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1.

Anatomia dell'orecchio

L’orecchio è costituito da tre parti:


- orecchio esterno e medio: si occupano del trasferimento meccanico dell' energia sonora.
- orecchio interno: trasforma l’evento meccanico; poi c’è il trasferimento di informazioni
uditive attraverso il nervo acustico e le vie acustiche centrali fino alla corteccia uditiva.
Il suono è costituito da uno spostamento di energia vibratoria, non particelle.
Parametri fondamentali sono la frequenza (ovvero il numero di oscillazione nell’ unità di
tempo) e l’intensità (si misura con il dB, che è un’unità di misura relativa. Esiste un range di
ampiezza di capacità uditiva che va dal minimo suono udibile (0 dB) fino alle massime
capacità sonore (120 dB) → per esprimere meglio anche graficamente lo spettro di intensità
percepito dall’orecchio si usa il dB).

Orecchio esterno → ha mm rudimentali che non hanno un grosso significato nell’uomo,


discorso diverso invece in certe specie animali; il padiglione esterno ha funzione uditiva
modesta.

Orecchio medio → ha una MT elastica connessa ai 3 ossicini: la staffa si inserisce a livello della
finestra ovale, oltre la quale abbiamo i liquidi labirintici → quando la staffa vibra si affonda
nella finestra ovale determinando un movimento dei liquidi e una estroflessione della finestra
rotonda (importante perché se si introflette una finestra deve estroflettersi l’altra).
La funzione dell’orecchio medio nel contesto uditivo è legata al fatto che nel passaggio tra un
mezzo aereo e un liquido, se non vi fosse l’orecchio medio, ci sarebbe una riflessione
pressochè totale delle onde sonore → per ovviare a questo problema, è necessario che vi sia il
sistema timpano-ossiculare che funziona da adattatore dell’impedenza dei due mezzi.
Se non ci fosse il sistema timpano-ossiculare ci sarebbe un deficit uditivo di tipo trasmissivo
fino a un massimo di 60 dB perché c’è un’alternativa via di trasmissione sonora, ovvero la via
ossea. Due muscoli: tensore del timpano (innervato dal trigemino) e stapedio (innervato dal
faciale) → si contraggono in via riflessa (esiste comunque una latenza del riflesso → gran parte
dell’onda sonora è in grado comunque di arrivare al timpano e fare danno) in seguito a una
stimolazione uditiva > 70 dB e determinando un irrigidimento della catena ossiculare;
soprattutto lo stapedio limita l’affondamento della staffa sulla finestra ovale. Questi muscoli
ptrebbero avere anche funzione di modulazione frequenziale dei suoni. Il riflesso stapediale è
molto importante perché viene valutato nell’impedenzometria → dà informazioni utili su
patologie dell’orecchio e del sistema nervoso (sul n. faciale → stretto rapporto tra porzione
intratemporale del faciale e orecchio medio → rischio di paralisi soprattutto se il canale di
Falloppio è deiscente).

Orecchio interno → spostamento di liquidi nella coclea. La coclea è formata da una serie scale,
quella più importante è la scala cocleare costituita dalla membrana basilare su cui poggiano le
cellule uditive. Queste si dividono in interne, che sono le cellule uditive propriamente dette, e
cellule esterne, che espletano una funzione modulatoria, in quanto dotate di proprietà
miocontrattili. La stimolazione delle cellule acustiche avviene attraverso un movimento
ondulatorio della membrana basilare → il movimento dipende dalla frequenza e dalla
intensità del suono → quindi ha un apice di massimo spostamento: un suono grave stimola la
regione apicale della coclea, quelli acuti la porzione basale → è alla base della teoria
tonotopica frequenziale ovvero grazie a una stimolazione settoriale l’orecchio riconosce le
diverse frequenze del suono. Il primo livello di analisi è basato sul movimento della membrana
basilare, il secondo livello riguarda l’analisi dell’ intensità : a parità di frequenza, aumentando
l’intensità si aumenta il numero di cellule acustiche attivate.
La cellula acustica è neurosensoriale → se va incontro a morte cellulare non viene sostituita
(motivo per cui molte sordità sono irreversibili nella maggior parte della volte).
Le cellule uditive interne sono a contatto con la membrana tectoria; se lo stimolo è >40 dB c’è
attivazione diretta delle cellule uditive interne; se il suono è <40 dB, c’è attivazione delle
cellule uditive esterne che si contraggono, avvicinano la membrana tectoria e stimolano le
cellule uditive interne indirettamente.
La via acustica centrale è complessa perché ridondante → un danno a livello centrale può
determinare un danno uditivo centrale.

Come si vede l'orecchio? con l'otoscopio. È uno strumento a pila che fa vedere CUE (lungo 2.5
cm) e la MT (che in condizioni normali è traslucida: si vede il manico del martello).
Un esame più raffinato è l’otomicroscopia →diagnostica specialistica utile per la conferma di
alcune patologie o per eseguire delle piccole manovre di pulizia, asportazione di corpi
estranei, ecc.

Diagnostica: anamnesi ed EO, valutazione strumentale.


Posso usare diapason che permette di fare una prima discriminazione tra una ipoacusia
trasmissiva e una recettiva. Se pongo il diapason a livello del vertice, nel soggetto normale la
percezione del suono avviene centralmente; se l’ipoacusia è avvertito a dx e il suono viene
percepito a dx → c’è effetto massa (tappo di cerume,…) che giustifica una maggiore percezione
dal lato patologico→ è legato a patologie dell’orecchio medio ed esterno; se l’ipoacusia è di
tipo recettivo a dx, la conduzione ossea farà si che il pz senta meglio a sx.
Gli esami usati sono sia soggettivi (che richiedono cioè la collaborazione del pz) che oggettivi.
Test soggettivi: audiometria tonale liminare e sovraliminare, audiometria vocale.
Test oggettivi: impedenzometria, potenziali evocati, emissioni otoacustiche.

Audiometria → inviare suoni di frequenza e intensità noti attraverso cuffie prima e vibrazioni
per via ossea dopo., per definire il livello di soglia uditiva del pz. Andrebbe fatto in cabina
silente per evitare il mascheramento. L’orecchio umano ha una percezione frequenziale
limitata → i valori considerati sono quelli della voce parlata che vanno dai 250 Hz agli 8000
Hz, con una intensità compresa tra 40-60 dB.
Nell’esecuzione dell’esame, dal punto di vista dell’intensità , si parte da 0 dB che corrisponde al
livello minimo di pressione sonora che in condizione ideale è possibile sentire. In realtà però
si considera normale una soglia di 10-15 dB.
Permette di rilevare se il pz sente bene o ha un’ipoacusia e se si, di che tipo è.
Importante valutare se il danno è mono o bilaterale → un orecchio funzionante basta per
inviare al cervello i segnali.
Due tipi di ipoacusia: trasmissiva (lesioni dell’orecchio esterno o medio; di solito sono
patologie trattabili, quindi l’ipoacusia è reversibile) e recettiva (se ci sono lesioni a livello
dell’orecchio interno, l’ipoacusia è di solito irreversibile). Si costruiscono quindi due grafici,
una per la via aerea e uno per quella ossea.
Prima si valuta la via aerea, poi la via ossea che permette di valutare la funzione dell’orecchio
interno. In condizioni normali le due vie sono più o meno sovrapposte. Se invece la via aerea è
superiore della via ossea, possiamo dire che il pz soffre di una ipoacusia trasmissiva (perché la
via ossea è normale, ma c’è un gap trasmissivo). Se invece c’è sovrapposizione delle due vie
l’ipoacusia sarà recettiva (?).
Se il pz ha subito un trauma acustico potrebbe avere un danno selettivo alle cellule uditive
deputate al trasferimento di una determinata frequenza → in genere sono le cellule che
trasducono i 4000 Hz quelle più sensibili.
Malattia di Meniere → ipoacusia recettiva in cui c’è danno sui toni gravi.
Problema dell’esame: si fa dopo i 4/5 anni e dipende dalla collaborazione del pz; inoltre
potrebbe essere manipolato da soggetti che cercano risarcimenti (lavoratore che vuole
risarcimento per danno acustico riportato sul lavoro).
Esiste anche un esame più raffinato in cui ai toni puri si sostituiscono una serie di parole che
devono essere ripetute dal pz → si costruisce un grafico che fa capire se il pz sente e
comprende le parole. Questo esame è importante perché valuta tutta la via acustica →
importante nelle sordità centrali.

Impedenzometria → test oggettivo, valuta due situazioni: la compliance del sistema timpano-
ossiculare modificando le pressioni tra le due superfici del timpano (timpanometria) e i
riflessi stapediali.
È un esame rapido e semplice; consiste nell’applicare una sonda nell’orecchio attraverso cui si
inviano suoni, si modifica la pressione dell’orecchio esterno e con un microfono si può
registrare l’entita dell’energia sonora emessa dal timpano.
Timpanometria → misura la compliance del sistema timpano-ossiculare in funzione di
variazioni di
pressione prodotte artificialmente nel CUE. In condizioni normali, la pressione dell’orecchio
medio è uguale a quella esterna (per merito della tuba): in questa situazione la MT che è
elastica ha le massime possibilità di vibrazione. Il test consiste nell’aumentare e diminuire
artificiosamente la pressione dell’orecchio esterno →si valuta cosa fa il sistema timpanico-
ossiculare. Si danno inizialmente 200 Hz, poi si torna a 0 e poi si dà una pressione negativa →
se l’orecchio è normale avremo che la massima capacità di movimento del sistema si ha, come
atteso, per un valore pressorio di 0 → timpanogramma A.
Se invece ho un bb con la glue ear → l’escursione del sistema timpano-ossiculare è ridotto →
timpanogramma di tipo B perché non c’è un picco → il sistema è bloccato!
Altra situazione → timpanogramma di tipo C → il picco è spostato su valori negativi perché la
tuba è ostruita.
Ultimo tipo che ci interessa perché fa fare diagnosi di otosclerosi → patologia malformativa
familiare in cui la staffa è bloccata nella finestra ovale da una sorta di callo osseo → ipoacusia
trasmissiva, di solito è l’unico sintomi del pz. È una malattia familiare, per cui spesso c’è
un’anamnesi positiva per otosclerosi in famiglia. In questa situazione ricordiamoci che lo
stapedio a livello della staffa, sebbene la staffa non si muova, si muove comunque, solo meno.
Il picco è quindi abbassato → timpanogramma A1.
L’impedenzometria dà anche informazioni sulla funzionalità del riflesso stapediale che è un
riflesso evocato per stimoli uditivi intensi (>70 dB)→ è dato da una via afferente uditiva e una
efferente (n. faciale). Lo studio di questo riflesso dà informazioni sia sull’ VIII che sul VII n.c.
Si mandano suoni con intensità >70 dB → se il riflesso è presente si avrà movimento dello
stapedio che muove la catena ossiculare; se il riflesso è assente invece (a causa di paralisi del
faciale o a causa di fissità della staffa, per es. nella otosclerosi).

Potenziali evocati uditivi → sono una modificazione dell’attività elettrica del tronco e della
corteccia cerebrali indotti da uno stimolo acustico. Si possono studiare vari livelli della via
acustica, ma quelli più importanti sono quelli del tronco. È l’esame più usato perché se un
suono raggiunge i centri del tronco avremo delle onde che indicano che il segnale raggiunge
quel punto preciso del SN. È importante perché è oggettivo ed è indipendente dal grado di
veglia o attenzione del pz.
Si fa in pz con sordità congenita (nel bb piccolo), pz con ipoacusia recettiva in cui la soglia è
dubbia (non collaborano, simulano, …), per fare diagnosi di livello di danno uditivo (se manca
onda V o la latenza è aumentata possiamo ipotizzare un danno a livello del nervo o del tronco
→ tipica del neurinoma dell’acustico che dà ipoacusia monolaterale progressiva ingravescente
di tipo recettiva; tuttavia per fare diagnosi di neurinoma è più immediato fare una RM).
In definitiva fa fare DD tra ipoacusia cocleare e retrococleare e fa fare diagnosi di sordità
congenita.

Otoemissioni acustiche → lo fanno le infermiere pediatriche. Le otoemissioni acustiche sono


energia sonora prodotta dalle cellule acustiche esterne che sono dotate di attività contrattile e
sono in grado di produrre, attraverso una formazione apicale, energia sonora. È uno screening
di sordità fatto nei primi giorni di vita. Se mancano, il bb potrebbe avere problemi di sordità .

SORDITÀ INFANTILI
È un problema rilevante perché il bb che nasce sordo non ha la possibilità di acquisire il
linguaggio → sordomuto. Considerando che la massima capacità di plasticità cerebrale si ha
nei primi 12/24 mesi, bisogna intervenire rapidamente.
Cause → genetiche (sono sempre più frequenti; ci son due sottogruppi: il più rappresentato è
quello dei bb non sindromici → sono bb sordi ma per il resto in salute; esiste anche un gruppo
di bb sindromici) e acquisite (prenatali: TORCH, perinatali: ipossia, ittero o postnatali):
tossiche, infettive, traumatiche, autoimmunitarie, degenerative, trauma acustico cronico).
Son sempre più studiati i geni della sordità .
Sordità → ipoacusia recettiva bilaterale molto grave; l’ipoacusia o anacusia monolaterale non è
molto grave, infatti molte volte si diagnostica nel bambino già grande. L'anacusia monolaterale
tipica è data dalla parotite.
In base al deficit uditivo si classificano in lievi (21-40dB), media (41-55 dB), medio-grave (56-
70 dB), grave (71-90 dB) e profonda (>90 dB)
L’epoca di insorgenza è molto importante: più è precoce e più è grave, a causa dell’incapacità
di imparare a parlare.
Quadri di malformazioni auricolari possono essere molto preoccupanti alla nascita → in realtà
molto spesso non si accompagnano a una grave ipoacusia perché l’orecchio esterno e medio
hanno origine embriologica branchiale, mentre l’orecchio interno è di derivazione otica →
malformazioni dell’orecchio medio ed esterno spesso non sono associate a ipoacusia recettiva,
perché l’orecchio interno è sano, questi pz hanno solo ipoacusia trasmissiva modesta.
Sdr di Waardenburg
•Dislocamento laterale commessure e punti lacrimali (telecanto)
•Iperplasia ed allargamento base del naso
•Iperplasia parte mediale delle sopracciglia
•Eterocromia delle iridi
•Ciuffo bianco di capelli o sopracciglia
•Sordità neurosensoriale di vario grado 50% con o senza malformazioni dell’orecchio interno
bilaterale profonda nel 35% dei casi per fenomeni degenerativi a livello dell’organo del Corti
ed atrofia del ganglio)
spirale e delle fibre nervose
si accompagna a malformazioni facciali, padiglioni auricolari.

Sdr di Treacher-Collins
•Prevalenza:1/40000
•Anomalie degli archi branchiali (fistole pre-auricolari, cisti o fistole
branchiali)
•Malformazioni dell’orecchio esterno, medio ed interno
•Malformazioni renali
•Sordità neurosensoriale, trasmissiva o mista nel 75% dei casi

Tra le forme recessive,la sdr di Usher è la più frequente


•Sordità neurosensoriale bilaterale, ad esordio precoce, spesso evolutiva. Lesioni cocleari →
atrofia cellule cigliate e stria vascolare con areflessia vestibolare bilaterale
•Retinite pigmentosa, verso i 10 anni, fino alla cecità .
Riduzione capacità visiva notturna (intorno ai 2 anni)
Graduale restringimento campo visivo

Sindrome di Alport
•Sordità bilaterale, simmetrica e progressiva, con iniziale compromissione delle alte frequenze
•Nefrite congenita (inizialmente solo ematuria macroscopica e proteinuria, poi GN cronica
fino all’IR) . Evoluzione peggiore nel sesso maschile → gene dominante a penetranza
incompleta ed espressività variabile in base al sesso
•Anomalie oculari, come cataratta e retinite pigmentosa.
Mutazioni gene COL4A5, che codifica collagene tipo IV per mb renali, cocleari e della capsula
anteriore del cristallino

Se facciamo TC encefalica → in alcuni casi si vede una mancata formazione della coclea.
In queste sindromi c’è sempre un deficit intelletivo.

Le forme genetiche sono individuabili studiando i geni della sordità → sono proteine coinvolte
nella trasmissione del suono a livello delle cellule uditive → le proteine più conosciute sono le
connexine, proteine transmembrana che se non presenti → mal funzionamento dei canali
ionici, soprattutto di quelli del K+→ morte cellulare.
Tuttaiva, il rapporto tra geni, fenotipo clinico e modalità di trasmissione della sordità è
complesso: a seconda del tipo di mutazione lo stesso gene o un’associazione di mutazioni può
causare una sordità AR, AD o sindromica.
Quando si fa diagnosi di sordità genetica bisogna anche fare una valutazione genetica, oltre
che strumentale.

Forme acquisite
Prenatali
•Toxoplasmosi → Infezioni contratte nel 1°trimestre sono clinicamente le più gravi.
Compromissione uditiva per lesione dell'organo del CortiI per tropismo per neuroepiteli con
calcificazione di legamento spirale e di stria vascolare e lesione del nervo cocleare e centri
superiori per fatti tossici, anossiemicio come conseguenza di meningoencefaliti.
•Rosolia → Prima della vaccinazione 0,1-0,4% casi di rosolia congenita.
Oggi evento raro.
Rischio fetale: più precoce è la rosolia materna, maggiore è il rischio di malformazioni.
Sordità , difetti oculari, anomalie cardiache, microcefalia, ritardo mentale e/o motorio,
epatomegalia, polmoniti interstiziali
Peso alla nascita < 2500 g
•CMV congenito → Infezione grave, con mortalità del 20-30%
Sordità grave, bilaterale, soprattutto per toni acuti.

Perinatali
•Ipossia (PO2< 50 mmHg)
•ttero → accumulo di bilirubina in sottocute e sclere; tossicità >20 mg %
Degenerazione cellule dei nuclei cocleari ventrali e dorsali con grave ipoacusia
neurosensoriale
•Permanenza in terapia intensiva neonatale (il ricovero >48 h è un fattore di rischio
audiologico → RR>6)

Post natali
•Meningoencefalite → sordità neurosensoriale grave bilaterale, ad insorgenza precoce o a
distanza di qualche mese --> danno cocleare bilaterale che porta a ossificazione della coclea.
•Parotite → sordità monolaterale (1caso su 200.000)
Esordio brusco, all’inizio della malattia o dopo qualche settimana
•Morbillo → sordità neurosensoriale medio-grave, secondaria ad encefalite acuta (1 caso
1000-2000)

È importante la precocità della diagnosi, entro 6 mesi di vita → otoemissioni → se mancano


potenziali evocati uditivi.
Terapia: protesi acustiche → anche quelle di ultima generazioni in realtà sono in grado di
recuperare delle ipoacusie non più gravi di 80/90 dB, ecco perché si è pensato di andare a
impiantare chirurgicamente nei bb sordi un elettrodo che attraverso la finestra rotonda
penetra nella scala timpanica e segue l’andamento della coclea. Questo impianto funziona
attraverso un microfono e trasduttore → coinvolge un segnale elettrico e stimola le fibre del n.
acustico che portano un messaggio sonoro al cervello. Sarebbe ideale fare questo intervento
entro il 1° anno di vita perché cosi il bb ha ancora la capacità di acquisizione delle
informazioni uditive.

IPOACUSIE NEUROSENSORIALI NELL’ADULTO


Esempio più comune è la presbiacusia → decadimento progressivo della funzione uditiva
dovuto a un decadimento a degenerazione delle cellule acustiche e del n acustico e delle vie
centrali.
Forme di danno ototossico → alcuni farmaci sono ototossici (necrosi cellulare):
amminoglicosidi, antimalarici, chemioterapici (cisplatino), ASA.
Importante il trauma acustico cronico lavorativo → esistono normative a tutela del lavoratore.
La sensibilità delle cellule acustiche al danno è variabile → esiste una distribuzione gaussiana
del danno nei soggetti esposti.
L’acufene che si percepisce in seguito a esposizione rumorosa particolarmente importante
(concerti,…) in genere regredisce spontaneamente, ma esprime una sofferenza cellulare
iniziale. Entro certi limiti il danno da rumore è reversibile, ma è un campanello di allarme!
Esistono forme traumatiche, post fratture del cranio che interessano la rocca petrosa → se la
frattura interessa la coclea il danno recettoriale è molto grave.

24 marzo
Patologie dell’orecchio interno

L’orecchio interno deve essere visto come una struttura unica dal punto di vista anatomico: di
solito scorporiamo le patologie della coclea da quelle vestibolari per comodità ma in realtà c’è
il coinvolgimento di l’orecchio interno (composto da comparto anteriore e comparto
posteriore).

Molto importante è l’indicazione nel bambino sordo, fatta diagnosi precoce entro i sei mesi, la
presa in carico dal punto di vista autoprotesico con impianto cocleare entro un anno di vita se
è presente ipoacusia molto grave o sordità .

Altre cause di ipoacusia recettiva o neurosensoriale nell’adulto


Ipoacusie trasmissive, recettive e miste.
Le ipoacusie recettive-neurosensoriale sono per lo più legate all’orecchio interno ma può
anche essere legata ad un danno retro-labirintico o meglio, retrococleare: ovvero può essere
coinvolto un punto qualsiasi della via nervosa centrale (molto importante per la DD).
Tra le forme di ipoacusia
neurosensoriale, in particolare
tra quelle dell’adulto, quella
più comune è quella della
presbiacusia, una perdita
uditiva che si ha dopo i 60 anni
circa (in realtà non è cosi
perché sembrerebbe che
l’involuzione dell’organo
dell’udito inizierebbe alla
nascita secondo alcuni autori e
si rende manifesta dopo i 30-
40 anni, quando inizia una
progressiva involuzione). È
necessario un calo
neurosensoriale bilaterale più o meno simmetrico prevalente sui toni acuti, in assenza di altre
cause di patologia; ovviamente in altri casi alla presbiacusia possono sommarsi altri fattori
determinanti ipoacusia.

Forme ototossiche (farmaci): amiglicosidi e in particolare la streptomicina che era utilizzato


come antitubercolare. Tutti gli aminoglicosidi sono ototossici e anche nefrotossici e quindi è
importante considerare questo aspetto nel momento in cui si decide di iniziare una terapia di
lunga durata con questi farmaci, monitorando la funzione uditiva. Si è vista che la sensibilità
del nervo agli aminoglicosidici non è uguale per tutti ma è variabile su base genetica: si è vista
una predisposizione a contrarre un maggiore o minore danno.
Tra i farmaci ototossici ci sono anche altri farmaci a svariati dosaggi come cloramfenicolo,
derivati del chinino, cisplatino; quindi è necessario, quando vengono somministrate terapia di
un certo tipo, ricordarsi di verificare la funzionalità uditiva.
Forme idropiche: malattia di meniere

Forme autoimmunitarie (molto rare): anche l'orecchio interno (coclea) può essere bersaglio di
danni immunomediati che possono far parte di sindromi immunologiche oppure possono
essere danni isolati. Questa ipoacusia neurosensoriale può insorgere in età adulta, può essere
bilaterale e essere rapidamente progressiva.

Trauma uditivo cronico: c’è anche quello acuto per effetto dell’esposizione ad un suono molto
violento. Le cellule acustiche, in particolare quelle collocate a livello del giro basale della
chiocciola, responsabili della decodificazione delle frequenze acute sono più sensibili, quindi il
danno da rumore di espleta principalmente sulle frequenze acute, almeno inizialmente. Nel
trauma acustico cronico, inizialmente abbiamo un audiogramma del tutto peculiare: curva che
scende e risale, curva “a cucchiaio” con un massimo di perdita sui 4000 Hz per le forme
iniziali. Se l’esposizione lavorativa persiste, c’è poi un coinvolgimento anche delle frequenze
limitrofe. Limite di esposizione lavorativa: il rumore della fabbrica non deve superare gli 80-
85 dB. Esiste un obbligo per l’utilizzo delle protezioni acustiche sui luoghi di lavoro, che non
c’era fino a pochi anni fa. Si vedevano acufeni e perdite acustiche gravi che intaccavano anche
l’aspetto psicologico del paziente.

Forme traumatiche: un trauma cranico non sempre determina ipoacusia. La determina


quando c’è stata una violenta concussione a livello dell’orecchio interno o peggio ancora se c’è
stata una frattura della rocca petrosa, che è parte dell’osso temporale che contiene l’orecchio
interno, sopratutto se la frattura è di tipo trasversale. La rocca petrosa ha un andamento in
senso medio-laterale, per cui soprattutto i traumi in senso antero-posteriore possono
determinare una frattura trasversale. Se questa frattura interessa il labirinto, questo può
determinare un’ipoacusia neurosensoriale o una vertigine. Una frattura della rocca si
evidenzia con una TC. La TC senza mdcpuò essere utilizzata anche per l’individuazione del
colesteatoma.
Le patologie neurosensoriali sono quasi esclusivamente cocleari, quindi legate ad un danno
recettoriale. In realtà esistono forme meno frequenti di lesione retrococleare, che interessano
la via acustica, che devono essere conosciute: es neurinoma dell’acustico, un tumore del nervo
acustico che può determinare ipoacusia. Di fronte ad un’ipoacusia recettiva monolaterale e
progressiva nel tempo è molto importante chiedersi se è presente un neurinoma. È importante
eseguire un esame audiometrico e dei potenziali evocati uditivi ma anche una RMN, per
escludere un neurinoma dell’angolo ponto-cerebellare, ovvero un tumore benigno dell’VIII
paio di nervi cranici (nervo acustico vestibolare) che può determinare un’ipoacusia
neurosensoriale monolaterale progressiva anche nel soggetto giovane.

Ipoacusia neurosensoriale improvvisa: quadro clinico che deve essere considerata


un’emergenza medica.
Caratteristiche: perdita uditiva >30 dB, su 3 frequenze consecutive, insorta improvvisamente
in 3 giorni.
Si possono verificare delle situazioni per cui improvvisamente, nell’arco di poche ore, si
determina un’ipoacusia di tipo neurosensoriale recettiva che insorge bruscamente in modo
monolaterale e che deve essere riconosciuta. È una patologia acuta a carico dell’orecchio
interno. Il pz a volte riferisce di essersi svegliato e di non sentire per nulla da un lato, la
sensazione è di rapida insorgenza. L’ipoacusia è monolaterale nella maggior parte dei casi ed è
quasi sempre un’ipoacusia in discesa con coinvolgimento delle frequenze più acute nella
maggior parte delle volte. È una forma di ipoacusia che può andare incontro a regressione
spontanea e/o ripresentarsi.
Es: pz in pieno benessere con normoacusia sinistra e con calo uditivo, che può anche essere
molto grave. È un deficit neurosensoriale, quindi siamo nell’ambito delle patologie
dell’orecchio interno. Il deficit uditivo può essere più o meno importante, interessare solo
alcune frequenze (per lo più quelle acute) oppure può essere pantonale (interessa tutte le
frequenze), e più o meno grave (può esserci già dall’inizio un deficit completo monolaterale).
Molto importante è che le ipoacusie neurosensoriali sono per lo più irreversibili (a differenza
di quelle trasmissive che sono per lo più reversibili): in realtà le forme acute in alcuni casi
sono suscettibili in alcuni casi di un recupero quasi spontaneo. È una di quelle forme che
quindi va individuata precocemente perché possiamo avere possibilità di recupero anche
parziale. Di solito questa patologia interessa gli adulti, con un picco bimodale (30-40aa e 55-
60 aa). Le forme secondarie sono molto spesso bilaterali.
Cause: molto spesso la diagnosi di certezza non c’è, si fanno delle ipotesi. Le cause possono
essere primitive (80%) o secondarie → le ipotesi maggiormente considerate come causa delle
forme idiopatiche sono quelle virali o vascolari. Esistono delle evidenze dal punto di vista
patologico. L’ipotesi vascolare è quella più credibile perché la vascolarizzazione dell’orecchio
interno è di tipo terminale, quindi è molto più delicata perché non ha grosse anastomosi. Un
danno, per esempio trombotico o vasospastico, a livello di un ramo dell’arteria uditiva interna
può avere anche effetti gravi perché non è più recuperabile. Questo vale soprattutto per pz con
problemi cardiovascolari ma ci può anche essere un evento acuto microvascolare anche in un
pz senza problemi.
Seconda ipotesi (paralisi faciale di Bell, che insorge improvvisamente ha eziologia virale):
infezione virale pregressa con ruolo patogenetico. Da un punto di vista diagnostico e
terapeutico l’eziologia non incide sulla terapia.
Ipotesi eziopatogenetiche che possono essere prese in considerazione per le forme secondarie
sono le neoplasie (neurinoma dell’acustico, meningiomi, cisti epidermoidi e subaracnoidee) ,
traumi (manovra di Valsalva, barotraumi, stapedotomia ), patologie neurodegenerative,
farmaci ototossici (aminoglicosidi, diuretici dell’ansa, salicilati, chinino, farmaci anti blastici ),
infezioni batteriche (complesso TORCH ).

Ipoacusia monolaterale, recettiva (se fosse trasmissiva non sarebbe improvvisa) può
accompagnarsi ma non è la regola, ad acufeni. Quando invece si accompagna alle vertigini è
più grave. Nella maggior parte dei casi l’unico sintomo che riferisce il pz è l’ipoacusia di rapida
insorgenza. Come ci comportiamo?
Strategia diagnostica: è necessario escludere delle patologie note, poi è necessario effettuare
l’otoscopia, che permette di escludere banalmente la presenza di altre patologie come un
tappo di cerume (che si toglie in pochi minuti ma che può essere presente da tempo e se
l’orecchio viene bagnato può dare ipoacusia). Se anche l’otoscopia è negativa allora si indirizza
il pz in pronto soccorso o dallo specialista che farà l’esame audiometrico. Nella maggior parte
dei casi l’ipoacusia presenta una curva in discesa poiché le cellule acustiche, che trasferiscono
al cervello le informazioni sui toni acuti, sono più sensibili. Può anche essere presente
ipoacusia pantonale. In pochi casi possiamo avere anche una curva recettiva in salita e qui
entriamo nell’ambito dell’idrope labirintica (malattia di meniere).
Una volta fatto un esame audiometrico e diagnosticato l’ipoacusia improvvisa allora è
necessario impostare la terapia velocemente perché si tratta di una emergenza medica e
quindi il trattamento va fatto velocemente.
Se il pz ha ipoacusia monolaterale neurosensoriale ci dice che ci sente poco, non la causa e non
sappiamo se la sede è a livello dell’orecchio interno o una forma retrococleare: quindi
dobbiamo impostare una diagnostica differenziale per verificare che non sia un’ipoacusia
improvvisa sintomatica di una patologia retrococlerare: un neurinoma dell’acustico
asintomatico che crescendo comprime i vasi con stasi venosa a valle ed ipoacusia improvvisa
su base vascolare, secondaria a neurinoma dell’acustico. Quindi le forme cocleari vanno
distinte da quelle retrococleari. Come accertamenti si fanno: potenziali evocati e RMN. La
diagnosi è importante che sia tempestiva.
Se l’ipoacusia improvvisa è stata accertata, come la trattiamo? La terapia rimane sintomatica,
non esistono linee guida assolute: si somministrato steroidi, anche per via parenterale nelle
forme gravi, a scalare per circa 10 gg. I diuretici osmotici si usano solo quando c’è idrope.
Sui farmaci vasodilatatori non c’è nessuna evidenza. Si usano molto poco e possono avere
numerosi effetto collaterali e non c’è evidenza che funzionino. Se il pz non ha il recupero della
funzionalità dopo 7/8 gg, le alternative non sono molte: quella considerata più efficace è
quella dell’ossigenoterapia iperbarica. In Piemonte questa terapia non è riconosciuta come
terapia. In che percentuale guariscono questi pz? Con la terapia cortisonica non c’è una
percentuale facilmente documentabile, perché esistono delle forme che recuperano da sole. Se
anche non facciamo nulla, può succedere che un pz riporti un abbassamento improvviso
dell’ipoacusia che poi migliora. La diagnosi precoce e la terapia sono molto importanti.
La RMN può essere importante per escludere forme sintomatiche di neurinoma dell’acustico.
Nel 10% dei casi di ipoacusia improvvisa abbiamo una causa retrococleare.

Test di Weber: test preliminare che si fa con indicazioni sulla possibile presenza di ipoacusia
improvvisa. Se appoggiamo un diapason vibrante (250 Hz) al vertice (capo), il pz monoacusico
recupera una ipoacusia simmetrica grazie alla via ossea e percepisce la vibrazione al centro. In
caso di ipoacusia monolaterale si ha una lateralizzazione, ma quello che cambia è il lato da cui
lateralizza. Se il pz ha otite catarrale, da che parte lateralizza il pz? Dal lato malato: quindi in
caso di ipoacusia trasmissiva (otite) il pz lateralizza dal lato patologico. Se noi abbiamo pz con
sospetto di ipoacusia improvvisa, l’obiettività è normale, e se facciamo il test di Weber, allora
lateralizza dal lato sano, e questo conferma il danno recettivo dal lato malato. In questo caso
mandiamo rapidamente il pz al PS. Il test di Weber p il primo test di discriminazione, facile e
accessibile.

Vestibologia

Orecchio interno:
1. labirinto anteriore à cocleare;
2. labirinto posteriore à vestibolare.
Nel labirinto vestibolare sono presenti recettori vestibolari, di due tipi:
• Canali semicircolari, disposti in maniera ortogonale tra di loro;
• Sacculo e utricolo;
I recettori vestibolari servono per trasformare lo stimolo (accelerazione del capo) in uno
stimolo elettrico (in un potenziale d’azione). I recettori sono:
• ampollari, nelle ampolle dei canali semicircolari, che rispondono ad accelerazione
angolare
• recettori maculari, della macula dell’utricolo e del sacculo, che rispondono ad
accelerazione lineare, quindi soggetti costantemente all’accelerazione di gravità .
L’orecchio interno e quindi il cervello, è sempre informato spazio-temporalmente della
posizione del capo e del corpo relativamente all’ambiente in cui siamo. I recettori vestibolari
non riposano mai.

Equilibrio: funzione che consente all’uomo di assumere la stazione eretta e di muoversi


nell’ambiente circostante avendo ben presente in ogni istante la posizione relativa del proprio
corpo nello spazio, mantenendo una visione nitida anche in movimento
Al mantenimento dell'equilibrio, statico o dinamico, non concorre solo il labirinto ma anche
un insieme di organi fondamentali per mantenere equilibrio statico-dinamico: ad esempio
l’occhio, oppure il cervelletto, che modula e coordina una serie di informazioni vestibolari. Ci
sono delle patologie cerebellari che alterano l’equilibrio e che si manifestano con sintomo
tipico, l’atassia, ovvero la perdita di equilibrio, con andamento precauzionale. Questo è un
problema non legato nello specifico al labirinto ma ad un danno cerebellare.
Poi ci sono una serie di informazioni propriocettive e muscolari che ci danno informazioni sul
nostro corpo. Cosa serve il sistema vestibolare in senso lato? Deve essere inteso nell’insieme
di connessioni tra labirinto, cervello, corteccia che costituiscono l’apparato vestibolare
periferico e centrale. L’apparato vestibolare serve per il mantenimento della postura e
permette la percezione statica e dinamica. Un’altra cosa molto importante e che è modulata
dalle connessioni vestibolo-oculari è il mantenimento di una visione nitida: se giro il capo
posso mantenere la visione nitida e il controllo visivo su quello che mi interessa; questo
avviene grazie ad interazioni vestibolo-oculo-motorie che sono tali per cui dopo accelerazione
angolare abbiamo attivazione di alcuni muscoli dell’occhio che mi permetterà di avere una
visione nitida. Questo riflesso vestibulo-oculo-motore, che è fisiologico, è quello responsabile,
nel pz vertiginoso, del nistagmo.
L’equilibrio è una funzione molto complessa.

Clinica
Sintomo cardine delle patologie vestibolari è la vertigine: sensazione di rotazione (“vertere”:
girare); la vera vertigine, quando per vertigine “vera” intendiamo quella periferica di tipo
rotatorio, è una sensazione in cui il pz ha una sensazione di tipo rotatorio che potrà essere
soggettiva, se sente girare, oppure tutto gira intorno a sé. La vera vertigine, quindi quella
rotatoria, è quella che di solito caratterizza le forme vestibolari periferiche (malattia di
Meniere: vertigine violenta rotatoria). Questo è legato alle alterazioni di stimoli che partono
dai recettori periferici (i recettori labirintici ampollari e maculari) e alcuni autori intendono
come strutture periferiche anche i nuclei vestibolari, ovvero la prima porzione della via
vestibolare centrale che in caso di lesione determinerebbe dei sintomi di tipo periferico.
La vertigine centrale è invece diversa dal punto di vista sintomatologico: il pz ha sensazione di
sbandamento, di caduta; varia molto da persona a persona. L’atassia è un sintomo legato ad
una patologia centrale, non è una vera e propria vertigine.
Poi ci sono una serie di disturbi extravestibolari che sono molto frequenti e quindi quando si
valutano i pz con il sintomo “vertigine” bisogna discriminare se si tratta effettivamente di una
vertigine e quindi di una sofferenza della via vestibolare, ma a volte non c’entra nulla e si
tratta di altri disturbi (es: ipotensione ortostatica, vertigine fobica come l’agorafobia, vertigine
psichiche legate a patologie oculari). Dizziness: termine inglese generico, che comprende tutte
le patologie vertiginose, non la vertigine vera.
L’anamnesi è quindi molto importante per queste patologie e può già essere esauriente perché
orienta nella diagnosi.
Vertigine vera: sensazione di rotazione che di solito corrisponde a patologia periferica.
La vertigine periferica come si presenta: se parliamo di vertigini vere, queste sono molto
frequenti. La vertigine periferica si accompagna molto spesso a disturbi neurovegetativi:
nausea e vomito. Può accompagnarsi anche ad una espressione temporale molto breve: dura
poco, qualche minuto, secondo ma mai mesi come sintomatologia prevalente. Possono esserci
associati dei più sintomi cocleari, tipo vertigini associati a ipoacusia o acufeni ma non è la
regola. Mancano i sintomi neurologici.
La vertigine centrale, legata ad un danno centrale delle vie vestibolari, è per lo più soggettiva,
raramente è una vera vertigine, è un disequilibrio, una dizziness, subdola, subcontinua,
intensità ridotta, non si accompagna a fenomeni neurovegetativi, può accompagnarsi a segni e
sintomi neurologici.
Non sempre è chiaro discriminare tra le due forme perché a volte la vertigine è l’unico
sintomo. Ci sono anche vertigini false, extravestibolari, non legate ad una sofferenza
dell’apparato vestibolare periferico o centrale.
1. Vertigine periferica
2. Vertigine centrale
3. Pseudovertigini
L’anamnesi è fondamentale perché le modalità di presentazione delle vertigini e l’andamento
nel tempo sono molto importanti. Un altro dato fondamentale è sapere se quella vertigine si è
scatenata o meno da determinate posizioni del capo. Ci sono vertigini posizionali, che fanno
parte di una sindrome, che possono essere ipotizzate anamnesticamente.

Segni
Nistagmo, che caratterizza la vertigine. E’ un’alterazione della statica oculare con oscillazioni
involontarie degli occhi .
Deviazione rapida dei bulbi oculari e movimento lento di direzione opposta
Direzione della fase rapida = direzione del Ny .
È un indice di sofferenza vestibolare, può causare deviazioni della marcia e alterazioni della
postura .
È un movimento automatico degli occhi che può essere coniugato (entrambi gli occhi si
muovono insieme, sintomo di patologia periferica; i due occhi possono anche non muoversi
insieme)
Il nistagmo periferico è coniugato (occhi sempre nella stessa direzione con stessa ampiezza).
Per es malattia di meniere a sx, ho la crisi menierica in atto con nistagmo spontaneo che batte
a destra (fase rapida a destra) con fase di ritorno lento a sx. In realtà i testi dicono che nella
primissima fase di una malattia acuta del labirinto si ha l’opposto (ma per semplificare è cosi).
Qual è il substrato anatomo-fisiologico? Le connessioni nervose tra il vestibolo e i muscoli
oculomotori.
Perché è importante il nistagmo come segno? Perché se presente indica con quasi assoluta
certezza la presenza di una patologia vestibolare. Normalmente il nistagmo non c’è, tranne in
rari casi come il nistagmo congenito. Il pz sa di averlo da sempre ed inoltre è un nistagmo
pendolare. Se c’è un nistagmo ed è spontaneo, siamo di fronte ad una patologia vestibolare
senza conoscerne precisamente la sede. Sappiamo che c’è una perturbazione delle vie
vestibolari. Se il pz arriva con vertigini si fa anamnesi e valutazione clinica ed è necessario
ricercare il nistagmo.
In realtà il labirinto è connesso ad una serie di strutture, non soltanto all’occhio, come le vie
vestibolo spinali e questo giustifica il perchè quando ho una sofferenza vestibolare periferica
acuta, non avrò soltanto nistagmo ma tenderò a cadere con deviazione degli arti dal lato
patologico. Posso fare una serie di prove:
• Romberg: pz in piedi con sofferenza vestibolare periferica à cadrà dal lato patologico.
• Altri test che valutano l’eventuale presenza di deviazioni segmentarie: se ho deficit
vestibolare periferico avrò deviazione degli arti (anche degli arti superiori) dal lato
patologico. Nelle forme periferiche la deviazione segmentaria cronica degli arti è
concordante con lato patologico e quindi con fase lenta del nistagmo.
Es: crisi di Menier a sx, forma periferica à idrope a sinistra, nistagmo batte a destra (fase
rapida a dx), fase lenta a sx e cadrò a sinistra, devierò tutto a sx.
Nelle forme centrali sarà più complicato e variabile. Se i segni e sintomi non sono concordanti
si sospetta qualcosa di diverso da una forma periferica.

La valutazione del pz vertiginoso comprende una serie di indagini:


• Anamnesi
• Otoscopia: patologia dell’orecchio medio che causa vertigini e nistagmo: colesteatoma,
ovvero infiammazione cronica erosiva dell’orecchio medio che può determinare
nistagmo: segno della fistola à fistola labirintica che determina una vertigine. Se
guardiamo l’orecchio di un pz con vertigine e vediamo un colesteatoma allora
associamo le due cose.
• Esame audiometrico: per verificare se c’è danno uditivo.
• Nistagmo spontaneo: con nistagmo spontaneo intendiamo un nistagmo presente nel pz
con testa ferma, che guarda davanti e che di fatto non è evocato da movimenti della
testa. È un segno fondamentale che va sempre ricercato. Osserviamo gli occhi del pz
facendo attenzione ad una cosa: il nistagmo spontaneo da patologia periferica (non può
essere condizionato) viene inibito con la fissazione (il nistagmo centrale non è inibito
dalla fissazione).
• Se facciamo fissare una biro al pz allora in nistagmo viene meno. Per ovviare a questo
problema facciamo usare degli occhiali particolari, con lenti biconvesse che amplificano
il movimento dell’occhio ed impediscono al pz di fissare. Ma non è indispensabile
perché un nistagmo eclatante si vede molto bene in una crisi acuta.
• Nistagmo di posizionamento: è evocato solo da movimenti del capo à vertigine
parossistica posizionale. Il pz non ha nistagmo spontaneo ma se facciamo fare al pz dei
movimenti del capo compare il nistagmo.
• Valutazione sintomi neurologici associati: il pz vertiginoso deve essere sempre valutato
globalmente per quando riguarda eventuali sintomi neurologici associati, come
diplopia, deficit sensitivo motorio, ecc…; un test cerebellare molto semplice è la prova
indice naso, oppure quello di prono-supinazione dell’avambraccio per vedere se c’è
incoordinazione.
• Valutazione clinica al letto del pz: per es può arrivare in PS con crisi violenta, barellato,
non sta in piedi, ha nausea e vomito; valutando la posizione del pz e la presenza del
nistagmo, abbiamo molte informazioni su quello che serve per fare diagnosi. È naturale
che poi sia necessario effettuare altri accertamenti come TC o RMN.
Vertigine periferica: rotatoria, con nausea, vomito e una serie di sintomi associati.

Patologie vestibolari periferiche


Chiarimento sul termine labirintite: questo termine viene usato dai pz come sinonimo di
vertigine ma la labirintite è una evenienza molto rara. Labirintite: infiammazione del labirinto
vestibolare e può essere virale, batterica, vascolare, ecc…; questo termine non deve essere
usato come sinonimo di vertigine.
Le vertigini periferiche si possono classificare in molti modi. È molto importante conoscere
l’andamento temporale delle vertigini: alcune si presentano una sola volta, altre sono
ricorrenti, si possono accompagnare ad ipoacusia oppure possono presentarsi senza
ipoacusia.

1. Neurite vestibolare
Crisi vertiginosa singola, senza ipoacusia. È un’infiammazione ad esordio acuto a livello del
labirinto periferico, in realtà non solo del labirinto ma anche del ganglio di Scarpa
(vestibolare) legata ad infiammazione virale vestibolare. L’eziologia più probabile è virale.
Come si presenta dal punto di vista clinico? Episodio acuto di vertigine rotatoria violenta con
nausea e vomito (caratteri della vertigine periferica) che insorge improvvisamente spesso in
pieno benessere, il pz sta molto male, arriva accompagnato in PS senza possibilità di muoversi,
non riferisce sintomi uditivi (fattore discriminante), assenza di acufeni o ipoacusia, c’è solo
vertigine violenta rotatoria. Se guardiamo gli occhi del paziente rileviamo sempre un nistagmo
molto evidente con le caratteristiche del nistagmo periferico: coniugato con fase lenta
concordante con lato patologico. Se ho una neurite con sindrome vestibolare destra, avrò un
nistagmo che batte a sx, una fase lenta verso destra, il pz tenderà a cadere a dx, avrà un
Romberg a dx. L’otoscopia è negativa, esame audiometrico negativo (da non fare subito), non
ci sono sintomi uditivi, non ci sono sintomi neurologici. È un’infiammazione virale (in genere
da riattivazione di HSV1) che a volte segue a distanza di qualche giorno/settimana una forma
virale delle vie aeree che il pz ha avuto 10 giorni prima. Non è la regola ma è un’associazione
possibile.
Quanto dura? Dura da alcune ore a qualche giorno. La crisi violenta dura alcune ore poi tende
ad attenuarsi dopo applicazione di trattamento specifico.
Qual è la prognosi e l’evoluzione? La prognosi è favorevole. In più della metà dei casi abbiamo
una completa guarigione con restitutio ad integrum: il labirinto deficitario con danno acuto
recupera la sua finzione più o meno completamente nell’arco di alcune settimane/mesi.
Questa è una sindrome vestibolare caratterizzata da un unico episodio e quindi dobbiamo
rassicurare il pz dopo aver fatto diagnosi di neurite vestibolare che probabilmente non si
ripeterà più (solo nel 2% dei casi si ripresenta). Ci sono casi in cui il labirinto a volte non
recupera completamente la sua funzione e quindi residua un deficit: il pz fa più fatica a
recuperare un compenso, cioè a compensare il deficit vestibolare in maniera completa o meno.
à Compenso vestibolare: insieme di attività neuronali che si pone in atto spontaneamente,
almeno inizialmente, in seguito ad un danno acuto di tipo periferico. Esempio tipico di due
labirinti: abbiamo un labirinto che funziona poco, allora si crea un’attivazione di circuiti
neuronali a livello periferico e centrale per cui si avrà iperattivazione di altre strutture che
devono compensare la perdita di funzione: non soltanto l’altro labirinto ma anche i nuclei
vestibolari e strutture sottocorticali. Il compenso vestibolare, soprattutto nei giovani, è molto
efficace, spontaneo ma può essere facilitato anche da alcuni esercizi di compenso.
Terapia: pz con vertigine violenta, nausea, vomito, non sta in piedi, decubito obbligato girato
sul lato sano, molto infastiditi da luce e rumore, preferiscono stare in ambienti silenziosi e
poco illuminato. Il pz viene subito ricoverato, non riesce ad alimentarsi, e soprattutto si può
fare una valutazione clinica nel tempo. La terapia è per lo più sintomatica: antiemetici tipo
metoclopramide; in fase acuta si possono usare farmaci vestiboloplegici come la tietilperazina
(che fa parte dei neurolettici, torecan: supposte di tietilperaziona che si possono usare in fase
acuta quando il pz ha una violenta vertigine periferica), riduce nausea, vomito e vertigine. I
neurolettici vanno usati il meno possibile, massimo due o tre giorni. Perché vanno usati poco?
Per due motivi:
1. Hanno effetti collaterali soprattutto negli anziani
2. L’utilizzo eccessivo di neurolettici ritarda il compenso vestibolare, che è tanto più
rapido ad attuarsi tanti meno fattori predisponenti sono presenti.
Vengono usati durante la crisi, due o tre giorni e basta. Lo stesso vale per gli antiemetici. Si fa
una terapia sintomatica. Non esiste una terapia eziologica, si fa una terapia sintomatica. Alcuni
consigliano cortisonici, ma non c’è evidenza in letteratura. Terapia di supporto, idratazione,
terapia sintomatica, dopo due giorni il pz sta meglio. Se le valutazioni per deficit neurologici
sono negative o non ci sono altre sindromi, si dimette il pz con ipotesi diagnostica di neurite
vestibolare che andrà poi confermata nel tempo. Come seguiamo il pz? Lo seguiamo facendo
una valutazione a distanza di qualche settimana eseguendo un test vestibolare con prove
caloriche.
Le prove caloriche sono dei test che servono a valutare la funzionalità del labirinto. Se in
ambulatorio arriva un pz per farsi togliere un tappo di cerume e laviamo l’orecchio con acqua
o molto calda o molto fredda, il tappo di cerume si toglierà ma avrà nistagmo e come sintomo
vertigine. Quindi quando togliamo il tappo di cerume usiamo acqua con temperatura vicina a
quella corporea, quindi circa 37°.
La stimolazione con acqua fredda 30°, o calda 44°, che determina un movimento dei liquidi
labirintici con stimolazione termica dei recettori vestibolari, viene fatta da entrambi i lati e
permette di valutare la risposta di entrambi i lati e di confrontarla. I test calorici ci dicono se
quel labirinto funziona più o meno bene e se funziona meno o di più rispetto all’altro lato. Se
facciamo una prova termica calda dai due lati e vediamo che la risposta del paziente intesa
come durata del nistagmo è simile dai due lati, possiamo supporre che la funzione dei due
labirinti sia normale.
Se noi abbiamo un pz che ha avuto una neurite vestibolare e lo facciamo tornare dopo circa 15
giorni a fare un test calorico, cosa ci aspettiamo di rilevare? Se il test viene fatto a breve
distanza di tempo è probabile che risulti ancora un deficit con una risposta patologica dal lato
interessato. Se però il compenso vestibolare è efficace e il recupero del labirinto è buono,
allora vedo che dopo due mesi la risposta labirintica è migliorata.
Il test calorico non serve tanto per fare diagnosi di neurite vestibolare, ma ci permette di
capire se quel labirinto ha recuperato la sua funzione, quindi è un test che serve a valutare la
funzione del labirinto. Dal test calorico non ci dobbiamo aspettare valutazione sulla sede o
sulla causa di una vertigine, ma ci dà informazioni che vanno integrate con altri test e poi
soprattutto serve nel follow up del pz che ha avuto un deficit vestibolare acuto.
La neurite vestibolare non recidiva nel tempo

Vertigine parossistica posizionale o cupolocanalolitiasi


Vertigini periferiche ricorrenti (rotatorie con nausea e vomito) senza ipoacusia è probabile
che siamo nell’ambito della vertigine parossistica posizionale, che è la patologia più frequente
in assoluto. È molto facile da ipotizzare anamnesticamente perché questa vertigine insorge
solo quando il pz muove la testa in una determinata posizione e in quel caso ha una vertigine
violenta, parossistica, che dura molto poco.
Il pz racconta che tutte le volte che si gira sul fianco destro nel letto oppure flette o
iperestende il capo ha una violenta vertigine rotatoria con nausea che dura molto poco e che
però tende a recidivare. È una vertigine parossisistica, ricorrente, brevissima, scatenata dalla
posizione. La causa di questa vertigine parossistica è probabilmente la cupolocanalolitiasi,
cioè il distacco di otoliti (sulle macule dell’utricolo e del sacculo abbiamo otoliti che sono
concrezioni di carbonato di calcio che sono immersi in questa struttura gelatinosa che ricopre
i recettori vestibolari delle macule); gli otoliti si staccano per cause non ancora del tutto note e
attraverso i liquidi labirintici vanno a finire del canale semicircolare posteriore per gravità .
Quindi molto spesso gli otoliti vanno a finire nel canale semicircolare posteriore dove
abitualmente non dovrebbero esserci. Ne deriva che la VPP più ricorrente è quella causata da
un deposito di otoliti nel canale semicircolare posteriore. Vi sono anche altre forme ma sono
specialistiche. I sintomi sono tipici e riferiti molto spesso in modo abbastanza chiaro. Con
l’anamnesi dobbiamo indirizzarci su questa forma. Il pz ha vertigini violente, di breve durata,
pochi secondi, quando assume determinate posizioni, non ci sono sintomi di tipo uditivo e non
ci sono sintomi neurologici. Quando un pz viene a farsi vedere in ambulatorio sta bene. Se lo
osserviamo non evidenziamo un nistagmo spontaneo. Cosa facciamo? Provochiamo la crisi: la
manovra più utilizzata è l’Hallpike: facciamo dei test di posizionamento come riproduciamo la
crisi vertiginosa. Il pz da seduto viene portato con il capo iperesteso e dal lato che
presumiamo essere quello patologico. Se la manovra conferma l’ipotesi diagnostica, il paziente
avvertirà vertigine e avremo anche un nistagmo di tipo geotropo, ovvero se il capo è
iperesteso, i bulbi oculari battono verso terra, verso il basso (fase rapida). Questo è un
nistagmo caratteristico, parossistico, compare con breve latenza, con fase di
incremento/decremento che dura pochi secondi, posizionale, geotropo. È un nistagmo
diagnostico: quando è presente possiamo fare diagnosi di VPP.
È relativamente facile fare diagnosi in questo caso. Come terapia in questo caso i farmaci,
almeno in prima battuta, non servono. Se l’ipotesi è questa e il test è positivo, cerchiamo di
liberare il pz da questi otoliti che sono finiti nella zona sbagliata: ci sono varie manovre e
quella più conosciuta è la manovra liberatoria di Semont, che consiste nel portare il pz seduto,
prima rapidamente sul fianco patologico (se VVP dx viene portato sul fianco destro con il capo
un po’ ruotato), compare nistagmo e il pz ha vertigine e sta male. Poi viene portato
rapidamente dalla parte opposta con il capo flesso verso il basso. Se la manovra ha avuto buon
esito il pz non ha più vertigini. Nel 70-80% dei casi le manovre hanno buon esito. Il problema
è che la VPP tende a recidivare con una certa frequenza. Nel 50% dei casi circa è probabile che
il pz torni a farsi vedere ed è sempre possibile ripetere le manovre. Queste manovre hanno lo
scopo di spostare gli otoliti dai canali semicircolari dove causano la reazione.
Bisogna tener presente che questa è una patologia frequente. In realtà molto spesso non viene
considerata, quindi il pz prende farmaci, non risolve nulla e gira numerosi ambulatori.

Malattia di Ménière
Un’altra patologia periferica è la malattia di Ménière: vertigini ricorrenti ma in questo caso c’è
un danno uditivo.
È una malattia che è causata da idrope labirintico. L’idrope è una distensione, un accumulo, un
eccesso di endolinfa sia a livello cocleare che vestibolare: si ha un aumento di pressione nei
liquidi labirintici che non è ancora chiaro se sia dovuto ad un eccesso di produzione o ad un
difetto di scarico, dovuto al fatto che c’è idrope causata dall’accumulo di liquidi.
Triade sintomatologica:
1. Vertigine: vertigine tipica periferica violenta, rotatoria, con nausea e vomito;
2. Ipoacusia: con caratteristiche peculiari, ovvero riferita come sensazione di fullness
auricolare: il pz dice di avere una sensazione di ripienezza dell’orecchio, che lo fa
sentire meno;
3. Acufene;
Se crisi vertiginose ricorrenti che si accompagnano a ipoacusia e acufeni allora è molto
probabile che sia malattia di Ménière. Il problema di questa malattia è che è una malattia
cronica ricorrente dell’orecchio interno e che determina sintomi persistenti e ricorrenti con
qualità di vita pessima perché sono pz che vivono nell’ansia di questi attacchi. L’andamento
temporale è poco prevedibile ma di solito il pz ha attacchi ricorrenti che iniziano con una
sensazione di fullness, di ipoacusia e acufene con sintomi cocleari che precedono la violenta
crisi vertiginosa rotatoria con nausea e vomito che dura ore. Poi l’episodio di spegne e il pz sta
meglio e poi ha distanza di mesi o settimane si ha una ricaduta. È tipicamente una vertigine
ricorrente. Per fortuna è quasi sempre…Non conosciamo ancora bene la malattia, ci sono
diverse ipotesi patogenetiche.
La diagnosi di certezza non esiste e per farla dovremmo fare dissezione del labirinto quindi un
esame post mortem. La diagnosi definitiva ha dei criteri per porre diagnosi: almeno due crisi
vertiginose con ipoacusia e acufene;
Questa ipoacusia è neurosensoriale ma peculiare, è il contrario che nelle forme recettive (sono
quasi tutte in discesa): almeno nelle fasi iniziali è in salita, l’idrope evidentemente coinvolge
maggiormente le strutture apicali della coclea.
Questa malattia è fluttuante: il pz ha la crisi, poi recupera e poi ha un’altra crisi ma con
l’andare del tempo diventano sempre più gravi, si perde progressivamente la capacità uditiva
fino ad arrivare ad una perdita uditiva monolaterale.
La prognosi è variabile in questo senso: non è una malattia che guarisce ma abbiamo dei
rimedi che permettono di attenuare la malattia. Ci sono invece dei pz con crisi ricorrenti e
subentranti con pessima qualità di vita.
Trattamento della crisi menierica: terapia della crisi acuta da terapia delle crisi ricorrenti.
In fase acuta: antiemetici, neurolettici ma anche terapia eziologica con diuretici osmotici per
scaricare i liquidi, che vengono somministrati per via endovenosa, 1 volta al giorno per cinque
giorni. Si usa glicerolo o mannitolo.
Poi pz va a casa e necessita di una terapia di supporto e anche consigli dietetici: dieta
iposodica che tenderebbe a limitare l’idrope, no fumo, no alcool. Si possono usare farmaci
come betaistina: è un farmaco un po’ strano: è una molecola con proprietà sia periferiche che
centrali (antistaminico) e che va ad agire sul sistema vestibolare sia periferico che centrale. È
l’unico farmaco per cui esistono delle evidenze scientifiche; l’utilità di questo farmaco è che
tende a limitare, ridurre, il numero delle crisi. L’efficacia è dose dipendente. A volte vediamo
somministrare questo farmaco con dosaggio adeguato, 48/72 mg/die per alcune settimane.
Non è un farmaco da usare episodicamente per vertigini ma da usare per cicli. Il pz menierico
grave è ansioso, vive male, quindi ha bisogno di un supporto farmacologico anche per questo
aspetto.
Però il problema è che alcuni di questi pz, anche con il supporto farmacologico stanno molto
male, hanno pessima qualità di vita e richiedono un altro trattamento: possibilità di andare a
distruggere il labirinto che non funziona, monolateralmente. Non è la terapia di tutti i pz, ma
nei pz con attacchi ricorrenti non diversamente trattati, si distrugge il labirinto malato e si
aspetta di avere un compenso da labirinto che rimane e dalle vie centrali. Per eliminare il
labirinto malato si usa la gentamicina per via transtimpanica: si usa l’effetto tossico degli
aminoglicosidi che iniettati per via locale nell’orecchio medio (mezz’ora per far permeare la
gentamicina attraverso la finestra rotonda verso la via vestibolare) → labirintectomia chimica.
Quando si propone queasto trattamento? Quando la malattia è accertata e dopo i 70 anni. C’è
un rischio: che la gentamicina danneggi anche le cellule uditive con peggioramento
dell’ipoacusia. Per questo motivo si tende a fare questo trattamento quando la situazione è
avanzata. Si tratta di pz informati, dispositi a perdere l’udito monolaterale pur di star meglio.
La gentamicina può essere ripetuta più volte e ha dei buoni risultati ma non sempre sono
durature. Nei casi che non rispondono nemmeno alla gentamicina, si ricorre ad un intervento
oto-neurochirurgico di resezione del nervo vestibolare.
Questo intervento ha dei rischi e si propone in pochissimi casi a pz che non hanno più
alternative.

31 marzo
(penso manchi qualche minuto iniziale della registrazione, sta parlando di vestibolo e cazzi e
mazzi, penso parli di sta neurite vestibolare)
Vertigini
Neurite vestibolare
Evoluzione clinica: i neurolettici vengono usati il meno possibile sia per gli effetti collaterali
che per il compenso vestibolare che è ritardato.

Vertigine parossistica posizionale: molto frequente, si fa diagnosi ascoltando il pz che riferisce


che assumendo certe posizioni ha vertigini associate a nausea e vomito che dura pochi minuti.
Si fa una terapia non farmacologica, ma riabilitativa che hanno l’obiettivo di spostare gli otoliti.

Malattia di Meniere: paradigma della vertigine periferica perché determinata da idrope


labirintico (dovuto ad accumulo di liquidi labirintici) che causa 3 sintomi (ipoacusia fluttuante
e poi progressiva sulle frequenze medio-gravi, descritta come sensazione di pienezza
auricolare, acufeni mono o bilaterali e vertigini della durata di alcune ore, con sintomi
neurovegetativi) perché interessa tutto l’orecchio interno, coclea compresa. È una malattia
cronica ricorrente; è una malattia invalidante sebbene spesso sia monolaterale. Si manifesta
come un’ipoacusia recettiva con prevalente interessamento dei suoni gravi almeno
inizialmente, poi interessa tutte le frequenze.
Terapia → ablazione chimica o chirurgica del labirinto coinvolto nei pz con malattia non
responsiva al trattamento farmacologico e che quindi hanno una malattia altamente
invalidante. La terapia chimica sfrutta la gentamicina → si sfrutta l’effetto ototossico per
distruggere i recettori vestibolari risparmiando quelli cocleari cosi da danneggiare il labirinto
malato; il rischio è che ci sia un peggioramento dell’udito perché l‘ototossicità non è selettiva
al 100% per quei recettori.

Forme autoimmuni: processo organo specifico, ipoacusia fluttuante bilaterale asimmetrica,


vertigini ricorrenti. DD con Meniere.

Fistola perilinfatica: comunicazione tra liquidi endolabirintici e l’esterno, può essere legata ad
anomalie congenite (per cui c’è esposizione del labirinto. L’ orecchio medio ed esterno hanno
derivazione embrionale diversa dall’orecchio interno → quello interno è di origine otica →l’
osso che riveste il labirinto è un osso che non può essere modificato. La diversa origine spiega
perchè in caso di malformazione dell’ orecchio esterno il bb può comunque sentire bene) o
acquisite (post trauma cranico, barotrauma causato da una variazione brusca di pressione che
può determinare in condizioni particolari un danno, soprattutto se c’è disfunzione della tuba).
Segni delle fistole labirintiche: segno della fistola nel pz con colesteatoma (l’otite cronica
colesteatomatosa può erodere anche il labirinto → si può creare anche una piccola fistola del
canale semicircolare). Se premiamo sul trago si aumenta lail pz può avere anche ipoacusia
recettiva.
Un altro fenomeno tipico associato alla fistola labirintica è il fatto che il pz abbia una
sensazione di vertigine quando ci sono rumori intensi perché è un labirinto sensibile a stimoli
disparati tipo stimoli pressori o acustici e quindi risponde in modo anomalo con nausea,
vomito, vertigini e anche nistagmo temporaneo.

Forme iatrogene post chirurgia della staffa → Otosclerosi: malattia della staffa in cui c’è fissità
della staffa: prevede l'asportazione di tutta la staffa. In alcuni casi può residuare una
comunicazione tra orecchio interno e orecchio medio e tutte le volte che c'è un aumento di
pressione si ha la vertigine.

Un altro concetto importante circa le vertigini è la capacità di discriminare tra vertigine


periferica (nausea e vomito) e centrale (pz ha atassia e disequilibrio); esistono tuttavia delle
forme sfumate che possono essere segno di una lesione cerebellare (clinicamente sembra una
vertigine periferica, ma nel corso delle ore compaiono nuovi sintomi più specifici).

Vertigine emicranica → ultimamente si è visto che pz vertiginosi hanno una elevata incidenza
di emicrania → con antiemicranici migliora la sintomatologia vertiginosa. È una forma di
vertigine ricorrente (di durata variabile) che può associarsi o subentrare nel tempo a una
emicrania vera → l’emicrania colpisce soprattutto donne, ha andamento famigliare e precede
la vertigine. Non esiste un criterio strumentale per fare diagnosi di vertigine emicranica: è una
diagnosi clinica. Devono essere soddisfatti alcuni criterià deve esserci diagnosi di emicrania
(pz che ha sempre sofferto di crisi emicraniche con vertigini ricorrenti, non ben inquadrabili,
non sembra avere altre patologie; se tutto è negativo possiamo porre diagnosi di emicrania
vestibolare).
Non esiste una tipologia unica di vertigine, ma sono vertigini ricorrenti in pz che soffrono di
emicrania.
Questi pz accusano nistagmo di tipo centrale e imbalance durante la crisi. È un quadro
relativamente frequente e bisogna pensare di chiedere se esiste una familiarità per emicrania.
Importante riconoscerla perché si tratta con antiemicranici.

Possibilità di avere vertigini nell'infanzia: in realtà di solito interessa l'adulto, solo più
raramente il bambino anche perché è difficile che descriva correttamente la malattia. Esiste un
quadro tipico del bambino → vertigine parossistica benigna dell'infanzia che non è da
confondere con quella posizionale dell'adulto. È caratterizzata da brevi vertigini ricorrenti a
risoluzione spontanea non posizionali. L'età tipica di insorgenza è tra 2 e 12 anni. Si ipotizza
patogenesi vascolare→ molti considerano questa vertigine un precursore dell'emicrania
dell'adulto. La prognosi è buona.
È una sindrome ben conosciuta e ben definita. Le valutazioni strumentali non sempre sono
adeguate e l’anamnesi è difficoltosa.
Nel bambino ci possono essere anche altre cause come otite media e complicanze,
labirintopatia traumatica, neurite vestibolare, e pseudo vertigine psicogena dovuta a turbe di
tipo comportamentale. Sono bambini che poi vengono seguiti da vari specialisti perché escluse
le altre cause possono emergere problematiche comportamentali. Il colesteatoma nel bambino
può dare una vertigine vera.

Acufene
Sintomo che dà maggiori problemi. È la percezione di uno stimolo sonoro senza stimolazione
fisiologica. Possono essere periferici o centrali → è una distinzione non facile da fare per via
della complessità della via acustica centrale che consta di una serie di neuroni che ricevono
informazioni dalla coclea e porta l’informazione uditiva alla corteccia. Molto spesso non siamo
in grado di capire con certezza l'origine dell’acufene. Si ritiene però che nella maggior parte
dei casi ci siano alterazioni di tipo cocleari con causa nota.
Si ritiene che il primum movens sia un danno a livello cocleare ma poi vi sia un’ incapacitá
della via acustica di impedire un segnale aberrante. Quindi la genesi può essere un danno
periferico a cui si associa un'alterazione di funzione della via acustica.
Esistono esami specifici per obiettivare l'acufene: è importante valutare quanto influenza la
vita di tutti i giorni e si possono raccogliere dei questionari che permettono di stadiare
l'acufene con un punteggio che riferisce la gravità dell'acufene. Gli acufeni cronici sono molto
spesso invalidanti. Bisogna trovare dei trattamenti perché è un sintomo che incide in maniera
pesante sulla vita relazionale e può causare lo sviluppo di sìndromi reattive.
Un’altra distinzione che si può fare è in acufene soggettivo e oggettivo: soggettivo è quando il
pz sente un rumore e noi non riusciamo a documentarlo; sono i più frequenti. Quelli oggettivi
invece prevedono la presenza di una lesione a livello dell’orecchio o in sede periauricolare che
causa il rumore anomaloà tumori glomici timpanici (sono tumori benigni dell’orecchio medio;
sono masse pulsanti che danno acufeni pulsanti. Si vedono in otomicroscopia), anomalie
congenite (fistole A-V, aneurismi arteriosi ,persistenza arteria stapediale ), lesioni traumatiche
(fistole A-V , aneurismi o stenosi dell’a. carotide interna ), lesioni degenerative (stenosi
aterosclerotiche ), lesioni displastiche (malattia di Paget), patologie cardio-vascolari e
sistemiche (ipt, ipertiroidismo, altre condizioni cliniche di aumento della Gc). L’ acufene
oggettivo può essere trattato con la chirurgia. Tuttavia non tutta la diagnostica non è capace di
identificare lesioni dell'orecchio medio → rientriamo nell’ambito degli acufeni soggettivi.
C’è la possibilità di quantificare l’entità dell'acufene tramite l’acufenometria, ma non dà
informazioni utili per la terapia.
Terapia: capire se l’acufene è oggettivo o soggettivo. Se soggettivo terapia sintomatica → ma
non c'è evidenza che alcuni farmaci siano significativi. In alcuni pz certi farmaci vasoattivi
possono avere effetti temporanei parziali, ma non c’è evidenza statistica di efficacia. Una
modalità di trattamento banale ma efficace è quella di favorire una rumorosità ambientale che
nasconda l'acufene oppure usare dei generatori di suoni.

Nervo Faciale (VII n.c).


È un nervo complesso che interessa gli otorini perché lo possiamo ritrovare in più ambiti:
orecchio, parotide,…. Dobbiamo confrontarci per una serie di patologie.
Nervo faciale: nervo misto completo (perché ha funzione motoria, secretrice, sensitiva e
gustativa); è molto lungo e complesso. Afferenze: gustative e sensitive (ganglio genicolato);
efferenze: motorie e secretrici (tronco cerebrale).
Possiamo descriverne tre porzioni: una endocranica a livello del ponte fino a livello del
condotto uditivo interno, una intrapetrosa (relativa alla parte del decorso nella rocca petrosa
→ è la zona del temporale in cui è contenuto l'orecchio) che può essere scomposta
ulteriormente in tre porzioni e infine c’è l’ emergenza al di fuori del forame stilomastoideo da
cui inizia la porzione extracranica che decorre principalmente nella parotide e poi si sfiocca a
livello della faccia.
Tratteremo soprattutto patologie del tratto intrapetroso ed extra cranico.
Tratto intrapetroso→ si può scomporre in tre porzioni: il primo tratto decorre nella rocca
petrosa (il nervo decorre in un canale osseo detto canale di Falloppio) in un primo tratto è in
stretto rapporto con labirinto, c’è poi un secondo tratto timpanico più frequentemente
interessato dalla patologia perché decorre scoperto sulla parete laterale dell'orecchio medio
→è la sede in cui più spesso c'è insulto a livello neurogeno perché il canale di Falloppio può
essere deiescente nel 10-20% dei casi à in una otite acuta purulenta possiamo avere paralisi
del faciale e poi perché è più sensibile alle infezioni tipo nel colesteatoma, infine vi è il terzo
tratto che decorre a livello mastoideo fino al forame stilomastoideo: è un tratto più facilmente
danneggiabile durante interventi chirurgici.
A livello intrapetroso dà 3 rami collaterali (auricolare posteriore, digastrico e stiloiodeo) e poi
emerge a livello del forame stilomastoideo e penetra nella parotide sia nel lobo profondo che
superficiale (sono lobi delimitati dal passaggio del nervo, non sono due lobi anatomici). Nella
parotide il nervo si divide in temporo faciale (rami temporali, zigomatici e buccali) e cervico
faciale (marginale della mandibola e del collo) à costituiscono la zampa d'oca. Questi due rami
si diramano ai vari muscoli mimici pellicciai della faccia che hanno una funzione fondamentale
nella mimica faciale.
È un nervo misto complesso, prevalentemente motore ma non solo → ha fibre di vario tipo:
poche fibre sensitive pure che concorrono all'innervazione sensitiva del condotto uditivo
esterno. La porzione sensitiva è quella che spiega perché nella Ramsey-Hunt che è una paralisi
da VZV ci sono vescicole nel CUE; vi sono poi fibre eccito-secretrici per la ghiandola lacrimale
e la parotide.
Abbiamo un collaterale che è il nervo stapediale che è il responsabile della contrazione del
muscolo stapediale e del riflesso stapediale che si misura con l’impedenzometria. Ci sono poi
fibre che decorrono all'interno del nervo intermedio di Brisberg che son responsabili della
sensazione gustativa nei 2/3 anteriori della lingua.
La corda timpani è un nervo che si incontra nella chirurgia dell’orecchio medio: decorre sotto
la membrana timpanica e penetra nella rocca petrosa → se danneggiamo la corda timpani
abbiamo disgeusia: alterazioni gustative che poi possono essere compensate nel tempo se la
lesione è monolaterale.

Paralisi del nervo faciale → la periferica è la più frequente.


Esiste anche una forma centrale che si distingue da quella periferica perché nella periferica ho
paralisi dei muscoli mimici di tutto un emivolto (ci sono situazioni, per esempio un tumore
maligno, che interessa solo una branca → in alcuni casi anche le paralisi periferiche possono
essere parcellari); in quella centrale invece abbiamo una paralisi solo dell’emivolto inferiore.
Quella centrare ė più rara da vedere.
Segni e sintomi della paralisi faciale: evidente dal punto di vista clinico. Si ha paresi statica e
dinamica dell'emivolto: deviazione della rima buccale dal lato sano, incapacità parziale o
totale a chiudere l'occhio, scomparsa delle rughe a livello frontale, naso genieno, iperacusia
(fastidio per suoni intensi per via della paralisi dello stapedio), fatica a chiudere l'occhio
Sono però segni e sintomi di poco conto per il pz, pesa di più il danno estetico.
.

Iter diagnostico del pz con paralisi persistente o recidivante:


• Ematochimici.
• Impedenzometria à ha due fini: permette di valutare il riflesso stapediale e di capire la
sede del dannoà il muscolo stapediale si contrae in seguito a suoni di 70/80 decibel. Il
nervo stapediale si stacca dal nervo faciale intrapetroso a livello dell'orecchio medio:
tutte le lesioni del faciale a monte determineranno un’ assenza del riflesso stapediale
perchè c’è un danno della branca efferente faciale motrice. Ma se noi abbiamo un danno
quando il nervo esce e va nella parotide possiamo avere comunque il riflesso stapediale
à è raro, ma è tipico nel caso del cilindroma (tumore della parotide molto aggressivo sui
nervi, caratterizzato dalla presenza di piccoli tumori multipli). Inoltre permette di fare
follow upà se la paralisi di Bell è completa e periferica il riflesso stapediale è assente
ma il pz recupera dopo 10 gg. Se ricerchiamo il riflesso stapediale questo piano piano si
riprende. Quindi questo test è predittivo sul recupero funzionale del nervo.
• TC e RMN si fanno nel sospetto di un tumore della rocca petrosa, intracranico o lesioni
centrali.
• Test di funzionalità lacrimale o salivare sono poco usati.
• Elettromiografia e studio elettrofisiologico si fanno per valutare se vi è possibilità di
recupero della funzione del nervo à caso del trauma cranico che ha determinato un
danno a livello petroso: non si sa se è un danno da edema o da sezione (se quest’ultimo
caso, il nervo non recupera).

DD: lesioni centrali (aneurismi cerebrali, occlusioni della carotide interna, tumori e fratture
del cranio → poco comuni) → possono essere controlaterali e parziali, non si associano a
disturbi del gusto, udito e atrofia muscolare, risulta abolita la motilità volontaria dei muscoli
mimici, ma conservata quella emotiva.
Bisogna quantificare anche l'entità del danno: si va da pz con lieve paresi a pz con paresi del
100% → House brackman è un grading che va da 1 a 6 (con 1 nervo normale) ; si usa anche
per valutare se il pz recupera.

Paralisi idiopatica di Bell → si pensa oggi che sia su base virale, ma nella maggior parte dei casi
si ritiene che il meccanismo patogenetico sia un fenomeno infiammatorio ischemico.
È una paralisi frequente, insorge in pieno benessere, molto spesso acutamente in pz giovani.
È una diagnosi facile dal punto di vista clinico.
Esistono forme sfumate in cui la paralisi può essere parziale. Nei casi tipici si ha un quadro
molto evidente.
CLINICA:
• Inizio acuto e interessamento monolaterale
• Perdita della motricità volontaria e involontaria dell’emiviso
• Perdita del tono muscolare (paralisi flaccida)
• Insensibilità o dolore a carico di orecchio, collo, volto e lingua (50%)
• Segni prodromici del tipo di infezione virale (HSV1)
• Paralisi ricorrente (12%)
• Abolizione dei riflessi (71%) cocleostapediale e ottico-palpebrale
• Diminuzione della secrezione lacrimale
• Disgeusia
• Perdita della salivazione omolaterale
• Iperacusia
• Sincinesie tardive
• Deficit di trofismo dei muscoli
Terapia: se il danno è virale (paralisi di Bell) → cortisonici perché antiedemigeni. Non si danno
gli antivirali.
Farmaci che proteggono l’occhio che non si chiude più bene e perché c’è riduzione della
lacrimazione. Nelle fasi iniziali però può esserci lagoftalmo cioè eccessiva lacrimazione perché
c’è un difetto di scarico delle lacrime. Prognosi buona, recupero quasi sempre completo, in
alcuni casi può essere utile fare fisioterapia

Rumsey-Hunt: paralisi per riattivazione da VZV. Sindrome con esordio acuto di paralisi del
faciale periferica. Esistono segni e sintomi che permettono di fare diagnosi di Rumsey Hunt
prima della paralisi: otodinia o dolore mastoide. Prima o durante comparsa di vescicole nella
zona di Rumsey-Hunt (la zona Rumsey-Hunt è la zona cutanea corrispondente
all’innervazione sensitiva) → se facciamo otoscopia possiamo vedere vescicole a livello della
conca o del condotto uditivo. Il danno del faciale si associa anche a danni dell'VIII nervo
cranico → ipoacusia e vertigini.
Prognosi più severa se non instauriamo una terapia antivirale ev nelle fasi acute. Il cortisone
da solo è sconsigliato perché ha effetto proinfettivo → va associato a terapia antivirale e la
prognosi è meno favorevole perché il recupero non è sempre completo.
Paralisi periferiche infettive: colesteatoma, otiti acute, deiescenza congenita del canale di
Falloppio, otite esterna maligna (tipica dei diabetici → normalmente è una patologia banale di
origine batterica che si cura con gocce e guarisce; tuttavia nei pz diabetici l'otite esterna può
avere decorso aggressivo: arriva fino al basicranio e può essere mortale).

Paralisi immunitarie → rare. Tipica è la Melkersson Rosenthal che si presenta con lingua
scrotale, paralisi ricorrenti ed edema faciale. Difficile da trattare.

In caso di trauma cranico si può avere anche una frattura della rocca petrosa; in alcuni casi ci
può essere coinvolgimento dell’ orecchio interno e del nervo faciale→ le fratture longitudinali
seguono il decorso della rocca (possono dare ipoacusia trasmissiva); le fratture trasversali
possono coinvolgere più facilmente la coclea, il labirinto o il nervo faciale (sono più pericolose
e possono dare ipoacusia recettiva e otorinoliquorrea). Spesso danno paralisi temporale per
edema; nei casi più gravi bisogna fare una decompressione chirurgica del faciale nei vari tratti
cosi da favorire il recupero.

Paralisi neoplastiche: tumori della parotide (soprattutto i tumori maligni perché infiltrano il
nervo), emangioma, neurinoma, MTS. Caratteristiche: paralisi progressiva ed incompleta, non
si ha guarigione a 6 mesi, interessamento di altri n.c, masse e anamnesi positiva per neoplasie.

Lesioni iatrogene→ perché gli otorini trattano zone in cui il nervo passa → bisogna isolare il
nervo.
Esistono condizioni in cui c’è indicazione chirurgicaà se durante una parotidectomia si taglia
un ramo si fa sutura diretta o se non è possibile perché il nervo va asportato perchè infiltrato à
anastomosi ipoglosso-faciale → la paralisi dell’ipoglosso è meno grave di quella del faciale
perché innerva metà della lingua, se l’altra metà della lingua è funzionale riesce a compensare.

14 aprile
La laringe è un organo impari, mediano, costituito da cartilagini, da una serie di muscoli
intrinseci ed estrinseci, da mucosa di rivestimento e da una serie di strutture interne. La
laringe rappresenta un punto di incrocio importante tra vie aeree e digestive superiori. Una
delle funzioni fondamentali della laringe è quella di fare da valvola. Dal punto di vista
strutturale la laringe è costituita da una serie di cartilagini, la più importante ė quella tiroidea.
La cartilagine tiroidea ha una morfologia leggermente diversa tra uomo e donna: nell’uomo è
più prominente l’angolo anteriore (pomo d’Adamo). La cartilagine tiroidea è connessa
superiormente con l'osso iode che non fa parte della laringe, ma è una struttura fondamentale
dal punto di vista della fisiopatologia deglutitoria.
La cartilagine tiroidea si articola in basso con la cricoide, descritta come anello con castone
perché ha una porzione più piccola anteriore e una porzione più alta posteriore. Al di sopra
della porzione posteriore della cricoide abbiamo due piccole cartilagini che sono le aritenoidi,
fondamentali nella dinamica di movimento cordale e in alcuni casi ci sono anche due piccole
cartilagini accessorie. L'aritenoide costituisce l'inserzione posteriore delle corde vocali che
sono tese tra l'aritenoide posteriormente e la faccia interna della cartilagine tiroidea più o
meno a metà tra l’incisura e il margine inferiore. Un’altra cartilagine fondamentale è
l’epiglottide, cartilagine un po’ particolare che è inserita come una foglia a livello della
cartilagine tiroidea, sulla faccia interna al di sopra le corde vocali. Ha funzione fondamentale
per la deglutizione. In realtà è vero che l’epiglottide è importante come valvola, ma in realtà
un concetto importante è che possiamo deglutire anche senza epiglottide: ci sono interventi
che prevedono sacrificio di strutture al di sotto delle corde vocali ma riusciamo comunque a
mantenere un meccanismo di valvola che ci impedisce di inalare.
All’interno e all’esterno della laringe ci sono una serie di muscoli. I muscoli propri della
laringe sono i muscoli intrinseci: sono a propria volta connessi ad altre strutture muscolari
che sono quelli estrinseci, che permettono movimenti della laringe.
Le corde vocali hanno due posizioni fondamentali: una posizione respiratoria in cui sono
aperte e una posizione fonatoria in cui sono vicine. Il muscolo più importante dal punto di
vista respiratorio (funzione respiratoria è la funzione preminente della laringe) è il
cricoaritenoideo posteriore perché è quello che fa aprire le corde vocali, è il muscolo
fondamentale per la respirazione. Se le due corde vocali non si aprono allora c'è un problema
respiratorio. Allora i muscoli cricoaritenoidei posteriori, anche detti postici, sono gli unici
muscoli propriamente abduttori, ovvero che fanno aprire le corde vocali. Quindi una paralisi
di questi muscoli se bilaterale da un problema respiratorio importante. Tutti gli altri muscoli
fanno avvicinare o tendere le corde vocali, quindi hanno preminentemente una funzione
fonatoria.
Le corde vocali sono strutture fondamentalmente muscolari, sono muscoli tiro-aritenoidei
ricoperte da mucosa e sottomucosa con lamina propria che si ispessisce a livello del
legamento cordale (importante per la funzione fonatoria).
Muscolo crico-tiroideo: si inserisce alla cricoide e alla tiroide con funzione di far basculare la
cartilagine tiroidea sulla cricoide tendendo le corde vocali. È un muscolo importante per gli
acuti.
I muscoli intrinseci della laringe sono innervati dal muscolo laringeo inferiore o ricorrente,
nervo motore della laringe. Innerva tutti i muscoli intrinseci della laringe tranne crico-
tiroideo, che è innervato dal nervo laringeo superiore che è un nervo prevalentemente
sensitivo. La sensibilità laringea è data dal laringeo superiore, l’azione motrice
prevalentemente dal laringeo inferiore ricorrente. Il nervo laringeo superiore e inferiore
ricorrente sono rami del nervo vago e questo è molto importante.
La muscolatura intrinseca della laringe ha la funzione di tendere e aprire le corde vocali, con
azione di modulazione della fonazione che è caratteristica di ognuno di noi e che permette di
acquisire quel timbro particolare della voce.
Muscoli estrinseci: si inseriscono sulla laringe ma poi si connettono con altre strutture in
particolare il bordo dell’osso ioide che è il punto cruciale per la deglutizione. Se deglutendo
mettiamo una mano sulla laringe, questa si alza per contrazione dei muscoli sottoioidei che si
inseriscono sulla laringe e la sollevano.
Poi ci sono anche muscoli che si inseriscono in parte sulla mandibola costituendo parte del
pavimento buccale, stilo-ioidei. L’attività di questi muscoli è fondamentale per la
fisiopatologia della deglutizione.
Fisiopatologia della deglutizione: fase orale in cui si ha masticazione con preparazione del
bolo. In questa fase orale la saliva ha azione di lubrificante e antivirale e antibatterico. La fase
orale ė l'unica fase completamente volontaria. Dopo di che quando decidiamo di deglutire,
all'innesco della fase faringea, tutto quello che succede dopo diventa involontario e si
innescano una serie meccanismi che permettono la deglutizione del bolo, la protezione delle
vie aeree e il passaggio del bolo prima in faringe e poi in esofago.

Se entriamo nella laringe in sezione frontale possiamo scomporre la laringe nelle sue tre
porzioni fondamentali:
1. Regione sovraglottica: regione nella laringe al di sopra le corde vocali;
2. Regione glottica: a livello delle due corde vocali vere: zona glottica;
3. Regione sottoglottica o ipoglottica: al di sotto delle corde vocali, prima della trachea.
Le principali regioni interessate da patologie sono la regione glottica e sovraglottica.
Regione sovraglottica: costituita da epiglottide e poi due strutture che sono le false corde che
simulano le corde vocali vere ma non sono dotate di muscoli propri e non hanno funzione
attiva, ma sono importanti nel meccanismo sfinterico valvolare. E poi abbiamo epiglottide che
è la principale valvola laringea.
La laringe, all’interno, è ricoperta da mucosa respiratoria che assume caratteristiche
particolari a livello delle corde vocali: in endoscopia le corde vocali sono biancastre con
epitelio respiratorio che diventa corneificato, assumendo caratteristiche di lucentezza e
spessore particolari.
La corda vocale è costituita da un core muscolare e da una cover mucosa e sottomucosa con
strati che si ispessiscono a livello del legamento cordonale. Le corde vocali di una persona
sana hanno un aspetto biancastro, soprattutto nei giovani.
Sezione delle corde vocali: strato muscolare, epitelio di rivestimento e poi lamina propria
divisa in tre strati, superficiale medio e profondo; lo strato superficiale è uno spazio lasso che
si chiama spazio di Reinke che può andare in contro a processi flogistici edematosi del
fumatore (edema cronico di Reinke). I due altri strati successivi della lamina propria sono più
fibrosi e ispessiti e fanno il legamento cordale. Il legamento cordale non è altro che un
ispessimento degli strati profondi della lamina propria che assume una colorazione fibrosa
biancastra ed è importante perché quando effettuiamo degli interventi chirurgici, ad esempio
per polipi o patologie benigne, dobbiamo conservare il legamento vocale perché è molto
importante per la dinamica fonatoria.
In ordine:
1. Mucosa con epitelio squamoso
2. Spazio di Reinke (superficiale)
3. Due strati più profondi che si sipessiscono a costituire il legamento vocale
4. Muscolo vocale
Questa suddivisione è molto importante per la microchirugia con il laser.

Nervi laringei
1. Nervi laringei inferiori o ricorrenti: si chiamano cosi perché si staccano dal vago a sx, in
basso, a livello mediastinico, decorre attorno all’arco aortico e risale (il ricorrente di sx) nella
doccia tracheo-esofagea per penetrare in laringe a livello cricoideo. Il nervo laringeo inferiore
è fondamentale perché innerva tutti i muscoli tranne uno delle corde vocali e l’unico muscolo
che … in caso di paralisi di un nervo laringeo inferiore ricorrente avremo anche paralisi di una
corda vocale. Se vengono lesionati tutti e due i nervi ricorrenti possiamo avere anche un
problema respiratorio. Il nervo laringeo ricorrente di sx, decorre più in alto, non scende fino al
livello mediastinico. A volte il laringeo ricorrente destro non ricorre, ma questa è una variante
anatomica rara (1%); di solito anche il destro decorre e la zona tipica è nello spazio tra la
trachea e l’esofago.
2. Nervi laringei superiori: derivano dal nervo vago a livello cervicale superiore. È
prevalentemente sensitivo. Il ramo più importante penetra nella laringe a livello della
membrana tiro-ioidea dando innervazione sensitiva di tutta la laringe e poi piccolo ramo
muscolare motore che innerva il muscolo crico-tiroideo, muscolo che tira le corde vocali. Se vi
è una paralisi isolata del laringeo superiore isolata, cosa succede? Le corde vocali si muovono
bene perché il laringeo inferiore è intatto ma oltre ad esserci un problema di sensibilità , che se
monolaterale non è particolarmente grave, può esserci un deficit di tensione delle corde
vocali. Può succedere soprattutto in pz sottoposti a tiroidectomia, in cui non sono stati
intaccati i laringei inferiori ma invece è stato intaccato un laringeo superiore; in molti casi non
ce ne accorgiamo perché la voce è normale ma può esserci un problema sugli acuti.

Funzioni laringee, sono tre:


- Prima funzione: è quella respiratoria, è la più importante.
- Seconda funzione: è quella sfinterica, che permette il transito corretto del bolo
alimentare in esofago evitando il passaggio in laringe e nelle vie aeree del bolo. Se passa il cibo
possiamo avere tosse oppure in caso di passaggio diretto del cibo nella via aerea abbiamo ab
ingestis. Dal punto di vista embriologico, filogenetico è la funzione preminente, più antica, al
pari di quella respiratoria. La deglutizione si articola in diverse fasi: la prima fase orale è
completamente volontaria. La seconda fase, quella faringea: è più delicata perché al
funzionamento concorrono strutture anatomiche e funzionali che devono lavorare
sinergicamente in modo automatico al meglio per evitare i meccanismi di inalazione. Questa è
una fase completamente involontaria. Una volta che il bolo è stato spinto dalla lingua a livello
faringeo si innescano dei riflessi non più controllabili; questi sono: contrazione del palato
molle che si orizzontalizza e chiude il passaggio tra oro faringe e rinofaringe; questo evita il
paggio di liquidi a nel naso (pz con paralisi degli ultimi nervi cranici, un possibile sintomo è il
passaggio nel naso dei liquidi); poi contemporaneamente avremo contrazione muscoli
estrinseci della laringe con sollevamento dell’osso ioide e della laringe; il sollevamento della
laringe determina un’azione di basculamento dell’epiglottide che chiude a coperchio lo spazio
laringeo, per evitare che i cibi ci finiscano dentro. Il sollevamento della laringe quando
deglutiamo è fondamentale per favorire il meccanismo di chiusura sfinterico che in realtà non
riguarda solo l’epiglottide: quando deglutiamo abbiamo contrattura di false corde e corde
vocali vere: ecco perché noi possiamo sacrificare anche due di questi sfinteri (cioè asportare
chirurgicamente tutta la regione sovraglottica, mantenendo le due corde vocali: queste da sole
mantengono l'attività dello sfintere; ci si può anche spingere oltre: basta mantenere un’unità
crico-artitenoidea, ovvero una sola aritenoide che da sola può chiudere per mantenere
l’attività sfinterica). Tre livelli sfinterici: epiglottide, false corde e corde vocali vere, che
possono essere parzialmente sacrificate in determinate chirurgie. Altra fase: rilasciamento del
muscolo crico-faringeo: lo sfintere esofageo superiore normalmente è chiuso e si apre quando
deglutiamo; quando si solleva la laringe, durante la fase faringea si ha una apertura riflessa
contemporanea dello sfintere esofageo superiore che permette al bolo di impegnare l'esofago.
- Funzione fonatoria: corde vocali nelle due posizione fondamentali. L’attivazione del
laringeo inferiore ricorrente fa aprire e chiudere le corde vocali: quando parlo e respiro
abbiamo fasi di apertura e chiusura involontarie, grazie al coordinamento ottimale della
muscolatura intrinseca che permettono di respirare e fonare contemporaneamente. Quando le
due corde vocali sono aperte abbiamo uno spazio respiratorio ottimale e siamo nella
posizione ottimale per la respirazione. Quando le due corde vocali sono vicine abbiamo la
posizione fonatoria.
Come avviene la fonazione? Alla fonazione contribuiscono in modo importante ma non
esclusivo le corde vocali: non sono indispensabili perché possiamo avere una voce
anche senza le corde vocali. Condizioni fisiologiche della fonazione: grazie all’aria
espirata a corde vocali chiuse abbiamo il ciclo fonatorio: vibrazione non della corda
vocale in toto; quello che vibra e permette la genesi del suono è il cover, cioè la
struttura che ricopre la corda vocale. La corda vocale è costituita da due porzione: core
(muscolo) e cover (epitelio). Lo spazio di Reinke permette un certo movimento
dell'epitelio, con l’espirazione, perché ė molto lasso e in questo modo viene prodotta
una vibrazione. Grazie a cicli di vibrazione e apertura e chiusura delle corde vocali
abbiamo la formazione di un suono che non è ancora voce. Quello che permette di
amplificare la voce e di acquisire una particolare connotazione, sono i risuonatori:
cavità di risonanza (ovvero cavità aeree al di sopra delle corde vocali: dalla regione
sovraglottica alla bocca e al naso) che permettono di acquisire un determinato timbro
o colore della voce che è caratteristica tipica di ognuno di noi. Perché questa
peculiarità della voce? Ognuno di noi ha una attivazione delle corde vocali, una
vibrazione delle corde vocali, una massa cordale e una morfologia delle cavità di
risonanza che fanno sì che la voce sia unica. Se modifichiamo le cavità di risonanza,
come quando siamo raffreddati, il timbro della voce risulta alterato. Se ho paralisi del
velo molle ho voce iperfonetica, con risonanza accentuata; patologie dell’epiglottide:
una tumefazione dell’epiglottide determina una modificazione del timbro vocale per
modificazione della cavità di risonanza.

Sintomi caratterizzanti le patologie della laringe:


1. Disfonia: alterazione della voce legata a patologia della corda vocale. Non indica tutte le
alterazioni della voce. Es: diplofonia, ovvero voce sdoppiata tipica della paralisi di una delle
due corde vocali, che non funzionano più in modo sincrono. Stenofonia: affaticamento vocale,
per cui i pz, soprattutto persone che usano molto la voce, hanno un graduale affaticamento
della voce.
2. Disfagia: due tipi: dolorosa e meccanica. Non sono esclusivi della laringe. La disfagia
meccanica non si ha il sintomo dolore ma si ha difficoltà al transito di liquidi o solidi
(diverticolo di Zenker: sacca diverticolare in cui si accumulano i liquidi). Disfagia dolorosa e
meccanica possono coesistere per es nel caso di grossi tumori maligni della bocca, della
faringe, dell’ipofaringe possono determinare disfagia dolorosa e meccanica se la massa è
grossa.
3. Dispnea laringea: dispnea alta, legata ad ostruzione a livello faringo-laringeo. Va
distinta dalla dispnea bassa, ad esempio quella asmatica. Come si caratterizza? Quella laringea
è una dispnea inspiratoria. Poi tipicamente la dispnea inspiratoria può essere accompagnata
da rumore inspiratorio (cornage o stridore inspiratorio provocato da restringimento a livello
della regione glottica per lo più ); oltre al cornage possiamo avere il tirage, ovvero un
rientramento a livello sovrasternale-intercostale legato ad attivazione massimale dei muscoli
inspiratori che cercano di combattere l’ostruzione respiratoria. Caso tipico del carcinoma
della laringe.

L ringomalacia
Nel bambino piccolo, la laringe, essendo una cartilagine, è più molle e può avere una
morfologia ad omega. Di solito si ha poi una maturazione progressiva, per cui l’epiglottide
cambia di forma, si irrigidisce fino ad assumere una forma definitiva. La rigidità e la
conformazione dell’epiglottide infantile possono essere responsabili di una patologia
frequente nel bambino piccolo che è la laringomalacia.
La laringomalacia è un collasso inspiratorio delle strutture sovraglottiche, in particolare
dell’epiglottide: durante l’inspirazione in cui si crea una pressione negativa nel lume laringeo
con collasso della cartilagine flaccida dell’epiglottide, causando ostruzione respiratoria.
Durante la fase inspiratoria ci può essere una riduzione più o meno serrata dello spazio
respiratorio. Il sintomo sarà dispnea con stridore respiratorio. È tipica delle prime settimane
di vita, è abbastanza frequente, legata ad immaturità dell’epiglottide e della regione
sovraglottica della laringe che tende a risolversi nell’arco di qualche mese e si caratterizza per
il fatto che il bambino durante il sonno (l’ipotonia muscolare durante il sonno favorisce il
collasso respiratorio) ha uno stridore inspiratorio. Di solito sparisce quando si sveglia.
Tipicamente questa difficoltà respiratoria tende ad attenuarsi quando il bambino è messo in
posizione prona. Se facciamo piangere il bambino, il pianto è normale. Questo dice che non è
una patologia delle corde vocali.
La laringomalacia è abbastanza frequente, fonte di preoccupazione ma raramente è di entità
tale da richiedere un trattamento: a volte basta osservare e aspettare che si autorisolva. Molto
raramente è molto grave e allora se è presente insufficienza respiratoria è necessario eseguire
trattamenti chirurgici endoscopici, ma nella maggior parte dei casi si autorisolve.
Esistono anche patologie congenite rare infantili della laringe ? Angioma sottoglottico
Ci possono essere angiomi neonatali di vario tipo: piani, tuberosi, ecc… possono essere
organizzati in varie sedi cutanee e mucose. L’evoluzione degli angiomi qual è? Molto spesso
regrediscono in tempo, quindi i genitori vanno rassicurati. Se l’angioma è piccolo e in una
posizione non delicata il problema è solo estetico; se l’angioma è in una zona delicata come la
laringe, anche se piccolo può dare dei problemi. Sotto le corde vocali c’è l’angioma
sottoglottico: è vero che l’angioma regredisce spontaneamente ma se il bambino è sintomatico
con dispnea può peggiorare in modo importante e dovrà essere asportato (il trattamento degli
angiomi può cambiare nel tempo; nel caso degli angiomi laringei si cerca di farli ridurre: una
volta si usava il cortisone, oggi si una il propranololo (antiipertensivo), che ha effetto anti-
agiogenetico, con riduzione importante dell’angioma. Questo effetto è stato riscontrato
occasionalmente nel trattamento dei bambini ipertesi a cui si è visto che sparivano anche gli
angiomi. Si possono fare dei cicli di propranololo che è un beta-bloccante in caso di angiomi
sintomaci. Raramente si arriva alla chirurgia, che in questa sede si fa con il laser.

Come esplorare la laringe: è in una posizione profonda. Per eseguire una laringo scopia, la
tecnica più antica è quella indiretta tramite l’uso di uno specchietto che sfrutta l’immagine
riflessa; si usa la luce frontale di Clar, molto utile perché ci permette di avere le mani libere; la
luce viene focalizzata su uno specchietto, posizionato davanti al palato molle, lo specchietto
viene riscaldato per evitare che si appanni, si fa una trazione delicata della lingua che facilita il
sollevamento della laringe e quindi facilita la visualizzazione. La laringoscopia indiretta ci da
un’immagine riflessa della laringe, è una metodica semplice, non invasiva, ancora eseguita con
regolarità . Ha dei limiti: non si fa nel bambino piccolo perché richiede la collaborazione del pz,
ma anche nell’adulto ci possono essere delle difficoltà : per esempio in presenza di avere
conformazione delle vie aeree superiori o riflesso laringeo particolarmente vivace per cui non
riusciamo ad eseguirla. Possiamo usare anche spray anestetici, ma a volte non si riesce
comunque. Allora in questi casi, non essendo sufficiente la laringoscopia indiretta, si possono
usare le fibre ottiche, che sono di due tipi: flessibili e rigide; il principio è lo stesso dei
broncoscopi; permette di avere un’immagine indiretta e di esplorare tutti i distretti di
interesse otorino laringoiatrico.
Il fibroscopio flessibile è sottile, 3-4mm di diametro, lunghezza opportuna e quelli diagnostici
non sono dotati di canale di lavaggio o aspirazione, come i broncoscopi. Sono molto utili
perché in ambulatorio ci permettono di esplorare il pz senza ricorso ad anestesia. Si può usare
anche nei bambini piccoli. Il flessibile viene introdotto nel naso, permette di esplorare tutte le
cavità facendo una panedoscopia.
La rigida è più selettiva perché permette di avere una visione migliore, però ha lo stesso
problema dello specchietto: nei bambini e nei pz adulti con il riflesso vivace non si riesce a
fare. Serve per documentare, filmare, archiviare e fotografare delle immagini laringee nei pz
che lo consentono.
Un altro strumento specialistico utile per le patologie delle corde vocali è la stroboscopia
laringea: è fatta sfruttando l’endoscopia con rigido o con flessibile sfruttando un principio: in
condizioni normali non siamo in grado di vedere la vibrazione delle corde vocali, perché
sfugge alle capacità retiniche; allora si sfrutta un artifizio per cui si sfrutta un fonte luminosa
che sia sfasata rispetto al ciclo fonatorio in modo tale che si acquisiscano delle immagini
sequenziali sfasate rispetto al ciclo cordale che ci daranno un’immagine di vibrazione delle
corde vocali. È un'indagine endoscopica che serve a valutare la vibrazione delle corde vocali in
alcune patologie, ad esempio le cisti o i polipi delle corde vocali. È molto utile perché permette
di capire la fisiologia della fonazione, come si muovono le corde vocali quando foniamo.
Quando facciamo la valutazione tramite laringoscopia indiretta dobbiamo valutare la laringe
in condizioni statiche o dinamiche: dobbiamo far fonare il pz per la valutazione dinamica,
vedere come si muovono le corde vocali ed escludere la presenza di deficit motori.

Patologie acquisite benigne delle corde vocali


1. Noduli cordiali
Sono dei piccoli ispessimenti della porzione più anteriore delle corde vocali legati nella
maggior parte dei casi ad un uso eccessivo della voce. Sono pazienti soprattutto di sesso
femminile che parlano molto, impostano male la voce; non è legato a quanto si parla ma
soprattutto all’impostazione della voce. Nella fonazione è fondamentale la fase espiratoria: se
la fase espiratoria è scorretta si può avere un eccesso di attrito delle corde che si toccano e che
nel tempo creano i noduli delle corde vocali, che sono dei piccoli calli; spesso sono bilaterali e
danno luogo al fenomeno del kissing, quando i due noduli si toccano, a livello della parte
anteriore. Il sintomo con cui si manifestano è la disfonia. Non causano dispnea o disfagia. La
sintomatologia è una disfonia fluttuante, ricorrente o ingravescente perché un abuso vocale
può aggravarsi nel tempo per fattori proinfiammatori susseguenti.
Terapia: riposo vocale e terapia riabilitativa. Essendo legati ad una cattiva impostazione della
voce, il pz va indirizzato dalla logopedista. La terapia è quindi conservativa, che avviene
mediante rieducazione fonologopedica. Consigli anche di igiene vocale (non urlare). Se il pz
non reimposta la voce avrà una ricaduta nel tempo. I noduli delle corde vocali devono essere
solo raramente operati, qualora il trattamento conservativo non sia sufficiente, ma è
un’evenienza molto rara. I noduli possono essere presenti anche nell’adolescente, che ha
disfonia; soprattutto nei bambini ipercinetici, e il meccanismo è spesso legato ad una cattiva
impostazione della voce. In questo caso sfruttiamo la maturazione dell’organo vocale nel
tempo, indirizzando il bambino dalla logopedista.

2. Cisti delle corde vocali


È una piccola cisti all’interno delle corde vocali. Ad una prima valutazione è difficile
distinguere un nodulo da una cisti. Può essere d’aiuto la stroboscopia perché la vibrazione
della corda vocale, se c’è una cisti, può essere interrotta in quella zona di corda vocale. In
realtà a volte il riscontro è chirurgico; se noi sospettiamo una cisti, il pz non migliora, abbiamo
un sospetto, allora poi bisogna portarlo in sala operatoria perché la terapia della cisti è
chirurgica.
? Microlaringoscopia diretta: si passa dall’interno, si fa una laringoscopia diretta, anestesia
generale, pz intubato. Mettiamo un laringoscopio rigido (tutto questo vale per tutti gli
interventi che si fanno sulle corde vocali); diretta perché mettiamo un tubo rigido (abbiamo
una visione diretta), micro perché usiamo il microscopio, e poi con strumenti freddi oppure
con il laser asportiamo la cisti della corda vocale. Si incide e si esporta la cisti. È importante, in
questi interventi di fono-chirurgia, essere molto delicati perché se danneggiamo il legamento
o il muscolo vocale rischiamo di avere una disfonia che era peggio rispetto a quella data dalla
cisti. Ecco perché bisogna usare il microscopio e strumenti molto delicati.

3. Polipi delle Corde vocali


Differenza tra nodulo e polipo: non è una differenza sempre di tipo anatomopatologico. Il
polipo, oltre ad essere più grosso, è una struttura che ha del connettivo. Non è semplicemente
un ispessimento del rivestimento epiteliale ma è proprio un prolasso parziale della lamina
propria. I polipi possono essere molto piccoli o voluminosi. La sintomatologia è una disfonia. I
polipi sono legati molto spesso a sforzi vocali, più frequenti nell’uomo. Si può avere uno sforzo
vocale violento, una piccola emorragia della corda vocale attorno a cui si può avere questo
polipo. La disfonia sarà persistente e ingravescente.
Come si curano? Il polipo se molto piccolo può essere ancora trattato in modo conservativo
con l'uso di cortisonici, igiene vocale, rieducazione fonatoria. Se son grossi invece si fa
l’asportazione in microlaringoscopia diretta. Il polipo vero e proprio della corda vocale non è
una precancerosi ma è una patologia benigna.
La sede di questi polipi è sempre la parte anteriore delle corde vocali, dove può esserci un
maggior attrito.
Disfonia che persiste nel tempo: quando c'è disfonia persistente o ingravescente oltre i 15 gg
bisogna indirizziamo ad una visita specifica, soprattutto se è un pz fumatore perché possono
esserci carcinomi delle corde vocali.

4. Edema di Reinke
Patologia tipica dei forti fumatori. È un edema più o meno importante delle corde vocali che
diventano gonfie ed edematose. Diventano come dei salsicciotti, con aspetto gelatinoso,
edematoso. L’edema di Reinke è un edema cronico bilaterale delle corde vocali che è presente
in pz forti fumatori, che spesso sono anche persone che parlano molto e male ?Abuso vocale
associato al fumo. È però un edema cronico dello spazio di Reinke che si imbibisce.
Nelle fasi iniziali è appena visualizzabile, nelle fasi avanzate diventa molto importante, a volte
quasi ostruente e se negli anni lo trascuriamo può portare a problemi respiratori. Quando lo
diagnostichiamo, il sintomo principale è la disfonia: in questi pz la disfonia è abbastanza
caratteristica dal punto di vista sonoro. È un timbro, un colore vocale che percepiamo in
alcuni cantanti con timbro molto basso, legato ad un’edema cronico delle corde vocali.
È un edema benigno, non è una precancerosi. Di per sé è una patologia infiammatoria, non è
indispensabile trattarlo chirurgicamente.
Terapia: smettere di fumare (negli stadi iniziali permette la remissione) e meno abuso della
voce. Se l'edema è importante invece bisogna asportarlo chirurgicamente.
?Microlaringoscopia diretta endoscopica con strumenti freddi o con il laser si elimina
l’eccesso di mucosa e aspirare l’edema. È fondamentale il rispetto delle strutture anatomiche
delle corde vocali. Dopo l'intervento la voce cambia, in meglio ma anche in peggio. Non è
obbligatorio trattare questo edema. Se il pz continua a fumare rischia di ripetere l’intervento
perché si riforma quasi sicuramente.

5. Granulomi cordali
(es: Granulomi post intubazione). Si tratta di granulomi, quindi forme iperplastiche
infiammatorie, situate nel terzo posteriore della corda vocale (quindi sede diversa da noduli e
polipi), soprattutto a livello dell’aritenoide. L’aritenoide ha un processo anteriore sul quale si
inserisce la corda vocale. La zona di passaggio tra il terzo posteriore della corda vocale e
l’aritenoide è la zona che è più soggetta alla formazione di questi granulomi.
I granulomi delle corde vocali possono essere legati a due o tre meccanismi:
- intubazione protratta: pz intubato per 10-15 gg può sviluppare a distanza di tempo il
granuloma. Può succedere non solo per una questione di tempo di utilizzo del tubo ma anche
per il materiale troppo rigido e la dimensione del tubo: provoca infatti un decubito sulla
mucosa e può determinare attraverso un meccanismo di ischemia della mucosa
un’ulcerazione cui consegue la formazione di tessuto di granulazione, per cui si sviluppa un
granuloma posteriore delle corde vocali. Se legati ad intubazione, possonjo essere suscettibili
di trattamento conservativo con farmaci: cortisonici che permettono il riassorbimento nel
tempo.
- reflusso gastroesofageo: alcuni granulomi possono essere legati ad un reflusso cronico
di acido. La sede è determinata dal fatto che il reflusso di acido deriva proprio dallo sfintere
esofageo superiore e quindi va a ledere la porzione posteriore della laringe. Quindi la sede dei
granulomi è posteriore per questo motivo. Il granuloma da reflusso va trattato in modo
conservativo, quindi va trattato il reflusso (collaborazione con gastroenterologi). A volte è
sufficiente, se abbiamo evidenza anamnestica di reflusso, siamo autorizzati a fare un
trattamento iniziale di qualche mese con omeprazolo (IPP) e se effettivamente l'eziologia è
quella ci sarà miglioramento dell'obiettività . Vengono operati i granulomi da reflusso? Molto
raramente. Tendiamo a non operarli perché se trattati chirurgicamente si riformano nel 99%
dei casi. La chirurgia espone ad un alto rischio di recidive, inoltre se la diagnosi è corretta la
terapia eziologica è sufficiente; ci sono casi rari però in cui il granuloma può creare problemi
respiratori e in questo caso va tolto.

5. Patologie infiammatorie della laringe


Non sono frequentissimi ma molto importanti per le conseguenze che possono avere.
- Laringite acuta: molto spesso succede che in corso o successivamente a episodio
infiammatorio a livello faringeo può esserci disfonia e ci può essere, con meccanismo di
diffusione ascendente, una laringite virale o batterica; tipicamente si ha comparsa di
disfonia. La laringite non viene valutata endoscopica mente dall'otorina lerche regredisce
con terapia sintomatica in qualche giorno. Dobbiamo preoccuparci solo se la disfonia
persiste dopo un periodo per cui un quadro infiammatorio dovrebbe risolversi. La disfonia
a volte può essere anche molto marcata tant'ė che alcuni ipotizzano che potrebbe non
essere dovuta solo a quadri di infiammazione delle corde vocali. Si possono osservare in
corso di laringite acuta corde vocali edematose ma non hanno un quadro così eclatante ma
il pz è molto distonico, addirittura afonico: si ipotizzano allora quadri di miosite, ovvero
infiammazione del muscolo per cui le corde vocali si tendono meno. La terapia è
sintomatica.
- Laringite ipoglottica o sottoglottica: tipica del bambino piccolo, primi anni di vita, patologia
virale legata all'infiammazione della regione sottoglottica. Perché questa regione nel
bambino? Perché il cono sottoglottico nel bambino è molto piccolo e inoltre è una regione
che va incontro ad edema reattivo infiammatorio per cui in corso di infezioni virali è facile
che si crei un edema importante sottoglottico. Questo determina una riduzione più o meno
pronunciata dello spazio respiratorio. Un bambino piccolo in corso di raffreddore può
incominciare ad avere sintomi respiratori legati all'edema sottoglottico: può avere dispnea
con stridore laringeo con tirate e cornage. La terapia per fortuna è in grado di risolvere
molto bene il quadro: è una patologia frequente nei mesi invernali, favorita dal
surriscaldamento degli ambienti in cui si dorme e della secchezza. È utile umidificare gli
ambienti; somministrate terapia cortisonica: se non c'è miglioramento il bambino viene
portato in PS è molto spesso questa patologia viene trattata dai pediatri con aerosol con
adrenalina. L'adrenalina per via aerosolica risolve questo quadro perché qst edema è molto
sensibile alla vasocostrizione da adrenalina. È una patologia che cura il pediatra. Il pediatra
manda dall'otorino questi pz perché periste la dispnea o se la terapia cortisonica non
funziona. Se le cose vanno male si fa l'intubazione. La tracheotomia non si fa in questi casi
perché: è un'edema e quindi non è un problema intubare; inoltre la tracheotomia nel
bambino si cerca di fare il meno possibile perché si va ad interferire i processi di sviluppo
della trachea e inoltre non si svezza (riportarlo nella condizione di respirazione naturale)
facilmente il bambino.
- Epiglottidite acuta: interessa porzione alta, sovraglottica della laringe. È una patologia
acuta batterica, dovuta ad Hemophilus influenzae, frequente negli adulti. Si ha un'infezione
acuta batterica dell'epiglottide che gonfia, diventa come un palloncino. Questo può
succedere in corso di faringite. I sintomi saranno: disfagia dolorosa ingravescente,
faringodinia all'inizio, febbre, dispnea se la condizione peggiora. Questa patologia è
pericolosa perché il rischio è che il pz può andare in insufficienza respiratoria acuta. Il pz va
rivelato e bisogna iniziare terapia antibiotica parenterale ad alte dosi, cortisone (anti
edemigeno) e osservazione stretta del pz. Se la dispnea peggiora e diventa grave si fa una
tracheotomia d'urgenza: non si fa l'intubazione perché sarebbe difficile e anche rischiosa.
L'anestesista non vede nulla e i tentativi possono far peggiora in quadro facendo
sanguinare e possono peggiorare la situazione. Si fa tracheotomia d'urgenza in anestesia
locale. Antibiotici per via sistemica ad alte dosi, cortisone, se non c'è risposta tracheo. Il pz
lo valutiamo con il fibroscopio, non con lo specchietto perché scateniamo dei riflessi. Può
esserci otalgia riflessa. La diagnosi deve essere tempestiva. Se arriva al PS un pz con
sintomi respiratori, è meglio che lo valuti l'otorino. È una patologia non frequente ma in
alcuni mesi dell'anno possono esserci delle poussè nel tempo.
- Papillomatosi laringea: malattia poco frequente. È legata alla patogenesi da hpv: virus che
determina condilomi, i carcinomi della cervice uterina e inoltre è implicato anche nei
carcinomi della tonsilla dell'orofaringe. La papillomatosi laringea è una patologia benigna, è
una formazione papillare legata ad infezione laringea da hpv. Di solito sono hpv a basso
rischio, quindi 6 e 11. Quelli che determinano trasformazione tumorale sono 16/18/31/33.
Il problema di questa papillomatosi è che ci sn due forme: una forma giovanile che insorge
con pochi anni di età , l'incidenza non alta ma andamento aggressivo. Il problema di questi
papillomi, almeno nelle forme iniziali non è legato al fatto che siano lesioni tumorali, ma ė
legato al fatto che hanno altissima tendenza alla recidiva. L'unico trattamento possibile è
quello chirurgico, si parla di interventi di ablazione chirurgica con laser in micro
laringoscopia diretta. Se asportiamo uno o più papillomi danno recidiva, dobbiamo
informare il pz del fatto che avrà un recidiva perché è un'iniezione d'organo, di campo. È
una forma pluri-recidivante. Lo stesso dicasi per la forma adulta però il bambino ha il
rischio di avere davanti a se una vita di interventi ripetuti. Sono pazienti che vengono anche
operati 50 volte. Secondo problema, che interessa sopratutto l'adulto nel 2% dei casi,
possiamo avere una trasformazione neoplastica: con il passare del tempo o più raramente
perché sono in gioco hpv con genotipo a rischio neoplastico. Ovviamente cambia il
trattamento. In alcuni casi quindi, pur essendo una patologia benigna, può diventare una
precancerosi. Perché è importante ricordarsi che esiste nel bambino? Perché nel bambino
con disfonia non ci diamo molto peso. Un papilloma come primo sintomi da disfonia. La
disfonia persistente e ricorrente deve essere valutata in ambito specialistico perché se
trascurato può aumentare di dimensioni e ostruire la laringe. Diagnosi deve essere
tempestiva. Raramente si arriva alla laringectomia. I papillomi hanno aspetto polipoide con
forme mammellonate è molto spesso sono multipli, sono tanti papillomi che colonizzano la
laringe. La trasmissione avviene da mamma a bambino e questo spiega le forme giovanili,
che sono quelle più aggressive dal punto di vista clinico. Nel bambino possiamo avere anche
delle stenosi laringee: aree di restringimento del lume per lo più acquisite: incubazione
prolungata. Un tubo crea meccanismi di infiammazione, ischemia, ulcerazione e stenosi. Ci
possono anche essere stenosi laringe congenite ma sono situazioni più particolari.
- Precancerosi: alto rischio di trasformazione neoplastica di alcune patologie laringee.

21 aprile
OSAS
Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno: disturbo della respirazione nel sonno
caratterizzato da una prolungata ostruzione parziale e/o da un’ostruzione intermittente
completa (apnea ostruttiva) che altera la ventilazione durante il sonno, nonché la struttura del
sonno stessa.
Esiste uno spettro di patologie associate all’ ostruzione meccanica delle vie aeree superiori →
disturbi respiratori del sonno → russamento, UARS (upper airways resistance syndrome),
OSAS.
A seconda del quadro di ostruzione si passa da quadri lievi a quadri più gravi. Il quadro lieve
consiste nel russamento → associato ad una vibrazione delle strutture molli del palato e della
lingua. Quando l’ostruzione meccanica diventata totale e vi è collasso completo e temporaneo
delle vie aeree allora passiamo all'apnea e quindi si ha l’osas.
Le osas vengono classificate in base al numero di eventi apnoici nell’ora di sonno. Questo è un
parametro importante perché il soggetto normale ha al massimo un indice AHI di 5.
Le osas si classificano in forme lievi (5-15 eventi ostruttivi per ora di sonno), moderati (16-30)
e gravi (>30) a seconda del numero di eventi apnoici. Questa classificazione non è solo
didattica perché ha una ricaduta importante sulle complicanze dell’osas → le apnee gravi
ricorrenti espongono ad un rischio cardiocircolatorio aumentato.
La qualità del sonno non è ottimale, ma il pz non si accorge delle apnee durante il sonno → ha
una sonnolenza diurna non proporzionale al tipo di attività che fa.
La prevalenza è circa del 5% ma è un fenomeno sottostimato. È più frequente nei maschi. Le
donne sono protette fino alla menopausa grazie a fattori ormonali. Eziopatogenesi è
multifattoriale. Le implicazioni sono gravi (rischio anche di incidenti sul lavoro, perché si
addormenta).
Chi si occupa di apnee del sonno sono soprattutto gli pneumologi, ma i primi che hanno
studiato questa sindrome sono stati i neurologi. Dal punto di vista terapeutico interessa
soprattutto otorini e chirurghi maxillo-facciali.
In condizioni patologiche nella maggior parte dei casi abbiamo un meccanismo di collasso
delle strutture molli oro e ipofaringee. Fisiologicamente nel sonno succede che c'è ipotonia del
tessuto muscolare con pressione negativa durante inspirazione → c’è già predisposizione al
collasso, ma nel soggetto normale, con attività neuro mediata normale, i muscoli impediscono
il collasso.
Se c'é tendenza al collasso, si crea una vibrazione delle strutture molli, soprattutto del palato,
che provoca russamento. Nelle apnee tutto collassa e si chiude → è un fenomeno che dura
poco perchè ci sono dei meccanismi automatici a livello centrale con riattivazione della
muscolatura. Se le apnee si ripetono molte volte nell’arco delle ore di sonno allora abbiamo le
osas.
Nei quadri gravi di osas il pz si addormenta in qualsiasi tipo di situazione.
L'obesità è uno dei fattori favorenti, ma ci son pz con osas grave che sono normopeso.
Si sa ancora poco sulla fisiopatologia di questi eventi: si sa solo che c'è un collasso a livello
dell'orofaringe e ipofaringe.
Fattori predisponenti sono fattori genetici (assetto muscolare costituzionale), fisiologici
(grado di ipotonia muscolare che si crea durante il sonno), anatomici (siti ostruttivi, come
ipertrofia tonsillare spiccata → tonsillectomia nel bambini in caso di ipertrofia adenotonsillare
molto marcata e ripetute infezioni. Nel bambino quindi l'ipertrofia delle tonsille causa osas.
Nell'adulto le tonsille sono più piccole, perché viene meno la funzione immunitarie tranne nei
casi in cui le tonsille son grosse à togliendo la tonsilla abbiamo buone possibilità di
miglioramento), patologici (obesità , miopatie,..).
È importante differenziare il russamento semplice dalle apnee. Esistono pz che russano ma
non vanno in apnea à è solo un evento fastidioso e non aumenta il rischio cardio vascolare.
Quando al russamento si associano delle apnee la questione cambia. Il russamento è
considerato la prima fase di osas.
Sintomi: di solito son pz che hanno da almeno sei mesi russamento abituale persistente;
l'apnea di solito è già sospettata dal pz stesso perché si accorge che ci son risvegli improvvisi
con sensazione di fame d'aria (choking) che potrebbero essere anche riferibili al reflusso
gastrico esofageo. Ma il sintomo cardine è la sonnolenza diurna.
Segni: obesità , circonferenza del collo > 43 cm (M) o 41 (F), dismorfismi cranio facciali (bb con
retrognanzia), anomalie ostruttive orofaringee e laringee.
La valutazione clinica è multidisciplinare. Più specialisti sono implicati in diagnosi e
trattamento.
Come fare diagnosi di osas? Con la polisonnografia, oggi considerato il gold standard. È un
esame dei pneumologi: è una registrazione di quello che succede durante il sonno. Si valutano
vari parametri durante il sonno → si analizzano questi dati e si fa diagnosi.
È necessario effettuare una serie di indagini → fare bene l'anamnesi, valutare la sonnolenza
del pz (tramite dei sondaggi), eseguire una serie di indagini radiologiche di competenza
maxillo-facciale in cui si va a valutare i diametri tra segmenti ossei in particolare la
teleradiografia ( è un rx LL in cui il maxillo facciale misura le distanze tra i vari segmenti
ossei).
Esistono anche altri metodi per far diagnosi di osas → si possono fare delle polisonnografie a
domicilio oppure l’ossimetria notturna (si fa soprattutto nei bb, ma non è affidabile per fare
diagnosi certa).
In ambito orl se c’è sospetto o certezza di osas si può fare una valutazione
otorinolaringoiatrica più mirata → score di Mallampati: indice semplice che permette di
valutare, facendo tirare fuori la lingua, quanto palato riusciamo a vedere. Se vediamo tutto il
palato compreso l’ugola il Mallampati è basso; Se vediamo un parte di ugola ha Mallampatì più
alto, se vediamo solo palato duro allora Mallampati alto. Nasce in ambito anestesiologico
perchè è uno score di difficoltà ad intubar, tuttavia si è visto che il Mallampati correla
abbastanza strettamente con le apnee: le osas gravi spesso si associano a Mallampati alto.
La valutazione orl si fa con la fibroscopia (importante perché permette di valutare in
ambulatorio le vie areo digestive superiori → la prima valutazione è a livello orofaringeo →
può esserci una marcata ipertrofia tonsillare, dell’ugola oppure epiglottide molto flaccida che
va a chiudere. Si rilevano le sedi di ostruzione e si quantifica l’entità di ostruzione e il tipo di
ostruzione) e con la sleep endoscopy che è importante per la pianificazione chirurgica.
Manovra di Mü ller: inspirare rapidamente, tenendo chiusa la bocca e poi si chiude il naso.
Questo permette di creare una pressione negativa che simula quello che avviene durante il
sonno. Questo però ci dà delle informazioni che non sempre sono sufficienti → lo stesso esame
viene ripetuto mentre il pz dorme → si induce una breve sedazione farmacologica (con il
propofol) in sala operatoria e mentre il pz dorme andiamo a vedere cosa succede. Con
fibroscopio vediamo cosa succede in un sonno che sia il più possibile fisiologico.
Il maxillo-facciale valuta il pz: questa valutazione è importante perché spesso ci sono
malocclusioni e dismorfismi faciali; poi fa una cefalometria e fa delle misurazioni.
Indicazioni al trattamento: russamento disturbante (se è lieve si possono fare trattamenti
alternativi per evitare la cpap → chirurgia), choking, eccessiva sonnolenza diurna, RDI >20,
RDI<20 ma eccessiva sonnolenza diurna, minima saturazione di O2< 90%, aritmia indotta da
eventi ostruttivi.
Terapia non chirurgica: perdita di peso, igiene del sonno, sospensione fumo, alcool, farmaci,
correzione ipotiroidismo, ortodonzia, dispositivi nasali/orali, cpap.
Il gold standard per la terapia è la cpap, il cui grosso problema ė che non è tollerata dalla metà
dei pz. Se ben regolata è sempre efficace, ma è un trattamento che va fatto tutta la vita à
soprattutto se il pz è giovane o non tollera la cpap si può intervenire chirurgicamente, ma solo
se in base agli esami viene identificata una o più zone che siano trattabili chirurgicamente.
Fascia di età dei pz con osas: media.
Il naso in tutto questo non ha un ruolo principale. Se il naso è ostruito si avrà anche
un'alterazione del flusso a livello delle zone collassabili → ma se pensiamo di risolvere le
apnee ad un pz soltanto con chirurgia o terapia del naso allora non risolviamo nulla. La
chirurgia si fa solo per diminuire i livelli pressori della cpap.
Alcuni esempi: pz che abbia collasso a livello del palato molle: molto ipertrofico e flaccido e
chiude durante il sonno. Molto spesso non è l'unica ostruzione meccanica. Se il problema è a
livello del palato facciamo faringoplastica di sospensione. Se le tonsille sono molto grosse
vanno tolte → poi si danno dei punti di sospensione laterali in alto → si accorcia il palato e si
sospende.
Più grave è l'osas, maggiore sarà la difficoltà a livello chirurgico perché probabilmente sono
coinvolte più sedi collassanti. La basilingua è una zona difficilmente accessibile con la
chirurgia → si usa un robot per ridurre ipertrofia perché permette di lavorare in ambito molto
stretto senza fare tagli esterni.
I pz con osas che fanno interventi di qualsiasi tipo hanno un rischio intra e post operatorio
molto marcato: avranno una difficoltà di intubazione maggiore e rischiano di avere problemi
nel risveglio e nel post operatorio → se l’osas è grave l’anestesista controlla il risveglio in
rianimazione.
La chirurgia è solo una seconda opzione perché possono esserci effetti collaterali importanti
→ se facciamo una chirurgia palatale e portiamo via troppo palato molle rischiamo di causare
un’ insufficienza velare o una stenosi faringea con insufficienza dal punto di vista alimentare.
L’intervento risolutore sarebbe la tracheotomia che si cerca di evitare; tuttavia ci sono
condizioni estreme in cui non si può fare altrimenti.
Spesso l'approccio chirurgico è multidisciplinare con i maxillo-facciali → avanzamento dei
mascellari in cui si fratturano i mascellari e si portano in avanti di circa 1cm per aumentare lo
spazio respiratorio. È invasivo ma ha ottime possibilità di risoluzione perché si spostano
stabilmente dei segmenti ossei, l’intervento sui tessuti molli non è per forza definitivo,
potrebbero ricollassare.

Osas nel bambino. La situazione è più semplice perché nel 90% dei casi è dovuta all’ipertrofia
tonsillare → se le apnee insorgono nel bb <2 anni → il problema non è solo legato alle
adenoidi. Esistono anche situazioni più gravi come dismorfismi (insorgono nei primi 6 mesi di
vita e vanno valutate coi pediatri e coi maxillo), malattie neuro muscolari, obesità importante,
trisomia 21.
È un bambino ipercinetico, non si capisce perché sia così irrequieto e a volte sorgono dei
problemi di tipo comportamentale. Il bambino non deve avere per forza numerose apnee per
avere osas, quindi la diagnosi è posta anche con AHI>1.
Sintomi e segni: turbe comportamentali, turbe dell’accrescimento a livello scheletrico facciale
oltre che problemi di cuore polmonare cronico.
Anche il bambino può avere complicanze post- operatorie.
Diagnosi: polisonnografia è l’esame standard, ma se fatto a domicilio richiede tempo e costi
importanti. La si fa solo se la diagnosi è incerta → ipertrofia non spiccata, bambino molto
piccolo o con dismorfismi, se lo richiede l’anestesista per valutare i rischi post-operatori.
Fattori prognostici negativi clinici: età <3 aa, obesità , dismorfismi, neuropatie; strumentali:
AHI>10, SaO2 nadir >70%.
Terapia: se il problema è di adenoidi → steroidi per via nasale (con moderazione); se il bb ha
malocclusione o dismorfismo insieme ai maxillo si possono usare dei devices mandibolari per
migliorare la conformazione buccale. Raro l’uso di cpap perché spesso la causa sono le
adenoidi! Può essere richiesta nei casi gravi da dismorfismi, con comorbilità , … ma la
tonsillectomia è risolutiva nella quasi totalità dei pz.
Andrebbe eseguita anche nel bb la fibroscopia.
Se il bb ha delle apnee notturne, è sconsigliabile togliere solo le adenoidi perché sennò
continua ad avere delle apnee → è difficile spiegare al genitore che vanno tolte anche le
tonsille, nonostante il bb possa aver fatto poche tonsilliti (indicazioni alla tonsillectomia sono
infatti: OSAS, malocclusione e/o dismorfismi cranio-faciali, 3 o + episodi infettivi all’anno).
Corpi estranei.
Se auricolari → non è una emergenza. Il problema è per i corpi estranei inalabili o ingeribili.
L’ inalazione di corpi estranei avviene a livello faringo, laringo o tracheo-bronchiale. È un
problema dell'anziano (difficoltà masticatoria, mangia rapidamente, non vede bene →
ingerisce ossa di pollo, pezzi di protesi, …), ma anche nel bambino piccolo può essere un
problema drammatico.
Ci possono essere corpi estranei più disparati che possono essere eliminati con la tosse,
possono fermarsi in laringe a meno che non sia un corpo estraneo che si infila e quindi la tosse
non è efficace oppure vanno in trachea o nell’albero bronchiale.
Sintomi di un corpo estraneo a livello laringeo o laringo tracheale: tosse e dispnea inspiratoria
di vario grado. La dispnea alta è con tirage e cornage, molto diversa da quella espiratoria.
L'anamnesi non ci aiuta sempre (bb, pz psichiatrici o in coma, …). Un RX diretto potrebbe
individuare l’oggetto, oppure se c'è sospetto o sintomatologia di corpo estraneo bisogna
procedere con diagnostica endoscopica (fatta sia da orl che pneumologi).
Il problema della localizzazione sottoglottica è che il pz non può essere intubato →
collaborazione molto stretta con anestesista.
I corpi estranei inalati si possono togliere in ambulatorio con fibroscopio spt se pz è
collaborante e l’oggetto è bloccato in alto; in tutti gli altri casi si fa in narcosi. A volte è
necessario usare strumenti rigidi, tipo pinze, per estrarre il corpo estraneo. Se il corpo
estraneo finisce nelle vie digestive è un problema meno rilevante perché non c'è emergenza
respiratoria ma ci possono essere altri problemi, tipo perforazione dell’ esofago con
mediastinite. L'esempio più semplice è che il corpo estraneo si fermi in altoà nella maggior
parte dei casi il corpo estraneo si ferma nel primo restringimento esofageo, quindi a livello
della bocca esofagea ovvero dove il muscolo cricofaringeo determina la chiusura dello sfintere
superiore.
La lisca di pesce si blocca in alto (tonsilla/esofago) → mandare al ps che indirizza all’orl.
Sintomi dei corpi estranei a livello laringeo: il pz ha scialorrea perché non riesce a deglutire la
saliva, se corpo è grosso → dispnea (riflessa).
La radiografia conviene farla sempre nel sospetto di corpi estranei ossei, inoltre è molto
importante nella perforazione dell'esofago. Esce aria dall'esofago e la vedo nello spazio retro
faringeo → si vede con RX LL.
La diagnosi si fa con le sole fibre ottiche.
Terapia: nei casi più semplici → ambulatorio; se interessamento esofago → rimozione attuata
dagli otorini con pz in anestesia generale; in alcuni casi riesce il gastroenterologo, ma se il
corpo è grosso o infisso non riesce perché non ha gli strumenti adatti → deve intervenire
l’otorino.
Il corpo estraneo esofageo può creare problemi infettivi ed è necessario che venga intubato.

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