può notare, inoltre, che dallo spettro in terzi di ottava è
possibile ricostruire quello in ottava, infatti basterà sommare i valori delle tre sot-
tobande comprese nella banda di ottava considerata, e non viceversa.
In generale, conoscendo i valori del livello sonoro nelle singole sottobande,
in cui la banda principale viene suddivisa, è sempre possibile calcolare il livello
nella banda principale. Per la pressione, infatti, ricordando che i valori efficaci al
quadrato sono proporzionali all'intensità acustica, varrà la seguente relazione:
p2 = p12 + p22 + ⋅⋅⋅ + p2n
dove p è il valore efficace della pressione nella banda e p1, p2, pn sono i valori
efficaci nelle sottobande.
Nel caso in cui ci si riferisca ai livelli di pressione si avrà:
p2  p2 p2 p2 
L p = 10 log 10 = 10 log 10  21 + 22 + ⋅ ⋅⋅ + 2n  =
p 2rif  p rif p rif p rif 
 L p1 Lp2 Lp n

= 10 log 10  10 + 10 + ⋅⋅ ⋅ + 10 10
10 10 
 
In particolare conoscendo i livelli di pressione sonora misurati in bande di
ottava o di terzi di ottava, con la relazione precedente si può ricavare il valore del
livello di pressione in tutta la banda udibile.
Relazioni analoghe valgono per i livelli di intensità e di potenza, infatti si
avrà:
 LI 1 LI 2 LI n

L I = 10 log10 10 + 10 + ⋅⋅⋅ + 10 10 
10 10

 

 LW1 Lw 2 LWn

LW = 10 log10 10 + 10 + ⋅⋅⋅ + 10 10 
10 10

 
Sommando con le relazioni precedenti i livelli determinati nelle singole sot-
tobande, si ottiene il livello globale di un suono in tutta la banda acustica.
Spesso però, soprattutto nella valutazione dei rumori, i livelli, determinati
nelle singole sottobande, prima di essere sommati vengono opportunamente cor-
retti. Si ottiene così un valore del livello globale pesato secondo la scala di pesatura
definita dai valori di correzione utilizzati. La scala di pesatura più usata è la scala
“A”, che raggruppa valori di correzione determinati in modo tale da tener conto
della sensibilità dell’orecchio umano alle varie frequenze.
Il livello di pressione sonora pesato in scala “A” sarà contraddistinto dal pe-
dice A, per cui si indicherà con il simbolo LpA [dB]. Analogamente per i livelli di
Acustica 23

intensità e di potenza sonora, pesati in scala “A”, si useranno rispettivamente i sim-


boli LIA e LWA [dB].
In passato i livello sonori pesati in scala “A” venivano misurati in dBA o
dB(A). Oggi questo simbolismo è da evitare, per cui si parlerà sempre e soltanto di
decibel [dB], in quanto non sono i decibel ad essere pesati ma i segnali che poi sono
espressi in decibel.

Scala “A”: valori correttivi per le varie bande di frequenza

fattore correttivo
frequenza banda in terzi banda di
50 -30,2
63 -26,2 -26,2
80 -22,5
100 -19,1
125 -16,1 -16,1
160 -13,4
200 -10,9
250 -8.6 -8.6
315 -6,6
400 -4,8
500 -3.2 -3.2
630 -1,9
800 -0.8
1000 0,0 0,0
1250 +0,6
1600 +1,0
2000 +1,2 +1,2
2500 +1,3
3150 +1,2
4000 +1,0 +1,0
5000 +0,5
6300 -0,1
8000 -1,1 -1,1
10000 -2,5

Per una migliore comprensione di quanto prima esposto può essere utile ri-
portare un esempio numerico. Si supponga che l’analisi in frequenza del livello di
pressione sonora abbia dato i seguenti risultati:

frequenze centrali delle bande di ottava [Hz]


63 125 250 500 1000 2000 4000 8000
livelli di pres-
sione [dB] 85 83 86 84 81 76 73 70

Applicando si può calcolare il livello globale in tutta la banda ottenendo:


Acustica 24

 85 83 86 84 81 76 73 71

L p = 10 log 10  10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10  = 91,3dB
 

Qualora si voglia determinare il livello di pressione sonora ponderato in scala


“A”, si dovranno dapprima determinare i livelli di pressione sonora corretti:

frequenze centrali delle bande di ottava [Hz]


63 125 250 500 1000 2000 4000 8000
livelli di pres-
sione [dB] 85 83 86 84 81 76 73 70
scala “A”
correzione -26,2 -16,1 -8,6 -3,2 0,0 +1,2 +1,0 -1,1
livelli di pres-
sione cor- 58,8 66,9 77,4 80,8 81 77,2 74 68,9
retti[dB]

quindi calcolando il livello globale in tutta la banda si ottiene:


 58 ,8 66 , 9 77 .4 80 ,8 81 77 , 2 74 68 , 9

L p A = 10 log 10  10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10  = 85,9 dB
 

1.7 La sorgente sonora

Dal punto di vista acustico la sorgente sonora viene descritta in termini di


livello di potenza e di direttività.
Il livello di potenza sonora, LW, misura tutta la potenza acustica irradiata dalla
sorgente in tutto il campo di frequenze udibili o nella banda di frequenze di inte-
resse.
La direttività, Q, è funzione della frequenza e della direzione secondo la quale
viene emessa la potenza sonora. Essa, infatti, indica come la potenza viene irrag-
giata nelle diverse direzioni che si dipartono dal centro della sorgente sonora.
Questi parametri sono particolarmente importanti, perché permettono di ca-
ratterizzare la sorgente al fine di calcolare il livello di pressione sonora da questa
prodotta in ogni punto dello spazio circostante, vale a dire di definire il campo so-
noro.
La maggior parte delle sorgenti sonore sono direttive, poiché non irraggiano
uniformemente la potenza sonora in tutte le direzioni. La direttività è in generale
funzione della frequenza, poiché molte sorgenti possono essere considerate non di-
rettive alle basse frequenze, fintantoché le loro dimensioni sono piccole rispetto alla
lunghezza d'onda del suono emesso, mentre perdono questa caratteristica all'aumen-
tare della frequenza.
La direttività di una sorgente, Q, può essere misurata direttamente facendo
funzionare la sorgente in campo libero da ostacoli o da superfici riflettenti. Infatti
la direttività Q della sorgente sonora di potenza W è definita dal rapporto tra il qua-
Acustica 25

2
drato della pressione sonora in valore efficace, peff , misurata in un punto indivi-
2
duato dalle coordinate sferiche r, ϑ e ϕ, e il quadrato della pressione efficace, peffs
che nello stesso punto prima individuato si avrebbe se la sorgente, pur continuando
ad emettere la stessa potenza W, fosse non direttiva. Per la direttività Q si può quindi
scrivere la seguente relazione:
2

= 10
L p − L ps
p eff 10
Q= 2
p effs

Dalla direttività Q si ricava l'indice di direttività, DI, con la relazione:


DI =10log10Q = Lp − Lps dB

L’indice di direttività può essere rilevato sperimentalmente in campo libero.


Infatti, considerando una sorgente omnidirezionale di potenza W, in un punto di-
stante r dal suo centro in campo libero il livello di pressione è dato dalla relazione
:
p2effs
Lps = 10 log10 dB
4 ⋅10−10
Poiché in campo libero le onde prodotte da una sorgente omnidirezionale
sono sferiche, si avrà che l'intensità acustica a distanza r dal centro della sorgente
2
sarà I s = W 4πr , e nel caso in cui ρ 0 c = 400 Pa s/m, coincidendo il livello di
intensità con il livello di pressione, si avrà anche:
W 1012
L ps = 10 log10 = LW − 20 log10 r − 11dB
4πr 2
Combinando le relazioni precedenti si ottiene la relazione che permette di
determinare l'indice di direttività della sorgente, avente livello di potenza LW, misu-
rando in campo libero nella direzione prescelta a distanza r il livello di pressione
Lp :
DI= Lp −LW +20log10 r +11 dB

Dalla definizione di direttività deriva che nello spazio libero per una sorgente
omnidirezionale Q=1. La presenza di superfici riflettenti, invece, modifica la diret-
tività della sorgente, che è costretta ad irradiare energia secondo alcune direzioni
preferenziali. Nel caso, ad esempio, di una sorgente omnidirezionale posta in pros-
simità di un piano riflettente, nel semispazio che contiene la sorgente si ha in ogni
punto un valore della pressione efficace al quadrato doppio di quello che la stessa
sorgente produrrebbe nello spazio libero e quindi la direttività assume il valore
Q=2.
Quanto detto per le sorgenti omnidirezionali non può essere esteso a tutte le
sorgenti. Nel caso di sorgenti direzionali occorre considerare caso per caso l’in-
fluenza sulla direttività della presenza di superfici riflettenti. Ad esempio per le
Acustica 26

bocchette di immissione degli impianti di condizionamento dell’aria la direttività


varia in funzione delle dimensioni e della frequenza.

Valori della direttività e dell’indice di direttività per una sorgente sonora omnidirezionale.
posizione direttività indice di direttività
Q DI[dB]
spazio libero 1 0
(al centro di un grande ambiente)
al centro di una grande superficie piana riflet-
tente 2 3
(al centro di una parete)
all’intersezione di due grandi superfici piane
riflettenti 4 6
all’intersezione di tre grandi superfici piane ri-
flettenti 8 9
Acustica 27

2 Fisiologia dell’orecchio e psicoacustica

2.1 Il funzionamento dell’orecchio umano

Le nostre orecchie sono dispositivi molto sofisticati il cui compito è quello di


convertire le variazioni di pressione dell’aria (cioè la pressione acustica), in impulsi
nervosi (ovvero segnali elettrici) che vengono poi interpretati dal cervello. Questa
conversione avviene per mezzo dei diversi componenti del nostro orecchio (v. Fi-
gura 1), che può essere scomposto in orecchio esterno, medio ed interno.
L’orecchio esterno è composto dal padiglione auricolare, dal condotto uditivo
e dal timpano. Il padiglione auricolare è la parte visibile dell’orecchio; la sua parte
più interna serve a “guidare” i suoni aventi lunghezze d’onda più brevi verso tim-
pano. Il condotto uditivo, lungo dai 2,5 ai 3 cm serve a proteggere il timpano dalla
polvere e da eventuali oggetti appuntiti. Il timpano (o membrana timpanica) è un
sottile disco di tessuto fibroso che si dilata verso l’interno o verso l’esterno, in ac-
cordo con le variazioni di pressione dell’aria.
L’orecchio medio è il blocco che si trova subito dopo il timpano. È connesso
con il cavo rino-faringeo mediante la tromba di Eustachio, il cui compito è quello
di permettere che vi sia la stessa pressione da entrambi i lati della membrana tim-
panica. Se la pressione non fosse la stessa, il timpano verrebbe compresso dal lato
che si trova a pressione più elevata, venendo così limitato nelle sue vibrazioni, col
risultato di ridurre la nostra capacità uditiva, particolarmente alle basse frequenze.
Un tipico esempio dell’intervento delle trombe di Eustachio si ha
quando si viaggia in auto o in aereo e si sale (o scende) di quota:
fintanto che il bilanciamento delle pressioni non avviene si ha chia-
ramente la sensazione di avere le “orecchie tappate”.
L’orecchio medio contiene tre ossicini, chiamati martello, incudine e staffa.
Questi funzionano come un sistema di leve che amplifica le vibrazioni meccaniche
del timpano (a cui è solidale il martello) e le trasmette all’orecchio interno mediante
la staffa che è vincolata alla finestra ovale che, insieme alla finestra circolare, sono
le due piccole aperture membranose che mettono in comunicazione orecchio medio
ed orecchio interno. Nell’orecchio medio vi sono anche due muscoli: il tensor
tympani e lo stapedio. Entrambi hanno la funzione di limitare la trasmissione so-
nora, (contraendosi, infatti, limitano i movimenti del timpano e degli ossicini), pro-
teggendo l’orecchio da suoni aventi un livello troppo elevato (superiore ai 90-100
dB). Insieme possono fornire una attenuazione superiore ai 20 dB alle frequenze
inferiori ad 1 kHz.
Acustica 28

L’orecchio interno occupa un labirinto di varchi nell’osso temporale, com-


prendendo anche i canali semicircolari che sono sensibili alle variazioni dell’orien-
tamento della testa. La coclea è un condotto a forma di chiocciola al cui interno vi
è una struttura molto complessa denominata partizione cocleare. Questa separa due
regioni denominate scala vestibuli e scala tympani per l’intera lunghezza della co-
clea, ad eccezione di una piccola apertura posta nel punto più lontano dall’orecchio
medio e denominata helicotrema. La partizione ha un centro cavo denominato dotto
cocleare che contiene la membrana basilare dalle cui vibrazioni dipendono le no-
stre sensazioni uditive. In particolare, l’Organo del Corti contiene più di 20000
cellule sensoriali cigliate, ciascuna delle quali è eccitata quando si muove una par-
ticolare parte della membrana, convogliando gli stimoli al nervo uditivo.

Figura 1 – Rappresentazione anatomica dell’orecchio umano

Figura 2 – Schematizzazione dell’orecchio, con enfatizzazione delle parti più importanti per
l’ascolto e con la coclea “srotolata”.
Acustica 29

È importante osservare che se si “srotola” la coclea (v. Figura 2), si può os-
servare che la membrana basilare è stretta e rigida vicino alla base (cioè alle due
“finestre”), mentre diventa più ampia e meno rigida in corrispondenza dell’apice
(cioè dell’helicotrema). Ciò fa si che le alte frequenze riescano ad eccitare solo la
parte della membrana prossima alla base per poi smorzarsi in misura significativa
verso l’apice. Al contrario, per le basse frequenze le vibrazioni cominciano alla
base, ma raggiungono il loro picco di ampiezza in prossimità dell’apice (v. Figura
3). Dal momento che nella coclea il suono si propaga in un liquido, la perilinfa, si
può ritenere che tanto i suoni di bassa che quelli di alta frequenza raggiungano la
membrana basilare nello stesso momento, quindi ciò lascia supporre che l’azione
della membrana basilare sia simile a quella di un banco di filtri, in cui ogni zona è
sensibile ad una diversa frequenza o meglio, come si vedrà in seguito, ad un diverso
intervallo di frequenze. A conferma di ciò si è osservato anche che le cellule cigliate
che ricoprono la membrana basilare sono differenziate in funzione della diversa
posizione.

Figura 3 – Rappresentazione grafica dell’attività lungo la membrana basilare.

2.2 Limiti di udibilità

L’orecchio umano non percepisce suoni che abbiano una intensità troppo
bassa, come pure non è in grado di rispondere a suoni che abbiano una tonalità
troppo bassa o troppo alta. La zona di maggiore sensibilità risulta infatti compresa
fra le frequenze di 2 e 6 kHz, mentre il campo di udibilità si estende indicativamente
fra i 20 Hz ed i 20 kHz.
Per quanto riguarda l’intensità è opportuno tenere presente che il valore di
riferimento dell’intensità acustica (pari a 10-12 W/m2), corrispondente ad un livello
di 0 dB dovrebbe essere il più debole che il nostro orecchio è in grado di percepire.
Tuttavia, la maggior parte dei soggetti richiede livelli di almeno 10, 20 dB relativa-
mente alle frequenze di maggiore sensibilità, e valori sensibilmente più alti alle altre
frequenze.
Acustica 30

Per quanto riguarda la diversa sensibilità alle diverse frequenze va detto che,
anche in questo caso, si assume l’intervallo che va dai 20 Hz ai 20 kHz perché è più
facile da ricordare, tuttavia le differenze individuali sono grandissime. Per un gio-
vane in buona salute la massima frequenza percepibile si aggira sui 17-18 kHz,
mentre andando avanti con l’età questo limite tende ad abbassarsi fino ad arrivare
ai 12 kHz per le donne, e ai 5 kHz per gli uomini. Analogamente per le basse fre-
quenze è raro riuscire a percepire suoni che abbiano una frequenza minore di 30
Hz, anche se, in particolari condizioni, è possibile riuscire a percepire onde sinu-
soidali che abbiano frequenze di 20-15 Hz. Al di sotto dei 20 Hz la sensibilità
dell’orecchio è così bassa che è più facile “sentire col corpo” che “sentire con le
orecchie”. Infatti quando l’intensità del suono supera i 100 dB e, in maniera distinta,
quando si superano i 120 dB tutto il corpo riesce a percepire le vibrazioni sonore.
Un tipico caso in cui si può sentire il suono “con tutto il corpo” è
quando ci si trova in prossimità di grossi altoparlanti (da discoteca)
che, per le loro dimensioni, riescono a riprodurre bene anche suoni
di bassa frequenza. È opportuno tenere conto che una esposizione
prolungata a suoni continui aventi frequenze minori di 20 Hz (infra-
suoni) può dar luogo a nausea (per via di disturbi nei canali semi-
circolari) e, nei casi più gravi, ad emorragie interne.

2.3 La descrizione soggettiva del suono

Per poter descrivere un suono continuo (e quindi periodico) in termini fisici


sono sufficienti tre parametri: l’intensità acustica, la frequenza e la forma d’onda.
Una volta che questi siano noti è possibile descrivere e riprodurre il suono in ma-
niera univoca. L’intensità fornisce le informazioni relative all’energia associata al
suono, mentre la frequenza (fondamentale) e la forma d’onda, in base al teorema di
Fourier, permettono di ricavare la composizione spettrale del suono.
Dal punto di vista soggettivo l’equivalente dei tre descrittori prima citati è
dato rispettivamente dalla intensità soggettiva, dal tono (o tonalità) e dal timbro. È
bene tenere presente, però, che ciascun descrittore soggettivo, benché influenzato
in misura preponderante dal corrispondente parametri oggettivo, dipende, in misura
minore, anche dagli altri fattori fisici. Lo studio di tali relazioni esula, tuttavia, dagli
scopi di questo corso, pertanto nel seguito ci si concentrerà essenzialmente sul rap-
porto fra intensità soggettiva ed intensità acustica.

2.4 Intensità acustica ed intensità soggettiva

La relazione fra intensità acustica ed intensità soggettiva è semplice: quanto


maggiore è la variazione di pressione acustica, tanto maggiore è lo spostamento
della membrana timpanica, degli ossicini, della perilinfa e, infine, della membrana
Acustica 31

basilare. Un moto più intenso della membrana basilare si traduce in una stimola-
zione maggiore delle cellule cigliate e, quindi, in più impulsi nervosi trasmessi al
cervello. Le cellule nervose, infatti, non sono i grado di trasmettere un segnale “ana-
logico”, cioè proporzionale allo stimolo, ma solo “impulsi” tutti della stessa inten-
sità, per cui una stimolazione più intensa si traduce nella emissione di un numero
maggiore di impulsi da parte di un maggior numero di terminazioni nervose. È poi
il cervello che “interpreta” la quantità di impulsi che arrivano nell’unità di tempo
traducendoli in termini di sensazione di intensità del suono.
Numerosi esperimenti hanno mostrato che è possibile definire una ragione-
vole corrispondenza fra intensità acustica ed intensità soggettiva, quest’ultima
viene misurata in son e, per convenzione, si assume un valore unitario in corrispon-
denza di un tono puro a 1000 Hz avente un livello di 40 dB. Approssimativamente
si ha un raddoppio dell’intensità soggettiva ogni 10 dB di incremento nel livello di
pressione.
In virtù della diversa sensibilità dell’orecchio alle varie frequenze si avrà che
la stessa intensità soggettiva di 1 son sarà prodotta da suoni di livello più basso alle
frequenze fra 2 e 6 kHz e da suoni di livello più alto nelle zone di minore sensibilità,
come sarà chiarito meglio di seguito.

2.5 L’audiogramma normale

Da quanto esposto in precedenza appare chiaro che la diversa sensibilità


dell’orecchio alle diverse frequenze fa sì che suoni aventi la stessa intensità acustica
(cioè la stessa energia), ma diversa frequenza danno luogo ad una sensazione di
intensità soggettiva diversa.
Il modo migliore per rappresentare la relazione sussistente fra queste tre gran-
dezze nel caso di toni puri è quello di disegnare sul piano individuato da frequenza
e livello di intensità acustica l’insieme delle curve caratterizzate dalla medesima
sensazione soggettiva di intensità.
Queste curve, denominate curve isofoniche, possono essere determinate con-
frontando un tono puro di riferimento a 1000 Hz con toni puri di diversa frequenza
il cui livello viene adattato dai soggetti fino a produrre una sensazione di intensità
uguale a quella prodotta dal tono di riferimento. Convenzionalmente si fa poi coin-
cidere il livello di intensità soggettiva (misurato in phon) con il livello di pressione
del tono di riferimento a 1000 Hz. Ripetendo tale esperimento con toni di riferi-
mento di diversa intensità (e quindi di diverso livello) si ottiene il diagramma di
Fletcher-Munson, noto anche come audiogramma normale (Figura 4).
Si noti che l’introduzione del livello di intensità soggettiva costituisce un “co-
modo” passaggio intermedio in cui si assegna alle curve di uguale intensità sogget-
tiva lo stesso valore numerico del livello di pressione corrispondente al tono di ri-
ferimento. A ciascuna curva dovrebbe, infatti, essere associato il corrispondente
valore della intensità soggettiva espresso in son. Tuttavia ciò può essere ottenuto
Acustica 32

convertendo il livello di intensità soggettiva LL (misurato in phon) nella intensità


soggettiva S misurata in son, mediante la seguente relazione:
LL − 40

S =2 10 , (1)
basata sulla approssimazione secondo cui l’intensità soggettiva raddoppia ad ogni
incremento di 10 phon nel livello di intensità soggettiva.

Figura 4 – Audiogramma normale di Fletcher Munson.

Sull’audiogramma normale è possibile individuare anche la curva corrispon-


dente alla soglia di udibilità alle varie frequenze, cioè il più basso livello sonoro
percepibile da un individuo in condizioni ideali. Tale soglia dovrebbe coincidere
con l’isofonica a 0 phon, ma nella maggior parte dei casi la soglia di udibilità è
compresa fra 0 e 20 phon. Ai 130 phon è associata invece la soglia del dolore, in
corrispondenza della quale il suono è così forte da provocare dolore fisico.
Una interessante applicazione delle curve isofoniche è legata alla
riproduzione di brani audio con un impianto hi-fi. Supponiamo che
una registrazione sia stata eseguita dal vivo con un livello sonoro
che segue esattamente la isofonica a 90 phon. Nel momento in cui il
brano viene riprodotto ad un livello inferiore, ad esempio ridotto di
40 dB, quello che accade è che esso verrà “percepito” come privo di
basse frequenze. Infatti, nella registrazione originaria a 50 Hz il li-
vello era 102 dB, quando questo viene ridotto di 40 dB si ha un livello
risultante di 62 dB corrispondente ad un livello soggettivo di 36
phon, mentre a 1000 Hz il livello soggettivo è di 50 phon. Quindi,
mentre nel suono originario il livello soggettivo era lo stesso a tutte
Acustica 33

le frequenze, nel suono riprodotto il livello soggettivo delle basse fre-


quenze risulta attenuato. Per ottenere, quindi, una riproduzione sod-
disfacente per l’orecchio è necessario aumentare il livello delle
basse frequenze. I dispositivi di enfatizzazione dei bassi, solitamente
presenti negli impianti hi-fi, ma anche nelle autoradio o negli stereo
portatili, servono proprio a sopperire a questo “difetto” del nostro
orecchio.

2.6 Bande critiche1

Nella sezione precedente si è descritta la sensibilità dell’orecchio umano alle


diverse frequenze del campo udibile. Tuttavia, l’audiogramma normale viene de-
terminato a partire da toni puri, mentre la maggior parte dei suoni che raggiungono
il nostro orecchio sono di tipo complesso. Pertanto si sono resi necessari altri tipi di
esperimenti per comprendere più a fondo il comportamento in presenza di toni mul-
tipli.

2.6.1 L’esperimento di Fletcher


Si è visto nella sezione 1.1 che ogni parte della membrana basilare è sensibile
ad un diverso intervallo di frequenze, al punto che si è fatta l’ipotesi che essa possa
essere assimilata ad un banco di filtri. Per determinare le caratteristiche di questo
banco di filtri uno dei primi esperimenti realizzati è quello di Fletcher, il quale va-
lutò la risposta dell’orecchio ad un tono puro in presenza di rumore bianco a banda
limitata2 centrato sulla stessa frequenza del tono puro.
Il livello del tono puro viene inizialmente fissato in modo da essere ben udi-
bile da un orecchio normale. Successivamente, lasciando invariato il livello del ru-
more bianco, il livello del tono puro viene diminuito di 5 dB alla volta fino a che
l’ascoltatore non riesce più a percepirlo. Il numero di passaggi necessari a rendere
il suono inaudibile viene registrato perché definisce la “soglia” al di sotto della
quale l’orecchio non è più in grado di distinguere il tono puro all’interno del rumore
bianco. Successivamente l’esperimento viene ripetuto, riducendo di volta in volta
l’ampiezza della banda del rumore bianco, lasciando però invariata la densità di
potenza spettrale.
Quello che si osserva è che, malgrado l’energia complessivamente associata
al rumore si vada progressivamente riducendo, non si osserva nessuna variazione
nella “soglia” fintanto che l’ampiezza della banda del rumore non scende al di sotto

1
Questa parte è da intendersi informativa, non costituendo parte del programma del corso.
2
Per “rumore bianco” si intende un rumore avente una densità di potenza spettrale costante al variare
della frequenza, pertanto maggiore sarà l’ampiezza della banda, maggiore sarà l’energia comples-
sivamente associata al rumore in esame. Se l è il livello di densità di potenza spettrale e ∆f è la
larghezza di banda del rumore, il livello di pressione complessivo L è dato da:
L = [l + 10 log ∆ f ] (dB).
Acustica 34

di un certo valore critico. Oltrepassato tale valore il tono puro diventa invece udi-
bile a livelli sempre più bassi man mano che l’ampiezza di banda del rumore bianco
si riduce.
L’esperimento può poi essere ripetuto con toni di diversa frequenza andando
a definire l’ampiezza delle bande critiche relativamente all’intero spettro delle fre-
quenze udibili.
La conclusione degli esperimenti di Fletcher è che nell’ascolto di un tono di
una data frequenza l’ascoltatore applica un filtro psicologico la cui larghezza di
banda è approssimativamente quella del valore critico trovato. Questo filtro ignora
qualsiasi segnale si trovi al di fuori della banda in esame. Conseguentemente la
decisione sulla presenza o assenza del tono si basa solamente sul rapporto se-
gnale/rumore (S/R) all’interno della banda. La Figura 5 schematizza il rapporto
S/R apparente ed effettivo per questo tipo di esperimento. Si vede che al crescere
della larghezza di banda del rumore il rapporto S/R prima cresce per poi rimanere
costante. Il gomito della spezzata individua quindi la larghezza di banda critica oltre
la quale il rapporto S/R apparente rimane invariato, per effetto del “filtro psicolo-
gico”, anche se quello effettivo continua a diminuire.

Figura 5 – Esperimento di Fletcher sulla banda critica. La linea continua rappresenta il


rapporto segnale/rumore apparente del filtro psicologico; la linea tratteggiata quello effet-
tivo dello stimolo

2.6.2 Il concetto di banda critica


Alla luce di quanto detto in precedenza è quindi possibile definire la banda
critica relativa ad un dato tono puro come l’ampiezza di un filtro ideale che blocca
le informazioni estranee che possono interferire con la individuazione di quel tono.
I segnali che invece rientrano nella banda critica vengono “integrati”
dall’orecchio, per cui due rumori a banda limitata aventi una diversa larghezza di
banda (compresa comunque entro quella critica), ma una densità di potenza spet-
trale adattata in modo da avere la stessa potenza complessiva, danno luogo alla
stessa sensazione di intensità soggettiva.
Dal punto di vista ingegneristico l’aspetto più interessante delle studio delle
bande critiche è legato all’osservazione che la loro ampiezza risulta crescente al
crescere della frequenza centrale (Figura 6). In particolare fino a 500 Hz si può
Acustica 35

ritenere che l’ampiezza delle bande sia costante e pari a 100 Hz, mentre per fre-
quenze superiori a 500 Hz si può ritenere con buona approssimazione che l’am-
piezza delle bande critiche sia pari al 20% della frequenza centrale.
Tenendo conto di ciò è possibile suddividere lo spettro delle frequenze udibili in bande
critiche adiacenti, in modo tale che il limite superiore della banda critica inferiore corri-
sponda al limite inferiore della banda critica superiore adiacente. Così facendo, e tenendo
conto della ampiezza crescente delle bande, lo spettro da 0 a 16 kHz può essere suddiviso
in 24 bande critiche individuate univocamente da un indice numerico (

Tabella 1). L’insieme di questi indici numerici definisce una nuova scala per
la valutazione della frequenza, che può così essere espressa in base all’indice di
banda critica che si misura in Bark.
La corrispondenza fra la frequenza f e il corrispondente indice di banda critica
z è esprimibile mediante le seguenti relazioni:
 f / 100 , f < 500 Hz
z= (2)
9 + 4 log 2 ( f / 1000 ), f > 500 Hz

Tabella 1 – Indici di banda critica z, limiti di frequenza inferiori (f1) e superiori (fu), e am-
piezza (∆fG) delle bande critiche centrate in fc.
Acustica 36

Figura 6 – Larghezza delle bande critiche in funzione della frequenza. Le rette tratteggiate
definiscono le approssimazioni per le basse ed alte frequenze.

2.7 Mascheramento

Parlando delle bande critiche si è visto che un rumore sovrapposto ad un tono


puro nella sua stessa regione spettrale può rendere inaudibile il tono puro se il li-
vello di quest’ultimo non è abbastanza alto. Questo effetto prende il nome di ma-
scheramento e si manifesta non solo per effetto di rumori a banda più o meno larga,
ma anche per effetto di altri toni puri o complessi.
Il mascheramento gioca un ruolo molto importante nella vita quoti-
diana, ed interviene in numerose situazioni. Ad esempio un conver-
sazione che avviene per strada può essere resa incomprensibile dal
passaggio di un camion molto rumoroso. In questo caso il rumore
del camion maschera il parlato e per potersi nuovamente capire è
necessario elevare il tono della voce. Analogamente è esperienza co-
mune che l’ascolto della radio in macchina può avvenire a volume
relativamente basso quando l’auto è ferma o si muove a bassa velo-
cità, mentre richiede un volume sempre più elevato quando si muove
ad alta velocità ed il rumore prodotto dalle ruote aumenta. Ma il
mascheramento non è dovuto solo alla presenza di un rumore: in una
orchestra il suono di uno strumento può essere mascherato da quello
degli altri strumenti se il suo livello non è abbastanza elevato o se la
nota suonata si trova nella stessa regione spettrale (cioè nella stessa
banda critica) della nota suonata dagli altri.
Nello studio del mascheramento assume una grande importanza la soglia di
mascheramento, cioè il livello sonoro che un segnale campione (generalmente un
tono puro) deve avere per poter essere udibile in presenza di un suono mascherante
che può essere a sua volta un tono puro o un rumore a banda più o meno larga.
Acustica 37

2.7.1 Mascheramento da rumore a banda larga


Un rumore bianco ad ampia banda utilizzato come segnale mascherante pro-
duce l’effetto di innalzare la soglia di udibilità del segnale campione rispetto alla
situazione in quiete (Figura 7). Benché il rumore bianco abbia una densità di po-
tenza spettrale indipendente dalla frequenza si osserva che la soglia di maschera-
mento è orizzontale solo alle basse frequenze (con un livello di circa 17 dB più
elevato rispetto al livello di densità spettrale), mentre al di sopra dei 500 Hz la soglia
di mascheramento ha una pendenza di circa 10 dB per decade. Inoltre, incremen-
tando il livello di densità spettrale del rumore bianco di 10 dB si osserva uno spo-
stamento della soglia di mascheramento di altrettanti dB verso l’alto, mostrando
che il mascheramento da rumore bianco a banda larga ha un andamento di tipo li-
neare. Per frequenze molto basse o molto alte l’andamento della soglia di masche-
ramento coincide con quella della soglia in assenza di mascheramento.

Figura 7 – Soglie di mascheramento da un rumore bianco di livello di densità lWN in funzione


della frequenza del segnale campione. La curva tratteggiata indica la soglia di udibilità in
assenza di segnale mascherante.

Figura 8 – Soglie di mascheramento da rumore a banda stretta con un livello di 60 dB e


frequenze centrali di 0.25, 1 e 4 kHz. La curva tratteggiata è la soglia in assenza di segnale
mascherante.

2.7.2 Mascheramento da rumore a banda stretta


Per rumore a banda stretta si intende, in questa parte, un rumore la cui lar-
ghezza di banda è uguale o inferiore alla larghezza di banda critica.
Acustica 38

La Figura 8 mostra le soglie di mascheramento dovute a tre rumori a banda


stretta centrati sulle frequenze di 250, 1000 e 4000 Hz, con larghezza di banda ri-
spettivamente di 100, 160 e 700 Hz, e livello complessivo di 60 dB. Si osserva che
l’andamento delle curve di mascheramento a 1 e 4 kHz sono molto simili, mentre
la curva a 250 Hz denota un mascheramento esteso ad uno spettro più ampio. L’altro
aspetto interessante è che il picco della soglia di mascheramento tende a decrescere
verso le alte frequenze: la differenza rispetto alla linea di riferimento a 60 dB è
rispettivamente di 2, 3 e 5 dB.
Analizzando l’andamento della soglia di mascheramento in funzione del li-
vello del segnale mascherante si osserva l’andamento rappresentato in Figura 9. La
soglia al disotto della frequenza centrale cresce al crescere del livello ma il passag-
gio dalle basse alle alte frequenze avviene con una pendenza che appare invece
indipendente dal livello del rumore mascherante. Il picco della soglia di maschera-
mento è inferiore di 3 dB rispetto al livello del suono mascherante. Al di sopra della
frequenza centrale la soglia diminuisce abbastanza rapidamente per livelli medio-
bassi, mentre decresce più lentamente quando il livello del segnale mascherante è
più elevato. Pertanto l’andamento della soglia di mascheramento in funzione della
frequenza dipende dal livello del segnale mascherante.

2.7.3 Mascheramento da toni puri


Lo studio del mascheramento da toni puri presenta notevoli difficoltà dal
punto di vista sperimentale, per via di fenomeni di interferenza che si verificano fra
il segnale di prova ed il segnale mascherante. L’andamento risultante della soglia
di mascheramento in funzione del diverso livello del segnale mascherante è raffi-
gurato in Figura 10. Appare evidente che, contrariamente a quanto visto per il ru-
more a banda stretta, l’andamento della soglia al disotto della frequenza di prova
dipende dal livello del segnale: in particolare mostra una pendenza meno accentuata
man mano che il livello del segnale mascherante decresce. Al disopra della fre-
quenza in esame la soglia di mascheramento mostra un andamento simile a quello
osservato nel caso del rumore a banda stretta, con la pendenza che decresce al cre-
scere del livello del segnale.

Figura 9 – Soglie di mascheramento da rumore a banda stretta con frequenza centrale di


1 kHz e differenti livelli totali.
Acustica 39

Figura 10 – Soglia di mascheramento da tono puro ad 1 kHz di diverso livello. L’andamento


della curva in prossimità di 1 kHz è stimato.
Acustica 40

3 L’interazione onda-superficie

Nello studio della propagazione del suono, sia in ambiente esterno, sia in am-
biente interno (e quindi confinato) gioca un ruolo fondamentale l’interazione fra
l’onda sonora che si propaga e gli elementi (oggetti, superfici, ecc.) con i quali essa
interagisce. In funzione delle caratteristiche materiche degli elementi, nonché delle
loro dimensioni possono derivare situazioni assai differenziate.
I materiali possono intervenire nella propagazione contribuendo a dissipare
una parte dell’energia trasportata dall’onda sonora per effetto di fenomeni di attrito
interno oppure entrando essi stessi in vibrazione con il mezzo nel quale il suono si
propaga sottraendogli così una parte dell’energia posseduta. Tutti questi fenomeni
fanno sì che l’energia acustica posseduta dall’onda dopo l’interazione con l’ele-
mento sia in genere minore di quella posseduta inizialmente, pertanto si dice che
essi influenzano il comportamento fonoassorbente del materiale, quantificabile me-
diante il coefficiente di assorbimento α definito come il rapporto fra l’energia acu-
stica assorbita (ossia non riflessa) e quella incidente. Per essere più precisi va detto
che una parte dell’energia non riflessa può anche essere trasmessa al mezzo che
lambisce l’altra faccia dell’elemento (come sarà meglio chiarito nel prossimo capi-
tolo). Tuttavia, quando si parla di propagazione del suono si è molto più interessati
a capire quanta energia continua a propagarsi dopo l’interazione e non ci si preoc-
cupa perciò di distinguere che fine faccia l’energia che non ritorna nell’ambiente da
cui proviene.
Le dimensioni, invece, giocano un ruolo altrettanto importante nella propaga-
zione in virtù della considerevole estensione del campo di frequenze alle quali il
nostro orecchio è sensibile (da 20 Hz a 20 kHz), a cui corrisponde una variazione
altrettanto grande della lunghezza d’onda del fenomeno ondulatorio (da 17 m a 1,7
cm). Quando l’onda sonora è caratterizzata da una lunghezza d’onda piccola ri-
spetto alle dimensioni dell’elemento su cui incide l’interazione è schematizzabile
in maniera assai semplificata seguendo le leggi della cosiddetta acustica geome-
trica. In base a questa è possibile schematizzare la sorgente sonora come l’origine
di infiniti raggi acustici normali al fronte d’onda, ciascuno dei quali segue un per-
corso perfettamente rettilineo e trasporta un pacchetto di energia proporzionale
all’intensità acustica irradiata nella direzione di propagazione. Quando uno di que-
sti raggi interagisce con una superficie piana molto più grande della lunghezza
d’onda (Figura 1.1) si verifica la cosiddetta riflessione speculare secondo cui: 1) il
raggio incidente, quello riflesso e la normale alla superficie riflettente si troveranno
nello stesso piano; 2) l’angolo di riflessione sarà eguale a quello di incidenza. Il
Acustica 41

tutto avviene come se i raggi riflessi fossero emessi da un sorgente immagine, spe-
culare della sorgente reale.
Se le superfici riflettenti non sono piane ma concave, come riportato nella
figura si ha la concentrazione dei suoni riflessi con effetti quasi sempre negativi per
l’acustica dell’ambiente, mentre se le superfici riflettenti sono convesse si ha una
dispersione dei raggi riflessi con il risultato positivo di una migliore diffusione del
suono nell’ambiente.

Figura 1.1 - a) Riflessione speculare su superfici piane. b) Riflessione su superfici con-


cave: focalizzazione del suono. c) Riflessione su superfici convesse: diffusione del
suono.

Se la superficie su cui incide l’onda sonora è caratterizzata da rilievi o irrego-


larità superficiali di dimensioni maggiori o confrontabili con λ/4 la riflessione non
potrà più avvenire specularmente, ma si avrà una dispersione dell’energia acustica
in molteplici direzioni (fenomeno dello scattering), secondo modalità che dipen-
dono eminentemente dalla natura ondulatoria del fenomeno sonoro in accordo con
le leggi della diffrazione. Per meglio comprendere ciò analizziamo come il suono
interagisce con oggetti e superfici le cui dimensioni siano minori o confrontabili
con la lunghezza d’onda (il che, come visto, può ben accadere alle frequenze più
basse con oggetti anche di grandi dimensioni). Come si può osservare in Figura 1.2
quando l’onda incontra un ostacolo piccolo rispetto a λ essa subirà un’alterazione
solo nelle immediate vicinanze dell’ostacolo, mentre allontanandosi da esso il
fronte d’onda si “ricompone” quasi come se l’ostacolo non fosse presente. Se l’osta-
colo è più grande si crea una zona d’ombra molto più ampia sebbene, in corrispon-
denza dei bordi dell’ostacolo, la diffrazione delle onde determini comunque una
deviazione del fronte d’onda originario verso la zona d’ombra. Tale deviazione è
assimilabile alla presenza di sorgenti sonore secondarie che, come si vedrà, giocano
un ruolo importante nella caratterizzazione delle barriere acustiche. Allo stesso
modo, se il fronte d’onda incontra durante la sua propagazione un ostacolo con
un’apertura piccola rispetto a λ il fenomeno della diffrazione dà luogo a un fronte
d’onda sferico centrato in corrispondenza dell’apertura che, pertanto, si comporta
come una sorgente puntiforme secondaria.
Acustica 42

Figura 1.2 - Diffrazione del suono in presenza di una superficie di dimensioni comparabili
con la sua lunghezza d’onda.

Alle diverse frequenze, quindi, la presenza di finestre, porte, pilastri, decora-


zioni con dimensioni comparabili con la lunghezza d’onda dei suoni incidenti, com-
plica la schematizzazione del fenomeno perché a causa della diffrazione si ha la
modifica della direzione e dell’intensità del suono riflesso. Con riferimento a su-
perfici ampie con irregolarità superficiali è sempre più frequente [Vorlander, 2008;
Cox e D’Antonio] incontrare accanto ai coefficienti di assorbimento anche quelli di
scattering (s) che misurano la frazione dell’energia riflessa reirradiata in maniera
non speculare.
La diffusione totale si ha quando la distribuzione direzionale del suono ri-
flesso è del tutto indipendente dalla direzione di incidenza del suono. In questo caso
la legge del coseno di Lambert, che stabilisce che l’intensità del suono riflesso è
proporzionale al coseno dell’angolo sotto cui viene visto (Figura 1.3, sinistra), for-
nisce una valida approssimazione delle distribuzione direzionale dell’energia acu-
stica, anche se nella maggior parte dei casi, la diffusione è sempre parziale (Figura
1.3, destra).

Figura 1.3 – A sinistra: diffusione totale del suono incidente secondo la legge di Lambert.
A destra: diffusione parziale del suono incidente, con il suono riflesso prevalentemente
secondo un angolo uguale a quello di incidenza.
Acustica 43

Figura 1.4 – Onda incidente e riflessa nel caso di incidenza normale (sinistra) e incidenza
obliqua (destra).

A complicare ulteriormente il semplice modello dei raggi sonori contribuisce


anche il fatto che quando un’onda interagisce con una superficie una parte più o
meno grande dell’energia incidente viene persa proprio per effetto dell’interazione
con la superficie, normalmente a causa di effetti dissipativi di diversa natura che
saranno meglio descritti più avanti. La proprietà con cui si quantifica il comporta-
mento più o meno assorbente di una superficie è il coefficiente di assorbimento α
definito come il rapporto fra l’energia acustica “che non torna nell’ambiente” e
quella incidente sulla superficie.
L’interazione che si viene a creare fra l’onda che si propaga e le superfici che
delimitano lo spazio è alla base degli effetti che si descrivono di seguito. Pertanto,
risulta importante chiarire dal punto di vista teorico quello che accade.
Si è detto che l’equazione che descrive un’onda piana longitudinale che si

( , ) = " & :(?@ABC)


propaga in direzione x è data da

Con l’ovvio significato dei simboli, già definiti in precedenza. Si è pure visto
che, grazie all’equazione del moto,
V V
− =W
V V
Posso ottenere per integrazione anche l’equazione della velocità di particella:
1 V 1 1
( , )=− R % = "& :(?@ABC) = ( , )
W V W W
Immaginiamo che la pressione suddetta descriva l’onda che si propaga verso
una superficie piana normale alla direzione di propagazione. In proposito si indi-
cheranno col pedice “i” le grandezze p e v che connotano l’onda incidente sulla
superficie, e col pedice “r” quelle riflesse dalla superficie. In particolare, detto R il
coefficiente di riflessione complesso (ovvero dotato di ampiezza e fase), e definito

= | |& :v = w / :
come
Acustica 44

si può scrivere che:


w( , )= "& :(?@xBC)
Evidenziando che il segno davanti al termine kx è positivo in quanto questa
volta l’onda si propaga in direzione contraria al verso positivo delle x. In conse-
guenza di ciò, quando si va a ricavare l’espressione della velocità di particella
dell’onda regressiva, si avrà:

w( , )=− "& :(?@xBC)


W
Ora, in corrispondenza della parete, che per comodità immaginiamo di loca-
lizzare all’origine del nostro sistema di riferimento, si avrà:
(0, ) = " ⋅ & :(?@ABC) + ⋅ " ⋅ & :(?@xBC)
y 1
(0, ) = "& :(?@ABC) − " & :(?@xBC)
W W
Ovvero, ponendo x = 0:
(0, ) = (1 + )"& :(?@xBC)
y 1−
(0, ) = " & :(?@xBC)
W
Pertanto, in corrispondenza della parete è possibile definire, in analogia con
quanto si è fatto nel mezzo di propagazione, una impedenza acustica di parete:
1+ 1+
Xz = = W = X
1− 1−

Pertanto se si conosce l’impedenza acustica di parete Zw, che nel caso più
generale è sempre una grandezza complessa, è possibile ricavare il coefficiente di
riflessione complesso R. Infatti:
Z| − X
=
Xz + X
Da cui si comprende che il modo in cui il suono viene riflesso da una super-
ficie dipende in larga parte dal valore dell’impedenza acustica di parete.
Acustica 45

Qualora l’interazione fra l’onda e la parete avvenisse secondo un certo angolo


θ potremmo ancora caratterizzare la propagazione dell’onda riflessa tenendo conto
che la componente della velocità di particella normale alla superficie segue le stesse
leggi già esaminate. Quella parallela alla superficie, invece, non subisce nessuna
variazione dal momento che si è detto che il mezzo non è in grado di trasmettere
sollecitazioni di taglio e, pertanto, la presenza della parete non interferisce
sull’oscillazione. Il risultato di ciò è che ricomponendo i vettori della velocità di
particella, questa risulterà orientata in modo da formare con la normale alla super-
ficie un angolo esattamente identico a quello formato dall’onda incidente. Pertanto
si può dire che, se la superficie è grande rispetto alla lunghezza d’onda del suono
incidente, l’onda viene riflessa specularmente.
Con riferimento alla formulazione dell’impedenza di parete, si deve solo con-
siderare che la componente della velocità di particella che cambia direzione è solo
quella normale alla superficie, pertanto si avrà:
(0, ) = (1 + )"& :(?@xBC)
y 1−
C (0, ) = " & :(?@xBC) cos F
W
Da cui consegue che:
1+ X
Xz = =
1− cos F
E anche che:
Z| cos F − X
=
Xz cos F + X
Pertanto, il modo in cui un’onda viene riflessa dipende sia dalla direzione da
cui proviene, sia dalle caratteristiche del mezzo con cui va ad interagire.
Detta ζ = Z/Z0 l’impedenza specifica della parete, nell’ipotesi di ritenere la
superficie assorbente localmente reattiva, ovvero tale che l’impedenza Z in un
punto sia indipendente dall’angolo di incidenza del suono (valida quando la super-
ficie non è in grado di trasmettere la perturbazione sonora in direzione parallela al
suo piano di giacitura), è possibile esprimere il coefficiente di assorbimento come
segue:
4 Re(ζ ) cos ϑ
α= 2
1 + 2 Re(ζ ) cos ϑ + ζ cos 2 ϑ
Acustica 46

Ne consegue pertanto che il coefficiente di assorbimento acustico α di una


superficie dipende fortemente dall’angolo di incidenza dell’onda sonora (Fig. 1.5)
per cui, ferme restando le leggi dell’acustica geometrica, per conoscere l’energia
acustica trasportata dall’onda riflessa diventa indispensabile conoscere la legge di
variazione di α in funzione dell’angolo. Inoltre, un’accurata analisi dell’onda ri-
flessa mostrerebbe che, in generale, essa si caratterizza per un ritardo di fase rispetto
all’onda incidente, dipendente esclusivamente dall’impedenza acustica Z della su-
perficie. Tuttavia, analisi così dettagliate sono richieste nello studio della propaga-
zione del suono all’esterno, dove l’interazione con il terreno avviene in corrispon-
denza di angoli ben precisi, oppure nello studio della propagazione all’interno di
ambienti nei quali le ipotesi semplificative prima illustrate non sono applicabili e
risulta indispensabile ricorrere alla soluzione (analitica o, più spesso, numerica)
dell’equazione delle onde. Nella maggior parte dei casi pratici, invece, nella propa-
gazione del suono negli ambienti interni si può fare affidamento sull’ipotesi di
campo sonoro diffuso, secondo cui, per effetto delle mutue riflessioni, in ogni punto
arrivano riflessioni provenienti da ogni direzione, per cui è possibile individuare un
coefficiente di assorbimento mediato su tutte le direzioni.

Figura 1.5 – Coefficiente di assorbimento per incidenza obliqua di un materiale fonoas-


sorbente poroso dello spessore di 25 mm

Approfondimento: la misura del coefficiente di assorbimento con il


tubo di Kundt

Il tubo di Kundt è essenzialmente costituito da un tubo chiuso, a un’estremità


del quale è fissato un campione di materiale; all’estremità opposta, a distanza L, vi
è un pistone mobile che serve per produrre un’onda piana e progressiva (P+). Si
fissa un riferimento di ascisse lungo l’asse del tubo tale che la sua origine si trovi
sulla superficie del campione (così come illustrato in Fig. seguente). Si noti che
l’ascissa relativa al pistone vale -L.
Acustica 47

-L 0

Tramite un microfono in grado di scorrere lungo l’asse del tubo si può misurare
in ogni ascissa il valore della pressione totale Ptot data dalla somma dell’onda pro-
gressiva P+ e di quella riflessa regressiva P–. L’andamento che si osserva in fun-
zione delle x è del tipo di quello raffigurato di seguito.

Pmax

Pmin

-L 0

In esso si possono riconoscere dei punti in cui la Ptot sarà massima e punti in cui
sarà minima; sulla parete del campione (x = 0) viene solitamente raggiunto un va-
lore prossimo al massimo. I punti di massimo si hanno dove l’onda incidente e
l’onda riflessa sono in fase e i punti di minimo quando le stesse sono sfasate di
180°. Se l’onda riflessa ha la stessa ampiezza di quella incidente (il tubo termina
con una parete rigida) allora il valore minimo di Ptot è nullo , r = 1, α = 0. Tuttavia
in generale ciò non avviene e anche quando P+ e P- sono in opposizione di fase si
osserva una Pmin diversa da 0.
Ci si chiede come ricavare i valori di P+ e P- dalle grandezze che si possono
misurare nel tubo di Kundt, ovvero Pmax e Pmin,.
Come precedentemente detto nel tubo si creano punti di modulo di pressione
minima e massima, rispettivamente per concordanza e opposizione di fase delle due
onde incidente e riflessa, quindi quantitativamente:

P max = P + + P −

P min = P + − P −

Esse costituiscono un sistema lineare di due equazioni in due incognite, le cui


soluzioni sono:
Acustica 48

P max − P min 1  P max 


P− = =  −1
2 2  P min 

P max + P min 1  P max 


P+ = =  + 1
2 2  P min 

nel caso ideale di assorbimento nullo α=0, sarebbe P+ =P- e Pmin =0.
Sostituendo tali valori si ha

2
 P max  P max
  +1− 2
P min  P min
α = 1−  2
 P max  P max
  +1+ 2
 P min  P min

Questa è una relazione fondamentale poiché permette di ricavare α dalla misura


di Pmax e di Pmin o del loro rapporto.
Trovati i moduli di P+ e P-, si può ricavare il modulo dell’impedenza Z del
campione.
Al giorno d’oggi il tubo di Kundt non viene più utilizzato per almeno due mo-
tivi fondamentali:

1. la misura è lenta, poiché si è costretti a rifarla per ogni singola frequenza di


oscillazione del pistone (= frequenza dell’onda prodotta). Per potere riconoscere
un andamento di α rispetto a ν è necessario pertanto ripetere decine di volte la
misura, utilizzando ogni volta una frequenza diversa.
2. la misura di α eseguita su un piccolo campione può non essere rappresentativa
del comportamento di un materiale di dimensioni notevolmente più elevate.

Esistono tecniche più moderne che si basano su misure in banda larga, cioè che
non analizzano una singola frequenza alla volta, ma una banda (intervallo) di fre-
quenze. Gli strumenti matematici che si utilizzano in questi casi sono più complessi
della descrizione fasoriale alla quale si è fin qui fatto riferimento.
Tecniche recenti si basano sull’analisi intensimetrica (intensità incidente e ri-
flessa misurate direttamente); questo metodo permette di prendere in considera-
zione anche onde non piane.
Il tubo di Kundt rimane a tutt’oggi utile a fini didattici poiché costituisce uno
dei pochi casi in cui si utilizza la soluzione analitica dell’equazione di D’Alembert.

Prima di procedere nell’analisi è opportuno ricordare che il coefficiente uti-


lizzato nella formula di Sabine differisce da quello definito in termini strettamente
energetici all’inizio del capitolo. In quella sede si è visto che α dipende anche
dall’angolo di incidenza del suono però le ipotesi di campo sonoro diffuso ci con-
sentono di ipotizzare che il suono provenga da tutte le direzioni con una eguale
probabilità. Pertanto mediando i valori dei coefficienti di assorbimento in termini
Acustica 49

di angolo di incidenza si ottiene il coefficiente di assorbimento statistico, αSt, defi-


nito dal rapporto tra l’energia sonora, assorbita e trasmessa da una determinata su-
perficie, e quella incidente nel caso di onde sonore che provengono da tutte le dire-
zioni con egual probabilità, vale a dire di campo sonoro diffuso.
I valori dei coefficienti di assorbimento statistici, αSt, non sono facilmente
determinabili a causa della complessità della misura. È per questo motivo che i va-
lori più frequentemente determinati e utilizzati nella pratica sono quelli determinati
in modo indiretto in apposite strutture sperimentali dette camere riverberanti, che
realizzano con la maggiore approssimazione possibile un campo acustico diffuso.
In questo caso si parla quindi di coefficiente di assorbimento acustico secondo Sa-
bine, αSab, dal momento che la loro determinazione presuppone valida l’equazione
di Sabine di cui si dirà più avanti.
Anche se il coefficiente di assorbimento statistico e quello secondo Sabine si
riferiscono entrambi ad un campo sonoro diffuso, essi possono differire anche del
20÷30%, perché il primo deriva da una misura diretta del rapporto di energie e il
secondo da una misurazione indiretta. Va sottolineato che tutti i coefficienti di as-
sorbimento acustico, αϑ, αSt e αSab, sono funzione della frequenza e che, quindi,
tutti vanno misurati in bande di ottava o di terzi di ottava.
Tra i vari materiali impiegati in edilizia esistono alcuni caratterizzati da alti
valori del coefficiente di assorbimento acustico, αSab, in determinate bande di fre-
quenza. Questi materiali, che vengono impiegati negli ambienti confinati per con-
trollare le riflessioni indesiderate, la riverberazione e anche il rumore, possono es-
sere raggruppati in tre classi distinte a seconda del fenomeno di assorbimento acu-
stico che si ritiene predominante: 1) fonoassorbenti porosi; 2) pannelli vibranti; 3)
pannelli forati risonanti assorbenti.

3.1 I materiali fonoassorbenti porosi

Per questa categoria di materiali il meccanismo Nei primi l’assorbimento acu-


stico è legato principalmente alla dissipazione di energia acustica per attrito tra
l’aria e le cavità presenti nel materiale stesso.
Acustica 50

Materiali porosi, quali poliuretani espansi, intonaci acustici, e materiali fi-


brosi, quali feltri, lana di roccia, lana di vetro, truciolati, si comportano come ma-
teriali fonoassorbenti porosi. Le caratteristiche di assorbimento acustico di questi
materiali sono legate alla frequenza del suono incidente e allo spessore del materiale
stesso e aumentano al crescere di questi.

Figura 2.3 - Materiali fonoassorbenti porosi: valori del coefficiente di assorbimento acustico
αSab .
Dall’esame della fig.2.3 si può notare che valori elevati di αSab si raggiungono
alle alte frequenze, mentre alle medie e alle basse frequenze l’assorbimento au-
menta con lo spessore dei pannelli, per cui per avere valori elevati di assorbimento
in un campo di frequenze sufficientemente esteso verso le basse frequenze occorre
impiegare spessori adeguati di materiali fonoassorbenti porosi.
Un aumento dell’assorbimento alle medie e basse frequenze si ottiene anche
interponendo uno strato d’aria (intercapedine) tra il materiale fonoassorbente e la
superficie da trattare. Questo effetto può essere spiegato ricordando che l’assorbi-
mento acustico dei materiali fonoassorbenti porosi è dovuto alla dissipazione
dell’energia vibrazionale posseduta dalle molecole dell’aria per attrito con le super-
fici delle cavità, fenomeno che è massimo laddove si verificano le velocità più ele-
vate.
Acustica 51

Figura 2.4 Effetto della disposizione del materiale fonoassorbente poroso.

Con riferimento alla fig.2.4 supponendo che la parete da trattare possa essere
considerata perfettamente rigida, in corrispondenza di questa la velocità delle par-
ticelle d’aria sarà nulla e quindi l’efficienza del materiale fonoassorbente poroso
minima. Allontanandosi dalla parete la velocità delle particelle d’aria aumenta e
con essa l’efficienza del materiale fonoassorbente poroso; nel caso di onda sinusoi-
dale, entrambe diventano massime, ad una distanza dalla parete pari a λ/4. Volendo
impiegare spessori ridotti di materiali fonoassorbenti porosi, sarà utile che questi
vengano installati non in diretto contatto con la parete ma a conveniente distanza
da questa.

Fra i materiali fonoassorbenti porosi “tradizionali” si annoverano i tendaggi


e i tappeti. In genere questi materiali, come i precedenti, sono caratterizzati da valori
elevati di assorbimento alle frequenze medio-alte, mentre assorbono molto poco in
bassa frequenza. Tessuti leggeri (300 g/m2), di modesto spessore e applicati a di-
retto contatto con superfici rigide hanno coefficienti di assorbimento che raggiun-
gono un massimo di 0.35 alle alte frequenze, mentre tessuti più pesanti (600 g/m2)
riccamente drappeggiati e appesi a distanza dalle superfici rigide possono assorbire
Acustica 52

molto di più. In maniera analoga i tappeti assorbono in misura maggiore quando lo


spessore e il peso aumenta. Per i tendaggi vale quanto detto in precedenza a propo-
sito della distanza dalla parete. Infatti, il picco di assorbimento di una tenda “tesa”
si verifica ad una ben precisa frequenza e ai suoi multipli dispari, dal momento che
solo a tali frequenze si avrà la coincidenza fra λ/4 e la distanza di montaggio. Per
rendere più uniforme l’assorbimento alla varie frequenze, risulta indispensabile
drappeggiare il tessuto, in modo che la distanza dalla parete sia variabile.

Tabella 2.5. Coefficienti di assorbimento di tappeti e tendaggi

Frequenza (Hz)
125 250 500 1k 2k 4k

Tappeto 6mm 0.02 0.04 0.06 0.20 0.30 0.35

Tappeto pesante 0.08 0.24 0.57 0.69 0.71 0.73

Tenda leggera non drappeggiata 0.03 0.04 0.11 0.17 0.24 0.35

Tenda media drappeggiata 0.07 0.31 0.49 0.75 0.70 0.60

Tenda pesante drappeggiata 0.14 0.35 0.55 0.72 0.70 0.65

Tessuto su 5 cm fibra e 10 cm intercapedine 0.25 0.50 0.85 0.90 0.85 0.85

Olio su tela a 5 cm dal muro 0.05 0.08 0.20 0.30 0.35 0.40

3.2 I materiali vibranti

Elementi in gesso, gesso rivestito, legno, ma anche intonaci posti in opera su


rete o (storicamente) su cannicciato sono spesso impiegati per delimitare formal-
mente gli ambienti in maniera indipendente rispetto agli elementi strutturali portanti
(tetti, volte) o, semplicemente, per conferire loro forme più “intriganti” che sarebbe
difficile ottenere con materiali di maggiore peso.
Tutte queste soluzioni sono accomunate dall’essere relativamente leggere e
dall’essere montate su sotto strutture in legno o, in tempi recenti, in profilati metal-
lici. Sul piano acustico le suddette soluzioni sono accomunate dal fatto di assorbire,
abbastanza bene, le basse frequenze, con valori di α variabili fra 0.08 e 0.50 a 125
Hz in funzione dello spessore e della densità dei materiali utilizzati, nonché del
diverso spessore dell’intercapedine di aria. Inoltre, la presenza di materiali fonoas-
sorbenti in intercapedine può ulteriormente contribuire ad aumentare l’assorbi-
mento acustico. In genere l’assorbimento acustico è tanto maggiore quanto più la
struttura è leggera ed in grado di vibrare. Le strutture più rigide tendono invece ad
essere meno assorbenti. Ad esempio uno strato di legno dello spessore di 50 mm
assorbe solo l’1% dell’energia acustica alla frequenza di 125 Hz.
Acustica 53

Figura 2.2 – Andamento del coefficiente di assorbimento di materiali vibranti

Dall’esame della fig. 2.2 si può notare l’assorbimento acustico αSab di un pan-
nello vibrante è massimo per frequenze intorno alla frequenza di risonanza, che
dipende dalla massa del pannello per unità di superficie, dalla sua rigidezza in rela-
zione anche al suo supporto e dalla rigidezza dell’intercapedine d’aria. All’aumen-
tare della massa del pannello, m [kg m-2], e dello spessore dell’intercapedine d’aria,
d [m], diminuisce il valore della frequenza di risonanza, che può essere calcolata
con buona approssimazione con la seguente relazione:

1 ρ0c0 2 50
fr = ≈ Hz (2.2)
2π md md

dove ρ0 [kg m-3] è la densità dell’aria, c0 [m s-1] è la velocità del suono


nell’aria.
Esaminando l’andamento dei valori del coefficiente di assorbimento acustico
αSab , si può notare come i pannelli vibranti forniscono buone prestazioni alle basse
frequenze; il massimo dell’assorbimento si raggiunge per frequenze inferiori ai
200-300 Hz con tendenza a spostarsi verso le frequenze più basse all’aumentare
del peso del pannello. Pannelli vibranti più leggeri presentano valori del coeffi-
ciente di assorbimento più elevati perché sono in grado di vibrare più facilmente.
Acustica 54

Il valore del coefficiente di assorbimento e la larghezza della banda, entro la


quale si hanno valori di αSab sufficientemente alti, possono essere aumentati po-
nendo materiali fonoassorbenti porosi nell’intercapedine d’aria. Per ottenere valori
elevati di αSab in un campo di frequenze piuttosto ampio si può prevedere l’impiego
combinato di pannelli vibranti di differente frequenza di risonanza.

Tabella 2.2. Coefficienti di assorbimento di contropareti e controsoffitti leggeri


Frequenza (Hz)
125 250 500 1k 2k 4k
Cartongesso 13mm, interc. Da 10 cm 0.08 0.11 0.05 0.03 0.02 0.03
Cartongesso 13mm, interc. 10 cm con lana
0.30 0.12 0.09 0.07 0.06 0.05
vetro
Cartongesso 2x13mm, interc. 10 cm con
0.15 0.10 0.06 0.04 0.04 0.05
lana vetro
Intonaco da 30 mm su cannicciato 0.14 0.10 0.06 0.05 0.04 0.03
Compensato 4 mm, interc. 75 mm con lana
0.50 0.30 0.10 0.05 0.05 0.05
vetro
Multistrato 1 cm 0.28 0.22 0.17 0.09 0.10 0.11
Soffitto in legno liscio 0.28 0.10 0.07 0.06 0.06 0.06
Porte lignee 0.14 0.10 0.06 0.08 0.10 0.10
Legno 50 mm 0.01 0.05 0.05 0.04 0.04 0.04

Tabella 2.3. Coefficienti di assorbimento di vetri e vetrate

Frequenza (Hz)
125 250 500 1k 2k 4k

Vetro ordinario 0.35 0.25 0.18 0.12 0.07 0.04

Vetro istoriato a piombo 0.30 0.20 0.14 0.10 0.05 0.05

Cristallo singolo 4mm 0.20 0.15 0.10 0.07 0.05 0.05

Cristallo singolo >4mm 0.10 0.07 0.04 0.03 0.02 0.02

Doppio cristallo interc. 1 cm 0.10 0.07 0.05 0.03 0.02 0.02

Doppio vetro a piombo 0.15 0.30 0.18 0.10 0.05 0.05


Cristallo singolo, spesso, di grande dimen-
0.18 0.06 0.04 0.03 0.02 0.02
sione

3.2.1 I pannelli forati

I pannelli forati costituiscono la terza classe di materiali fonoassorbenti e ven-


gono dimensionati ed impiegati per sopperire alle deficienze degli altri materiali in
particolare alla medie frequenze.
Un pannello di materiale non poroso in cui vengono praticati fori di dimen-
sioni opportune, montato ad una certa distanza dalla superficie da trattare si com-
porta come un insieme di risonatori di Helmholtz, tanti quanti sono i fori.
Acustica 55

Figura 2.5 - Schema di risonatore di Helmholtz.

Come mostrato in fig.2.5 il risonatore di Helmholtz è costituito nella sua


forma più semplice da una cavità di volume V definita da pareti rigide e collegata
all’esterno da un’apertura detta collo di lunghezza l e di sezione S. Esso è in grado
di dissipare energia acustica in calore per attrito in corrispondenza della sua fre-
quenza di risonanza, poiché il suono incidente fa vibrare l’aria contenuta nel collo
del risonatore, che si comporta come una massa vibrante collegata ad una molla
costituita dall’aria contenuta nella cavità. Normalmente il sistema ha uno smorza-
mento molto piccolo, per cui l’assorbimento acustico presenta un picco molto netto
in corrispondenza della frequenza di risonanza, che per le caratteristiche dei risona-
tori normalmente usati si trova nella banda compresa tra 50 e 400 Hz. Questa fre-
quenza di risonanza può essere calcolata con la relazione:
c S
fr = ,Hz (2.3)
2π (l + 0,8d )V
dove c [m s-1] è la velocità del suono nell’aria; S [m2] è l’area della sezione
del collo del risonatore; V [m3] è il volume della cavità; l [m] è la lunghezza del
collo e d [m] è il diametro del collo.

Figura 2.6 – Schema di pannello forato risonante assorbente.

Il pannello forato, il cui schema è mostrato in fig. 2.6, costituisce un’esten-


sione del singolo risonatore acustico; infatti montato ad una certa distanza dalla
Acustica 56

superficie da trattare si comporta come un’insieme di risonatori di Helmholtz cia-


scuno costituito da un collo, corrispondente al foro nel pannello, e da una cavità,
costituita da una parte del volume compreso tra pannello e parete. Anche per i pan-
nelli forati l’assorbimento acustico presenta un massimo che si verifica in corri-
spondenza della frequenza:
c p
fr = ,Hz (2.4)
2π D(h + δ )
dove c [m s-1] è la velocità del suono nell’aria; p = ∑ S f S rapporto tra
l’area complessiva dei fori e l’area del pannello; D [m] è la distanza tra pannello e
parete; h [m] è lo spessore del pannello; δ ≅ 0,8d con d [m] diametro del collo nel
caso di fori circolari. Nel caso in cui il foro invece che circolare si presenti come
una fessura lunga a e larga b, δ = Kb dove:
1 2 2a
K= + ln .
π π b
Esaminando le caratteristiche di assorbimento acustico riportate in fig. 2.7, i
pannelli forati possono essere utilmente impiegati nell’assorbimento delle medie
frequenze acustiche; in questo campo di frequenze agendo sullo spessore del pan-
nello, sulle dimensioni dei fori e sulla percentuale di foratura nonché sulla distanza
di montaggio dalla parete, si può rendere massimo l’assorbimento nella banda di
frequenze desiderata.

Figura 2.7 – Pannelli forati risonanti assorbenti con diversa percentuale di foratura: assor-
bimento acustico αSab.
Acustica 57

3.3 La diffusione

Prima di concludere questa sezione dedicata alle proprietà dei materiali è op-
portuno dedicare un po’ di spazio alla diffusione o scattering. Si è visto in prece-
denza che quando un materiale è caratterizzato da irregolarità superficiali che sono
di dimensione confrontabile con la lunghezza d’onda (in realtà già 1/4 della lun-
ghezza d’onda è sufficiente a indurre significative variazioni) il suono non viene
più riflesso specularmente ma per effetto della diffrazione può essere diffuso in
modo più o meno marcatamente diffuso. Il paragone più immediato è con la luce
che, su superfici lisce ma non perfettamente levigate (come gli specchi) viene ri-
flessa in maniera diffusa secondo il modello schematizzato da Lambert. Lo stesso
vale quindi per il suono e il risultato acustico è molto simile a quello luminoso. Un
suono diffuso è più “sfumato” e caratterizzato da “meno ombre”.

Figura 11.13 Esempi di pannelli diffondenti. In senso orario a partire da destra, in alto:
pannelli Ceraflector della Jocavi; pannello Multifuser Wood della Vicoustic; pannello Har-
monix G della RPG; pannello Omniffussor della RPG

La quantificazione della proprietà diffondente di una superficie può essere


fatta mediante il coefficiente di scattering (s), definito come il rapporto fra l’energia
riflessa in modo diffuso e l’energia incidente sulla superficie.
Ediff
scattering coefficient s=
Einc
Acustica 58

La misura di questo coefficiente è stata normalizzata da relativamente poco


tempo (la norma di riferimento è la ISO 17497-1 del 2004) e pertanto non è ancora
facile, se non per specifici materiali, trovare indicazioni quantitative al riguardo.
In generale, per conseguire la diffusione è pertanto opportuno movimentare
le superfici in modo commisurato alla lunghezza d’onda delle frequenze che si in-
tendono diffondere. Lievi irregolarità potranno essere efficaci solo alle frequenze
più alte, mentre affinché possano essere diffusi anche i suoni di frequenza più bassa
potranno essere necessarie variazioni di profondità anche dell’ordine dei metri.
Chiaramente questo non sempre è possibile per motivi di spazio, e anche se esistono
soluzioni che mediante il ricorso variazioni di profondità che seguono particolari
sequenze numeriche consentono un certo miglioramento delle prestazioni, il conse-
guimento di una adeguata diffusione alle basse frequenze rimane spesso difficol-
tosa.
Fra i pannelli diffondenti di maggiore successo basati sull’impiego di se-
quenze numeriche particolari, i diffusori a residuo quadratico (QRD) sono certa-
mente i più diffusi. Essi sono costituiti affiancando delle cavità rettangolari di
uguale larghezza e differente profondità (sebbene in alcuni casi si trovino varianti
realizzate affiancando elementi prismatici di differente altezza), i cui valori devono
seguire una sequenza matematica derivata dalla serie a residuo quadratico. In tale
serie i valori sono i resti della divisione di n2 per p, in cui n è un indice che può
assumere tutti i valori da 0 a infinito, mentre p rappresenta l’”ordine” della serie.

- = 0,1,2, …
$o = -S (#%}+# ~
= -}(&3# 3)(# %)$ '3)

L’ordine p può essere determinato come rapporto fra la massima frequenza in cui
si vuole che il diffusore sia efficace (fh) e la minima (fl), con la sola condizione
che tale numero deve essere un numero primo dispari. A tal punto, è possibile in-
dividuare la larghezza dei pozzi (w) in modo che sia più piccola della semi lun-
ghezza d’onda della frequenza più alta (w<c/(2fh)), e la profondità massima in
modo che sia pari a alla semi lunghezza d’onda della frequenza più bassa
(dmax=c/(2fl)), da cui consegue che la profondità di ciascun pozzo sarà pari a:

%ۥC
%o = / 0 $o
Acustica 59
Acustica 60

4 La propagazione del suono all’esterno

Durante la propagazione nell'atmosfera all'aperto, il suono si attenua per ef-


fetto di diversi fenomeni. Si può notare, innanzitutto, che le onde sonore diminui-
scono di livello all'aumentare della distanza dalla sorgente anche in presenza di un
mezzo di trasmissione perfetto, privo cioè di assorbimento, e in assenza di ostacoli,
quindi in campo libero.
L’attenuazione, causata esclusivamente dalla propagazione del suono, è un
fenomeno, conosciuto con il nome di divergenza delle onde, ed è particolarmente
evidente per le sorgenti sonore omnidirezionali. In questo caso, infatti, la potenza
acustica emessa dalla sorgente si ripartisce uniformemente su superfici sferiche
sempre più grandi man mano che ci si allontana dalla sorgente stessa.
Durante la propagazione delle onde sonore, all'attenuazione causata dal feno-
meno della divergenza vanno aggiunte altre attenuazioni dovute principalmente
all'assorbimento dell'aria, del suolo, delle barriere ed alla riflessione da parte degli
ostacoli.

4.1 Il campo acustico all’esterno

Il campo acustico all'esterno può essere valutato e descritto se si dispone di


una relazione in grado di determinare in ogni punto dello spazio il livello di pres-
sione, Lp, prodotto da una sorgente di caratteristiche note.
Nel caso di propagazione del suono in campo libero in un mezzo di trasmis-
sione ideale, senza assorbimento, si ha la possibilità di determinare il livello di pres-
sione, Lp, prodotto dalla sorgente nel punto individuato dalle coordinate sferiche r,
ϑ e ϕ:
Lp = LW + DI − 20log10 r − 11 dB

dove LW [dB] è il livello di potenza della sorgente, DI [dB] è il suo indice di


direttività nella direzione individuata dagli angoli ϑ, ϕ e r[m] è la distanza del punto
considerato dalla sorgente stessa. Va notato che 20 log10 r rappresenta l'attenuazione
dovuta alla divergenza delle onde.
Dalla relazione precedente se ne può ricavare una valida più in generale per
la propagazione del suono all'esterno, aggiungendovi tutte le attenuazioni aggiun-
tive Att causate dalle più complesse condizioni ambientali:
Acustica 61

Lp = LW + DI − 20log10 r −11− ∑ Att,i dB


i

4.2 Le attenuazioni aggiuntive

Il termine ΣAtt nella equazione precedente è la somma di tutte le attenuazioni


che si verificano durante la reale propagazione del suono all’aperto, ad eccezione
soltanto della divergenza. Converrà quindi esaminare distintamente le varie atte-
nuazioni per valutare in seguito la loro effettiva incidenza nel complesso fenomeno
considerato.

4.2.1 L’effetto dell’impedenza acustica dell’aria


Nelle relazioni che esprimono il livello sonoro in campo libero si fa, di solito,
l’ipotesi che durante la propagazione nell’aria il valore dell’impedenza acustica sia
ρ0c=400 [Pa s m-1]. Nel caso più generale, per effetto di condizioni di temperatura
e/o di pressione dell’aria diverse, l’impedenza acustica può assumere valori diffe-
renti di cui si deve tener conto con una correzione, che può essere considerata anche
come un’attenuazione:
ρ0c
Att 1 = 10 log 10 = 10 log 10 K dB
400
Il valore di Att1 può essere determinato partendo dalla conoscenza della tem-
perature e della pressione atmosferica.

4.2.2 L’effetto dell’assorbimento dell’aria


L’attenuazione dovuta all’assorbimento acustico dell’aria durante la propaga-
zione del suono può essere calcolata con la relazione:
A tt 2 = a ⋅ r dB

dove r[m] è il cammino percorso dal suono, coincidente con la distanza tra
sorgente e ricevitore, e a è il coefficiente di assorbimento acustico dell’aria in dB/m.
Il coefficiente di assorbimento a, mentre dipende fortemente dalla frequenza
del suono, dalla temperatura e dall’umidità relativa dell’aria, è poco influenzato
dalla pressione atmosferica, come si può notare dai valori riportati nella tabella se-
guente.
Nel caso di condizioni atmosferiche non contemplate dalla tabella, i valori di
a possono essere determinati con il metodo di calcolo riportato nella ISO UNI 9613-
1.
Acustica 62

Valori del coefficiente di assorbimento acustico dell’aria a in dB/km (ISO 9613-1) in fun-
zione della frequenza per alcune combinazioni di temperatura ed umidità relativa
dell’aria.
T U.R. frequenze centrali delle bande di ottava[Hz]
[°C] [%] 63 125 250 500 1000 2000 4000 8000
10 70 0,12 0,41 1,04 1,93 3,66 9,66 32,8 117
15 20 0,27 0,65 1,22 2,70 8,17 28,2 88,8 202
15 50 0,14 0,48 1,22 2,24 4,16 10,8 36.2 129
15 80 0,09 0,34 1,07 2,40 4,15 8,31 23,7 82,8
20 70 0,09 0,34 1,13 2,80 4,98 9,02 22,9 76,6
30 70 0,07 0,26 0,96 3,14 7,41 12,7 23,1 59,3

4.2.3 L’effetto della presenza del suolo


La presenza del suolo influisce sulla propagazione del suono all’aperto a
causa dall’interferenza tra il suono riflesso dal suolo e il suono trasmesso diretta-
mente tra sorgente e ricevitore. Questo fenomeno, che può essere sinteticamente
rappresentato da un’attenuazione acustica, dipende in particolare dalle quote della
sorgente e del ricevitore, nonché dalle caratteristiche dello strato superficiale del
suolo.
Una metodologia per il calcolo dell’attenuazione dovuta alla presenza del
suolo, Att3, è quella proposta dalla ISO 9613-2. Seguendo questa normativa lungo il
percorso del suono nella propagazione tra sorgente e ricevitore si possono indivi-
duare tre diverse zone.

Individuazione della zona della sorgente, della zona del ricevitore e della zona interme-
dia.

L’estensione di queste zone dipende oltre che dalla lunghezza della proie-
zione al suolo del percorso, rp, anche dalla quota della sorgente, hs, e del ricevitore,
hr. In particolare si avrà che:
1) la zona della sorgente individua un’area estesa dalla sorgente verso il rice-
vitore per una lunghezza pari 30 h s ≤ d p ;
2) la zona del ricevitore individua un’area estesa dal ricevitore verso la sor-
gente per una lunghezza pari a 30 h r ≤ d p ;
3) la zona intermedia individua un’area intermedia tra le due zone precedenti,
da considerare solo se rp > (30hs + 30hr ) .
Queste tre zone intervengono nell’attenuazione del suono attraverso le loro
caratteristiche acustiche che sono sintetizzate nel parametro G, per il quale si ha:
Acustica 63

1) G=0 nel caso di suolo duro, zone pavimentate, acqua, ghiaccio, calce-
struzzo ed altre superfici con bassa porosità;
2) G=1 per suolo poroso, zone coperte di erba, alberi o altro tipo di vegeta-
zione, terreni coltivati;
3) 0<G<1 per suolo misto, stimando la frazione della superficie totale che
può essere considerata come suolo poroso.
Determinati i valori di G per le varie zone, note hs, hr e rp, si possono deter-
minare per bande di ottava le attenuazioni As, Ar, Am, prodotte dalla zona della sor-
gente, del ricevitore ed intermedia con le relazioni riportate nella tabella seguente,
per cui l’attenuazione totale dovuta al suolo sarà:
Att3=As+Ar+Am dB
Relazioni per calcolare nelle varie bande di ottava i contributi As, Ar, e Am all’attenuazione
del suolo Att3.

frequenze centrali delle As o Ar Am


bande di ottava [Hz] [dB] [dB]
63 -1,5 -3q
125 -1,5 + G a’(h)
250 -1,5 + G b’(h)
500 -1,5 + G c’(h)
1000 -1,5 + G d’(h) -3q (1-G)
2000 -1,5 (1-G)
4000 -1,5 (1-G)
8000 -1,5 (1-G)
per calcolare As porre G=Gs e h=hs
per calcolare Ar porre G=Gr e h=hr
rp
 − 
1 − e  + 5,7e −0.09 h 1 − e ( ) p 
−0,12 ( h −5)
2 2 −2 ,8 10 −6 r 2
a' ( h) = 1,5 + 3e 50

   
rp
−0,09 h 2
 − 
b' ( h) = 15
, + 8,6e 1 − e 
50

 
rp
−0, 46 h 2
 − 
c' ( h) = 1,5 + 14e 1 − e 
50

 
rp
−0, 9 h 2
 − 
d' ( h) = 15
, + 5e 1 − e 50 
 
q=0 quando rp≤30(hr+hs)
30( h r + h s )
q =1−
rp
quando rp>30(hr+hs)
se q<0, porre q=0
Acustica 64

4.2.4 L’effetto delle barriere acustiche


Per barriere acustiche si intendono schermi di varia natura, quali pareti mas-
sive, edifici, terrapieni, che inseriti nella linea di vista tra sorgente e ricevitore at-
tenuano notevolmente la propagazione del suono diretto. Infatti si ottiene una ridu-
zione del livello sonoro percepito nella zona in ombra, dalla parte del ricevitore al
disotto del prolungamento della congiungente la sorgente con la sommità dello
schermo, poiché il suono raggiunge il ricevitore quasi esclusivamente per diffra-
zione in corrispondenza delle estremità della barriera.

L’attenuazione delle barriere acustiche è l’unica, tra le varie riscontrabili nella


propagazione del suono all’esterno, che può essere tecnicamente controllata e per
questa ragione le barriere acustiche svolgono un ruolo importantissimo nel con-
trollo della propagazione dei suoni e dei rumori.
Il suono interagisce con la barriera per riflessione sulla sua superficie, per
trasmissione attraverso la barriera stessa e per diffrazione ai bordi, in particolare
alla sommità. Quest’ultimo fenomeno è quello che determina principalmente l’at-
tenuazione della barriera, il cui valore è influenzato anche dalla trasmissione attra-
verso la barriera stessa.
In pratica le barriere vengono realizzate con materiale compatto (muratura in
mattoni pieni, calcestruzzo, lastra di acciaio, vetro ecc.) in modo tale da avere un
peso di almeno 20 kg per metro quadrato di superficie al fine di assicurare una
buona attenuazione del suono che si trasmette attraverso la barriera.
Come evidenziato da U.J. Kurze, lo studio delle barriere acustiche, se sche-
matizzate come schermo rigido seminfinito in presenza di sorgente sonora punti-
forme, può essere affrontato con la teoria della diffrazione.
Dalla teoria di J.B. Keller, U.J. Kurze e G.S. Anderson ricavarono sempre per
lo schermo rigido seminfinito nello spazio libero la relazione seguente, che fornisce
i valori delle attenuazioni della barriera seminfinita per vari campi di frequenze e
combinazioni geometriche, rappresentabili graficamente con un’unica curva:
Acustica 65

2π N
A tt 4 = 5 + 10 log 10 dB per N ≥ −0,2
tanh 2 π N

Att4 = 0 in tutti gli altri casi


dove N è l’indice di Fresnel, numero adimensionale fornito dalla relazione:
2
N=± (A + B − d)
λ
dove λ [m] è la lunghezza d’onda del suono, d [m] la distanza in linea retta
tra sorgente e ricevitore, A+B la lunghezza in metri del percorso più breve compiuto
dal suono tra sorgente e ricevitore superando la sommità dello schermo; il segno +
viene usato quando il ricevitore è nella zona in ombra, il segno – quando è nella
zona in luce (al di sopra del prolungamento della congiungente la sorgente con la
sommità della barriera).

La relazione di U.J. Kurze e G.S. Anderson fornisce valori dell’attenuazione


in buon accordo con i risultati della sperimentazione condotta da Z. Maekawa, ri-
portati nella figura seguente.
La relazione di U.J. Kurze e G.S. Anderson può essere utilizzata anche per
barriere con incidenza obliqua; in questo caso sarà necessario ricalcolare il numero
di Fresnel considerando le lunghezze effettive dei percorsi compiuti dal suono per
superare la barriera. Inoltre va tenuto presente che la relazione suddetta, ricavata
per uno schermo seminfinito, non tiene conto della presenza del suolo, che riflet-
tendo il suono influisce sul comportamento acustico delle barriere. Tutta la teoria,
cui prima si è accennato, non è più applicabile alle barriere in presenza del suolo,
poiché il campo incidente in prossimità della barriera non è funzione soltanto delle
coordinate geometriche ma dipende dal coefficiente di riflessione del suolo, che è
una funzione complessa dell’angolo di incidenza. Lo studio teorico si complica no-
tevolmente. Fortunatamente, però, dalla sperimentazione su campioni di barriere in
scala reale si è potuto ricavare che, applicando la relazione di U.J. Kurze e G.S.
Anderson anche alle barriere in presenza di suolo, si ottengono risultati conserva-
tivi, vale a dire valori dell’attenuazione aggiuntiva non superiori a quelli reali, con
Acustica 66

l’importante conseguenza pratica di poter impiegare la relazione di U.J. Kurze e


G.S. Anderson anche in presenza del suolo. In ogni caso, se si volesse considerare
tale effetto basterebbe sommare tutti i contributi aggiuntivi dovuti alla riflessione
su suolo, sia dal lato sorgente, sia dal lato ricevitore, ovvero considerare una atte-
nuazione complessiva equivalente data da:
„@@,:
" = 10 logq /ƒ 10A q 0

Tale relazione può essere altresì impiegata per mettere in conto il contributo
della trasmissione laterale nel caso di barriere di lunghezza finita.

Attenuazione della barriera acustica in funzione dell’indice di Fresnel: risultati teorici (equa-
zione di U.J. Kurze e G.S. Anderson) e sperimentali (Z. Maekawa).

Calcolo del contributo del terreno all’attenuazione della barriere


Acustica 67

4.2.5 L’effetto del fogliame


L’attenuazione prodotta dal fogliame di alberi o cespugli è molto piccola e si
verifica soltanto in presenza di vegetazione molto densa, tanto da non permettere la
vista nella direzione di propagazione del suono. Il contributo all’attenuazione del
suono risulta da tre distinti fattori: l’assorbimento da parte del terreno, la diffrazione
con i tronchi degli alberi e l’assorbimento a causa dell’interazione con il fogliame.
In virtù di ciò si può facilmente immaginare che l’attenuazione presenta una signi-
ficativa variabilità stagionale, con i valori minimi osservati in inverno quando la
caduta delle foglie minimizza il terzo effetto e, rendendo meno permeabile il ter-
reno, anche il primo. L’interazione con piante ad alto fusto sempreverdi come le
conifere mostra solitamente le maggiori attenuazioni, in particolare alle frequenze
più alte.

All’interno della ISO 9613-2 vengono tabellati i valori dell’attenuazione in


dB che si verifica quando il suono percorre nel fogliame distanze df tra i 10 e i 20
m e i valori in dB/m quando questa distanza df è compresa tra 20 e 200 m, valore
limite quest’ultimo anche per distanze superiori percorse nel fogliame denso.

Attenuazioni dovute alla propagazione del suono attraverso zone di denso fogliame.
frequenze centrali delle bande di ottava [Hz]
63 125 250 500 1000 2000 4000 8000
attenuazione [dB] per
rf da 10 a 20 m 0 0 1 1 1 1 2 3
attenuazione [dB/m]
per rf da 20 a 200 m 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06 0,08 0,09 0,12

4.2.6 L’effetto delle condizioni meteorologiche


Le condizioni meteorologiche influenzano la propagazione del suono, così
come precedentemente descritta, perché possono produrre nell’aria disuniformità e
Acustica 68

turbolenze. Infatti, mentre la nebbia, la pioggia, la neve incidono molto poco sulla
propagazione del suono nell’aria tanto da poter essere trascurate, non altrettanto si
può dire per i gradienti di temperatura nell’aria e per il vento.
Di giorno in condizioni di bel tempo la temperatura dell’aria decresce con
l’aumentare della quota per effetto del riscaldamento della superficie terrestre da
parte del sole (gradiente negativo). Di notte o durante le giornate nuvolose il gra-
diente si inverte. Poiché la velocità del suono aumenta con la temperatura i raggi
sonori tendono ad incurvarsi, per cui di giorno si avranno zone d’ombra, in cui il
suono è praticamente non udibile, anche a non grande distanza dalla sorgente in
prossimità del suolo; mentre nel caso di inversione termica (gradiente positivo) i
suoni risultano udibili anche a grande distanza dalla sorgente.

Effetto del gradiente negativo nell’aria sulla propagazione del suono.

Effetto del gradiente positivo nell’aria sulla propagazione del suono.

La presenza di vento produce zone d’ombra nella zona controvento, ma per-


mette anche di raggiungere grandi distanze nella zona sottovento, perché la propa-
gazione del fenomeno acustico dipende dal vettore velocità, che si ottiene dalla
composizione della velocità del vento e del suono.

Effetto del vento sulla propagazione del suono nell’aria.

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