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Master II Livello

MADIMAS
“Direzione e Management delle Aziende Sanitarie”

TESI IN

RISK MANAGMENT

Gestione proattiva de rischio clinico: applicazione della tecnica


FMEA/FMECA ad un una unità di Terapia Intensiva

Relatore: Candidato:
Chiar.mo Prof. Francesco Albergo Dott.ssa Pelucchi Giulia

ANNO ACCADEMICO 2015/2016


INDICE
Introduzione .......................................................................................................................... 3
Capitolo I: Nozioni di Risk Management ........................................................................... 6
1.1 Il Rischio clinico .......................................................................................................... 6
1.2 L’errore in medicina. ................................................................................................. 6
1.3 L’approccio sistemico ................................................................................................. 9
1.4 La gestione del rischio .............................................................................................. 12
1.4.1 Le fasi del Clinical Risk Management ............................................................... 14
1.5 Analisi Reattive e Proattive ..................................................................................... 14
1.5.1La FMEA/FMECA .............................................................................................. 20
1.5.2 Fmea in sanità .................................................................................................... 24
1.5.3 Applicare la FMEA/FMECA ............................................................................. 26
Capitolo 2: Applicazione Fmea nella Terapia intensiva ASST Monza ........................ 32
2.1 Metodo ....................................................................................................................... 32
2.2 Strumento di analisi dei dati .................................................................................... 34
2.3 Gruppo di studio ....................................................................................................... 34
2.4 Presentazione del progetto al gruppo di ricerca .................................................... 35
Capitolo 3: Analisi e discussione dei dati ......................................................................... 37
3.1 Comunicazione in terapia intensiva ........................................................................ 37
3.2 Prevenzione delle VAP ............................................................................................. 39
3.3 Gestione delle Infezioni da Stafilococco Meticillino Resistente ............................ 40
3.4 Gestione dei sistemi di monitoraggio ...................................................................... 43
3.5 Prevenzione delle lesioni da decubito...................................................................... 44
3.6 Discussione ................................................................................................................ 46
3.6.1 La Comunicazione in terapia intensiva ............................................................. 47
3.6.2 Prevenzione delle VAP ....................................................................................... 47
3.6.3 Gestione delle Infezioni da Stafilococco Meticillino Resistente ....................... 48
3.6.4 Gestione dei sistemi di monitoraggio ................................................................. 49
3.6.5 Prevenzione delle lesioni da decubito. ............................................................... 49
Capitolo 4: Conclusioni ...................................................................................................... 50
Allegato 1 ............................................................................................................................. 55
Allegato 2 ............................................................................................................................. 57
Allegato 3 ............................................................................................................................. 58
Allegato 4 ............................................................................................................................. 61
Bibliografia .......................................................................................................................... 65

2
Introduzione

Ogni persona che si avvale di prestazioni sanitarie è soggetta al rischio clinico ovvero
quel rischio legato alle prestazioni sanitarie stesse, infatti il tema dell’errore in
medicina è una realtà che interessa tutte le organizzazioni sanitarie di tutti i paesi del
mondo. Da quando è stato pubblicato nel 1999 negli USA il rapporto dell’Institute of
Medicine (IOM) “To Err is human: building a safer health system”1 la sicurezza del
paziente è diventata oggetto di campagne di stampa, programmi di progetti di
miglioramento di carattere nazionale e regionale e iniziative specifiche a livello locale
volti a ricercare, insieme all’efficienza e all’efficacia delle prestazioni erogate, anche
la sicurezza del servizio offerto. Assunto che l’errore è ineliminabile, è necessario che
ogni organizzazione sanitaria attivi sistemi per ridurre al minimo la possibilità che nel
corso dell’erogazione della prestazione sanitaria, si verifichino danni al paziente.

Questo può essere raggiunto introducendo e mantenendo attivo in azienda un sistema


per la gestione del “rischio” o Risk Management, inteso come l’insieme degli
strumenti, dei metodi e delle azioni, mediante cui si misura o si stima il rischio e
successivamente si sviluppano strategie per governarlo. È importante capire che
l’evento avverso non è quasi mai conseguenza di un singolo errore umano, ma il frutto
dell’interazione tra più fattori (tecnici, organizzativi, relazionali, ecc…). Pertanto ciò
che importa non è cercare “il colpevole”, qualcuno da punire, ma promuovere invece
l’analisi approfondita e la ricerca delle cause che hanno portato all’errore in modo da

1
HN, L. T., CORRIGAN, J., & DONALDSON, M. S. (2000). To err is human: building a safer health
system. Washington, D.C., National Academy Press

3
eliminare le carenze individuate nel sistema che ne hanno consentito il verificarsi e
far sì che non si ripresentino le stesse condizioni di rischio che hanno portato al danno.

Realizzare tutto questo significa promuovere una “cultura del rischio” fondata sulla
convinzione che gli errori rappresentano per ogni organizzazione, se adeguatamente
analizzati, preziose opportunità di apprendimento e di miglioramento.

Numerose sono le tecniche impiegabili per contenere i rischi: si distinguono in reattive


o proattive, le prime in risposta a eventi le seconde con l’obiettivo di prevenirli. Fra
le seconde per semplicità ed applicabilità emerge il Metodo FMEA/FMECA, che
consiste in una tecnica sistematica per identificare e prevenire problemi sui prodotti o
processi prima che essi insorgano. Utilizzata da oltre 30 anni in settori industriali quali
l’automobilistico, l’aviazione, il nucleare, ecc., è stata proposta dalla Joint
Commission 2alle organizzazioni sanitarie quale strumento per la prevenzione dei
rischi in ambito sanitario.

La FMEA (Failure Mode and Effect Analysis) è un’analisi di tipo qualitativo intesa a
definire quello che potrebbe succedere (il modo di guasto/errore) se si verificasse un
difetto, una omissione, un errore; la FMECA (Failure Mode and Critical Effect
Analysis) aggiunge un percorso di tipo quantitativo orientato all’assunzione di
decisioni operative coerenti. Nell’uso ormai quando si parla di FMEA si intende la
FMECA.

Questo lavoro si pone come obiettivo di eseguire una analisi secondo la metodologia
FMEA/FMECA delle attività infermieristiche in una unità di cura intensiva all’interno
di un ospedale universitario.

2
Joint Commission Standard LD 5.2 – Manuale per l’accreditamento - https://www.jointcommission.org/

4
L’idea di tale indagine nasce dalla mia esperienza lavorativa di 12 anni nel reparto di
rianimazione generale dell’ASST di Monza.

L’unità operativa, accoglie pazienti che necessitano di una assistenza intensiva poiché
una delle funzioni vitali è compromessa in modo critico.

La criticità della situazione, la necessità di interventi complessi e tempestivi, nonché


la presenza costante di personale in formazione sono tutti elementi che incrementano
il rischio clinico legato alle attività svolte, per questo si ritiene necessario identificare
in maniera sistematica i rischi con la tecnica FMEA al fine di poter individuare
soluzioni per quelli più critici.

Dopo una prima parte introduttiva che definisce il rischio clinico ed in particolare
esplicita la tecnica FMEA/FMECA il presente lavoro illustra la metodica di
formazione del gruppo di lavoro, presenta i dati raccolti e individua i rischio specifici
della struttura, classificandoli per priorità di intervento.

5
Capitolo I: Nozioni di Risk Management
1.1 Il Rischio clinico

Con “rischio clinico” si definisce la possibilità che un paziente subisca un “danno o


disagio involontario, imputabile, alle cure sanitarie, che causa un prolungamento del
periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte

Il Risk Management (RM) sanitario è definito come l’insieme di attività cliniche e


gestionali intraprese per identificare, valutare e ridurre i rischi per i pazienti, per il
personale, per i visitatori e i rischi di perdita economica e di immagine della struttura
sanitaria stessa3. O’ Donovan4 (1997) descrive il RM in sanità come il processo
tramite il quale un’organizzazione adotta un approccio proattivo per la gestione
dell’incertezza futura, tramite l’identificazione di metodi per il trattamento dei rischi,
associati a persone, proprietà, risorse finanziarie e immagine dell’azienda; un simile
processo richiede l’analisi sistematica di rischi attuali e potenziali e
l’implementazione di misure di controllo e di riduzione del rischio complessivo.

1.2 L’errore in medicina.


Quando si affronta il tema del rischio clinico è necessario soffermarsi a definire
l’errore e i possibili danni che ne possono derivare per il paziente. In letteratura è
possibile ritrovare molte definizioni di “errore” e di “evento avverso”. Tutte
condividono alcune caratteristiche sostanziali: l’errore è un’insufficienza del sistema
che condiziona il fallimento delle azioni programmate; l’errore è una “azione non

3
Perrella G., Leggeri R. “La gestione del rischio clinico. La sicurezza del paziente e la lotta agli sprechi nelle
strutture pubbliche e private” – Editore Franco Angeli - 2007
4
Margaret O'Donovan, (1997) "Risk management and the medical profession", Journal of Management
Development , Vol. 16 Iss: 2, pp.125 - 133

6
sicura” o una “omissione” con potenziali conseguenze negative sull’esito del processo
di cura; l’errore è un comportamento che può essere giudicato inadeguato da “pari” di
riconosciuta esperienza e competenza, al momento in cui il fatto si verifica,
indipendentemente se ci siano state o no conseguenze negative per il paziente.

L’errore può causare un evento avverso, cioè un evento indesiderabile che comporta
un danno al paziente non dovuto alle sue condizioni cliniche, ma correlato al processo
assistenziale.5 L’evento avverso è, quindi, per sua natura, indesiderabile, non
intenzionale, dannoso per il paziente; l’evento avverso derivato da errore è definito
“prevenibile”. Ai fini della identificazione delle misure di prevenzione da attuare,
grande importanza riveste non solo l’analisi degli eventi avversi, ma anche quella dei
quasi eventi o near miss.

Sono state proposte diverse classificazioni dell’errore in sanità con l’intento di


definire e condividere un lessico che consenta di individuare, in modo preciso e
inequivocabile, il tipo di insufficienza che si è manifestata nel sistema.

Una delle distinzioni più importanti è quella tra errore (o insufficienza) attivo ed errore
(o insufficienza) latente.

L’errore attivo è per lo più ben identificabile, prossimo, in senso spaziotemporale, al


verificarsi dell’evento avverso; spesso è riconducibile ad un’azione sbagliata
commessa da un operatore o ad un incidente, ad esempio il malfunzionamento di una
strumentazione.

5
HN, L. T., CORRIGAN, J., & DONALDSON, M. S. (2000). To err is human: building a safer health
system. Washington, D.C., National Academy Press

7
Gli errori latenti sono invece, per lo più, insufficienze organizzative-gestionali del
sistema, che hanno creato le condizioni favorevoli al verificarsi di un errore attivo.

La somministrazione di un farmaco sbagliato è un errore attivo commesso da un


operatore, facilmente identificabile come comportamento sbagliato che causa un
danno, ma è necessario ripercorrere tutte le fasi del processo di lavoro, per individuare
le circostanze che, direttamente o indirettamente, lo hanno reso possibile. Ad esempio,
nel caso di un errore di somministrazione farmacologica, potrebbero essere
identificati, come insufficienze latenti nel sistema: un sistema di prescrizione
trascrizione manuale della terapia, un sistema di conservazione dei farmaci che rende
possibile lo scambio di fiale, un insufficiente addestramento del personale. Alcuni
errori sono stati già riconosciuti come riconducibili alle caratteristiche delle
confezioni dei farmaci, ad esempio attribuzione di nomi facilmente confondibili,
dosaggi e vie di somministrazione equivocabili. In attesa di soluzioni preventive
generali, è necessario che ciascuna organizzazione adotti misure di tutela.

Solo attraverso opportune analisi è possibile identificare le cause di errore, attive e


latenti e ridisegnare i processi al fine di ridurre la probabilità che lo stesso errore si
ripeta. Se può essere relativamente semplice individuare l’errore attivo, può essere
invece piuttosto complesso individuare tutte le insufficienze latenti presenti nel
sistema: un errore nel sistema è molto probabile che induca una successione di altri
errori, “secondari” e consequenziali al primo. L’effetto degli errori secondari può
essere così evidente e rilevante da eclissare la gravità e la possibilità di identificare e
rilevare l’errore “primitivo”.

8
1.3 L’approccio sistemico
La maggior parte degli incidenti in organizzazioni complesse è generato
dall’interazione fra le diverse componenti del sistema: tecnologica, umana ed
organizzativa. All’inizio degli anni novanta uno psicologo, James Reason6 è riuscito
a spiegare ed illustrare efficacemente il problema degli errori nei sistemi complessi;
il suo modello, soprannominato del “formaggio svizzero” è utile per la comprensione
delle complessità e disomogeneità intrinseche al sistema.

I buchi nelle fette di formaggio rappresentano le insufficienze latenti che sono presenti
nei processi sanitari; quando si modificano più fattori che normalmente agiscono
come barriere protettive, i buchi si possono allineare e permettere il concatenarsi di
quelle condizioni che portano al verificarsi dell’evento avverso.

In sanità esistono due tipologie di rischio: un rischio di “impresa” intrinseco alle


tecnologie, ai meccanismi di produzione della organizzazione sanitaria e
proporzionale alla complessità del sistema e un rischio definito “rischio puro”, che
non è correlato alla complessità del sistema produttivo e dipende dal concatenarsi di
situazioni che favoriscono l’insorgenza di un evento avverso, esso non è prevedibile
o quantificabile.

In ambito sanitario sono molteplici i fattori che concorrono a definire il “grado di


rischiosità” del sistema, che possono essere schematicamente raggruppati nelle
seguenti classi:

a) fattori strutturali - tecnologici

6
Reason J. “Human error” Cambridge University Press – 1990 – 2007: 18° ristampa

9
• caratteristiche del fabbricato sanitario e della impiantistica (progettazione e
manutenzione)

• sicurezza e logistica degli ambienti

• apparecchiature e strumentazioni (funzionamento, manutenzione, rinnovo)

• infrastrutture, reti, digitalizzazione, automatizzazione

b) fattori organizzativo-gestionali e condizioni di lavoro

• struttura organizzativa (ruoli, responsabilità, distribuzione del lavoro)

• politica e gestione delle risorse umane: organizzazione, stili di leadership, sistema


premiante, supervisione e controllo, formazione e aggiornamento, carico di lavoro e
turni (che concorrono a determinare fatica e stress)

• sistema di comunicazione organizzativa

• coinvolgimento degli stakeholder

• aspetti ergonomici (tra cui si citano: postazione di lavoro, monitor, allarmi, rumore,
luce)

• politiche per la promozione della sicurezza del paziente: linee guida e percorsi
diagnostico-terapeutici, sistemi di segnalazione degli errori

c) fattori umani (individuali e del team)

• personale: caratteristiche individuali (percezione, attenzione, memoria, capacità di


prendere decisioni, percezione della responsabilità, condizioni mentali e fisiche,
abilità psicomotorie) e competenza professionale

10
• dinamiche interpersonali e di gruppo e conseguente livello di cooperazione.

Le risorse umane rappresentano il fattore di maggiore criticità. L’analisi dei processi


cognitivi, che sono alla base della “performance” decisionale, costituisce una delle
principali aree di valutazione nella gestione del rischio clinico. Analogamente vanno
considerate con estrema attenzione le modalità operative della équipe che concorre ad
un processo terapeutico, analizzando tutte le fasi decisionali e le dinamiche sottese.

La prestazione sanitaria è infatti sempre più un “prodotto” elaborato e complesso,


risultato di una pluralità di interventi specialistici; si citano ad esempio l’operato di
un’équipe chirurgica in camera operatoria, il percorso clinico di un paziente
oncologico, in cui diverse figure professionali (oncologo, patologo, chirurgo,
radioterapista, nutrizionista, medico di medicina generale, dietista e personale
infermieristico) devono integrarsi, scambiandosi informazioni critiche in modo
tempestivo ed efficace. Di conseguenza, l’efficacia della comunicazione
interpersonale ed il grado di collaborazione sono fattori critici per il buon esito degli
interventi e la riduzione dei rischi correlati

d) caratteristiche dell’utenza

• epidemiologia ed aspetti socio-culturali (aspetti demografici, etnia, ambiente


socioeconomico, istruzione, capacità di gestione delle situazioni, complessità e
compresenza di patologie acute e croniche);

• rete sociale.

e) fattori esterni

• normativa e obblighi di legge;

11
• vincoli finanziari;

• contesto socio-economico-culturale;

• influenze della opinione pubblica e dei media, delle associazioni professionali


e di pubblica tutela.

1.4 La gestione del rischio


Il termine “Clinical Risk Management (CRM)”, inteso nel senso più ampio, viene
quasi a coincidere con la clinical governance, in quanto per gestire effettivamente tutti
i rischi clinici è necessario intervenire attivamente ed estensivamente sul servizio
fornito e soprattutto su come esso viene fornito.

In senso più ristretto, il CRM si riferisce allo specifico processo di identificazione dei
rischi in campo clinico, di valutazione dei loro impatti potenziali e di approntamento
di tutte le misure per il controllo e la gestione delle conseguenze.

Il CRM può essere definito come un: “sistema di linee guida, protocolli, percorsi,
procedure e prassi organizzative e cliniche adottate all’interno di un ospedale per
ridurre le probabilità che si verifichino eventi e azioni potenzialmente in grado di
produrre effetti negativi o inattesi sullo stato di salute del paziente”7

In un'altra definizione, sovente riportata in letteratura, il CRM è definito come “un


approccio al miglioramento della qualità delle cure dedicato all’identificazione delle

7
Gregis, R. and Marazzi, L. (2003). Il risk management nelle aziende sanitarie. Milano: Angeli.

12
circostanze che mettono il paziente a rischio di danno e al controllo di queste
circostanze” 8

La gestione del rischio clinico è un processo sistematico di identificazione,


valutazione e trattamento dei rischi attuali e potenziali. Ha l’obiettivo di aumentare la
sicurezza dei pazienti, migliorare l’outcome ed indirettamente diminuire i costi,
riducendo gli eventi avversi prevedibili; è inoltre associato alla legalità e
all’accettabilità tecnica dei trattamenti sanitari. A questo scopo è necessario che le
aziende sanitarie, come da tempo avviene nelle organizzazioni dei settori industriali
come quello petrolchimico o aeronautico, analizzino gli eventi avversi utilizzando
tecniche di indagine rigorose, per giungere a rimuovere gli errori di sistema che sono
alla base di tali eventi. L’evoluzione delle tecnologie biomediche, la disponibilità di
nuovi e potenti farmaci e lo sviluppo di presidi e strumenti, hanno esteso enormemente
il limite dell’operabilità, consentendo oggi interventi fino a pochi anni fa impensabili,
ma portando inevitabilmente ad un maggior numero di rischi correlati. Il conseguente
aumento della complessità ha indotto all’utilizzo di sempre più completi e strutturati
sistemi di monitoraggio, per supportare il lavoro degli operatori. Da qui l’esigenza
sempre maggiore di verifiche e controlli sulle tecnologie, ma anche sulle procedure,
sull’organizzazione del lavoro e sulla continua formazione. Sulla base dell’esperienza
degli ultimi trent’anni maturata nel campo della sicurezza e dell’affidabilità delle
organizzazioni complesse, è necessario un intervento cosiddetto “sistemico” e
integrato per una gestione efficace del rischio clinico.

8
Marcon, 2003:16; Sentinel Event Progam: Annual report 2003-04: 33).

13
1.4.1 Le fasi del Clinical Risk Management

Le fasi fondamentali del processo di CRM corrispondono a quelle del generico


processo di RM

1. Identificazione dei rischi;


2. Valutazione e analisi dei rischi;
3. Trattamento dei rischi;
4. Monitoraggio del processo svolto.
La prima fase coincide con l’identificazione dei rischi mediante la ricostruzione del
profilo di rischio aziendale. Si apre successivamente la fase progettuale, durante la
quale la valutazione e la quantificazione dei rischi viene attuata per progettare le
misure e gli strumenti di gestione e di mitigazione. Il ciclo di pianificazione si chiude
con l’avvio della fase operativa, che prevede l’implementazione del programma
stabilito, il controllo e l’analisi dei feedback del processo attivato.

1.5 Analisi Reattive e Proattive

La metodologia di CRM può avvalersi di due fondamentali tipologie di analisi,


associate a due approcci opposti: l’analisi di tipo reattivo e l’analisi di tipo proattivo

A) L’analisi reattiva prevede uno studio a posteriori degli incidenti occorsi


nell’organizzazione ed è mirata ad individuare le cause che hanno condotto al loro
verificarsi. Si possono quindi correggere le aree dove si commettono più errori,
reagendo a conseguenze già avvenute. L’analisi reattiva va condotta a ritroso rispetto
alla sequenza temporale che ha generato l’evento avverso, per avere una ricostruzione
dei fattori di rischio intervenuti e il cui risultato finale sia mirato a conoscere le cause
organizzative che lo hanno generato.

14
B) L’analisi proattiva mira all’individuazione e all’eliminazione delle criticità del
sistema prima che l’incidente si verifichi ed è basata sull’analisi dei processi che
costituiscono l’attività e l’identificazione dei punti critici, con l’obiettivo di progettare
sistemi sicuri910. Per analisi di processo va intesa una metodologia qualitativa e
quantitativa integrata, mediante la quale si scompone il processo nelle sue diverse
attività (macro attività) e si analizzano i compiti che devono essere portati a termine
per concludere l’attività stessa. Per ogni compito si intercettano quindi gli errori che
si possono verificare in fase di esecuzione, al fine di identificare il rischio associato a
ciascuno di essi.

L’identificazione dei rischi assume un ruolo molto importante in ambito sanitario.


Questa fase risulta “estremamente complessa poiché richiede l’analisi di attività molto
diverse fra loro e, per ognuna di esse, competenze tecniche specifiche di elevata
professionalità”.11

La mappatura dei rischi è un’attività che richiede molto tempo e non può mai
considerarsi definitivamente conclusa.

Le principali tecniche reattive o proattive di identificazione e di analisi, utilizzati in


ambito sanitario sono: checklist, incident Reporting dati amministrativi ed
informativi, revisione cartelle cliniche, Root Cause Analysis, Fmeca

La checklist prevede una lista strutturata di domande o di elementi da indagare.

9
Reason, J. (2000). Human error: models and management. BMJ, 320(7237), pp.768-770.
10
Reason, J., Carthey, J. and de Leval, M. (2001). Diagnosing "vulnerable system syndrome": an essential
rerequisite to effective risk management. Quality and Safety in Health Care, 10(Supplement 2), pp.ii21-ii25.
11
Gregis, R. and Marazzi, L. (2003). Il risk management nelle aziende sanitarie. Milano: Angeli.

15
L’incident reporting è la modalità di raccolta strutturata delle segnalazioni su eventi
indesiderati. Esso fornisce una base di analisi per la predisposizione di strategie e
azioni di miglioramento per prevenire il riaccadimento di tali episodi in futuro. Questo
sistema, nato nel settore aeronautico per la segnalazione volontaria e confidenziale di
eventi da parte di piloti e controllori di volo, è stato importato da alcuni anni dai
sistemi sanitari anglosassoni, adattandolo alle organizzazioni sanitarie, con l’obiettivo
di migliorare la sicurezza del paziente. In ambito sanitario la raccolta delle
informazioni in riferimento a eventi avversi e/o near miss è un’attività la cui diffusione
è documentata a livello internazionale da oltre 25 anni, anche se con forme e obiettivi
molto differenti tra loro. Ad esempio, negli Stati Uniti fin dal 1975 la “Food & Drug
Administration” (FDA) ha istituito il sistema di raccolta delle segnalazioni riguardanti
le reazioni alle trasfusioni di sangue. Si ritiene comunque che il 1978 sia l’anno in cui,
per la prima volta in medicina, Cooper costruì un sistema di incident reporting in
anestesia adattato da quello esistente nel settore aeronautico, utilizzando la critical
incident tecnique.

La segnalazione da parte degli operatori di eventi significativi assume rilevanza e


utilità se viene effettuata e inserita in un approccio sistematico, il cui obiettivo
primario è il miglioramento della sicurezza per il paziente e per gli operatori nella
struttura sanitaria. I sistemi di segnalazione esistenti variano nello scopo, nel tipo di
informazioni raccolte, nel livello di confidenzialità, nel feedback prodotto e
nell’utilizzo delle informazioni raccolte. Si possono riscontrare anche differenze
nell’uso della terminologia: si parla di eventi avversi, eventi sentinella, reazioni
avverse, errori, eventi dannosi, incidenti, etc.

16
In generale si può comunque affermare che all’istituzione di sistemi di segnalazione
sono attribuite principalmente due funzioni: da una parte, la loro esistenza offre una
misura dell’affidabilità delle organizzazioni osservate (valenza esterna); dall’altra
fornisce informazioni a coloro che operano per il miglioramento dell’organizzazione,
in particolare nei suoi aspetti di sicurezza (valenza interna).

L’utilizzo dei database amministrativi è possibile, purché siano conosciute le


limitazioni inerenti alla qualità dei dati e le criticità connesse a modalità d’estrazione
e sintesi delle informazioni e delle interpretazioni dei risultati.

La revisione delle cartelle cliniche e della documentazione sanitaria in generale


rappresentano degli utili strumenti di identificazione dei rischi e rappresentano il
metodo più ampiamente utilizzato negli studi epidemiologici sulla sicurezza del
paziente12. Una cartella clinica concisa e ben organizzata, oltre a fornire degli elementi
utili in sede giudiziaria nel caso di denuncia di eventi dannosi, risulta ricca di
informazioni utili ad identificare quali sono stati gli errori che hanno portato
all’incidente. Di frequente, però, i medici tendono a sottovalutare questi aspetti e le
cartelle cliniche risultano spesso compilate con reticenza. Le cause delle compilazione
incompleta delle cartelle cliniche sono da ricercare nella noncuranza, nella
superficialità, nella mancanza di tempo e nella sottovalutazione del valore legale del
documento13. Sebbene quindi, dal punto di vista legale la cartella clinica e tutta la
documentazione sanitaria rappresentino una traccia reale dell’accaduto valida in sede

12
Novaco, F. and Damen, V. (2004). La gestione del rischio clinico. Torino: Centro scientifico editore.
13
Del Vecchio, M. and Cosmi, L. (2003). Il risk management nelle aziende sanitarie. Milano [etc.]: McGraw-
Hill.

17
giudiziaria, molti medici tendono ad essere superficiali e spesso non chiari durante la
loro compilazione. Dal punto di vista legale i punti di forza della cartelle clinica sono

- il momento in cui il documento è stato creato risulta generalmente antecedente alla


denuncia o al riconoscimento dell’evento avverso;

- la ricchezza di spiegazioni cliniche che la cartelle contiene (quando correttamente


compilata) spiega il motivo della scelta del professionista ed esplicita chiaramente il
suo pensiero;

- la presenza di dettagli e la completezza della cartella, dove si riporta tutto quanto


riguardi la prestazione fornita al paziente.

Da questi aspetti è facile comprendere che se la cartella clinica fosse ben compilata
ed il medico avesse seguito tutte le prassi normalmente accettate, essa risulterebbe
senza dubbio un valido strumento a favore del professionista

Nei servizi sanitari di molti Paesi, soprattutto di cultura anglosassone,


l’individuazione dei rischi mediante revisione delle cartelle cliniche viene effettuata
attraverso un’attività di audit. Il termine audit viene usato per descrivere “un’iniziativa
condotta da clinici che cerca di migliorare la qualità e gli outcome (ossia gli esiti)
dell’assistenza attraverso una revisione strutturata tra pari, per mezzo della quale i
clinici esaminano la propria attività ed i propri risultati in confronto a standard
espliciti, apportando le necessarie modifiche”14 La raccolta di informazioni,
necessarie per l’identificazione delle possibili cause che hanno portato
all’accadimento dell’evento rischioso, può avvenire sia su documentazione “chiusa”

14
Cinotti, R. (2004). La gestione del rischio nelle organizzazioni sanitarie. Roma: Il pensiero scientifico.

18
che su documentazione “aperta”, ossia in una fase temporale anche molto vicina, e a
volte praticamente simultanea, al realizzarsi dell’evento dannoso.

5. La Root Causes Analysis (RCA) costituisce il principale strumento applicabile nella


fase di analisi nel processo di gestione del rischio. È una metodologia applicata allo
studio dei fattori causali di un evento avverso, o più in generale, di un incidente. La
RCA rappresenta quindi un’indagine strutturata che ha lo scopo di identificare la
causa vera di un problema, e le azioni necessarie ad eliminarla15

L’analisi non si limita infatti a individuare l’errore o le mancanze più prossime


all’evento, ma mira ad analizzare l’intero processo che ha generato l’evento stesso.

Gli input della RCA sono le informazioni raccolte nella fase di identificazione del
rischio, ad esempio attraverso la segnalazione di eventi di interesse (incident
reporting), mentre gli output sono rappresentati dalle indicazioni in merito al
trattamento dei rischi individuati. L’attività intermedia a valore aggiunto consiste
nell’identificazione delle ragioni per cui un evento si è verificato (fattori determinanti
e causa radice), nella valutazione della possibilità di intervenire attraverso azioni
concrete e mirate e, in definitiva, nella pianificazione di una strategia adeguata a
prevenire il ripetersi dell’incidente. L’obiettivo principale di questa metodologia è
arrivare a comprendere in modo approfondito che cosa è successo, perché è successo
e che cosa si può/deve fare per evitare che si ripeta (

Le tre parole chiave sono quindi:

- causa basilare: le ragioni all’origine della concatenazione di circostanze per cui un


evento è accaduto e sulle quali sia possibile intervenire per prevenirne il

15
Andersen, B. and Fagerhaug, T. (2001). Root cause analysis.

19
riaccadimento (ricordare a un operatore di stare attento non evita la possibilità che un
evento accada);

- identificazione ragionevole: l’indagine deve ricostruire il quadro della situazione in


cui si è generato l’evento, rispettando tuttavia tempi e costi idonei;

- controllo del management: l’indagine deve mettere in evidenza le possibili azioni di


intervento da parte del management aziendale (non ha senso proporre soluzioni non
esistenti, o su cui il manager non ha competenza).

Va ricordato che il termine causa ha un’accezione in ambito giuridico che può


confondere ad un primo approccio, poiché tende ad assimilare la ricerca della
responsabilità individuale al nesso causale tra gli eventi (i quali, in base alla
concezione naturalistica prevalente nella giurisprudenza, sono ritenuti l’effetto
naturale della condotta umana, e vengono considerati rilevanti quando connessi a
interessi tutelati dalle norme). Nell’analisi di un processo, viceversa, il fattore causale
è ciò che, anche in concomitanza con altri fattori causali, porta a un esito inatteso del
processo stesso.

L’applicazione della tecnica RCA incoraggia la ricerca di più cause, su cui identificare
appropriate azioni preventive e migliorative. Alla luce di queste considerazioni, si può
affermare che la causa radice è una causa profonda, che generalmente non si ritrova
nell’ambito delle circostanze immediate dell’evento.

1.5.1 La FMEA/FMECA
L’acronimo FMEA significa Failure Mode and Effect Analysis, che si potrebbe
tradurre con la frase “Analisi dei modi di guasto/errore e dei loro effetti”.

20
La FMECA, Failure Mode and Effect Criticality Analisys (“Analisi critica dei modi
di guasto/errore e dei loro effetti”) aggiunge un percorso di valutazione orientato
all’assunzione di decisioni operative coerenti. La FMEA è un’analisi di tipo
qualitativo, la FMECA aggiunge valenze quantitative. Nell’uso, ormai, quando si
parla di FMEA si intende la FMECA.

Nelle definizioni tecniche il “modo di guasto” rappresenta quello che potrebbe


succedere se si verificasse un difetto in un componente, un’omissione o un errore in
un’attività, ecc. Il “guasto” invece è l’effettivo allontanamento del componente o
dell’attività da quelle che sono le specifiche del progetto o del processo.16

La FMEA-FMECA è quindi una tecnica previsionale nata una quarantina di anni fa


negli Stati Uniti, utilizzata in campo missilistico e nella valutazione dell’affidabilità
(reliability) di strumenti elettronici. L’uso di tale tecnica si è poi esteso ad altri campi,
in particolare quello automobilistico. Il Comitato elettrotecnico internazionale (IEC)
ha prodotto una norma (812/1985) per codificarne l’uso. In Italia la FIAT – Iveco, con
altri suoi partner, ha pubblicato nel 1998 linee guida per la sua adozione nel proprio
contesto operativo.

Queste tecniche formalizzano un processo mentale normalmente adottato dai


progettisti, che si pongono implicitamente alcune domande tipiche e agiscono
reattivamente alle risposte che si danno.

• Quali sono i punti deboli del mio progetto?


• In che punto del processo produttivo è più probabile che si verifichi un guasto?

16
Si ricorda che “difetto” è il non soddisfacimento di un requisito o di una ragionevole aspettativa in
relazione a un’utilizzazione prevista, incluso quanto connesso alla sicurezza (ISO 8204, 1995).

21
• Quale dei possibili guasti del prodotto potrebbe essere eliminato - o la sua
probabilità di accadimento ridotta - modificando il progetto?
 Quali danni potrebbero derivare all’utilizzatore o al produttore se si verificasse
un guasto nel processo di produzione o nel prodotto?
• Quale modifica è la più urgente?
• Quale la più conveniente?
Il progettista si pone queste domande partendo dall’oggetto progettato, e continua a
porsele mentre scompone ed esamina una a una tutte le sue parti costitutive.

La FMEA non è una tecnica di problem solving; può tuttavia essere applicata anche a
posteriori su un prodotto e su un processo di lavoro, soprattutto se non lo si è fatto
preventivamente, per evidenziarne punti critici e classificarli per priorità prima di
intervenire con gli strumenti del miglioramento continuo. Può inoltre essere ripetuta
per sottolineare cambiamenti nelle valutazioni per effetto delle modifiche delle
conoscenze teoriche o dell’esperienza del prodotto/servizio.

La formalizzazione della valutazione si ottiene attraverso:

• la standardizzazione del processo valutativo;

• l’ancoraggio dello stesso al punto di vista dell’utilizzatore (cliente interno e finale);

• il ricorso a gruppi multidisciplinari di esperti.

Si distingue fra FMEA di progetto e FMEA di processo, ma la distinzione aggiunge


poco alla comprensione dei passi da svolgere, anche se cambiano l’oggetto di
osservazione, gli obiettivi e i supporti tecnici utilizzati nell’analisi dei modi di guasto/
errore.

22
In generale, il risultato che ci si attende dall’applicazione della FMEA al progetto è
l’abbassamento del rischio di difetti/errori in un bene o in un servizio determinati da
una mancata o errata considerazione delle possibilità di guasti/errori nella fase di
progettazione. Prendendo in considerazione preventivamente tutti i possibili modi di
guasto/errore, la FMEA consente di valutare obiettivamente il progetto e le sue
alternative, di prevedere prove e controlli, e fornisce un riferimento su cui confrontare
il comportamento successivo, “reale” del prodotto. Quando si applica questa analisi
al progetto, il punto di riferimento è il cliente finale. Quanto ai supporti, oltre alla
competenza specifica dei professionisti chiamati a realizzarla, hanno particolare
importanza quanto emerge dalla letteratura tecnica sull’argomento, le risultanze di
esperienza su prototipi o sperimentazioni, dati desunti da approcci similari.

Nella FMEA di processo l’obiettivo è abbassare il rischio di difetti/errori in un bene


o in un servizio per effetto di operazioni o attività mal eseguite o non eseguite nel
corso del processo di produzione/erogazione. L’analisi prende in considerazione
preventivamente tutti i possibili errori di esecuzione del processo e permette così di
inserire prove e controlli, sviluppare procedure, predisporre contromisure quali
istruzioni per l’uso o gestione dei reclami. Nel caso della FMEA di processo, il cliente
è sia quello finale sia quello intermedio.

23
1.5.2 Fmea in sanità
In sanità la tecnica comincia ad essere applicata come strumento della gestione del
rischio17. Si conoscono alcune applicazioni documentate in letteratura18; la Joint
Commission19 ha introdotto nel proprio manuale per l’accreditamento 2001
Standard LD.5.2
• Identificare e dare priorità ai processi ad alto rischio
• Selezionare annualmente almeno un processo ad alto rischio
• Identificare i potenziali modi di guasto/errore
• Per ogni modo di guasto o errore identificare i possibili effetti
• Per gli effetti più critici condurre un’analisi delle cause alla radice
• Ridisegnare il processo per minimizzare il rischio di quel modo di guasto/errore
o per proteggere il paziente dai suoi effetti
• Sperimentare e applicare il processo ridisegnato
• Identificare e applicare misure di efficacia
• Applicare una strategia per mantenere nel tempo l’efficacia del processo che si è
ridisegnato

alcuni requisiti che altro non sono che gli step della FMEA applicati
all’organizzazione di erogazione delle cure, e anche in Italia hanno cominciato a
diffondersi esperienze pilota di applicazione in ambito sanitario.20

17
Chiozza ML, Ponzetti C. FMEA: A model for reducing medical errors. Clin Chim Acta. 2009;404:75–8.
18
Stamatis, D. H., Failure Mode and Effect Analysis: FMEA from Theory to Execution, Amer Society for
Quality (2003)
19
Joint Commission Standard LD 5.2 – Manuale per l’accreditamento - https://www.jointcommission.org/
20
Catelani M., “Analisi FMEA per una misura della qualità percepita in un Servizio sanitario assistenziale”,
De Qualitate, anno IX, n. 3, 2000.

24
L’amministrazione dei Veterani degli Stati Uniti (Department of Veteran Affairs), in
collaborazione con il National Center for Patient Safety (NCPS) ha introdotto la sigla
21
HFMEA per indicarne le applicazioni al contesto sanitario e definisce la tecnica
come “una valutazione prospettica che identifica e migliora step di processo in modo
tale da assicurare ragionevolmente un outcome sicuro e clinicamente desiderabile”.

Essa può tuttavia essere considerata anche un approccio logico-sistemico per


identificare e prevenire problemi di processo e di prodotto prima che essi si
verifichino, se applicata diffusamente e sistematicamente all’intera organizzazione.

In estrema sintesi le fasi metodologiche della FMEA sono:

• identificazione dell’oggetto di analisi (prodotto/servizio, processo, ovvero parti o


componenti degli stessi);

• identificazione/descrizione delle attività a esso connesse;

• identificazione delle modalità di guasto/errore;

• analisi e determinazione dell’indice di priorità del rischio;

• identificazione delle azioni (preventive/migliorative/correttive) e delle misure per i


risultati attesi.

21
DeRosier J., Stalhandske E., Bagian J.P., Nudell T., “Using Health Care Failure Mode and Effect
analysis™: The VA National Center for Patient Safety’s Prospective Risk Analysis System”, The Joint
Commission Journal on Quality Improvement, 27 (5): 248-267, 2002.

25
1.5.3 Applicare la FMEA/FMECA
È opportuno che nel gruppo che sviluppa l’analisi siano rappresentati tanti esperti
quante sono le competenze che significativamente entrano in gioco nell’effettiva
produzione/erogazione.

L’analisi può essere effettuata avendo a riferimento l’intero prodotto finito (bene o
servizio) o sue parti e componenti; analogamente può essere analizzato tutto il
processo di produzione/erogazione o sue parti.

Se l’oggetto di analisi è molto complesso, è possibile affrontarlo dapprima in generale


e successivamente effettuare l’analisi di dettaglio scomponendo il processo nelle
attività costitutive.

La tecnica segue uno schema preciso:

26
Figura 1: Step applicazione Fmea
Per prima cosa viene descritto il corretto svolgimento delle attività necessarie a
realizzare il servizio o il corretto funzionamento del bene. In riferimento a ciò
vengono elencati:

• tutti i possibili modi di errore/guasto,

• i loro effetti,

• le cause potenziali.

L’analisi qualitativa (FMEA propriamente detta) termina a questo punto e da qui in


poi si possono cominciare a valutare le criticità.

Il secondo elemento da considerare, cioè gli effetti del guasto, per quanto riguarda le
applicazioni del metodo nelle organizzazioni sanitarie vengono descritti - a partire dal

27
punto di vista del paziente - sulla base dell’esperienza e delle conoscenze disponibili
in letteratura. Tali effetti possono essere minimi o arrivare fino a eventi catastrofici,
come la morte o gravi danni funzionali. In questa fase dell’analisi vengono
contemplati tutti gli effetti, anche se di minima gravità.

Il terzo elemento da considerare è la possibile causa del modo di errore/guasto. Anche


in questo caso è fondamentale la competenza degli esperti e l’accesso alle
informazioni: si tratta infatti di un’operazione che viene realizzata facendo ricorso a
forti componenti soggettive.

Si procede poi con l’analisi quantitativa: i tre elementi analizzati vengono ora presi in
considerazione associandovi un giudizio di valore su criteri predefiniti, costruito su
una scala che va da 1 a 10, che permetterà di calcolare un indice di priorità del rischio
(IPR).

Vengono considerate:

• la probabilità che si verifichi la causa del modo di errore/guasto (e quindi del guasto);

• la gravità degli effetti dell’errore/guasto;

• la rilevabilità dell’errore/guasto.

Mentre nel caso della gravità degli effetti e della probabilità di accadimento
dell’errore, la scala viene utilizzata in modo proporzionale da 1 a 10, nel caso della
rilevabilità essa viene utilizzata in modo inverso, attribuendo valori tanto più alti
quanto più è difficile l’individuazione (e quindi la possibilità di controllo)
dell’errore/guasto.

28
Una volta assegnato a ciascun elemento il proprio punteggio, l’IPR si calcola come il
prodotto dei tre parametri considerati. Esso può assumere il valore massimo di 1.000
(10x10x10: prodotto dei punteggi massimi delle scale) e il valore minimo di 1
(1x1x1:prodotto dei punteggi minimi delle scale).

Figura 2: The factors included in the risk priority number calculation and their rating scale

29
Figura 3: probabilità di errore

Figura 4: gravità dell'errore

30
Figura 5: Rilevabilità dell'errore

I punteggi, presi singolarmente, hanno poco significato; il prodotto dei tre giudizi,
invece, rappresenta con discreta approssimazione gli elementi più critici del progetto
o del processo, come si è dimostrato in ormai una cinquantina di anni di esperienza di
uso di questa tecnica.

Il fatto che essa venga utilizzata da un gruppo di lavoro multidisciplinare che deve
raggiungere il consenso nell’assegnare i punteggi modera gli aspetti negativi della
soggettività delle valutazioni, e il risultato costituisce un buon materiale per assumere
decisioni.

Gli IPR ottenuti vengono ordinati in modo decrescente: la soglia di IPR fino alla quale
si interviene dipende da considerazioni da effettuare in loco. Si dovrebbe intervenire
tuttavia sugli IPR più alti, indipendentemente dal loro valore assoluto.

Una volta individuati i punti critici, si agisce su di essi con gli strumenti del problem
solving, raccogliendo dati e informazioni specifici e progettando gli interventi
preventivi più opportuni.

31
Capitolo 2: Applicazione Fmea nella Terapia Intensiva ASST
Monza

Nelle unità di cura intensiva la mortalità dei pazienti si aggira intorno al 25%, ma
aumenta al 40% se consideriamo i pazienti che hanno avuto complicanze legate alle
cure sanitarie.22
Questa è la motivazione che dopo 12 anni di lavoro mi ha spinto a condurre questo
tipo di ricerca.

2.1 Metodo
Questa ricerca è uno studio descrittivo che definisce e analizza i fallimenti di alcuni
processi tipici della terapia intensiva attraverso FMEA.
Come evidenziato dalla letteratura è necessario che facciano parte del gruppo di studio
tutti professionisti sanitari che compongono l’equipe della terapia intensiva generale.
Il coinvolgimento sarà su base volontaria ed escluderà le persone in fase di formazione
poiché è necessaria competenza ed esperienza per poter condurre l’analisi in tutti i
suoi step ( cause dei modi di errore, gravità, frequenza , ecc..)
Secondo l'approccio qualitativo FMEA, i dati della ricerca sono stati raccolti
attraverso l'osservazione, il brain storming e i focus group.
La raccolta dati si è articolata in cinque fasi:
1. Processo di studio: processi di terapia intensiva sono stati selezionati, e
raggruppati in macro aree, sono state scelte le 5 aree più rappresentate
2. Identificazione degli errori: le potenziali modalità di guasto e gli effetti sono
stati definiti per ogni attività ed elencati

22
Singer M, Little R. ABC of intensive care. Cutting edge. BMJ. 1999;319:501–4

32
3. Tutti questi fallimenti sono stati segnati dai membri del team FMEA sulla base
di tre criteri: Gravità (S), Frequenza (O) e Rivelabilità (D); assegnando un
23
punteggio da 1 a 10, secondo quando definito dalla tabella in figura 6.

Figura 6: puntaggi Gravità , frequenza rilevabilità

23
Yousefinezhadi T1, Jannesar Nobari FA, Behzadi Goodari F, Arab M Glob; A Case Study on Improving
Intensive Care Unit (ICU) Services Reliability: By Using Process Failure Mode and Effects Analysis
(PFMEA). J Health Sci. 2016 Sep 1;8(9):52635. doi: 10.5539/gjhs.v8n9p207.
.

33
Per ogni modalità di guasto è stato calcolato il RPN moltiplicando i punteggi dei
tre criteri
4. Dare la priorità di fase: tutti i guasti sono stati valutati ordinati sulla base di
RPN . Sono stati così definiti i guasti a maggior rischio o modi di guasto non
accettati
5. Analisi dei modi di errore e stesura di un piano correttivo

2.2 Strumento di analisi dei dati

Per poter agevolmente inserire, confrontare, ed accedere ai dati si è scalto di utilizzare


il . “Failure Modes and Effects Analysis (FMEA) Tool”24 messo a disposizione dal
l’Inistute of Healthcare Improvement25. Tale scelta ha reso necessario adottare la
lingua Inglese anche al fine di rendere possibile un futuro confronto con realtà estere.
Questa applicazione web accessibile ad ogni operatore sanitario previa registrazione
permette di inserire tutti i dati necessari all’analisi del processo in database già
precostituiti offrendo inoltre la possibiltà di aggiornare gli stessi in ogni momento, di
variarli nel tempo e di confrontarli.

2.3 Gruppo di studio


Il gruppo di studio è risultato composto da 5 persone scelte secondo i criteri sopra
elencati:

24
http://app.ihi.org/Workspace/tools/fmea/
25
http://www.ihi.org/

34
Tabella 1: caratteristiche gruppo di ricerca
Componente Anni Ruolo Anni di Titolo di studio
esperienza

1 35 Infermiera di ricerca 12 Laurea specialistica

2 44 Coordinatore 23 Diploma
infermieristico Professionale

3 50 Responsabile Medico 17 Laurea a ciclo unico


4 34 Infermiera 8 Laurea Triennale
5 37 Medico 4 Laurea a ciclo unico

Le persone identificate hanno tutte aderito al progetto, sono state presenti ai due
incontri preliminari alla ricerca che sono stati effettuati ( ciascuno della durata di circa
2 ore).

2.4 Presentazione del progetto al gruppo di ricerca


Durante il primo incontro svolto presso la biblioteca del servizio di Anestesia e
Rianimazione dell’ASST di Monza ( 15 luglio 2016) sono stati presentati brevemente
i concetti base del risk management (poiché tutti i membri erano già competenti in
materia), a seguire è stato descritto dettagliatamente il metodo FMEA/FMECA sia dal
punto di vista teorico che nelle sua fase applicativa già declinata alla realtà in oggetto
.
Si è chiesto ai partecipanti di partecipare ad un secondo incontro a distanza di una
settimana (22 luglio 2016) al fine di rivedere gli step da seguire e di definire le macro
aree di analisi.

35
Durante il secondo incontro, dopo aver verificato la comprensione delle basi teoriche
è stata stimolata la discussione sulle macro aree di intervento che sono state approvate
se proposte o se validate da almeno 3 membri.
I processi individuati sono:
1. Comunicazione in terapia intensiva
2. Prevenzione delle VAP
3. Gestione delle Infezioni da Stafilococco Meticillino Resistente
4. Gestione dei sistemi di monitoraggio
5. Prevenzione delle lesioni da decubito.
Alla unanimità si è scelto di non includere in questo progetto di ricerca tutto ciò che
riguarda la terapia farmacologica e le procedure diagnostiche poiché problemi non
prettamente assistenziali, che riguardano competenze interprofessionali e che
necessitano di trattazione a sé stante.

36
Capitolo 3: Analisi e discussione dei dati
L’identificazione delle modalità di errore per i 5 cinque processi :
1. Comunicazione in terapia intensiva
2. Prevenzione delle VAP
3. Gestione delle Infezioni da Stafilococco Meticillino Resistente
4. Gestione dei sistemi di monitoraggio
5. Prevenzione delle lesioni da decubito.
è stata effettuata da ciascun membro del gruppo di studio e rivista a piccoli gruppi
entro il mese di ottobre 2016.
Nei mesi di novembre e sino alle metà di dicembre sono stati assegnati i valori per
determinare l’RPN ed individuate le azioni correttive.
L’intera verifica e successione dei dati nel Failure Modes and Effects Analysis
(FMEA) Tool fruibile attraverso il sito internet dell’Institute of Health Care
Improvement 26 è stato eseguito fra il 15 e il 23 dicembre 2016.
Dall’inserimento dei dati è stato possibile estrarre report dettagliati in allegato
(Allegato 1, 2,3,4,5) in cui sono elencati tutti i modi di errore, l’RPN e le azioni
necessarie.

3.1 Comunicazione in terapia intensiva


Il processo appartenente la prima macro aerea analizzata è stata la comunicazione in
terapia intensiva. (Allegato 1).

26
http://www.ihi.org/

37
L’obiettivo è quello di migliorare in terapia intensiva la comunicazione fra gli
operatori sanitari e il team interdisciplinare al fine di migliorare la cura del paziente,
gli outcomes e la soddisfazione.
Sono stati identificati 10 step nel processo comunicativo (Tabella 2).
Tabella 2: Step del processo di comunicazione ordinati per numero di modi di errore per RPN

Failure Total
Step Description
Modes RPN*
Pertinent information, critical
9 information/orders, and issues to 2 122
be addressed are placed in EHR.

Bedside nurse gives brief update


3 1 105
of patient's clinical condition.
Verbalization/agreement on what
provider is responsible for
8 1 81
various aspects of patient
care/orders.
Bedside nurse announces any
4 concerns from nurse, patient, or 1 72
family for team to address.
Physician states any pertinent
5 information, critical orders and 1 18
interventions.
Grand rounds take place at
1 bedside or around patient's 1 15
room.
Attending physician, nurse,
2 charge nurse, pharmacist, and 1 15
relevant personnel attend.
Team agrees on short term and
6 1 9
long term goal for patient care.
Team members give input on
7 1 9
steps to achieve stated goal.
C hecklist is visible to all
10 providers in EHR, expectations
are conveyed clearly.

Dopo aver assegnato a ciascuno step l’RPN è stato calcolato quello totale del processo
pari a 446 e sono stati identificati i modi di errore con l’RPN più elevato (Tabella 3).

38
Tabella 3: Modi di errore con l'RPN più alto nel processo comunicativo

Step Fail Mode Occ Det Sev RPN*


Nurse omits important
3 3 5 7 105
information.
C hecklist/critical information is
9 ignored/missed by a provider or 3 3 10 90
care team member.
Step omitted or
8 incompletely/incorrectly 3 3 9 81
addressed.
Point of concern omitted or
4 3 8 3 72
unheard by team.
Not placed in EHR after grand
9 2 2 8 32
rounds, or not complete.
5 Inadequate or incorrect orders. 1 2 9 18
1 Grand rounds are skipped. 3 1 5 15
One or more pertinent members
2 5 1 3 15
do not attend.
6 Step omitted. 3 1 3 9
Step omitted by all or part of
7 3 1 3 9
team.

3.2 Prevenzione delle VAP


Il secondo processo analizzato è stata la prevenzione delle polmoniti associate a
ventilazione in terapia intensiva. (Allegato 2).
Lo scopo dell’analisi dei modi di errore nel processo è quello di riporre i modi di
errore nell’applicazione del VAP Bunble ( Score Clinico ) per ridurre le polmoniti
associate a ventilazione.
Sono stati identificati 4 step nel processo ( Tabella 4)
Tabella 4: Tabella 4: Modi di errore nell'applicazione del Vap Bundle ordinati per RPN
Step Fail Mode Occ Det Sev RPN*

2 check list not maintained 8 9 9 648

1 ead not maintained up 8 8 10 640

39
Step Fail Mode Occ Det Sev RPN*

4 not checked hourly 8 5 7 280

3 Rounds dont take place daily 5 2 7 70

Per ciascuno step è stato identificato un solo modo di errore per cui ordinando gli step in
ordina decrescente di RPN cumulato otteniamo quanto riportato dalla tabella 5.

Tabella 5: Applicazione del Vap Bunble: elenco degli step ordinati per RPN
Failure Total
Step Description
Modes RPN*
nursing checklist to maintain head
2 1 648
end up
head end of bed up 30- 45
1 1 640
degrees
check list with hourly times to
4 1 280
check on head up
multidisciplinary rounds to assure
3 1 70
head up

L’RPN totale del processo è pari a 1638, suddiviso in 4 modi di errore di cui 2 con un RPN
superiore a 600 ed uno pari a 70.

3.3 Gestione delle Infezioni da Stafilococco Meticillino Resistente


Il terzo processo identificato è la gestione delle infezioni da Stafilococco Meticillino
Resistente (MRSA), sono stati identificati 14 step nel Processo (Allegato 3).
Lo scopo dell’analisi dei modi di errore è quello di ottenere una miglior gestione dei
pazienti colonizzati/infetti da MRSA riducendo l’RPN che per il processo nella
globalità è pari a 2723.
La tabella 6 riporta i modi di errore ordinati secondo valori di RPN decrescente.

40
Tabella 6: Modi di errore nella gestione dell'MRSA ordinati per RPN decrescente
Step Fail Mode Occ Det Sev RPN*
Report of Gram positive cocci
which are coagulase positive not
13 9 8 9 648
recognized as significant by
nursing staff.
Questionnaire: patient does not
provide correct information to
3 8 8 9 576
prior history of MRSA infection
question.

Admitting nurse does not


recognise the common
community presentations of
MRSA infections, specifically skin,
3 soft tissue presentations, and the 8 8 9 576
frequency of patients with
previously treated CAP, now
presenting with purulent sputum
(esp. yellow) prove to h

Clinical Laboratory Scientist


practice of reporting coagulase
13 5 9 9 405
results on the subculture
preliminary report are variable.
ED or MD office information does
not include specific infection
2 transmission risk information 9 7 4 252
(whether or not related to
primary diagnosis).

1 Specimen not collected per order. 4 4 4 64

Human eye may not recognize


6 1 5 10 50
MRSA colonies.
disagreement between data on
4 2 2 10 40
label and actual specimen
Delay in performing follow-up
Gram's stain, this delays
subsequent plating: leads to
10 3 1 8 24
shorter incubation time before
routine reading of incubated
plate.
11 Delay in reading Gram's stain 4 1 6 24
Delay in receiving or loading
9 2 2 5 20
bottle.
7 Miss + MRSA colony. 1 1 10 10
8 Failure to grow 1 1 10 10
Plating of specimen process
5 omitted; specimen does not 1 1 9 9
progress to incubation.
12 Failure to reload bottle. 1 1 8 8

41
Step Fail Mode Occ Det Sev RPN*
Nursing documentation does not
specify when within a 12-hour
14 7 1 1 7
shift recognition of need for
patient isolation occurred.

Se invece ordiniamo gli step del processo di gestione dell’MRSA per RPN
decrescente (Tabella 8) vediamo che due sono quelli di maggior rilievo con un RPN
superiore a 1000, uno è intermedio ( Step 2 paria a 252 ) e i rimanenti 9 sono tutti
inferiori a 100.
Tabella 7: Step del Processo di gestione dell'MRSA ordinati per RPN decrescente
Failure Total
Step Description
Modes RPN*
Nursing admission process,
3 infection transmission risk 2 1152
sections
Subculture testing: identification
13 of GPC, coagulase negative 2 1053
organism
Nursing Supervisor bed
2 1 252
assignment process
1 ED Specimen collection process 1 64

Lab-replating (mixed):
6 1 50
Identification of suspect colonies

Lab-plate specimen: match label


4 1 40
to specimen
Lab-ID MRSA in blood: Alarm
10 1 24
activation

Lab-ID MRSA in blood: Gram's


11 1 24
stain read and notification to floor

Lab ID MRSA in blood: receive


9 1 20
and load bottle
Lab-replating(mixed): Isolation of
7 1 10
suspect colony
Lab-replating (mixed): Grow
8 1 10
organism
Lab-plate specimen: plate
5 1 9
specimen
Lab-ID MRSA in blood: Gram's
12 stain negative post alarm 1 8
activation
Identification of isolation
14 1 7
initiation time

42
3.4 Gestione dei sistemi di monitoraggio
Il quarto processo analizzato riguarda la gestione dei sistemi di monitoraggio in
terapia intensiva. Questo processo si articola in 7 step per un RPN totale pari a 790.ù
La Tabella 8 riporta gli step del processo ordinati per RPN decrescente.
Tabella 8: Elenco degli Step del processo di gestione dei sistemi di monitoraggio ordinati per RPN
decrescente
Failure Total
Step Description
Modes RPN*
Confirm and change Alarm
5 3 414
Parameters
3 Attach Leads 2 114
Attach Invasive Pression
4 3 82
Monitoring
1 Admit to monitoring 4 46
7 Discontinue Alarm 1 24
Removal of Alarm for Patient
6 1 6
Testing off unit
Edit of patient name on side
2 1 4
monitors

Considerando i modi di errore con RPN più elevato ( Tabella 9) i modi di errore dello
step 5 ( Confermare e cambiare i parametri di allarme) sono quelli con un RPN più
elevato e superiore a 100
Tabella 9: elenco dei modi di errore nel processo di gestione dei sistemi di allarme per ordina di RPN
decrescente
Step Fail Mode Occ Det Sev RPN*
Alarm parameters are not
5 5 9 5 225
communicated during handoff.
Alarm parameters are not
5 adjusted as the patients 3 9 5 135
condition changes.
Patient cannot be properly
3 monitored if chest is not 10 1 6 60
prepared properly.
3 Wrong placement of leads 9 1 6 54
Patient is not properly
5 2 9 3 54
monitored.

43
Step Fail Mode Occ Det Sev RPN*
Patient cannot be properly
4 monitored if the canulas are not 10 1 5 50
properly working
Alarms are not discontinued by
7 following the nursing policy for 3 8 1 24
discontinuation of alarms.
Patient cannot be properly
4 monitored if the Monitoring set 5 1 4 20
is not correctly assembled
Old patient never discharged
1 9 1 2 18
out of the monitoring system.
EICU cannot visualize the
patient on their monitor if the
1 patient has not been entered 2 1 8 16
into the Meditech system
correctly.
values of the pression are over/
4 6 1 2 12
under stimetes

When a patient is transferred


into the hospital from another
1 facility the same admission 8 1 1 8
process is not followed until the
patient is already in the bed.

6 Patient improperly monitored. 2 1 3 6


Admission to the ICU as a
"Direct Admission" as a
1 Telemetry patient when there 4 1 1 4
are no floor Telemetry beds
available.
Breech of Confidentiality if not
2 4 1 1 4
done.

3.5 Prevenzione delle lesioni da decubito


L’ultima analisi riguarda il processo di prevenzione delle lesioni da decubito che è
stato scomposto in 9 step (Allegato 5). Lo scopo di questo processo è quello di ridurre
del 25% l’RPN nei 6 mesi seguenti applicando un piano strutturato di prevenzione
delle lesioni da decubito.
L’RPN globale è 2159 e l’obiettivo è di ridurlo almeno a 1620 in 6 mesi.

44
La tabella 9 mostra, ordinati per RPN decrescente, gli step del processo di gestione
delle Lesioni da Pressione o Decubito (Ldp), ridurre la pressione di contatto del
amterasso e girare il paziente ogni due ore sono gli step che hanno i RPN più elevati.
Tabella 10: Step del processo di riduzione incidenza LdP ordinati per RPN
Failure Total
Step Description
Modes RPN*

Consider pressure reducing


4 1 648
mattress

Turn and check skin at least


8 every two hours using 2 516
apporpriate device(s)
Thorough skin assessment done
2 2 257
upon admission
Consider nutrition and or wound
3 1 200
care nurse consults
RN to inspect patients skin each
5 2 160
shift
Initiate wound care protocol if
7 1 150
necessary
1 Provide patient education 1 120
9 Keep patients skin dry 1 72
Calculate Braden Scale to assign
6 1 36
risk for breakdown

E anche se si considerano nel processo di prevenzione delle LdP i modi di errore coi
RPN più elevati (Tabella 11) rileviamo come principali quelli legati agli step 4 e 8.
Tabella 11: processo di prevenzione delle LdP i modi di errore ordinati per RPN decrescente
Step Fail Mode Occ Det Sev RPN*
Someone could be unaware that
4 the bedside nurse can initiate this 8 9 9 648
process.
8 A patient getting a HAPU. 6 8 10 480
Pre existing breakdown is missed
2 5 5 9 225
upon initial assessment.
Not knowing when a consult is
3 5 4 10 200
necessary.
Not treating existing wounds
7 3 5 10 150
properly.
Information on pressure ulcer
1 prevention is not given to the 5 8 3 120
patient or the family

45
Step Fail Mode Occ Det Sev RPN*
RN does not inspect skin at the
5 6 8 2 96
start of each shift
9 Patient is left in wet clothes 8 3 3 72
RN accepts the report of the
5 8 4 2 64
previous nurse
6 Wrong calculation. 3 3 4 36

8 Patient not turned every 2 hours 6 3 2 36

RN does not inspect skin upon


2 8 2 2 32
admission

3.6 Discussione
L’analisi condotta ha permesso di identificare l’RPN per ciascuno dei processi
identificati (tabella 12).
La gestione delle infezioni da MRSA e la prevenzione delle lesioni da decubito sono
quelle con l’RPN più elevato, che presentano un maggior numero di Step di Processo
(14 e 9) e di modalità di errore.

Tabella 12: Processi analizzati e rispettivi RPN


Processi RPN
Comunicazione in terapia intensiva 446
Prevenzione delle VAP 1638
Gestione delle Infezioni da Stafilococco 2623
Meticillino Resistente (MRSA)
Gestione dei sistemi di monitoraggio 690
Prevenzione delle lesioni da decubito 2159

46
La prevenzione delle Polmoniti associate a ventilazione si colloca ad un livello
intermedio poiché l’ RPN è 1638 pur constando di soli 4 step di processo e modalità
di errore, da ciò possiamo dedurre che il rischio per ogni modo di errore è elevato
infatti per tutti i 4 modi di errore i tre parametri sono elevati.
La gestione dei sistemi di monitoraggio e della comunicazione in questa analisi
risultano essere i processi con un RPN inferiore pur constando di un numero elevato
di step.

3.6.1 La Comunicazione in terapia intensiva

Il processo di comunicazione in terapia intensiva si compone di 10 step, ciascuno dei


quali caratterizzato da una sola modalità di errore ad eccezione dello step 9 che si
compone di due modalità e dello step 10 per cui non è stato possibile identificare delle
modalità di errore.
Lo score totale nonostante le 10 modalità di errore consta di solo 446 punti, ciò è
imputabile a ricorrenze di errore sempre basse solo, una di 5 le altre Minori o uguali
a 3, a fronte di un grado di severità spesso elevato che raggiunge anche i 10.
Il grado di massima severità si registra laddove i membri dell’equipe non si attengono
a procedure, protocolli o check list, in cui si registra un ritardo delle cure che
compromette il grado di salute/benessere.

3.6.2 Prevenzione delle VAP

La prevenzione delle Vap è un processo abbastanza semplice infatti come visto in


precedenza costa di soli 4 step, a ciascuno step è associata una sola modalità di errore.

47
Tuttavia due di queste modalità di errore hanno un punteggio superiore a 600 (640 e
648), stando ad indicare che si tratta di errori gravi ricorrenti e difficilmente e
identificabili.
Riguardano entrambi la non adesione ad indicazione cliniche (elevamento della testa)
e la non adesione alla check list, così come anche la terza modalità di errore.
Essendo il Vap Bundle uno strumento validato al fine di ridurre la polmonite da
ventilatore sarà mandatario che venga applicato più fedelmente e che sia effettuata la
rivalutazione del processo dopo un periodo di re training del personale.

3.6.3 Gestione delle Infezioni da Stafilococco Meticillino Resistente

La gestione delle Infezioni da MRSA si è rivelato il processo sia più articolato sia con
l’RPN più elevato. Sono stati identificati 16 possibili modi di errore. Di questi ne
sono stati identificati 4 come più rilevanti poiché con un RPN superiore a 400.
Riguardano il processo di ammissione nell’unità di cura in particolare la corretta
identificazione del rischio infettivo e di trasmissione, nonché la mancanza di
conoscenza teorica, riguardano tutti soprattutto la componente infermieristica che si
occupa maggiormente dell’allocazione dei pazienti e che è a più stretto contato.
Le azioni individuate prevedono momenti di formazione ad hoc, poiché si tratta di
rischi di errore gravi e ricorrenti ma facilmente risolvibili con una maggior
preparazione teorica dell’equipe.

48
3.6.4 Gestione dei sistemi di monitoraggio

La gestione dei sistemi di monitoraggio si compone di 7 step di processo e di 15


modalità di errore, la maggior parte dei quali con un indice RPN basso.
I RPN più rilevanti (2 superiori a 100 e una pari a 54) riguardano la corretta
impostazione dei sistemi di monitoraggio e la trasmissione degli allarmi, le azioni
proposte sono azioni di sensibilizzazione al problema, poiché tutti sono difficilmente
rilevabili ( valore di rilevabilità 9).
Nonostante si tratti di azioni routinarie, si rilevano molte molteplicità di errore, come
a voler sottolineare che la routine abbassa il livello di attenzione nelle procedure
semplici e quotidiane.

3.6.5 Prevenzione delle lesioni da decubito.

La prevenzione delle lesioni da decubito è un processo abbastanza complesso e


articolato, si compone di 9 step e 12 modalità di errore.
I due più rilevanti riguardano interventi prettamente infermieristici ovvero la
riduzione del rischio di lesioni applicando la superficie antidecubito corretta e
l’insorgenza di lesioni a causa dalla mancanza di posizionamenti.
Gli interventi proposti sono di tipo sia educativo e di sensibilizzazione sia strumenti
come check list da rispettare.
In questo processo nella quasi totalità delle modalità di errore come attività correttiva
è previsto la formazione del personale, la sensibilizzazione e l’applicazione degli
strumenti aziendali di gestione del rischio.

49
Capitolo 4: Conclusioni

Da quando è stato pubblicato nel 1999 negli USA il rapporto dell’Institute of Medicine
(IOM) “To err is human: building a safer health system” la sicurezza del paziente è
diventata oggetto di campagne di stampa, programmi di progetti di miglioramento e
iniziative specifiche a livello locale volti a ricercare, insieme all’efficienza e
all’efficacia delle prestazioni erogate, anche la sicurezza del servizio offerto. Assunto
che l’errore è ineliminabile, è necessario che ogni organizzazione sanitaria attivi
sistemi per ridurre al minimo la possibilità che nel corso dell’erogazione della
prestazione sanitaria, si verifichino danni al paziente.
Per perseguire questi obiettivi le organizzazioni hanno istituto servizi di gestione del
rischio clinico che utilizzano le tecniche proprie del risk Management per contenere i
rischi. Tali tecniche si distinguono in reattive o proattive, le prime in risposta a eventi
le seconde con l’obiettivo di prevenirli. Fra le seconde per semplicità ed applicabilità
emerge il Metodo FMEA/FMECA, che consiste in una tecnica sistematica per
identificare e prevenire problemi sui prodotti o processi prima che essi insorgano.
La FMEA (Failure Mode and Effect Analysis) è un’analisi di tipo qualitativo intesa a
definire quello che potrebbe succedere (il modo di guasto/errore) se si verificasse un
difetto, una omissione, un errore; la FMECA (Failure Mode and Critical Effect
Analysis) aggiunge un percorso di tipo quantitativo orientato all’assunzione di
decisioni operative coerenti. Nell’uso ormai quando si parla di FMEA si intende la
FMECA.
In questo lavoro, dopo una breve definizione dei concetti teorici alla base, è stata
condotta una analisi secondo la metodologia FMEA/FMECA delle attività
infermieristiche in una unità di cura intensiva all’interno di un ospedale universitario.

50
Nell’estate 2016 è stato costituito un gruppo di lavoro composto da cinque membri
esperti della Terapia Intensiva Generale dell’ASST di Monza e della Brianza, sono
stati condotti due incontri di presentazione – formazione dopodiché sono state
identificate 5 macro aree di cui analizzare un processo al fine di identificare per
ciascuno i modi di errore, assegnare un RPN (Risk priority Number) e definire un
programma di intervento.
Sono state identificati 5 processi:
1. Comunicazione in terapia intensiva
2. Prevenzione delle VAP
3. Gestione delle Infezioni da Stafilococco Aureo Meticillino Resistente
4. Gestione dei sistemi di monitoraggio
5. Prevenzione delle lesioni da decubito.
Per il processo di comunicazione ci si è posti come obiettivo quello di migliorare in
terapia intensiva la comunicazione fra gli operatori sanitari e il team interdisciplinare
al fine di migliorare la cura del paziente, gli outcome e la soddisfazione del
cliente/paziente
Sono stati identificati 10 step e 10 modalità di errore nel processo comunicativo che
risulta quindi articolato e influenzato da numerosi fattori. Lo score totale RPN
nonostante le 10 modalità di errore consta di solo 460 punti, ciò è imputabile a
ricorrenze di errore e rilevabilità basse, a fronte di un grado di severità spesso elevato.
Pero ridurre il rischio legato a questo processo sono state proposte azioni volte a
favorire la comunicazione, come l’istituzione di momenti formali ad hoc e la
creazione di linee guida, tuttavia poiché si tratta di un processo poco legato alla tecnica
e standardizzabile non è possibile ad ora stabilire un target di riduzione dell’RPN, ma

51
solo prevedere una monitorizzazione nel tempo ed in una seconda fase progettare un
programma più strutturato.
Il processo di prevenzione della polmonite da ventilazione (VAP) si è rilevato quello
più semplice, composto di soli 4 step ciascuno con una sola modalità di errore.
Il rischio di errore per 3 modi di errore su 4 è elevato, in particolar modo si evidenzia
dai punteggi che si tratta di errori gravi e ricorrenti.
Le modalità di errore riguardano la non adesione ad indicazione cliniche (elevamento
della testa) e la non adesione alla check list.
Essendo il VAP Bundle uno strumento validato al fine di ridurre la polmonite da
ventilatore sarà mandatario che venga applicato più fedelmente e che sia effettuata la
rivalutazione del processo dopo un periodo di re training del personale.
La semplicità del processo e la sua applicabilità elevata ci permette di stimare una
riduzione del 30% in tre mesi dell’RPN, poiché facilmente misurabile in associazione
si verificherà se ad una riduzione dell’RPN si assocerà una riduzione delle VAP.
La gestione delle Infezioni da MRSA si è rivelato il processo sia più articolato sia con
l’RPN più elevato. Sono stati identificati 16 possibili modi di errore. Di questi ne
sono stati identificati 4 come più rilevanti poiché con un RPN superiore a 400.
Riguardano il processo di ammissione nell’unità di cura in particolare la corretta
identificazione del rischio infettivo e di trasmissione, nonché la mancanza di
conoscenza teorica nel gruppo infermieristico.
Le modalità di errore riguardano soprattutto la componente infermieristica che si
occupa maggiormente dell’allocazione dei pazienti e che è a più stretto e prolungato
contatto.

52
Le azioni individuate prevedono momenti di formazione ad hoc, infatti benché si tratti
rischi di errore gravi e ricorrenti, secondo le azioni proposte questi sono facilmente
risolvibili con una maggior preparazione teorica dell’equipe.
Si programma di rivalutare a 6 mesi il processo e ci si pone di ridurre l’RPN del 25%.
Il processo di gestione dei sistemi di monitoraggio si compone di 7 step di processo e
di 15 modalità di errore, la maggior parte dei quali con un indice RPN basso.
I RPN più rilevanti riguardano la corretta impostazione dei sistemi di monitoraggio e
la trasmissione degli allarmi, le azioni proposte sono azioni di sensibilizzazione al
problema.
Nonostante si tratti di azioni routinarie, si rilevano molte molteplicità di errore, come
a voler sottolineare che la routine abbassa il livello di attenzione nelle procedure
semplici e quotidiane.
Per ridurre il rischio associato al processo si è scelto di sensibilizzare i professionisti
al problema della necessità di un monitoraggio appropriato. Le azioni saranno
intraprese dal coordinatore e verificate con i singoli membri dell’equipe.
Poiché per ridurre in maniera significativa l’RPN di questo processo non sono
necessarie ulteriori competenze, ma solo una più stretta adesione alle procedure si
prevede a sei mesi di ottenere una riduzione di almeno il 30%.
L’ultimo processo analizzato riguarda la prevenzione delle lesioni da decubito, è
abbastanza complesso e articolato, si compone di 9 step e 12 modalità di errore.
I due modi di errore più rilevanti riguardano interventi prettamente infermieristici
ovvero la riduzione del rischio di lesioni applicando la superficie antidecubito corretta
e l’insorgenza di lesioni a causa dalla mancanza di posizionamenti.
Gli interventi proposti sono di tipo sia educativo e di sensibilizzazione sia strumenti
come check list da rispettare.

53
In questo processo nella quasi totalità delle modalità di errore come attività correttiva
è previsto la formazione del personale, la sensibilizzazione e l’applicazione degli
strumenti aziendali di gestione del rischio.
Poiché il rischio legato al processo è legato al carico di lavoro, alla criticità dei
pazienti, agli ausili disponibili e poiché in letteratura non ci sono dati di comparazione
si è deciso di rivalutarlo a tre mesi prima di stabilire un obiettivo di riduzione del
RPN.
Lo studio condotto sicuramente ha dei limiti legati all’inesperienza del gruppo di
lavoro, al numero limitato di processi analizzati e alla mancanza di ricerche
comparabili in Italia.
Tuttavia con i dati raccolti sarà possibile a livello locale:
- monitorizzare l’andamento dei processi sia nel tempo sia rispetto ad altre unità di
cura intensiva dell’azienda
- diffondere la cultura del rischio clinico nei dipendenti attraverso uno strumento
semplice e contestualizzato.
Inoltre avendo utilizzato il Failure Mode and Effects Analysis Tool dell’Institute of
Healthcare Improvement ed elaborato i dati in Inglese sarà possibile confrontare i
propri processi con quelli di altre strutture similari nel mondo e partecipare a
programmi di scambio, al fine di trovare le migliori soluzioni per offrire ai pazienti le
cure più sicure possibili.

54
Bibliografia
Testi
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Articoli
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66

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