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Le malattie professionali sono solo un aspetto di ciò che interessa il medico del lavoro. IL MEDICO
DEL LAVORO SI OCCUPA DI ​PREVENZIONE​. Quando si fa diagnosi di malattia
professionale, il medico ha sostanzialmente fallito. Quindi: PREVENZIONE E TUTELA DELLA
SALUTE DEI LAVORATORI. Questo ruolo è svolto insieme a figure tecniche. La prevenzione
nell’ambiente di lavoro è un processo che richiede un APPROCCIO INTERDISCIPLINARE.

Abbiamo un’azienda con un processo produttivo. Si parte sempre da una materia prima, e si arriva
al prodotto finito. Nel mezzo ci sono una serie di attività. NEI PROCESSI LAVORATIVI POSSONO
ESSERE PRESENTI DEI ​FATTORI DI PERICOLO​, CHE – VANNO IDENTIFICATI – VA
VALUTATO IL RISCHIO CONNESSO CON ESSI – VANNO IDENTIFICATE STRATEGIE
PREVENTIVE

Qual è la differenza tra PERICOLO e RISCHIO? ​PERICOLO (hazard)​: ​proprietà intrinseca ​di
una certa condizione di lavoro, di un certo agente fisico o chimico ect DI DETERMINARE UN
DANNO. ​RISCHIO (risk)​: ​probabilità​ ​effettiva c​ he questo danno ​si manifesti​. Nel processo
globale di prevenzione è necessario calcolare LA PROBABILITA’ CHE IN QUEL DETERMINATO
AMBIENTE DI LAVORO UN PERICOLO DIVENTI UN RISCHIO, E QUINDI LA PROBABILITA’
CHE IL LAVORATORE ABBIA UN DANNO.

Il processo di ​VALUTAZIONE DEL RISCHIO​ non è solo teorico, infatti, attraverso questo processo,
vengono messe in evidenza LE CRITICITA’ che permettono ad un pericolo di trasformarsi in
rischio, e inoltre quali possono essere le strategie PREVENTIVE (​GESTIONE DEL RISCHIO: RISK
MANAGEMENT​).

PREVENZIONE PRIMARIA (​prevenzione del rischio​): intervento diretto sul processo di lavoro.
E’ un intervento VOLTO A CONTENERE IL RISCHIO ATTRAVERSO UNA ​MODIFICAZIONE DEL
PROCESSO DI LAVORO​. Il sollevamento del malato e il suo spostamento determinano il
principale fattore di rischio per il personale sanitario (malattie muscolo-scheletriche). Utilizziamo: -
INTERVENTO DI NATURA TECNICO- INGEGNERISTICA​: in ospedale utilizziamo il SOLLEVA
MALATI. In un ambiente di fabbrica: un intervento di prevenzione primaria può essere la riduzione
della produzione di rumore da parte delle macchine (insonorizzazione per esempio). E’ sempre un
intervento di natura tecnico- ingegneristica. Altro tipo di intervento che utilizziamo: - ​INTERVENTO
SULL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO​: es riorganizzazione delle turnistiche.

PREVENZIONE SECONDARIA (​controllo del rischio​): opera sui ​comportamenti​ delle


persone, ​sull’utilizzo
dei dispositivi di protezione individuale​, sulla
SORVEGLIANZA SANITARIA​-> questa ha come obiettivo di ​misurare lo stato di salute
dei lavoratori​. Qualora ci fossero alterazioni, l’obiettivo è quello di ​identificarle in situazione ancora
REVERSIBILI​. Esempio di prevenzione secondaria: spiegare al personale quali sono i pericoli e
dunque i rischi, spiegare perché è importante utilizzare dispositivi di protezione individuale ect…

Tutto questo percorso (-VALUTAZIONE DEL RISCHIO, -GESTIONE DEL RISCHIO, -INTERVENTI
DI PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA), è un percorso REGOLAMENTATO DAL
DECRETO LEGISLATIVO 81 DEL 2008 (aggiornato poi nel 2009)-> sono direttive che provengono
dall’Europa a cui tutti gli stati membri devono attenersi (le modifiche a livello locale, di un Paese,
possono essere solo in positivo, cioè per TUTELA ANCORA MAGGIORE RISPETTO ALLA
NORMATIVA EUROPEA, non si possono “togliere” dei concetti). Questo decreto definisce chi fa
cosa, e stabilisce delle SANZIONI PENALI a carico di alcune figure nel caso ci sia una violazione
degli obblighi contenuti. TRA LE FIGURE CHE POSSONO ESSERE OGGETTO DI SANZIONI:
MEDICO COMPETENTE (è un medico del lavoro che si occupa di queste problematiche. In realtà
parliamo potenzialmente di tre specialisti: - medico del lavoro – medico legale – medico di igiene e
prevenzione. Gli ultimi due specialisti hanno bisogno di un Master in Medicina del Lavoro per poter
ottemperare a queste attività).

Ci sono diversi titoli:

- Titolo 1: Principi comuni. Capo I -> Disposizioni generali. Capo II -> Sistema istituzionale. Capo III
-> Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro. Capo IV -> Disposizioni penali

Le mancanze del medico di lavoro sono punite ​dal


codice penale e vanno
dall’ammenda fino a 4 mesi di reclusione​.
Analizzando questa normativa->

MISURE GENERALI DI TUTELA​: il datore di lavoro è il RESPONSABILE DELLA MESSA IN ATTO


DI QUESTE MISURE DI SICUREZZA. I rischi vanno eliminati, se non è possibile eliminarli, almeno
contenerli. C’E’ PRIORITA’ DELLE MISURE DI PROTEZIONE COLLETTIVA RISPETTO ALLE
MISURE DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (es: se c’è una macchina rumorosa, non posso risolvere
tutto dando un dispositivo individuale al personale, DEVO PRIMA FARE UNA CORREZIONE DI
TIPO TECNICO-INGEGNERISTICO SULLA MACCHINA. PRIMA DI INTERVENIRE SULLA
SINGOLA PERSONA, DEVO INTERVENIRE SULLA FONTE DEL RISCHIO E SUL RISCHIO
COLLETTIVO).

Art.15 Misure generali di tutela


1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:
a) la valutazione di ​tutti​ i rischi per la salute e sicurezza​;
b) la programmazione della prevenzione, ​mirata a ​ d un complesso che integri in modo coerente nella
prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e
dell’organizzazione del lavoro;
c) l​ ’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione​ al minimo in relazione alle conoscenze
acquisite in base al progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella
scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre
gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;
e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
h) l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;
i) la p ​ riorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale​;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;

GESTIONE DELLA PREVENZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO​: quali sono gli obblighi del datore
del lavoro? Generalmente il datore di lavoro è un amministratore delegato che ha un budget per
fare degli interventi di prevenzione. In un ospedale è il direttore generale, che può delegare il
direttore sanitario. Il datore di lavoro ha due obblighi NON DELEGABILI ai suoi dirigenti: -
valutazione del rischio – identificazione di questo. IL DATORE DI LAVORO DEVE METTERE PER
ISCRITTO SIA LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO, L’IDENTIFICAZIONE E LE MISURE DI
PREVENZIONE. Il datore di lavoro ha il compito di nominare un medico competente. Il datore di
lavoro non può affidare un lavoro a un suo dipendente finchè il medico competente non abbia dato
l’idoneità. Il documento scritto deve riguardare tutti i rischi per la salute dei lavoratori; abbiamo una
panoramica di ordine generale, per poi arrivare a problemi particolari: correlazione stress-lavoro,
gestione delle lavoratrici in stato di gravidanza (​norma 151 del 2001​: definisce quali sono i lavori
VIETATI in stato di gravidanza. Il medico in gravidanza generalmente può svolgere attività
amministrative, l’assistenza al paziente è per lo più vietata. L’attivazione di questa norma avviene
UNICAMENTE NEL MOMENTO IN CUI LA GRAVIDA ​DICHIARA​ DI ESSERE IN STATO
INTERESSANTE. E’ VIETATO FARE DEI CONTROLLI A PRIORI: SAREBBE
DISCRIMINAZIONE), rischi correlati alla differenza di genere, rischi correlati alla provenienza da
altri Paesi-> esempio: differenze culturali e comprensione linguistica sulla segnaletica di pericolo,
Ramadan: abbiamo un problema alimentare che magari vieta il terzo turno.

Art.18 Obblighi del datore di lavoro e del dirigente


1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le
stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal
presente decreto legislativo.
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e
lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio,
di
primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza;
c) nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto
alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;

Il datore di lavoro può identificare un dirigente delegato dandogli il portafoglio (budget), delegando
tutto tranne:
- la valutazione dei rischi;
- l’elaborazione e aggiornamento del DVR (Documento di
Valutazione dei rischi), anche secondo le procedure
standardizzate (DVRS);
- la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione (RSPP).
Il datore di lavoro poi deve individuare e attuare le specifiche misure di prevenzione e protezione
avvalendosi della collaborazione di alcune figure aziendali alle quali fornisce la delega di funzioni.
Le figure coinvolte in materia di sicurezza sono:
-Il dirigente;
-Il preposto;
-I lavoratori;
-RSPP (Responsabile del servizio di protezione e prevenzione);
-RLS (Responsabile dei lavoratori per la sicurezza);
-Il medico competente.

Art.28 Oggetto valutazione


1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e
delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve
riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di
lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i
contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza,
secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze
di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale
attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro.

DEFINIZIONE DI SALUTE SECONDO LA NORMA​: la definizione di salute NON E’ LIMITATA


ALL’ASSENZA DI MALATTIA, MA E’ IL ​PIENO MANTENIMENTO DEL BENESSERE
PSICO-FISICO E SOCIALE​. E’ un obiettivo MOLTO ambizioso. E’ abbastanza difficile da ottenere.

OBBLIGHI DEL MEDICO COMPETENTE SECONDO LA NORMA​: la violazione di questi è


SANZIONABILE PENALMENTE. – obbligo di collaborare con il datore del lavoro e con il servizio di
prevenzione: E’ PARTE INTEGRANTE DEL SISTEMA PREVENZIONISTICO. Non va lì solo per
fare visite ai lavoratori una volta ogni tanto. E’ una figura indispensabile a tutto il sistema. –
programma ed effettua l’attività di sorveglianza sanitaria IN FUNZIONE DEI RISCHI (es ho
esposizione al rumore-> visita di un certo tipo, con un’audiometria) E SEMPRE AL PASSO CON
L’INNOVAZIONE SCIENTIFICA. Quindi il medico del lavoro DEVE SEMPRE TENERSI
AGGIORNATO. – istituisce e aggiorna una cartella sanitaria per ogni paziente\lavoratore – VISITA
GLI AMBIENTI DI LAVORO ALMENO UNA VOLTA ALL’ANNO: questa è una cosa molto
importante. Solo con ​l’osservazione diretta​ dell’ambiente si può comprendere davvero se ci sono
rischi della salute del lavoratore e come eventualmente si può intervenire. Ci sono diversi sistemi
per la valutazione del rischio: gli ingegneri utilizzano degli algoritmi specifici per capire, per
esempio, se da una determinata azione può determinare un sovraccarico della spalla (utilizzano
dei numeri, dei sistemi di misurazione piuttosto standardizzati). Ovviamente l’organismo umano
non funziona come le macchine: non si può stimare il rischio con un algoritmo sempre uguale,
dunque è importante che il medico del lavoro FACCIA DEI SOPRALUOGHI PER CAPIRE
EFFETTIVAMENTE QUALI SONO I RISCHI CONNESSI A QUESTO AMBIENTE (se un lavoratore
sta tutta la giornata con la spalla alzata, non ci vuole l’algoritmo per capire che c’è un
sovraccarico!).

Art.25 Obblighi del medico competente (medico del lavoro)


a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi,
anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della
attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di
formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del
servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità
organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di
“promozione della salute”, secondo i principi della responsabilità sociale;
b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti
in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;
c) istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di
rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria.

Alla base dell’attività del medico del lavoro, QUINDI, vi è:


- Collaborazione con il datore del lavoro della valutazione dei rischi
- Predisposizione di mezzi di tutele
- Istruzione e formazione dei lavoratori
- Istruzione in tema di primo soccorso
- Attuazione di programmi di prevenzione della tutela della salute

Se il medico del lavoro non collabora in uno di questi casi va incontro a sanzione.
Ha almeno altri due obblighi importanti:
- Sopraluogo negli ambienti di lavoro (almeno una volta l’anno)
- Suggerire eventuali modifiche

Ci sono dei requisiti minimi sanciti dalla legge per avere la carica di medico competente:

- Specializzati in Medica del Lavoro o Medicina Preventiva dei Lavoratori e Psicotecnica

- Avere la docenza in Medicina del lavoro o Medicina preventiva

- Autorizzato a svolgere l’attività di medico competente in base alla sua esperienza pregressa in
base all’articolo 55 del decreto legislativo del 15 agosto 1991, n. 277

- Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva o in Medicina Legale previa partecipazione a


master formativi

Parlando sempre degli obblighi del medico competente:

Sorveglianza sanitaria​: nella norma ci sono delle indicazioni fornite dalla Commissione ​per ogni
specifico rischio​. ATTENZIONE: LA SORVEGLIANZA SANITARIA E’ ​DOVUTA​, PERO’, TUTTE LE
VOLTE CHE IL LAVORATORE NE FACCIA RICHIESTA, non solo per i rischi indicati dalla
normativa-> in generale tutte le volte che sono presenti dei rischi che PEGGIORINO la condizioni
di salute del lavoratore. Esempio: sotto una certa soglia non c’è rischio di sovraccarico della spalla
(calcolato con l’algoritmo)-> è chiaro che se ho un lavoratore con l’ernia del disco, e questo fa
richiesta di visita medica del lavoro, il medico competente deve adempiere a questo dovere. La
sorveglianza sanitaria è costituita da: - VISITA PREVENTIVA: prima dell’inizio dell’attività
lavorativa PER VALUTARE L’IDONEITA’ ​ad una attività SPECIFICA​. – SORVEGLIANZA
SANITARIA PERIODICA DOPO LA PRIMA VISITA: mediamente l’intervallo è di un anno. OGNI
ANNO, IN PRESENZA DI DETERMINATI RISCHI, IL LAVORATORE VIENE VISITATO DAL
MEDICO COMPETENTE. – OBBLIGO DI VISITA AL FINE DEL RAPPORTO DI LAVORO solo per
alcuni rischi specifici– OBBLIGO DI VISITA AL FINE DEL RAPPORTO DI LAVORO quando il
lavoratore è assente per più di 60 giorni. IL MEDICO DEL LAVORO FORMULA UN GIUDIZIO PER
L’IDONEITA’ ALL’ATTIVITA’ ​SPECIFICA​. IL LAVORATORE PUO’ ESSERE: - ​idoneo​ a fare
QUELL’ ATTIVITA’ SPECIFICA. – ​idoneo con prescrizione​ di una mascherina di protezione (o un
altro DPI) – ​idoneo con limitazione​: es non può sollevare più di 10 kg – ​non idoneo​ alla
mansione specifica: es paziente con BPCO che lavora con GAS tossici per il polmone.

Cosa succede se il medico dichiara non idoneo un lavoratore? Dipende. E’ diverso dichiarare non
idoneo un lavoratore di un’azienda con tante mansioni, perché basta cambiarla. Immaginiamo però
un’azienda di 10 persone con un’unica attività: IL GIUDIZIO DEL MEDICO PUO’ COSTITUIRE
GISUTA CAUSA PER IL LICENZIAMENTO.

ASPETTI TECNICI
Cosa condiziona il passaggio ​da pericolo a rischio​? L’​ESPOSIZIONE​. SE C’E’
L’ESPOSIZIONE, QUAL E’ ​L’INTESITA’ E LA DURATA​ DELL’ESPOSIZIONE?

Esempio: attività A-> determina un’esposizione a sostanze chimiche con potere irritante per le
mucose delle prime vie aeree. Attività B-> utilizzo di sostanze cancerogene. Non c’è molta difficoltà
a capire dov’è il pericolo più alto, che è in B. Tuttavia: nell’azienda A non ci sono sistemi di
aspirazione, con scarsissimo ricambio di aria, in vasche aperte. Nell’azienda B, invece, le sostanze
cancerogene vengono utilizzate in ciclo chiuso senza contatto da parte dell’operatore. Il rischio sta
in A-> PROPRIO PERCHE’ IN A ​C’E’ UN ESPOSIZIONE​. ANCHE SE QUEL PERICOLO E’ DI
BASSA ENTITA’-> IL RISCHIO E’ MOLTO ELEVATO. IN B: IL PERICOLO E’ MOLTO ALTO, MA
IL RISCHIO E’ BASSISSIMO ​PERCHE’ NON C’E’ ESPOSIZIONE​.

Quindi: possiamo avere un pericolo molto alto, ma un rischio BASSO per MANCANZA DI
ESPOSIZIONE. O il contrario: un periodo basso, ma un rischio ALTO per PRESENZA DI
ESPOSIZIONE.

Rischio: contestualizzazione ATTIVA del pericolo.

Gli effetti sono chiaramente diversi: il tumore non è la stessa cosa della congiuntive (irritazione
delle mucose), ma se non C’E’ ESPOSIZIONE, NON C’E’ RISCHIO DI SVILUPPO DI TUMORE.
Ma ho un rischio praticamente certo di congiuntivite se c’è esposizione.

L’ESPOSIZIONE E’ DATA DA DUE PARAMETRI: ​- DURATA – INTENSITA’

Come faccio a misurare ​entità e durata​ dell’esposizione?​ CON ​L’ANAMNESI


LAVORATIVA​. “da quanto tempo fa quel lavoro lì?”, e con questa domanda risolvo il problema
della durata. E’ più complicato conoscere l’intensità dell’esposizione: DEVO PER FORZA
MISURARE. Questa attività è in carico ​all’IGIENE INDUSTRIALE​ (branca della medicina del
lavoro), la quale MISURA l’esposizione. Si posizionano RILEVATORI all’interno degli ambienti di
lavoro, li tengo lì per esempio 4 ore, e poi si fanno delle equivalenze per capire quanta sostanza è
presente in quel determinato ambiente (questa rilevazione è di tipo generale). SI POSSONO FARE
ANCHE DEI CAMPIONAMENTI PERSONALI CON RILEVATORI INDIVIDUALI, anche in questo
caso poi si procede con un’analisi di quanto è stato captato e si arriva all’intensità di esposizione
facendo delle moltiplicazioni per il tempo di lavoro (generalmente, per le particelle, si esprime in
mm\m^3 o in parti per milioni). ESEMPIO: fonometro per l’esposizione al rumore.

VALORI LIMITE DI SOGLIA: si ipotizza un VALORE NORMALE ACCETTABILE, cioè un valore di


riferimento. ​MI DEFINISCONO QUAL E’ IL VALORE CHE, RISPETTATO, NON DETERMINA
L’INSORGENZA DI UN DANNO NEL 95% DELLA POPOLAZIONE ESPOSTA​. A livello Europeo
utilizziamo lo SCOEL-> produce valori limite per le diverse sostanze. Ci sarà “numero” OEL per
ogni specifica sostanza. Dal punto di vista pratico: se lavoro 8 ore al giorno per 40 anni con
un’esposizione minima al di sotto della soglia-> il rischio di evento è molto basso. LA SOGLIA E’
SCELTA VALUTANDO QUAL E’ IL VALORE PER IL QUALE IL 95% DEI LAVORATORI NON SI
AMMALA. Quindi il valore è abbiamo è in grado di PROTEGGERE IL 95% dei lavoratori, non
siamo in grado di proteggere il 5%-> questo è ritenuto socialmente accettabile.
Come si arriva a parlare di una certa soglia, per una sostanza? Si arriva a un valore limite facendo
la ​sperimentazione tossicologica animale​, o valutando gli ​studi epidemiologici​, o valutando ​i
meccanismi di azione delle sostanze in questione​.

Il metodo più utilizzato è la sperimentazione animale. Si fanno test a breve termine sugli animali,
con i quali si determina la DL50 (dose letale 50). Si fanno delle diluizioni di DL50 e si espone
l’animale a dose differenziali. Si osserva qual è quella dose che NON HA DETERMINATO
EFFETTI. Naturalmente cerchiamo di fare una sorta di equivalenza per l’uomo: APPLICHIAMO
DUNQUE ​UN FATTORE DI SICUREZZA​ tenendo conto che la tossicocinetica e la tossicodinamica
nell’Uomo e nell’animale non è propriamente la stessa. Alla fine ottengo un valore ipotetico:

es: valore soglia della silice-> 0.1 mm\metrocubo. Ho misurato l’esposizione a silice in 5 diverse
attività. A: 0,01, B: 0,25, C: non rilevabile, D: 0.03, E: 0.5. Nell’area A-> i lavoratori sono tranquilli.
Nell’area B-> due volte e mezzo più alto del limite accettabile! La probabilità di osservare effetti
negativi legati all’esposizione alla silice è ELEVATA! DEVO CERCARE DI CAPIRE PERCHE’ CI
SONO QUESTI VALORI E DEVO FARE IN MODO DI FARLI RIENTRARE. C-> non c’è. D-> i
lavoratori sono tranquilli. E-> questa è la condizione PEGGIORE. Quindi in questa azienda
abbiamo fatto una fotografia dell’esposizione e abbiamo costatato che 3 attività mi creano
problemi, e due no.

HA SENSO MISURARE L’INTESITA’ DI ESPOSIZIONE ​NEL MOMENTO IN CUI HO UN VALORE


DI RIFERIMENTO​. Abbiamo un valore limite per il 10% di tutte le sostanze potenzialmente
dannose: E’ INUTILE CHIEDERE UN CAMPIONAMENTO SE NON HO IL VALORE DI
RIFERIMENTO PER QUELLA DETERMINATA SOSTANZA.

Lo stesso vale, in generale, per alcuni agenti fisici: RUMORE e VIBRAZIONI.

CANCEROGENI OCCUPAZIONALI: si è sempre ritenuto che per i cancerogeni occupazionali non


vi fosse una soglia diversa da zero accettabile. Questo è un ragionamento STOCASTICO. Oggi in
realtà noi abbiamo quattro diverse categorie di sostanze cancerogene. Queste categorie
identificano DIVERSI MODELLI DI INTERAZIONE CELLULARE CON IL CANCEROGENO, E
DUNQUE DIVERSE MODALITA' DI INNESTO. Per due categorie di queste è ipotizzabile un valore
soglia.

MALATTIE OCCUPAZIONALI e CORRELATE CON IL LAVORO


L’obiettivo ultimo del medico del lavoro è di OPERARE ​AFFINCHE’ LA MALATTIA NON SI
MANIFESTI​.

Non sempre i processi di prevenzioni sono così virtuosi da eliminare tutta la malattia professionale.

Oggi ci troviamo di fronte a due diverse categorie di malattie professionali: - ​MALATTIA


PROFESSIONALE VERA E PROPRIA​: riconosce nell’esposizione occupazionale L’UNICA
CAUSA NELLA SUA GENESI. Non abbiamo silicosi se non abbiamo un’esposizione professionale
a silice. Altro esempio: asbestosi, intossicazione da Pb ect – ​MALATTIE CORRELATE CON IL
LAVORO​: possono riconoscere nell’ambiente di lavoro ​una delle cause di insorgenza, ma NON è l’
unica​. Ci sono cause al di fuori. Esempio: tumore del polmone. Il tumore del polmone può essere
correlato all’esposizione di agenti cancerogeni, ma anche al fumo passivo ect… è molto difficile a
questo punto valutare ​quanto l’esposizione professionale pesa nell’insorgenza della
patologia​. Esempi: tutte le malattie dell’apparato muscolo-scheletrico, sindrome del tunnel
carpale.

Quando si arriva a ipotizzare una malattia professionale il medico, che obblighi ha?​ - HA
L’OBBLIGO DI REFERTO​ SE MI TROVO DI FRONTE A UNA LESIONE COLPOSA GRAVE (con
prognosi superiore a 40 giorni)-> la malattia professionale è CRONICA, di per sé ha una prognosi
di più di 40 giorni! CHI RICEVE IL REFERTO (Procura della Repubblica), DEVE ANDARE A
VALUTARE SE LA MALATTIA DERIVA DA IMPERIZIA, IMPRUDENZA E NEGLIGENZA DA
PARTE DEL DATORE DEL LAVORO (colpa generica) o INOSSERVANZA DI LEGGI,
REGOLAMENTI, ORDINI E DISCIPLINE (colpa specifica). – ​OBBLIGO DI SEGNALARE LA
MALATTIA ALL’ASL​-> servizio epidemiologico (​segnalazione ai fini preventivi​) –
SEGNALAZIONE ALL’INAIL​ (​segnalazione ai fini assicurativi​)

[INFORTUNIO: evento acuto, entro un turno di lavoro. MALATTIA PROFESSIONALE:


l’esposizione causale è stata della durata di più di un turno].

Quali sono i processi che il medico del lavoro segue per porre diagnosi di malattia professionale?​ –
FASE COMUNE A TUTTE LE MALATTIE: valutazione clinica. Devo capire se quel soggetto è
malato, e qual è la sua malattia. Farò anamnesi, EO, accertamenti ect… - fatta la diagnosi, devo
comprendere se c’è una RELAZIONE TRA LA MALATTIA DIAGNOSTICATA E LA DIAGNOSI
LAVORATIVA. Es: si fa diagnosi di FIBROSI POLMONARE, ma dobbiamo capire se questa è
causata da silicosi. Se ho un ambulatorio di medicina del lavoro in una struttura ospedaliera e non
ho dati ambientali, ​qual è la forma più utile di informazione rispetto alla possibile esposizione?
L’ANAMNESI LAVORATIVA! L’anamnesi lavorativa è un elemento FONDAMENTALE: E’ CIO’
CHE PERMETTE DI IPOTIZZARE QUAL E’ STATA L’ESPOSIZIONE AD AGENTI
POTENZIALMENTE LESIVI NEL CORSO DELLA STORIA PROFESSIONALE DEL PAZIENTE.
Ma come faccio a capire se una determinata attività ha dato una possibile esposizione?​ Dobbiamo
chiedere al paziente se si ricorda a quali sostanze si è stato esposto: il medico del lavoro dovrebbe
conoscere un po’ la tecnologia industriale, questo sarebbe ottimo (nei vecchi corsi Specialistici
c’era un esame apposta), questa informazione, eventualmente, possiamo chiederla direttamente al
lavoratore. Quindi: se ho una fibrosi polmonare, devo riuscire a capire se il paziente è stato
esposto a silice, per quanto tempo e per quale intensità. LA RACCOLTA DEL DATO
ANAMNESICO RICHIEDE MOLTA ESPERIENZA E MOLTA PRATICA.

CRITERI DI CAUSAZIONE DI HILL

Possono essere utilizzati da un lato, per verificare la forza di associazione in campo


epidemiologico (quindi in un altro ambito rispetto alla medicina del lavoro), ma dall’altro ​per
verificare la forza di associazione tra esposizione e malattia​.

- RELAZIONE CRONOLOGICA: la malattia deve arrivare dopo l’esposizione. Il problema in


realtà è complesso: anche quando l’esposizione precede la malattia c’è un ​tempo di
latenza ​che deve essere considerato. Anche questa deve essere ​cronologicamente
plausibile​. Es: mesotelioma-> se l’esposizione ad amianto è iniziata sei mesi prima di
malattia, non è plausibile la correlazione. Il tempo di latenza deve essere
SUFFICIENTEMENTE lungo: ed è funzione del tipo di malattia e del tipo di agente causale.
Sulle malattie muscolo-scheletriche: è sufficiente qualche mese di esposizione
(sovraccarico).
- RELAZIONE DOSE-RISPOSTA: se abbiamo stabilito che esiste un valore limite al di sotto
del quale il rischio non è presente, l’INTESITA’ DI ESPOSIZIONE DEVE ESSERE
MAGGIORE.
- RELAZIONE DI CONSISTENZA: ALL’AUMENTARE DELL’ESPOSIZIONE AUMENTA IL
NUMERO DI SOGGETTO CON MALATTIA.
- PLAUSIBILITA’ BIOLOGICA: se una sostanza è solo inalata, non può causare un tumore
gastrico, ma SOLO un tumore del polmone.
- SPECIFICITÀ DELL’ASSOCIAZIONE: definisce la univocità (o quasi) della risposta in
relazione ad una certa esposizione.
- RISULTATI SPERIMENTALI: valutazione dei risultati sperimentali volta a fornire una
indicazione almeno approssimativa sui meccanismi di azione che innescano e sostengono
l’evento in studio.

Molto spesso in studi epidemiologici la presenza e l’entità dell’esposizione è carente, e questo


rende criticabile lo studio epidemiologico, soprattutto negli studi di popolazione.

Ma perché è necessaria tutta questa cautela quando si diagnostica una malattia professionale?
PERCHE’ IL MEDICO DEL LAVORO HA APPUNTO DEGLI OBBLIGHI! (citati prima: obbligo di
referto ect). E’ necessario valutare con cognizione di causa. Nel momento in cui faccio diagnosi e
mando un referto FACCIO AUTOMATICAMENTE SCATTARE UN PROCEDIMENTO PER
L’IPOTESI DI REATO!

Quando parliamo di ​sorveglianza sanitaria​, questa è utilizzata con una doppia


strategia: - MEDICAL SCREENING: misura dello stato di salute del singolo individuo – HEALTH
SURVEILLANCE (sorveglianza): misura dello stato di salute di un gruppo di persone esposte ad
un determinato fattore di rischio comune.

- La ​valutazione individuale​ (medical screening) mi serve per verificare l’idoneità A UNA


MANSIONE SPECIFICA, oltre che verificare lo stato di salute.
- Nell’Health Surveillance devo fare ​uno studio di tipo epidemiologico che mi permetta di fare
sorveglianza sanitaria di quel gruppo​. Attraverso ​l’analisi statistica e
epidemiologica​ ​possono comprendere - se ci sono dei fattori di rischio che NON ho
considerato nella mia valutazione iniziale,- se ciò che ritenevo presente lo è davvero, - se le
strategie di prevenzione sono state efficaci. Esempio: facendo una valutazione del rischio
iniziale, non ho considerato l’esposizione a rumore. Visito i pazienti: di 100, 30 mi dicono
che ci sentono di meno. Faccio l’audiometria: ritrovo effettivamente un danno della funziona
uditiva con caratteristiche tipiche da esposizione in questi 30 pazienti. Dunque: mi sono
perso qualcosa nella valutazione del rischio iniziale. DEVO RIFARE, QUINDI, LA
VALUTAZIONE DEL RISCHIO​. Questo non lo vedrei mai se facessi solo un’analisi
individuale (non è che vedo i 100 tutti insieme in ambulatorio, li diluirei nel periodo di
medical screening, dunque non mi accorgerei che quei 30 pazienti hanno avuto tutti la
stessa esposizione). Altro esempio: ho identificato il problema rumore con delle misurazioni
nella valutazione iniziale del rischio. Tuttavia: nonostante queste considerazioni, trovo dei
pazienti sordi. Dunque ho sbagliato nella ​GESTIONE DEL RISCHIO​, che devo rivedere.
Altro parametro: il medico del lavoro utilizzerà degli INDICATORI per verificare se il
MODELLO ORGANIZZATIVO DELL’ATTIVITÀ​: per esempio farò tre domande specifiche
a persone che fanno la stessa mansione, con la stessa turnazione (es turni di notte). E farò
le stesse tre domande a un altro gruppo di pazienti con una turnazione diversa: es sulla
qualità del sonno. Se riscontro differenze tra questi due gruppi, probabilmente c’è qualcosa
da rivedere nel modello organizzativo dell’attività di lavoro, poiché alcune condizioni
inducono un PEGGIORAMENTO nella salute dei lavoratori.

Nell’ambito della sorveglianza sanitaria ci sono alcuni comportamenti generali etici da ricordare: I
MEDICI DEL LAVORO HANNO UN ​CODICE ETICO INTERNAZIONALE​. Alcuni aspetti importanti:
1) l’attività di sorveglianza sanitaria deve essere ​mirata ai fattori di rischio presenti nell’ambiente di
lavoro​ 2) deve essere ​basata su pratiche eticamente accettabili​ 3) il medico del lavoro deve
garantire IMPARZIALITA’, INDIPENDENZA PROFESSIONALE, RISPETTO DELLA PRIVACY E
DELLA CONFIDENZIALITA’ DELLE INFORMAZIONI.

Ci sono degli aspetti un po’ delicati riguardo a questo: il medico del lavoro che lavora in un’azienda
svolge un lavoro pubblico in un regime contrattuale privatistico (infatti è pagato dal datore di
lavoro). Una denuncia di malattia professionale non fa mai piacere al datore di lavoro: se il medico
del lavoro è pagato dal datore, questo è sicuramente un problema, non ci sono tutele per il medico
del lavoro.

Quando si fa sorveglianza sanitaria, l’ATTO MEDICO NON DEVE MAI ESSERE CONSIDERATA
UNA SEMPLICE ROUTINE: deve prevalere, infatti, L’APPROCCIO QUALITATIVO A QUELLO
QUANTITATIVO. Diventa semplice routine quando un medico fa 18 visita in una giornata.

Essendo un obbligo di legge, il datore di lavoro naturalmente prenderà un medico che si farà
pagare di meno. Se il medico viene pagato ad ore, e fa 18 visite in un giorno, costa di meno.

E’ necessario utilizzare ​test in funzione dei rischi, ​sensibili e specifici​. Inoltre: i test n​ on
possono essere utilizzati per fare discriminazione​ (test di gravidanza-> non si possono fare test di
gravidanza alle donne in età fertile, positività al test di assunzione di sostanze stupefacenti-> in
realtà esiste una specifica norma che VIETA la ricerca delle sostanza durante la sorveglianza fatto
salvo per alcune attività che mettono a rischio terzi: autisti di autobus, piloti ect. PER I MEDICI E’
PREVISTO IL CONTROLLO DI SOSTANZE ALCOLICHE MA NON PER QUELLE
STUPEFACENTI).

Il medico del lavoro deve ricercare: - segni e sintomi soprattutto degli organi bersaglio di eventuali
fattori di rischio– eseguire test SPECIFICI E SENSIBILI per ​monitoraggio BIOLOGICO​: INSIEME
DI ACCERTAMENTI CHE MI PERMETTE DI MISURARE GLI EFFETTI, possibilmente precoci,
dell’ESPOSIZIONE A DETERMINATI FATTORI DI RISCHIO-> abbiamo 1) INDICATORI DI
ESPOSIZIONE 2) INDICATORI DI EFFETTO.

1) INDICATORI DI ESPOSIZIONE: è vero che abbiamo dei misuratori di esposizioni, ma non


è detto che la quantità rilevata dall’indicatore sia tutta assorbita dal lavoratore. MI SERVE
SAPERE QUANTA SOSTANZA E’ EFFETTIVAMENTE ENTRATA NELL’ORGANISMO:
per certe sostanze è possibile la misurazione a livello ematico (o la misurazione dei suoi
metaboliti nelle urine). QUESTO ESAME SI CHIAMA INDICATORE DI ESPOSIZIONE
(ATTENZIONE: mi dice quanta sostanza c’è, ma non mi dice se questa sostanza ha
determinato un danno!), naturalmente abbiamo dei ​valori soglia​ al di sopra del quale
dobbiamo allarmarci. IN GENERE ESISTE UNA RELAZIONE LINEARE TRA LA
QUANTITA’ DELLA SOSTANZA PRESENTE IN ARIA, E LA QUANTITA’ PRESENTE
ALL’INTERNO DELL’ORGANISMO. Ma abbiamo alcune variabili che condizionano questa
relazione: es gravosità del lavoro (se un lavoro determina uno sforzo fisico maggiore,
aumenta la ventilazione, dunque la possibilità di inalazione della sostanza!).
2) La sostanza ha determinato una variazione dello stato di salute? INDICATORI DI
EFFETTO

Nella scelta degli indicatori: se conosco bene la tossicocinetica di una sostanza, possono
identificare dei esami che, SE ALTERATI, MI INDICANO LA PRESENZA DI UN EFFETTO DI
QUESTA SOSTANZA ​IN UNA FASE ANCORA PRECLINICA​.

Il gold standard di un test sarebbe il massimo della sensibilità e della specificità. Ma nell’ottica della
prevenzione: E’ MEGLIO SCEGLIERE TEST ​SENSIBILI​ (DEVO AVERE POCHI FALSI
NEGATIVI), piuttosto che specifici. Dopodichè farò degli accertamenti specifici per eliminare i miei
falsi positivi, ma il mio problema è NON avere falsi negativi in fase di screening!

Quando un test è invasivo? QUANDO LA PROCEDURA RICHIEDE L’INSERIMENTO DI


QUALCOSA ALL’INTERNO DELL’ORGANISMO. Un prelievo è invasivo. In sede di sorveglianza
sanitaria, per il monitoraggio biologico, se ho due test con diversa invasività, UTILIZZO QUELLO
MENO INVASIVO.

Nell’ambito della programmazione di controlli è fondamentale definire anche il MOMENTO della


raccolta del campione: devo conoscere l’emivita di una certa sostanza chimica, e quanto questa
rimane all’interno dell’organismo. Se la sostanza è già stata eliminata tutta, è inutile che faccio
l’esame. Esempio: ho una sostanza che ha evimita di 8 ore. E’ ragionevole far fare l’esame al
lavoratore dopo il tuo turno di lavoro (es alle 18), e non la mattina presto, perché la sostanza sarà
già stata tutta eliminata nel secondo caso.

Se questo tipo di sostanza si ACCUMULA durante la settimana, a questo punto l’ideale sarebbe
raccogliere il campione di venerdì.

10/05/19

SORVEGLIANZA SANITARIA: i medici competenti inducono indagini sui lavoratori


periodicamente​. Abbiamo una raccolta di segni e sintomi mirati a quelli che possono essere gli
organi bersaglio, la raccolta dell’anamnesi, accertamenti INTEGRATIVI (MONITORAGGIO
BIOLOGICO).

Abbiamo quindi: - INDICATORI DI ESPOSIZIONE: quanta sostanza tossica è stata assorbita in


relazione all’esposizione professionale. Tendenzialmente ESISTE UNA RELAZIONE ​LINEARE
TRA LA SOSTANZA IN AMBIENTE E ALL’INTERNO DELL’ORGANISMO (proprio per questa
relazione lineare, gli indicatori di esposizione possono essere utilizzati come indicatori di quanta
sostanza c’è nell’ambiente) - INDICATORI DI EFFETTO: quando possibile si cercano dei parametri
che mi indicano un iniziale processo patologico, ma la loro rappresentazione non è ancora
manifestazione di malattia-> INDIVIDUIAMO CONDIZIONI ​REVERSIBILI​.

NON SEMPRE ABBIAMO INDICATORI DI ESPOSIZIONE E DI EFFETTO.

La medicina del lavoro non è una scienza statica, strumenti che 10 anni fa venivano considerati
attendibili, magari adesso non lo sono più. E’ importante continuare ad aggiornarsi.
VIE DI ASSORBIMENTO PRINCIPALI: ​via inalatoria, via cutanea, via orale (meno
rappresentata)​. ​Perché è importante conoscere la via di assorbimento?​ PER SAPERE QUALE
TIPO DI PDI UTILIZZARE! es guanti. Se una sostanza che viene assorbita solo per via cutanea,
utilizzeremo guanti, ma le mascherine non sono necessarie.

Quindi: PRESENZA DI UNA SOSTANZA CHIMICA NELL’AMBIENTE-> ​1) ESPOSIZIONE​->


DOSE ASSORBITA-> METABOLISMO: reazioni metaboliche di fase I e fase II. I: REDOX, II:
legami con macromolecole e coniugazione. Certe sostanze, inoltre, possono venire ​attivate​ con
particolari reazioni chimiche (come il profarmaco che diventa farmaco). Es benzene->
biotrasformazione (ossidazione)-> benzenossido-> azione cancerogena sul midollo osseo. TUTTE
LE SOSTANZA CHIMICHE SUBISCONO UN PROCESSO DI BIOTRASFORMAZIONE ​TRANNE I
METALLI​: sono strutture chimiche molto semplici. Possono eventualmente subire delle modifiche
del loro stato di valenza. Es: il cromo è un cancerogeno per il polmone, ed è considerato
cancerogeno nella forma ESAVALENTE. Ma l’azione genotossica è legata al cromo TRIVALENTE.
Il cromo trivalente non è in grado di passare la barriera cellulare. Per entrare nella cellula abbiamo
bisogno del cromo esavalente-> all’interno della cellula diventa trivalente-> azione genotossica.
VIE DI ELIMINAZIONI: - VIE URINARIE (maggiore) – ESALAZIONE – FECI (piccola quantità). Se
la quantità di sostanze e metaboliti non vengono eliminati completamente, POSSIAMO ​TESTARE
GLI EFFETTI DELLA SOSTANZA​, CHE SARANNO ​SEMPRE DOSE- DIPENDENTE​. Tutto
questo è compito del MEDICO DEL LAVORO ​2) MONITORAGGIO DELLA SOSTANZA
NELL’AMBIENTE​-> IGIENISTA INDUSTRIALE.
Il medico del lavoro si deve porre delle domande: 1) ci sono dei danni riferibili all’esposizione
professionale? 2) ci sono delle alterazioni dello stato di salute di questa persona che condizionano
L’IDONEITA’ LAVORATIVA? Non solo fattori strettamente dipendenti dall’ambiente di lavoro! Ma
anche altre condizioni che non permettono al lavoratore di svolgere quella determinata attività
senza una variazione in negativo del suo stato di salute. ​IDONEITA’ LAVORATIVA​: il dipendente
può continuare a svolgere l’attività lavorativa senza avere problemi per la sua salute. IL GIUDIZIO
DI IDONEITA’ E’ LA PRESCRIZIONE MEDICA PROPRIA DEL MEDICO DEL LAVORO.
Naturalmente il medico del lavoro deve conoscere GLI EFFETTI DI UNA POTENZIALE
ESPOSIZIONE PROFESSIONALE, questo fa parte della CLINICA DEL LAVORO (branca della
medicina del lavoro).

Esempio: esposizione al Pb inorganico. Ad oggi non c’è praticamente più, è raro trovare ancora
delle aziende i quali lavoratori abbiamo questo problema. Possiamo: - misurare il Pb su sangue o
su urine. Generalmente facciamo la ​misura della piombemia​ (​anche se è l’esame più invasivo​),
perché non basterebbe fare un campione spot di urine, bisognerebbe fare la raccolta 24 ore.
Abbiamo quindi dei valori di riferimento per la piombemia. Il Pb, all’interno della cellula, interagisce
con la sintesi dell’eme, infatti RIDUCE l’attività dell’ALA-deidrasi, diminuendo la trasformazione
dell’acido aminolevulinico in porfobilinogeno. Quindi: aumenta la ​quantità di acido aminolevulinico​,
che troveremo più concentrato ​nelle urine.​ Inoltre: ​su sangue​ si potrà anche ​quantificare l’attività di
ALA-deidrasi​. Quindi ​devo fare una lettura integrata​: INTEGRANDO QUESTI 3 ELEMENTI (-
piombemia – quantità di acido aminolevulinico nelle urine – attività di ALA deidrasi su sangue)
POSSONO SAPERE SE LA QUANTITA’ DI Pb ALL’INTERNO DI QUESTO SOGGETTO ABBIA
CAUSATO DEI DANNI ANCORA REVERSIBILI. Quindi: se io allontano il soggetto dal Pb, avrò
una NORMALIZZAZIONE DI QUESTI VALORI-> ​HO INTERCETTATO IN UNO ​STATO
PRECRITICO​ UNA POTENZIALE PATOLOGIA​ (neuropatia periferica, ipertensione, insufficienza
renale).

Il medico del lavoro CREA DEI PROTOCOLLI DI SORVEGLIANZA SANITARIA PER I DIVERSI
GRUPPI DI LAVORATORI: ad ogni condizione di esposizione, definisco qual è l’accertamento più
opportuno. Esempio: saldatori-> esposizione a ossidi nitrosi, fumi metallici e a rumore. Il protocollo
deve tenere conto, OLTRE ALLA VISITA MEDICA, dell’esposizione SPECIFICA DI QUESTI
LAVORATORI A QUESTI SPECIFICI ELEMENTI: dovrò trovare degli i​ ndicatori​ ​per valutare e
intercettare le condizioni potenzialmente a rischio di sviluppare un danno permanente. Di modo da
poter intercettare delle situazioni ANCORA REVERSIBILI (misura della funzionalità polmonare per
gli ossidi nitrosi, quantità di metalli nelle urine per l’esposizione ai fumi metallici, audiometria per
l’esposizione a rumore).

Altro esempio: vernici a spruzzo. Il protocollo: esame medico, solventi e metaboliti nelle urine o nel
sangue, funzionalità polmonare. E’ IMPORTANTE RICORDARE CHE ​L’ANAMNESI
LAVORATIVA MIRATA​ E ​LA RACCOLTA DI SEGNI E SINTOMI​ ​IN RELAZIONE A QUELLA
SPECIFICA ESPOSIZIONE​ E’ UN MOMENTO FONDAMENTALE.

TEST ARRESTO-RIPRESA​: abbiamo un’ipotesi piuttosto consistente che il sintomo sia correlato
all’esposizione a un determinato fattore. Allora chiediamo al soggetto se quando va in vacanza (o
quando comunque si assenta dalla sua attività lavorativa), il sintomo regredisce. QUESTO VALE
SOPRATTUTTO PER LE PATOLOGIE DI NATURA ALLERGICA (CUTANEA E RESPIRATORIA).

DISTURBI LEGATI AL SOVRACCARICO BIOMECCANICO​:


Sono quelle che più frequentemente si osservano nell’ambiente di lavoro. Ad oggi il danno da
rumore si è molto attenuato, come le malattie da agenti chimici (IL SISTEMA
PREVENZIONISTICO HA FATTO PASSI DA GIGANTE). INFATTI per il fattore rumore e per gli
agenti chimici SI SONO IDENTIFICATE DELLE CHIARE CURVE DOSE-RISPOSTA CHE HANNO
PERMESSO DI PROTEGGERE LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI LAVORATORI
ESPOSTI.

Perché abbiamo problemi si SOVRACCARICO MECCANICO? - sono ​aumentati​ i ​processi legati a


lavori con cicli molto brevi​ (es assemblaggio). La crescita di questo tipo di attività non ha però
permesso che il processo venga completamente automatizzato: abbiamo ancora bisogno di
braccia umane – non abbiamo chiare curve dose-risposta per questo fenomeno, conosciamo le
variabili agenti, ma non riusciamo a capire come queste interagiscano tra di loro, inoltre ABBIAMO
DIFFICOLTA’ AD ​IDENTIFICARE DEGLI INTERVENTI PREVENTIVI ​CHE RIDUCANO LA
POSSIBILITA’ DEL VERIFICARSI DI QUESTI FENOMENI ​NON ALTERANDO LA PRODUTTIVA​.
Infatti: SALUTE E PRODUTTIVITA’ DEVONO ANDARE DI PARI PASSO IN UN SISTEMA
REGOLATO DALLE LEGGI DI MERCATO. L’azienda deve essere produttiva per garantire lo
stipendio ai propri lavoratori.

ERGONOMIA​: ​ha l’obiettivo di adattare il lavoro all’uomo nel contesto di sovraccarico


biomeccanico del sistema muscolo scheletrico.​ “Disciplina scientifica che si occupa dei problemi
relativi al lavoro umano in rapporto alla progettazione delle macchine e agli ambienti di lavoro, al
fine di ​individuare le soluzioni più idonee alle esigenze psicofisiche dei lavoratori e al
contempo​ a quelle della produzione​”. E’ in grande difficoltà proprio perché non abbiamo una
curva dose risposta che riguardi il sovraccarico meccanico, si è cercato di identificare degli
algoritmi, ma anche l’applicazione di questi NON E’ STATA RISOLUTIVA (probabilmente non
abbiamo ancora compreso quasi sono le ipotesi eziopatogenetiche, e quindi con quali modalità
possiamo intervenire).

Obiettivi dell'ergonomia​:- Analisi degli effetti della tecnologia produttiva sull'uomo a livello di salute,
di prestazione e di comportamento.- Progettazione di situazioni lavorative adeguate alle esigenze
dell'attività ed alle capacità potenziali dell'operatore, al fine di evitare il logoramento fisico e
mentale ed aumentare il rendimento.- Si pone come ​disciplina preventiva​, avendo lo scopo di
studiare ​come evitare l'insorgenza di effetti dannosi​.

Campi di ricerca​- Studio dell'uomo al lavoro (antropometria e biomeccanica, fatica fisica e mentale,
meccanismi sensoriali e cognitivi).- Fattori ambientali (utensili, macchine, arredo, microclima,
illuminazione, ambiente fisico in rumore).- Fattori psicologici (carico mentale, flusso d'informazioni
da trattare, interazioni sociali, benessere organizzativo).- Ingegneria biomedica.

Applicazioni​: L'ergonomia fisica è importante in campo medico, in particolare per gli individui ai
quali sono state diagnosticati disturbi fisiologici o patologie come l'artrite (sia cronica e
temporanea) o la sindrome del tunnel carpale. In questi soggetti, pressioni anche insignificanti o
impercettibili, possono essere molto dolorose, o rendere inutilizzabile un dispositivo. Molti prodotti
dal design ergonomico sono anche utilizzati o raccomandati per trattare o prevenire tali disturbi, e
per trattare la pressione legata al dolore cronico.

L'ergonomia sul posto di lavoro​: postazioni di lavoro ergonomiche forniscono un supporto per gli
ambienti ad alta intensità di lavoro. Al di fuori della stessa disciplina, il termine "ergonomia" è
generalmente usato per riferirsi all'ergonomia fisica riferita al luogo di lavoro (come ad esempio
sedie ergonomiche e tastiere). L'ergonomia sul posto di lavoro ha a che fare in gran parte con la
sicurezza dei lavoratori, sia a lungo che a breve termine. Postazioni ergonomiche possono
contribuire a ridurre i costi, migliorando la sicurezza, di conseguenza, questo ridurrebbe i soldi
versati a titolo di risarcimento dei lavoratori. Attraverso l'ergonomia, i luoghi di lavoro possono
essere progettati in modo che i lavoratori non debbano ricorrere a posture incongrue per il corpo,
quindi l'industria potrebbe risparmiare i costi associati al risarcimento dei lavoratori. Nei luoghi di
lavoro si possono seguire due approcci, uno ​reattivo​ o uno ​preventivo​, in sede di applicazione
pratica dell'ergonomia. L'ergonomia reattiva è quando qualcosa deve essere stabilito con azioni
correttive. L'ergonomia preventiva è il processo di ricerca di aree che potrebbero essere migliorate
e che individua i problemi prima che diventino problemi di grandi dimensioni. Le problematiche
possono essere preventivamente risolte mediante progettazione di apparecchiature, di attività o
progettazione ambientale.

ABBIAMO: un SOVRACCARICO TISSUTALE (del sistema muscolo- scheletrico) con risposte -


MECCANICHE, - METABOLICHE - BIOCHIMICHE.

Variabili (CARATTERISTICHE E RISPOSTE INDIVIDUALI): carico statico, dinamico, freddo,


vibrazioni, stressi, postura, rigidità, variabili organizzative e psicosociali (ciclo di lavoro, pause ect),
variabili relazionali (stato motivazionale ect). SONO TUTTI ASPETTI CHE DOBBIAMO
CONSIDERARE.

FATTORI LAVORATIVI FONDAMENTALI: - ripetitività del gesto- frequenza e velocità – forza -


posture incongrue – tempi di riposo (sono insufficienti?).

I MOVIMENTI RIPETITIVI SONO UN FATTORE DI RISCHIO IMPORTANTE SOPRATTUTTO


QUANDO IL GESTO COMPIUTO E’ SEMPRE LO STESSO (​VALUTAZIONE DELLA
STEREOTIPIA​) es sindrome di De Quervain, il “crampo dello scribano”. [Per sindrome di De
Quervain si intende una infiammazione cronica dei tendini dei muscoli ​estensore breve del
pollice e abduttore lungo del pollice​.]

Abbiamo poi degli elementi complementari: compressione di strutture anatomiche, vibrazioni,


disergonomia degli strumenti, uso dei guanti (dobbiamo usare più forza, perché abbiamo meno
sensibilità), freddo, lavoro a cottimo (cioè un lavoro dove tanto più si produce, tanto più si
guadagna, quindi aumenta l’attività lavorativa), parcellizzazione del lavoro, inesperienza lavorativa.

QUANDO PARLIAMO DI MALATTIE MUSCOLO-SCHELETRICHE, PERO’, PARLIAMO SEMPRE


DI MALATTIE ​CORRELATE​ AL LAVORO. Dunque consideriamo: sesso e età, traumi e fratture,
struttura antropometrica, condizione psicologica. INFATTI: il dolore muscolare molto spesso ha
una base neurofunzionale (pensiamo a tutte le lombalgie sine materia. O alla FIBROMALGIA: sono
tutta una serie di disturbi sine materia che si è provato a convertire in un disturbo reumatico, in
realtà molti pazienti affetti da questa patologia prendono psicofarmaci), o di diabete, AR,
menopausa, gravidanze, estroprogestinici, distiroidismi.

EZIOPATOGENESI: ​-uso di forza, -ripetitività, -posture incongrue, -tempi di recupero


insufficienti​. Dobbiamo considerare la sommatoria di tutti questi elementi. Come facciamo a
valutare questi aspetti? Non abbiamo strumenti solidi e rappresentativi per valutare il rischio. Sono
stati messi a disposizione una serie di algoritmi, che derivano da una valutazione
OSSERVAZIONALE fatta sul campo o in laboratorio, utilizzando video riprese (per i fattori:
ripetitività, posture incongrue, distribuzione delle pause). Per quanto riguarda l’uso di forza:
dovremmo utilizzare un quantificatore oggettivo (come l’elettromiografia di superficie), questo è un
po’ complicato e poco realizzabile, per cui utilizziamo la ​scala soggettiva di BORG. La scala di
percezione dello sforzo (RPE, Rate of Perceived Exertion), chiamata anche scala RPE, o
scala di Borg in richiamo al suo inventore, Gunnar Borg, serve per valutare la ​percezione
soggettiva​ ​dello sforzo fisico in relazione all'entità o intensità dello stesso durante l'attività
fisica.​ Va da 1 a 10. Dal 5 in poi lo sforzo non è considerato accettabile. Si sottopone il test al
paziente: “in quale casella, da 1 a 10, inseriresti il tuo sforzo”? [E inseriamo la risposta in un
algoritmo che comprende anche altri parametri (frequenza cardiaca, lattati durante lo sforzo)].
Rischio di questo test: soggettività e bugie. PIU’ AUMENTO IL NUMERO DI SOGGETTI A CUI
CHIEDO QUESTA VALUTAZIONE, MINORE E’ LA POSSIBILITA’ CHE CI SIA UNA SOVRA O
SOTTOSTIMA.

TEMPI DI RECUPERO: sono efficaci ​brevi pause, ma più frequenti​ ​(5-7 minuti ogni ora di
lavoro, anche se questa situazione è abbastanza raro che si realizzi).

SISTEMA OCRA​: SOMMANDO I PUNTEGGI DI TUTTE LE VARIABILI (cioè di uso di forza


tramite la scala di Borg, ripetitività, posture incongrue, tempi di recupero tramite la
videovisualizzazione indiretta) inserisco ciò che ottengo in un’area (VERDE- GIALLO –ROSSA)->
giallo: rischio intermedio. Rosso: rischio elevato, devo fare degli interventi. NESSUN AUTORE E’
STATO INGRADO DI DETERMINARE LA PREDITTIVITA’ DI QUESTI SISTEMI DI
VALUTAZIONE DI RISCHIO. Siamo sicuri che un lavoratore in area verde non avrà mai un
problema di questo genere? Non ci sono studi longitudinali che abbiano seguito l’evoluzione delle
malattie muscolo scheletriche da correlare ai valori di rischio osservati (all’appartenenza all’area
verde-giallo-rosso). Per rendere un po’ più oggettivo il sistema ed evitare di sovra o sottostimale è
necessario - osservare il lavoratore direttamente: E’ IMPORTANTISSIMO CHE IL MEDICO DEL
LAVORO FACCIA IL SOPRALLUOGO (oltre ai sistemi di videoregistrazione). INOLTRE CI DEVE
ESSERE SEMPRE UNA VALUTAZIONE INTEGRATA A DATI EPIDEMIOLOGICI DEI FATTORI
DI RISCHIO.

La presenza della ​ripetitività​ crea problemi a ​spalla, mano e polso, collo.​ ​Forza eccessiva​: ​gomito,
mani e polso​-> SINDROME DA INTRAPPOLAMENTO (ES TUNNEL CARPALE). ​Postura
incongrua​: ​collo spalla, spalla, mano e polso per le tendiniti

La ​postura incongrua​ ha un effetto negativo soprattutto sulla ​spalla​. Pensiamo a gente che sta
sempre con il braccio alzato sul posto di lavoro, questa è una postura incongrua che crea problemi
alla spalla (es lavoro sotto scocca)-> SINDROMI DA CONFLITTO ACROMION-CLAVERALE
(sindrome della cuffia dei rotatori).
Una delle novità che si sta cercando di adottare a livello produttivo è l’uso degli ESOSCHELETRI.
Questo esoscheletri tengono in posizione incongrua i lavoratori, questo in effetti riduce la forza, ma
NON sappiamo se ci sono comunque dei rischi per il mantenimento della postura incongrua.

Problemi ​gomito- polso​: epitrocleiti, epicondiliti, sindrome di Guyon.[La sindrome del canale di
Guyon è una patologia debilitante che interessa il polso, in maniera specifica il tunnel, detto
appunto canale di Guyon, che il nervo ulnare attraversa per passare dall'avambraccio alla mano].

Definiamo un ​lavoro ripetitivo​ ​quando il tempo-ciclo ha una durata inferiore a 30 secondi​. E


QUANDO OLTRE IL 50% DEL TEMPO DI LAVORO PREVEDE LO STESSO TIPO DI AZIONE.

C’è il problema di quantificare la forza: possiamo pensare di utilizzare – il peso di ciò che devo
effettivamente spostare\sollevare – il dinamometro: lo posso utilizzare per valutare qual è la forza
iniziale e di mantenimento, MA NON PER MISURARE QUAL E’ LA FORZA RISCHIESTA PER
COMPIERE UN GESTO ALL’INTERNO DEL LAVORO RIPETITIVO. L’unico metodo preciso
sarebbe l’elettromiografia superficiale. Utilizziamo più frequentemente la scala di Borg.

[prese pinch-> pinza e prese grip-> prende qualcosa in pugno].

Sindrome del tunnel carpale, sindrome della cuffia dei rotatori, de Quervain,
epicondilite​-> queste sono le sindromi più comuni.

LA SCELTA PIU’ COMPLICATA E’ CAPIRE SE UN SOGGETTO PUO’ CONTINUARE A FARE


QUEL LAVORO, OLTRE CHE L’EZIOLOGIA EFFETTIVAMENTE LAVORATIVA. Quindi: - valutare
se l’attività lavorativa presenta condizioni critiche per questa patologia: se il mio lavoratore ha la
sindrome della cuffia dei rotatori e deve lavorare sotto scocca, non può certamente continuare a
svolgere quella mansione. MA PRIMA DEVO CERCARE DI CAPIRE SE POSSO FARE DEGLI
INTERVENTI PER RENDERE IDONEA QUELLA POSTIZIONE DI LAVORO: TUTTO QUESTO
BISOGNA FARLO PER FORZA CON UN SOPRALLUOGO (IL QUALE DEVE SEMPRE
INTEGRARE LA SCALA DI BORG E L’ANALISI EPIDEMIOLOGICA DEI RISCHI PER
QUELL’ATTIVITA’).

Nell’ambito dell’ergonomia abbiamo due approcci: - ERGONOMIA PROCETTUALE: applico dei


principi ergonometrici in fase di ​progetto​ di lavoro - ERGONOMIA CORRETTIVA: correggiamo gli
errori. Naturalmente l’ergonomia in fase di progettazione è quella più efficace. La tecnologia di oggi
ci può permettere di valutare VIRTUALMENTE cosa accadrebbe al lavoratore in determinate
condizioni di lavoro.

LOMBALGIA​: la lombalgia è un sintomo, non è una malattia. La genesi è tipicamente


MUTIFATTORIALE: aspetti lavorativi, metabolici, psicologici, endocrini. Per il medico del lavoro
questo argomento è estremamente importante. In ospedale, in particolare, è un problema
decisamente evidente. I COSTI ECONOMICI E SOCIALI SONO MOLTO ELEVATI: - perdite di ore
di lavoro – cure – necessità di far cambiare attività delle persone – riconoscimento di invalidità e
assistenza. OGNI 1000 DIPENDENTI DELL’OSPEDALE, 150 HANNO UNA LIMITAZIONE
LAVORATIVA, LA MAGGIOR PARTE DELLE QUALI RIGUARDANO LA LOMBALGIA. Da noi in
Italia, come valutazione di patologia professionale, ​prevale ancora l’arto superiore rispetto alla
lombalgia come statistiche​. IL 46% DEGLI OPERATORI SANITARI HA UN EPISODIO DI MAL
DI SCHIENA PRIMA DEI 30 ANNI: in prevalenza abbiamo che questi operatori lavorano in reparti
come ​medicina generale, geriatria, ortopedia​. Qual è la variabile? L’AUTOSUFFICIENZA DEI
PAZIENTI.

VALUTAZIONE DEL RISCHIO: il problema è chiaramente la mobilizzazione di PESI (inanimati) o


di PAZIENTI. Abbiamo due diversi criteri per valutare il rischio biomeccanico: uno riguarda i pesi,
l’altro i pazienti. METODO NIOSH (area tecnica-> “pesi”): mi dà l’indice di sollevamento (rapporto
tra peso EFFETTIVAMENTE SOLLEVATO e il peso limite raccomandato in quelle particolari
condizioni di sollevamento), METODO MAPO (ambito sanitario, “pazienti”, ma non è un indice
troppo oggettivo).

METODO NIOSH​: il peso massimo sollevabile da una persona adulta di sesso maschile è di 25 kg.
Per le donne: 20 kg. C’è una variabile in più in relazione all’età (ma vale solo per gli under 18). Ma
come faremo a definire “le particolari condizioni di sollevamento”? Consideriamo – FATTORE
ALTEZZA: a quale altezza devo sollevare il peso? – QUANTO LO SOLLEVO? - QUANTO LO
SPOSTO? Più lo sposto, più il fattore demoltiplicativo aumenta, dunque il peso si riduce. Lo stesso
vale per l’aumentare dell’altezza, che per quanto lo sollevo. – QUANTO DISTA DAL BACINO IL
PESO SOLLEVATO? Anche in questo caso il fattore demoltiplicativo aumenta– FREQUENZA DI
SOLLEVAMENTO: più aumenta la frequenza, più aumenta il fattore demoltiplicativo– SIMMETRIA:
c’è una torsione della colonna per sollevare il peso? – FACILITA’ DI PRESA: non è tanto rilevante
all’interno dell’algoritmo. Anche qui definisco delle aree: verde, gialla, rossa. Quando l’indice di
sollevamento è inferiore a 0.75 sono in area verde, se siamo tra 0.76 e 1.25 siamo in are gialla->
incertezza, quando supero 1.25 il rischio è rilevante.

QUINDI:

- Se R < 0,75 (AREA VERDE): la situazione è accettabile e non è richiesto alcuno specifico
intervento.

- Se R è compreso tra 0,76 e 1.25 (AREA GIALLA): la situazione si avvicina ai limiti; una quota
della popolazione (a dubbia esposizione) può essere non protetta e pertanto occorrono cautele,
anche se non è necessario un intervento immediato. È comunque consigliato attivare la
formazione e, a discrezione del medico, la sorveglianza sanitaria del personale addetto.

- Se R > 1 (AREA ROSSA): la situazione può comportare un rischio per quote crescenti di
popolazione e pertanto richiede un intervento di prevenzione primaria. Il rischio è tanto più elevato
quanto maggiore è l’indice. ​Vi è necessità di un intervento IMMEDIATO di
PREVENZIONE per situazioni con indice maggiore di 3​; l’intervento è comunque
necessario anche con indici compresi tra 1,25 e 3 (al valore 2 è considerato AUMENTATO il
rischio di patologie professionali che portino a lombalgia). È utile programmare gli interventi
identificando le priorità di rischio. Successivamente riverificare l’indice di rischio dopo ogni
intervento. Va comunque attivata la sorveglianza sanitaria periodica del personale esposto con
periodicità bilanciata in funzione del livello di rischio.

CP = COSTANTE DI PESO

ETÀ MASCHI FEMMINE


Costante di peso (Kg)
> 18 ANNI 25 20
FA = ALTEZZA DA TERRA DELLE MANI ALL'INIZIO DEL SOLLEVAMENTO (A)
ALTEZZA
0 25 50 75 100 125 150 >175
(cm)
FATTORE 0,77 0,85 0,93 1,00 0,93 0,85 0,78 0,00
FB = DISTANZA VERTICALE DI SPOSTAMENTO DEL PESO FRA INIZIO E FINE DEL SOLLEVAMENTO
(B)

DISLOCAZIONE
25 30 40 50 70 100 170 >175
(cm)
FATTORE 1,00 0,97 0,93 0,91 0,88 0,87 0,86 0,00
FC = DISTANZA ORIZZONTALE TRA LE MANI E IL PUNTO DI MEZZO DELLE CAVIGLIE (DISTANZA
MASSIMA RAGGIUNTA DURANTE IL SOLLEVAMENTO (C)

DISTANZA
25 30 40 50 55 60 >63 25
(cm)
FATTORE 1,00 0,83 0,63 0,50 0,45 0,42 0,00 1,00

FD = DISLOCAZIONE ANGOLARE DEL PESO IN GRADI (D)

Dislocazione angolare 0° 30° 60° 90° 120° 135° >135°


FATTORE 1,00 0,90 0,81 0,71 0,52 0,57 0,00
FE = GIUDIZIO SULLA PRESA DEL CARICO (E)

GIUDIZIO BUONO SCARSO


FATTORE 1,00 0,90
FF = FREQUENZA DEI GESTI (numero di atti al minuto) IN RELAZIONE ALLA DURATA (F)

FREQUENZA 0,20 1 4 6 9 12 >15


CONTINUO
1,00 0,94 0,84 0,75 0,52 0,37 0,00
<1 ora
CONTINUO
0,95 0,88 0,72 0,50 0,30 0,21 0,00
da 1 a 2 ore
CONTINUO
0,85 0,75 0,45 0,27 0,15 0,00 0,00
da 2 a 8 ore
CALCOLO DEL PESO LIMITE RACCOMANDATO = CP x FA x FB x FC x FD x FE x FF

CALCOLO DELL'INDICE DI PESO EFFETTIVAMENTE SOLLEVATO (Kg)


SOLLEVAMENTO= PESO LIMITE RACCOMANDATO (Kg)

METODO MAPO​: anche qui abbiamo un’area verde, gialla, rossa. Valuta la se il personale è stato
formato, quanti pazienti non sono autosufficienti ect… la sua funzione è abbastanza aleatoria in
realtà, non è un metodo estremamente oggettivo.

ELEMENTI CHE VENGONO UTILIZZATI PER VALUTARE IL RISCHIO SUL RACHIDE​: la


lombalgia è un epifenomeno. DEVO VALUTARE SE I QUADRI CHE DETERMINANO LA
LOMBALGIA SONO DI ORIGINE PROFESSIONALE. Nel 2007 si è provato a far chiarezza
sull’argomento: quali sono le patologie che portano a lombalgia che vanno considerate
potenzialmente di origine professionale? Quali sono le condizioni che possono essere prese in
considerazione come fattori causali?
SPONDILODISCOPATIE DEL TRATTO LOMBARE E ERNIA DISCALE​. Queste sono le
due patologie che possiamo valutare come professionali.

SPONDILODISCOPATIE DEL TRATTO LOMBARE​: Degenerazione vertebrale CHE PRESENTI


LA TRIADE DI ​SCLEROSI REATTIVA DELLE LIMITANTI SOMATICHE SUPERIORI E
INFERIORI,​ ​RIDUZIONE DELLO SPAZIO INTERSOMATICO, PROLIFERAZIONE
OSTEOFITARIA MARGINALE.​

ERNIA DISCALE​: alterazioni del disco vertebrale alla TC e RNM. Condizione sine qua non:
INTERESSAMENTO RADICOLARE.

L’ATTIVITA’ LAVORATIVA (cioè la possibile origina professionale) PUO’ ESSERE PRESA IN


CAUSA CON UN INDICE DI NIOSH SUPERIORE A DUE PER ALMENO 5 ANNI
ABITUALMENTE​.

Esistono due tipi di lombalgia: - SECONDARIA – ASPECIFICA. Questo tipo di classificazione


deriva soprattutto dalla letteratura anglosassone. ​SECONDARIA​: causate da una spondilodiscite,
frattura vertebrale da osteoporosi, patologie reumatiche, spondilolisi-listesi, tumori, MA
SOPRATTUTTO: STENOSI DEL CANALE CON SINTOMI NEUROLOGICI, ERNIA DISCALE CON
SINTOMI NEUROLOGICI. ​I casi di lombalgia con gli ultimi due punti, che derivino da attività
lavorative ripetute per 5 anni abitualmente con indice di NIOSH superiore a 2, vengono
considerati DI ORIGINE PROFESSIONALE​. Questo è quello che dice la scuola di Torino.
ASPECIFICA​: situazioni molto frequenti, rientrano in questa definizione tutte quelle lombalgie
etichettate in questo modo: lombalgia da sforzo, sindrome delle faccette, patologia degenerativa,
discopatia, ernia discale senza deficit neurologico, protrusione distale, bulging discale, instabilità
segmentaria su base degenerativa, stenosi congenita ect… QUESTE SONO LE SITUAZIONI DI
LOMBALGIE ​PIU’ FREQUENTI​.

Per essere considerate professionali, le lombagie, DEVONO AVERE UN COINVOLGIMENTO


NEUROLOGICO​.

Nell’ambito sanitario si segue un percorso ben preciso: ciò che domina il nostro percorso deve
essere la ​VALUTAZIONE CLINICO-ANAMNESTICA​. Se questa non è positiva, non si
fa nessuna diagnostica per immagini PERCHE’ IL RISCHIO DI TROVARE FALSI POSITIVI E’
MOLTO ALTO. SONO CONDIZIONI DI OVERDIAGNOSIS, cioè diagnosi non dovute. Il criterio
clinico anamnestico deve essere PRIVILEGIATO rispetto all’analisi strumentale. Nell’andare a
richiedere un esame di diagnostica per immagini, ci facciamo aiutare dallo specialista.

UTILIZZIAMO LE BANDIERINE GIALLE-ROSSE NELL’ANAMNESI: questa indirizzano verso una


lombalgia specifica rispetto a una lombalgia secondaria. Sono una serie di domande (questionario)
da somministrare al paziente.

Se la lombalgia è ​SECONDARIA​: ragioniamo immediatamente in termini di ​riduzione dell’attività


lavorativa​. Se la lombalgia è ​ASPECIFICA​: ragioniamo in un’ottica di RIEDUCAZIONE
FUNZIONALE DEL SOGGETTO (movimento)-> fisioterapia, oppure igiene e ergonomia della
postura (facciamo partecipare i lavoratori ad un corso, questo ha avuto risultati eccellenti). SOLO
QUANDO QUESTI SISTEMI FALLISCONO, PRENDIAMO IN CONSIDERAZIONE
L’EZIOPATOGENESI LAVORATIVA.
Spesso gli ortopedici, dopo gli interventi, indicano che i loro pazienti non possono sollevare certi
pesi (e indicano il peso in numero). IN REALTA’ NON CI SONO EVIDENZE CHE PERMETTANO
DI STIMALE QUAL E’ IL PESO MASSIMO CHE IL SOGGETTO PUO’ SOLLEVARE DOPO
L’INTERVENTO-> NON CI SONO EVIDENZE CHE QUESTA PREVENZIONE SIA EFFICACE.

[arti superiori e rachide saranno facilmente oggetto di esame].

FATTORI DI RISCHIO​: - di tipo fisico: rumore, radiazioni ionizzanti e non ionizzanti,


temperatura, vibrazioni ect – di tipo chimico: agenti chimici in quanto tali e agenti cancerogeni –
esposizione a polveri – condizioni di lavoro DISERGONOMICHE – di tipo biologico: patogeni-> le
modalità di trasmissione più frequenti sono quella aerea e la via iniettiva (infortunistica, quindi) – di
tipo psico-sociale: stress lavoro-correlato, mobbing (è un fattore di rischio che può determinare
malattia), burn out, disturbi legati all’innovazione tecnologica (tecnostress).

AGENTI FISICI:

RUMORE​: oscillazioni di pressione che vengono generate dalle vibrazioni di corpi solidi. E’ UN
SUONO SGRADEVOLE (percezione uditiva sgradevole). Caratteristiche fisiche: velocità di
propagazione, frequenza, lunghezza d’onda, intensità. QUELLE IMPORTANTI: FREQUENZA (Hz)
E INTENSITA’ (dB). Pressione sonora: es scoppi improvvisi-> danno acuto all’udito. E’ espressa in
Pascal.

I DECIBEL SONO ESPRESSI IN SCALA LOGARITMICA. L’intervallo tra 81 Db e 86 è molto più di


5! Essere esposti a 81 Db rispetto che 86 è abbastanza differente!

Es: sfruscio di foglie-> 10 Db. Zona urbana-> 80 Db. Officina di stampo-> 90 Db. SOPRA 115-120
Db, se non siamo protetti, cominciamo ad essere infastiditi. Quando un aereo parte-> 130-140 Db.
Discoteca: 95-100 Db.

FONOMETRO: misura il livello di esposizione a rumore.

Misura del rumore: la curva\scala più utilizzata è la A. In medicina del lavoro misuriamo in ​dB-A​.
LA MISURA DEVE ESSERE INTEGRATA: BISOGNA FORNIRE IL LIVELLO SONORO
EQUIVALENTE IN dB. Quindi: misuro per 10 minuti il rumore, ma poi il fonometro deve essere in
grado di fare una media ponderata su TUTTO IL TURNO DI LAVORO. Devo anche sottrarre la
pausa mensa, l’ora di attività fatta in riunione in stabilimento (dove quindi non c’è rumore). Dovrà
fare quindi una media TOTALE. Se ho un’attività caratterizzata da DIVERSI LAVORI OGNUNO
DEI QUALI HA ESPOSIZIONE AL RUMORE DIVERSA: devono analizzarli tutti, e fare comunque
una media. IL LIVELLO DI ESPOSIZIONE VA CALCOLATO NELLE 8 ORE DI LAVORO, COME
MEDIA. Attenzione: siamo sempre in scala ​logaritmica​, per ridurre i dB di esposizione, dovrò
utilizzare TANTE ORE DI MANCATA ESPOSIZIONE A QUEL LIVELLO DI ESPOSIZIONE.

Ma ho bisogno di valori di riferimento: questi riguardano la protezione dagli effetti sull’apparato


uditivo. NON ESISTE UN RISCHIO DI DANNO UDITIVO QUANDO L’ESPOSIZIONE
ALL’INTERNO DEL TURNO DI LAVORO E’ INFERIORE A 80 DECIBEL (ZONA VERDE). TRA 80
E 85 DECIBEL SIAMO IN ZONA GIALLA. MAGGIORE DI 85 DECIBEL SIAMO IN ZONA ROSSA.

Dal punto di vista della Norma Europea: - sotto gli 80 non è necessario fare nulla – tra 80 e 85
dobbiamo mettere a disposizione i DPI acustici e fare sorveglianza sanitaria SU RICHIESTA DEL
LAVORATORE – sopra gli 85 scatta, da un lato l’OBBLIGO-NECESSITA’ DI ADOTTARE
INTERVENTI TECNICI, dall’altro: IN ATTESA DI QUESTI INTERVENTI DIVENTA
OBBLIGATORIO L’USO DEI DPI E LA SORVEGLIANZA SANITARIA.

DPI: - inserti di gomma da modellare al canale – cuffie. IL POTERE DI ABBATTIMENTO MEDIO


DEI DPI VARIA DAI 15-20 dB. Quindi: se l’esposizione durante il lavoro è 90 dBA-> 82 dBA: siamo
in un’area gialla. In ogni caso si ha l’obbligo di fare sorveglianza: infatti il valore 82 è molto teorico!
Dipende dallo stato di manutenzione delle cuffie, dal fatto che l’operatore le usi, ma come le usi
ect…

TUTTI QUESTI SISTEMI PREVENTIVI DEVONO TUTELARE DA EFFETTI SULL’APPARATO


UDITIVO: -sordità da trauma acustico cronico, acuto – abbassamento della soglia uditiva – effetti
extrauditivi: sindrome generale di maladattamento a carico del sistema vegetativo (reazione di
allerta, fase di resistenza, fase di esaurimento). Porta a disturbi del sonno, ipertensione.

IPOACUSIA: -trasmissiva – recettiva – mista. NEL NOSTRO CASO ABBIAMO UN DANNO DI


TIPO RECETTIVO: PRIMA ABBIAMO UNO STATO DI SOFFERENZA DELLE CELLULE DEL
CORTI, POI DI PERDITA IRREVERSIBILE. Le cellule ciliate deputate alla percezione dei suoni
acuti vengono maggiormente danneggiate IN PRIMIS.

In una prima fase si possono perdere la capacità di percezione uditiva ​in condizione di
esposizione​, a riposo questa viene recuperata (il danno è, cioè, completamente reversibile).
Questo è importante quando dobbiamo fare l’esame audiometrico: dobbiamo farlo a RIPOSO.
Perché rischiamo di diagnosticare un danno temporaneo, e non cronico! E quindi fare
overdiagnosis.

Come arriviamo a porre diagnosi di ipoacusia da rumore? E’ una DIAGNOSI AUDIOLOGICA


(accertamenti della funzione uditiva-> ​audiometria tonale liminare BASALE​). L’esistenza di
un danno da rumore c’è quando: - deficit di tipo percettivo massimo sulle frequente di 3-4-6 kHz –
bilaterale – simmetrico – irreversibile – non evolutivo: il danno non peggiora se smetto di esporre il
soggetto!

Quindi: - ​anamnesi lavorativa​: c’è stata esposizione? Ci sono altre situazioni che potrebbero aver
determinato un danno di questa natura? Ci sono state patologie, come le virosi, che possono aver
determinato questo danno? (discoteca, barotrauma->aereo, subaqueo, trauma rachido-cervicale
per alterazione del microcircolo). Il paziente ha preso dei farmaci ototossici (es streptomicina, o
aminoglicosidi-> gentamicina, furosemide, cefalosporine, acido acetil-salicilico)? Il paziente è
diabetico? – ​tracciato audiometrico​: curva “a cucchiaio” tipica. Il deficit naturalmente deve essere
SIMMETRICO. L’audiometria dovrebbe essere eseguita in cabina silente nell’attività di
sorveglianza. L’aspetto critico è che non sempre ci sono queste condizioni: se ci sono dei dubbi, è
necessario ripetere l’accertamento in un centro idoneo. L’AUDIOMETRIA E’ UN ESAME SEMPRE
NECESSARIO. A DIFFERENZA DELLA LOMBALGIA (DOVE DEVE ESSERE LA CLINICA CHE
GUIDA), QUI ABBIAMO BISOGNO DI UNA DIAGNOSI STRUMENTALE. INFATTI: il paziente non
sempre può percepire il danno acustico, perché magari le frequenze “mancate” non fanno parte
della vita quotidiana (lui dice di sentire benissimo). PROBABILMENTE E’ UN SOGGETTO
IPERSENSIBILE AL RUMORE, NEL CORSO DEGLI ANNI CONTINUERA’ A PEGGIORARE!
Prima o poi comincerà a descrivere una qualche disabilità. Altro problema: la perdita delle alte
frequenze, in realtà, è PARAFISIOLOGICA con l vecchiaia (PRESBIACUSIA). Quanto del danno
che abbiamo osservato è associato all’esposizione lavorativa? Come facciamo a capire? Esistono
delle curve PREDITTIVE ATTESE in funzione dell’età: sappiamo che nella categoria 60-65 anni la
curva è di un certo tipo. E’ QUESTA LA CURVA CHE DEVO PRENDERE COME PARAMETRO DI
RIFERIMENTO. MALATTIE CHE POSSONO SIMULARE UN’IPOACUSIA: morbillo, varicella,
rosolia, parotite, herpes, otiti, encefalite, emofilia (danno ipossico), insuff renale, ipertensione,
diabete, trombosi, dislipidemie ect…

Utilizziamo il metodo Albera-Beatrice: si prende il tracciato audiometrico, si valuta la morfologia, la


simmetria ect… faccio la somma di tutti i punti persi dal paziente, per ogni frequenza (500, 1000,
2000, 3000, 4000 Hz). Divido per le frequenze, e ho una media. ​Quando la media è superiore
a 25 dB, CONSIDERO MALATTIA PROFESSIONALE-> DENUNCIA​.

VIBRAZIONI: - ​trasmesse al sistema mano-braccio​: disturbi vascolari, neurologici, osteoarticolari –


trasmette al corpo intero​: fattori di rischio per lombalgie.

17-05

Le vibrazioni sono classificabili in – ​trasmesse al sistema mano-braccio​ – ​trasmesse al corpo


intero​. Sono stati definiti dei valori di esposizione soglia: 1) vibrazione trasmesse al sistema
mano-braccio: il valore soglia è pari ad una ACCELERAZIONE di 5 m\s^2. Livello d’azione
giornaliero di esposizione= 2,5 m\s^2. L’esposizione considerata è la media ponderata in
frequenza: si calcolano le frequenze presenti in quella determinata attività, l’intensità delle
esposizioni espresse come accelerazioni, il tutto per la durata del turno di lavoro. 2) vibrazione
trasmesse al corpo intero: valore limite: 1 m\s^2. Livello di azione giornaliero: 0.5 m\s^2. SOTTO
GLI 0.5-> ASSENZA DI PROBLEMA. 1= AREA DI INCERTEZZA. SOPRA 1= AREA DI RISCHIO.
Il superamento delle soglie determina L’ATTIVAZIONE DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA
PERIODICA.

PROBLEMI CONNESSI ALL’ESPOSIZIONE ALLE VIBRAZIONI​: - ​disturbi di natura


neurovegetativa​: sintomi psicosomatici, contratture muscolari, tachicardia, tachipnea, vertigini.
Questa stessa condizione la ritroviamo, connessa all’esposizione a vibrazione a bassissima
frequenza, nel mal di mare. – ​disturbi a carico del sistema muscolo scheletrico​: in particolare a
livello del RACHIDE (ernia discale, delle volte anche con compressione radicolare, artrosi rachide).
– ​disturbi degli organi interni​. Questo nell’ambito delle v
​ ibrazioni trasmette a tutto il corpo​.
Un esempio di una condizione di questo tipo è la GUIDA (soprattutto di automezzi pesanti, su
strada. In passato anche la guida su rotaie. O la guida di mezzi agricoli). In condizioni standard è
ESTREMAMENTE DIFFICILE CHE SI OSSERVINO DEI VALORI DI ESPOSIZIONE AL DI
SOPRA DEI LIMITI. Il superamento del limite generalmente è proprio di mezzi di guida molto
vecchi, incapaci di ammortizzare, oppure di condizioni di guida su terreni scoscesi.

Per quanto riguarda, invece, i problemi connessi all’esposizione di ​vibrazioni trasmesse al


sistema mano braccio​: parliamo di lavori di manutenzione meccanica (utilizzo di trapani flessibili),
settore edile (martelli perforatori), utilizzo di avvitatori nelle catene di montaggio. Che tipologie di
effetti si possono osservare? EFFETTI VASCOLARI, NEUROLOGICI, TENDINEI,
OSTEO-ARTICOLARI. Gli ultimi due effetti riguardano soprattutto il passato: gli strumenti erano
molto pesanti e l’operatore doveva applicare una grande quantità di forza. Oggi prevalgono i
disturbi VASCOLARI e neurologici. I VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE SONO PROPRIO
STUDIATI PER EVITARE L’INSORGENZA DI DISTURBI VASCOLARI, es sindrome di Raynaud:
sono indicati 5 stadi per il fenomeno di Raynaud, che vanno dall’assenza di sintomi (stadio 1), a un
quadro dove abbiamo frequenti episodi di pallore a tutte le falangi, fino all’atrofia (stadio 5). E’ un
pochino più frequente osservare fenomeni in una fase funzionale, cioè in GRADO 1-> TORPORE
INTERMITTENTE ALLE DITA (vasospasmo reversibile, senza un’alterazione persistente del
microcircolo). Diagnosi per la sindrome di Raynaud: - anamnesi lavorativa (l’esposizione a
vibrazioni è la causa dei fenomeni Raynaud-simile? Come sono fatti gli strumenti utilizzati? Come
sono utilizzati? PER QUANTO TEMPO SONO UTILIZZATI? Questo interessa molto il clinico). –
stadiazione clinica – criteri di laboratorio: ​cold test patologico + CAPILLAROSCOPIA​. Possiamo
avere diversi risultati: ​-assenza di alterazioni, -presenza di alterazioni circolatorie sotto
stimolo, -alterazioni anche in condizioni basali. ​Alcune volte, per fare diagnosi, sono utilizzati
anche farmaci dinamici (Ca- antagonisti): questi dovrebbero garantire un recupero rapido dopo che
si è verificato l’evento.

ESPOSIZIONE A POLVERI
Nell’ambiente di lavoro possiamo avere diverse tipologie di ​sostanze aereodisperse​: GAS,
AREOSOL, VAPORI, NEBBIE. Abbiamo, poi, le POLVERI. POLVERE: dispersione in aria di
particelle solide, di diametro molto variabile PROVENIENTI DALLA MOVIMENTAZIONE DI SOLIDI
PREESISTENTI ALLO STATO PULVERULENTO O DALLA FRAMMENTAZIONE DI MATERIALI
SIA NATURALI CHE ARTIFICALI.

Le polveri si distinguono in –POLVERI ORGANICHE: di origine vegetale o animale –POLVERI


INORGANICHE: minerali o metalliche.

Le pneumoconiosi (es asbestosi, silicosi, mesotelioma) sono pressochè tutte di origine


professionale (MALATTIE PROFESSIONALI). Tuttavia esistono delle condizioni che possono
interessare anche la popolazione generale: parliamo di MALATTIE CORRELATE AL LAVORO
(BPCO, bronchioliti, tumore polmonare).

Distinguiamo -POLVERI INALABILI - POLVERI RESPIRABILI. La ​frazione inalabile​ è


rappresentata da una sospensione di particelle di vario diametro (generalmente compreso tra i 10
e i 100 micron) le cui dimensioni sono tali da determinare ​l’interazione con l’apparato respiratorio
umano​. La ​frazione respirabile​ è rappresentata da una sospensione di particelle con classe
granulometrica (generalmente < 4 micron) ​tale da raggiungere, per effetto dei moti respiratori, la
parte non ciliata del polmone (zona alveolare)​.

Altra classificazione: -frazione inalabile, -toracica, -respirabile.

Ci interessa la terza: è l’UNICA FRAZIONE CHE TENDE A DEPOSITARSI A LIVELLO


ALVEOLARE. Ciò che le distingue è la DIMENSIONE delle polveri. ​POLVERI RESPIRABILI​:
diametro non superiore a 10 micron. LE POLVERI CHE MAGGIORMENTE TENDONO A
DEPOSITARSI A LIVELLO ALVEOLARE SONO QUELLE COMPRESE IN UN RANGE DA 0.3 E 5
MICRON. Polveri di dimensioni superiori di 10 micron non arrivano all’alveolo. Quelle inferiori agli
0.3 micron sono troppo piccole, pesano troppo poco, per riuscire a depositarsi a livello alveolare,
vengono espirate all’esterno con gli atti respiratori. Le altre polveri ci interessano meno perché non
riescono a passare gli altri sistemi e raggiungere il livello alveolare: sia per sedimentazione, che
per impatto inerziale, dunque tendono a fermarsi nelle cellule ciliate delle prime vie aeree ed
essere eliminate con il muco. A livello alveolare esiste un sistema di clearance: MAGROFAGI
(esistono polveri che attivano il macrofago, e polveri che sono inerti, dove la cellula fa solo da
“spazzino”). Delle volte il sistema di clearance non funziona completamente se l’esposizione è
piuttosto importante e ne supera la capacità (OVERLOAD). BIOPERSISTENZA: ​Quanto​ un
polvere rimane, con le sue caratteristiche chimico-fisiche, presente a livello alveolare? Maggiore è
il tempo di permanenza di polvere con caratteristiche irritative sull’alveolo, maggiore è la possibilità
di danno; contando anche il fatto che il sistema di difesa, in presenza di polveri attive e reattive sul
polmone, è in grado di modificarne le caratteristiche e dunque avere un’ effetto sulla
biopersistenza. Il sistema linfatico può determinare una disseminazione a livello di tutto
l’organismo: tuttavia l’organo target rimane sempre il polmone.

Le polveri hanno caratteristiche strutturali ​tridimensionali​ diverse: - GRANULARI (es silice) –


LAMELLARI (talco) – FIBROSA (asbesto). E’ importante essere a conoscenza di queste strutture
per il clinico. Come è importante sapere se le polveri con cui abbiamo a che fare sono
RESPIRABILI.

POLVERI INORGANICHE: posso determinare la pneumoconiosi (PRESENZA\ACCUMULO DI


POLVERE ALL’INTERNO DEL POLMONE). In base alle caratteristiche del soggetto (attivazione
macrofagica per esempio, efficienza del sistema di clearance ect) l’accumulo di polvere può
determinare: - ACCUMULO DI POLVERE CON ALVEOLO INTEGRO (cioè l’alveolo non modifica
la sua struttura): questo avviene in soggetti che ​non​ hanno spiccata attivazione immunitaria, o
comunque non è significativa – SE LA POLVERE E’ TOSSICOLOGICAMENTE ATTIVA NEI
CONFRONTI DEL MACROFAGO: possiamo osservare uno SCOMPAGINAMENTO della struttura
dell’alveolo (data dall’infiammazione) e la sua sostituzione in FIBROSI (quadro irreversibile).
Esempi di pneucomoniosi senza fibrosi: siderosi, antracosi ect…

Vi sono poi le fibrosi da polveri che riconoscono un meccanismo d’azione sul polmone più di
natura allergica​ (reazione allergica del III tipo): abbiamo presenza di GRANULOMI SENZA CHE
VI SIA LA PRESENZA DI UN CHIARO ACCUMULO DI POLVERI A LIVELLO POLMONARE. Le
più frequenti: granulomatosi da Berillio e da Cobalto.

PNEUMOCONIOSI SCLEROGENE: -fibrosi interstiziali NODULARI (silice, polveri miste: carbone,


fonderia, caolino, pomice) – fibrosi interstiziali diffuse\reticolari (​reticolo​ di tessuto fibrotico):
asbesto.

Le pneumoconiosi da polveri minerali riconoscono un meccanismo DOSE-DIPENDENTE: esiste


infatti una relazione tra l’entità dell’esposizione e la durata di questa, e la probabilità di osservare
una pneumoconiosi (es asbestosi, silicosi).

SILICOSI​: conseguenza dell’esposizione a SILICE CRISTALLINA. La silice è biossido di silicio:


SiO2. E’ un minerale estremamente DIFFUSO nel terreno. Questo significa che tutte le volte che
facciamo un buco per terra, possiamo essere potenzialmente esposti a silice. Condizioni lavorative
di esposizione: tutti i soggetti che lavorano a contatto con silice (es scavare gallerie, costruire
oggetti in ceramica, la quale contiene silice, produzione di finti marmi-> i quali contengono quarzo,
quindi silice. Il problema di questi marmi è quando questi vengono tagliati, lucidati per arredare il
bagno o le cucine-> la silice subisce un processo di attivazione). E’ estremamente importante
considerare la REATTIVITA’ DI SUPERFICIE DELLA SILICE: ​se il granulo di silice si frammenta,
la superficie diventa altamente reattiva​, QUINDI DIVENTA PIU’ FACILMENTE IN GRADO DI
INTERAGIRE CON IL MACROFAGO, DETERMINANDO UNA SERIE DI REAZIONI
(RECLUTAMENTO di cellule infiammatorie ect…) CHE PORTANO ALLA LIBERAZIONE DI
STIMOLI INFIAMMATORI (citochine, IL 8, fattori di crescita, ROS). TUTTO QUESTO DETERMINA
UNA RISPOSTA INFIAMMATORIA E UN’ATTIVAZIONE DEL SISTEMA LINFOCITARIO. Il
processo che si avvia è quello di FIBROSI POLMONARE (grazie all’attivazione dei fibroblasti).
SONO TUTTI FENOMENI DOSE- DIPENDENTI: se la dose di esposizione è importante, il sistema
di clearance fallisce. CLINICA: possiamo osservare tre tipi di silicosi 1) SILICOSI CRONICA:
derivata da una lunga esposizione (oltre 10 anni) a basse dosi, che compare in maniera
progressiva, con lenta evoluzione 2) SILICOSI ACCELERATA: esposizione a dosi medie-elevate di
silice in un periodo compreso tra 5-10 anni. L’infiammazione e la comparsa di fibrosi avvengono in
maniera più rapida. 3) SILICOSI ACUTA: compare in tempi brevissimi (2-3 anni), deriva da
un’esposizione importante, richiede una predisposizione genetica-individuale probabilmente. Il
quadro è quello dell’insufficienza respiratoria.

Delle volte il sistema immunitario può attivare un processo autoimmune: LA PROGRESSIONE


DEL QUADRO DI FIBROSI, A VOLTE, AVVIENE ANCHE SE L’ESPOSIZIONE A SILICE E’
CESSATA. QUESTO SIGNIFICA CHE IL PROCESSO DI EVOLUZIONE FIBROTICA SI
AUTOMANTIENE. A DIFFERENZA DELLE ALTRE PATOLOGIE AUTOIMMUNI, PERO’, NON
RISPONDE AL TRATTAMENTO IMMUNOSOPPRESSORIO.

DIAGNOSI DI SILICOSI: - raccolta di segni e sintomi per lo più ASPECIFICA: tosse e catarro
cronici, riduzione della funzione respiratoria con comparsa di dispnea (prima da sforzo, poi a
riposo), episodi di iperpiressia (sovrapposizione infettiva), perdita di peso (non così frequente). Il
sospetto di silicosi ci può arrivare solo dall’ANAMNESI LAVORATIVA. – anamnesi lavorativa:
pregressa esposizione a silice. – DIAGNOSI PER IMMAGINI: le indagini di funzionalità
respiratoria, infatti, sono ASPECIFICHE (non c’è nessun test specifico per la silicosi, ​se non nella
diagnostica per immagini​)-> es alterazione della DLCO, deficit costrittivo, insufficienza respiratoria
ostruttiva, sono tutti test di funzionalità, ma nessuno è veramente indicativo per silicoli. Quindi: RX
TORACE in prima battuta, poi TC ad alta risoluzione (a strato sottile). All’RX troveremo
ADDENSAMENTI. Nei quadri acuti\accelerati: il quadro radiografico può radicalmente cambiare in
4 anni-> troviamo aree di micronoduli in tutto il polmone. Per fare diagnosi ci sono delle
RADIOGRAFIE STANDARD CON CUI IL CLINICO (medico del lavoro) SI DEVE
CONFRONTARE: queste sono utilizzate per definire la normalità. Se la nostra RX non è normale è
necessario procedere con: - la caratterizzazione della fibrosi – le dimensioni dei noduli (utilizziamo
un sistema di lettere-> P: noduli piccoli Q: noduli intermedi R: noduli maggiori) – livello di
interessamento del polmone (utilizziamo un sistema numerico: il massimo è la distribuzione 3\3->
tutto il polmone è interessato). Quindi per esempio: Q\Q 3\3-> PICCOLI NODULI PRESENTI SU
TUTTO L’ALBERO POLMONARE. I noduli subpleurici alla TC SONO TIPICI DELLA SILICOSI, li
troviamo anche in fase precoce.

Ma dove possiamo trovare dei quadri del genere? In soggetti, per esempio, ADDETTI AL TAGLIO
A SECCO DI LASTRE DI MARMO SINTETICO. Il taglio a secco è privo di qualsiasi sistema di
aspirazione, inoltre i lavoratori non utilizzavano i DPI. Queste polveri avevano un’elevata reattività
perché venivano TAGLIATE-> subivano, cioè, un processo di attivazione! Si può arrivare anche al
trapianto di polmone. Delle volte la diagnosi può non essere così semplice, la silicosi, per esempio,
può essere scambiata per sarcoidosi. In realtà sono possibili anche associazioni delle sue malattie
(SARCOIDOSI-SILICOLI), non così frequenti.

Ci si chiede anche se alcune malattie autoimmuni possano essere legate all’esposizione a silice,
come anche in alcuni casi di patologie renali. Non abbiamo dati sufficienti.
Un aspetto importante riguarda la ​patologia tumorale​: la IARC si occupa di valutare l’ ”hazard” di
alcune sostanze (cioè il PERICOLO). Ha affermato che c’è evidenza di potenziale oncogeno per
l’esposizione a silice. Tuttavia: i dati di letteratura sono un po’ ambigui-> l’analisi di una serie di
studi coorti dà come risultato una estrema disomogeneità, anche se elimino qualche fattore di
confondimento. Un dato interessante invece: se valuto soggetti silicosici, a questo punto c’è una
maggiore incidenza di tumore. SEMBRA QUINDI ESSERCI UN’ASSOCIAZIONE TRA SILICOSI E
TUMORE DEL POLMONE (associazione che NON è evidente tra la sola esposizione a silice e il
tumore). Rimane quindi non chiaro se la SILICE, DI PER SE’, ANCHE A BASSE DOSI, possa
aumentare il rischio di tumore del polmone. Dall’associazione tra silicosi e tumore del polmone,
però, deriva il seguente quesito: LA SILICOSI E’ UNA CONDIZIONE PRECANCEROSA? O E’
SOLO UN MARKER DI ELEVATA ESPOSIZIONE DI SILICOSI? Può essere semplicemente ​che
l’esposizione ​elevata​ ​alla silice è fattore di rischio sia per silicosi, che per cancro, ma che non ci
sia nessuna condizione precancerosa​. Dunque: prevenendo l’esposizione a silice per silicosi,
diminuisco anche il rischio tumorale.

[CARCINOGENI: ne abbiamo diverse categorie. A e B-> non è ipotizzabile un valore limite,


dunque non deve proprio esserci l’esposizione per evitare il rischio. C e D-> posso determinare un
valore soglia oltre il quale il rischio di cancro aumenta. LA SILICE E’ IN CATEGORIA C].

Ma qual è allora questo valore limite? La direttiva Europea propone 0.1 mg\m^3. In realtà la
direttiva considera come FATTORE CANCEROGENO I PROCESSI CHE DETERMINANO
ATTIVAZIONE DELLA SILICE (IL TAGLIO PER ESEMPIO), NON LA SILICE STESSA! La polvere
deve avere determinate caratteristiche, quindi, per essere considerata cancerogena (cioè DEVE
SUBIRE UN PROCESSO DI LAVORO CHE NE CAMBIA LE CARATTERISTICHE DI
REATTIVITA’ DI SUPERFICIE, PER ESSERE CONSIDERATA CANCEROGENA). Prima di
questa proposta di limite, i paesi Europei avevano delle soglie molto disomogenee tra di loro. LA
SCELTA DI 0.1 mg\m^3 E’ FATTA NON SOLO SULLA BASE DEL RISCHIO, MA ANCHE SULLA
BASE DI FATTORI SOCIO-ECONOMICI (valutazioni di rapporti costo-beneficio).

Altro ambito di esposizione a silice: settore edile.

AMIANTO​: ad oggi non è legale commercializzarlo. Attualmente dobbiamo confrontarci con il


problema dei soggetti che sono stati esposti ​prima​ di questa normativa, con l’esposizione
ambientale (MANUFATTI), con chi fa interventi di bonifica su strutture contenenti amianto. In realtà
gli interventi di bonifica sono regolamentati in maniera molto rigorosa, dunque è difficile che ci sia
un’esposizione effettivamente dannosa.

L’amianto è una FIBRA che è stata utilizzata in maniera massiva per le sue ottime proprietà:
termoresistente, isolante, fonoassorbente ect…

Due tipologie diverse di amianto: CRISOTILO-> deriva dal Serpentino, che è quasi un filamento.
CROCIDOLITE-> deriva dagli Amfubili. E’ lineare e molto rigida. Sulla base di queste
considerazioni: la crocidolite è probabilmente la più pericolosa.

EFFETTI LEGATI ALL’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO: -asbestosi (interstizio polmonare) –


inspessimenti pleurici – placche pleuriche – tumore del polmone – mesotelioma.
RECENTEMENTE SI CONSIDERA ANCHE: – tumore della laringe (discreta probabilità secondi
dati) – tumore ovarico – tumore gastrico e del grosso intestino (controverso: oggetto di
valutazione).

ASBESTOSI: fibrosi del polmone. Non ha le caratteristiche nodulari della silicosi, ma si sviluppa in
modo RETICOLARE a livello dell’interstizio. È conseguente a una MODESTA esposizione, dopo
un periodo di latenza di circa 20-30 anni. Sintomi aspecifici. DATI DALLA SPIROMETRIA: è
possibile osservare con una certa frequenza la presenza di una ​alterata DLCO​ (proprio perché la
disposizione della fibrosi è reticolare: se aumenta lo spessore della membrana alveolo capillare, la
diffusione dei gas avviene più lentamente. Questa è la legge di Fick).

PLACCHE PLEURICHE: sono lesioni benigne, CALCIFICHE. Latenza: 20-40 anni, anche in basse
esposizioni. Sono generalmente BILATERALI. Non danno limitazioni funzionali del polmone.

TUMORE DEL POLMONE: si parla di una relazione di ​DOSE-DIPENDENZA​. ​Sotto una certa
soglia cumulativa, il tumore del polmone non è attribuibile a esposizione professionale​. QUESTO
NON SI PUO’ AFFERMARE CON IL MESOTELIOMA: ANCHE BASSE DOSI DI ESPOSIZIONI,
PER POCO TEMPO, SONO CONSIDERATE IN GRADO DI DETERMINARE MESOTELIOMA
PLEURICO (relazione di ​DOSE-INDIPENDENZA​). E’ VEROSIMILE CHE ALL’AUMENTARE
DELLA DOSE, AUMENTI LA PROBABILITA’.

[Esiste tutta una discussione sul mesotelioma riguardo a QUALE PERIODO DI ESPOSIZIONE
DEVE ESSERE CONSIDERATO CRITICO. Se un soggetto è stato esposto 25 anni: contano
proprio tutti e 25 (e quindi sono responsabili tutti i datori di lavoro che si sono susseguiti TUTTI
questi anni)? Oppure magari solo i primi 5-6 anni sono importanti per la GENESI del tumore
(dunque vengono chiamati in causa solo i datori di lavoro dei primi anni, perché l’esposizione
derivante dagli altri 20 anni è irrilevante per la patogenesi della malattia)? Queste sono due teorie
che molto spesso si confrontano dal punto di vista legale (contenziosi). Ancora oggi non si è in
grado di prendere un posizione: possiamo fare delle considerazioni epidemiologiche, ma in
generale NON ABBIAMO PRECISE CONOSCENZE SULLO SVILUPPO DELLA PATOGENESI.
Sicuramente un dato è certo ED E’ DI FONDAMENTALE IMPORTANZA: LA ​LATENZA​. IL
MESOTELIOMA SI MANIFESTA ​DOPO UNA LATENZA MOLTO LUNGA DALLA PRIMA
ESPOSIZIONE (40-50 ANNI)​. ​Non si possono considerare professionali i tumori che si
manifestano prima dei 20-25 anni dall’esposizione​.]

Fumo di sigaretta: sicuramente è un fattore che CONCORRE alla oncogenesi del tumore del
polmone (non del mesotelioma, quindi). SI PARLA DI UN EFFETTO SINERGICO TRA AMIANTO
E FUMO DI SIGARETTA.

Prognosi sul mesotelioma: sopravvivenza media dalla diagnosi di 18-24 mesi. Prognosi del tumore
del polmone: dipende dalla stadiazione.

SORVEGLIANZA SANITARIA NEGLI EX ESPOSTI AD AMIANTO: non ha senso per la diagnosi


precoce del mesotelioma, perché NON ABBIAMO STRUMENTI. Per il tumore del polmone: utilizzo
della TC SPIRALE A BASSE DOSI può effettivamente evidenziare delle lesioni di piccole
dimensioni, di modo da modificare la prognosi a 5-10 anni? Ci sono diversi studi di coorte, su
popolazioni di fumatori, con esito positivo. Per applicare questo screening però sono state imposte
delle condizioni: - SOGGETTI IN BUONA SALUTE – MENO DI 80 ANNI. Peccato che gli ex
esposti ad amianto, sono la maggior parte di età superiore a 80 anni! Quindi ha ancora senso,
oggi, applicare questo sistema, per individuare precocemente un tumore del polmone tra i soggetti
esposti, se la maggior parte non sono arruolabili?

Vie di esposizione all’asbesto: -INALAZIONE (conseguente sull’albero respiratorio) – oppure: la


fibra può migrare al peritoneo in modo DIRETTO, ma anche per via linfonodale (dunque arriva al
peritoneo, e potenzialmente a livello ovarico). Altra ipotesi eziopatogenetica per il tumore
dell’ovaio: migrazione trans vaginale (ambienti con scarso potenziale igienico: perineo-> vagina->
utero-> ovaio).

Ci sono anche le ​polveri organiche​: possono determinare quadri di ALVEOLITE ALLERGICA


ESTRINSECA-> FIBROSI. Inoltre: ASMA PROFESSIONALE.

RISCHIO CHIMICO
Vie di ingresso: - via inalatoria – via cutanea.

Come valuto il rischio chimico?​ ​E’ importante capire ​qual è l’organo bersaglio​ e q​uali
possono essere gli EFFETTI di questa sostanza​. Quindi: è importante definire QUALE SIA
L’EVENTO, E QUANTO IMPATTA-> LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DEVE TENERE CONTO
DI QUESTI ASPETTI (avere una congiuntivite è diverso da avere una neuropatia, o un tumore).
PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO, DUNQUE, IL MEDICO E’ FONDAMENTALE,
non basta l’algoritmo dell’ingegnere.

Abbiamo uno strumento di lavoro: SCHEDA DI SICUREZZA delle sostanze chimiche. Il


produttore\fornitore di una certa sostanza, nel rispetto di una PRECISA REGOLAMENTAZIONE
(​REGOLAMENTAZIONE CLP​), deve fornire la scheda di sicurezza ed ETICHETTARE (anche con
dei pittogrammi) I CONTENITORI DELLE SOSTANZE che vengono acquistate. La scheda di
sicurezza ha 16 punti: - qual è la sostanza chimica? E’ una miscela? Qual è la concentrazione? –
Quali sono le proprietà CHIMICO-FISICHE della sostanza? – Quali sono le informazioni sulla
TOSSICITA’ della sostanza stessa? – Quali sono le misure PREVENTIVE da adottare per
diminuire il rischio? DEVE ESSERE UNA SCHEDA ​AGGIORNATA SULLA BASE DELL’EBM​. Le
informazioni vengono date, oltre che in maniera estrinseca, anche con l’utilizzo di frasi standard: es
H350I-> SOSTANZA CANCEROGENA PER INALAZIONE. Queste sono informazioni che servono
al medico: ci permette di identificare le sostanze pericolose, e QUANTO lo sono (sono
cancerogene? Sono sensibilizzanti? Sono irritanti?).

QUINDI: la prima valutazione del medico è ​QUALITATIVA​ e si estrinseca nell’analisi della scheda
di sicurezza.

Alla fine del percorso: devo capire se il rischio misurato è - ​IRRILEVANTE per la salute​ ​o -
NON IRRILEVANTE per la salute​, come stabilito dalla Norma.

Se la sostanza NON è irrilevante per la salute, ci saranno degli obblighi precisi per il datore di
lavoro.

IN REALTA’: NESSUNO DICE COSA EFFETTIVAMENTE NON E’ IRRILEVANTE PER LA


SALUTE! Sono stati proposti molti modelli. Es: TLV di una certa sostanza= 2 ppm. Se il valore
osservato è inferiore al 10% del TLV, allora il rischio per la salute è irrilevante. Tuttavia questo
approccio non tiene conto di QUAL E’ EFFETTIVAMENTE L’EFFETTO SULLA SALUTE! E’ un
danno epatotossico? E’ un danno irritante sulla cute? NON POSSIAMO USARE SEMPRE IL 10%!
A seconda della gravità del danno che ne può derivare, la soglia va modificata! Il lavoro del medico
è proprio questo: correggere questi valori e renderli idonei. Inoltre: gli individui rispondono in
maniera diversa alle sostanze, a seconda della suscettibilità individuale (es metabolizzatori lenti e
metabolizzatori rapidi), in realtà non sono ragionamenti che dal punto di vista lavorativo si debbono
fare: infatti l’ambiente di lavoro deve essere ADATTO A TUTTI (sennò rischiamo di entrare
potenziali ambiti assunzioni per selezione genetica: “se non hai abbastanza quantità di questo
enzima, non ti assumo”).

Se conosco l’emivita di una certa sostanza, so anche quando fare il prelievo!

I CRITERI DI CLASSIFICAZIONE DELLE SOSTANZE E’ IDENTICO IN TUTTO IL MOLTO: I


PITTOGRAMMI SONO GLI STESSI, E ANCHE LE FRASI STANDARD.

Una condizione di rischio NON IRRILEVANTE per la salute, determina l’attivazione della
SORVEGLIANZA SANITARIA.

Le varie sostanze chimiche sono classificabili: - effetti dell’ esposizioni ai solventi – effetti
dell’esposizioni a metalli ect…

Per alcuni organi abbiamo degli indicatori molto specifici e predittivi, molto spesso però questo non
avviene (es solventi clorurati come la trielina, o tetracloruro di carbonio, che adesso non si usano
più. HANNO UN’AZIONE EPATOTOSSICA. In realtà, però, non abbiamo strumenti misurabili per
verificare effettivamente qual è il livello di danno sul fegato. Abbiamo gli enzimi epatici, ma sono
molto aspecifici! La stessa cosa vale un po’ sul rene. Quello che mi aiuta sono i livelli di
esposizione, che possono derivare da un monitoraggio biologico con gli indicatori di esposizioni->
in questo modo potrei discriminare meglio se effettivamente quei valori epatici sballati sono da
correlare al tetracloruro di carbonio). Esempio: trovo dei valori di transaminasi aumentati in
assenza di indicatori positivi (dunque senza esposizione)-> devono conoscere le abitudini
alimentare dei pazienti, se prende farmaci, se ha l’epatite per esempio ect... Trovo valori di
transaminasi normali e indicatori positivi-> concludo per: esposizione occasionale senza danno
epatico. Indicatori positivi e valori di transaminasi alti-> a questo punto comincio a sospettare la
possibilità di una malattia professionale. IL MEDICO COMINCERA’ IL PROCESSO DI DD,
PERCHE’ LA DIAGNOSI DI MALATTIA PROFESSIONALE E’ PER ESCLUSIONE: il paziente ha
già un’epatite in anamnesi che potrebbe giustificare il quadro? O comunque, ci sono altre
condizioni che possono giustificare questo danno epatico, che non sia l’esposizione (la quale,
effettivamente, è risultata al di sopra della soglia limite)?

22\05

CANCEROGENI
La lista delle sostanze professionalmente coinvolte nella genesi tumorale è molto ampia. E’
pubblicata in un decreto ministeriale ed evidenzia (con qualche criticità rispetto alle conoscenze
scientifiche) ALCUNE IPOTESI DI ASSOCIAZIONE. Per queste patologie neoplastiche è
necessaria la denuncia all’autorità sanitaria.

ESEMPI:

Amine aromatiche-> tumore della vescica


Arsenico-> tumore della cute, polmone, vescica.

Asbesto-> mesotelioma, tumore del polmone

Benzene-> solvente aromatico, non più utilizzato se non come reattivo in qualche sintesi di
laboratorio. Può essere presente come impurezza nelle benzine. E’ associato a LEUCEMIE.

Berilio-> tumore del polmone

Cadmio-> tumore del polmone

Monomero del PVC-> angiosarcoma epatico e epatocarcinoma

Cromo (+6)-> tumore del polmone. DAL PUNTO DI VISTA TOSSICOLOGICO: il Cr in grado di
interagire con il genoma è il CROMO 3. Ma il cromo 6 è in grado di superare la membrana
cellulare, cosa che il cromo 3 non può fare (all’interno della cellula si passerà da cromo 6 a cromo
3, il quale ha azione genotossica).

ALTRI: -composti del Nichel, -radiazioni ionizzanti, -radiazioni solari (epiteliomi cutanei nelle sedi
fotoesposte-> tipico di chi lavora in esterno), -Radon (tumore del polmone). -Se l’infezione da HBV
e HCV è contratta in sede lavorativa, e porta a CANCROCIRROSI, anche questa è considerata
neoplasia professionale. Stesso discorso per il linfoma NH di cellule B da HVB, e sarcoma di
Kaposi (legato ad HIV contratto in ambiente di lavoro).-Idrocarburi policiclici: alcune evidenze per
tumori della cute, polmone e vescica.- polveri di legno duro: tumori delle cavità nasali e seni
paranasali. – FUMO PASSIVO: possibile azione cancerogena. Questa considerazione è stata alla
base della NORMA CHE VIETA IL FUMO NEGLI AMBIENTI DI LAVORO E NEI LUOGHI CHIUSI.

L’entità dei tumori professionali è circa ​il 4-5% di tutti i tumori osservati nella popolazione​.
OVVIAMENTE E’ NECESSARIA L’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE\AMBIENTALE. In realtà, se
utilizziamo i dati dell’INAIL (che riceve le s​ egnalazione​), e guardiamo il periodo 2013-2017,
vediamo che i tumori professionali rappresentano una quota intorno ai 2700-3000 all’anno. Il
75-80% di questi tumori sono correlati alla PREGRESSA ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO
(considerando, soprattutto, la latenza necessaria per lo sviluppo di tumore del polmone e
mesotelioma). Le malattie muscoloscheletriche: 36-37 mila casi in un anno, quindi diversi ordini di
grandezza superiori. QUESTE QUOTE, PERO’, NON SONO QUELLE EFFETTIVE, SONO
INFATTI RIFERITE ALLE SOLE DENUNCE! L’INAIL RICONOSCE SOLO ​ALCUNE​ DI QUESTE
EFFETTIVAMENTE PATOLOGIE DI ORIGINE PROFESSIONALE.

Cosa deve fare il medico del lavoro?​ NELLA NORMA 81: SEZIONE I-> DISPOSIZIONI GENERALI
si nominano le frasi H=350-> LE SOSTANZE CLASSIFICATE CON QUESTA DICITURA H SONO
CONSIDERATE CANCEROGENE. Ma se ho una miscela che contiene più sostanze, e solo una di
queste è considerata cancerogena? QUANDO LA ​MISCELA INTERA​ E’ CANCEROGENA?
QUANDO LA SOSTANZA IN QUESTIONE ​HA UNA CONCENTRAZIONE SUPERIORE ALLO
0.1%​. In questo contesto, nella Norma, è riportata anche una serie di attività considerate a rischio:
es-> - produzione di auramina con il metodo Michler – i lavori esposti agli idrocarburi policiclici
aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone – il lavoro con l’esposizione
a polvere di legno – processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcol isopropilico. RISPETTO A
QUESTO ELENCO, DI RECENTE, SONO STATE INSERITE NELLA NORMA ALTRE DUE
ATTIVITA’ (è stato fatto un aggiornamento) 1) attività con la silice 2) contatti cutanei con oli
minerali esausti (meccanici): sono oli che subiscono un processo chimico che li attiva in senso
cancerogeno. Nella norma è riportato anche un allegato con valori limite di esposizione, in
particolare di : benzene, PCV monomero, polvere di legno (il valore è in continua discesa in questo
ultimo caso).

La direttiva enuncia che la ​produzione di valori limite​ è una PARTE ESSENZIALE nel
processo di controllo del rischio di lavoratori esposti a sostanze cancerogene​. La
Norma prevede 1) riduzione del uso delle sostanze cancerogene\mutagene: possono sostituire
questa sostanza con una non cancerogena? Se la sostanza in questione è NECESSARIA per il
mio prodotto finale-> 2) OPERAZIONI A CICLO CHIUSO: è un ​intervento organizzativo​, se
nemmeno questo è sufficiente -> 3) SISTEMI DI ASPIRAZIONE, applicazione di una distanza
minima al di sotto del quale il lavoratore non può stare dalla sostanza. La normativa dice anche
che per la maggior parte di sostanza cancerogene è ​impossibile determinare una dose sogli chiara
al di sotto del quale non abbiamo effetti avversi​. Quindi il rispetto del limite imposto, non elimina il
rischio. PER ALTRE SOSTANZE, PERO’, E’ POSSIBILE IDENTIFICARE DEI LIVELLI AL DI
SOTTO DEL QUALE NON DOBBIAMO ASPETTARCI DEI TUMORI ATTRIBUIBILI DA
QUELL’ESPOSIZIONE. QUINDI: PER ALCUNI CANCEROGENI NON ESISTE UNA
DOSE-DIPENDENZA (anche una sola esposizione può dare problemi di tipo cancerogeni), PER
ALTRI INVECE ESISTE UNA RELAZIONE DOSE-RISPOSTA CON NECESSITA’ DI
SUPERAMENTO DI UNA SOGLIA CRITICA per osservare l’effetto.

Quindi: esposizione a una sostanza chimica-> GENOTOSSICA, NON GENOTOSSICA.


GENOTOSSICA: A) genotossicità DNA-REATTIVA-> causa mutazioni del DNA-> da qui le
categorie A B e C , B) genotossicità solo a livello del cromosoma-> ABERRAZIONI
CROMOSOMIALI-> da qui le categorie D.

Nel contesto della DNA-REATTIVITA’: 1) processi di INIZIAZIONE DEL PROCESSO


NEOPLASTICO-> CATEGORIA A 2) casi borderline: l’evidenza non è proprio così certa->
CATEGORIA B 3) carcinogenesi probabilmente legata a fenomeni epigenetici-> CATEGORIA C.

CATEGORIE C D: ​possiamo evidenziare una soglia​. CATEGORIE A e B: ​non posiamo


identificare una soglia​.
CATEGORIE C e D: abbiamo dei livello di esposizione (molto vicine allo zero) dove non abbiamo
aumento del numero degli eventi (area di adattamento). Ma per esposizioni a dose medio-elevate,
all’aumentare della dose, abbiamo un aumento anche esponenziale del numero di effetti, fino alla
malattia.

DAL PUNTO DI VISTA PRATICO: utilizziamo un modello che considera delle sottoclassi all’interno
delle categorie A e B (per le categorie C e D abbiamo semplicemente un livello soglia che NON
DOBBIAMO SUPERARE). 1) cancerogeni presenti SOLO IN AMBIENTE DI LAVORO: dobbiamo
applicare la norma PER RIDURRE AL MASSIMO IL LIVELLO DI ESPOSIZIONE. TUTTO
QUESTO SECONDO LA FATTIBILITA’ TECNOLOGIA; ATTENZIONE: questo ​non​ dipende da
una questione economica-> NON IMPORTA SE UN SISTEMA COSTA DI PIU’, SE E’ IL PIU’
EFFICACE, LO SI DEVE APPICARE LO STESSO 2) cancerogeni UBIQUITARI: - cancerogeni
senza valore limite, ma sono ubiquitari-> quindi è esposta anche la popolazione generale (es
radiazioni solari, benzene, idrocarburi policiclici aromatici che derivano dal Diesel, metalli). LA
PRESENZA\ASSENZA DI UN DIVERSO LIVELLO DI ESPOSOZIONE TRA I LAVORATORI E LA
POPOLAZIONE GENERALE MI OBBLIGA A INTERVENIRE. Cioè: il benzene è presente anche in
centro a Novara. In fabbrica però è decisamente più presente: LA DIFFERENZA STA NEL
DIVERSO LIVELLO DI ESPOSIZONE NEI DUE AMBIENTI. Se l’esposizione in azienda è ​uguale
a quella in centro a Novara, l’esposizione in ambiente di lavoro è considerata POTENZIALE, MA
NON EFFETTIVA-> LO STARE IN AZIENDA NON AGGIUNGE NULLA ALL’ESPOSIZIONE
NELLA NORMALE VITA DI RELAZIONE. PARLO DI SOGGETTI ​POTENZIALMENTE ESPOSTI​,
sono condizioni che ​devo monitorare​, MA CHE ​NON NECESSITANO INTERVENTI​.
Altro esempio: emissioni Diesel. Obiettivi nell’azienda: cercare di non utilizzare benzene\Diesel
ect… se sono obbligata ad utilizzarla-> L’ARIA CHE RESPIRO IN AZIENDA DEVE ESSERE
ALMENO UGUALE A QUELLA DELL’ARIA NORMALE NELL’AMBIENTE, MA IL RISCHIO NON
SARA’ MAI ZERO, perché non abbiamo un valore soglia. – cancerogeni con un valore soglia (ma
in classe A e B): ​DEVO
CONTROLLARE PERIODICAMENTE I LIVELLI DI
ESPOZIONE, DOCUMENTARLI, VERIFICARE CHE IL LIVELLO SIA
INFERIORE AL LIMITE DI ESPOSIZIONE.​ ​Si possono anche applicare dei fattori di
correzione all’interno della singola azienda, cioè a livello locale: sono soglie ancora più basse di
quelli della Norma, che mi pongo come obiettivo da non superare. Mi trovo di fronte, a questo
punto, a soggetti ​POTENZIALMENTE​ esposti ma ​non EFFETTIVAMENTE esposti​.
Potenzialmente: c’è una possibile esposizione ad agenti cancerogeni, ma il livello di esposizione è
tale da NON rappresentare un aumento del rischio.
PREVENZIONE PRIMARIA: VALUTAZIONEDEL RISCHIO: - MONITORAGGIO AMBIENTALE –
MONITORAGGIO BIOLOGICO , da qui: soggetti POTENZIALMENTE ESPOSTI\
EFFETTIVAMENTE ESPOSTI-> REGISTRO DEGLI ESPOSTI-> SORVEGLIANZA SANITARIA.

Rispetto al concetto di sorveglianza sanitaria: Quali strategie? Quali lavoratori? Quali protocolli?
Quali giudizi di idoneità? PER I CANCEROGENI, ABBIAMO EFFETTIVAMENTE LA POSSIBILITA’
DI INDIVIDUARE DEGLI INDICATORI CHE CI PERMETTONO ​LA MODIFICA
DELL’EVOLUZIONE NATURALE DELLA MALATTIA​, OPPURE ABBIAMO INDICATORI CHE CI
ANTICIPANO SOLAMENTE LA DIAGNOSI?

A fronte di determinati fattori di rischio: quali test di screening sono davvero utili?

Esempio: diagnosi precoce del tumore del polmone negli esposti-> SCREENING: lastre del
torace? L’RX non è uno strumento utile per la diagnosi precoce. Il citologico nemmeno. Uso della
TC SPIRALE A STRATO SOTTILE: è un esame che dura 8 secondi. Non è nemmeno un esame
così invasivo. Vantaggio: identificazione di noduli di piccola dimensione-> IL TASSO DI
SOPRAVVIVENZA AUMENTA NOTEVOLMENTE SE INTERCETTATI PRECOCEMENTE. Questo
ha portato a dire, in conclusione: IL MEDICO COMPENTENTE DEVE ANALIZZARE LA REALE
POSSIBILITA’ DI UTILIZZARE LA TC SPIRALE IN FUNZIONE ​DELL’ENTITA’
DELL’ESPOSIZIONE, DELLA DURATA, E DEL TEMPO TRASCORSO DALLA PRIMA
ESPOSIZIONE.

INDICATORI DI DOSE INTERNA: - sostanze chimiche e metaboliti in fluidi biologici – mutagenicità


urinaria – tioeteri urinari
INDICATORI DI DOSE BIOLOGICA EFFETTIVA: addotti molecolari-> proteine veicolanti la
sostanza in esame, che legano il DNA. Sono proteine che fanno da carrier alla sostanza, la quale
poi si lega al DNA.

INDICI DI EFFETTI BIOLOGICI PRECOCI: - tecniche citogenetiche SCE-> potrebbe servire per
confrontare se in un gruppo di esposti, ​le alterazioni citogenetiche sono più frequenti​ rispetto ad un
altro gruppo di non esposti. HA UN RUOLO NELLA RICERCA. Ma non è utile come strumento per
definire quanto un soggetto è suscettibile (non è eticamente corretto dal punto di vista lavorativo).
– tecniche di analisi del danno ossidativo al DNA – meccanismi di difesa e della risposta riparativa
cellulare – mutazioni puntiformi

In realtà ad oggi non ci sono strumenti VALIDI predittivi sul fatto che il soggetto vada incontro alla
neoplasia professionale: sono quindi di scarsa efficacia. La considerazione attuale: non si può fare
alcuno screening genetico per misurare la suscettibilita’ individuale, al momento si sta ancora
facendo ricerca. L’uso di questo strumento, tra l’altro, potrebbe portare anche un approccio etico
non corretto: invece di ridurre al massimo l’esposizione, il datore di lavoro potrebbe eliminare i
soggetti geneticamente suscettibili.

Altro aspetto fondamentale che compete al medico del lavoro: ​INFORMAZIONE E


FORMAZIONE​-> istruire le persone esposte a come gestire questo rischio e il contatto con le
sostanze cancerogene. Quali fattori di rischio concominanti si possono evitare. Assolutamente,
però, n
​ on si deve generare allarme e terrore​: l’informazione deve essere ​chiara e ponderata​.

RISCHIO BIOLOGICO
Possibile esposizione professionale a microrganismi patogeni. La normativa di riferimento (Norma
81) HA UN CAPITO INTERO dedicato.

La Norma contiene una classificazione degli agenti biologici possibili. Questa classificazione tiene
conto di: - INFETTIVITA’: capacità di penetrazione del microganismo – PATOGENICITA’: capacità
di produrre malattia – TRASMISSIBILITA’: capacità trasmissione da un soggetto, ad un altro
soggetto suscettibile – NEUTRALIZZABILITA’: disponibilità di misure ​profilattiche e
terapeutiche​. Sulla base di queste quattro caratteristiche, gli agenti biologici sono classificati in:
1) AGENTE CHE PRESENTA POCA PROBABILITA’ DI CAUSARE MALATTIA NEI SOGGETTI
UMANI 2) AGENTE BIOLOGICO CHE PUO’ DAR MALATTIA ALL’UOMO E COSTITUIRE UN
RISCHIO PER I LAVOTORI. E’ poco probabile che si propaghi nella comunità: sono disponibili
efficaci misure di profilassi e terapia 3) AGENTE CHE PUO’ CAUSARE MALATTIE GRAVI
NELL’UOMO E COSTITUISCE UN RISCHIO PER I LAVORATORI: può propagarsi nella comunità,
ma abbiamo possibilità di NEUTRALIZZARLO (terapie e profilassi). 4) AGENTE CHE PUO’
PROVOCARE MALATTIE GRAVI PER I SOGGETTI UMANI, COSTITUISCE UN RISCHIO ALTRO
PER I LAVORATORI, E’ TRASMISSIBILE ALLA COMUNITA’ E NON ABBIAMO MEZZI DI
NEUTRALIZZAZIONE.

Il vaccino è la misura di profilassi più efficace.

Non tutti i vaccini sono obbligatori, ci sono tuttavia alcune disposizioni regionali (in EMILIA) che
vietano, per esempio, di lavorare in pediatria, reparti per immunodepressione ect IN CASO DI NON
IMMUNITA’ AL MORBILLO.
Esempi di patogeni del gruppo 3: HBV, HCV, HIV, TBC (via aerea).

Esempio di patogeni di gruppo 4: EBOLA.

MEZZI DI CONTROLLO DEL RISCHIO (generali): sostituzione, controlli tecnici, procedure


lavorative, dispositivi di protezione individuale. E’ chiaro che la sostituzione in questo caso (cioè
per il rischio biologico, da microrganismi) non è utilizzabile: pensiamo all’ambiente della ricerca,
non possono utilizzare “patogeni uguali ma meno pericolosi”.

Due diverse condizione di esposizione: - ​LABORATORI DI RICERCA, MICROBIOLOGIE​: si


utilizzano agenti biologici per scopi di ricerca e sperimentazione, o a scopo di diagnostica e saggi.
– ​SANITA’​: ricerca e sperimentazione di nuovi metodi diagnostici, farmaci contenenti agenti
biologici (uso e sperimentazione), laboratori di microbiologia (E’ NECESSARIO AVERLI CON
DETERMINATE CARATTERISTICHE SEMPRE PIU’ RESTRITTIVE E TECNICAMENTE
AVANZATE A SECONDA DELLA CATEGORIA DI RISCHIO DELL’AGENTE PATOGENO. Es per
il gruppo 4-> utilizziamo delle simulazioni virtuali), prove biologiche.

L’operatore sanitario normale (medico, infermiere) fa parte di quelle categorie professionali con
potenziale esposizione ad agenti biologici​. L’EVENTO E’ DI NATURA ACCIDENTALE, DI TIPO
INFORTUNISTICO (es puntura con una siringa). L’esposizione è condizionata dal paziente ​fonte​: il
rischio è determinato dal fatto che il paziente sia affetto o meno.

COSA DEVO RICERCARE NEL PAZIENTE? L’HCV-RNA, O LA VIREMIA IN HIV, CHE


RAPPRESENTANO MALATTIA. NON GLI ANTICORPI.

Un operatore che si punge con un ago con sangue infetto da HIV-> ABBIAMO UNA PROFILASSI
A DISPOSIZIONE (ANTIRETROVIRALE) CHE POSSIAMO SOMMINISTRARE ENTRO 4 ORE.

E’ IMPORTANTE DENUNCIARE TUTTI I CASI DI INFORTUNIO SIMILI. INFATTI: SE


ALL’EVENTO SEGUE LA SIEROCONVERSIONE (per quanto riguarda HIV) e poi la malattia-> se
non abbiamo fatto denuncia, non siamo assicurati.

NON CI SONO VACCINAZIONI OBBLIGATORIE PER GLI OPERATORI SANITARI, TRANNE


L’ANTITETANICA. SONO SOLO RACCOMANDATE.

Altro problema: SORVEGLIANZA SANITARIA. Dopo l’evento è necessario un ​follow up​ per
verificare, nel caso di HIV, che non avvenga la sieroconversione.

Screening TBC: Mantoux-> Quantiferon-> RX positivo: DIAGNOSI DI TBC LATENTE-> profilassi


antibiotica. L’inizio della profilassi è raccomandata anche nel solo caso di Quantiferon positivo.

Dati relativi alla probabilità di sieroconversione dopo evento accidentale: epatite B-> dal 4 al 43%.
Epatite C-> 2.7% al 10%. HIV <0.5%.

INFEZIONI INAPPARENTI: esiste la possibilità di una sieroconversione per l’epatite C anche in


assenza di un infortunio biologico\contaminazione con matrice epatite C-positiva? E’
OPPORTUNO FARE IL CONTROLLO DELLA PRESENZA DI Ig NEGLI OPERATORI SANITARI
ANCHE SE QUESTI NON HANNO AVUTO UN EVENTO INFORTUNISTICO? Ciò che è emerso
dagli studi: non ha senso farlo, tuttavia in molti casi si continua a fare, da un lato per prudenza,
dall’altro per probabilità (NON BASSA) che gli operatori sanitari non denuncino gli eventi
infortunistici.

FATTORI DI RISCHIO PSICOSOCIALI


Fattori che derivano da “interazione tra contenuto del lavoro, gestione e organizzazione del lavoro,
condizioni ambientali e organizzazione​ da un lato, ​competenze ed esigenze​ dei lavoratori
dall’altro”. L’EVENTUALE DISCRASIA TRA QUESTI CONCETTI COMPORTA LA COMPARSA DI
FATTORI RISCHIO PSICOSOCIALI.

I rischi psico-sociali non sono individuabili in conseguenza di pericoli di natura fisica, chimica,
biologica, ma sono riconducibili all’interno dell’organizzazione del lavoro in cui il soggetto è inserito
e riguardano il rapporto tra il lavoratore e l’organizzazione.

Possono essere definiti come: “​Aspetti di progettazione, di organizzazione e di gestione del lavoro
e loro contesti ambientali e sociali, che possono dare luogo a disturbi o danni di natura psicologica,
sociale o fisica​” (Cox e Griffiths, 1995).

STRESS DI ORIGINE LAVORATIVA​: “un italiano su 3 soffre di stress professionali”-> boom di


ulcere, malattie della pelle, emicranie. Questo è ciò che riporta La Stampa. Lo stress in realtà NON
E’ UNA MALATTIA, MA UNA ​CONDIZIONE​-> E’ LA REAZIONE CHE LE PERSONE
MANIFESTANO IN RISPOSTA A PRESSIONI O SOLLECITAZIONI DI ALTRO TIPO A CUI SONO
SOTTOPOSTE. Può essere definite come l’insieme delle risposte psichiche e fisiche di ​allarme
che occorrono quando le richieste da parte del lavoro ​non sono proporzionate alle capacità, alle
risorse o alle necessità​. IN REALTA’, in linguaggio medico-scientifico, LO STRESS E’ UN
PROCESSO DI ADATTAMENTO ALL’AMBIENTE​, NON HA PER FORZA UN’ACCEZIONE
NEGATIVA. Ci sono delle ambiguità dal punto di vista semantico, LO STRESS: - viene definito
come l’agente causale, cioè “STRESSORE” – viene definito come il processo stesso di interazione
cosciente tra individuo e stressore: questa è la definizione che si avvicina di più a quella
medico-scientifica, cioè corretta – evento negativo conseguente (meglio definibile come “strain”).
LA PRESENZA DI STRESSORI NON RAPPRESENTA NECESSARIAMENTE UN FATTORE
NEGATIVO: UN GIUSTO EQUILIBRIO TRA STIMOLI E STRESSORI COSTITUISCE UN
FATTORE POSITIVO (EUSTRESS). In condizioni di ​EUSTRESS​ l’organismo è in grado di
garantire una risposta alle richieste. ​DISTRESS​: - ​da sottostimolazione​: ho poco da fare, i
miei compiti sono rigidi, assenza di conflitti di ruolo, responsabilità nulla – ​da sovrastimolazione​:
troppo da fare, ambiguità dei compiti, esasperazione dei conflitti di ruolo, responsabilità eccessiva.
LA CAPACITA’ DI ADATTAMENTO, in tutte le condizioni di DISTRESS, NON E’ IN GRADO DI
RISPONDERE A DETERMINATE ESIGENZE.

Relazione stress-strain: è come una molla. La relazione è determinata dall’ENTITA’ DEGLI


STRESSORI, E DALLE CARATTERISTICHE DELLA MOLLA. Se gli stressori superano la capacità
della molla di estendersi, questa si romperà e non tornerà mai al suo punto di equilibrio elastico.

Possibili fattori lavorativi dello stress: - ​CONTESTO LAVORATIVO​: - cultura organizzativa:


scarsa comunicazione, bassi livelli di sostegno per la risoluzione di problemi e lo sviluppo
personale, mancanza di definizione degli obiettivi organizzativi - ruolo dell’organizzazione:
ambiguità e conflitti di ruoli, responsabilità di altre persone -sviluppo di carriera - autonomia
decisionale\controllo: partecipazione ridotta al processo decisionale, carenza di controllo sul lavoro
-relazioni interpersonali sul lavoro: isolamento fisico o sociale, rapporti limitati con i superiori,
conflitto interpersonale, mancanza di rapporto sociale - interfaccia famiglia\lavoro: richieste
contrastanti tra casa e lavoro, scarso appoggio in ambito domestico, problemi di doppia carriera.
–​CONTENUTI LAVORATIVI​: -ambiente di lavoro attrezzature: condizioni fisiche di lavoro,
problemi inerenti l’affidabilità, la disponibilità, l’idoneità ect… -pianificazione dei compiti -carico\ritmi
di lavoro - orario di lavoro.

ABBIAMO QUINDI: - influenze ambientali – caratteristiche individuali che influenzano la risposta


allo stress (​coping)​ – conseguenze negative delle azioni stressogene: effetti comportamentali di
natura negativa nella prima fase (fatica mentale, ridotta vigilanza, ridotto apprendimento di fronte
alle richieste lavorative), dopodichè l’evoluzione può essere più seria.

COPING: capacità del soggetto di rispondere agli stressori. Definizione: “insieme degli sforzi
cognitivi e comportamentali destinati a padroneggiare, ridurre, tollerare le esigenze interne ed
esterne che minacciano o superano le risorse di un individuo”.

TIPOLOGIE DI COPING: - TIPO A: ostilità, competitività, ambizione, ricerca di responsabilità –


TIPO B: attitudine a rilassarsi, a cogliere il lato buono – TIPO C: rassegnazione, tratto depressivo,
repressione delle emozioni.

L’ENTITA’ DEL PROBLEMA STRESS LAVORATIVO: ​IL COSTO SOCIALE​. È un problema


piuttosto rilevante: andando a misurare i fattori di rischio nei vari ambienti di lavoro-> lavoro
monotono: 45% di lavoratori esposti. Ritmi imposti: 22%. Soprusi: 8%. Violenza fisica: 4%.
Molestie sessuali: 2%. [L’AGGRESSIVITA’ DEI CONFRONTI DELL’UTENTA NEI REPARTI DI
PRONTO SOCCORSO E’ ABBASTANZA RILEVANTE].

Prevalenza di malattia lavoro correlate: 1) malattie muscolo scheletriche: al primo posto in assoluto
come prevalenza 2) depressione e ansietà correlate a condizioni di stress: subito al secondo
posto.

Nel 96’ il 28% dei lavoratori dell’UE riferisce disturbi correlati allo stress (2.5% del PIL dell’EU).

Giappone: oltre 1000 atti anticonservativi all’anno.

USA: costi medici annui 150-200 bilioni di dollari.

La Comunità Europea attraverso l’Agenzia di Salute e Sicurezza dà molto peso a questa tematica.

ATTUALMENTE-> Cambia la tipologia dei lavoratori, il lavoro, l’organizzazione le lavoro, la vita


lavorativa: - GLOBALIZZAZIONE – NUOVE TECNOLOGIE – NUOVE FORME CONTRATTUALI E
NUOVE TIPOLOGIE DI LAVORO. Il cambiamento del mondo del lavoro comporta nuove
sollecitazioni per i lavoratori (soprattutto per la fascia d’età media- avanzata). QUESTE NUOVE
TENDENZE RENDONO IL LAVORATORE AD ESSERE NECESSARIAMENTE MULTISKILLS->
DEVE ESSERE CAPACE A FARE PIU’ COSE. Oggi non esistono più “posti fissi”: ci sono delle
postazioni comuni, dove necessariamente bisogna saper fare tutto. E’ richiesta una competenza
più ampia.

Es: smart working-> possibilità di lavorare da casa 2-3 giorni alla settimana. In alcuni casi si può
tradurre in ISOLAMENTO.
Nuove forme contrattuali: con incertezza del posto di lavoro, in cui magari metà giornata si è pagati
con uno stipendio base, e il resto della giornata con un sistema di lavoro a cottimo con partita IVA.

Abbiamo un cambiamento nelle classi di età della forza del lavoro, un’inclusione di lavoratori
migranti, aspetti multiculturali, declino negli standard scolastici… tutte condizioni che possono
indurre stress.

MODELLO DELLO STRESS LAVORO-CORRELATO​: FONTE DI STRESS-> ruolo


nell’organizzazione, rapporti sul lavoro, evoluzione di carriera, clima organizzativo, interfaccia
casa-lavoro. INDIVIDUO CHE REAGISCE (fino a un certo punto), POI: -SINTOMI INDIVIDUALI:
IP, depressione, irritabilità, abuso di alcol – SINTOMI ORGANIZZATIVI: assenteismo, elevato
turnover, comunicazioni inefficace, scarsa qualità. RUOLO DEL MEDICO DEL LAVORO: ci sono
degli eventi sentinella! Es: se in sorveglianza sanitaria comincio a notare più casi di abuso di alcol,
di sostanze, cefalea, insonnia ect… può venirmi il sospetto di una qualche condizione di stress! –
PATOLOGIE: individuali-> CARDIOPATIA, MALATTIA MENTALE. Sintomi organizzativi->
SCIOPERI, INFORTUNI, APATIA.

Sintomi che più frequentemente si osservano: cefalea, insonnia, frequenti cambiamenti d’umore,
irritabilità, senso di inadeguatezza, calo della memoria ect… non è ancora una diagnosi! Sono tutti
segni​!

Nell’ambito delle ​PATOLOGIE​, IN PARTICOLARE DI QUELLE NEUROPSICHICHE: abbiamo


due quadri POTENZIALMENTE CORRELATE ALLO STRESS, E QUINDI RICONOSCIBILI COME
PATOLOGIE PROFESSIONALI: 1) DISTURBO DELL’ADATTAMENTO CRONICO: alterazione del
comportamento, ansia, depressione correlati ad un origine lavorativa. E’ una forma cronica con un
serie di disturbi: anedonia, attacchi di panico ect. E’ un modo diverso per definire la sindrome
ansioso-depressiva 2) DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS: risposta di un individuo ad
eventi al quale ha partecipato, che hanno determinato un pericolo di vita per se stessi, o per una
persona terza, o comunque un quadro di pericolo di non integrità psico-fisica (es: soldati del
Vietnam). Secondo gli esperti l’assegnazione l’attribuzione di cause lavorative per questo disturbo
è un po’ eccessivo, quindi si considera soprattutto il DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
CRONICO. Uniche eccezioni: es rapine, violenze fisiche sul lavoro. Questi allora possono allora
rientrare in disturbo post traumatico da stress.

BURN OUT​: non è sinonimo di stress. RAPPRESENZA UNA ​SINDROME​ DA ESAURIMENTO


EMOTIVO, DEPERSONALIZZAZIONE E RIDOTTA REALIZZAZIONE PERSONALE TIPICA
DELLE HELPING PROFESSIONS. ES: reparti oncologici, o comunque reparti dove i pazienti sono
destinati a morire. E’ classificato come “stato di esaurimento totale”.

MOBBING​: NON E’ UNA MALATTIA. E’ l’agente CAUSALE: insieme di comportamenti aggressivi


esercitati da una persona o da un gruppo di persone nei confronti di altri soggetti. Obiettivo: far
uscire quella persona da uno specifico mondo del lavoro. Non è un modello organizzativo del
processo di lavoro! NON E’ LEGATO A COME ORGANIZZO IL LAVORO, MA ALLA SCELTA CHE
UNA DETERMINATA PERSONA LASCI QUEL LAVORO!

Alcuni definiscono il mobbing come una sorta di terrore psicologico contrario a principi etici, con
comunicazione ostile. La vittima è spinta in una posizione di impotenza, di non poter reagire, con
gravi conseguenze dal punto di vista sociale, psicologico, fisico.
CARATTERISTICHE DI MOBBING​: - azioni sul posto di lavoro – durata (almeno sei mesi),
frequenza: almeno una volta alla settimana – obiettivo: danneggiare la vittima.

IN GENERE IL MOBBING E’ VERTICALE (posizione di lavoro più elevata-> posizione di lavoro più
bassa). Ma esiste anche il MOBBING ORIZZONTALE: l’atteggiamento persecutorio proviene da un
gruppo di lavoratori coalizzati contro un collega di pari livello, spesso (ma non necessariamente)
all’insaputa di superiori. Esiste anche il mobbing dal basso verso l’alto: in genere sono coalizioni di
lavoratori che non riconoscono come “capo” un determinato soggetto.

MOBBING STRATEGICO: è un’azione premeditata e programmata. Preciso disegno di esclusione


di un lavoratore da parte del management aziendale che, con un’azione premeditata e
programmata, intende ridimensionare la figura professionale di un determinato soggetto o, nei casi
più gravi, promuoverne l’allontanamento dal proprio posto di lavoro.

MOBBING EMOZIONALE: sta all’interno dei conflitti tra lavoratori. Non sempre è facile distinguere
tra questo e conflitto parafisiologico tra lavoratori. Rappresentativo di un’alterazione delle relazioni
interpersonali (esasperazione dei comuni sentimenti di ciascun individuo, quali rivalità, gelosia,
antipatia, diffidenza o paura) sia di tipo gerarchico che tra colleghi. A tale riguardo, non è sempre
agevole discernere i casi in cui la conflittualità tra i lavoratori si mantiene sui livelli di un fisiologico
conflitto interpersonale da quelli in cui tale conflitto esorbita fino a tradursi in forme di vera e propria
aggressione personale.

C’è un po’ la tendenza dei lavoratori a considerare mobbing, ciò che mobbing non è, ma che
magari è semplicemente atteggiamento “vessatorio” nei confronti di chi non rispetta i contratti
lavorativi.

Altro contesto di mobbing: violenze sessuali.

“attacchi alla persona”: danneggiamento di oggetti personali, derisione, soprattutto in presenza di


colleghi e superiori, diffusione di false informazioni, esclusione, intrusioni nella vita privata,
isolamento, istigazione da parte dei colleghi contro la vittima, maldicenza continue, minacce di
violenza, molestie sessuali, offese verbali, provocazioni, umiliazioni, MINACCE ALLA CARRIERA
PROFESSIONALE.

Il mobbing è rivolto SEMPRE ALLA STESSA PERSONA, non è un atteggiamento di un superiore


che è semplicemente “antipatico” con tutti, deve proprio esserci una predilezione verso qualcuno.

IL MOBBING PORTA A 1) DISTURBO DELL’ADATTAMENTO CRONICO 2) DISTURBO POST


TRAUMATICO DA STRESS

LAVORO AL VIDEOTERMINALE
Di per sé è uno strumento molto utile: è un contenitore di altri strumenti di lavoro. Esiste una legge
specifica (sempre all’interno della Norma 81): - definizioni su cos’è il videoterminale, chi è il
videoterminalista: ​colui che utilizza un’attrezzatura monita di schermo in modo sistematico
per almeno 20 ore settimanali​. Per individuare i videoterminalisti: ci sono dei sistemi di analisi
del lavoro che ​osservano​ il soggetto e DEFINISCONO se effettivamente il lavoratore è
videoterminale oppure no ( questo processo è detto WORK SAMPLING), il numero di osservazioni
del sistema, positive e negative (cioè di soggetti che stanno seduti con davanti un monitor oppure
no), viene inserita in un algoritmo che categorizza il lavoratore (questo sistema è influenzato dal
numero di osservazioni e dal numero di lavoratori osservati). – SORVEGLIANZA: rischi per gli
occhi, per l’apparato muscolo-scheletrico. TIMING: UNA VOLTA OGNI 5 ANNI NEI SOGGETTI
CON MENO DI 50 ANNI, UNA VOLTA OGNI 2 ANNI CON SOGGETTI PIU’ 50 ANNI-> infatti la
presbiopia è un elemento che è più frequente in questa fascia di età (l’utilizzo del videoterminale
influisce sulla visione intermedia e da vicino).

L’USO DEI VIDEOTERMIALE, SE NON AVVIENE IN CONDIZIONI OTTIMALI (ERGONOMICHE),


PUO’ DETERMINARE LA COMPARSA DI UNA SERIE DI SINTOMI CHE NELL’INSIEME
VENGONO CHIAMATI “​AFFATICAMENTO VISIVO​”. Sintomi oculari: bruciore, senso di corpo
estraneo, dolore, irritazione. Sintomi visivi: calo visivo, difficoltà all’accomodazione, diplopia ect….
Sintomi generali: cefalea, malessere. SONO TUTTI SINTOMI REVERSIBILI, CHE
REGREDISCONO APPENA LO STIMOLO TERMINA.

Altro problema: apparato muscolo scheletrico. Tutto dipende dalle caratteristiche della postazione
di lavoro. ​Sono problematiche legate all’organizzazione del lavoro e all’ergonomia piuttosto
che ai video terminali​!

QUINDI: LAVRANDO IN CONDIZIONI OTTIMALI, NON ESISTONO PROBLEMI VISIVI NE’


MUSCOLO-SCHELETRICI PER I VIDEOTERMINALISTI.

ANSIA E DEPRESSIONE LEGATI A MONOTONIA VIDEOTERMINALE? Non è lo strumento che


utilizzo il problema, ma il contenuto di lavoro. Ciò che può essere implicato è l’ ERGONOMIA
COGNITIVA: la facilità con cui si apprende ad utilizzare l’applicativo e l’immediatezza d’uso. Es: da
un giorno all’altro cambiamo applicativo (da office ad open office) senza nessuna informazione su
come su utilizza quello nuovo.

QUINDI: IL VIDEO TERMINALE E’ UNO STRUMENTO CHE AIUTA LAVORARE, CIO’ CHE E’
PROBLEMATICO E’ TUTTO CIO’ CHE STA A MONTE.

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