Le malattie professionali sono solo un aspetto di ciò che interessa il medico del lavoro. IL MEDICO
DEL LAVORO SI OCCUPA DI PREVENZIONE. Quando si fa diagnosi di malattia
professionale, il medico ha sostanzialmente fallito. Quindi: PREVENZIONE E TUTELA DELLA
SALUTE DEI LAVORATORI. Questo ruolo è svolto insieme a figure tecniche. La prevenzione
nell’ambiente di lavoro è un processo che richiede un APPROCCIO INTERDISCIPLINARE.
Abbiamo un’azienda con un processo produttivo. Si parte sempre da una materia prima, e si arriva
al prodotto finito. Nel mezzo ci sono una serie di attività. NEI PROCESSI LAVORATIVI POSSONO
ESSERE PRESENTI DEI FATTORI DI PERICOLO, CHE – VANNO IDENTIFICATI – VA
VALUTATO IL RISCHIO CONNESSO CON ESSI – VANNO IDENTIFICATE STRATEGIE
PREVENTIVE
Qual è la differenza tra PERICOLO e RISCHIO? PERICOLO (hazard): proprietà intrinseca di
una certa condizione di lavoro, di un certo agente fisico o chimico ect DI DETERMINARE UN
DANNO. RISCHIO (risk): probabilità effettiva c he questo danno si manifesti. Nel processo
globale di prevenzione è necessario calcolare LA PROBABILITA’ CHE IN QUEL DETERMINATO
AMBIENTE DI LAVORO UN PERICOLO DIVENTI UN RISCHIO, E QUINDI LA PROBABILITA’
CHE IL LAVORATORE ABBIA UN DANNO.
Il processo di VALUTAZIONE DEL RISCHIO non è solo teorico, infatti, attraverso questo processo,
vengono messe in evidenza LE CRITICITA’ che permettono ad un pericolo di trasformarsi in
rischio, e inoltre quali possono essere le strategie PREVENTIVE (GESTIONE DEL RISCHIO: RISK
MANAGEMENT).
PREVENZIONE PRIMARIA (prevenzione del rischio): intervento diretto sul processo di lavoro.
E’ un intervento VOLTO A CONTENERE IL RISCHIO ATTRAVERSO UNA MODIFICAZIONE DEL
PROCESSO DI LAVORO. Il sollevamento del malato e il suo spostamento determinano il
principale fattore di rischio per il personale sanitario (malattie muscolo-scheletriche). Utilizziamo: -
INTERVENTO DI NATURA TECNICO- INGEGNERISTICA: in ospedale utilizziamo il SOLLEVA
MALATI. In un ambiente di fabbrica: un intervento di prevenzione primaria può essere la riduzione
della produzione di rumore da parte delle macchine (insonorizzazione per esempio). E’ sempre un
intervento di natura tecnico- ingegneristica. Altro tipo di intervento che utilizziamo: - INTERVENTO
SULL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO: es riorganizzazione delle turnistiche.
Tutto questo percorso (-VALUTAZIONE DEL RISCHIO, -GESTIONE DEL RISCHIO, -INTERVENTI
DI PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA), è un percorso REGOLAMENTATO DAL
DECRETO LEGISLATIVO 81 DEL 2008 (aggiornato poi nel 2009)-> sono direttive che provengono
dall’Europa a cui tutti gli stati membri devono attenersi (le modifiche a livello locale, di un Paese,
possono essere solo in positivo, cioè per TUTELA ANCORA MAGGIORE RISPETTO ALLA
NORMATIVA EUROPEA, non si possono “togliere” dei concetti). Questo decreto definisce chi fa
cosa, e stabilisce delle SANZIONI PENALI a carico di alcune figure nel caso ci sia una violazione
degli obblighi contenuti. TRA LE FIGURE CHE POSSONO ESSERE OGGETTO DI SANZIONI:
MEDICO COMPETENTE (è un medico del lavoro che si occupa di queste problematiche. In realtà
parliamo potenzialmente di tre specialisti: - medico del lavoro – medico legale – medico di igiene e
prevenzione. Gli ultimi due specialisti hanno bisogno di un Master in Medicina del Lavoro per poter
ottemperare a queste attività).
- Titolo 1: Principi comuni. Capo I -> Disposizioni generali. Capo II -> Sistema istituzionale. Capo III
-> Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro. Capo IV -> Disposizioni penali
GESTIONE DELLA PREVENZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO: quali sono gli obblighi del datore
del lavoro? Generalmente il datore di lavoro è un amministratore delegato che ha un budget per
fare degli interventi di prevenzione. In un ospedale è il direttore generale, che può delegare il
direttore sanitario. Il datore di lavoro ha due obblighi NON DELEGABILI ai suoi dirigenti: -
valutazione del rischio – identificazione di questo. IL DATORE DI LAVORO DEVE METTERE PER
ISCRITTO SIA LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO, L’IDENTIFICAZIONE E LE MISURE DI
PREVENZIONE. Il datore di lavoro ha il compito di nominare un medico competente. Il datore di
lavoro non può affidare un lavoro a un suo dipendente finchè il medico competente non abbia dato
l’idoneità. Il documento scritto deve riguardare tutti i rischi per la salute dei lavoratori; abbiamo una
panoramica di ordine generale, per poi arrivare a problemi particolari: correlazione stress-lavoro,
gestione delle lavoratrici in stato di gravidanza (norma 151 del 2001: definisce quali sono i lavori
VIETATI in stato di gravidanza. Il medico in gravidanza generalmente può svolgere attività
amministrative, l’assistenza al paziente è per lo più vietata. L’attivazione di questa norma avviene
UNICAMENTE NEL MOMENTO IN CUI LA GRAVIDA DICHIARA DI ESSERE IN STATO
INTERESSANTE. E’ VIETATO FARE DEI CONTROLLI A PRIORI: SAREBBE
DISCRIMINAZIONE), rischi correlati alla differenza di genere, rischi correlati alla provenienza da
altri Paesi-> esempio: differenze culturali e comprensione linguistica sulla segnaletica di pericolo,
Ramadan: abbiamo un problema alimentare che magari vieta il terzo turno.
Il datore di lavoro può identificare un dirigente delegato dandogli il portafoglio (budget), delegando
tutto tranne:
- la valutazione dei rischi;
- l’elaborazione e aggiornamento del DVR (Documento di
Valutazione dei rischi), anche secondo le procedure
standardizzate (DVRS);
- la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione (RSPP).
Il datore di lavoro poi deve individuare e attuare le specifiche misure di prevenzione e protezione
avvalendosi della collaborazione di alcune figure aziendali alle quali fornisce la delega di funzioni.
Le figure coinvolte in materia di sicurezza sono:
-Il dirigente;
-Il preposto;
-I lavoratori;
-RSPP (Responsabile del servizio di protezione e prevenzione);
-RLS (Responsabile dei lavoratori per la sicurezza);
-Il medico competente.
Se il medico del lavoro non collabora in uno di questi casi va incontro a sanzione.
Ha almeno altri due obblighi importanti:
- Sopraluogo negli ambienti di lavoro (almeno una volta l’anno)
- Suggerire eventuali modifiche
Ci sono dei requisiti minimi sanciti dalla legge per avere la carica di medico competente:
- Autorizzato a svolgere l’attività di medico competente in base alla sua esperienza pregressa in
base all’articolo 55 del decreto legislativo del 15 agosto 1991, n. 277
Sorveglianza sanitaria: nella norma ci sono delle indicazioni fornite dalla Commissione per ogni
specifico rischio. ATTENZIONE: LA SORVEGLIANZA SANITARIA E’ DOVUTA, PERO’, TUTTE LE
VOLTE CHE IL LAVORATORE NE FACCIA RICHIESTA, non solo per i rischi indicati dalla
normativa-> in generale tutte le volte che sono presenti dei rischi che PEGGIORINO la condizioni
di salute del lavoratore. Esempio: sotto una certa soglia non c’è rischio di sovraccarico della spalla
(calcolato con l’algoritmo)-> è chiaro che se ho un lavoratore con l’ernia del disco, e questo fa
richiesta di visita medica del lavoro, il medico competente deve adempiere a questo dovere. La
sorveglianza sanitaria è costituita da: - VISITA PREVENTIVA: prima dell’inizio dell’attività
lavorativa PER VALUTARE L’IDONEITA’ ad una attività SPECIFICA. – SORVEGLIANZA
SANITARIA PERIODICA DOPO LA PRIMA VISITA: mediamente l’intervallo è di un anno. OGNI
ANNO, IN PRESENZA DI DETERMINATI RISCHI, IL LAVORATORE VIENE VISITATO DAL
MEDICO COMPETENTE. – OBBLIGO DI VISITA AL FINE DEL RAPPORTO DI LAVORO solo per
alcuni rischi specifici– OBBLIGO DI VISITA AL FINE DEL RAPPORTO DI LAVORO quando il
lavoratore è assente per più di 60 giorni. IL MEDICO DEL LAVORO FORMULA UN GIUDIZIO PER
L’IDONEITA’ ALL’ATTIVITA’ SPECIFICA. IL LAVORATORE PUO’ ESSERE: - idoneo a fare
QUELL’ ATTIVITA’ SPECIFICA. – idoneo con prescrizione di una mascherina di protezione (o un
altro DPI) – idoneo con limitazione: es non può sollevare più di 10 kg – non idoneo alla
mansione specifica: es paziente con BPCO che lavora con GAS tossici per il polmone.
Cosa succede se il medico dichiara non idoneo un lavoratore? Dipende. E’ diverso dichiarare non
idoneo un lavoratore di un’azienda con tante mansioni, perché basta cambiarla. Immaginiamo però
un’azienda di 10 persone con un’unica attività: IL GIUDIZIO DEL MEDICO PUO’ COSTITUIRE
GISUTA CAUSA PER IL LICENZIAMENTO.
ASPETTI TECNICI
Cosa condiziona il passaggio da pericolo a rischio? L’ESPOSIZIONE. SE C’E’
L’ESPOSIZIONE, QUAL E’ L’INTESITA’ E LA DURATA DELL’ESPOSIZIONE?
Esempio: attività A-> determina un’esposizione a sostanze chimiche con potere irritante per le
mucose delle prime vie aeree. Attività B-> utilizzo di sostanze cancerogene. Non c’è molta difficoltà
a capire dov’è il pericolo più alto, che è in B. Tuttavia: nell’azienda A non ci sono sistemi di
aspirazione, con scarsissimo ricambio di aria, in vasche aperte. Nell’azienda B, invece, le sostanze
cancerogene vengono utilizzate in ciclo chiuso senza contatto da parte dell’operatore. Il rischio sta
in A-> PROPRIO PERCHE’ IN A C’E’ UN ESPOSIZIONE. ANCHE SE QUEL PERICOLO E’ DI
BASSA ENTITA’-> IL RISCHIO E’ MOLTO ELEVATO. IN B: IL PERICOLO E’ MOLTO ALTO, MA
IL RISCHIO E’ BASSISSIMO PERCHE’ NON C’E’ ESPOSIZIONE.
Quindi: possiamo avere un pericolo molto alto, ma un rischio BASSO per MANCANZA DI
ESPOSIZIONE. O il contrario: un periodo basso, ma un rischio ALTO per PRESENZA DI
ESPOSIZIONE.
Gli effetti sono chiaramente diversi: il tumore non è la stessa cosa della congiuntive (irritazione
delle mucose), ma se non C’E’ ESPOSIZIONE, NON C’E’ RISCHIO DI SVILUPPO DI TUMORE.
Ma ho un rischio praticamente certo di congiuntivite se c’è esposizione.
Il metodo più utilizzato è la sperimentazione animale. Si fanno test a breve termine sugli animali,
con i quali si determina la DL50 (dose letale 50). Si fanno delle diluizioni di DL50 e si espone
l’animale a dose differenziali. Si osserva qual è quella dose che NON HA DETERMINATO
EFFETTI. Naturalmente cerchiamo di fare una sorta di equivalenza per l’uomo: APPLICHIAMO
DUNQUE UN FATTORE DI SICUREZZA tenendo conto che la tossicocinetica e la tossicodinamica
nell’Uomo e nell’animale non è propriamente la stessa. Alla fine ottengo un valore ipotetico:
es: valore soglia della silice-> 0.1 mm\metrocubo. Ho misurato l’esposizione a silice in 5 diverse
attività. A: 0,01, B: 0,25, C: non rilevabile, D: 0.03, E: 0.5. Nell’area A-> i lavoratori sono tranquilli.
Nell’area B-> due volte e mezzo più alto del limite accettabile! La probabilità di osservare effetti
negativi legati all’esposizione alla silice è ELEVATA! DEVO CERCARE DI CAPIRE PERCHE’ CI
SONO QUESTI VALORI E DEVO FARE IN MODO DI FARLI RIENTRARE. C-> non c’è. D-> i
lavoratori sono tranquilli. E-> questa è la condizione PEGGIORE. Quindi in questa azienda
abbiamo fatto una fotografia dell’esposizione e abbiamo costatato che 3 attività mi creano
problemi, e due no.
Non sempre i processi di prevenzioni sono così virtuosi da eliminare tutta la malattia professionale.
Quando si arriva a ipotizzare una malattia professionale il medico, che obblighi ha? - HA
L’OBBLIGO DI REFERTO SE MI TROVO DI FRONTE A UNA LESIONE COLPOSA GRAVE (con
prognosi superiore a 40 giorni)-> la malattia professionale è CRONICA, di per sé ha una prognosi
di più di 40 giorni! CHI RICEVE IL REFERTO (Procura della Repubblica), DEVE ANDARE A
VALUTARE SE LA MALATTIA DERIVA DA IMPERIZIA, IMPRUDENZA E NEGLIGENZA DA
PARTE DEL DATORE DEL LAVORO (colpa generica) o INOSSERVANZA DI LEGGI,
REGOLAMENTI, ORDINI E DISCIPLINE (colpa specifica). – OBBLIGO DI SEGNALARE LA
MALATTIA ALL’ASL-> servizio epidemiologico (segnalazione ai fini preventivi) –
SEGNALAZIONE ALL’INAIL (segnalazione ai fini assicurativi)
Quali sono i processi che il medico del lavoro segue per porre diagnosi di malattia professionale? –
FASE COMUNE A TUTTE LE MALATTIE: valutazione clinica. Devo capire se quel soggetto è
malato, e qual è la sua malattia. Farò anamnesi, EO, accertamenti ect… - fatta la diagnosi, devo
comprendere se c’è una RELAZIONE TRA LA MALATTIA DIAGNOSTICATA E LA DIAGNOSI
LAVORATIVA. Es: si fa diagnosi di FIBROSI POLMONARE, ma dobbiamo capire se questa è
causata da silicosi. Se ho un ambulatorio di medicina del lavoro in una struttura ospedaliera e non
ho dati ambientali, qual è la forma più utile di informazione rispetto alla possibile esposizione?
L’ANAMNESI LAVORATIVA! L’anamnesi lavorativa è un elemento FONDAMENTALE: E’ CIO’
CHE PERMETTE DI IPOTIZZARE QUAL E’ STATA L’ESPOSIZIONE AD AGENTI
POTENZIALMENTE LESIVI NEL CORSO DELLA STORIA PROFESSIONALE DEL PAZIENTE.
Ma come faccio a capire se una determinata attività ha dato una possibile esposizione? Dobbiamo
chiedere al paziente se si ricorda a quali sostanze si è stato esposto: il medico del lavoro dovrebbe
conoscere un po’ la tecnologia industriale, questo sarebbe ottimo (nei vecchi corsi Specialistici
c’era un esame apposta), questa informazione, eventualmente, possiamo chiederla direttamente al
lavoratore. Quindi: se ho una fibrosi polmonare, devo riuscire a capire se il paziente è stato
esposto a silice, per quanto tempo e per quale intensità. LA RACCOLTA DEL DATO
ANAMNESICO RICHIEDE MOLTA ESPERIENZA E MOLTA PRATICA.
Ma perché è necessaria tutta questa cautela quando si diagnostica una malattia professionale?
PERCHE’ IL MEDICO DEL LAVORO HA APPUNTO DEGLI OBBLIGHI! (citati prima: obbligo di
referto ect). E’ necessario valutare con cognizione di causa. Nel momento in cui faccio diagnosi e
mando un referto FACCIO AUTOMATICAMENTE SCATTARE UN PROCEDIMENTO PER
L’IPOTESI DI REATO!
Nell’ambito della sorveglianza sanitaria ci sono alcuni comportamenti generali etici da ricordare: I
MEDICI DEL LAVORO HANNO UN CODICE ETICO INTERNAZIONALE. Alcuni aspetti importanti:
1) l’attività di sorveglianza sanitaria deve essere mirata ai fattori di rischio presenti nell’ambiente di
lavoro 2) deve essere basata su pratiche eticamente accettabili 3) il medico del lavoro deve
garantire IMPARZIALITA’, INDIPENDENZA PROFESSIONALE, RISPETTO DELLA PRIVACY E
DELLA CONFIDENZIALITA’ DELLE INFORMAZIONI.
Ci sono degli aspetti un po’ delicati riguardo a questo: il medico del lavoro che lavora in un’azienda
svolge un lavoro pubblico in un regime contrattuale privatistico (infatti è pagato dal datore di
lavoro). Una denuncia di malattia professionale non fa mai piacere al datore di lavoro: se il medico
del lavoro è pagato dal datore, questo è sicuramente un problema, non ci sono tutele per il medico
del lavoro.
Quando si fa sorveglianza sanitaria, l’ATTO MEDICO NON DEVE MAI ESSERE CONSIDERATA
UNA SEMPLICE ROUTINE: deve prevalere, infatti, L’APPROCCIO QUALITATIVO A QUELLO
QUANTITATIVO. Diventa semplice routine quando un medico fa 18 visita in una giornata.
Essendo un obbligo di legge, il datore di lavoro naturalmente prenderà un medico che si farà
pagare di meno. Se il medico viene pagato ad ore, e fa 18 visite in un giorno, costa di meno.
E’ necessario utilizzare test in funzione dei rischi, sensibili e specifici. Inoltre: i test n on
possono essere utilizzati per fare discriminazione (test di gravidanza-> non si possono fare test di
gravidanza alle donne in età fertile, positività al test di assunzione di sostanze stupefacenti-> in
realtà esiste una specifica norma che VIETA la ricerca delle sostanza durante la sorveglianza fatto
salvo per alcune attività che mettono a rischio terzi: autisti di autobus, piloti ect. PER I MEDICI E’
PREVISTO IL CONTROLLO DI SOSTANZE ALCOLICHE MA NON PER QUELLE
STUPEFACENTI).
Il medico del lavoro deve ricercare: - segni e sintomi soprattutto degli organi bersaglio di eventuali
fattori di rischio– eseguire test SPECIFICI E SENSIBILI per monitoraggio BIOLOGICO: INSIEME
DI ACCERTAMENTI CHE MI PERMETTE DI MISURARE GLI EFFETTI, possibilmente precoci,
dell’ESPOSIZIONE A DETERMINATI FATTORI DI RISCHIO-> abbiamo 1) INDICATORI DI
ESPOSIZIONE 2) INDICATORI DI EFFETTO.
Nella scelta degli indicatori: se conosco bene la tossicocinetica di una sostanza, possono
identificare dei esami che, SE ALTERATI, MI INDICANO LA PRESENZA DI UN EFFETTO DI
QUESTA SOSTANZA IN UNA FASE ANCORA PRECLINICA.
Il gold standard di un test sarebbe il massimo della sensibilità e della specificità. Ma nell’ottica della
prevenzione: E’ MEGLIO SCEGLIERE TEST SENSIBILI (DEVO AVERE POCHI FALSI
NEGATIVI), piuttosto che specifici. Dopodichè farò degli accertamenti specifici per eliminare i miei
falsi positivi, ma il mio problema è NON avere falsi negativi in fase di screening!
Se questo tipo di sostanza si ACCUMULA durante la settimana, a questo punto l’ideale sarebbe
raccogliere il campione di venerdì.
10/05/19
La medicina del lavoro non è una scienza statica, strumenti che 10 anni fa venivano considerati
attendibili, magari adesso non lo sono più. E’ importante continuare ad aggiornarsi.
VIE DI ASSORBIMENTO PRINCIPALI: via inalatoria, via cutanea, via orale (meno
rappresentata). Perché è importante conoscere la via di assorbimento? PER SAPERE QUALE
TIPO DI PDI UTILIZZARE! es guanti. Se una sostanza che viene assorbita solo per via cutanea,
utilizzeremo guanti, ma le mascherine non sono necessarie.
Esempio: esposizione al Pb inorganico. Ad oggi non c’è praticamente più, è raro trovare ancora
delle aziende i quali lavoratori abbiamo questo problema. Possiamo: - misurare il Pb su sangue o
su urine. Generalmente facciamo la misura della piombemia (anche se è l’esame più invasivo),
perché non basterebbe fare un campione spot di urine, bisognerebbe fare la raccolta 24 ore.
Abbiamo quindi dei valori di riferimento per la piombemia. Il Pb, all’interno della cellula, interagisce
con la sintesi dell’eme, infatti RIDUCE l’attività dell’ALA-deidrasi, diminuendo la trasformazione
dell’acido aminolevulinico in porfobilinogeno. Quindi: aumenta la quantità di acido aminolevulinico,
che troveremo più concentrato nelle urine. Inoltre: su sangue si potrà anche quantificare l’attività di
ALA-deidrasi. Quindi devo fare una lettura integrata: INTEGRANDO QUESTI 3 ELEMENTI (-
piombemia – quantità di acido aminolevulinico nelle urine – attività di ALA deidrasi su sangue)
POSSONO SAPERE SE LA QUANTITA’ DI Pb ALL’INTERNO DI QUESTO SOGGETTO ABBIA
CAUSATO DEI DANNI ANCORA REVERSIBILI. Quindi: se io allontano il soggetto dal Pb, avrò
una NORMALIZZAZIONE DI QUESTI VALORI-> HO INTERCETTATO IN UNO STATO
PRECRITICO UNA POTENZIALE PATOLOGIA (neuropatia periferica, ipertensione, insufficienza
renale).
Il medico del lavoro CREA DEI PROTOCOLLI DI SORVEGLIANZA SANITARIA PER I DIVERSI
GRUPPI DI LAVORATORI: ad ogni condizione di esposizione, definisco qual è l’accertamento più
opportuno. Esempio: saldatori-> esposizione a ossidi nitrosi, fumi metallici e a rumore. Il protocollo
deve tenere conto, OLTRE ALLA VISITA MEDICA, dell’esposizione SPECIFICA DI QUESTI
LAVORATORI A QUESTI SPECIFICI ELEMENTI: dovrò trovare degli i ndicatori per valutare e
intercettare le condizioni potenzialmente a rischio di sviluppare un danno permanente. Di modo da
poter intercettare delle situazioni ANCORA REVERSIBILI (misura della funzionalità polmonare per
gli ossidi nitrosi, quantità di metalli nelle urine per l’esposizione ai fumi metallici, audiometria per
l’esposizione a rumore).
Altro esempio: vernici a spruzzo. Il protocollo: esame medico, solventi e metaboliti nelle urine o nel
sangue, funzionalità polmonare. E’ IMPORTANTE RICORDARE CHE L’ANAMNESI
LAVORATIVA MIRATA E LA RACCOLTA DI SEGNI E SINTOMI IN RELAZIONE A QUELLA
SPECIFICA ESPOSIZIONE E’ UN MOMENTO FONDAMENTALE.
TEST ARRESTO-RIPRESA: abbiamo un’ipotesi piuttosto consistente che il sintomo sia correlato
all’esposizione a un determinato fattore. Allora chiediamo al soggetto se quando va in vacanza (o
quando comunque si assenta dalla sua attività lavorativa), il sintomo regredisce. QUESTO VALE
SOPRATTUTTO PER LE PATOLOGIE DI NATURA ALLERGICA (CUTANEA E RESPIRATORIA).
Obiettivi dell'ergonomia:- Analisi degli effetti della tecnologia produttiva sull'uomo a livello di salute,
di prestazione e di comportamento.- Progettazione di situazioni lavorative adeguate alle esigenze
dell'attività ed alle capacità potenziali dell'operatore, al fine di evitare il logoramento fisico e
mentale ed aumentare il rendimento.- Si pone come disciplina preventiva, avendo lo scopo di
studiare come evitare l'insorgenza di effetti dannosi.
Campi di ricerca- Studio dell'uomo al lavoro (antropometria e biomeccanica, fatica fisica e mentale,
meccanismi sensoriali e cognitivi).- Fattori ambientali (utensili, macchine, arredo, microclima,
illuminazione, ambiente fisico in rumore).- Fattori psicologici (carico mentale, flusso d'informazioni
da trattare, interazioni sociali, benessere organizzativo).- Ingegneria biomedica.
Applicazioni: L'ergonomia fisica è importante in campo medico, in particolare per gli individui ai
quali sono state diagnosticati disturbi fisiologici o patologie come l'artrite (sia cronica e
temporanea) o la sindrome del tunnel carpale. In questi soggetti, pressioni anche insignificanti o
impercettibili, possono essere molto dolorose, o rendere inutilizzabile un dispositivo. Molti prodotti
dal design ergonomico sono anche utilizzati o raccomandati per trattare o prevenire tali disturbi, e
per trattare la pressione legata al dolore cronico.
L'ergonomia sul posto di lavoro: postazioni di lavoro ergonomiche forniscono un supporto per gli
ambienti ad alta intensità di lavoro. Al di fuori della stessa disciplina, il termine "ergonomia" è
generalmente usato per riferirsi all'ergonomia fisica riferita al luogo di lavoro (come ad esempio
sedie ergonomiche e tastiere). L'ergonomia sul posto di lavoro ha a che fare in gran parte con la
sicurezza dei lavoratori, sia a lungo che a breve termine. Postazioni ergonomiche possono
contribuire a ridurre i costi, migliorando la sicurezza, di conseguenza, questo ridurrebbe i soldi
versati a titolo di risarcimento dei lavoratori. Attraverso l'ergonomia, i luoghi di lavoro possono
essere progettati in modo che i lavoratori non debbano ricorrere a posture incongrue per il corpo,
quindi l'industria potrebbe risparmiare i costi associati al risarcimento dei lavoratori. Nei luoghi di
lavoro si possono seguire due approcci, uno reattivo o uno preventivo, in sede di applicazione
pratica dell'ergonomia. L'ergonomia reattiva è quando qualcosa deve essere stabilito con azioni
correttive. L'ergonomia preventiva è il processo di ricerca di aree che potrebbero essere migliorate
e che individua i problemi prima che diventino problemi di grandi dimensioni. Le problematiche
possono essere preventivamente risolte mediante progettazione di apparecchiature, di attività o
progettazione ambientale.
TEMPI DI RECUPERO: sono efficaci brevi pause, ma più frequenti (5-7 minuti ogni ora di
lavoro, anche se questa situazione è abbastanza raro che si realizzi).
La presenza della ripetitività crea problemi a spalla, mano e polso, collo. Forza eccessiva: gomito,
mani e polso-> SINDROME DA INTRAPPOLAMENTO (ES TUNNEL CARPALE). Postura
incongrua: collo spalla, spalla, mano e polso per le tendiniti
La postura incongrua ha un effetto negativo soprattutto sulla spalla. Pensiamo a gente che sta
sempre con il braccio alzato sul posto di lavoro, questa è una postura incongrua che crea problemi
alla spalla (es lavoro sotto scocca)-> SINDROMI DA CONFLITTO ACROMION-CLAVERALE
(sindrome della cuffia dei rotatori).
Una delle novità che si sta cercando di adottare a livello produttivo è l’uso degli ESOSCHELETRI.
Questo esoscheletri tengono in posizione incongrua i lavoratori, questo in effetti riduce la forza, ma
NON sappiamo se ci sono comunque dei rischi per il mantenimento della postura incongrua.
Problemi gomito- polso: epitrocleiti, epicondiliti, sindrome di Guyon.[La sindrome del canale di
Guyon è una patologia debilitante che interessa il polso, in maniera specifica il tunnel, detto
appunto canale di Guyon, che il nervo ulnare attraversa per passare dall'avambraccio alla mano].
C’è il problema di quantificare la forza: possiamo pensare di utilizzare – il peso di ciò che devo
effettivamente spostare\sollevare – il dinamometro: lo posso utilizzare per valutare qual è la forza
iniziale e di mantenimento, MA NON PER MISURARE QUAL E’ LA FORZA RISCHIESTA PER
COMPIERE UN GESTO ALL’INTERNO DEL LAVORO RIPETITIVO. L’unico metodo preciso
sarebbe l’elettromiografia superficiale. Utilizziamo più frequentemente la scala di Borg.
Sindrome del tunnel carpale, sindrome della cuffia dei rotatori, de Quervain,
epicondilite-> queste sono le sindromi più comuni.
METODO NIOSH: il peso massimo sollevabile da una persona adulta di sesso maschile è di 25 kg.
Per le donne: 20 kg. C’è una variabile in più in relazione all’età (ma vale solo per gli under 18). Ma
come faremo a definire “le particolari condizioni di sollevamento”? Consideriamo – FATTORE
ALTEZZA: a quale altezza devo sollevare il peso? – QUANTO LO SOLLEVO? - QUANTO LO
SPOSTO? Più lo sposto, più il fattore demoltiplicativo aumenta, dunque il peso si riduce. Lo stesso
vale per l’aumentare dell’altezza, che per quanto lo sollevo. – QUANTO DISTA DAL BACINO IL
PESO SOLLEVATO? Anche in questo caso il fattore demoltiplicativo aumenta– FREQUENZA DI
SOLLEVAMENTO: più aumenta la frequenza, più aumenta il fattore demoltiplicativo– SIMMETRIA:
c’è una torsione della colonna per sollevare il peso? – FACILITA’ DI PRESA: non è tanto rilevante
all’interno dell’algoritmo. Anche qui definisco delle aree: verde, gialla, rossa. Quando l’indice di
sollevamento è inferiore a 0.75 sono in area verde, se siamo tra 0.76 e 1.25 siamo in are gialla->
incertezza, quando supero 1.25 il rischio è rilevante.
QUINDI:
- Se R < 0,75 (AREA VERDE): la situazione è accettabile e non è richiesto alcuno specifico
intervento.
- Se R è compreso tra 0,76 e 1.25 (AREA GIALLA): la situazione si avvicina ai limiti; una quota
della popolazione (a dubbia esposizione) può essere non protetta e pertanto occorrono cautele,
anche se non è necessario un intervento immediato. È comunque consigliato attivare la
formazione e, a discrezione del medico, la sorveglianza sanitaria del personale addetto.
- Se R > 1 (AREA ROSSA): la situazione può comportare un rischio per quote crescenti di
popolazione e pertanto richiede un intervento di prevenzione primaria. Il rischio è tanto più elevato
quanto maggiore è l’indice. Vi è necessità di un intervento IMMEDIATO di
PREVENZIONE per situazioni con indice maggiore di 3; l’intervento è comunque
necessario anche con indici compresi tra 1,25 e 3 (al valore 2 è considerato AUMENTATO il
rischio di patologie professionali che portino a lombalgia). È utile programmare gli interventi
identificando le priorità di rischio. Successivamente riverificare l’indice di rischio dopo ogni
intervento. Va comunque attivata la sorveglianza sanitaria periodica del personale esposto con
periodicità bilanciata in funzione del livello di rischio.
CP = COSTANTE DI PESO
DISLOCAZIONE
25 30 40 50 70 100 170 >175
(cm)
FATTORE 1,00 0,97 0,93 0,91 0,88 0,87 0,86 0,00
FC = DISTANZA ORIZZONTALE TRA LE MANI E IL PUNTO DI MEZZO DELLE CAVIGLIE (DISTANZA
MASSIMA RAGGIUNTA DURANTE IL SOLLEVAMENTO (C)
DISTANZA
25 30 40 50 55 60 >63 25
(cm)
FATTORE 1,00 0,83 0,63 0,50 0,45 0,42 0,00 1,00
METODO MAPO: anche qui abbiamo un’area verde, gialla, rossa. Valuta la se il personale è stato
formato, quanti pazienti non sono autosufficienti ect… la sua funzione è abbastanza aleatoria in
realtà, non è un metodo estremamente oggettivo.
ERNIA DISCALE: alterazioni del disco vertebrale alla TC e RNM. Condizione sine qua non:
INTERESSAMENTO RADICOLARE.
Nell’ambito sanitario si segue un percorso ben preciso: ciò che domina il nostro percorso deve
essere la VALUTAZIONE CLINICO-ANAMNESTICA. Se questa non è positiva, non si
fa nessuna diagnostica per immagini PERCHE’ IL RISCHIO DI TROVARE FALSI POSITIVI E’
MOLTO ALTO. SONO CONDIZIONI DI OVERDIAGNOSIS, cioè diagnosi non dovute. Il criterio
clinico anamnestico deve essere PRIVILEGIATO rispetto all’analisi strumentale. Nell’andare a
richiedere un esame di diagnostica per immagini, ci facciamo aiutare dallo specialista.
AGENTI FISICI:
RUMORE: oscillazioni di pressione che vengono generate dalle vibrazioni di corpi solidi. E’ UN
SUONO SGRADEVOLE (percezione uditiva sgradevole). Caratteristiche fisiche: velocità di
propagazione, frequenza, lunghezza d’onda, intensità. QUELLE IMPORTANTI: FREQUENZA (Hz)
E INTENSITA’ (dB). Pressione sonora: es scoppi improvvisi-> danno acuto all’udito. E’ espressa in
Pascal.
Es: sfruscio di foglie-> 10 Db. Zona urbana-> 80 Db. Officina di stampo-> 90 Db. SOPRA 115-120
Db, se non siamo protetti, cominciamo ad essere infastiditi. Quando un aereo parte-> 130-140 Db.
Discoteca: 95-100 Db.
Misura del rumore: la curva\scala più utilizzata è la A. In medicina del lavoro misuriamo in dB-A.
LA MISURA DEVE ESSERE INTEGRATA: BISOGNA FORNIRE IL LIVELLO SONORO
EQUIVALENTE IN dB. Quindi: misuro per 10 minuti il rumore, ma poi il fonometro deve essere in
grado di fare una media ponderata su TUTTO IL TURNO DI LAVORO. Devo anche sottrarre la
pausa mensa, l’ora di attività fatta in riunione in stabilimento (dove quindi non c’è rumore). Dovrà
fare quindi una media TOTALE. Se ho un’attività caratterizzata da DIVERSI LAVORI OGNUNO
DEI QUALI HA ESPOSIZIONE AL RUMORE DIVERSA: devono analizzarli tutti, e fare comunque
una media. IL LIVELLO DI ESPOSIZIONE VA CALCOLATO NELLE 8 ORE DI LAVORO, COME
MEDIA. Attenzione: siamo sempre in scala logaritmica, per ridurre i dB di esposizione, dovrò
utilizzare TANTE ORE DI MANCATA ESPOSIZIONE A QUEL LIVELLO DI ESPOSIZIONE.
Dal punto di vista della Norma Europea: - sotto gli 80 non è necessario fare nulla – tra 80 e 85
dobbiamo mettere a disposizione i DPI acustici e fare sorveglianza sanitaria SU RICHIESTA DEL
LAVORATORE – sopra gli 85 scatta, da un lato l’OBBLIGO-NECESSITA’ DI ADOTTARE
INTERVENTI TECNICI, dall’altro: IN ATTESA DI QUESTI INTERVENTI DIVENTA
OBBLIGATORIO L’USO DEI DPI E LA SORVEGLIANZA SANITARIA.
In una prima fase si possono perdere la capacità di percezione uditiva in condizione di
esposizione, a riposo questa viene recuperata (il danno è, cioè, completamente reversibile).
Questo è importante quando dobbiamo fare l’esame audiometrico: dobbiamo farlo a RIPOSO.
Perché rischiamo di diagnosticare un danno temporaneo, e non cronico! E quindi fare
overdiagnosis.
Quindi: - anamnesi lavorativa: c’è stata esposizione? Ci sono altre situazioni che potrebbero aver
determinato un danno di questa natura? Ci sono state patologie, come le virosi, che possono aver
determinato questo danno? (discoteca, barotrauma->aereo, subaqueo, trauma rachido-cervicale
per alterazione del microcircolo). Il paziente ha preso dei farmaci ototossici (es streptomicina, o
aminoglicosidi-> gentamicina, furosemide, cefalosporine, acido acetil-salicilico)? Il paziente è
diabetico? – tracciato audiometrico: curva “a cucchiaio” tipica. Il deficit naturalmente deve essere
SIMMETRICO. L’audiometria dovrebbe essere eseguita in cabina silente nell’attività di
sorveglianza. L’aspetto critico è che non sempre ci sono queste condizioni: se ci sono dei dubbi, è
necessario ripetere l’accertamento in un centro idoneo. L’AUDIOMETRIA E’ UN ESAME SEMPRE
NECESSARIO. A DIFFERENZA DELLA LOMBALGIA (DOVE DEVE ESSERE LA CLINICA CHE
GUIDA), QUI ABBIAMO BISOGNO DI UNA DIAGNOSI STRUMENTALE. INFATTI: il paziente non
sempre può percepire il danno acustico, perché magari le frequenze “mancate” non fanno parte
della vita quotidiana (lui dice di sentire benissimo). PROBABILMENTE E’ UN SOGGETTO
IPERSENSIBILE AL RUMORE, NEL CORSO DEGLI ANNI CONTINUERA’ A PEGGIORARE!
Prima o poi comincerà a descrivere una qualche disabilità. Altro problema: la perdita delle alte
frequenze, in realtà, è PARAFISIOLOGICA con l vecchiaia (PRESBIACUSIA). Quanto del danno
che abbiamo osservato è associato all’esposizione lavorativa? Come facciamo a capire? Esistono
delle curve PREDITTIVE ATTESE in funzione dell’età: sappiamo che nella categoria 60-65 anni la
curva è di un certo tipo. E’ QUESTA LA CURVA CHE DEVO PRENDERE COME PARAMETRO DI
RIFERIMENTO. MALATTIE CHE POSSONO SIMULARE UN’IPOACUSIA: morbillo, varicella,
rosolia, parotite, herpes, otiti, encefalite, emofilia (danno ipossico), insuff renale, ipertensione,
diabete, trombosi, dislipidemie ect…
17-05
ESPOSIZIONE A POLVERI
Nell’ambiente di lavoro possiamo avere diverse tipologie di sostanze aereodisperse: GAS,
AREOSOL, VAPORI, NEBBIE. Abbiamo, poi, le POLVERI. POLVERE: dispersione in aria di
particelle solide, di diametro molto variabile PROVENIENTI DALLA MOVIMENTAZIONE DI SOLIDI
PREESISTENTI ALLO STATO PULVERULENTO O DALLA FRAMMENTAZIONE DI MATERIALI
SIA NATURALI CHE ARTIFICALI.
Vi sono poi le fibrosi da polveri che riconoscono un meccanismo d’azione sul polmone più di
natura allergica (reazione allergica del III tipo): abbiamo presenza di GRANULOMI SENZA CHE
VI SIA LA PRESENZA DI UN CHIARO ACCUMULO DI POLVERI A LIVELLO POLMONARE. Le
più frequenti: granulomatosi da Berillio e da Cobalto.
DIAGNOSI DI SILICOSI: - raccolta di segni e sintomi per lo più ASPECIFICA: tosse e catarro
cronici, riduzione della funzione respiratoria con comparsa di dispnea (prima da sforzo, poi a
riposo), episodi di iperpiressia (sovrapposizione infettiva), perdita di peso (non così frequente). Il
sospetto di silicosi ci può arrivare solo dall’ANAMNESI LAVORATIVA. – anamnesi lavorativa:
pregressa esposizione a silice. – DIAGNOSI PER IMMAGINI: le indagini di funzionalità
respiratoria, infatti, sono ASPECIFICHE (non c’è nessun test specifico per la silicosi, se non nella
diagnostica per immagini)-> es alterazione della DLCO, deficit costrittivo, insufficienza respiratoria
ostruttiva, sono tutti test di funzionalità, ma nessuno è veramente indicativo per silicoli. Quindi: RX
TORACE in prima battuta, poi TC ad alta risoluzione (a strato sottile). All’RX troveremo
ADDENSAMENTI. Nei quadri acuti\accelerati: il quadro radiografico può radicalmente cambiare in
4 anni-> troviamo aree di micronoduli in tutto il polmone. Per fare diagnosi ci sono delle
RADIOGRAFIE STANDARD CON CUI IL CLINICO (medico del lavoro) SI DEVE
CONFRONTARE: queste sono utilizzate per definire la normalità. Se la nostra RX non è normale è
necessario procedere con: - la caratterizzazione della fibrosi – le dimensioni dei noduli (utilizziamo
un sistema di lettere-> P: noduli piccoli Q: noduli intermedi R: noduli maggiori) – livello di
interessamento del polmone (utilizziamo un sistema numerico: il massimo è la distribuzione 3\3->
tutto il polmone è interessato). Quindi per esempio: Q\Q 3\3-> PICCOLI NODULI PRESENTI SU
TUTTO L’ALBERO POLMONARE. I noduli subpleurici alla TC SONO TIPICI DELLA SILICOSI, li
troviamo anche in fase precoce.
Ma dove possiamo trovare dei quadri del genere? In soggetti, per esempio, ADDETTI AL TAGLIO
A SECCO DI LASTRE DI MARMO SINTETICO. Il taglio a secco è privo di qualsiasi sistema di
aspirazione, inoltre i lavoratori non utilizzavano i DPI. Queste polveri avevano un’elevata reattività
perché venivano TAGLIATE-> subivano, cioè, un processo di attivazione! Si può arrivare anche al
trapianto di polmone. Delle volte la diagnosi può non essere così semplice, la silicosi, per esempio,
può essere scambiata per sarcoidosi. In realtà sono possibili anche associazioni delle sue malattie
(SARCOIDOSI-SILICOLI), non così frequenti.
Ci si chiede anche se alcune malattie autoimmuni possano essere legate all’esposizione a silice,
come anche in alcuni casi di patologie renali. Non abbiamo dati sufficienti.
Un aspetto importante riguarda la patologia tumorale: la IARC si occupa di valutare l’ ”hazard” di
alcune sostanze (cioè il PERICOLO). Ha affermato che c’è evidenza di potenziale oncogeno per
l’esposizione a silice. Tuttavia: i dati di letteratura sono un po’ ambigui-> l’analisi di una serie di
studi coorti dà come risultato una estrema disomogeneità, anche se elimino qualche fattore di
confondimento. Un dato interessante invece: se valuto soggetti silicosici, a questo punto c’è una
maggiore incidenza di tumore. SEMBRA QUINDI ESSERCI UN’ASSOCIAZIONE TRA SILICOSI E
TUMORE DEL POLMONE (associazione che NON è evidente tra la sola esposizione a silice e il
tumore). Rimane quindi non chiaro se la SILICE, DI PER SE’, ANCHE A BASSE DOSI, possa
aumentare il rischio di tumore del polmone. Dall’associazione tra silicosi e tumore del polmone,
però, deriva il seguente quesito: LA SILICOSI E’ UNA CONDIZIONE PRECANCEROSA? O E’
SOLO UN MARKER DI ELEVATA ESPOSIZIONE DI SILICOSI? Può essere semplicemente che
l’esposizione elevata alla silice è fattore di rischio sia per silicosi, che per cancro, ma che non ci
sia nessuna condizione precancerosa. Dunque: prevenendo l’esposizione a silice per silicosi,
diminuisco anche il rischio tumorale.
Ma qual è allora questo valore limite? La direttiva Europea propone 0.1 mg\m^3. In realtà la
direttiva considera come FATTORE CANCEROGENO I PROCESSI CHE DETERMINANO
ATTIVAZIONE DELLA SILICE (IL TAGLIO PER ESEMPIO), NON LA SILICE STESSA! La polvere
deve avere determinate caratteristiche, quindi, per essere considerata cancerogena (cioè DEVE
SUBIRE UN PROCESSO DI LAVORO CHE NE CAMBIA LE CARATTERISTICHE DI
REATTIVITA’ DI SUPERFICIE, PER ESSERE CONSIDERATA CANCEROGENA). Prima di
questa proposta di limite, i paesi Europei avevano delle soglie molto disomogenee tra di loro. LA
SCELTA DI 0.1 mg\m^3 E’ FATTA NON SOLO SULLA BASE DEL RISCHIO, MA ANCHE SULLA
BASE DI FATTORI SOCIO-ECONOMICI (valutazioni di rapporti costo-beneficio).
L’amianto è una FIBRA che è stata utilizzata in maniera massiva per le sue ottime proprietà:
termoresistente, isolante, fonoassorbente ect…
Due tipologie diverse di amianto: CRISOTILO-> deriva dal Serpentino, che è quasi un filamento.
CROCIDOLITE-> deriva dagli Amfubili. E’ lineare e molto rigida. Sulla base di queste
considerazioni: la crocidolite è probabilmente la più pericolosa.
ASBESTOSI: fibrosi del polmone. Non ha le caratteristiche nodulari della silicosi, ma si sviluppa in
modo RETICOLARE a livello dell’interstizio. È conseguente a una MODESTA esposizione, dopo
un periodo di latenza di circa 20-30 anni. Sintomi aspecifici. DATI DALLA SPIROMETRIA: è
possibile osservare con una certa frequenza la presenza di una alterata DLCO (proprio perché la
disposizione della fibrosi è reticolare: se aumenta lo spessore della membrana alveolo capillare, la
diffusione dei gas avviene più lentamente. Questa è la legge di Fick).
PLACCHE PLEURICHE: sono lesioni benigne, CALCIFICHE. Latenza: 20-40 anni, anche in basse
esposizioni. Sono generalmente BILATERALI. Non danno limitazioni funzionali del polmone.
TUMORE DEL POLMONE: si parla di una relazione di DOSE-DIPENDENZA. Sotto una certa
soglia cumulativa, il tumore del polmone non è attribuibile a esposizione professionale. QUESTO
NON SI PUO’ AFFERMARE CON IL MESOTELIOMA: ANCHE BASSE DOSI DI ESPOSIZIONI,
PER POCO TEMPO, SONO CONSIDERATE IN GRADO DI DETERMINARE MESOTELIOMA
PLEURICO (relazione di DOSE-INDIPENDENZA). E’ VEROSIMILE CHE ALL’AUMENTARE
DELLA DOSE, AUMENTI LA PROBABILITA’.
[Esiste tutta una discussione sul mesotelioma riguardo a QUALE PERIODO DI ESPOSIZIONE
DEVE ESSERE CONSIDERATO CRITICO. Se un soggetto è stato esposto 25 anni: contano
proprio tutti e 25 (e quindi sono responsabili tutti i datori di lavoro che si sono susseguiti TUTTI
questi anni)? Oppure magari solo i primi 5-6 anni sono importanti per la GENESI del tumore
(dunque vengono chiamati in causa solo i datori di lavoro dei primi anni, perché l’esposizione
derivante dagli altri 20 anni è irrilevante per la patogenesi della malattia)? Queste sono due teorie
che molto spesso si confrontano dal punto di vista legale (contenziosi). Ancora oggi non si è in
grado di prendere un posizione: possiamo fare delle considerazioni epidemiologiche, ma in
generale NON ABBIAMO PRECISE CONOSCENZE SULLO SVILUPPO DELLA PATOGENESI.
Sicuramente un dato è certo ED E’ DI FONDAMENTALE IMPORTANZA: LA LATENZA. IL
MESOTELIOMA SI MANIFESTA DOPO UNA LATENZA MOLTO LUNGA DALLA PRIMA
ESPOSIZIONE (40-50 ANNI). Non si possono considerare professionali i tumori che si
manifestano prima dei 20-25 anni dall’esposizione.]
Fumo di sigaretta: sicuramente è un fattore che CONCORRE alla oncogenesi del tumore del
polmone (non del mesotelioma, quindi). SI PARLA DI UN EFFETTO SINERGICO TRA AMIANTO
E FUMO DI SIGARETTA.
Prognosi sul mesotelioma: sopravvivenza media dalla diagnosi di 18-24 mesi. Prognosi del tumore
del polmone: dipende dalla stadiazione.
RISCHIO CHIMICO
Vie di ingresso: - via inalatoria – via cutanea.
Come valuto il rischio chimico? E’ importante capire qual è l’organo bersaglio e quali
possono essere gli EFFETTI di questa sostanza. Quindi: è importante definire QUALE SIA
L’EVENTO, E QUANTO IMPATTA-> LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DEVE TENERE CONTO
DI QUESTI ASPETTI (avere una congiuntivite è diverso da avere una neuropatia, o un tumore).
PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO, DUNQUE, IL MEDICO E’ FONDAMENTALE,
non basta l’algoritmo dell’ingegnere.
QUINDI: la prima valutazione del medico è QUALITATIVA e si estrinseca nell’analisi della scheda
di sicurezza.
Alla fine del percorso: devo capire se il rischio misurato è - IRRILEVANTE per la salute o -
NON IRRILEVANTE per la salute, come stabilito dalla Norma.
Se la sostanza NON è irrilevante per la salute, ci saranno degli obblighi precisi per il datore di
lavoro.
Una condizione di rischio NON IRRILEVANTE per la salute, determina l’attivazione della
SORVEGLIANZA SANITARIA.
Le varie sostanze chimiche sono classificabili: - effetti dell’ esposizioni ai solventi – effetti
dell’esposizioni a metalli ect…
Per alcuni organi abbiamo degli indicatori molto specifici e predittivi, molto spesso però questo non
avviene (es solventi clorurati come la trielina, o tetracloruro di carbonio, che adesso non si usano
più. HANNO UN’AZIONE EPATOTOSSICA. In realtà, però, non abbiamo strumenti misurabili per
verificare effettivamente qual è il livello di danno sul fegato. Abbiamo gli enzimi epatici, ma sono
molto aspecifici! La stessa cosa vale un po’ sul rene. Quello che mi aiuta sono i livelli di
esposizione, che possono derivare da un monitoraggio biologico con gli indicatori di esposizioni->
in questo modo potrei discriminare meglio se effettivamente quei valori epatici sballati sono da
correlare al tetracloruro di carbonio). Esempio: trovo dei valori di transaminasi aumentati in
assenza di indicatori positivi (dunque senza esposizione)-> devono conoscere le abitudini
alimentare dei pazienti, se prende farmaci, se ha l’epatite per esempio ect... Trovo valori di
transaminasi normali e indicatori positivi-> concludo per: esposizione occasionale senza danno
epatico. Indicatori positivi e valori di transaminasi alti-> a questo punto comincio a sospettare la
possibilità di una malattia professionale. IL MEDICO COMINCERA’ IL PROCESSO DI DD,
PERCHE’ LA DIAGNOSI DI MALATTIA PROFESSIONALE E’ PER ESCLUSIONE: il paziente ha
già un’epatite in anamnesi che potrebbe giustificare il quadro? O comunque, ci sono altre
condizioni che possono giustificare questo danno epatico, che non sia l’esposizione (la quale,
effettivamente, è risultata al di sopra della soglia limite)?
22\05
CANCEROGENI
La lista delle sostanze professionalmente coinvolte nella genesi tumorale è molto ampia. E’
pubblicata in un decreto ministeriale ed evidenzia (con qualche criticità rispetto alle conoscenze
scientifiche) ALCUNE IPOTESI DI ASSOCIAZIONE. Per queste patologie neoplastiche è
necessaria la denuncia all’autorità sanitaria.
ESEMPI:
Benzene-> solvente aromatico, non più utilizzato se non come reattivo in qualche sintesi di
laboratorio. Può essere presente come impurezza nelle benzine. E’ associato a LEUCEMIE.
Cromo (+6)-> tumore del polmone. DAL PUNTO DI VISTA TOSSICOLOGICO: il Cr in grado di
interagire con il genoma è il CROMO 3. Ma il cromo 6 è in grado di superare la membrana
cellulare, cosa che il cromo 3 non può fare (all’interno della cellula si passerà da cromo 6 a cromo
3, il quale ha azione genotossica).
ALTRI: -composti del Nichel, -radiazioni ionizzanti, -radiazioni solari (epiteliomi cutanei nelle sedi
fotoesposte-> tipico di chi lavora in esterno), -Radon (tumore del polmone). -Se l’infezione da HBV
e HCV è contratta in sede lavorativa, e porta a CANCROCIRROSI, anche questa è considerata
neoplasia professionale. Stesso discorso per il linfoma NH di cellule B da HVB, e sarcoma di
Kaposi (legato ad HIV contratto in ambiente di lavoro).-Idrocarburi policiclici: alcune evidenze per
tumori della cute, polmone e vescica.- polveri di legno duro: tumori delle cavità nasali e seni
paranasali. – FUMO PASSIVO: possibile azione cancerogena. Questa considerazione è stata alla
base della NORMA CHE VIETA IL FUMO NEGLI AMBIENTI DI LAVORO E NEI LUOGHI CHIUSI.
L’entità dei tumori professionali è circa il 4-5% di tutti i tumori osservati nella popolazione.
OVVIAMENTE E’ NECESSARIA L’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE\AMBIENTALE. In realtà, se
utilizziamo i dati dell’INAIL (che riceve le s egnalazione), e guardiamo il periodo 2013-2017,
vediamo che i tumori professionali rappresentano una quota intorno ai 2700-3000 all’anno. Il
75-80% di questi tumori sono correlati alla PREGRESSA ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO
(considerando, soprattutto, la latenza necessaria per lo sviluppo di tumore del polmone e
mesotelioma). Le malattie muscoloscheletriche: 36-37 mila casi in un anno, quindi diversi ordini di
grandezza superiori. QUESTE QUOTE, PERO’, NON SONO QUELLE EFFETTIVE, SONO
INFATTI RIFERITE ALLE SOLE DENUNCE! L’INAIL RICONOSCE SOLO ALCUNE DI QUESTE
EFFETTIVAMENTE PATOLOGIE DI ORIGINE PROFESSIONALE.
Cosa deve fare il medico del lavoro? NELLA NORMA 81: SEZIONE I-> DISPOSIZIONI GENERALI
si nominano le frasi H=350-> LE SOSTANZE CLASSIFICATE CON QUESTA DICITURA H SONO
CONSIDERATE CANCEROGENE. Ma se ho una miscela che contiene più sostanze, e solo una di
queste è considerata cancerogena? QUANDO LA MISCELA INTERA E’ CANCEROGENA?
QUANDO LA SOSTANZA IN QUESTIONE HA UNA CONCENTRAZIONE SUPERIORE ALLO
0.1%. In questo contesto, nella Norma, è riportata anche una serie di attività considerate a rischio:
es-> - produzione di auramina con il metodo Michler – i lavori esposti agli idrocarburi policiclici
aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone – il lavoro con l’esposizione
a polvere di legno – processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcol isopropilico. RISPETTO A
QUESTO ELENCO, DI RECENTE, SONO STATE INSERITE NELLA NORMA ALTRE DUE
ATTIVITA’ (è stato fatto un aggiornamento) 1) attività con la silice 2) contatti cutanei con oli
minerali esausti (meccanici): sono oli che subiscono un processo chimico che li attiva in senso
cancerogeno. Nella norma è riportato anche un allegato con valori limite di esposizione, in
particolare di : benzene, PCV monomero, polvere di legno (il valore è in continua discesa in questo
ultimo caso).
La direttiva enuncia che la produzione di valori limite è una PARTE ESSENZIALE nel
processo di controllo del rischio di lavoratori esposti a sostanze cancerogene. La
Norma prevede 1) riduzione del uso delle sostanze cancerogene\mutagene: possono sostituire
questa sostanza con una non cancerogena? Se la sostanza in questione è NECESSARIA per il
mio prodotto finale-> 2) OPERAZIONI A CICLO CHIUSO: è un intervento organizzativo, se
nemmeno questo è sufficiente -> 3) SISTEMI DI ASPIRAZIONE, applicazione di una distanza
minima al di sotto del quale il lavoratore non può stare dalla sostanza. La normativa dice anche
che per la maggior parte di sostanza cancerogene è impossibile determinare una dose sogli chiara
al di sotto del quale non abbiamo effetti avversi. Quindi il rispetto del limite imposto, non elimina il
rischio. PER ALTRE SOSTANZE, PERO’, E’ POSSIBILE IDENTIFICARE DEI LIVELLI AL DI
SOTTO DEL QUALE NON DOBBIAMO ASPETTARCI DEI TUMORI ATTRIBUIBILI DA
QUELL’ESPOSIZIONE. QUINDI: PER ALCUNI CANCEROGENI NON ESISTE UNA
DOSE-DIPENDENZA (anche una sola esposizione può dare problemi di tipo cancerogeni), PER
ALTRI INVECE ESISTE UNA RELAZIONE DOSE-RISPOSTA CON NECESSITA’ DI
SUPERAMENTO DI UNA SOGLIA CRITICA per osservare l’effetto.
DAL PUNTO DI VISTA PRATICO: utilizziamo un modello che considera delle sottoclassi all’interno
delle categorie A e B (per le categorie C e D abbiamo semplicemente un livello soglia che NON
DOBBIAMO SUPERARE). 1) cancerogeni presenti SOLO IN AMBIENTE DI LAVORO: dobbiamo
applicare la norma PER RIDURRE AL MASSIMO IL LIVELLO DI ESPOSIZIONE. TUTTO
QUESTO SECONDO LA FATTIBILITA’ TECNOLOGIA; ATTENZIONE: questo non dipende da
una questione economica-> NON IMPORTA SE UN SISTEMA COSTA DI PIU’, SE E’ IL PIU’
EFFICACE, LO SI DEVE APPICARE LO STESSO 2) cancerogeni UBIQUITARI: - cancerogeni
senza valore limite, ma sono ubiquitari-> quindi è esposta anche la popolazione generale (es
radiazioni solari, benzene, idrocarburi policiclici aromatici che derivano dal Diesel, metalli). LA
PRESENZA\ASSENZA DI UN DIVERSO LIVELLO DI ESPOSOZIONE TRA I LAVORATORI E LA
POPOLAZIONE GENERALE MI OBBLIGA A INTERVENIRE. Cioè: il benzene è presente anche in
centro a Novara. In fabbrica però è decisamente più presente: LA DIFFERENZA STA NEL
DIVERSO LIVELLO DI ESPOSIZONE NEI DUE AMBIENTI. Se l’esposizione in azienda è uguale
a quella in centro a Novara, l’esposizione in ambiente di lavoro è considerata POTENZIALE, MA
NON EFFETTIVA-> LO STARE IN AZIENDA NON AGGIUNGE NULLA ALL’ESPOSIZIONE
NELLA NORMALE VITA DI RELAZIONE. PARLO DI SOGGETTI POTENZIALMENTE ESPOSTI,
sono condizioni che devo monitorare, MA CHE NON NECESSITANO INTERVENTI.
Altro esempio: emissioni Diesel. Obiettivi nell’azienda: cercare di non utilizzare benzene\Diesel
ect… se sono obbligata ad utilizzarla-> L’ARIA CHE RESPIRO IN AZIENDA DEVE ESSERE
ALMENO UGUALE A QUELLA DELL’ARIA NORMALE NELL’AMBIENTE, MA IL RISCHIO NON
SARA’ MAI ZERO, perché non abbiamo un valore soglia. – cancerogeni con un valore soglia (ma
in classe A e B): DEVO
CONTROLLARE PERIODICAMENTE I LIVELLI DI
ESPOZIONE, DOCUMENTARLI, VERIFICARE CHE IL LIVELLO SIA
INFERIORE AL LIMITE DI ESPOSIZIONE. Si possono anche applicare dei fattori di
correzione all’interno della singola azienda, cioè a livello locale: sono soglie ancora più basse di
quelli della Norma, che mi pongo come obiettivo da non superare. Mi trovo di fronte, a questo
punto, a soggetti POTENZIALMENTE esposti ma non EFFETTIVAMENTE esposti.
Potenzialmente: c’è una possibile esposizione ad agenti cancerogeni, ma il livello di esposizione è
tale da NON rappresentare un aumento del rischio.
PREVENZIONE PRIMARIA: VALUTAZIONEDEL RISCHIO: - MONITORAGGIO AMBIENTALE –
MONITORAGGIO BIOLOGICO , da qui: soggetti POTENZIALMENTE ESPOSTI\
EFFETTIVAMENTE ESPOSTI-> REGISTRO DEGLI ESPOSTI-> SORVEGLIANZA SANITARIA.
Rispetto al concetto di sorveglianza sanitaria: Quali strategie? Quali lavoratori? Quali protocolli?
Quali giudizi di idoneità? PER I CANCEROGENI, ABBIAMO EFFETTIVAMENTE LA POSSIBILITA’
DI INDIVIDUARE DEGLI INDICATORI CHE CI PERMETTONO LA MODIFICA
DELL’EVOLUZIONE NATURALE DELLA MALATTIA, OPPURE ABBIAMO INDICATORI CHE CI
ANTICIPANO SOLAMENTE LA DIAGNOSI?
A fronte di determinati fattori di rischio: quali test di screening sono davvero utili?
Esempio: diagnosi precoce del tumore del polmone negli esposti-> SCREENING: lastre del
torace? L’RX non è uno strumento utile per la diagnosi precoce. Il citologico nemmeno. Uso della
TC SPIRALE A STRATO SOTTILE: è un esame che dura 8 secondi. Non è nemmeno un esame
così invasivo. Vantaggio: identificazione di noduli di piccola dimensione-> IL TASSO DI
SOPRAVVIVENZA AUMENTA NOTEVOLMENTE SE INTERCETTATI PRECOCEMENTE. Questo
ha portato a dire, in conclusione: IL MEDICO COMPENTENTE DEVE ANALIZZARE LA REALE
POSSIBILITA’ DI UTILIZZARE LA TC SPIRALE IN FUNZIONE DELL’ENTITA’
DELL’ESPOSIZIONE, DELLA DURATA, E DEL TEMPO TRASCORSO DALLA PRIMA
ESPOSIZIONE.
INDICI DI EFFETTI BIOLOGICI PRECOCI: - tecniche citogenetiche SCE-> potrebbe servire per
confrontare se in un gruppo di esposti, le alterazioni citogenetiche sono più frequenti rispetto ad un
altro gruppo di non esposti. HA UN RUOLO NELLA RICERCA. Ma non è utile come strumento per
definire quanto un soggetto è suscettibile (non è eticamente corretto dal punto di vista lavorativo).
– tecniche di analisi del danno ossidativo al DNA – meccanismi di difesa e della risposta riparativa
cellulare – mutazioni puntiformi
In realtà ad oggi non ci sono strumenti VALIDI predittivi sul fatto che il soggetto vada incontro alla
neoplasia professionale: sono quindi di scarsa efficacia. La considerazione attuale: non si può fare
alcuno screening genetico per misurare la suscettibilita’ individuale, al momento si sta ancora
facendo ricerca. L’uso di questo strumento, tra l’altro, potrebbe portare anche un approccio etico
non corretto: invece di ridurre al massimo l’esposizione, il datore di lavoro potrebbe eliminare i
soggetti geneticamente suscettibili.
RISCHIO BIOLOGICO
Possibile esposizione professionale a microrganismi patogeni. La normativa di riferimento (Norma
81) HA UN CAPITO INTERO dedicato.
La Norma contiene una classificazione degli agenti biologici possibili. Questa classificazione tiene
conto di: - INFETTIVITA’: capacità di penetrazione del microganismo – PATOGENICITA’: capacità
di produrre malattia – TRASMISSIBILITA’: capacità trasmissione da un soggetto, ad un altro
soggetto suscettibile – NEUTRALIZZABILITA’: disponibilità di misure profilattiche e
terapeutiche. Sulla base di queste quattro caratteristiche, gli agenti biologici sono classificati in:
1) AGENTE CHE PRESENTA POCA PROBABILITA’ DI CAUSARE MALATTIA NEI SOGGETTI
UMANI 2) AGENTE BIOLOGICO CHE PUO’ DAR MALATTIA ALL’UOMO E COSTITUIRE UN
RISCHIO PER I LAVOTORI. E’ poco probabile che si propaghi nella comunità: sono disponibili
efficaci misure di profilassi e terapia 3) AGENTE CHE PUO’ CAUSARE MALATTIE GRAVI
NELL’UOMO E COSTITUISCE UN RISCHIO PER I LAVORATORI: può propagarsi nella comunità,
ma abbiamo possibilità di NEUTRALIZZARLO (terapie e profilassi). 4) AGENTE CHE PUO’
PROVOCARE MALATTIE GRAVI PER I SOGGETTI UMANI, COSTITUISCE UN RISCHIO ALTRO
PER I LAVORATORI, E’ TRASMISSIBILE ALLA COMUNITA’ E NON ABBIAMO MEZZI DI
NEUTRALIZZAZIONE.
Non tutti i vaccini sono obbligatori, ci sono tuttavia alcune disposizioni regionali (in EMILIA) che
vietano, per esempio, di lavorare in pediatria, reparti per immunodepressione ect IN CASO DI NON
IMMUNITA’ AL MORBILLO.
Esempi di patogeni del gruppo 3: HBV, HCV, HIV, TBC (via aerea).
L’operatore sanitario normale (medico, infermiere) fa parte di quelle categorie professionali con
potenziale esposizione ad agenti biologici. L’EVENTO E’ DI NATURA ACCIDENTALE, DI TIPO
INFORTUNISTICO (es puntura con una siringa). L’esposizione è condizionata dal paziente fonte: il
rischio è determinato dal fatto che il paziente sia affetto o meno.
Un operatore che si punge con un ago con sangue infetto da HIV-> ABBIAMO UNA PROFILASSI
A DISPOSIZIONE (ANTIRETROVIRALE) CHE POSSIAMO SOMMINISTRARE ENTRO 4 ORE.
Altro problema: SORVEGLIANZA SANITARIA. Dopo l’evento è necessario un follow up per
verificare, nel caso di HIV, che non avvenga la sieroconversione.
Dati relativi alla probabilità di sieroconversione dopo evento accidentale: epatite B-> dal 4 al 43%.
Epatite C-> 2.7% al 10%. HIV <0.5%.
I rischi psico-sociali non sono individuabili in conseguenza di pericoli di natura fisica, chimica,
biologica, ma sono riconducibili all’interno dell’organizzazione del lavoro in cui il soggetto è inserito
e riguardano il rapporto tra il lavoratore e l’organizzazione.
Possono essere definiti come: “Aspetti di progettazione, di organizzazione e di gestione del lavoro
e loro contesti ambientali e sociali, che possono dare luogo a disturbi o danni di natura psicologica,
sociale o fisica” (Cox e Griffiths, 1995).
COPING: capacità del soggetto di rispondere agli stressori. Definizione: “insieme degli sforzi
cognitivi e comportamentali destinati a padroneggiare, ridurre, tollerare le esigenze interne ed
esterne che minacciano o superano le risorse di un individuo”.
Prevalenza di malattia lavoro correlate: 1) malattie muscolo scheletriche: al primo posto in assoluto
come prevalenza 2) depressione e ansietà correlate a condizioni di stress: subito al secondo
posto.
Nel 96’ il 28% dei lavoratori dell’UE riferisce disturbi correlati allo stress (2.5% del PIL dell’EU).
La Comunità Europea attraverso l’Agenzia di Salute e Sicurezza dà molto peso a questa tematica.
Es: smart working-> possibilità di lavorare da casa 2-3 giorni alla settimana. In alcuni casi si può
tradurre in ISOLAMENTO.
Nuove forme contrattuali: con incertezza del posto di lavoro, in cui magari metà giornata si è pagati
con uno stipendio base, e il resto della giornata con un sistema di lavoro a cottimo con partita IVA.
Abbiamo un cambiamento nelle classi di età della forza del lavoro, un’inclusione di lavoratori
migranti, aspetti multiculturali, declino negli standard scolastici… tutte condizioni che possono
indurre stress.
Sintomi che più frequentemente si osservano: cefalea, insonnia, frequenti cambiamenti d’umore,
irritabilità, senso di inadeguatezza, calo della memoria ect… non è ancora una diagnosi! Sono tutti
segni!
Alcuni definiscono il mobbing come una sorta di terrore psicologico contrario a principi etici, con
comunicazione ostile. La vittima è spinta in una posizione di impotenza, di non poter reagire, con
gravi conseguenze dal punto di vista sociale, psicologico, fisico.
CARATTERISTICHE DI MOBBING: - azioni sul posto di lavoro – durata (almeno sei mesi),
frequenza: almeno una volta alla settimana – obiettivo: danneggiare la vittima.
IN GENERE IL MOBBING E’ VERTICALE (posizione di lavoro più elevata-> posizione di lavoro più
bassa). Ma esiste anche il MOBBING ORIZZONTALE: l’atteggiamento persecutorio proviene da un
gruppo di lavoratori coalizzati contro un collega di pari livello, spesso (ma non necessariamente)
all’insaputa di superiori. Esiste anche il mobbing dal basso verso l’alto: in genere sono coalizioni di
lavoratori che non riconoscono come “capo” un determinato soggetto.
MOBBING EMOZIONALE: sta all’interno dei conflitti tra lavoratori. Non sempre è facile distinguere
tra questo e conflitto parafisiologico tra lavoratori. Rappresentativo di un’alterazione delle relazioni
interpersonali (esasperazione dei comuni sentimenti di ciascun individuo, quali rivalità, gelosia,
antipatia, diffidenza o paura) sia di tipo gerarchico che tra colleghi. A tale riguardo, non è sempre
agevole discernere i casi in cui la conflittualità tra i lavoratori si mantiene sui livelli di un fisiologico
conflitto interpersonale da quelli in cui tale conflitto esorbita fino a tradursi in forme di vera e propria
aggressione personale.
C’è un po’ la tendenza dei lavoratori a considerare mobbing, ciò che mobbing non è, ma che
magari è semplicemente atteggiamento “vessatorio” nei confronti di chi non rispetta i contratti
lavorativi.
LAVORO AL VIDEOTERMINALE
Di per sé è uno strumento molto utile: è un contenitore di altri strumenti di lavoro. Esiste una legge
specifica (sempre all’interno della Norma 81): - definizioni su cos’è il videoterminale, chi è il
videoterminalista: colui che utilizza un’attrezzatura monita di schermo in modo sistematico
per almeno 20 ore settimanali. Per individuare i videoterminalisti: ci sono dei sistemi di analisi
del lavoro che osservano il soggetto e DEFINISCONO se effettivamente il lavoratore è
videoterminale oppure no ( questo processo è detto WORK SAMPLING), il numero di osservazioni
del sistema, positive e negative (cioè di soggetti che stanno seduti con davanti un monitor oppure
no), viene inserita in un algoritmo che categorizza il lavoratore (questo sistema è influenzato dal
numero di osservazioni e dal numero di lavoratori osservati). – SORVEGLIANZA: rischi per gli
occhi, per l’apparato muscolo-scheletrico. TIMING: UNA VOLTA OGNI 5 ANNI NEI SOGGETTI
CON MENO DI 50 ANNI, UNA VOLTA OGNI 2 ANNI CON SOGGETTI PIU’ 50 ANNI-> infatti la
presbiopia è un elemento che è più frequente in questa fascia di età (l’utilizzo del videoterminale
influisce sulla visione intermedia e da vicino).
Altro problema: apparato muscolo scheletrico. Tutto dipende dalle caratteristiche della postazione
di lavoro. Sono problematiche legate all’organizzazione del lavoro e all’ergonomia piuttosto
che ai video terminali!
QUINDI: IL VIDEO TERMINALE E’ UNO STRUMENTO CHE AIUTA LAVORARE, CIO’ CHE E’
PROBLEMATICO E’ TUTTO CIO’ CHE STA A MONTE.