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ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI

MUSICALI ARTURO TOSCANINI


RIBERA
ANNO ACCADEMICO 2018-2019

CORSO DI TECNOLOGIA E TECNICHE DI


RIPRESA E REGISTRAZIONE AUDIO 1

TESI

CANDIDATO – INFURNA PAOLO


RELATORE – ERONICO EGIDIO
INDICE
Pag 3 - Introduzione
Pag 4 - Capitolo 1 – Le onde sonore e le sinusoidi
Pag 6 - Capitolo 2 – l’ambiente e la propagazione del suono
Pag 9 - Capitolo 3 – I microfoni e le tecniche di microfonaggio
Pag 13 - Capitolo 4 – Il mixer
Pag 14 - Capitolo 5 – Il mio metodo di lavoro
Pag 15 - Capitolo 6 – Qualche cenno sulla storia della registrazione
Pag 16 - Conclusioni
INTRODUZIONE
Il corso di Tecnologia e Tecniche Di Ripresa e Registrazione Audio 1 ci ha dato la possibilità di
approfondire l’argomento “suono” in tutte quelle sfaccettature e sfumature, necessarie per la
formazione completa di un musicista, che fin troppo spesso vengono tralasciate, con la giustificazione
che “se ne occuperanno altri, non è compito mio”.

È di fondamentale importanza invece, per ogni musicista che si rispetti, conoscere le basi della natura
fisica del suono, le sue caratteristiche, i metodi di propagazione, l’acustica degli ambienti e tutto ciò
che è legato al mondo della registrazione, principalmente una buona conoscenza in ambito di
microfoni e mixer.

Tale conoscenza, anche se generica e non dettagliata, permetterà ad ogni musicista di poter interagire
con un tecnico con sicurezza, professionalità, e sapere esprimere e comunicare perfettamente le idee
che si hanno in mente. Tale conoscenza è uno di quei dettagli che fanno la differenza tra un musicista
professionista ed uno amatoriale.

Nello sviluppo di questa tesi andremo a toccare tutti gli argomenti presi in esame durante il corso, e,
con vari approfondimenti di carattere generale o più dettagliato, questo lavoro si propone come un
piccolo vademecum del musicista che si interessa al mondo dell’audio, ricco di spunti ed appunti da
poter consultare in modo chiaro, pratico e veloce.

È obbligatorio ricordare al lettore che la regola fondamentale, la chiave interpretativa di tutto il corso
è che non esistono regole ferree da seguire. Esistono indicazioni che possono funzionare in linea di
massima, ma che devono sottostare alla onnipresente prova del nostro orecchio, unico e solo indice di
riferimento da tenere sempre in funzione ed allenato.

Con la pratica e la sperimentazione, con gli errori ed un minimo di problem solving chiunque è in
grado al giorno d’oggi di poter mettere su un piccolo home recording studio, e non serve spendere un
capitale per la migliore strumentazione possibile, molto meglio sarebbe invece partire da macchinari
più limitati, ma che stimolano la creatività proprio in funzione delle piccole sfide che la limitazione
stessa ci pone davanti. Solo in questo modo eventuali upgrade possono essere fatti con coscienza,
facendoci risparmiare tempo e denaro, ed ottimizzando al massimo il nostro lavoro.
Capitolo 1 – Le onde sonore e le sinusoidi

In questo capitolo prenderemo in esame le caratteristiche fisiche del suono ed i suoi metodi di propagazione.
Questo tipo di analisi sta alla base di ogni studio più avanzato che affronteremo in seguito, sia in ambito
fisico/scientifico, che a livello di tecniche di ripresa, registrazione e processing del segnale audio.

Iniziamo con il chiederci che cosa è il suono.


Il suono è una variazione di pressione, una vibrazione che viene trasmessa tramite un mezzo di propagazione
(che nella maggior parte dei casi è l’aria) e che viaggia fino ad arrivare al nostro orecchio. Il ciclo vitale del suono
può essere così schematicamente riprodotto:

Sono fonti sonore la voce, la pelle percossa di un tamburo, la corda pizzicata di una chitarra, il motore di
un’automobile, gli speaker per la riproduzione audio, e qualsiasi altro oggetto che sia in grado di vibrare.

Sono mezzi di propagazione del suono l’aria, l’acqua, ed in realtà qualsiasi materiale la cui molecole vengono
messe in vibrazione dall’onda sonora appena generata.

Sono ricevitori sonori le nostre orecchie, i microfoni, e qualsiasi strumento in grado di intercettare le vibrazioni e
risuonare in base alle vibrazioni stesse.

I ricevitori che sono in grado di trasformare l’energia cinetica (energia di movimento, ad esempio la vibrazione
dell’aria) in un altro tipo di energia (ad esempio un segnale elettrico) che mantiene la stessa differenza di
potenziale iniziale, vengono chiamati trasduttori.

Le onde sonore che si propagano nell’aria seguono un andamento chiamato sinusoidale. In realtà in natura è
molto raro che venga prodotta una sinusoide pura, dal momento che la maggior parte dei suoni che percepiamo
sono formati dalla somma di molteplici sinusoidi, risultanti in un’onda più complessa.

La sinusoide e le sue principali caratteristiche vengono così schematizzate:

Le principali caratteristiche della sinusoide messe in evidenza dal grafico sono:


 Ampiezza
 Periodo
 Lunghezza d’onda
L’ampiezza rappresenta l’escursione dell’onda dal suo punto di equilibrio al suo picco massimo.
Il periodo (o ciclo) è il tempo che l’onda impiega per compiere un ciclo completo, dalla posizione di equilibrio, al
picco positivo e negativo, per poi ritornare ad uno stato di equilibrio.

La lunghezza d’onda è la distanza tra due punti uguali (ad esempio due picchi massimi).

Altre caratteristiche importanti da analizzare sono:

 Frequenza
 Fase
 Velocità

La frequenza (misurata in Hertz) rappresenta il numero di cicli compiuti nell’arco di tempo, e risulta
inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda: a frequenze più alte corrispondono lunghezze d’onda più
basse e viceversa.

La fase è la relazione tra due forme d'onda aventi la stessa frequenza, che possono partire dallo stesso punto,
sommandosi ed amplificandosi, partire da due punti diversi, causando uno sfasamento, o partire dallo stesso
punto, ma con direzione opposta, causando un annullamento reciproco.

La velocità del suono dipende dal materiale tramite cui il suono stesso si propaga. La velocità del suono nell'aria
è di circa 344m/s. Più il materiale è denso, più il suono si propaga velocemente.

È interessante notare come la frequenza viene interpretata dal nostro cervello come un ben preciso suono, e
come frequenze diverse producano note diverse (un esempio su tutti, il LA corrisponde a 440 Hz). Al
raddoppiare o dimezzare della frequenza troveremo la stessa nota su ottave superiori o inferiori (nell’esempio
precedente corrisponderanno ad un LA le frequenze di 220 Hz, 440 Hz, 880 Hz…)

Prima di chiudere la parte relativa alle proprietà fisiche del suono è bene dare qualche accenno al concetto di
inviluppo.
Come anticipato, in natura non vengono prodotte quasi mai sinusoidi pure, bensì forme d’onda complesse, che
seguono un andamento irregolare. L’inviluppo rappresenta l’andamento dell’ampiezza (genericamente percepita
come volume) di un’onda, dalla sua origine, al picco massimo, fino alla fine.

L’inviluppo può essere così schematicamente riprodotto:

 Attack: l'ampiezza raggiunge, a partire da zero, il suo valore massimo.


 Decay: dopo l'attacco, parte dell'energia iniziale viene persa e l'ampiezza diminuisce.
 Sustain: l'ampiezza mantiene un livello quasi costante per un certo tempo.
 Release: l'ampiezza decresce fine ad estinguersi completamente.
 Transiente di attacco: è una variazione di ampiezza molto rapida, che si nota nella fase d'attacco dello
strumento quando ancora il suono non ha raggiunto una certa "stabilità". È particolarmente evidente in
forme d’onda percussive.
Capitolo 2 – L’ambiente e la propagazione del suono

Ogni ambiente ha delle caratteristiche che dipendono da forma, dimensioni e materiale, che, tanto
quanto il contenuto in frequenza del suono, influiscono enormemente sul modo in cui il suono si
propaga.
Le onde sonore si espandono in maniera sferica, da un punto di origine e verso tutte le direzioni. Le
frequenze alte risultano molto più direzionali rispetto alle frequenze basse.

Ogni ostacolo fisico che blocca la strada ad un dato suono determina un comportamento particolare
dell’onda, riassumibile in questi termini:

 Riflessione
 Diffrazione
 Rifrazione
 Assorbimento

La riflessione è il comportamento di un’onda che, incontrando un ostacolo, viene riflessa in modo


perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda. Più denso e duro è il materiale, più alta sarà la
riflessione.

Le superfici concave vengono evitate in acustica in quanto tendono a concentrare il suono in un preciso punto
creando distribuzioni sonore disomogenee. Vengono invece utilizzate per la costruzione di microfoni direzionali
in quanto consentono di amplificare segnali anche molto deboli.
Viceversa le superfici convesse hanno la proprietà di diffondere il suono e dunque sono ampiamente usate per
migliorare l'acustica degli ambienti.

Quando un suono si propaga in una stanza, raggiunge l'ascoltatore in diversi modi. Il primo segnale che arriva
all'ascoltatore è anche il più forte ed è quello diretto ossia quello che compie il percorso minore tra sorgente
sonora e ascoltatore.
Dopo il segnale diretto arrivano, con un breve sfasamento, i segnali che hanno subito una sola riflessione su una
parete e dunque hanno ampiezza minore rispetto al segnale diretto a causa della perdita parziale di energia
dovuta alla riflessione (early reflections).
Dopo un ulteriore ritardo arrivano tutti i segnali che hanno subito più di una riflessione, e questi avranno
un'ampiezza ancora minore rispetto alle prime riflessioni (reverb cluster).

La diffrazione è il fenomeno secondo cui un’onda sonora aggira un ostacolo. Dipende principalmente dal
contenuto in frequenza, più bassa è la frequenza, più è alta la diffrazione, per questo motivo le frequenze alte
sono le prime ad essere assorbite, mentre quelle basse possono percorrere distanze molto più lunghe,
rappresentando un grande problema per un musicista od un tecnico del suono.

La rifrazione indica il comportamento di un’onda che attraversa due materiali con densità diversa, cambiando
direzione durante questo passaggio. Ciò avviene a causa della differente velocità del suono in base al materiale
che sta attraversando.

Questo fenomeno diventa rilevante nel caso di concerti all'aperto dove le condizioni di densità dell'aria cambiano
radicalmente dalla mattina alla sera modificando la propagazione del suono nell'ambiente.
Alla sera si verifica che lo strato superiore (aria fredda) abbia maggiore densità rispetto allo strato inferiore
(aria calda) e dunque che il suono tenda a deviare verso l'alto.
Di mattina la situazione si inverte e lo strato più denso (aria fredda) diventa quello inferiore. Ciò porta il suono a
deviare verso il basso. Ciò va tenuto in conto durante la messa a punto di un concerto all'aperto, in quanto la
lunga fase di preparazione e test viene fatta molte ore prima dell'inizio del concerto stesso e dunque in situazioni
ambientali che si modificano con il passare delle ore.

Infine, l’assorbimento rappresenta la conversione di energia acustica in energia termica. All’impatto con un
ostacolo, l’onda sonora cede energia che viene assorbita e dissipata sotto forma di calore.

In genere questi fenomeni sono tutti presenti al momento dell’impatto con un ostacolo.
La conoscenza di queste caratteristiche del suono è la base per la disciplina chiamata “acustica degli ambienti”,
che si occupa di studiare il comportamento del suono in un dato contesto ambientale, per poter intervenire con
trattamenti più o meno professionali, volti al migliorare l’intelligibilità o l’isolamento acustico di un determinato
ambiente.

Per avere un quadro generale sui modi in cui il suono si comporta, prendiamo in esame il caso di una stanza di
dimensioni fissate. A seconda dei materiali di costruzione avremo più o meno riflessioni ed assorbimento. A
seconda delle dimensioni della stanza ci saranno specifiche frequenze, che, riflesse, andranno in risonanza tra di
loro.
La dimensione di un ambiente, infatti, ha una sua propria frequenza di risonanza che è tanto maggiore quanto
più piccola è la sua dimensione. Naturalmente un ambiente come una stanza ha tre dimensioni e dunque tre
diverse frequenze di risonanza nelle tre direzioni dello spazio, che vengono denominate modi di risonanza
(frequenze la cui lunghezza d'onda risulta essere multipla della distanza tra due pareti parallele).

La presenza di queste frequenze implica che la risposta dell'ambiente non è uniforme per tutte le frequenze, ma
ci saranno alcune frequenze che verranno accentuate proprio perché rinforzate dai modi di risonanza. Tutto ciò è
altamente indesiderato in quanto non consente una riproduzione fedele del suono e tuttavia è un fenomeno che
non può essere eliminato, ma soltanto corretto con l’utilizzo di appositi strumenti e tecniche che approfondiremo
in seguito.

Come anticipato vi sono tre modi di risonanza, che corrispondono alle tre dimensioni spaziali di una stanza, e
vengono così definiti:

 Assiali
 Tangenziali
 Obliqui

La risonanza assiale si genera tra due superfici parallele (due pareti parallele o tra soffitto e pavimento), la
lunghezza d’onda delle frequenze interessate da questo fenomeno è pari al doppio della distanza tra le due
superici.

La risonanza tangenziale si ha quando il suono viene riflesso su quattro superfici (le quattro pareti, oppure
coppia soffitto- pavimento, più due pareti aggiuntive). Questo tipo di riflessioni avranno ampiezza minore
rispetto alle assiali, in quanto perderanno più energia interferendo con un numero maggiore di ostacoli.

La risonanza obliqua si ha quando il suono si riflette su sei superfici della stanza, ed ha ampiezza ancor minore.
Altri fattori importanti da tenere presente sono i coefficienti di riflessione ed assorbimento, due grandezze
opposte, che indicano il rapporto tra l’energia acustica riflessa e quella ricevuta.
Un coefficiente di riflessione al 100% significa ad esempio che tutta l’energia è stata riflessa, mentre lo 0 indica
un totale assorbimento.

Di seguito una tabella indicativa del coefficiente di riflessione relativo a diversi materiali.

Come preannunciato, vedremo ora alcuni metodi attraverso i quali è possibile attenuare determinate bande di
frequenza e calibrare la risposta acustica dell'ambiente in cui ci troviamo ad operare.
I metodi consistono nell'opportuno posizionamento di pannelli acustici assorbenti passivi o attivi e diffusori.

I pannelli acustici passivi sono realizzati con materiale poroso (schiuma acustica, lana di vetro, tende, tappeti),
che intrappolano le particelle tramite cui il suono viaggia, disperdendone l’energia.
Se ad esempio, volessimo attenuare una certa frequenza in quanto questa, con il contributo dei modi di
risonanza, viene troppo accentuata, potremmo sfruttare questa conoscenza per trovare i punti esatti in cui
posizionare il materiale assorbente, calcolando le riflessioni assiali, tangenziali od oblique.

I pannelli acustici attivi, ad esempio il risuonatore di Helmoltz, consistono in cavità applicate alle pareti della
stanza, che risuonano ad una determinata frequenza. Questa risonanza assorbe parte dell’energia del suono,
mentre la restante parte viene diffusa nell’ambiente, migliorando l’intelligibilità.

Un tipo particolare di pannello assorbente viene chiamato Bass Traps, usato per assorbire frequenze nell’ordine
di 30-150 Hz. Questa trappola crea un percorso dal quale il suono non può più uscire.

I diffusori invece si occupano di distribuire il suono nello spazio in modo omogeneo.


Una tecnica di diffusione consiste nel ricoprire una parete riflettente con una superficie altamente disuniforme.
Vengono usati diversi strati, ognuno con lo scopo di spezzettare le onde di una determinata banda di frequenze.
Il primo strato presenta superfici estese e questo ha effetto sulla diffusione delle basse frequenze.
Sopra di questo troviamo un secondo strato in cui le superfici sono più ridotte e questo ha effetto sulle medie
frequenze.
Si possono poi aggiungere altri strati con dimensioni ancora più piccole per agire sulle alte frequenze.
La riflessione del suono su una superficie del genere viene diretta in tutte le direzioni e questo permette di avere
una distribuzione uniforme del campo sonoro. Anche le superfici convesse vengono largamente usate soprattutto
nei grossi ambienti per ottenere una riflessione del suono in tutte le direzioni.

Infine ricordiamo che nella calibrazione acustica della stanza possiamo farci aiutare da software di misurazione
che analizzano la risposta in frequenza ambientale, tramite l’utilizzo di microfoni flat, che non abbiano
colorazione su specifiche frequenze.
Capitolo 3 – I microfoni e le tecniche di microfonaggio

Abbiamo già parlato delle fonti sonore, dei ricevitori e dei trasduttori, ora è il momento di approfondire il campo
dei microfoni.
Come già detto i microfoni sono trasduttori in grado di trasformare la pressione acustica in differenza di
potenziale elettrico.
Le tecnologie con cui vengono realizzati i microfoni sono diverse e questo ci permette di avere a disposizione una
vasta gamma di soluzioni a seconda del contesto in cui ci troviamo a operare. Vi sono microfoni più o meno
sensibili, con diverse direzionalità, senza poi contare che ogni microfono ha un suo proprio timbro personale che
lo caratterizza e che lo rende a suo modo unico.

Una prima distinzione si può riscontrare a livello costruttivo, e riguarda la differenza tra microfoni a capsula
(diaframma) larga, o a capsula stretta.
La capsula larga, più massiccia, necessiterà di maggiore energia sonora per esprimerne al meglio il potenziale,
questo da un caratteristico suono più morbido e corposo, utile per strumenti dall’elevata pressione sonora.
La capsula stretta è molto più sensibile alle variazioni di pressione, fornisce più dettaglio ed ha un carattere più
brillante.

In base al funzionamento invece, possiamo suddividere i microfoni in tre famiglie principali:


 microfoni dinamici
 microfoni a condensatore
 microfoni a nastro

I microfoni dinamici sono composti da un avvolgimento di un materiale conduttore fissato sul diaframma, che,
investito dall’onda sonora, vibra e genera un campo magnetico che induce corrente con lo stesso andamento
dell’onda sonora ricevuta.
Questi microfoni sono i più resistenti, e vengono pertanto utilizzati in situazioni dal vivo, o per
registrare/amplificare strumenti dalla forte pressione sonora, di contro però non garantiscono un elevato
dettaglio di ripresa.

I microfoni a condensatore sono composti da due piastre, delle quali una è il diaframma, che vibra in risonanza
con l’onda acustica. La vibrazione della piastra produce la variazione di tensione necessaria a generare il segnale
elettrico. Questo tipo di microfoni necessita per il funzionamento di essere alimentato tramite la Phantom Power,
una tensione continua a 48V, che scorre lungo i normali cavi XLR.
Questi microfoni sono generalmente composti da un diaframma sottile, particolarmente adatto a captare alte
frequenze, sono contraddistinti da grande chiarezza e brillantezza, ma sono molto fragili, e non adatti a
sopportare eccessive pressioni sonore. Vengono utilizzati principalmente in studio di registrazione.

Infine, i microfoni a nastro, funzionano tramite l’utilizzo di un sottile nastro conduttore sospeso all’interno di
un campo magnetico, che, vibrando, genera tensione.
Si tratta di microfoni estremamente delicati, dal caratteristico timbro, adatti a riprendere voci e chitarre
acustiche.
Dopo aver esaminato le più importanti famiglie di microfoni, possiamo passare ad analizzarne le principali
caratteristiche: polarità e risposta in frequenza.

Il diagramma polare rappresenta l’andamento della sensibilità di un microfono in base alla direzione in cui
viene raggiunto dal suono, in altre parole parliamo della direzionalità del microfono.
In base alla direzionalità esistono microfoni:
 cardioidi
 supercardioidi
 ipercardioidi
 shotgun
 bidirezionale (figura a 8)
 omnidirezionali

Dalla figura risultano i grafici relativi ai vari diagrammi polari. Per ogni immagine al centro viene posto il
microfono, il disegno in blu rappresenta la direzione rispetto alla quale il microfono è sensibile.

In un cardioide (nome che deriva dalla linea a forma di cuore del diagramma) i suoni provenienti da dietro il
microfono non vengono captati, o meglio, vengono drasticamente attenuati.

Supercardioidi ed ipercardioidi accentuano la direzionalità del cardioide, ma con l’insorgenza di un piccolo


lobo posteriore, che può dare problemi di feedback in situazioni live, dal momento che il microfono potrebbe
raccogliere il suono prodotto dalle casse spia poste alle sue spalle.

I microfoni shotgun sono particolari tipi di dispositivi costituiti da un diaframma posto alla fine di un tubo su
cui vengono applicate delle fessure. Il principio di funzionamento consiste nel fatto che qualsiasi suono che non
proviene dalla direzione di puntamento viene annullato grazie al particolare modo di costruzione, rendendolo un
microfono estremamente direzionale.

Un microfono bidirezionale è in grado di captare al meglio i suoni provenienti sia da dietro che da davanti ma
risulta poco sensibile ai suoni provenienti dalle direzioni laterali.

Infine un microfono omnidirezionale è egualmente sensibile in tutte le direzioni dello spazio. Un suono viene
riprodotto con la stessa accuratezza da qualsiasi direzione provenga (almeno in linea di principio) in quanto un
diagramma perfettamente circolare risulta impossibile da ottenere a causa di vincoli fisici.

Ecco un elenco di alcuni tra i microfoni più famosi ed affidabili.

DINAMICI A CONDENSATORE A NASTRO


Shure SM58 e SM57 Samson C01 Royer 121
Sennheiser E835 Rode Nt1-A ed Nt2-A Audio Technica AT4081
Electrovoice RE-20 Audio Technica AT2020 AEA R84
Sennheiser MD 441U AKG C214 e C414 Beyerdynamic M160
Neumann U87
Neumann U89
La risposta in frequenza di un microfono descrive la sensibilità del microfono alle frequenze all’interno della
gamma che esso è in grado di rilevare, dalla minima e alla massima.
Ce ne sono due tipi:
 lineare (flat)
 ottimizzata (tailored)

In un microfono con risposta in frequenza lineare, tutte le frequenze udibili dall’orecchio umano (da 20 Hz a
20 kHz) vengono riprese in modo equivalente dal microfono. Questa risposta si adatta ad applicazioni che
necessitano di una riproduzione naturale della sorgente sonora, senza alterare o “colorare” il suono originale,
per esempio nel caso di microfoni specifici per calibrazioni e misurazioni acustiche.

Un microfono con risposta in frequenza ottimizzata invece è generalmente pensato per enfatizzare una
particolare sorgente sonora in una certa applicazione. Per esempio, un microfono può essere progettato per
avere una sensibilità elevata nella gamma tra 2 kHz e 8 kHz per aumentare l’intelligibilità della voce dal vivo.

A volte possiamo notare come un tecnico utilizzi più microfoni per riprendere la stessa sorgente sonora: molto
probabilmente sta effettuando una ripresa stereofonica.
Che significa?
Un segnale stereo, contrapposto ad uno mono, è composto da due segnali, left e right, contenenti informazioni
sonore differenti. Questo dualismo ci permette di simulare la spazialità di un mondo reale e permette al nostro
orecchio di “orientarsi”, percependo la posizione di un preciso suono nello spazio.

È evidente quindi come, per realizzare questo tipo di riprese, siano necessari almeno due microfoni (od un
microfono stereo a 2 capsule).
Ci sono tre grandi categorie di tecniche per il microfonaggio stereo:
 microfoni coincidenti
 microfoni vicini
 microfoni lontani

Le tecniche con microfoni coincidenti prevedono l’uso di due microfoni posizionati nello stesso punto. In
questo modo le differenze che vengono registrate dai due microfoni sono relative all'ampiezza e non alla fase, dal
momento che il suono investe contemporaneamente i due diaframmi. Ciò rende questo tipo di tecniche mono-
compatibili e dunque adatte per un utilizzo radio-televisivo.

Ecco alcune delle principali tecniche a microfoni coincidenti:


 tecnica Blumlein
 tecnica XY
 tecnica M/S

Nella tecnica Blumlein vengono usati due microfoni con diagramma polare a figura di 8 denominati 1 e 2 e
posizionati con un angolo fisso di 90 gradi tra di loro.
Questa tecnica risulta particolarmente efficace in presenza di ambienti di elevata resa acustica in cui la presenza
delle riflessioni contribuisce in modo determinante alla colorazione del suono. Sul mixer i due segnali vengono
tenuti separati e convogliati direttamente sulle uscite.
Con la tecnica XY vengono impiegati due microfoni a condensatore con diagramma polare a cardioide con un
angolo che varia dai 90 ai 110 gradi.

La tecnica M/S (mid/side) prevede l'utilizzo di due microfoni, uno con diagramma polare cardioide e uno a
figura di 8, il microfono cardioide riproduce il segnale proveniente da davanti mentre quello a figura di 8
riproduce i segnali laterali, questi stessi segnali, L ed R, vengono mandati in controfase. Per decodificare questi
segnali è necessario l’utilizzo di una matrice che processi i tre segnali e dia una resa stereofonica. Questa tecnica
ha il vantaggio di garantire un enorme controllo sul panorama stereo e minimi problemi controfase in ambienti
di riproduzione mono.

Le tecniche con microfoni vicini prevedono l'impiego di due microfoni posti ad una distanza di 16 -17 cm, che
rappresenta la distanza media tra le orecchie umane.
In questo caso, oltre alle differenze di ampiezza, sono registrate anche le differenze di fase tra i due segnali.
Questo da una parte migliora la resa dell'effetto stereo ma pregiudica sensibilmente la mono-compatibilità di
questa tecnica.
Fanno parte di questa categoria:
 tecnica ORTF
 tecnica NOS
 tecnica OSS

La tecnica ORTF prevede l’uso di due microfoni a condensatore con diagramma polare a cardioide ad una
distanza di 17 cm e ad un angolo di 110 gradi.

La tecnica NOS prevede l'utilizzo di due microfoni a cardioide posti a 30 cm di distanza con un angolo di 90
gradi.

Nella tecnica OSS invece vengono impiegati due microfoni omnidirezionali posti ad una distanza di 17 cm con un
angolo di 90 gradi. Tra i due microfoni viene posto un disco di schiuma acustica lungo 28 cm (Jacklin Disc) che
simula la presenza della testa umana.

L’ultima categoria rimasta è quella dei microfoni lontani.


In questi casi i microfoni vengono posti a grande distanza gli uni dagli altri. La distanza tra i microfoni dipende
dalla dimensione della sorgente sonora: di regola si dovrebbe mantenere il rapporto 3:1 tra la distanza tra i
microfoni tra di loro e la distanza dei microfoni dalla sorgente sonora. Queste tecniche impediscono di avere una
compatibilità mono dunque vengono utilizzate solo in determinati contesti.
Fanno parte di questa categoria:
 tecnica AB
 tecnica Decca Tree

La tecnica AB è l’esatta applicazione di quanto detto prima, ovvero due o più microfoni ad una distanza che
rispetti le proporzioni di 3:1

La Decca Tree è una tecnica microfonica nata negli anni 50 ed utilizzata principalmente per le registrazioni di
orchestre. È una evoluzione della tecnica A-B, con l'aggiunta di un microfono centrale.
Vengono generalmente utilizzati tre microfoni omnidirezionali disposti a forma di T, i microfoni laterali distano
tra loro circa 2 metri mentre il microfono centrale si trova in posizione avanzata a circa 1.5 metri dall'asse dei
due precedenti.
Capitolo 4 – Il mixer

Il mixer è una macchina che raggruppa (ed appunto “miscela”) i suoni provenienti da diverse fonti
sonore, assegnando a ciascuno un proprio canale, convogliandoli verso una o più direzioni, possiede
quindi una serie di ingressi a cui vengono inoltrati i segnali sonori da manipolare e una serie di
uscite verso cui vengono inoltrati i segnali opportunamente miscelati.
Ogni mixer è suddiviso in canali, ognuno dei quali corrisponde ad un ingresso per microfoni, strumenti
o qualsiasi altra sorgente sonora da amplificare.

Di seguito un'immagine del canale di un mixer e la spiegazione di ogni sua parte, tenendo presente che
il segnale audio procede dall'alto verso il basso:

- Sezione Input, con ingressi per cavi microfonici XLR, Jack 6,5 mm ed Insert per
processare il segnale con effetti esterni.

- Gain: regola il segnale in ingresso, ancora non processato. La regolazione di questo


parametro è la prima cosa da fare in fase di amplificazione. Il pulsante low cut
permette di tagliare le frequenze basse entro un certo range, comando
particolarmente utile sulle voci o alcuni strumenti acustici.

- Compressore: regola il livello di compressione da applicare al segnale. Il


compressore incide sulla dinamica, tendendo a livellare i volumi rendendoli più
uniformi (bassa dinamica)

- Sezione di equalizzazione: è un circuito in grado di amplificare o attenuare un certa


banda di frequenze e di lasciarne altre inalterate.
I parametri coinvolti in questo circuito sono la frequenza centrale (fc), che permette
di scegliere la frequenza sulla quale agire, il guadagno (A), ed il fattore di merito (Q),
che misura l'ampiezza della campana, cioè l'ampiezza della banda di frequenze che
vengono amplificate.

I tipi di equalizzatori maggiormente usati sono i parametrici, che si suddividono a loro


volta in:
 Parametrici: permettono di modificare ognuno dei tre parametri
 Semiparametrici: permettono la modifica di frequenza e guadagno, con Q fissa
 Di picco: su questi eq è possibile intervenire solo sul guadagno.

Il mixer in questione presenta un tipo di circuito semiparametrico.

- Mandate ausiliarie/effetti: prelevano una copia del segnale dal canale e lo inviano
su un apposito bus, per applicarvi effetti o raggruppare più canali in un unico gruppo

- Panning/mute: regola la posizione del segnale nel campo stereofonico, a destra,


centro e sinistra. Il pulsante mute mette in muto il canale.

- Fader/solo/group routing: controlla la quantità di segnale che viene inoltrato


verso il mix bus o verso i gruppi, è possibile scegliere i gruppi utilizzati tramite gli
appositi pulsanti.
Capitolo 5 – Il mio metodo di lavoro

Il lavoro e le passioni mi hanno portato ad avere una certa esperienza e dimestichezza con le registrazioni audio
e l’amplificazione dal vivo. Negli anni ho accumulato strumentazione più o meno utile, al pari di informazioni
sulla teoria del suono e le procedure da seguire, imparando su internet, sul campo o su libri accademici.

Se dovessi descrivere come affronto una registrazione audio, per prima cosa partirei col pensare alla situazione
che sto per affrontare, cosa dovrò registrare? Un paio di chitarre? Una band completa? Una produzione
elettronica? E poi, la registrazione sarà multitraccia o ci sarà la possibilità di riprendere tutti i musicisti mentre
suonano contemporaneamente?
Lo stile che si vuole ottenere, il sound finale, deve ricordare sonorità rock, pop, jazz, sperimentali..?
Quanto tempo ho a disposizione?
Ecco, tutte queste domande devono trovare una risposta nella fase di preproduzione.

Il secondo passo consiste nello scegliere la strumentazione adatta, per quanto riguarda la scheda audio ad
esempio devo scegliere una tra le tre: 2, 4 oppure 8 canali.
Ho bisogno di una soluzione veloce ed improvvisata per registrare una esibizione live? Posso usare la piccola
interfaccia a due canali alla quale inviare una mandata in uscita dal mixer contenente ognuno dei canali
amplificati.
Se invece devo registrare una batteria mi orienterò su quattro od otto canali, in base al set di batteria in
questione ed allo stile.
Una registrazione di batteria con 4 canali include l’utilizzo di 4 microfoni: uno per la cassa, uno per il rullante
(entrambi dinamici) e due overhead a condensatore in configurazione XY, non troppo vicini al set, per riprendere
i piatti ed un minimo di suono ambientale. La mancanza di ulteriori ingressi microfonici è un forte stimolo per
risolvere i problemi in modo creativo.

La fase di preproduzione non finisce con la scelta del setup, ma include anche il corretto posizionamento dei
microfoni ed un accurato controllo e bilanciamento dei volumi in entrata provenienti dai preamplificatori, la
creazione o il caricamento di un template del software di registrazione utilizzato, contenente i canali che dovrò
utilizzare, alcuni semplici effetti già caricati, mandate e gruppi già organizzati, per gestire al meglio ed in fretta
ogni situazione possa presentarsi.

Dopo la registrazione si entra in fase di mix, e qui ci sarebbero libri da scrivere sull’arte del miscelare i suoni tra
di loro. In linea di massima bisogna fare in modo che ogni suono sia intellegibile, che le varie frequenze non si
coprano tra di loro, che gli strumenti utilizzati coprano la maggior parte dello spettro di frequenze a nostra
disposizione, onde non trovarci di fronte ad un mix sbilanciato, che i volumi siano uniformi o dinamici, in base
allo stile del brano, ed infine andare a posizionare ogni suono in un punto ben preciso del panorama
stereofonico, usando panning e riverberi.
Di solito cerco di limitarmi nell’utilizzare plug-ins, lavorando quando possibile con soli equalizzatore e
compressore, fedele alla linea del “meglio togliere che aggiungere”.

L’ultima fase, quella del mastering, preferisco affidarla ad altri, esperti professionisti o software per il mastering
automatizzato a basso costo, in base alla necessità del momento.

Ci sono alcune procedure importanti da seguire, per quanto riguarda l’accensione e lo spegnimento di ogni
macchinario ed il suo modo d’impiego. Due regole importanti e molto spesso ignorate sono quelle di accendere le
apparecchiature nello stesso ordine in cui viaggia il segnale in ingresso, ad esempio: microfono, mixer, cassa
voce, per lo spegnimento bisogna seguire il procedimento contrario.
Il secondo consiglio è quello di utilizzare gli ingressi denominati “MIC” per segnali microfonici, o che comunque
non sono stati preamplificati, mentre l’ingresso “LINE” va bene per tutti i segnali che arrivano già amplificati.

Per quanto riguarda le DAW (Digital Audio Workstation) che ho utilizzato, ci sono al primo posto Logic Pro 9 ed
Ableton 9.
In maniera meno seria invece, per imparare i primi passi, ho utilizzato Audacity ed Adobe Audition.
Capitolo 6 – Qualche cenno sulla storia della registrazione
Le prime apparecchiature atte a registrare e riprodurre suoni erano di tipo meccanico e non erano in grado di registrare la
voce umana.
La prima riproduzione automatica di musica può farsi risalire a quando i fratelli Banu Musa inventarono un organo idraulico
che era in grado di riprodurre musica proveniente da alcuni cilindri intercambiabili.
Tutte queste macchine potevano riprodurre musica memorizzata, ma non riuscivano a riprodurre i suoni arbitrari, non erano
in grado di registrare un'esecuzione dal vivo ed erano limitati dalle dimensioni fisiche del mezzo.
Il primo esempio di pianoforte automatico, nel 1876, utilizzò un rotolo di carta perforata che poteva memorizzare un pezzo
musicale di lunghezza arbitraria.
Il primo apparecchio a poter registrare suoni automaticamente (ma non a riprodurli) fu il fonautografo, sviluppato nel 1857
dall'inventore parigino Édouard-Léon Scott de Martinville.
La prima registrazione conosciuta della voce umana venne registrata nel 1857.
L’anno 1877 è fondamentale per la storia della registrazione audio perché vede la nascita del fonografo di Thomas Alva
Edison.
Il fonografo di Edison è basato sull’utilizzo di cilindri ricoperti da uno strato di cera. Edison aveva concepito il fonografo
come un’apparecchiatura destinata al campo delle telecomunicazioni, un accessorio da abbinare al telefono che permettesse
di registrare messaggi e riascoltarli successivamente, o di incidere messaggi di risposta automatica.
Le reazione del pubblico alla sua invenzione fu immediata, ma l’entusiasmo derivava dalla possibilità stessa di registrare la
voce umana, e non dal possibile utilizzo nel campo della telefonia.
Nel 1890 furono installati a San Francisco i primi juke-box basati sul fonografo, destinati alla riproduzione di musica
registrata. La reazione del pubblico a questi apparecchi fu decisamente positiva.
Nel 1897 Emile Berliner aprì il suo primo studio di registrazione, con lo scopo di produrre dischi destinati alla vendita per
sostenere il mercato del grammofono. Quest’ultimo, infatti, era privo di sistemi che permettessero agli utenti di effettuare le
proprie registrazioni. Le uniche fonti per l’ascolto erano costituite quindi dai dischi prodotti negli studi di Berliner.
Gli anni ’20 segnano il passaggio dalla registrazione acustica a quella elettrica. In ambito musicale il “passaggio all’elettrico”
ha segnato una svolta fondamentale, sia per quanto riguarda gli strumenti musicali che, ovviamente, i mezzi di registrazione e
riproduzione.
Gran parte delle nuove soluzioni tecnologiche che permisero questo passaggio provenivano dai Bell Labs della AT&T: le
valvole per l’amplificazione del suono, il microfono a condensatore, e il sistema microfono-amplificatore-altoparlante furono
tutte invenzioni determinanti nell’ambito della telefonia, ma altrettanto decisive per lo sviluppo della registrazione e della
fonografia in generale.
L’uso dell’elettricità permetteva innanzitutto di ottenere un maggiore volume sonoro, grazie all’amplificazione del segnale
(resa possibile dall’impiego di tubi a vuoto).
La registrazione inoltre poteva avvenire per mezzo di microfoni: il principio era lo stesso dei primi fonografi acustici ma le
vibrazioni, invece di essere trasformate direttamente in incisione per mezzo di una membrana direttamente collegata alla
puntina, venivano captate dal microfono, trasformate in impulsi elettrici e quindi amplificate. In questo modo il suono al
momento dell’incisione risultava molto più potente e ricco di sfumature.
I primi dischi registrati con la nuova tecnologia furono messi in vendita a partire dal 1925, assieme ai primi fonografi elettrici.
A partire dagli anni ’50 vennero sviluppati registratori dotati di quattro e successivamente otto piste, tuttavia essi non
vennero sfruttati appieno ancora per alcuni anni.
Il principio della registrazione multipista su nastro rimase sostanzialmente invariata fino agli anni ’80: i cambiamenti più
significativi furono l’aumento del numero delle piste, che passarono da quattro a sedici o ventiquattro piste, e l’introduzione
di nuove tecniche per la riduzione del rumore di fondo del nastro.
Tra le apparecchiature più utilizzate troviamo i sistemi di riduzione del rumore sviluppati dai laboratori Dolby, che si basano
su un processo di amplificazione e successiva riduzione di determinate frequenze presenti sulla registrazione.
Tali sistemi sono indispensabili in caso di utilizzo intensivo della sovraincisione, poiché aiutano a mantenere a livelli
accettabili il rumore di fondo sul nastro.
Nel 1964 la Compact Cassetta divenne uno dei principali formati audio consumer, che portò allo sviluppo da parte della Sony,
del walkman introdotto nel 1970, che fu il primo riproduttore di musica personale e diede un'importante spinta alla
distribuzione di massa di registrazioni musicali.
Nel 1981 Philips e Sony presentano congiuntamente un nuovo prodotto: il CD-Audio (Compact Disc Audio ) e il suo
apparecchio di riproduzione dotato di un sistema di lettura laser. Si passa dalla tecnologia dei nastri magnetici e dei long
playing a quella innovativa della lettura ottica digitale.
Nel 1995 nasce un consorzio fra le più importanti ditte del settore, per lo sviluppo dello standard unico e la
commercializzazione del DVD (Digital Versatil Disc) nelle versioni DVD Audio, Video, Ram riscrivibile e Rom. Il sistema DVD,
lanciato nel 1998, penetrata nel mercato di massa e la versione video sostituisce di fatto il diffusissimo nastro VHS. Il formato
MP3 conferisce alla riproducibilità dei suoni una nuova caratteristica: la possibilità di essere ascoltati facendo a meno di uno
specifico supporto fisico. Tramite questo formato che utilizza un sistema di compressione numerica dell'informazione sonora,
si può raccogliere un minuto di informazione in uno spazio 10 volte inferiore a quello utilizzato in un CD audio.
CONCLUSIONI
Il corso qui presentato e sintetizzato è stato particolarmente utile per compendiare ed unire
conoscenze sparse che qualsiasi addetto ai lavori apprende durante lo svolgimento della propria
professione.

Come già detto in altre occasioni, per padroneggiare i segreti del mondo audio bisogna unire un
approfondito studio della tecnica e della teoria ad un lungo periodo di pratica, sperimentazioni ed
esercitazioni, senza temere gli errori, ma sfruttandoli come feedback costante per i propri progressi.

Ringrazio il Professore Eronico per le spiegazioni precise e coinvolgenti, e spero che questo lavoro
possa tornare utile anche ad altri colleghi che vorranno leggerlo.
Ribera
Il__________________________
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