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UNIVERSALE ECONOMICA FELTRINELLI

ARMANDO GENTILUCCI

INTRODUZIONE ALLA
MUSICA ELETTRONICA

Capitolo primo

Musica elettronica, concreta, su nastro

Prima edizione: settembre 1972


Quarta edizione: settrmbre 1983

Copyright by

O
Giangiacomo Felrrinelli Editore Milano

I
i

Musica elettronica, musica concreta, musica sperimentale su nastro: questi termini, che definiscono esperienze
artistiche recenti ma ormai "storiche." sono ancora circonfusi, nello status dell'attuale coscienza d'ascolto del fruitore
comune e occasionale, da una nebbia di esoterismo tecnologico. L'equivoco (favorito magari, oltre che dall'ostentato
scientismo polemico di alcuni musicisti "sperimentali" in
anni sepolti anche se ancora vicini a noi, dal neoimpressionismo d'accatto di tante colonne sonore per documentari e
film di fantascienza, cio a dire dall'associazione esterna,
superficiale almeno, tra determinati suoni prodotti elettronicamente e immagini riferibili al moderno foklorismo
tecnologico) induce gran parte dei "non addetti ai lavorin
a considerare le recenti esperienze elettroacustiche dell'avanguardia alla stregua di un'abdicazione dell'umano a vantaggio del culto feticistico, esclusivo, per la ricerca su
inediti generatori di suono. A che titolo poi ci avverrebbe,
non certo chiaro nella mente dell'ascoltatore poco provveduto: arida catalogazione di possibilit foniche o ebbrezza
bruitistica, gusto machinrste o trntazione alchimistica al
limite di una magia nera musicale?
Naturalmente, quand'anche fosse vero che parte della
produzione recente nasce o nata all'insegna di una nuova
"era dei ghiacci," come stato detto, resterebbe da stabilire perch ci avvenga: ma questo non problema che
riguardi esclusivamente la musica elettroacustica, quindi tale
da giustificare timori specifici, circoscritti.
Infatti, la produzione di nuovi suoni elettronici attraverso la conversione di vibrazioni elettriche in vibrazioni
sonore, in s e per s costituisce un fenomeno al quale anche
ascoltatori distratti o soperticiali si sono ormai assuefatti

attraverso l'ascolto sistematico della musica leggera tecnicamente piii aggiornata. I complessi pop e simili si distinguono l'uno dall'altro quasi esclusivamente per un particolare sound, mentre la struttura melodica, ritmica e armonica
delle loro composizioni pressoch standardizzata. L'uso
dei sintetizzatori elettronici, che inserisce effetti sonori
nuovi, e degli amplificatori, crea situazioni d'ascolto notevolmente piii complesse e interessanti. Al di l dei mezzi
timbrici nuovi, degl'impasti inediti e quindi della maggiore
disponibilit "materica" che contrassegna la musica pop
sta per la somma dei nessi grammaticali e linguistici tradizionali: melodia, tonalismo o quanto meno modalismo diatonico, armonia basata su accordi elementari, ritmo simmetrico-continuativo (non si dice ovviamente del sistema temperato). Essi, nella produzione etichettabile all'insegna del
consumo, anche in quella artigianalmente scaltrita, restano
pressoch completamente intatti, dovendo assolvere a ben
precise funzioni di conservazione culturale, di invito alla
passivit e di integrazione acritica rispetto al mondo cosi
com'.
Solo in questo modo si pu spiegare perch, rimanendo
sul generico, quelle stesse ambientazioni sonore che nel
campo "leggero" non ostacolano ma anzi favoriscono il
successo dei vari "complessi," in quello della musica cosiddetta "seria" inducano a diffuse perplessit. Nel primo caso
la novit timbrica ha un valore largamente sovrastrutturale
sia pure vistosamente sottolineato e non privo di combinazioni abili; nel secondo, i mezzi elettronici e sperimentali
in genere aprono un campo di possibilit su cui il musicista
fa leva per operare radicali o quanto meno ulteriori (anche
rispetto all'avanguardia storica) trasformazioni linguistiche.
Le quali costituiscono dunque verosimilmente il vero motivo
di preoccupazione per ascoltatori bloccati a schemi percet.tivi
unilaterali; oppure magari, all'opposto, i veicoli di entusiasmi sospetti, dove la fascinosit misteriosa di suoni mai
uditi viene associata con disarmante ingenuit alla sfera del
misticismo, dell'incoilscio e simili (ascolto di tipo impressionistico, con tentazioni esoterico-simboliste).
La musica costruita con materiali prodotti mediante generatori sonori di origine tecnica o comunque elaborati attra-

verso le apparecchiature elettroacustiche si affaccia sulla


scena proprio in un momento preciso, in rapporto alla crisi
storica della civilt musicale europea e occidentale, in seguito
all'emancipazione del rumore (o suono indeterminato) e
all'accentuato timbrismo della corrente post-weberniana,
vale a dire dell'avanguardia musicale del dopoguerra. Prima
degli anni '50 i tentativi compiuti con le Onde Martenot,
con il Trautonium, con l'organo Hammond non uscivano
dalle rotaie del sistema temperato, vale a dire dalla divisione
dell'ottava in dodici semitoni uguali, e solo arricchivano
con strumenti alimentati da corrente elettrica la tavolozza
timbrica di qualche aroma coloristico in piii, senza mettere
in bench minima discussione le strutture-base del linguaggio musicale. Similmente, si diceva, sebbene ad un livello
tecnologicamente piu complesso, avviene oggi con la musica
leggera smaliziata. Non a caso i sintetizzatori di piccola portata sono dotati di una tastiera dove puntualmente si ritrovano le consuete dodici note del sistema temperato. Sarebbe
errato anche assegnare il salto qualitativo intervenuto con
l'utilizzazione dell'elettroacustica da parte di molti musicisti dell'avanguardia al perfezionamento tecnico. Ritenere,
come qualcuno ha fatto, che l&sperimentazioni degli anni '50
siano il frutto esclusivo, e in un certo senso automatico, delle
possibilit offerte dalla registrazione su nastro sintomo di
sbrigativo determinismo. Nessuna condizione materiale favorevole a che si realizzi la costituzione di un nuovo mondo
sonoro pu essere, di per s, decisiva. L'intenzionalit formale, insomma, condiziona gli strumenti tecnici almeno nella
misura in cui ne condizionata: lo sviluppo non pu mai
ascriversi a un progresso automatico dei mezzi elaborativi,
come avviene invece per gli organismi naturali.
Per musica elettronica si deve intendere dunque non
tanto un generico ricorso a strumenti il cui suono viene
prodotto elettronicamente, bensi quell'esperienza compositiva che, muovendo dalle virtualit materiche intrinseche ai
nuovi mezzi, ha realmente allargato e approfondito l'area
delle
foniche unitamente ai processi o~erazionali
di composizione, ai moduli costruttivi. Se il suono elettronico non rappresentava certo di per s una novit attorno
al 1950, pure in quegli anni che si chiarivano definitiva-

mente i termini di una diversa formulazione e strutturazione


del materiale sonoro, in seguito alla produzione di timbri
indeterminati e pertanto fuori del raggio d'azione del temperamento equabile, come allargamento del tendenziale materismo scaturito dalla dissociazione ~untillisticadello s ~ a z i o
sonoro e di ricostituzione su nuove basi. Inoltre determinante l'immissione massiccia del rumore, che acquista pari
importanza rispetto al suono ad altezza determinata.
I1 lettore si sar accorto come questo libro, bench
per motivi di semplificazione e di richiamo "suggestivo"
a una dimensione particolare abbastanza esperibile dell'odierna ricerca sonora, faccia riferimento nel titolo alla sola mus i a elettronica, in realt chiami in causa lo sperimentalismo
acustico nel suo complesso e sia comprensivo quindi del
concretismo e di ogni impiego del nastro elettromagnetico
come serbatoio in grado di immagazzinare materiali di svariata provenienza da elaborare attraverso il montaggio, il
mixaggio, ecc. Ci si spiega con la genesi e lo sviluppo obiettivo del processo di impiego dei mezzi elettroacustici, con l'intrecciarsi di vari esperimenti sonori. Se infatti per un certo
tempo la musica concreta e quella elettronica hanno rappresentato campi di ricerca diversi, talora addirittura opposti
seppur avviati a una progressiva integrazione, dopo il 1960
si pu parlare di assimilazione della prima da parte della
seconda. Sempre piu la musica elettronica si servita di
rumori, sia attraverso apparecchiature autonome (generatore
di rumori) e sia mediante registrazione attraverso il microfono di materiali precostituiti e di varia fonte, vere schegge
sonore d'esistenza. Se all'inizio i concretisti soprattutto francesi guardavano alla musica elettronica pura come a un'asettica costruzione artificiosamente volta a ingigantire, dilatare
il processo di ferrea razionalizzazione della musica seriale
in campo vocale-strumentale, mentre gli "elettronici" li
ripagavano della stessa moneta ritenendoli fermi a un grezzo
gusto per facili suggestioni decadentistiche o naturalistiche,
il successivo intrecciarsi di componenti provenienti dagli
opposti campi ha permesso di puntare, al di l di ogni mero
affinamento dei materiali in astratto, su un nuovo potere
comunicativo.

Ma cosa si intende per musrca elettronzca e per musicrr


concreta? Onde evitare confusioni e fraintendimenti va precisato il punto che riguarda affinit e differenze tra le due
esperienze considerate allo stato puro, e dunque in una fase
storicamente iniziale. Come gi si detto e si preciser in
seguito dettagliatainente, sebbene il clima storico accomuni
questi due filoni di ricerca nati da differenti ma complementari temperie culturali e sempre piu spesso intersecati fino
a confondersi o a relazionarsi al modo di momenti integrati
o dialettizzati, purtuttavia vi sono caratteri specifici che
esigono una distinzione preliminare chiara, sia pur essa
provvisoria, schematica e da rimettere in discussione ogni
qualvolta gli esempi musicali smentiscono, con le loro multiformi combinazioni, classificazioni rigide oggi insostenibili
e largamente inattuali.
Nella musica concreta allo stato puro il materiale sonoro
di base sempre precostituito: suoni e rumori provenienti
da qualsiasi contesto, anche di natura esistenziale, cio a dire
ricavati dalla quotidianit, dalla natura, dalla tecnologia
come da voci e strumenti tradizionali, vengono registrati con
il magnetofono, immagazzinati e successivamente elaborati
mediante la tecnica del montaggio e piu o meno denaturati.
Al contrario, la musica elettronica pura si serve solo di
suoni prodotti attraverso generatori di frequenza, di rumori.
di impulsi, di onde. I suoni che ne derivano sono dunque
totalmente nuovi. Tra i mezzi elaborativi comuni vanno citati
tutti gl'interventi nel campo della stratificazione materica,
dell'intensit, e poi ancora l'uso simultaneo di piu nastri,
il mixaggio, il lavoro di forbici sul materiale fissato su
nastro, con sezioni anche piccolissime montate secondo criteri soggettivi di composizione, retroversione del suono,
sfumatura del suono, cancellazione di parte del nastro ad
uso di modificazione e filtro d'altezza o timbrico, spazializzazione mediante altoparlanti.
Inoltre si viene ad avere una possibilit di controllo
assoluto delle durate, la cui misurazione avviene sulla base
della lunghezza del nastro scorrevole. Le fiprazioni ritmiche
irrazionali, anche quelle assolutamente non controllabili nel-

l'esecuzione viva (vocale o strumentale), fuori della portata


della percezione sensibile, possono essere realizzate senza
problema alcuno.
Nel campo "concreto" come in quello di sintesi elettroacustica di molteplici fonti, suoni e "rumori" costituzionalmente votati alla dissolvenza (strumenti a percussione in
metallo, vibrafono, campane, pianoforte, arpa e altri ancora)
per la prima volta nella storia della strumentazione timbrica
conoscono la possibilit del "crescendon attraverso la retroversione. Cosi come ( e si portano qui solo alcuni esempi
molto elementari) viene rivoluzionato il tradizionale rapporto fonico tra le varie famiglie dell'orchestra. Un suono
"colorato" pifi o meno come un flauto (suono sintetico),
oppure un flauto "elettrificato," pu sforare ed essere in
primo piano anche rispetto a un blocco massivo di ottoni
(trombe, corni, tromboni, tube, ecc.), che in condizioni
"normali" lo avrebbero schiacciato rendendolo pressoch
inudibile. Al di l del culto feticjstico per il suono sorgivo
sta dunque anche la volont di rivedere, mediante un rigoroso empirismo che da elementi comuni trae singolari impasti, fatti acustici non pifi dati una volta per tutte, non pi6
istituzionalizzati.
I'remesso quanto sopra, se ne deduce che tanto nella
musica elettronica pura quanto in quella concreta che non
ricorra alla registrazione di suoni prodotti da strumenti o
voci e poi deformati, denaturati e cosi via, scompare la
figura dell'interprete. Questo aspetto non ha mancato di
produrre una piu che legittima inquietudine in coloro i
quali, pur senza feticizzare l'interprete in quanto deus ex
machina, hanno avuto il sacrosanto timore che venisse meno
proprio una tra le virtualit specifiche e difficilmente rinunciabili dell'attivit musicale, vale a dire la possibilit di
rivivere il testo in molteplici incarnazioni esecutive e in una
sempre rinnovata, attiva tensione comunicativa. Si temuto
insomma che la musica finisse per assumere carattere fantascientifico, asettico, astratto da quel reale contatto fisico e
umano che unisce interpreti e pubblico in un teatro, sala
da concerto, luogo pubblico.
Va peraltro detto che si tratta di un problema in larghis-

sima misura superato: gli sviluppi successivi, dall'iniziale


entusiasmo esclusivo per il materiale tecnico, hanno mostrato la tendenza a integrare il nastro elettronico con l'esecuzione dal vivo. Si pu parlare allora di un periodo iniziale
di purismo sperimentale sia nel settore concreto sia in
quello elettronico che si protratto fin verso il 1960, a cui
ha fatto seguito un'apertura verso molteplici integrazioni.
Si spiega cosi come siano oggi largamente plausibili opere
concertistico-rappresentative basate in larga parte su materiali elaborati in sede di studio elettroacustico, contrariamente a quanto avveniva anni addietro, allorch musiche
squisitamente radiofoniche subivano la grottesca cerimonia
rituale dell'ascolto collettivo di un nastro in sale semibuie.
senza che intervenisse alcun apporto di natura gestualevisiva.
La valvola rlettronicu, altrimenti detta triodo, l'elemento fondamentale dei sistemi oscillanti elettrici da trasformare in frequenze percepibili acusticamente, udibili dall'orecchio umano come suoni. Negli studi di musica elettronica esistono alcuni tipi di generatori di suono: quello che
produce, su ogni possibile frequenza, il suono sinusoidale
puro, elemento pifi semplice del mondo elettroacustico; valvole che generano onde quadre, derivate dall'addizionarsi
di armoniche dispari rispetto all'onda sinusoidale e dotate
di timbro particolarmente aspro; e ancora onde a dente di
sega, derivate dalla somma delle armoniche addizionate
all'onda sinusoidale, rettangolari, triangolari.
Abbiamo poi il generatore di suono bianco (detto anche
rumore bianco), che contiene stratificate in blocco massivo
e sincronico tutte le frequenze esistenti; e ancora il generatore di impulsi. Inoltre vi sono tutte le complesse apparecchiature per l'elaborazione: modulatori di frequenza, ampiezza, ad anello, camera d'eco, selettori di ampiezza, ecc.
Tra le modalit operative di base, particolare rilievo ha il
filtraggio, che pu essere delle frequenze (da un blocco
intensivo di suoni eliminazione delle acute, medie o gravi)
e quindi anche timbrico.
Particolare interesse dal punto di vista della stratificazione riveste la scoperta del suono bianco, che abbraccia la

totaliti dellu spazio acustico. Si pensi, per analogia, a


t.luster in uno strumento a tastiera (pianoforte, organo.
armonium, e simili), vale a dire alla percussione simultanea
di numerosi tasti contigui: quest'ultimo non che la pallidissima idea, il parente povero del corrispettivo elettronico,
il quale non essendo soggetto al temperamento equabile,
alla divisione dell'ottava in dodici semitoni uguali tra loro,
rappresenta un serbatoio fonico omogeneo, compatto, che
annulla ogni sia pur minimo interstizio tra suono e suono,
non conosce vuoti nell'ambito delle frequenze. I l semitono
cessa di essere l'intervallo minimo e sopravvengono invece,
massicciamente, le divisioni infinitesimali del suono. Allorch i blocchi sonori costituiti di molteplici sovrapposizioni
elettroniche sono in movimento e procurano quella sensazione di immobilit colorata per di continue rifrazioni, si
pu pensare, s'intende per semplice analogia descrittiva,
alla dilatazione e moltiplicazione estrema del concetto di
quadrato magico, ristretto per entro gli argini di un'ottava, o meglio di una settima maggiore: quadrato che all'interno del sistema temperato indica l'esaurimento continuo,
verticale e orizzontale insieme, delle dodici note che formano
il totale cromatico, cio dell'intera gamma dei suoni usabili.
Questa sorta di tabella indicava come attraverso il meccanismo razionale della serializzazione la materia potesse polverizzarsi combinatoriamente in un tessuto indistinto, al
limite inorganico, proprio e paradossalmente per la sua
compattezza "neutra": una sorta di actio non agens. Gi
nell'anticipazione "temperata" del quadrato magico, ma
tanto piu nell'infinito universo elettronico, ogni barriera
tra .ruono e rumore cade, si svuotano di valore le tradizionali
categorie che privilegiavano all'estremo la trama melodica
disegnata dalla successione degli intervalli e mantenevano
in ombra una concezione magmatica ora invece sbalzante in
primo piano al pari di ogni altra prospettiva di agglutinamento fonico.
Si diceva in precedenza della necessit di distinguere i
mezzi tecnici dalla loro utilizzazione e si posto l'accento
sulla fondamentale attitudine del compositore "sperimentale" a prendere coscienza preventiva del campo sonoro dischiuso dall'avvento dell'elettroacustica proiettandovi la pro-

pria intenzioiialit tormativa in un secondo teiilpo, A ricognizione materica avvenuta. I n realt, e lo vedremo meglio
pi6 avanti, l'emancipazione del compositore da quegli schemi
mentali di articolazione strutturale che egli stesso approntava o aveva approntato in sede vocale-strumentale non
avvenuta di punto in bianco. Metodi compositivi preesistenti sono stati spesso una guida, hanno rappresentato una
traccia di organizzazione a cui i musicisti sperimentali si
sono aggrappati per cominciare una cauta presa di possesso
del vasto campo sonoro inizialmente solo intravisto. Ma si
voluto poco fa precipitare le cose, nell'impazienza di delineare lo scarto innovativo nei procedimenti di composizione,
estremizzando una linea di tendenza che invece si fatta
luce progressivamente, a continuo contatto con la vasta e
peculiare nuova fonicit.
I1 musicista si pone dunque oggi di fronte alle apparecchiature tecniche in maniera abbastanza salutarmente empirica. Abbiamo visto come egli goda di una disponibilit
enorme nel campo delle frequenze: non piu dodici suoni
selezionati nel corso dei secoli da quell'immensa riserva
costituita dalla natura, bensi orizzonti sconfinati, combinazioni infinite, microintervalli a volont, e anche timbri
potenziali, impasti sonori nuovi a portata di mano, sebbene
in questo settore I'elettroacustica abbia mantenuto meno di
quanto sembrava promettere. Come primo rilievo occorre
precisare che questa prassi sperimentale sul vivo di un virtuale patrimonio acustico di cui non stata ancora fatta
una mappa che non sia parzialissima, non ha precedenti
nella storia della musica. I codici linguistico-musicali sui
quali si fondavano le varie esperienze compositive prima
dell'elettroacustica, erano frutto di una razionalizzazione, di
una sintesi semplificatoria, di una riduzione estrema delle
frequenze utili al far musica, che si estendeva poi agli altri
parametri. Ora, come ha sintetizzato con esemplare chiarezza didascalica Luigi Rognoni, "il musicista sembra trovarsi in condizioni simili a quelle del pittore che manipola
direttamente la materia-colore su una tavolozza e la fissa in
un'unica e definitiva rappresentazione espressiva sulla tela.
Cosi il musicista fissa su nastro magnetico il suo pensiero,
una volta per sempre"; questo vale oggi soprattutto per la

costituzione del materiale timbrico e per le durate dei suoni,


mentre dinamiche, effetti spaziali e perfino le altaze possono essere modulate in esecuzione dal vivo.
L'atto del comporre riduce l'aspetto propriamente di
manipolazione nei confronti di un materiale gi definito e
diviene anche la rivelazione dell'in s della sostanza sonora.
Resta inteso che sproporzionato ritenere che la musica
sperimentale ricavata da generatori di suono elettronici pretenda necessariamente di coprire l'intero arco problematico
della musica nuova, gettando un colpo di spugna su tutto
quanto stato realizzato nel campo della musica strumentale
e vocale piu avanzata. I principali compositori di musica
elettronico-concreta sono autori anche di musica prodotta
con mezzi piu "tradizionali." Bisogna poi tener conto che
se, come si diceva sopra, in un primo momento stata
piuttosto frequente la tentazione di ritenere i mezzi sonori
elettronici in grado di creare timbri in numero pressoch
illimitato, fino a scoprire mediante la sovrapposizione dei
suoni sinusoidali l'universo musicale intero, fino a disegnare
una mappa totale delle possibilit coloristiche, oggi le cose
sono un po' diverse. Ricerche di acustica hanno confermato
che ad esempio i suoni sinusoidali, elementi-base della musica elettronica, non sono del tutto privi di timbro. Ne consegue che i suoni ottenuti sinteticamente con la sovrapposizione di suoni puri rinviano sempre alla fonte, hanno un
inconfondibile "colore che ne svela l'origine tecnologica.
I migliori musicisti d'oggi impegnati nel settore della
musica sperimentale su nastro sanno che l'incarnazione della
nuova musica con i materiali tecnologici non pu compiersi
interamente, pena gravi auto-limitazioni e auto-amputazioni.
Questo fatto rappresenta una precisa coscienza della relativit dei problemi inerenti al campo specifico, in rapporto
alla piu vasta scena musicale. Gi si parlato di progressiva
integrazione; non si deve sottovalutare neppure l'influenza
che certi agglutinamenti timbrico-materici desunti piu o
meno dalle suggesti~nidella stratificazione elettronica hanno
avuto nel ripensamento dello stesso suono delle voci, degli
strumenti, nel modo di trattare l'orchestra e i cori. Ma di
questo si riparler piu avanti.
Uno scarto innovativo notevole coinvolge anche il campo
"'

della notazione, che nelle composizioni elettroacustiche


pressoch assente, destituita di fondamento e di funzione.
L'unica realt quella registrata sul nastro magnetico, data
una volta per tutte. Se si eccettuano alcuni isolati tentativi
di fissazione grafica (Stockhausen: Studio I I ; Evangelisti:
Incontri di fasce sonore), si pu dire che il musicista si limiti per lo piu ad appunti privati, del resto estremamente
generici, freghi alla rinfusa difficilmente leggibili da altri,
piani preparatori poi smentiti e riveduti, catalogazione della
materia fonica, montaggio, ecc. Qualcosa di simile alla descrizione verbale di un pittore che, per ipotesi assurda,
volesse renderci edotti, attraverso una sommaria descrizione
fatta di parole e numeri, del lavoro che va svolgendo su
vari materiali stratificati. Resta inteso, com' facilmente
intuibile, che il quadro sarebbe poi tutt'altra cosa rispetto
alla spiegazione dei processi operazionali.
Perch questo?
A parte, ripetiamo, l'utilit assai relativa di una partitura elettronica, che ~ o t r e b b eservire al massimo come materia di studio, bisogna considerare le oggettive difficolt
(per non parlare di impossibilit, almeno allo stato attuale)
che si incontrano qualora si voglia riportare graficamente
con precisione una quantit di dati che vanno a situarsi fuori
del sistema tradizionale. I1 numero delle frequenze acustiche
si moltiplica vertiginosamente, la sovrapposizione di suoni
in densi strati non consente di seguire e perci indicare esattamente le singole componenti interne.
Finch la composizione elettronica era ancora limitata
entro ambiti ben circoscritti, volutamente schematica, esisteva ancora la possibilit di scrivere una partitura di accettabile approssimazione. Da un certo momento in avanti, la
complessit dei mezzi impiegati (suoni sintetici mescolati
con eventi fonici precostituiti, registrati e integrati mediante distorsione o manipolazione) non ha permesso che si
sedimentasse una scrittura onnicomprensiva, ed stata perci una decisione saggia quella di rinviare sempre alla realt
tangibile della fissazione su nastro.

Cnpirolo secondo

Antecedenti storici:
la progressiva rivalsa del "rumore"

I1 sistema musicale d'occidente, pur nell'avvicendarsi


deile varie esperienze compositive, ha utilizzato per secoli,
e anzi millenni, solo una parte minima del pressoch inesauribile potenziale sonoro a disposizione dell'uomo. I1 tetracordo e l'armonia (scala d'ottava formata da -due tetracordi)
dell'antico sistema musicale greco, i modi gregoriani della
liturgia medioevale, le tonalit maggiore e minore del sistema musicale in auge dalla fine del Rinascimento fino alle
soglie del '900, l'atonalismo, la dodecafonia e perfino la
serialit integrale, rappresentano stadi di un processo evolutivo tutto sommato rettilineo (bench certo alimentato e
reso storicamente significante da contrasti, interne contraddizioni e magari ribaltamenti dialettici). Essi sfociano l'uno
nell'altro disegnando sempre un cosmo linguistico di volta
in volta diverso, magari opposto nelle soluzioni, e tuttavia
incurvato su se stesso negli elementi fonici primari. DaIl'alternanza in varie combinazioni degl'intervalli di tono e
semitono nelle scale diatoniche (modali o tonali che siano)
al cromatismo sistemizzato dopo la rottura degli argini tonali
nel metodo di comporre con i dodici suoni teorizzato da
Arnold SchGnberg e dalla sua scuola espressionista (Alban
Berg, Anton Webern), il campo delle altezze acustiche, in
natura senza meno sterminato, era ristretto enormemente,
affinch potesse costituirsi una ret- di relazioni precise e
istituzionalizzate per sedimentazione storica tra i vari elementi della grammatica e sintassi musicale. Non a caso i
greci, pur conoscendo e ~raticandoil genere enarmonico
comprendente microintervalli, privilegiarono decisamente il
diutonico, di piii facile esecuzione vocale e quindi meglio
plasmabile. Ora noi sappiamo appunto che la teoria musicale greca ha costituito la ~iattaformateorica per l'intera

es~erienzamusicale d'occidente (attraverso la mediazione di


~e'veriiioBoezio). Nel sistema diatonico e in quello cromatico le sette e le dodici note avevano funzione analoga alle
lettere dell'alfabeto: gli intervalli melodici. cio le differenze
di altezza acustica tra suono e suono, creavano nella successione diacronica-orizzontale e successivamente sincronicaverticale un preciso "racconto" che si estendeva nel tempo
secondo precisi legamenti logici, facilmente memorizzabili.
Vcro che non in tutti i casi l'organicit del tessuto
sonoro selezionato stata ottenuta per la stessa identica via
e per i medesimi scopi: nel sistema tonale, che ha retto
grosso modo per tre secoli (da! 1600 al 1900), la scelta degli
intervalli melodico-armonici frutto di una funzionalizzazione preventiva dei vari gradi del!a scala in rapporto tra
loro, secondo un alto quoziente di convenzionalit accettata
per progressiva assimilazione culturale. (Per inciso, si ricorder come la musica tonale, sui cardini della quale si basa
tuttora la grandissima parte della produzione di consumo,
rappresenti ancora ai giorni nostri per vasti strati di ascoltatori una sorta di "seconda natura. " ) Nella concezione che
per comodit definiremo atonale, o piii specificatamente
dodecafonico e seriale. i dodici suoni della scala cromatica
hanno invece subito un processo di livellamento, parificazione e dunque in defintiva di defunzionalizzazione rispetto
alla prassi contro la quale la nuova musica si rivolgeva:
essi rappresentano una consistenza piii nuda del materiale,
definiscono un campo d'azione straniato dalla globale istituzionalizzazione del linguaggio musicale imperniato sulla tonalit. Questo campo sonoro, costituzionalmente portato
all'esaurimento continuo del totale cromatico, rimane tuttavia all'interno del sistema temperato, offrendosi alla manipolazione in maniera piii libera, aperta, non convenzionalmente vincolante: i dodici suoni, le dodici note, sono per
ancora sempre gli stessi.
abbastanza comprensibile che, muovendo da siffatta
base, la musica occidentale privilegiasse inoltre nettissimamente i suoni a frequenza definita rispetto a quelli ad altezza
indeterminata, relegati sbrigativamente e anche spregiativamente tra i rumori; o meglio, utilizzasse questi ultimi con
funzione accessoria, marginale. Si pensi soprattutto agli idio-

foni e ai membranofoni come supporti ritmico-percussivi.


Quel che importa osservare pu riassumersi allora schematicamente cosi: la grammatica musicale, fino alla met
circa del nostro secolo, ha preso in considerazione soltanto
dodici suoni riportabili su varie ottave, operando una vastissima selezione su due fronti, uno per cosi dire interno all'immenso campo delle frequenze vibratorie possibili in un corpo
acustico determinato, l'altro esterno. Quest'ultimo riguarda
ovviamente il rumore o suono indeterminato, vale a dire
quell'evento acustico composito per la simultanea presenza
di piramidi di "armonici" differenziate, del quale si afferra
unicamente la caratterizzazione timbricq e che quindi veniva
assunto con ruolo piu o meno secondario, subalterno, prevalentemente ritmico. Perci, se la musica della tradizione
occidentale ha privilegiato la trama melodica e la struttura
armonica (ossia il concatenamento di accordi costituiti da
suoni prodotti simultaneamente, verticalizzati secondo criteri
di affinit funzionale), il timbro puro rimasto a lungo
relativamente in ombra. I1 disegno, insomma, ha sempre
prevalso sul colore, sul materiale "visivo" in quanto tale,
se si tien ferma l'assai efficace analogia con la pittura. Non
forse vero che anche qui la soggezione dell'impasto coloristico, rispetto agli spazi preventivamente sagomati dalla
matita, stata per lungo tempo pressoch totale?
Senza addentrarci troppo in una storia dello sperimentalismo pre-novecentesco, che rischierebbe di rendere frammentario e dispersivo (o al contrario ipertrofico) un discorso
che vuole essere il piu possibile piano e funzionale, sar
bene tuttavia considerare come entro l'area stilistica di certo
romanticismo musicale si siano venute configurando soluzioni impreviste ed eterodosse rispetto alla prassi compositiva del classicismo viennese, Beethoven escluso ( e prima
ancora del barocco, Vivaldi escluso). Come non rivolgere
la mente a Berlioz, alla sua irreqpieta fantasia timbrica,
a quegli autentici strati di materia sonora dialetticamente
contrapposti di cui le note sembrano puri supporti, secondo
una prassi esattamente opposta rispetto a una tradizione
la quale, anche se concedeva qualche spazio a seduzioni timbriche, lo faceva per a patto di lasciar colorare strutture
perfettamente determinate e largamente definite dagli altri

parametri compositivi (melodia e armonia su base modaletonale, ritmo simmetrico e pulsante, distribuzione per volumi o spessori timbricamente uniformi o semplicemente
differenziati "a scacchiera ")?
L'affermazione progressiva del parametro timbrico, fino
alla concezione magmatica del suono che presiede alla nascita dei primi esperimenti elettronici e concreti, muove
dunque da componenti fattuali, operative e culturali diverse.
Da una parte si verifica il sopravvenire parziale del timbrismo all'interno di un'area grammaticale-linguistica ancora
tonale. Dall'altra, come si vedr, lo sgretolarsi delle impalcature linguistiche tradizionali lungo l'arco novecentesco,
fino alla riduzione materica del suono in seguito ad affastellamento fonico o scardinamento delle note musicali dalle
loro funzioni (gradi delle scala diatonica) e conversione
del!e medesime a puri eventi acustici, ad altezze frequenziali
immemori costituzionalmente di qualsivoglia affinit elettiva
che possa congiungere l'una alle altre o preventivamente
disgiungerle. (Se l'espressiot~ismo viennese e le sue derivazioni hanno voluto privilegiare certa intervallistica dissonante rispetto a quella consonante, ci avvenuto come
rivalsa e negazione nei confronti dello stadio linguistico
precedente: questo riguarda una fase precisa, torrida della
cultura musicale, e non caratteristiche intrinseche alla materia. Per cui certamente piu esatto parlare di musica antitonale che non di musica semplicemente a-tonale.)
Anticipando alcune conclusioni, s' voluto dare un quadro piu ampio e sictetico del processo di rivalutazione del
timbro e della materia acustica in s e per s considerata.
Ma bene tornare subito a una piu precisa linea di indagine.
Se dunque un discorso storico esauriente in merito alla
rimozione del baratro che un tempo separava il suono dal
rumore non pu andare troppo indietro nel tempo, il che
richiederebbe un impegno assolutamente sproporzionato all'importanza del tema stesso ai fini che ci proponiamo, ci si
dovr limitare a brevi cenni su esperienze posteriori a certo
uso rumoristico-percussivo in Haydn, Mozart e alla fin fine
anche Beethoven. Esempi altamente significativi ce li fornisce, come detto in precedenza, Hctor Berlioz. Dopo
il compositore francese, che soprattutto nella Sinfonia fan-

rusrlcu (182Y-30i [nostra chiarainente di pensare in piii punti


per agglomerati timbrici, per successioni di impasti differenziati anche nella varia densit delle figure ritmiche, prima
ancora che in termini melodici e armonici, le fondamentali
esperienze della scuola romantica tedesca e del poema sinfonico (Liszt. Waaner. imboccano una strada. o almeno la
suggeriscono, che conoscer gli sviluppi piu rilevanti nella
fondamentale ricerca di Debussy (1862-1918). Qui, veramente, il timbro assolve radicalmente a funzioni strutturali,
sostituendo in punti non estremi gli altri parametri, o subordinandoli decisamente: giungendo cosi, per tale via, a quella
paralisi del tempo vitalistico e della dinamica armonica che
costituiscono fattori tra i piii "inquietanti" d e l l ' e ~ ~ e r i e n z a
compositiva debussyana.
Reinserito in un contesto ben maggiormente condizionato dal pulsare ritmico organizzato cineticamente, quindi
maggiormente ancorato al classico segno d i battuta che scandisce il ritmo sia pure asimmetrico, anche lo Stravinskij delle
opere fauve ( e massimamente in PetruSka del 1911-12 e
nella Sagra della priinavera del 1912-13) dava ampio sfogo
a inediti impasti timbrici, ad asprezze "rumoristiche," spingendo gli strumenti dell'orchestra verso i registri estremi,
ricavandone sonorit ora sgargianti, ora acide e violente.
Inoltre. e questo costituisce una testimonianza della derivazione d e b u s s ~ a n adi non poche soluzioni di Stravinskij,
l'infrazione continua rispetto ai ritmi abituali delle misure
regolari tra loro simmetriche, malgrado l'accentuazione metrica ben viva sullo sfondo percettivo, ingenerava un senso
di cristallizzazione, di gelidificazione del tempo, riportando
a una coalizione d'ascolto decisamente me-tonale.
Sul piano dell'emancipazione del parametro timbrico,
l'ungherese Bla Bart6k (1881-1945) ha indicato soluzioni
destinate a proliferare in sempre nuove diramazioni attraverso il vivissimo senso di auscultazione di una materia
sonora colta allo stato quasi larvale. Perseguendo una zona
di ideale "estrAneitn (ancorch sempre dialettica) dai parametri musicali della cultura borghese europea, quindi oltre
le opposte ma complementari vie dell'espvessronismo atonale-dodecafonico e del neoclassicisn~orestaurativo, il musicista magiaro ha sviluppato da una parte i suoi studi etnoL,

musicologici facendo leva su un linguaggio mutuato dal ricchissimo folclore balcanico per elaborare un tessuto armonico-melodico originale, svolgendo contemporaneamente (almeno nelle opere maggiori) una formidabile indagine di
carattere "matericon capace di suggerire una sorta di verginit espressiva, un'articolazione musicale che nasca dal suono
stesso, un'invenzione di assoluta sorgivit. Soprattutto trattando gli strumenti ad arco, Bart6k inventa modi d'attacco,
sonorit davvero seducenti che nulla hanno dell'epidermica
degustazione timbrica per 11 radicalismo con cui perseguito
un climax fatto di brividi timbrici, di strati sonori ora vitrei,
ora vorticosamente agitati: giissati, pizzicati, suoni armonici, al ponticello, con sordina, considerazione delle peculiarit timbriche connesse alle singole corde di ciascuno strumento. I1 compositore ungherese manipola spesso la materia sonora come se non avesse storia ( e dunque non ribalta
neppure polemicamente i termini di una storia passata), compiacendosi di associazioni audaci che nei luoghi piu significativi della produzione bartokiana ( e massimamente nei
Quartetti) hanno nettamente la meglio sulle residue remore
tradizionaliste.
Sempre nell'Europa orientale si era segnalato in anni
lontani il, cecoslovacco Alois Haba (1893), che attorno al
1920 aveva condotto serie ricerche sulla possibilit di ottenere dai consueti strumenti musicali i microintervalli (quarti
e anche sesti di tono). Al coraggio dell'esordiente aveva
per fatto seguito un ripiegamento verso soluzioni tutt'altro
che rivoluzionarie che ben presto circoscrissero il peso effettivo del musicista nell'ambito dello sperimentalismo novecentesco.
I n completa indipendenza, estremamente isolato sia sul
fronte interno che su quello esterno, l'americano Charles
Ives (1874-1954) era giunto a concepire, fin dai primi anni
d i questo secolo, il collage di suoni e rumori ritagliati o
almeno desunti dai piii vari contesti, come uno dei principi
costitutivi di una rinnovata forma musicale: egli perseguiva
per dastellamento (Sinfonia n. 4, 1910-16) o per spazializzazione (The Unanswered Question, 1911 ) la formazione
di una struttura polimaterica intrecciatissima, dove il decorso musicale non piii linguisticamente rettilineo e forma-

lizzato lascia emergere il suono in tutta la sua concretezza,


lascia che i fenomeni sonori per cosi dire "accadano" prima
di significare; o, piu precisamente, il significato nasce dal
modo in cui i fenomeni spesso gi carichi di semanticit
intrinseca sono concatenati (l'arte della citazione che in
quegli anni o poco prima gi era stata di Mahler, seppure
in tutt'altra situazione culturale e con altro senso).
Una particolarissima esperienza, punto di riferimento
d'obbligo per qualsiasi discorso sulle origini della musica
concreta, quella svolta dal pittore e musicista in seconda
Luigi Russolo, esponente del futurismo musicale italiano
unitamente al romagnolo Ralilla Pratella. Le riserve sul velleitarismo barricadiero di questi personaggi, artisticamente
poco consistenti oltrech compromessi politicamente con il
fascismo, sono da considerarsi ovvie e indiscutibili. Tuttavia,
se di Russolo si parlato, all'indomani delle prime sperimentazioni di musica concreta ed elettronica, come di un
precursore, sottolineando per lo piu certe "messe in coincidenza" storiche (piu che rigorose filiazioni), ci non avviene a caso. Luigi Russolo, sebbene meno ferrato di Balilla
Pratella nella tecnica musicale (nonostante gli studi di Conservatorio, rimase sempre in bilico tra la pratica della musica e quella, alla fine prevalente, della pittura), prosegui
piu radicalmente del correligionario romagnolo la via di
una musica ispirata alla tecnica, alla macchina, al rumore:
s'intende, con tutti i limiti alla fin fine politici connessi
a tale poetica, la quale esige appunto, come ha rilevato Luigi
Pestalozza, una musica "in grado di riprodurre nei materiali
l'estetizzante trionfo della tecnica sull'uomo socialmente
annientato dal suo meccanico progredire," che viaggiasse di
conserva alla spregiudicatezza nefasta della borghesia industriale del Nord Italia. Resta comunque il fatto che se Balilla
Pratella ripieg ben presto sull'esperienza neoclassica incrociando la via dei Rcspighi, dei Casella, dei Pizzetti per proseguire poi oltre verso le secche del piu becero provincialismo, Russolo, pur nei modestissimi limiti di compositore
improvvisato, rimase piu fedele all'iniziale spinta sperimentalistica. Al punto che Pierre Schaeffer, apostolo del concretismo francese del secondo dopoguerra, lo chiama in causa
come antecedente diretto dei suoi montaggi rumoristici.
22

L'l1 marzo 1913 Russolo, dopo l'ascolto della Musica futurista di Pratella, scriveva da Milano al collega: "Ci avviciniamo sempre di piu al suono rumore. Noi futuristi abbiamo
tutti profondamente amato e gustato le armonie dei grandi
maestri. Beethoven e Wagner ci hanno squassato i nervi e
il cuore per molti anni. Ora ne siamo sazi e godiamo molto
piu nel combinare idealmente rumori di tram, di motori a
scoppio, di carrozze e folle vocianti ... Ci divertiremo a orchestrare idealmente insieme il fragore delle saracinesche
dei negozi, le porte sbatacchianti, il brusio e lo scalpiccio
delle folle, i diversi frastuoni delle stazioni, delle ferrovie,
delle filande, delle tipografie, delle centrali elettriche, delle
ferrovie sotterranee. Non bisogna dimenticare i rumori
assolutamente nuovi della guerra moderna ..."
I1 famoso intonarumori di Russolo, che fece scandalo e
dest polemiche a non finire, comprendeva fra l'altro "ululatori, " " rombatori, " " scoppiatori, " " ronzatori," "gorgogliatori, " " sibilatori. " Famoso resta il concerto tenuto nell'aprile del '14 al teatro Dal Verme di Milano, dove ben diciannove intonarumori servirono per l'esecuzione di tre brani:
Risveglio della citt, Pranzo sulla terrazza dell'albergo e
Incontro di aeroplani e automobili. Scriveva Russolo a proposito del funzionamento dei suoi strumenti: "Trovato il
principio meccanico che d un rumore, si potr mutarne il
tono regolandosi sulle stesse leggi generali dell'acustica. Si
proceder per esempio con la diminuzione o l'aumento della
velocit, se lo strumento avr un movimento rotatorio, e
con una variet di grandezza o di tensione delle parti sonore,
se lo strumento non avr movimento rotatorio." I1 fatto che
l'enarmonicit del suono scaturisse dalle rudimentali, patetiche e se si vuole un po' comiche macchine del pittoremusicista, aprendo la strada all'irruzione dei microintervalli
e al superamento del sistema temperato, permette di considerare i tentativi di Russolo come punti di partenza da cui
si pu muovere coerentemente verso una ricerca di laboratorio seriamente impostata bench necessariamente empirica, oppure verso una negazione ironica che, puntando semplicemente sull'elemento polemico del rumore, tanto meglio
se onomatopeico, dello scandalo, arrivi appunto alla totale
negazione. all'astuzia nihilista di John Cage.

Se Pierre Schaefier riconosce la paternit di Russolo in


alcuni tentativi fondamentali, sia pure minimizzandone la
portata pratica, anche altri ebbero a che fare con il singolare pioniere milanese. Si sa per certo che Honegger
accolse i suoi suggerimenti e si dichiar ottimista sugli sviluppi del russolofono, e cosi pure Varse, che nel 1929 presect al pubblico parigino un altro strumento di Russolo,
il rumorarmonio. Del resto anche Milhaud e Stravinskij,
negli anni precedenti la prima guerra mondiale, ebbero a
conoscere da vicino le infernali macchine futuriste.
Dei rudimentali tentativi condotti con quegli strumenti
non resta praticamente nulla: anzi, gli strumenti stessi sono
andati perduti. In effetti, Russolo non si ciment mai in
opere musicali organiche, per cui la sua importanza si riduce
unicamente ail'idea anticonformista, al coraggio e alla spregiudicatezza con cui condusse la guerra alla tradizione musicale nel suo complesso.
Non vi 2 dubbio che Edgar Varse (1885-1965), compositore americano di parziale formazione parigina, sia stato
il musicista che maggiormente ha raccolto l'eredit futurista
di Russolo nel senso di un acuito gusto per la materia fonica,
per l'elemento acustico preso in s, per la ricerca di laboratorio. Per lui gli oggetti e gli eventi sonori, nella concretezza della costruzione musicale, sono privati di ogni significato contenutistico o emblematico: appunto, si riducono a
eventi puri, senza che neppure venga concesso troppo spazio
a quella dialettica della "citazione" che Ives invece praticava su larga scala. Varse, sfuggendo in diversi suoi pezzi
dalla convenzione del temperamento equabile e rifiutando
l'organico della grande orchestra ottocentesca e anzi ogni
organico istituzionalizzato dalla pratica del concertismo, scopre ed elabora il suono e il rumore (categorie distinte che
qui non hanno piti nessuna ragion d'essere), svincolati da
ogni dialettica "discorsiva" di tipo tradizionale, da ogni
"legalit" o schema preesistente, cercando piuttosto di ricostruire, con l'uso di materie sonore disparate e denaturate,
il senso di una prorompente vitalit istintiva, di un primitivo
dialogo dell'uomo con la natiira e con le "cose" (quindi
mche con i materiali musicali) che lo circondano: al di l

delle costrizioni del linguaggio musicale istituzionalizzato.


Una verginit nuova infuria dunque in composizioni ricche
di salute ed estro quali Ionzsation (per soli strumenti a
percussione), Octandre, Integrales, dietro le quali pare di
scorgere la sanguigna figura di Walt Whitman ( e ci si
vuole limitare qui al Varse d'anteguerra, vale a dire al
musicista in veste di spericolato precursore).
Varse stato' forse l'unico musicista capace di accogliere la spinta a un totale rinnovamento dei mezzi fonici
fuori dalle convenzioni linguistiche tradizionali senza cadere
nell'efficientismo apologetico, nel feticismo tecnologico.
L'empirismo (nel senso migliore del termine) della ricerca
varsiana, se da una parte tende a liberare l'atto musicale
da suggestioni metafisiche richiamando il lavoro a un criterio di autonomia dell'indagine materica, dall'altro evita
anche il culto per la motoriet vitalistica, individuando per
tale via nel suono colto allo stato primigenio una disponibilit che solo sperimentalmente pu essere circoscritta e
piegata alle esigenze del comporre. qui che il modernismo apologetico e ingenuamente retorizzato (oltrech artisticamente inesistente) di un Russolo si tramuta nel rispecchiamento di una condizione di effettivo superamento dei
mezzi tradizionali di produzione sonora. Schivando generalmente riferimenti acustici troppo compromessi naturalisticamente, Varse indaga con spirito veramente pionieristico
sui nuovi materiali liberamente enucleati. La "positivit"
dell'operazione sottintende certo uno scarto dialettico nei
confronti dello storicismo, abito mentale dei piti avveduti
compositori europei del '900; ne consegue un parziale emarginamento del momento "negativon all'interno della patologia linguistica, e questo pu anche essere inteso come un
limite in epoca capitalistica. comunque certo che la curiosit per la materia, il fascino del suono vergine, l'evocazione
di immagini sonore sconosciute scaturite dal contatto con
materiali disparati e soprattutto dagli strumenti a percussione, la disponibilit ad allargare pressoch illimitatamente
il raggio delle virtualit foniche sono fattori che, se coincidono con la scoperta della realt naturale identificata nella
sostanza fisica del dato acustico, forse solo in Varse si sono
sganciati senza equivoci possibili dal mito efficientistico,

reazionario nella misura in cui la retorizzazione della tecnologia quale espressione attivistica della moderna metropoli
dilegua sotto l'incalzare di ben piu r;gorose istanze di rinnovamento (fin da Ionisation, che il pezzo piu "futurista" in
senso russoliano che mai l'americano abbia composto).
All'emancipazione del linguaggio musicale dal plurisecolare sistema linguistico d'occidente contribuiscono fondamentalmente due direttrici di ricerca tra loro complementari: la prima, che si pu definire del timbrismo o del materismo tendenziale, stata descritta brevemente attraverso
un rapido cenno al lavoro di musicisti pur tra loro dissimili
come Debussy, Bartok, Haba, Ives, Varse, il caotico rumorista Russolo, fin dall'inizio votati ad aprirsi verso orizzonti
estranei alla prospettiva eurocentrica; la seconda, certo non
subordinata in ordine di importanza ma anzi per taliini
aspetti decisiva, costituita dall'espressionismo dodecafonico e dai suoi derivati piii o meno stretti: serialismo, strutturalismo post-weberniano, dissociazione puntillistica e ricostituzione di un tessuto di maggiore spessore attraverso la
tecnica dei gruppi di stockhauseniana invenzione. Questa
seconda via, che ha costituito ovviamente il tronco magno
dell'esperienza avanguardistica per i musicisti europei del
dopoguerra, tende a far esplodere dall'interno del sistema
tradizionale le contraddizioni, attraverso una serie di cortocircuiti che trasformano profondamente la prassi compositiva. L'esito sempre la riduzione materica del suono,
ma qui ci si viene a determinare in seguito a razionale
ribaltamento delle precedenti convenzioni linguistiche
(I'adorniana dialettica negativa in musica), laddove per un
Varse era la risultante di una ipotesi di verginit che
tutto pu inglobare, anche gli elementi piu consunti,
riprospettando ogni oggetto musicale in forma destoricizzata.
Per comprendere la saldatura avvenuta tra l'avanguardia europea che nel dopoguerra ha preso le mosse dalla
dodecafonia e dal serialismo, e le ricerche sperimentali di
elettroacustica, va precisato il ruolo fondamentale assunto
dalla tecnica dissociativa del puntillismo nella riuova mu-

sica in seguito all'applicazione del concetto di serie. a


tutti i parametri.
Qui si deve aprire una vasta parentesi e partire di
lontano, dall'espressionismo prima atonale e poi dodecafonico.
I1 superamento della tonalit, realizzato nei primi
decenni del '900 dai tre esponenti della scuola viennese
(Arnold Schonberg, Alban Berg, Anton Webern), da cui
scaturita poi l'organizzazione dodecafonica dello spazio
sonoro (i dodici suoni della scala cromatica in relazione
tra loro senza centri d'attrazione, senza una gerarchia che
stabilisca a priori l'importanza di una nota musicale rispetto
alle altre, senza leggi che impongano certe sovrapposizioni
in accordi verticali dotati di funzioni precise), signific il
superamento dell'armonia prestabilita, dei conseguenti moduli percettivi di larga prevedibilit, dell'ordine linguistico
dato, insomma. L'espressionismo non certo da intendersi
per, neppure in campo musicale, semplicisticamente come
culto deii'espressione individuale, rifiuto degli schemi formali preesistenti in quanto tali: pur avendo discendenza
romantica, questo movimento scartava infatti soluzioni
consolatorie innalzando la solitudine del musicista alla
coscienza dell'operazione eversiva e dialettica insieme,
configurandosi storicamente non come espressivit positiva,
bensi espressione dell'angoscia, di piu o meno consapevole
rifiuto dei meccanismi sociali borghesi, vale a dire sul
terreno specifico, di quel codice linguistico-musicale su
cui fa leva il consumo per imporre i suoi prodotti e le
sue immagini mistificatorie, volte solo ad accecare la
coscienza critica dell'ascoltatore dandogli del mondo la
migliore immagine possibile, fondamentalmente consolatoria. Perci i modi dell'espressionismo e della dodecafonia privilegiano la dissonanza rispetto alla consonanza,
come rivalsa storico-linguistica prima ancora che psicologica, interpretabile come negativa della tradizione. Prevalgono, sia in senso melodico che armonico, intervalli eccedenti o diminuiti, e poi quelli dissonanti per eccellenza
come la seconda minore e, assai pi6 usata, la settima maggiore che paralizza ogni dialettica interna al campo armonic:) sovrapponendo quei poli opposti del sistema tonale

aperta che Pousseur ha relizzato nel 1956 anche in un


pezzo elettronico, Scambi.
I1 richiamo a Webern dei suddetti musicisti non
certo casuale, in quanto proprio il compositore austriaco
aveva portato il suono singolo alla massima concentrazione, affievolendo l'aspetto schonberghiano e berghiano
di ghermente e angosciosa gestualit ( o macerazione espressionistica), in favore di un processo di decentramento
dei nuclei, di scheggiatura del tessuto musicale in punti
timbricamente variati e isolati da una sempre piu acuta
percezione del " silenzio " come valore musicale. Qualora
risultasse strano il dedurre gli sviluppi successivi dell'informale materico dal sidereo mondo sonoro weberniano,
si pensi per analogia a come il geometrico assoluto di
Mondrian abbia contribuito, certo assieme e complementariamente ad altre esperienze, a svellere in anni gi molto
lontani le ultime tentazioni fieurative in camDo ~ittorico
e a favorire sviluppi di segno opposto, aperte magari ai
recuperi piu inattesi e disinibiti.
Va detto poi che la contraddizione tra progresso e
conservazione, tra ipercostruttivit e negazione, risale in
musica a Mahler e poi per filiazione percorre radicalmente
la strada di Schonberg, Berg, Webern; essa riappare, sotto
varia forma, in tutti i maggiori musicisti della crisi borghese, fino all'avanguardia del secondo dopoguerra (in
seno alla quale, come sempre, Luigi Nono esige un discorso
tutto per s). Cosi lo scientismo del primo Boulez e del
primo Stockhausen (ma altresi di Pousseur) offre spazio
alle colossali lusinghe della salvazione esorcistica e costruttivistica proprio mentre, oggettivamente, inferisce un
colpo decisivo al linguaggio della tradizione musicale d'Occidente disarticolandolo mediante l'assolutizzazione razionale e a tutti i livelli del principio asimmetrico e all'almeno tendenziale estensione del concetto di serie a tutti
gli aspetti del fenomeno sonoro.
La volont di suscitare e utilizzare 'le forze occulte
del numero, del calcolo probabilistico, del serialismo integrale insomma, per farne espediente di assoluta predeterminazione formale, mentre da un lato si alimentava alle
ormai lontane sorgenti ciell'espressionisrno razionalizzato
u

nella serializzazione dodecafonica, dali'altro coagulava ogni


aspetto sonoro intorno a un sistema logico-parametrico
accentrato su se stesso, come Boulez fini con l'ammettere
piu tardi. Esso finiva per perdere quella carica angosciosa
che aveva costituito la ragione prima del sorgere dei meccanismi statistici antiripetitivi, improntati a una vertiginosa assenza di punti di riferimento stabili. Perci T. W.
Adorno. teorico ed eseaeta dell'es~ressionismo viennese,
ha preso una posizione critica nei confronti di una fase
della nuova musica letta in chiave di paradossale estetismo
tecnologico, pur comprendendola e giustificandola sul. piano
storico: "L'angoscia si rovescia in freddo orrore, al di l
delle possibilit del sentimento, dell'identificazione e della
viva inclinazione ... Ouell'orrore reagisce esattamente alla
condizione sociale: i migliori tra i giovani compositori
sono consci di tale sinistra implicazione." Secondo Adorno
questi caratteri formano un complesso di circostanze che
"conferisce alla razionalit il suo aspetto irrazionale, ci
che disastrosamente cieco." I sineoli elementi interni
alla struttura (figure ritmiche, brandiili di incisi melodici,
punti-timbro) non si possono piu isolare nel momento
dell'ascolto, che pu solo permettere I'acquisizione di strati
ormai definibili come materia fonica di varia lega timbrica
e di vario spessore. La nullificazione dell'intervallo melodico fa quindi scadere la nota (che tale solo quando
viene inglobata in una costituzione di modi e scale all'interno delle auali assume un ruolo s~ecifico. cosi come la
lettera dell'afiabeto l'assume nel linguaggio verbale) a suono
puro. Quando Stockhausen compose i famosi Gruppen ('57),
consegn definitivamente alla coscienza d'ascolto la dimensione del magma di avvenimenti sonori simultanei, dall'impatto totalizzante, della "colata lavica" di suoni al
limite dell'indifferenziato. L'attenzione dell'ascoltatore converge qui unicamente sul risultato fonico globale di cui
i singoli .elementi costitutivi sono scomponibili in sede di
analisi della partitura, ma non a livello immediatamente
auditivo. Perfino l'introduzione della poetica del caso o
della prassi aleatoria, avvenuta massicciamente negli anni
'60, non che l'esasperazione distruttiva-nihilista di un
germe che pure lo strutturalismo post-weberniano portava

coli sd, uiia volta condotto alle conseguenze stesse dell'indistinto materico.
Ecco a questo punto profilarsi sull'orizzonte compositivo degli anni '50 l'ipotesi di uno sbocco con gli strumenti
elettroacustici, sui quali fare leva a1 fine di provocare una
sorta di choc liberatore nei confronti degli istituti linguistici
della tradizione anche novecentesca (vedi l'uscita dal sistema temperato), per tentare infine la costruzione ex novo di
un intero universo musicale.
Appare evidente, in conclusione, al centro di quali
stimoli e dentro quale contesto tecnico-culturale si possa
collocare la maturazione degli esperimenti elettronico-concreti. Vi sono, certo, componenti diverse, messe in luce
precedentemente: lenta e progressiva liberazione del parametro timbrico dalle posizioni subalterne in cui da sempre
era stato relegato (attraverso Berlioz. Liszt, Wagner, Debussy, su su fino a Bart6k e Varse), conseguente superamento
della dicotomia suono-rumore, ecc. Ma necessario ribadire
che alla fine, oltre allo sviluppo anche della tecnologia generale (registrazione su nastro), il progredire dell'elettroacustica
per fini compositivi sia maturato principalmente attraverso
l'eliminazione (parziale o totale: tendenziale sempre) della
"dialettica delle altezze" e del motorismo ritmico nell'ambito della musica prodotta con strumenti tradizionali, provocando per estensione del fenomeno dissociativo anti-polarizzante (gi presente nell'espressionismo dodecafonico sia
pure limitato alla componente melodica) una sorta di deflagrazione. Le note musicali, nella scrittura pulviscolare o
"a gruppi," fondono, si tramutano in particelle di materia
e precipitano quasi per forza d'inerzia verso orizzonti inesplorati, disponibili a ogni soluzione, riplasmabili nei piu
diversi modi. Si ha in definitva uno scardinamento del
significato convenzionale-espressivo inerente ai singoli interai singoli ritmi, mentre il peso e l'interesse
valli mel*ci,
viene a riversarsi sul fenomeno acustico oggettualizzato,
con prevalenza schiacciante dello spessore rispetto a ogni
altra istanza. Appunto in questo quadro di ambiguit storica, in questo clima di trapasso, la genesi del fenomeno
musicale concreto ed elettronico viene a costituirsi come
polo della positivit, del rispecchiamento di una volont

di ririnovameiito che muova dal terreno della dissoluzione


del pensiero musicale inerente alla tradizione occidentale
( e dei significati ad essa immanenti), per proporre una
diversa connessione tra i dati materici e l'articolazione strutturale. A Parigi, Colonia, Milano, sorgono i piu importanti
centri di musica concreta ed elettronica, allestiti dagli enti
radiofonici; in breve volgere di anni altri studi elettroacustici si aggiungono: Varsavia, Columbia-University,
Eindhoven, Baden-Baden, Darmstadt, Tokio, Bruxelles. Di
questo appunto, delle cronache di un'alacre ricerca, si parler nel capitolo che segue.

C~2pitofoterzo

Cronache d i una ricerca: d d i e origini ai 1960

1 ) Musica concreta a Parigi

Nella Parigi dell'immediato dopoguerra Pierre Schaeffer,


singolare figura di ingegnere-musicista (tale da ricordare
non poco quella piU patetica del futurista italiano Luigi
Russolo, alla cui esperienza del resto il francese amava
richiamarsi), si pose l'interrogativo di come addivenire a
una musica sperimentale che tenesse conto del rtrvore, del
suono non istituzionalizzato a livello artistico e invece (ierivato dal mondo della tecnica e dalla vita di strada dell'odierna metropoli. "I1 nostro grande scopo," diceva Schaeffer, " quello di far saltare le scogliere di marmo dell'orchestrazions occidentale, di presentare nuove possibilit di
composiziotie, un nuovo modo di scrivere e di parlare
(sebbene non sappiamo n6 come viene scritta questa scrittura, n come viene parlata questa lingua)." T1 processo
auspicato si rese possibile compiutamente solo nel 1950,
allorch il grammofono fu sostituito dal nastro magnetico,
con tutto quello che ne derivava (li potenzialit eiaborativa
e di manipolazione. Nacque cosi a Parigi, anche con la collaborazione del musicista Pierre Henry, la musique concr2te: "noi abbiamo chiamato la nostra musica 'concreta,'"
t. serripre Schaeffer che parla, "poich essa costituita da
elementi pressistenti, presi in prestito da un qualsiasi materiale sonoro, sia rumore o niusica tradizionale. Questi elementi sono poi composti in modo sperimentale mediante
una costruzione diretta che tende a realizzare una volont
di composizione senza l'aiuto, divenuto impossibile, di una
notazione musicale tradizionale. "
Dunque, a Parigi, nessuna sottile dialettica tra "concretezza" e "astrazione": per Schaeffer, Henry e i loro

collaboratori (tra i quali spicca la figura del fisico Andr


Moles) concreto ci che si costituisce a oggetto musicale
(sonoro) tangibile per il solo fatto di esistere gi. Di qui
due conseguenze, che possono rivelarsi anche contrastanti:
uno, la preminenza della materia fonica bruta sulla dialettica delle altezze determinate (cio fatta "con le note"),
come potenziale liberazione; due, l'inclinazione pericolosa
verso un assai difficilmente scansabile naturalismo piatto e
grossier, almeno fino a quando non si perfezionano certi
mezzi di trasformazione dei dati acustici di Dartenza. L'eauazione oggetto sonoro esistente = autenticit infatti equivoca proprio perch su questa strada si pu arrivare presto
a una sorta di misticismo materialista ingenuo e mistificatorio: appunto a questo condurranno certi ~ m o r i s m iscandalistici di John Cage. N d'altra parte si possono evitare
facilmente effetti di un surrealismo corrivo e probabilmente
involontario, automatico.
I primi esperimenti di Schaeffer, ancora con i dischi,
non a caso prendevano spunto da rumori ben precisi: dallo
Studio sulla trottola a quello sulle ferrovie o sulle pentole.
Utilizzando tre "
giradischi si Dotevano realizzare variazioni
elementari del materiale acustico: imitazione canonica, moltiplicazione sonora, sfasamenti diacronici ottenuti mediante
cambiamenti alterni di velocit. Inolne l'esecuzione. retrograda consentiva di invertire i rapporti dinamici: crescendi
che si ribaltavano in dissolvenze e viceversa. Altri brani
seguirono sulla stessa linea: Studio violetto e Studio nero,
dove la fonte costituita da un pianoforte preparato (cio
modificato con l'immissione di oggetti sulla cordiera al fine
di ottenere suoni "anormali, " o .meglio ancora "anon~ali"),
Studio per pianoforte.
I primi saggi di musica concreta si nutrono di passione
sperimentale contraddittoriamente mescolata a sfrontatezza
compiaciuta e a palese ingenuit. Non mette conto allora
discutere della qualit "estetica," sempre e totalmente inesistente. Le goffe ricerche rumoristiche "alla Russolon della
prima ora avevano il compito principale di agitare dei
problemi, di vincere delle inibizioni, di far cadere certi
diaframmi tra suono istituzionalizzato in un pensiero strutturale dato in partenza e suono colto allo- stato grezzo.

Schaeffer ed Henry, proseguendo alla Iiice delle nuove porsibilit tecniche i tentativi di Russolo, tendevano a trarre
suggerimento anche dalle audaci e ben altrimenti valide
realizzazioni artistiche di Varse. Tutti i pezzi "concreti"
erano per gravidi di eccessivo spessore naturalistico non
dialettizzato, come quello famoso originato dai rumori di
una locomotiva, dove, come stato detto, nessuna denaturazione cancella un dato di iiigombraiite semanticit
preventiva.
La Symphonie pour un homme seul, composta da Schaeffer ed Henry nel 1949. naturalmente non aveva nulla di
"sinfonico " nell'accezione tradiziocale. Vi si mescolano,
combinano e deformano variamentr elementi sonori presi
dalla vita dell'uomo (respiri, grida, frammenti di canto,
fischi, mugolii, melodie fischiate, passi, porte che sbattono)
unitamente a suoni strumentali (percussione, pianoforte,
strumenti d'orchestra vari). L e nove sezioni della Symphonie
portano titoli indicativi di una ricerca esplicita di suggestioni frammista a posticce velleit "fo~mali": Prosopopea,
Partita, Valzer, Scherzo, Collectiv, Erotica, Cadenza, Apostrofe, Stretto.
Da Russolo, Schaeffer ed Henry ricavavano alcune nozioni
d i ordine generale, come l'inaspettato recupero del bruitismo
insieme al gusto sperimentale. Diversamente da Cage, alfiere
della dissoluzione di ogni pensiero strutturale nella musica,
il ricorso a suoni e rumori ricavati dalla vita quotidiana e
sui quali, per cosi dire, l'uomo inciampa, non costituisce
pretesto per un qualche misticismo zen "made in USA," n
di ironie distruttive sofisticate e svalorizzanti: Schaeffer e
Henry partivano da un dato sonoro realistico e tentavano
di sfruttarlo per alimentare una struttura musicale positiva.
Allorch per si trovavano a fare i conti con apparecchiature
tecniche ancora primitive, dovevano per forza ripiegare verso
una frenesia rumoristica poco concludente, fruibile non da
ultimo sotto specie di divertissement puramente provocatorio. Se si sommano anche le tentazioni del vitalismo russoliano, quali il mito eacientista della tecnologia, del macchinismo, l'amore sociologicamente acritico per l'ambientazione
sonora "modernistica," bisogna convenire che l'operazione
compositiva di Schaeffer si sviluppata in varie direzioni

secondo u n procedere indiscriminato, per taluni aspetti stimolante, per altri tendente a ingenerare confusione.
Nel 1951 la Radio francese, a seguito di quel fatto rilevante costituito dall'acquisizione tecnica del nastro magnetico avvenuta poco prima (con tutto ci che comportava nel
senso di un decisivo ampliamento dei mezzi e delle modalit
di ricerca), decideva di costituire uno studio di musica sperimentale. Il "Groupe d e recherches de musique concrte"
scatenava una carica di febbrile ansia sperimentalistica. Si
stabilivano immediati contatti con Darmstadt e con la cerchia dei musicisti significativi che gravitavano attorno ai
corsi estivi della cittadina tedesca: Pietre Boulez e Karlheinz
Stockhausen in prima fila; il primo volger subito lo sguardo
altrove, Boulez conserver con lo studio parigino rapporti
molto sporadici. naturale che soprattutto i musicisti tedeschi, i quali avevano acquisito una ben diversa mentalit
musicale di tipo analitico-speculativo, si avvicinassero allo
Studio parigino piu che altro per curiosit, senza condividerne minimamente la linea operativa.
Al vecchio giradischi, che era servito per le prime patetiche sperimentazioni, fa seguito un magnetofono a tre piste.
Si affaccia la possibilit di registrare simultaneamente vari
passaggi musicali attraverso un'incisione multipla. Schaeffer
inventa il fonogeno e il morfofono. Con il primo strumento
vengono riprodotti mediante velocit differenziate del nastro
i dodici suoni della scala temperata. con possibilit di trasposizione d'ottava: Z1 chiaro che, riprospettando la materia
sonora tradizionale nata dal temperamento equabile secondo
moduli tecnologicamente avanzati, esso non offre sbocchi
nella direzione di un reale svincolo da connotazioni scontate
e mira piuttosto a un potenziamento puramente timbricocoloristico, sia pure introducendo sistematicamente il "glissando." I1 morfofono si rivelava piu interessante per il
meccanismo complesso costituito da teste di riproduzione e
filtri. Le possibilit di modificazione del suono si moltiplicano e non a caso Schaeffer ci parla di una coerenza elaborativa fondata sui procedimenti analitici e selettivi delle
macchine cibernetiche da cui ricavare meccanismi combinatori quantificabili, capaci di suggerire una struttura in
virtu di aggregazioni che possono essere estranee a1 tradi-

zionale campo della musica: per esempio, suggerisce il singolare ingegnere-musicista, mediante traduzione in suoni di
una composizione pittorica. Pur lasciandosi parzialinente
impigliare nella rete di un misticismo tecnologico un po'
caotico e alla lunga abbastanza stucchevole, il pioniere francese ancora una volta schiva il gioco al ribasso dell'incomunicabilit allusiva magari rovesciata in allegrezza ludica, in
abbandono alle associazioni automatiche del eesto che secerne il suono (ancora Cage, con il suo problematico comportamentismo di attore musicale irripetibile), e accetta la
casualit dello stimolo atto a dare avvio a una programmazione solo a patto di considerarla come una preventiva ipotesi di lavoro strutturale cui dovr far seguito un serio
lavoro sui materiali. Va da s, poi, che sul piano degli effettivi risultati artistici raggiunti, Schaeffer, come anche il piu
musicista Henry, non mantiene nella maniera piu assoluta
le promesse che qualche intuizione teorica lascerebbe sperare.
L'Orphe, opera concreta composta da Henry e Schaeffer,
aveva se non altro il merito di proporre l'animazione di
immagini diverse, un collage in continuo movimento, un
misto di vocalit perfino ambiguamente neoclassica (secondo
quanto vuole l'ennesima incarnazione aulica del mito di
Orfeo) e di irriverenza verso il costituito, di rurnorismo
forsennato e di impressionistica delibazione sonora. Cosi
due soprani accompagnati dal clavicembalo possono alternarsi, in una sfida stilistica improbabile soprattutto per la
palese modestia com~ositiva deeli
autori. con le scariche
"
pi6 indiscriminate. Proprio per questo gusto aggressivo denso
di effetti materici per, per questa disponibilit assoluta ad
avvicinare materiali disparati, per il sincretismo stilistico cui
mirano i nuovi mezzi di trasformazione ed elaborazione del
suono. non si DU chiudere sem~licisticamentela auestione
della musica concreta nata nei primi anni di attivit dello
Studio parigino con un giudizio negativo di ordine unicamente estetico. Se riconsideriamo oggi, ad esempio, le intuizioni di quei lontani giorni, ci accorgiamo di dove esse
abbiano contribuito a condurci. Se si pensa a certo polimaterismo nelle opere concreto-elettroniche recenti, giocoforza
rilevare allora come il lavoro di Schaeffer ed Henry abbia

trasceso di gran lunga, sul piano storico, i raggiungimenti


effettivamente acquisiti in proprio.
Nel 1954, di passaggio a Parigi, Edgar Varse terminava
Dsert. 11 compositore americano, che per il lavoro di preparazione si era giovato delle modeste apparecchiature della
Columbia-University di New York per registrare rumori
d'officina e altro, trovava modo nella capitale francese di
portare a compimento la parte su nastro e di far ascoltare
l'intero suo lavoro ai Champs-Elises sotto la direzione di
Herman Scherchen. Si tratta di u n ' o ~ e r amolto singolare.
"
composta per un'orchestra basata sui fiati e sulla percussione
(due flauti, due clarinetti, due corni, tre trombe, tre tromboni, due tube, pianoforte, cinque gruppi di percussione) e
comprendente tre brani elettronico-concreti. Il criterio a
cui sono sottoposte materie d'ordine diverso quello dell'alternanza, non ancora della sovrapposizione e dell'intreccio. Aspre associazioni timbriche e improvvise stupefazioni
proposte dall'orchestra vengono riprese ed emancipate rumoristicamente nelle sezioni su nastro. Varse certamente
esplora nuovi territori generati elettroacusticamente muovendo da una concezione materica che gi
., in ~recedenza
aveva trovato applicazione in opere importanti, come il
famoso lonis~tion per tredici percussionisti (1924). I n
Dsert, l'alternarsi di sezioni orchestrali ad altre registrate
su nastro determina una tensione priva di fratture. Le parti
elettronico-concrete "amplificano," in senso assai piu quantitativo che qualitativo, una tendenza a misurarsi direttamente, frontalmente con la materia sonora, che era del
Varse di sempre.
L'eclettismo rumoristico della scuola concreta francese, la
disinvoltura, l'ingenuo e un po' esterno modernismo che la
animano sono alla base di molti equivoci. Ben presto, musicisti di livello assai inferiore a Varse pensarono di foggiarsi
una nuova veste aggiornata con brevi puntate nello Studio
parigino, sempre disposto ad accettare chicchessia. Lasciamo stare Darius Milhaud (1892-1974).
,, musicista nei suoi
limiti prospettici (in senso storico-stilistico) geniale addirittura e anche l'israeliano di origine polacca Roman Haubenstock-Ramati (1919), della corrente post-weberniana: ma
davvero non si $ustificherebbe in un contesto piu rigoroso

la presenza di un autore votato alla superficialit elegante


ed edonistica quale Henri Sauguet (1901), abile mailipolatore di pasta armonica tradizionale ma totalmente estraneo
a un processo di serio rinnovamento. Sauguet affront i
materiali concreti con la giuliva innocenza del bambino alla
scoperta di nuovi balocchi. Basta pensare che, oltre a varie
musiche di scena, Sauguet compose nel 1957 un pezzo il
cui titolo, Tre quadri sentimentali. gi tutto un programma.
Anche Boulez fu ospite dello Studio, ma francamente
i suoi apporti alla musica concreta non costituiscono che
un'esperienza marginale per questo autentico maestro della
nuova musica, destinato invece a lasciare opere vocali-strumentali di livello altissimo. La stessa presenza di Messiaen,
santone della musica d'avanguardia francese e interessato
golosamente a qualsivoglia stimolo immaginativo, non
stata determinante nello Studio parigino (composizione di
Tirnbres-dures in collaborazione con Henry, 1958).
Nel 1958, Schaeffer, Luc Ferrari, Franqois Mache e
Mireille Chamass s'impegnano in un lavoro che impone
la sterzata verso un maggior rigore, una seria catalogazione,
descrizione, analisi dei suoni, della loro tipologia, della morfologia: l'elenco attivo di possibilit si concretizza in una
serie di brevi pezzi che per lo piu portano il titolo Studio.
In questo periodo Schaeffer realizza appunto, oltre a Continuo, tude aux sons anirns, tude aux allures, tude
aux objets. La tensione verso un pensiero organico in seno
alla musica concreta, che superi l'accozzaglia di materiali
sd-lori messi insieme in aualche modo con l'alibi di una
misteriosa "oggettivit" degli eventi, sul piano metodologico
permette di rispondere con piu appropriati strumenti di
verifica e di elaborazione alla realt dell'enunciato sonoro.
Per questa via si comprende come possano coesistere ora
anche nella musica "tecnologica" francese modi propri del
concretismo e altri di ascendenza elettronica pura, fuori del
vecchio schema divisorio. I1 primo tentativo di sintesi
dovuto a Phillipot con Arnbiance I ( 1959).
Dello stesso anno, 1959, Visage V di Luc Ferrari,
"scenario poeticon in tre parti. In questo brano varie figu-

razioni, oggetti ritmici ("creature") si presentano alternate


a un "personaggio" o suono principale, consistente in uno
strato denso e prolungato. Di struttura, come si detto,
tripartita, cmosce nella seconda sezione un'agitazione, una
dinamizzazione degli elementi strutturali e infine sfocia in
una sorta &i ripresa dove per il suono principale sottoposto a metamorfosi. 'Tutti i dati strutturali si trovano
sovrapposti nella "coda." Qui, come in altri pezzi concreti,
Luc Ferrari si dimostra debitore del suo maestro Messiaen
nel gusto incantatori0 per un materiale delibato o preso di
petto senz;, preoccupazioni rigoristiche e invece votato a
una sorta di rapito, tumultuoso "racconto sonoro.''
Molto piu sensibile a una serialit combinatoria come
preventiva cernita del materiale sonoro il greco Yannis
Xenakis (1922), naturalizzato francese. Architetto, oltrech
musicista, e collaboratore di Le Corbusier, Xenakis ha fondato i suoi procedimenti sulla tecnica stocastica da lui elaborata, e mira a predisporre la nuova materia tendenzialmente indeterminata mediante il "calcolo delle probabilit."
La matematica entra nel processo di formalizzazione totale
della musica con la teoria degli insiemi, con l'algebra di
Boole e cosi via. I principi compositivi del musicista greco,
applicati sia nel campo strumentale che in quello elettronico,
si sono giovati dei campo di possibilit offerto da un calcolatore I.B.M. Come ha tenuto a precisare Messiaen, che di
Xenakis stato maestro, i calcoli matematici non pesano
all'audizione, non determinano l'impressione di freddo calcolo, in quanto si limitano a una preventiva organizzazione
logica del materiale, mediano per cosi dire la materia rispetto
all'artefice. All'indagine preliminare, probabilistica, fa seguito
in Xenakis un trattamento del suono certamente piu libero,
meno intransigente e piu irnrnanente all'opera di quanto non
avvenisse qualche anno prima con la predeterminazione
assoluta dei parametri nelle opere dello strutturalismo postweberniano, in Boulez ad esempio. Tanto vero che qualche
anno dopo i1 compositore greco far emergere con semplicit
e chiarezza un sentimento espressionistico fin troppo esplicitato e da sempre latente. Tra il 1959 e il 1960 Yannis
Xenakis elabora alcuni brani elettronico-concreti quali Diarnorphoses, Concret P.H.e Orient-Occident ove l'applica-

zione delle teorie probabilistiche, algebriche, insiemistiche,


non impedisce che i risultati sonori lascino intendere una
tensione soggettiva che sempre urge nel musicista, malgrado
i paludamenti apparentemente di segno opposto. Ancora
Messiaen, padre spirituale della "nuova musica" francese,
ebbe a rilevare che i risultati sono sempre "delicatamente
poetici o violentemente brutalin : e un simile riconoscimento, da parte di un mistico "mediterraneo" di tale portata, pu suonare ben equivoco, accreditando la tesi di un
sensualistico abbraccio con la materia sia pur scaturita inizialmente da programmazioni effettuate tramite un computer.
Resta il fatto che, con tutte le contraddizioni che si possono rilevare nella posizione di uno Xenakis, nel suo dividersi tra alambicchi e provette da una parte, e immaginazione esuberante ed eterogenea dall'altra, le composizioni
del musicista greco sono comunque ad un livello superiore
a quello di qualsiasi altro collaboratore dello Studio parigino; a cominciare naturalmente da Pierre Henry, le cui
prove rasentano e spesso superano il limite dell'insignificanza. Basti ricordare, per tutte, la composizione Entit,
datata 1959: in essa il gioco sonoro, fondato su un'esile
grandinare di impulsi, all'ascolto non va oltre ad un banale
sgocciolamento onomatopeico (lo voglia o meno l'autore),
un jeux d'eau in piena regola secondo la piu tipica e corriva tradizione francese, davvero risolto per questa volta
nel facile gioco della trovata coloristica ripetuta alla noia.

I'

2) Il purismo elettronico di Colonia

Su posizione simmetricamente opposta, rispetto al concretismo della scuola parigina, stava negli anni '50 il rigore
formale della musica elettronica elaborata nello Studio di
Colonia, ove operava l'apostolo dello sperimentalisrno tecnologico tedesco, il teorico e compositore Erbert Eimert
(1897), unitamente all'allora giovanissimo sebbene gi prestigioso Karlheinz Stockhausen ( 1928).
All'approccio immediato con una realt sonora colta in
tutto il suo spessore, in tutta la sua concretezza fonica,
oggettuale perfino, attraverso il microfono e successiva ma-

nipolazione dei dati registrati, si contrappone a Colonia


(soprattutto per volere di Eimert) l'instaurazione di un
nuovo ordine costruttivo che desuma dall'esperienza di
Schonberg e di Webern il principio di serializzazione delle
particelle sonore e della "melodia di timbri." Senza l'intervento di elementi fonici della auotidianit o di suoni ricavati da strumenti e voci, i materiali prodotti elettricamente
sono registrati direttamente su nastro attraverso un generatore. I1 microfono, elemento base di mediazione tra suoni
preesistenti e prassi elaborativa, all'inizio non ha avuto
ragione di essere a Colonia. Nell'impostazione del lavoro
agiscono ipoteche storiche del post-webernismo, del puntillismo. della razionalizzazione strutturale: laddove. come s'
detto ampiamente in precedenza, Schaeffer ed Henry discendevano idealmente da un filone Russolo-Varse. Non si
tratta tanto e solo di aristocratico distacco dei musicisti
tedeschi d'avanguardia ai loro primi tentativi elettronici
dalla verginit di un suono-rumore ricercato con entusiasmo
un po' caotico e goliardico (Parigi): anche questo distacco
in termini di sufficienza orgogliosa, altezzosamente eurocentrica, dall'alto della propria superiorit tecnica e culturale, certamente era nell'aria a Colonia. Ma naturalmente
c' dell'altro, e di piii significativo.
I1 discorso attiene al senso ultimo delle ricerche di uno
Stockhausen, anche sul terreno della musica vocale-strumentale: rigorosa prosecuzione di un iter storico che si pensava
dovesse venire percorso fino in fondo, senza mutamenti di
segno improvvisi. Scriver piii tardi Eimert, nel 1959: "In
nessun caso si dovr tracciare un limite tecnico e artigianale
tra la musica strumentale e quella elettronica. Gli aspetti
teorico-musicali sono gli stessi ... Questo significa che i suoni
non controllati, quali si possono ottenere facilmente attraverso procedimenti di montaggio delle bande sonore, non
appartengono alla musica elettronica. Alcuni credono che
questi 'mixaggi' sonori con procedimenti di taglio e montaggio siano una sorta di metodo compositivo." E piu
avanti: "I1 sistema di suoni resi disponibili dai mezzi elettronici non pu essere altro che un sistema di rapporti
virtuali, dal quale il compositore ricava delle strutture, ora
seriali, ora basate su relazioni matematiche, gruppi, ecc."

L'applicazione capillare del principio seriale, che contrassegnava l'operare dei post-weberniani negli anni '50, determinava notevoli difficolt nell'esecuzione sui normali strumenti: soprattutto la ritmica irrazionale, con le sue sfaccettature estreme, inpediva in molti casi la precisione assoluta nel campo delle durate dei suoni; non solo, ma financo
rendeva problematica e approssimativa la scelta del momento di "entrata" di uno strumento in rapporto agli altri.
I n punti non estremi la coccatenazione logica dei fatti musicali era messa sottosopra e la struttura tendeva, malgrado
la scrittura precisa al millimetro, a farsi "aperta" e disordinata. Sappiamo come tale "apertura" sia diventata a un
certo momento, da incidentale, strutturale rispetto al contenuto dell'opera, ma resta il fatto che nelle composizioni
degli anni '50 (almeno per il primo lustro) essa era principalmente conseguenza involontaria della messa in moto di
meccanismi logico-matematici avulsi dalla possibilit di reale
e spontaneo controllo da parte dell'esecutore. Eimert e
Stockhausen rifiutano uno sperimentalismo bruitistico fatto
di contatto diretto con la materia colta allo stadio primigenio e invece si servono dei mezzi elettroacustici per potenziare e dare sbocchi ulteriori al diuisionismo tirnbrico,
ritmico e piu tardi alla tecnica dei gruppi sonori e ai problemi di sempre piu ardua esecuzione da esso posti. Per i
musicisti del gruppo di Colonia, le macchine elettroniche
sono dunque uno sbocco, anche se non l'unico, di un processo di deduzioni e applicazioni mutuate dal pensiero musicale di Anton Webern.
La musica concreta e quella elettronicd, bench destinate a incoctrarsi e fondersi, hanno operato inizialmente
in campi ben distinti per materiale di base ma soprattutto,
sia ben chiaro, per metodologia operativa. Nel caso della
priiiiz, lJap?ruc:io con materiali gi esistenti schiudeva
all'indagine suozi, rumori di provenienza disparata verso i
quali il compositore si poneva con aderenza giuliva e
ingorda senza schemi aprioristici; nella seconda, l'esperienza
musicale era inquadrata in una prospettiva intellettuale precisa, elaborava ipotesi di lavoro condizionate dall'evoluzione
del!a tecnica dodecafonico-seriale e dalle estreme conseguenze del puntillismo dissociativo, della disintegrazione

del discorso estensivo. Di qui la razionalit della ricerca


avviata a Colonia. Certo non si ripeter mai abbastanza che
i prodotti dello sperimentalismo concreto ed elettronico,
fondendo e integrando progressivamente le reciproche esperienze, oltrepasseranno abbastanza presto i limiti programmatici che teorici di opposta formazione come Schaeffer ed
Eimert hanno tentato di assegnare alle ricerche da loro
promosse. E tuttavia risulta evidente al centro di quali
convergenze venissero a situarsi i primi pezzi realizzati nello
Studio della WDR, e principalmente la melodia di timbri
di s ~ h o n b e r ~ h i a nmemoria
a
e lo scheggiamento di Weberri,
fattori destinati a integrare e a sostituire la dialettica delle
altezze, vale a dire, in soldoni, la musica fatta in primo
luogo con le nole musicali tra loro in rapporto logico, in
senso lato "linguistico."
Va detto che prima di produrre lavori di un certo significato musicale, i compositori dello Studio di Colonia sottoposero a u n serio vaglio le possibilit dell'elettroacustica
attraverso catalogazioni preventive delle varie combinazioni.
La rigorosa mentalit strutturalistica di Eimert e di Stockhausen non poteva accettare, come s' visto, la concezione
del "montaggio" rumoristico e concentrava l'attenzione sui
processi di agglutinamento di quella materia sonora scheggiata attraverso i procedimenti di smembramento dei nuclei
fin da Schonberg e Webern. Perci la determinazione delle
altezze acustiche, sebbene non costituisca piu una dialettica
reale, nondimeno evita di essere assorbita dal magma fonico.
Schivando in partenza I'empirismo cresciuto in passato all'interno della matrice russoliana e varsiana e ripreso a Parigi
da Schaeffer, ossia l'urgente approccio con qualsiasi materia
sonora esistente attivata vitalisticamente, logora o nuova
che sia, gli sperimentatori di Colonia intendono i mezzi elettronici in un rapporto di continuit con gli sviluppi del
pos t-webernismo.
Una critica, anche fondata, che ha circolato largamente
concerne l'aridit delle prospettive iniziali. Restringere il
campo delle possibilit predisponendo meccanismi costruttivi mutuati dall'ultimo stadio evolutivo della musica strumentale voleva dire per costituzione di solide fondamenta

per Lin controllo razionale sulla materia. Che poi la componente estetistico-tecnologica, misticheggiante perfino, fosse
dietro l'angolo pronta a entrare in azione, questa una
verit che non deve impedirci di scorgere l'autentico sforzo
per la creazione di uno spazio funzionale alle successive elaborazioni; d'altra parte, anche in sede vocale-strumentale le
opere stockhauseniane di quegli anni sono improntate a
ferreo determinismo, ad "astrazione" formalistica. Un ascolto
di Studie I (1953) e Studie I 1 (1954), pezzi elettronici di
Stockhausen (non si fa che un fugace accenno a precedenti
brani preparatori, pure schedature di processi operazionali,
quali Figure e ritmi ostinati, Studio timbrico, Studio so-

noro I , Studio sonoro I I , Suono nello spazio illimitato,


Gioco per melocordo, realizzati da Eimert e Robert Beyer),
pu risultare illuminante, nel bene e nel male, ai fini della
definizione di uno stile. A tal punto che ben difficilmente si
pu condividere la curiosa opinione espressa dal critico
tedesco H. H. Stuckenschmidt, secondo il quale "siccome,
a Parigi come a Colonia, entrambi i gruppi (come quelli poi
formati a Milano, a Tokio e altrove) operavano servendosi
degli stessi procedimenti tecnici, gli effetti, in realt, offrivano parentele molto evidenti. L'ascoltatore impreparato,
o non ammaestrato, ricava impressioni analoghe da un primo
incontro con le composizioni di Schaeffer, Henry, Eimert,
Beyer o Stockhausen." Laddove sorprende il credito o
quanto meno l'attenzione che si ~ccordaalle reazioni di
ascoltatori impreparati e vittime di radicati pregiudizi. Affrontare il problema dal punto di vista esclusivo della ricezione, in una fase di ricerca, pu condurre a semplificazioni
inopportune. Cosi sottolineare che i pezzi concreti ed elettronici suggerivano tutti "molto di piu di qualsiasi forma
tradizionale di musica, delle associazioni d'idee che non
erano affatto nelle intenzioni dei compositori," non ha senso
se non si tiene conto dei molteplici condizionamenti cui
soggetto il gusto di un pubblico medio votato a un ascolto
superficialmente psicologistico e naturalistico: ascolto che
se pu essere funzionale alla rozzezza di qualche balbettio
concreto, non certo immanente all'organicit (certo anche
"astratta") dei brani composti a Colonia.
I1 richiamo ai derivati della melodia di timbri, al puntil46

I
i

lismo, faceva si che Eimert rifiutasse di accogliere presso


di s giovani interessati magari alla problematica tecnica dei
microintervalli, ai suoi occhi troppo empirici, e cercasse
invece la collaborazione solo di quei musicisti impegnati
in altra sede (strumentale) in una precisa determinazione
strutturalistica dello spazio pancromatico: Pierre Boulez,
che per si avvicinato al lavoro condotto sia nello Studio
di Parigi che in quello di Colonia con vigile attenzione ma
senza soverchio entusiasmo, abbandonando presto ogni interesse compositivo in prima persona per l'elettroacustica; i
belgi Karel Goeyvaerts (1923), autore di una Composizione
n. S ed Henry Pousseur ( 1929), che compose allora Seismogramme; lo svizzero Paul Gredinger (1927), autore di FOYmanten I e I I I pezzi elettronici ora citati, unitamente
ai due Studi di Stockhausen e ad altri due brani di Eimert,
vennero presentati nell'autunno del 1954 in un concerto a
Colonia, nel quadro delle manifestazioni promosse dal Festiva1 del Nordwestdeutscher.
Fred. K. Prieberg, autore di un discusso e molto discutibile libro (pure documentatissimo), che va sotto il titolo
di Musica ex machina, scrive a proposito delle musiche
elettroniche elaborate a Colonia dal 1951 al '54 circa:
"Tutti questi pezzi soffrono di un'impressionante mancanza
di contrasti, poich il principio seriale non conosce ampi
svolgimenti di tensione ottenuti mediante la costruzionc: di
elementi musicali contrastanti ( . .). Sembra che il suono non
si muova. Germi di cellule ritmiche si sviluppano in frazioni
di secondo, ma anch'esse si irrigidiscono all'ascolto in un
fenomeno senza movimeilto e senza vita (...). Sebbene i pezzi
abbiano una solida costruzione interna, non possibile, o
lo solo dopo ripetute audizioni, scoprirvi dei rapporti.
Sembra che l'ordine estremo a un certo punto si capovolga
dialetticamente nel piu confuso disordine."
Ci di cui Prieberg non sembra accorgersi che parzialmente e senza ricavare dalle osservazioni particolari deduzioni di portata piu generale consiste ancora una volta nel
rapporto stretto istituitosi a Colonia tra ld nuova musica
strumentale e vocale dedotta dall'applicazione del meccanismo seriale a tutte le componenti sonore e i primi tentativi di produzione elettronica Come s' visto nel prece-

Jente capitolo, lo strutturalismo conduceva anche nell'uso


degli strumenti tradizionali alla nozione di agglomerato
sonoro percepibile secondo una nozione globale della sostanza fonica, che attutiva o addirittura neutralizzava totalmente l'impulso alla continuit del "discorso" musicale. Si
era venuta cio determinando una riduzione del tessuto a
raggruppamenti di particelle sonore disposti secondo criteri
di densit variabile in un'ipotetica lavagna di silenzio: la
spazirrlit tendeva irresistibilmente a sostituire la temporalzt, a mimare la negazione del divenire.
Le posizioni critiche che hanno accompagnato la musica
elettronica fin dall'inizio hanno riproposto sempre le stesse
perplessit, le incertezze nei confronti di un materiale considerato monocorde sul piano tiinbrico, "artificiale," privo
di contrasti. Se per si esamina da vicino la questione, al
d i l della monotonia possibile e anzi probabile allorch si
ricorra unicamente a impulsi elettrici, balza agli occhi il
nodo principale, che riguarda solo parzialmente le caratteristiche intrinseche al suono elettronico sorgivo. Era infatti
la pianificazione razionale delle componenti costruttive volute dai musicisti post-weberniani, il sistema delle rotazioni
intervallari, dinamiche, metriche (si pensi solo all'estrema
prismaticit dei ritmi *irrazionali" sottratti ad un'elasticit
agogica di tipo vitalistico), a produrre il livellamento. la
paralisi di ogni proiettivit. Certo, Prieberg ci descrive
l'amorfismo dei primi pezzi elettronici prodotti a Colonia e
gli si pu anche dare tranquillamente ragione; ma poi,
come suo costume, sfugge per la tangente e rimane allo
stadio epidermico della descrizione di un fenomeno acustico. La monotonia di quei remoti tentativi non era tanto
frutto di un accostamento a mezzi insufficienti, di un errore
di calcolo e neppure di un'incapacit a trattare le apparecchiature nuovissime. Per Eimert, per Stockhausen, per
Pousseur, dovrebbe essere ormai pacifico che si trattava di
vivrre un momento preciso della storia musicale contemporanea, condizionando e razionalizzando mediante l'applicazione d i meccanismi seriali il campo aperto dall'elettroacustica e venendone poi al tempo stesso, e di riflesso, condizionati. Quella stessa tendenza al blocco sonoro, alla sostanza fonica atomizzata o stratificata massivamente che

troviamo nei pezzi elettronici degli anni '50, ha riscontro


anche nei pezzi per strumenti "tradizionali": ormai di
pubblico dominio il fatto che nel post-webernismo rigoroso,
paradossalmente (ma non tanto dopo tutto quanto detto in
precedenza), la variet e la sfaccettatura servono a rendere
uniforme la materia, al limite dell'actio non agens: bisogna
muoversi molto per essere sicuri di stare fermi.
Tanto vero che nel breve volgere di qualche anno
anche nello Studio di Colonia, presa coscienza della necessaria evoluzione di una ricerca che non pu non mirare a
costituire objets musicaux nouveaux, vale a dire opere nuove
per scarto tecnico-fattuale e inventivo suggerite dalle possibilit dell'elettronica e dalla manipolazione del nastro magnetico in generale, il processo di 5erializzazione e di livellamento del materiale si attenua. Non gi che questo non
avvenga parallelamente anche nella musica strumentale (il
discorso vale principalmente per Stockhausen). assurdo
separare drasticamente le ricerche in un settore dal complesso dell'esperienza, giacch l'un aspetto si diffonde nell'altro e viceversa, ed entrambi si influenzano reciprocamente: specialmente l dove ( e questo accade pressoch
sempre), gii autori di brani elettronici sono musicisti a
tutti gli effetti e contano al loro attivo importanti lavori
nel settore vocale-strumentale. abbastanza probabile che
la decifrazione del campo di possibilit foniche ma soprattutto strutturali e m e t ~ d o l o ~ i c h eaffacciatesi
,
con l'apparizione di suoni di produzione tecnica, abbia contribuito a
un piu pronunciato distacco da schemi preesistenti, da normative scadute. Inoltre sempre piu rilievo assume la tendenza ad assorbire procedimenti della musica concreta.
Pezzi nati nello studio di Colonia e presentati dalla
Westdeutscher Rundfunk nella primavera del 1956 sono
Interferenze del tedesco Giselher Klebe (1928), Doppia
valvola 2 dello svedese Bengt Hambraeus (1928) e Figure
sonore 11di Gottfried Koenig (1926), quest'ultimo collabc
ratore dal '54 di Eimert e Stockhausen. L'omogeneit di
questo gruppo di autori era molto relativa, e solo Koenig
rivelava qualcosa piu che un generico interessamento per le
nuove apparecchiature, mettendo a fuoco elastiche soluzioni
agogiche.

Ma con Gesang der Junglinge di Stockhausen che nel


1956 la musica su nastro, comprensiva di apporti elettronici
e concreti, giunge a un primo importante risultato musicale
e pone le basi per l'effettivo superamento di un purismo
sperimentale visto peggiorativamente come meta catalogazione di materiali e di astratte possibilit o latenze. I n
questa composizione elettronica non vengono utilizzati soltanto suoni elettronici prodotti dai generatori, bensi viene
esplorata la possibilit di ricorrere a un materiale preesistente come la voce di un fanciullo, elaborata e modificata
in studio. I1 testo, desunto dal biblico Canto dei giovani
nella fornace, udibile solo in alcuni punti e sempre l
dove si elevano lodi a Dio. Lo stravolgimento della voce in
passaggi polifonici ottenuti sovrapponendo il canto del fanciullo contraddistinto da una visione fortemente spazialistica. Cinque gruppi di altoparlanti proiettano il suono in
tutte le direzioni, di modo che l'ascoltatore rimane investito
da ogni parte, come avvolto dalle fasce sonore. L'alternativa stockhauseniana tra uno sperimentalismo vissuto con
la mentalit speculativa dello scienziato e la fascinosa disposizione a inventare soluzioni di stravolta espressivit a contatto con i materiali impiegati (alternativa mai risolta) trova
qui modo di manifestarsi in tutta la sua cattivante "ambiguit. " Coesistono scariche improvvise di particelle dovute
a impulsi puramente elettronici, ancora al modo delle piu
dense strutture puntillistiche, e suggerimenti derivati d a
un contatto sensibile con l'esile e poeticissjma voce dell'adolescente, di un angelismo improbabile quanto conturbante.
Stockhausen realizza qui, attraverso moltiplicazioni, echi,
riverberazioni sonore di una voce ora in primo piano ora
in dissolvenza, lontanissima, ora parlante ora cantante, una
spazialit che "mima" l'universalismo cristiano. Vale a dire,
in altre parole, che la spazialit tende a sostituire la proiettivit della musica, la quale non vive nel tempo secondo
una dialettica strutturale estensiva. Inoltre risulta sottolineata una componente "letteraria" (il timbro della voce
bianca come volontario o involontario richiamo a una qualche "innocenza") che mette a nudo la natura "mistica" di
Stockhausen, altrove espressa in maniera piu sottile e indiretta. I n Gesang der Jiinglin~edunque il fatto nuovo di

!
'

irradiare i siioni o gruppi sonori da vari punti non rimane


fine a se stesso, n costituisce una pura e semplice dilatazione: sostituendo in un certo modo lo spazio al tempo
attraverso una successione di "istanti" non legati tra loro
da una "logica" di tipo continuativo-discorsivo, la spazialit
qui profondamente strutturale e conduce a una virtuale
circolarit degli eventi, diviene (questa volta legittimamente
anche grazie al materiale impiegato) suscitatrice di sensazioni, atmosfere "non terrene," immateriali e simili.
Dopo Gesang der Junglinge il salto tra musica elettronica di derivazione seriale e musica regolata ampiamente
sulle caratteristiche intrinseche dei mezzi elettroacustici e
sui processi di elaborazione tecnica avvenuto. D'ora in
avanti il discorso sullo Studio di Colonia non delimiter
pi6 rigidamente una scuola chiusa in se stessa, bench certo
sia difficile scalzare certe costanti metodologiche proprie a
un ambiente culturale, e, anche senza negare le origini di un
fenomeno nato all'insegna del purismo, riconfluir in un
pi6 generale campo di esperienze. Le strade imboccate a
Parigi, Colonia e poi (come si vedr) Milano, sembrano
incrociarsi, anzi convergere, e la distanza tra impostazioni,
solo qualche anno prima antitetiche, appare sempre piu
destinata a contrarsi.
significativo ad esempio che, proprio negli anni 19551956, un musicista come Ernst Kfenek (1900), gi legato
per gusto e formazione a un tardo espressionismo non esente
da eclettismi, abbia pensato di lavorare, sia pur episodicamente, nello Studio coloniense, accoltovi con rispetto e simpatia: significativo se si pensa che l'oratorio di Pentecoste
Spiritus intelligentiae sanctus per varie voci, recitante e
suoni elettronici, accosta con abilit echi di modi compositivi classici, ampiamente fruiti, con sezioni nettamente avanzate ove per la materia originata tecnologicamente pi6
che altro tesii a colorire situazioni e saltuariamente pensata
in senso strutturalistico.
Tuttavia non mancano, all'approssimarsi degli anni '60,
esempi di composizione elettronica abbarbicata allo strutturalismo, sia pure rinnovato. Henry Pousseur, con Scambi
I e I 1 (1957), affrontava il problema delle forme aperte
per primo in una composizione elettronica; invece di dare

una forma iri via definitiva, egli costituiva un campo di possibilit mutevoli, dove singole sezioni possono essere giustapposte secondo un ordine sempre variabile. L'idea del
compositore sarebbe stata quella di dare al fruitore la possibilit di intervenire attivamente, scegliendo l'ordine di
successione. I1 problema dell'intercambiabilit in semito al
concentrarsi della percezione su momenti, anche brevissimi,
esauriti nell'autonon~o respiro formale del singolo raggruppamento sonoro, lo ritroviamo puntualmente anche in alcune
musiche strumentali di quegli anni: da Mobile per due pianoforti dello stesso Pousseur, alla Terza Sonata per pianoforte di Pierre Boulez, al Klavierstucke XI di Stockhausen.
Sempre su premesse strutturalistiche si muoveva il romano
Franco Evangelisti (1926), allora attivo nello Studio di Colonia. 1 suoi Inconlri di frlscr sonore costituiscono, insieme
a Studio II di Stockhausen, una delle due prime partiture
notate rigorosamente e pubblicate. Si tratta di una composizione di notevole lim~idit.che realizza efficacemente ci
che il titolo annuncia, mescolando sette suoni sinusoidali e
scartando ogni seduzione impressionistica connessa all'ideazione di cluster elettronici.
Cosi Eimert, teorico della serializzazione di particelle
elettroniche. in tudes sur les mlanees sonores e in Slection I oscilla tra l'apertura verso soluzioni piu libere e
rigorosa organizzazione dello spazio sonoro. Particolarmente
in Slection I (1959), lo schema razionale prevale su ogni
altra sollecitazione: il materiale viene articolato mescolando
cinque t i ~ idi suoni ottenuti tramite variazioni wriodiche
e ordinati secondo rapporti che tengono conto della qualit
acustica e dei diversi intervalli di durata.
Altri compositori, come l'ungherese Ligeti (1923) e l'argentino Kagel ( 193l ) , tedeschi d'elezione. hanno subito
avvertito l'impulso a seguire vie operative diverse.
A Ligeti si deve una sola composizione elettronica:
Artikulation (1968). Naturalmente influenzato dai collaboratori fissi dello studio coloniense (Eimert. Stockhausen.
Koenig), non che di colpo imbocchi una strada radicalmentk
opposta. Anzi, sotto un certG aspetto la vena inventiva di
Artikulation sensibilizzata dal puntiliismo. Ligeti ha precisato che il pezzo mira "ad articolare nel tempo e - con

!'aiuto dei quattro altoparlanti - nello spazio successioni


di note, suoni, rumori e impulsi, in modo tale che dalla
loro reciproca azione, mescolanza e combinazione nasca una
forma musicale. I frammenti. pih grandi sono strettamente
proporzionati. Piu si accorciano le parti, piu si rilassa la
rigidezza della regola. Nell'ambito delle particelle piu piccole
il limite, entro il quale l'orecchio pu ancora riconoscere
singoli suoni, superato, e i rapporti ritmici si trasformano
in timbro." La staticit contemolativa e neo- la tonica che
propria del Ligeti orchestrale eLcorale in ~rtjkulationnon
ravvisabile affatto, e in questo senso il brano costituisce un
unicum interessante. Sta di fatto che il rigore di partenza
serve solo per mettere in moto meccanismi elaborativi entro
i quali le particelle piu brevi precipitano per affastellamento
in un timbrismo assoluto, come il compositore ha precisato.
Ancora diverso il caso di Mauriciu Kagel, uno degli
alfieri del dissolvimento della musica intesa come fatto
puramente sonoro e invece piu interessati alla nozione di
"gesto." Contrariamente a Cage, per, egli proviene dall'esperienza di un materismo e di una ricognizione della
da vicino un Varse
fonicit inesdorata che riguardano
"
e uno Stockhausen, e questo lo porta a tentare di risolvere l'antinomia tra sovrabbondanza bruitistica e riduzione
al silenzio. Kagel. nel suo teatro da camera, concerto in
forma di teatro ( o viceversa, che lo stesso), aspira a
costituire organismi musicali che secernano il gesto e lo
integrino rappresentativamente organizzando una rete di
rapporti e segni abbastanza precisi. Si pensi solo a Match
per tre esecutori, un copione di istrionismo teatrale richiesto a due violoncellisti e a un percussionista. Su
questa strada, chiaro, una musica puramente elettronica
ci dar sempre di Kagel una visione parziale. Transition I
(1958-60). realizzato a Colonia. comunaue un brano che
presenta motivi di interesse. In esso appare una molteplicit di atteggiamenti: la frantumazione del tessuto massima e passa da scatti di violento materismo, di ghermente
gestualit virtuale sul suono, alla piu totale inanit di
oggetti sonori proiettati in uno spazio neutro, sfibrati in
vischiosi impasti. TI tempo, come dimensione attiva,

straniato, riempito di materiali sonori vari, il continuum


inghiotte ogni velleit proiettiva.
Ma naturalmente chi vorr tentare un'indagine compiuta della musica di Kagel inglobante materiale registrato
far bene a porre attenzione non tanto a Transicibn I,
bensi a Transici6n I I (1958-59), per pianoforte, percussione e due nastri magnetici. I n questo pezzo, ancora
sostanzialmente vicino alla direzione di ricerca stockhauseniana post-strutturalista e anzi composto parallelamente
al ben altrimenti riuscito Kontakte del tedesco, la ricerca
di agglutinamenti sonori va per di pari passo con interreazioni gestuali dei musicisti che operano dal vivo, con
veri "corpo a corpo" con la sostanza sonora e con la struttura simbolica dei segni, ampiamente facenti ricorso alla
problematica dell'alea, o "apertura " sull'interprete. Come
ha scritto Bortolotto, che di Kagel attento esegeta, "la
registrazione magnetica, sommandosi a nuovi eventi sonori,
ne ostacola la processione, e insieme altera il registrato
medesimo, senza scampo." Dunque niente piu lontano
dal compositore argentino che un esclusivismo tecnologico: il mezzo elettronico fornisce combustibili ulteriori
a un fare musicale sempre fondato su una nozione gestuale,
oggettivamente svalorizzante. "
3 ) L'empirismo nello studio di Milano

Quasi parallelamente, con breve ritardo d'anni rispetto


a Parigi e Colonia, la Radio italiana convertiva il suo

laboratorio elettroacustico, gi nato per ottenere effetti


particolari da inserire in trasmissioni extra-musicali (prosa,
variet, sport, attualit, ecc.) in uno Studio di musica
elettronica. I1 merito della nascita del centro, che si attiv
come tale ufficialmente nel 1966, va attribuito al compositore Luciano Berio (1925) e al compositore e direttore
d'orchestra Bruno Maderna (1920), che gi in precedenza
avevano utilizzato il laboratorio milanese per alcuni esperimenti. Il primo brano elaborato da Berio e Maderna,
Ritratto di citt (1966), un reportage sonoro sulla vita
della citt dall'alba a sera. Una voce recitante si sovtap-

pone e si alterna a effetti rumoristici vari. a mescolanze


di suoni elettronici, sfiorando assai da vicino la pura onomatopea. Con questo esempio di radiofonia musicale, votato alla fusione di suono e rumore secondo modi di un
empirismo abbastanza disinvolto, Berio e Maderna (in un
lavoro peraltro puramente "d'assaggio" ) sembravano accostarsi al concretismo della scuola parigina. Mese per
mese piu ancora che anno per anno, in rapidissima evoluzione, i due musicisti italiani hanno per ricercato una
strada che escludesse il rumorismo unilaterale, un po'
compiaciuto e caotico di Schaeffer, senza ricorrere alla
rigida applicazione dei principi seriali cara a Colonia,
aprendosi in tal modo al sensibile studio di permutazioni
timbriche.
Giova ricordare che i compositori italiani, a causa del
loro breve ritardo, partivano da una posizione di vantaggio: vantaggio tecnico, in quanto potevano contare su
apparecchiature perfezionate; vantaggio d'esperienza dato
dall'osservazione e dallo studio di precedenti lavori composti a Parigi e Colonia, dai quali trarre preziose indicazioni, scartando ipotesi deludenti e sviluppando premesse
valide.
L'alternativa milanese. tra conc:etismo e purismo elettronico, consiste nella compresenza di vari e apparentemente opposti filoni: sintomo di maggiore disponibilit a
lasciare spazio alle virtu intrinseche dei materiali nuovissimi ma senza feticismo alcuno. Cosi, se accadeva a Berio
di notare, in un suo articolo sulla moderna tecnologia, che
"la musica elettronica non va identificata con i suoi mezzi,
ma, piuttosto, con le idee di organizzazione musicale a
cui s' oggi pervenuti e che tale esperienza chiaramente
definibile in rapporto alla storia della nostra civilt musicale," poco pifi avanti sentiva il dovere di precisare che
.<11.I compositore che adopera a scopo di musica i mezzi
che le tecniche elettroacustica ed elettronica gli mettono a
disposizione sar tanto piu vicino al vero quanto piu
sapr rispondere, con assoluta modestia, d l e obiettive condizioni e necessit del mezzo usato ..."
Bisogna poi considerare che la linea Berio-Maderna in
campo elettronico non putevii che riflettere l'atteggiamento

e la posizione dei due musicisti nel quadro d e l l ' a ~ a n ~ u a r dia post-weberniana in campo vocale-strumentale.
Berio soprattutto ha sempre manifestato la propensione a tutto appetire, a lasciare che confluiscano nell'atto
di comporre stimoli diversi. Dotato di musicalit e curiosit intellettuale estreme, egli respinge qualsiasi determinismo e qualsiasi ideologia in quanto formula costituita.
La sua disponibilit, che corrisponde sul piano tecnicostilistico all'inclinazione verso il pastiche d'alta classe
(aspetto che peraltro non esaurisce la multiforme pers,onalit del musicista), fa si che i mezzi offerti dal laboratorio elettronico abbiano per lui il compito piii che altro
di sbloccare una situazione, di "referenziare," alla luce
della piu recente tecnologia, un'operazione squisitamente
libertaria non dedotta da processi rigidamente serializzanti
lo spazio acustico.
Se teniamo fermi i dati cronologici in rapporto al
panorama piu vasto della storia musicale del dopoguerra
europeo (lasciando per il momento da parte il " continente musicalen americano), non si pu fare a meno di
notare come le caratteristiche musicali di Berio e Maderna
( e in genere di tutti i musicisti italiani nati negli "anni '20,"
Luigi Nono escluso) non abbiano conosciuto quell'immediato interesse per la rivoluzione radicale del linguaggio
portata avanti in Germania e in Francia. Pezzi strummtali allora traumatizzanti come il giovanile Kreuzspiel
(1951) e poi Kontrapunkte (1953) e Zeitmasse (1956) di
Stockhausen, Sonata seconda (1948) e Structures (1952)
di Boulez non esistevano ancora da noi. Luigi Nono (1924),
autore nel periodo 1950-55 di pezzi giovanili di grande
interesse e rilevanza tra cui le Due Espressioni e Monodica-polifonia-ritmica, veniva considerato in quei gi lontani anni un tedesco d'elezione (e pu sembrare oggi
incredibile). Nono poi guardava ancora con poco interesse
all'elettroacustica e rimane in questa fase inevitabilmente
ai margini del discorso specifico.
strade diLuciano Rerio e Bruno Maderna seguivano
"
verse ma per alcuni aspetti concornitanti: il primo teneva
tutti i fili in gestazione, richiamandosi ora a Stravinskij,
ora a Rerg. ora a Wrhcrn. e ancora a Petrassi e sbprat-

tutto al suo maestro Dallapiccola; il secondo puntava


decisamente sull'espressionismo viennese rischiarato gi
da una luminosit estranea al contesto d'origine. I pezzi
piu spregiudicati, in direzione post-weberniana, di Berio
soprattutto, erano ancora di l da venire.
Si pu dire che certa atomizzazione del tessuto musicale, nella produzione vocale-strumentale dei musicisti
attivi al Centro di Fonologia di Milano, sia stata almeno
iri parte (probabilmente in gran parte) effetto e non causa
rispetto alle sperimentazioni elettroacustiche, le quali
hanno verosimilmente favorito il liberarsi della tecnica
compositiva dal residuo "tradizionalismo": s'intende. nel
senso della riorganizzazione strutturale degli elementi sonori e non tanto in auello della "deformazionen fonica
degli strumenti e delle voci, non essenziale n prioritaria
in Berio come in Maderna.
Dopo quel brano d'assaggio rappresentato da Ritratto
di citt, i primi due lavori interessanti prodotti nello
studio milanese sono Mutazioni di Berio e Notturno di
Maderna, entrambi datati 1956. I1 divisionismo espressivo
che gi era stato di Webern vi si rileva nettamente.
Estranei agli astratti calcoli probabilistici come a ogni
estremizzazione di un processo tecnologic'o e culturale,
tanto Maderna quanto Berio assecondano le inclinazioni
del materiale (se cosi possiamo dire) abbastanza impressionisticamente, senza peraltro rinunciare a una chiara articolazione memore di precedenti esperienze strumentali
delIa scuoIa seriale. Perci, n Mutazioni n Notturno
costituiscono apporti decisivi verso nuove prospettive:
restano come testimonianze di musicalit sicura e penetrante.
Perspcctives di Berio, brano elaborato l'anno successivo, invece un lavoro importante per i processi di accelerazione che frantumano il tessuto fino a impedire una
distinzione ritmica delle particelle che freneticamente si
sommano, si coagulano. I quattro gruppi, o "famiglie"
sonore, sono ottenute tramite il montaggio di tre frammenti di nastro magnetico contenenti suoni sinusoidali
diversi. Le sequenze piu rapide sono sottoposte a differenti
accelerazioni, e questo determina un gioco di impulsi fan-

tasioso e imprevedibile, destinato a proliferare. Maderna,


in Syntaxis, composto sempre nel 1957, pur non mettendo
a fuoco nessuna tecnica articolarm mente nuova. riesce a
suscitare l'articolazione attraverso gli stessi materiali, accolti in quantit e "agiti" con un sensibilissimo empirismo.
Con Thema (Omaggio a Joyce) (1969), le categorie
ritenute un tempo fisse e inconciliabili, le discriminazioni
aro la ~ a r l a t a
tra suono e rumore.
~,tra arol la cantata e
cadono vistosamente. Certo dietro l'esempio dello stockhauseniano Gesang der Jungiinge, Berio muove dalla stimolante sorgivit di una voce impiegata nei modi piii
inconsueti, e giunge a risultati di sorprendente originalit.
Utilizzando un frammento tratto dall'undicesimo capitolo
dell'ulisse di "
Tovce
registrato da una voce femminile in
,
inglese, francese e italiano, e attraverso sovrapposizioni,
distorsioni, indugi su lettere fonematicamente interessanti
(la s, ad esempio), Berio mira a stravolgere sempre piii
la fonte testuale dilatando e per cosi dire "liberando" la
carica musicale joyciana. Si formano spesso dei veri e
propri gruppi vocali ottenuti con la moltiplicazione, l'eco
e cosi via: con funzione nettamente emotiva-evocativa.
In Thema raggiunta una parit dialettica tra materiale
concreto ed elaborazione elettronica. La voce, in tutta la
sua fisicit, assai piii spesso parlante e sussurrante che cantante, accentra su di s gran parte delle responsabilit, e
questo scansa immediatamente la rigidit compositiva. la
ricerca di puri suoni elettronici: ma, ben diversamente
che nei balbettii dei concretisti francesi, c' qui una trama
strutturale recisa. Giovandosi inizialmente della collaborazione di ~ m b e r t oEco, Berio ha condotto un'analisi su
talune caratteristiche fonetiche proprie delle varie lingue
impiegate, traendone combustibile immaginativo per un
lavoro interdisciplinare che confluito poi nell'autonomia
creativa del fatto musicale: un'autonomia beninteso non
piii rinserrata in limiti categoriali rigidi.
Nel 1958 Bruno Maderna comDone Continuo e Musica
su due dimensioni per flauto e naitro. 11 titolo del primo
pezzo fa riferimento chiaramente all'insistenza su sonorit
lungamente tenute, assaporate in tutto il loro fascino
timbrico, e inoltre su propriet per cosi dire immanenti

I
1
t

aliil struttura elettronica pura (si pensi solo alla stratificazione del suono bzrlnco, all'assenza totale di dialettica
ritmico-intervallare che esso sembra suggerire). Strutturata
con una certa complessit, questa composizione rivela
anche l'attitudine di Maderna a conciliare la seria conoscenza del materiale (che poco ha per a che vedere con
una speculazione di tipo scientifico e sperimentale), con
una sensibile aderenza alle sollecitazioni che dal suono
stesso provengono. Naturalmente un musicista di siffatto
livello, una volta accettata la suggestione scaturita dal
mezzo elettronico, si sforza di mettere in atto un processo mimetico ricavando empiricamente (ma non per
questo casualmente) dalla materia stessa suggerimenti di
articolazione. La principale caratteristica di Continuo consiste nel gioco dei suoni tenuti, ma poi intervengono piii
nervosi "segni," e le linee sono per cosi dire elettrizzate,
percorse quasi da miriadi di suoni brevissimi che si imparentano strettamente con taluni procedimenti del beriano
Perspectives.
La grossa novit di Musica su due dimensioni sta nella
consa~evolezza di quanto fosse forzata l'idea, allora circolante, che la musica elettronica rappresentasse una scoperta destinata a far tabula rasa degli strumenti tradizionali. Guardando oltre l'esclusivismo tecnologico, Maderna
offre un singolare accostamento tra le sonorit del flauto
"dal vivo" e quelle contenute nei nastro magnetico. Una
singolarit data dal fatto che tanto la parte strumentale
che auella elettronica sono informate al criterio del mobile, o della struttura aperta: mentre il flautista alterna
parti scritte in notazione tradizionale ad altre aleatorie,
cosi egli si accorda con il tecnico anche per scegliere quale
parte del lungo nastro a disposizione utilizzer in quanto
strumentali.
idonea ad essere " solcata " dalle fieurazioni
"
Se si esamina invece Musica su due dimensioni dal punto
di vista esclusivo del contributo alla nuova tecnologia,
non si pu non convenire che l'interesse della composizione non risiede su questo terreno ma altrove (spazializzazione della materia, continuum spazio-temporale, tramutazione, ecc.).
Difrences di Berio. pezzo composto tra il 1958 e il

'59 per un organico di flauto. clarinetto, viola, violoncello,


arpa a nastro magnetico (di cui esiste anche una nuova
versione datata 1967) porta avanti il discorso del mpporto tra strumenti ed elaborazione elettronica. Non piu
due materie totalmente diverse a confronto, bensi anche
variazione e deformazione di una medesima realt fonica
di partenza che attraverso il nastro subisce metamorfosi
macroscopiche. Sempre piu in Berio urge un superamento
della musica elettronica pura e la registrazione di eventi
si affaccia come ipotesi sostitutiva. I n Difrences il nastro
immagazzina e poi modifica suoni strumentali, facendoli
poi incontrare e scontrare con quelli prodotti dal vivo.
Come in Transicion I I di Kagel, ma ancor piu vistosamente,
si evidenzia una gestualit latente in siffatti giochi interreattivi.
La summa delle precedenti esperienze svolte da Berio
nel campo della composizione elettronica costituita da
Momenti (1960). In essa sono presenti tutte le possibili
variazioni del materiale acustico in rapporto alle disponibilit tecniche offerte dallo Studio di Fonologia milanese
nel 1960. Momenti si fonda su 92 rapporti di frequenza
e persegue la determinazione di cellule "armonichen definite. La materia si articola, al solito in Berio, secondo
modi estremamente fantasiosi. L'uso di modalit elaborative di inesausta curiosit tecnica non fa certo di questo
brano un semplice inventario di possibilit, ma anima lo
strutturarsi della materia da annolazioni diverse secondo
una tensione effettiva. Particolarmente accattivante risulta
il finale: la vorticosa ultima sezione rappresentata dal
coagularsi di pochi frammenti accelerati progressivamente
in un crescendo di impressionante potenza, che sprigiona
una carica di estremo nervosismo fonico fino alla brusca
interruzione che lascia riemergere l'angosciosa fissit "cosmican e quasi neutra della sonorit di fondo.
Parlare dello Studio di Fonologia milanese negli "anni
'50" vuol dire riferirsi sostanzialmente al lavoro di Luciano Berio e di Bruno Maderna. Ma anche altri compositori hanno usufruito delle apparecchiature del centro
radiofonico: da Henry Pousseur, il quale benche legato
abbastanza visibilmente all'estetica strutturalistica della

scuola di Colonia, pure, in Scambi, ha saputo in qualche


modo trarre alimento (quali che siano i risultati estetici
, raggiunti) dal maggior empirismo degli "sperimentalin italiani. ad Andr Boucourechliev (1925), musicista francese
di origine bulgara assai attivo anche in veste di critico e
saggista. Boucourechliev elabor a Milano Texte I nel
1958, mentre Texte I I verr alla luce l'anno successivo
d Parigi. Ci che accomuna l'operato di questo musicista
a quello, ben altrimenti impegnativo r interessante, di
Berio e Maderna consiste in una prassi disinibita e rigorosa insieme, che ricava dalla sostanza fonica stessa, dalla
materia le indicazioni per un'articolazione che vuole poi
essere rigorosamente meditata, e che quindi poco ha da
spartire con il caotico goliardismo di moda presso i "concretisti " francesi.
Sempre nel 1958, durante un soggiorno di alcuni mesi
in Italia, l'americano John Cage ( 191 2 ) realizzava Fontana
mix, montaggio elettronico-concreto che naturalmente nulla
aggiunge a quanto gi si conosceva di questo singolare
attore musicale, regista di paradossali montaggi rumoristici
ironicamente volti a darci un quadro passivo della complessit sonora d'oggi. Perci Fontana mix, come gli altri
(pochissimi) pezzi su nastro di Cage, non contribuisce a
sviluppare una tecnica, un metodo, ma si afiida "casualmente" ai mezzi tecnologici per trarne effimeri effetti
esistenziali: le apparecchiature stesse diventano giocattoli
musicali. che si usano in quarito disponibili, a portata di
mano.
3 ) Altre esperierrre
Colonia, Milano e Parigi non possedevano naturalmente l'esclusiva. delle ricerche musicali su base tecnologica, sebbene il lavoro prodotto nei vari studi di musica
elettronica sorti dal fervore sperimentalistico-acustico degli
"anni '50" rinvii poi quasi sempre ai centri principali.
Cosi per i due studi sorti a Bruxelles nel 1958:
quello della Radio belga (INR) e il centro Apelag. Nello
studio radiofonico operarono tra i primi David van Woe-

stijne (Variazioni su una poesia di Faulkner) e Louis de


Meester (Evocazione), autore gi nel 1957 di una cantata
per soli, cori, orchestra e suoni elettronici, La grande tentazione di S . Antonio, di carattere satirico, considerata la
migliore opera radiofonica al Premio Italia dello stesso
anno ma, a dispetto degl'ingegnosi lavori di montaggio, filtramzio di elementi acustici disparati ed eterogenei, caduta
poi->ell'oblio.
Lo studio Avelan,
- diretto da Herv Thys, legato al
nome del compositore Henry Pousseur, il quale aveva gi
compiuto le piti importanti esperienze elettroacustiche a
Colonia e poi a Milano. Ma di lui si ri~arlerpiu avanti.
In Olanda il discorso sulla musica elettronica veniva
portato avanti da un musicista di tendenze alla fin fine
tradizionaliste, anche se ovviamente di una certa apertura:
Henk Badings ( 1 9 0 7 ) . Gi nella sua opera radiofonica Oreste ( 1 9 5 4 ) , unitamente ai modi di estrinsecazione musicale
"normali," figurano generatori d'onda a dente di sega e
generatori di rumore. I1 rapporto che Badings istituiva
con le nuove sonorit non era certamente di tipo strutturale, ma puramente ed esteriormente sensorio, effettistico,
senza grandi sforzi per avvicinarsi alla natura profonda dei
materiali usati. Presso il laboratorio sperimentale della
Philips ad Eindhoven, sufficientemente fornito in fatto di
generatori di suono e di apparecchiature in genere, Badings
ebbe modo di approfondire maggiormente i problemi di
articolazione del campo elettronico. Tra i suoi lavori anteriori al 1960, si possono ricordare Genesis ( 1 9 5 8 ) , per
cinque generatori di suono; Jungle ( 1 9 5 9 ) ; Cain and Abel
(1956), tutti e tre balletti; e inoltre, Dialogues for man
and machine ( 1 9 5 8 ) , Elektrom~~netische
Klangfiguren e De
spreeken ( 1959).
Non bisogna pensare che in Germania funzionasse solo
lo Studio di Colonia: altri ne sorsero a Baden-Baden.
Karlsruhe e Darmstadt, talora in polemica con l'estetica
coloniense. Nel 1956 il compositore Hermann Heiss (18971966) tenne una conferenza a Darmstadt nella quale prese
decisamente partito contro l'articolazione seriale dello spazio
acustico elettronico, giudicando arbitraria e pericolosa l'applicazione "dall'esterno" di schemi totalmente eterogenei

rispetto alla nuova materia, dotata di caratteristiche sue


proprie. L'anno successivo Heiss si stacc definitivamente
dalla prospettiva metodologica di Eimert lavorando esclusii vamente a Darmstadt, nel nuovissimo studio sorto appunto
la linea operativa di
nel 1957. Ci che ~ontraddistin~ue
Heiss innanzitutto un ritorno a quella libera associazione
di timbri e di stratificazioni sonore che la corrente seriale
aveva dichiarato tabu. Dopo varie musiche di commento a
trasmissioni radiofoniche nelle quali si ha anche una distorsione ed elaborazione di dati sonori "concreti," e alcuni
altri brani preparatori, Heiss compose nel 1958 due Saggi
elettronici, nonch la Compos~zioneelettronica I I che porta
come sottotitolo "Suono e silenzio. "
Nel 1957 veniva fondato a Varsavia, per iniziativa del
musicologo Jozef Patkowski e del compositore Zbignew
Wiszniewski, il primo studio elettroacustico polacco, che
entrer effettivamente in funzione l'anno successivo. Gi
da qualche tempo si era notato un affrancamento dell'ambiente musicale polacco dai moduli stereotipati di certo
facile "realismon in voga nei paesi socialisti, equivalente
di conservatorismo tout court ed estensione equivoca del
piti trito gastronomismo musicale borghese alla fruizione
delle classi popolari giunte poco prima ad acquisire i beni
culturaji: i concerti di musica d'avanguardia in Polonia
erano sempre piti frequenti, musiche su nastro accompagnavano ormai spesso films e spettacoli teatrali. Wiszniewski
compose nello studio della capitale polacca otto radiocommedie in cui abbondavano effetti elettronici molto abili
anche se inevitabilmente di carattere per lo piti descrittivofunzionale. Mentre esperienze similari furono condotte da
Andrej Markowski, nel 1958 Wiszniewski compose una
musica per l'Orfeo di Cocteau che rappresenta il primo
esempio di musica elettronica "assolutaw prodotto nel nuovo
studio. Varsavia divenne rapidamente un centro importante
d'incontro per musicisti di ogni parte del mondo: tra quelli
~ i t attenti
i
all'im~ortanza da attribuire ad un medium artistico nuovo, al ;ateriale fisico e alla sua manipolazione formale, vi furono Stockhausen e l'italiano Franco Evangelisti.
Anche Vienna, che nonostante dia il nome alla quasi
mitica scuola dell'espressionismo germanico oggi in realt

una delle citti piu tradizionaliste d'Europa (bench vi si


svolga un'attivit teatrale e concertistica densissima per
quanto concerne il repertorio), ebbe nel 1959 uno studio
elettronico: testimonianza di quanto fosse acuta, sul finire
degli anni '50, la curiosit verso ci che si faceva di nuovo
nei territori della tecnologia artistica.
Chi voglia dare un'inquadraturd storica degli anni '50
non pu limitarsi alle prerogative europee: resta per il
fatto che solo in America, nel bene e nel male, si tentato
di muoversi con re1 >tiva indipenden: 11 dalle coordinate storiche della musica eciropea.
L'autonomia, ad esempio non stata certo la qualitA
espressa dalla musica elettron.ca giapponese; per cominciare
la radio di Tokio si servi di apparecchiature tecniche che
ricalcavano pari pari lo Studio di C.3lonia: dodici gene -atori
di suono con frequenze fisse e variabili senza gradazioni,
un modulatore ad anello, un monocordo elettrico, generatore di rumori, filtri vari, ecc. I compositori giapponesi
non iniziano una nuova via, bensi continuano, in un clima
di monotono conformismo cosmopolita "tipo festival," la
metodologia formale suggerita da Eimert, Koenig e dal
primo Stockhausen. D'altra parte Toshiro Mayuzumi, primo
musicista giapponese attivo nel settore, aveva frequentato
sia lo studio coloniense che i corsi estivi di Darmstadt per
Ia nuova musica. Gi i titoli dei suoi pezzi, Musica per
onda sinusoidale in rapporto a numeri primi, Musica per
onda modulata in rapporto a numeri primi, Invenzione su
onda quadra e onda a dente di sega, denunciano una problematica esclusivamente tecnico-formale, volta alla presa
di possesso del mezzo e alla regolamentazione del medesimo attraverso sperimentazioni su schemi precisi, selettivi
e volutamente limitati. Insieme a Makoto Moroi, Mayuzumi
compose nel 1956 Variazioni su filtri, brano piu vario e
modulato timbricamente.
Una vistosa contaminazione di ricerche su nuovi materiali elettroacustici e impiego degli strumenti piu ovvii,
fino alla grande orchestra sinfonica, si p,u dire tipica di
certa musica americana negli anni '60. I1 fenomeno della
sperimentazione di nuove sorgenti acustiche caratteristico
di molta musica americana del Novecento storico, Ives e

Varse in testa: non si dice di Cage, in cui per la complessit rumoristica ottenuta in modo elementare per accumulazione e giustapposizione ironica approda nihilisticamente alla neutralizzazione di ogni impulso positivo teso
verso la scoperta materica, verso l'indagine sistematica.
Compositori come Vladimir Ussachevski ( 1911), americano di origine russa, e Otto Luening (1900) si muovono
tra impulsi vecchi e nuovi con una baldanza disinibita e
molto yankee. Fin dal 1951 Ussachevski aveva compiuto
esperimenti nel piccolo studio della Columbia-University;
dal '53, unitamente a Luening, ha tentato combinazioni tra
suoni registrati su nastro magnetico e orchestra. Pezzi quali
A Poem in Cycles and Bel1 (1954), Rapsodie Vmiations
(1954) e Concerted piece (1960), firmati insieme dai due
compositori, sono tentativi assurdi di conciliare il suono
sensuosamente retorico dell'orchestra sinfonica tardo-romantics o pseudo-impressionistica con invenzioni timbriche mutuate dalla moderna tecnologia. Gradualmente per sia Ussachevski che Luening hanno avvertito la necessit di protendersi oltre i limiti di una contaminazione di dubbio
gusto e di nessun significato, affrontando con maggior coscienza il problema di un'impostazione metodologica non
dilettantesca. Qualcosa essi hanno poi fatto nella direzione
di un sistematico uso di suoni strumentali denaturati prima,
e di suoni ottenuti sinteticamente poi. Indubbiamente,
malgrado il livello tutt'altro che eccelso delle loro composizioni, gli americani in questione hanno avuto la precoce
intuizione della precariet di ogni esclusivismo tecnologico.
A causa della situazione culturale e musicale del loro paese,
essi non hanno saputo trarre le dovute conseguenze da
premesse in linea generale potenzialmente proficue (fusione di suoni concreti; sintetici e strumentali), naufragando in un mare di cattivo gusto e di pressapochismo
ideologico. In questo contesto acquistano carattere a loro
modo positivamente critico le paradossali, volutamente
ironiche esperienze di Cage.
Tra le benemerenze dello studio approntato alla Columbia-University, con la consulenza tecnica dell'ingegnere
Olson, starebbe una sorta di rivoluzione tecnica legata
a vn nuovo metodo di lavoro basato sul "musical Synthe-

sizer": ma non un caso se tale apparecchiatura, pensata


evidentemente anche sulla scorta delle idee di Luening e
Ussachevsky, appariva destinata piu che altro alla ricostruzione per via sintetica di un numero enorme di suoni
musicali gi noti. I1 processo di automazione, positivo
quando si limita a sostituire complesse operazioni di catalogazione del materiale, montaggio e cosi via, si rivela
micidiale allorch pretende di circoscrivere il campo d'azione al fine di razionalizzarlo e renderlo facile all'uso, di
bloccare per cosi dire il lavoro di ricerca continua, di
associazione sempre nuova di elementi sonori, di sperimentazione salutarmente empirica. Altri tipi di sintetizzatori sono stati costruiti. e sembrano meno fossilizzati a
schemi angusti.
Anche lo studio di Monaco. Densato fin dal 1955 e
aperto definitivamente nel 1959: Si basa ampiamente sull'automazione, sull'uso di schede perforate attraverso le
quali si impartiscono ordini ai regolatori di comandi sonori. Se teniamo conto che l'iniziativa del centro monacense si deve a Carl Orff, principale esponente della
restaurazione neoclassica di marca fascista nel periodo tra
le due "
mierre e sostenitore di una musica sem~licee non
problematica, possiamo facilmente capire con quale spirito
si sia ricorso all'automazione: culto della funzionalit, ridimensionamento della musica elettronica entro argini prevedibili e ampiamente rassicuranti. Una riproposizione della
musica d'uso sotto veste scaltramente aggiornata.
Rimes I I di Henry Pousseur, realizzato nello studio
Apelac di Bruxelles, il pezzo pi6 rigoroso e avanzato
che tra il 1950 e il '60 sia stato prodotto fuori del triangolo Colonia-Milano-Parigi. I1 grado di sintesi che vi si
realizza tra musica ottenuta elettronicamente e strumenti
tradizionali non va estraneo alle ricerche di Stockhausen:
sappiamo appunto dallo stesso Pousseur quanto la stretta
amicizia e convergenza culturale con il musicista tedesco,
il quale proprio in quegli anni stava componendo Kontakte,
abbia influito sulla configurazione di Rimes per diverse sorgenti sonore. N mancano modalit operative che risalgono
a Berio, come il ritaglio e il montaggio dei nastri effettuati
secondo un unico modulo: il quindicesimo di secondo (del

resto Pousseur, come s' detto, aveva fatto le sue prime


esperienze elettroacustiche proprio a Colonia e a Milano).
Il micromontaggio di cellule viene sottoposto ad approfonditi processi di accelerazione. Un dato "concreto" rimarchevole rappresentato dal suono di un wood-block (importante specialmente nella prima parte del lavoro), accelerato
una prima volta secondo diverse proporzioni, in modo da
ottenere, come tiene a dire l'autore, una vera e propria
scala timbricamente omogenea, utile quale materiale di
partenza.
Pousseur utilizza in Rimes suoni di origine strettamente
elettrica (onde sinusoidali e rettangolari, mescolanze semplici o col "Ringmodulator," rumore bianco, impulsi e filtraggi vari), materiali fonici anche vocali "catturatin attraverso il microfono e lavorati successivamente, e inoltre il
suono orchestrale agito in combinazioni timbriche varie e
ricercate con molta precisione.
Nel 1960, con Elecire, il musicista belga riprende alcuni
modi compositivi di Rimes e sviluppa il procedimento di
ripetizione automatica di masse d'elementi vocali registrati.

Cupitoio quarto

Cronache di una ricerca: dal 1960 ad oggi

1 ) Maderna, Berio e Pousseur


Gli anni tra il 1960 e il 1970 (oltre non lecito andare
se non si vuol fare una discutibile cronaca dell'awenire)
offrono dati tra loro contraddittori e di non sempre facile
interpretazione. Mentre da una parte sorgono come funghi
in tutto il mondo piccoli centri di musica elettronica dotati
di modeste apparecchiature ( e anche qualche studio di
rilievo, soprattutto nell'Europa orientale), mentre si diffonde l'uso del "musical Synthesizer" (editio minor, in senso
sia qualitativo che quantitativo, dei veri studi elettroacustici), e insieme 1'"elettrificazione" di taluni strumenti singoli i quali risultano enormemente potenziati quanto a possibilit tecniche, timbriche ed espressive, mentre l'automazione dei procedimenti pare facilitare il musicista nell'atto
laborioso e poco esaltante del montaggio, muta l'atteggiamento di ,fondo dei p i i rilevanti compositori legati alla
storia dello sperimentalismo tectrologico: dall'esclusivismo
un po' fanatico per il suono sintetico, considerato capace
di sostituire ogni altro modo di produzione fonica, essi sono
passati all'integrazione di musica elettronica e concreta, e
inoltre, piu significativamente, di musica registrata (sia elettronica che concreta o mista) ed eseguita dal vivo (voci
e strumenti). Altri musicisti hanno abbandonato addirittura
il campo elettronico tornando ai mezzi sonori consolid~ti
dalla tradizione, meno costosi, piu facilmente reperibili e
consolidati in formazioni fisse. istituzionalizzate (il coro,
l'orchestra, il complesso da camera e cosi via).
Luciano Berio, Henry Pousseur e Bruno Maderna sono
i compositori che piu vistosamente hanno sfumato la loro
presenza nel settore di cui ci occupiamo.

Si fa soltanto cenno al disimpegno progressivo di Bruno


Maderna nel campo elettroacustico: il relativo dileguare del
suo lavoro di ricerca pu in effetti derivare dagl'interessi
molteplici e fatalmente un po' dispersivi di questo formidabile, multiforme musicista. Ma ~robabilmente, valgono
anche in questo caso le osservazioni sociologiche che si
fanno nel corso del sesto capitolo. Dopo l'lnvenzione su
una solu voce (1960) e le Serenute 111 e IV (1962). Maderna compose nel 1964 un brano arguto, esilarante, paradossale, dal titolo appunto Le rire, manipolazione sfrontata, geniale pastitbe a1 limite dell'onomatopeico: una
scommessa, insomma, di guizzante gaiezza.
Berio aveva dato, in anni precedenti, contributi essenziali allo sviluppo di una sensibilit legata profondamente
alla natura dei mezzi impiegati: lavori quali Momenti e
Thema (Omaggio a Joyce) lo testimoniano ampiamente.
Negli anni '60 una sola opera, sia pur significativa, figura
nel catalogo beriano: Visage per voce, nastro magnetico e
suoni elettronici. Al centro dell'immagipazione musicale del
com~ositoreha messo fieurato l'articolazione vocale in tutte
le sue molteplici e inusitate implicazioni: cantato, parlato,
soffiato. as~irato. materismo rumoristico delle consonanti
isolate dalle vocali; estremamente positiva era stata per
Berio la vicinanza di Caty Berberian, cantante spregiudicata
di enormi possibilt. Per l'autore di Visage la vocalit non
che un modo di prendere possesso della variet comportamentistico-fenomenologica dell'essere umano: un mezzo
materiale, "fisico." ma anche saturo di storia, che pu essere
sublime come sconcertante e "volgare," disponibile e cangiante. Appunto il rapporto tra materia vocale variamente
lavorata e stratificazioni elettroniche sta alla base della fantasiosa, libera e aperta disponibilit sperimentale di Luciano
Berio: talmente libera e polisensa da indurre a legittimi
sospetti quanti si aspettano di cogliere nei fatti musicali il
segno di una posizione ideologica preventivamente formulata con precisione.
I n Visage la fusione tra voce, suoni elettronici e nastro
(inteso quest 'ultimo quale serbatoio di molteplici virtualit,
anche di riverberazione), la "contaminazione" tra mezzi
tradizionali e nuovissimi, producono effetti estremamente
u

suggestivi: fin troppo insistiti, volutamente seducenti, amabilmente "corruttori," volti a un edonismo (si badi: anche
intellettuale) di alta classe. Momenti di recitazione travalicanti verso il cantato o viceversa (memori alla lontana delle
indicazioni dell'espressionismo viennese) si alternano al cantato e al recitato puro, mentre tutti gli atteggiamenti vocali
si trovano poi sovrapposti con la registrazione e il montaggio. Interessante anche l'articolazione spaziale, proprio
nel senso della "parete sonora" sottratta ad ogni impulso
agogico: superfici massive di suoni elettronici o elaborati
elettronicamente internamente mosse in modo da creare,
nell'immobilit, un gioco di riflessi fonici. Questo suono
che sfocia nell'infinito, la cui lega s'imparenta con il coro
o l'orchestra ligetiana, rilevante proprio nella chiusa
sospensiva di Visage, che segue immediatamente i fascinosi
incastri fonematici e vocali.
Nel 1961. Pousseur aveva intanto comDosto Trois Visages de Lige: mediando il passato rigore preventivo della
scuola di Colonia con la pi6 sensibile e diretta percezione
della materia sonora empiricamente rilevata da Berio e Ma,derna, il compositore belga si serve del montaggio d i un
materiale complesso desunto da 28 suoni sinusoidali variamente trasportati e anche di alcuni "oggetti musicali" precostituiti e lavorati in studio, i quali si limitano per poi
solo a voci di fanciullo e a un accordo pizzicato. La prevalenza del materiale ottenuto per via sintetica contribuisce
a tener lontana l'ipotesi onomatopeica di un qualche "ritratto
rumoristico di citt": va ricordato che la commsizione di
Pousseur era nata non come banale descrizione, bensi doveva
accompagnarsi, doveva per cosi dire costituire una formante
di uno spettacolo luminoso tendenzialmente astratto.

2 ) La ricerca di Stockhausen
Due ordini di ragioni possono spingere a fare iniziare
la seconda fase della musica sperimentale-tecnologica dal
1960, anche se pacifico che si tratta comunque di una
delimitazione di comodo e inevitabilmente ultraschematica:
la prima dovuta al fatto che, proprio negli anni immedia-

tamente precedenti, era avvenuta una parziale fusione di


musica elettronica e musica concreta, con avvicinamento
dei due fronti, vale a dire quello fenomenologico-oggettuale
di Parigi (teso ora, malgrado i limiti costituzionali e la
pochezza dei musicisti che lo componevano, verso un maggior rigore) e quello "purista" di Colonia (basato sui suoni
sinusoidali e derivati, sulla proiezione ulteriore del metodo
seriale, e ora disposto ad accogliere sempre piu anche elementi fonici preesistenti: si pensi a Gesang der Junglinge
di Stockhausen); le esperienze del Centro di Fonologia milanese in un certo senso mediavano gli opposti schieramenti,
favorendo indubbiamente la sutura.
Inoltre, proprio nel 1960 (e questo rappresenta il secondo fattore), un'importante opera di Stockhausen coronava il processo in atto di superamento dell'antitesi tra
musica registrata e musica eseguita dal vivo, compenetrando
fonti e atteggiamenti fonici di origine diversa: si parla di
Kontakte, composizione realizzata tra il 1958 e il 1960
(selezione preliminare del materiale acustico in studio dal
febbraio 1958 all'autunno 1959; stesura definitiva terminata nel maggio 1960). La prima esecuzione, avvenuta nel
giugno 1960 durante il 34" Festiva1 della SIMC a Colonia,
si giov della partecipazione di Christoph Caskel (percussione) e del pianista David Tudor, attivo anche lui su taluni
strumenti a percussione.
Kontakte offerto in due versioni: l'una, su nastro a
quattro piste, per soli suoni elettronici (a uno o due canali),
pensata, come Stockhausen ha indicato, per l'esecuzione
radiofonica o l'incisione discografica; l'altra, d i gran lunga
pi6 interessante per una quantit di implicazioni che porta
con s, per suoni elettronici, pianoforte e percussione.
Sar bene prendere subito in esame la seconda versione:
essa partecipa, a un livello di superiore riuscita o almeno
di pi6 tormentata e impervia ricerca, a quel filone che stava
dando lavori quali Transicion I I di Kagel, Musica su due
dimensioni di Maderna, Diffrences di Berio. La sostanza
elettronica viene emessa da quattro altoparlanti, mentre due
musicisti agiscono dal vivo sul pianoforte e su strumenti
a percussione in metallo, legno e membrana. Come orientamento tecnico mette conto di segnalare, oltre alla produ-

zionr dei suoni elettronici dovuta a un generatore di impulsi,


l'uso di un amplificatore selettivo regolabile (vale a dire
usato come un filtro variato continuativamente il quale
determina anche la durata d'estinzione dei suoni). Inoltre
vi un filtro a "banda passante" prestabilita. Oltre alle
onde sinusoidali appaiono anche onde quadre, le quali, essendo formate da armonici dispari, producono un suono
particolarmente aspro.
Gi Gesang der. Jinglinge, dove l'elaborazione di uno
stimolo acustico dotato di una sua preventiva e "concreta"
fisicit e inoltre portatore di inevitabili riverberazioni naturalistico-contenutistiche (la voce di fanciullo), dimostrava
come Stockhausen volesse ridimensionare la ricerca sulla
mera individuazione di nuovi suoni sintetici, svelando contemporaneamente un'insospettata attenzione per suggestioni
d'altra natura. Sicch non sorprende, in Kontakte, la volont
di sintesi tra avanzatissima ricerca tecnica e una nuova
gestualit che si sprigiona dalla paurosa, fors'anche suggestivamente "arida" strutturazione. I n un senso molto (moltissimo) lato, si potrebbe perfino parlare di analogia con la
tradizionale concezione "concertante": materiali, atteggiamenti contrastanti e complementari che producono attriti,
contatti, non per contrapponendosi a scacchiera, qua il
bianco l il nero. Infatti il nastro raccoglie suggerimenti
timbrici della percussione e del pianoforte, contribuendo
a intersecare gli stimoli acustici. I due musicisti agenti
"dal vivo" si pongono in stato di interreazione rispetto alle
sonorit che arrivano dai quattro altoparlanti senza uscire,
alla fine, n vinti n vincitori. Un'interpretazione maliziosa
data da Bortolotto allorch scrive che " agevole avvertire
la preoccupazione di includere, di inquadrare e perci regolamentare il fluido, il magmatico del nastro entro i saldi
piloni dello strumentale," e insinua che in questo match
truccato viene neutralizzata la carica esplosiva elettronica
in quanto ricondotta "entro argini ampiamente rassicuranti."
Ma, per chi ponga mente all'allergia del critico citato verso
ogni operare compositivo che non spinga a fondo la determinazione di una totale assenza della forma sar facile
attraverso una deduzione "al negativo" ottenere la convalida di come si evidenzi qui non tanto una "conciliazione,"

l
1

bensi una condizione ulteriormente ambigua. Stockhausen


mira a contrarre la continuit del flusso musicale in strutture
destinate a evocare "un mondo sonoro in rotazione, senza
evoluzione possibile, " dove si aboliscono, secondo quanto
ebbe a dichiarare il compositore a proposito di altri suoi
lavori, concetti quali principio, sviluppo, fine, centro o
estremi, e dove "passato, presente e futuro" rappresentano
"una cosa sola." Questo aspetto statico, mistico-sacrale
palesemente estraneo al concetto di contrasto implicito
nel titolo stesso: Kontakte, appunto. Emergono allora le
contraddizioni insanabili tipiche di un formidabile musicista
operante nel clima di benessere ottuso e socialmente rinunciatario della Germania Occidentale, nel vuoto dell'esperienza comunitaria ovviamente mancata dal capitalismo:
Stockhausen, dopo aver tentato di rifugiarsi in una ricerca
che fosse l'equivalente artistico-musicale (perci feticistico)
della civilt tecnologica, rischiando di assumere atteggiamenti apologetici ( e I'apologia del mezzo tecnico sempre,
inevitabilmente, apologia della classe sociale che ne detiene
politicamente il controllo), lascia filtrare tra le maglie del
suo pseudo-razionalismo (vissuto con a-dialettica e quindi
alla lunga irrazionale unilateralit) suggerimenti eterogenei
che finiscono per pur senipre con l'approdare a un misticismo equivoco.
Si veda in Kontakte: la fusione di interpreti operanti
dal vivo e nastri elettronici scarica automaticamente un
attivismo: una gestualit (anche visivamente riscontrabile)
che per gi bloccata, nel momento stesso in cui tenta
di farsi strada, dalla struttura musicale circolare, protesa
verso una tensione non "accrescitiva," non sorretta da un
dinamismo atto a vivere in tutta la sua pienezza il tempo
musicale. I1 magma elettronico fuoriesce dai quattro altoparlanti con sonorit cupe e minacciose, di originalissimo
rilievo fonico e gi tende a quella lunghezza ostentata ed
estrnuante che costituir l'aspetto peculiare di un'opera
quale Hymnen: frutto di una paralisi del tempo in musica
che pu darsi sotto forma di frantumazione (Webern aforistico e i primi post-weberniani), ma anche di abuso del
medesimo. Rivoltando il senso della pur acuta annotazione
bortolottiana, si pu dire che il match tra strumentisti e

nastro, truccato senz'altro, non lo tanto per l'alveo distributivo entro cui dovrebbe comprimersi la stessa ipotesi materico-informale, bensi proprio per l'esistenza di un impianto
(nel quale, si ricordi, "prima," "poi," "premesse," "sviluppi," ecc., diventano "una cosa sola"), che non ammette in
Dartenza match alcuno. n dialettica reale.
Particolare attenzione esige certa ritmica nella parte su
nastro: noto che fino a Kontakte la musica elettronica
aveva teso ad annullare ogni impulso ritmico puntando
invece sulle propriet derivate dalla tecnica del montaggio
dei frammenti di nastro, vale a dire un continuum di fasce
sonore di durata assai lunga e non misurabile in valori proporzionali, oppure di guizzi scheggiati, di miriadi di suoni
brevissimi. Ascoltiamo invece qui anche continue accelerazioni o decelerazioni di colpi che si capisce essere nel
pensiero base, nello schema base, perfettamente isoctoni:
qualcosa di analogo allo stringendo o al rubato dei romantici, appannaggio della musica strumentale-vocale, ove l'interpretazione richieda sottolineature ed elastiche articolazioni del fraseggio. Nel campo elettronico, tale procedimento
era apparso in precedenza, se non si va errati, solo nelle
interessanti Figure sonore I I di Goffried Koenig, del 1956.
Inutile dire che in Stockhausen il senso di tali varianti agogiche acquista connotati apocalittici, insistiti sull'ossessivit
annichilente della scansione.
Altre opere di Stockhausen soggette come e piu di Kontakte a integrazione di strumenti "tradizionali" e apparecchiature eleitroacustiche anche se di minore importanza,
sono: Mikrophonie I per tam tam, due filtri e regolatori
(1964); Mixtur per cinque gruppi strumentali, quattro modulatori ad anello, quattro generatori d'onde sinusoidali
i 1964-65); Mikrophonie I I per coro, organo Hammond,
quattro modulatori ad anello e nastro magnetico (1965);
Solo per strumento melodico con moltiplicazioni del medesimo su nastro (1966). A partire da Prozession per tam
tani, viola, electronium, pianoforte, due microfoni, due
filtri e regola tori (1967), l'ex paladino dello strutturalismo
~ i ustrenuo tende a concedere s ~ a z i oalle ~ r a s s ialeatorie.
&li interpreti, giovandosi di un kargine aperto all'irnprovvisazione, sono chiamati a collaborare alla nascita della com-

I
1

posizione, anche se malgrado la tlessibilit formale il compositore non rinuncia a controllare il rapporto tra i singoli
avvenimenti.
Con Telemusik per nastro magnetico (1966), avviene
uno scarto improvviso nella prassi compositiva stockhauseniana. Dopo anni di purismo, di ricerca autosufficiente, a
senso unico (puntillismo, tecnica di gruppi, spazialismo,
rifiuto sistematico di ogni aggancio con elementi formali
o esistenziali del passato e del presente quali armonia, melodia, ritmo, fonti acustiche "concrete" larvatamente "naturalistiche": ci che Stockhausen stesso ha indicato retrospettivamente quali contrassegni di un periodo dell'astrattismo), il musicista tedesco ipotizza una sorta di rilevamento
del "reale musicale," un'apertura all'intero mondo sonoro
che consiste, operativamente, nell'utilizzare frammenti, figure
musicali precostituite, ricavate dalla musica di ogni epoca
e di ogni paese, mescolati e variamente elaborati. I1 rinvio
al collage immediato (si pensa subito agli antecedenti di
Varse e Cage), anche se l'autore, nelle intenzioni, vorrebbe
andare oltre. giocoforza sottolineare che proprio la tecnica
di montaggio caratterizzante la musica su nastro quella
che piu di ogni aItra si presta ad operazioni di immagazzinamento e modificazione di materiali eterogenei, precostituiti, per cosi dire "ritagliati."
TeLemusik impiega frammenti di musica folclorica dell'Africa, Amazzonia, Bali, Brasile, Cina, Giappone, Russia,
Spagna, Vietnam. Al fine di superare il semplice collagc,
Stockhausen ricorso ai modulatori elettronici, attraverso
i quali ha tentato di sovrapporre e intersecare organicamente
vari materiali: n~odulando, ad esempio, una melodia raccolta con il ritmo di un'altra musica sempre preesistente,
colorando timbricamente quanto acquisito in maniera nuova,
e ancora riversando il tutto entro stampi indicati dal diagramma dinamico-intensivo di un'altra melodia presa a prcstito. Durante una conferenza tenuta a Roma nel 1967,
Stockhausen fu prodigo di esemplificazioni: "Immaginate
un prete, la voce di un prete, diciamo, di un tempio nahra:
una musica che non s' mossa affatto da mille anni: io faccio
una modulazione di questa melodia del prete con il ritmo
di una sevilluna spagnola; e aggiungo come curva dinamica

quella di un canto di una madre indiana (Amazzonia) che


ha cantato per il bambino, che ha una curva assai tipica.
Aggiungo questa curva o faccio una modulazione con questa
curva sovrapposta alla melodia del prete, ritmicizzata con
la sevillana Si va molto avanti. D'un tratto una nuova
qualit nasce, che non piii la somma dei differenti componenti. Si arriva ad avvenimenti che hanno senso multiplo...'' L'impianto elettroacustico, da produttore autosufficiente di suoni sintetici puri o di rumori indeterminati, diviene momento di sintesi, di promozione di un processo
unificante di tutti i materiali possibili. Il superamento dell'" astrattismo " musicale post-weberniano, cio della volonth
di riorganizzare dalle fondamenta il linguaggio musicale, di
scartare tutto quanto fosse, sia pure alla lontana, compromesso con i modi storici del fare musica, non ci viene per
motivato da Stockhausen. Egli si limita a constatare che
"da parecchi anni, come nelle altre arti, i musicisti hanno
comunicato il pensiero di essere andati fino in fondo nella
direzione della microrganizzazione come delle macroproporzioni." Ci troviamo di fronte al consueto uso terroristico
dell'ormai, cosi connaturato al compositore tedesco: ormai
cosi, una ristretta lite di artisti ha deciso che una moda
cambiata, nessun riferimento sociologico ritenuto necessario. II fascinoso ed equivoco idealismo estremizzato che
si nascondeva dietro le opere strutturalistiche a senso unico,
il culto quasi feticistico della tecnologia quale maschera di
una violenza moraleggiante proprio in senso cattolico, l'aristocratico rifugio nella "purezzan e intransigenza della
ricerca (che per mai riusciranno a cancellare, nel dato
musicale stockhauseniano, il senso di un'oscura angoscia)
si rovesciano dunque nella disponibilit verso qualsivoglia
stimolo o ambientazione sonora. I1 perch di tutto questo
rimane un mistero. Nessuna sorpresa, d'altra parte. Si sa
come Stockhausen sia sempre stato incline a giustificare le
sue scelte e il suo operare sulla base di criteri evoluzionistici: nel caso di Telemusik, e di tutto quanto ad esso
seguito, si tratterebbe di un nuovo filone aperto in seguito
all'abbandono di un altro ritenuto, sulla base di considerazioni puramente interne al linguaggio musicale, esaurito.
Ma sappiamo bene come rinunciare alla formulazione di una

1I

propria ideologia voglia dire poi accettare per forza d'inerzia


quella degli altri, e anzi quella imperante. Ma vi sono finestrelle segrete, in ogni discorso, che gettano luce sull'intero
contesto e dalle quali si pu osservare meglio la situazione.
Cosi, sintomatico che Stockhausen, nel corso della conferenza alla quale ci si richiamati precedentemente, abbia
sostenuto la tesi secondo la quale "il dualismo fra tradizione
e avanguardia, o, diciamo, tra le forze conservatrici e le
forze del progresso, non ha piii importanza, perch la tradizione diviene una riserva," dichiarando anche che "siamo
proiettati in tutte le direzioni, nel domani cosi come nella
vasta riserva dell'ieri": questo, si badi dopo aver detto
testualmente: "Per me ogni opera un modello. Siccome
sono compositore, immagino come composizione l'organizzazione del mondo e specialmente del mondo umano. Quando organizzo i suoni mi limito al mondo sonoro, ma, naturalmente penso a tutto. Se fossi un politico, organizzerei
il mondo in altro modo: cosi, se fossi matematico o scienziato in genere. Trovo che la ricerca nel dominio dell'estetica pura non piii bastante."
Dunque, operare sui suoni significa proporre modelli di
organizzazione che metaforicamente alludono ad altro che
una sistemazione semplicemente "estetica." L'endomodulazione proposta come integrazione della molteplicit, il ricorso
in Telemusik a musiche folcloristiche d'ogni Paese, astratte
per dal contesto d'origine e quindi utilizzate come puri
materiali (al modo dello Stravinskij neoclassico), si rivela
alla fine un ulteriore espediente di conservazione eurocentrica. A riassorbire ogni reperto musicale legato a civilt
diverse e lontane, ad ambienti umani e sonori disparati,
la tecnologia concepita come piovra, in grado di tutto stritolare: i materiali immagazzinati per,dono i loro connotati
di origine e diventano strumenti di un pluralismo livellatore
che ogni cosa riduce a combustibile immaginativo, neutralizzando le qualit specifiche di ciascuna tradizione. L'universalismo utopistico assume dunque significato analogo a
quello dell'interclassismo politico, e il richiamo a civilt
extraeuropee, alla fin fine colonialistico addirittura.
Non a caso Hymnen per suoni elettronico-concreti e
strumenti solisti operanti dal vivo (pianoforte, viola e vio-

loncello), monumentale opera nata nel 1967 e ampliata in


una seconda versione del 1970 (vi compreso un brano per
orchestra), utilizza inni nazionali di tutto il mondo. Bisogna
ricordare che l'innodica si fonda infatti, anche nei Paesi
asiatici e africani, su quegli schemi tonali imposti da secoli
all'intero globo terrestre tramite l'egemonia politica, e quindi culturale-musicale, dell'Europa. vero che in questo
collage (perch tale risulta, ad onta delle dichiarazioni in
contrario fatte dall'autore), proprio la raccolta e il livellamento degradante di fatti sonori preesistenti appartenenti
senza eccezioni alla stessa specie linguistica (la lingua musicale del colonizzatore divenuta forzatamente anche lingua del
colonizzato) pu dare adito a interpretazioni diverse. Ad
esempio, possiamo essere indotti a considerare come il legame ~ r o f o n d oche unisce Stockhausen alla cultura occidentale i s i pensi solo al superomismo costruttivista), si accompagni nel vivo dell'opera al presentimento che la supremazia
culturale europea abbia le ore contate.
In effetti c' anche questo senso di oscura, angosciosa
fatalit. La vastit di Hymnen, la manipolazione di musiche
preesistenti e da tutti conosciute, la crudelt della deformazione timbrica, sono dati che richiamano l'esperienza apocalittica di Gustav Mahler. Senonch, poi, a esser schivata
appunto la dialettica mahleriana, sia che Stockhausen ricorra
all'endomodulazione (vedi quanto detto a proposito di Telemusik) o al collage truccato. Infatti, nelle Sinfonie di Mahler
le musiche citate non confluivano, confondendosi, l'una nell'altra, devitalizzandosi in partenza e livellandosi, ma anzi.
attraverso l'accostamento spericolato di caratteri differenziati
immessi nella struttura compositiva proprio per le loro peculiarit stilistico-es~ressivo.
, ~roducevanoattriti. contrasti.
attrazioni-repulsioni. Inoltre, in una musica come quella
stockhauseniana, dove passato, presente e futuro si equivalgono, dove l'abuso del tempo musicale nella lunghezza estrema porta aZla paralisi del medesimo, riafiora fatalmente
l'aspirazione a una "musica infinita" di wagneriana memoria; in essa. come ha scritto Luigi Pestalozza, "la stessa tendenza a prevaricare l'ascoltatore mediante il discorso senza
fine, a bloccarlo cosi, per asservirlo, riconducibile in ultima analisi ai meccanismi dell'ipnosi sociale che, come quello

pubblicitario, fanno strutturalmente parte del potere economico capitalista."


I1 materiale tonale dei vari inni determina ovviamente
il carattere dell'intera composizione. Stilemi melodici, a r m e
nici e ritmici della tradizione vengono recuperati e fatti emergere, galleggiare come oggetti trasportati dalla fiumana elettronica, ma spesso riescono ad avere partita vinta sul flusso
magmatico; si profila pertanto il pericolo della regressione,
della disponibilit acritica nei confronti del materiale. In
effetti, se tanto si parlato e si continuer a parlare di
Hymnen, non solo per la mostruosa capacit compositiva
di Stockhausen, per l'inventiva in taluni punti straripante
che scaturisce dalla manipolazione di inni nazionali consunti,
ma anche per la sostanziale ambiguit contenutistica dell'opera. Le figure musicali precostituite vengono infatti immesse in un vasto disegno, in una gigantesca arcata formale
entro la quale risultano alternativamente macerate ed esaltate. I1 pressapochismo ideologico fa tutt'uno con la pifi
strepitosa esibizione di bravura tecnica, di capacit musicale,
di fantasia. I vari inni sono esibiti ora uno alla volta, ora
sovrapposti in un continuo variare di prospettive dinamiche,
ritmiche, spaziali, mentre non si contano le soluzioni timbriche nuove e originali.
Hymnen si articola in quattro Regioni: ogni regione ha
determinati inni centrali, intorno ai quali ruotano incipit di
altre sigle nazionali. La prima Regione si basa sull'Internazionale e sulla Marsigliese; la seconda ha quattro inni:
quello della Repubblica Federale Tedesca, un gruppo di inni
africani mescolati o alternati con quello sovietico e infine
con un inno nazista. I centri della terza Regione sono tre:
la ripresa dell'inno sovietico, che l'unico composto esclusivamente di suoni elettronici sintetici, l'inno americano e
quello spagnolo. La quarta Regione si basa sull'inno svizzero
e un altro che dovrebbe appartenere a un inesistente e utopistico regno della Inni-Unione nella Armonia tra Plura-

mortdi.
Varie ipotesi sono state formulate, e altre sono formulabili, circa la priorit concessa ad alcuni inni, in veste di
centri nevralgici. Si tratta di ipotesi, anche ingegnose e
motivate, che non spostano comunque l'asse interpretativo

in alcuna direzione. Stockhausen ha costruito Hymnen, come


si detto, pescando indiscriminatamente nel sacco dei materiali piu triti e convenzionali, alcuni irrimediabilmente compromessi, senza che per emerga dal loro accostamento alcun
rapporto di reciproca ostilit. I1 risultato quello di una
struttura pseudo-collagistica nelle intenzioni ideologicamente
neutra: i "ritagli" musicali, malgrado le continue distorsioni, emergono in virtu della sola prepotenza "fisica," della
l o r ~paradossale e contraddittoria vistosit esibita senza
alcun collegamento o rapporto di causa-effetto.
I n Hymnen altri elementi concreti intervengono a fianco
degli oggetti musicali ritagliati e intersecati al modo gi
segnalato da Stockhausen discorrendo di Telemusik (ritmo
di un inno modulato per l'armonia di un altro e per la curvatura melodica di un terzo e cosi via): rumori della folla,
brusii, conversazioni registrate durante manifestazioni pubbliche, meeting, ricevimenti ufficiali. Stockhausen ha previsto molteplici utilizzazioni di questa sua opera, dalla sala
per concerti al teatro, dall'ascolto in disco all'esecuzione in
un3 chiesa o all'aria aperta. Inoltre ha indicato la possibilit,
per ragioni drammatiche, di operare una scelta optando per
una piuttosto che per l'altra Regione, sopprimendo liberamente delle parti. I1 nastro originale a quattro piste stato
preparato a Colonia. Muovendo da questa matrice stata
realizzata una versione stereofonica a due piste ma con un
regolatore panoramico. Per l'ascolto di qucsta versione stereofonica su disco oppure su nastro, l'autore consiglia la
distribuzione in sala di otto altoparlanti, onde ottenere
quella spazializzazione che il brano esige.

3 ) Presenza di Nono
Gi nel 1960, con un pezzo d'assaggio di non eccessivo
rilievo (Omaggio a Vedova), Luigi Nono aveva preso contatto con il campo elettroacustico. Non senza significato
che ci sia avvenuto subito dopo la composizione della
grande trilogia corale degli anni 1956-58 (11 Canto sospeso,
Cori di Didone, La terra e la compagna), e dopo un vasto
lavoro teatrale, Intolleranza (1960): Nono infatti coglie una

direttrice nello sviluppo delle tecniche vocali per mezzo dei


microfoni e inoltre individua nella pluralit dei materiali
elettronico-concreti una disposizione al gesto musicale significativo, all'intrecciarsi relazionato dei piani significativi,
sempre per ricorrendo a materiali d'oggi, gravidi di tensione conoscitiva.
Sar la Fabbrica illuminata (1964) a segnare definitivamente l'ingresso, nel campo della piu avanzata tecnologia
musicale, di un musicista per nulla suggestionato feticisticamente dai mezzi usati e che anzi portato ad assegnare
all'opera musicale il compito di contribuire alla lotta di
classe, alla battaglia culturale per il socialismo.
La posizione rivoluzionaria di Nono non mai stata
delle piu comode, dovendo egli usare mezzi tecnici detenuti
dalle organizzazioni musicali del potere borghese. D i qui
contrasti, dissapori, censure assurde. D'altra parte Nono si
trovato sempre nella drammatica condizione di lavorare
pensando a un pubblico virtuale, potenzialmente diverso da
quello mummificato che solitamente frequenta le sale da
concerto e questo acuisce la contraddizione. Perci egli
arrivato a pensare a una musica-manifesto radicata nella
realt, coniugata con i movimenti rivoluzionari in tutto
il mondo, di agitazione, di lotta di classe.
Lo sfruttamento capitalistico del lavoro operaio, denunciato con implacabile e intransigente determinazione, al
centro del pensiero compositivo nella Fabbrica illuminata.
Il testo della Fabbrica si deve, per le prime due sezioni, a
Giuliano Scabia, che riassume nella struttura verbale serrata
e spasmodicamente tesa a conseguire il massimo di funzionalit rappresentativa la denuncia della dura condizione
operaia (esposizione alle esalazioni nocive, a materiali proiettati, a cadute, a luci abbaglianti, a ritmi disumani) e successivamente la stravolta proiezione e dilatazione angosciosa,
onirica. La terza parte si condensa nell'alto, struggente
lirismo di alcuni versi di Cesare Pavese cantati dal soprano
solo, che agisce "dal vivo": "Passeranno i mattini / passeranno le angoscie / non sar sempre cosf / ritroverai qualcosa. "
Criteri nuovissimi sono alla base della Fabbrica illuminata. Le fonti acustiche sono tre:

a ) materiali-grezzi in larga misura preformati e di carattere "esistenziale" registrati all'Italsider di Genova-Corninliano (altiforni. laminatoi a caldo e a freddo):
,,
b ) musica elettronica approntata originalmente presso
lo Studio di Fonologia;
C ) varie registrazioni, dal vivo ed elaborate, di interpretazioni del testo da parte del soprano e del coro.
Selezione dei materiali fonici, processo elaborativo e
definitiva realizzazione sonora furono svolte presso lo Stu-.
dio di Milano (RAII nell'estate del 1964.
Luigi Nono ha affrontati nella Fabbrica un deciso polimaterismo, portando alle conseguenze estreme le prospettive che si erano aperte con il superamento delle rigide
barriere tra genere e genere musicale, e piu ampiamente
tra genere e genere artistico: suoni, parole, "rumori"
tratti dalla quotidianit dell'odierno mondo tecnologico,
"gesti" sonori, espressivi e comunicativi non incasellabili
nelle consuete categorie artistiche, fungono da materiali
da immettere in una struttura fortemente dialettizzata
e dinamicizzata, ricca di soluzioni mai prima udite. Non
si tenga conto, insomma, del concetto di collage, o all'assemblage orizzontale delle cose puramente citate e incollate
su nastro. Nono muove da materiali che vogliono essere
documenti sonori, testimonianze acustiche di una situazione abnorme di tensione disumanizzante e di sfruttamento: per questo non si dovr pensare a un'intenzione
piattamente descrittiva della fabbrica, a una banale riproduzione rumoristica; la complessit naturalistica del nostro tempo, esplicitata a mo' di catalogo acustico da John
Cage, non interessa minimamente Nono. A renderci agevole il significato , come sempre, la struttura sonora; non
solo o non tanto per il lirismo sovrano che nella parte
finale ci propone la voce femminile, e che funge da termine
dialetticamente insostituibile, ma anche per quanto avviene
in precedenza: per la vorticosa, tellurica animazione dei
dati sonori (impressionanti oltretutto per la totalizzazione
spaziale del campo acustico), per il concentrarsi e decentrarsi furibondo degli spessori materici che si fanno diagrammi tormentati di un ritmo d'azione psicotico che nulla
allinea ma al contrario tutto fa ribollire e trascina nell'im~-

petuosu slancio della denuncia. Nono punta infatti al centro nevralgico di un'esperienza (l'operaio nella fabbrica)
che non pu oggi essere contemplata o descritta freddamente ma deve essere corredata della nostra indignazione.
Davvero la Fabbrica noniana illuminata: per illuminarci, s'intende. Ugualmente illuminante la successiva
opera elettronica: Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz,
cori da "l'istruttoria" di Peter Weiss. Con mezzi puramente
musicali, vale a dire privi della suggestione semantica della
parola cantata, Nono ricerca e ottiene una carica espressiva
e comunicativa estrema, di stravolgente denuncia. Erwin
Piscator si era rivolto a lui per le musiche necessarie all'allestimento del lavoro teatrale di Weiss, un atto di accusa
contro i crimini nazisti: erano cosi nati dei cori che cercavano di interpretare autonomamente, come "formanti" della
rappresentazione e non orpelli ausiliari o ambientazioni
acustiche esterne all'azione, il senso della terribile tragedia
umana di Auschwitz. Nel 1966, dai cori composti per Piscator e Weiss, Nono ricavava ulteriore materiale elaborato
presso il Centro di Fonologia di Milano e portava a compimento un'opera totalmente indipendente dalla scena: Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz. I materiali acustici
registrati su nastro magnetico sono, come al solito in Nono,
assai vari: suoni e fonemi della soprano polacca Stefania
Woytowitz, voci di bambini, materiali corali-strumentali e
prodotti sinteticamente nello studio elettronico. Si attua
una saldatura tra momento della ricerca tecnica, della sperimentazione di nuovi mezzi di elaborazione, e vocazione
comunicativa. Proprio in virtu dell'assunzione di procedimenti nuovissimi, fuori dalle pastoie di modalit compositive e percettive logorate, i "cori" di Auschwitz si caricano
di una potente forza di evocazione. Le voci, spesso operanti
in registri acutissimi, si spingono fino ai limiti di quella
zona espressiva in cui cade la necessit della parola cantata,
e dove l'ascoltatore violentemente immesso in una dimensione angosciosa che da sola giunge al cuore della sostanza
contenutistica.
A Florerta jovem e cheja de vida (1966) riprende e
dilata la problematica formale e contenutistica deiia Fabbrica
illuminata e dei cori di Auschwitz. Dedicata al Fronte Na-

.,

zionale di Liberazione del Vietnam., Dorta avanti l'intenrazione di materiali acustici eterogenei, registrati e dal vivo,
vale a dire escogita soluzioni formali non fini a se stesse,
bensi mutuate da una precisa ideologia: soluzioni che coinvolgono, relazionandolo a s, l'ascoltatore-spettatore e dove
davvero nulla sacrificato all'ascetismo della "bella forma "
artistica.
I1 materiale acustico della Floresta, nella parte su nastro,
proviene da quattro fonti:
a) suoni del clarhettista William O. Smith, ottenuti con
tecnica nuova e particolare;
b) parti vocali della soprano Liliana Poli;
C) lastre di rame percosse;
d ) interpretazioni e fonemi studiati con il Living Theatre e partecipazione delle attrici Elena Vicini, Kadigia Bove,
Enrica Minini, Franca Piacentini.
Con la collaborazione dei tecnici del suono Marino Zuccheri e G. Battista Merighi, tra i migliori in campo internazionale, Nono ha elaborato nello studio di fonologia i vari
elementi sonori, utilizzando un modulatore dinamico, un
modulatore ad anello, un variatore di velocit, oscillatori a
onda quadra, filtro variabile a 113 di ottava, eco a piastre
con tempo di riverberazione variabile. Al fine di spazializzare il materiale fonico, in sede di esecuzione dal vivo
prevista l'utilizzazione di due magnetofoni a quattro piste
con fonti differenziate: i suoni giungono all'ascoltatore da
ogni parte, di fronte, dietro, ai lati, coinvolgendolo massicciamente.
I1 clarinetto, le voci e le lastre di rame, dopo aver fornito cosi vasto materiale "concreto" alla sezione registrata
su nastro, intervengono anche dal vivo. Sorge cosi, dalla
variet degli atteggiamenti sempre rigorosamente relazionati,
dalla provocante impurit dei mezzi fonici usati mai per
ammiccante al collage, un tipo di composizione nuovissima,
che non rientra nei consueti generi teatrali e musicali e che
propone un rapporto fortemente dialettico tra invenzione
artistica e tecnologia: non rifiuto dello spazio tecnologico in
nome di un qualche patetico ritorno alle origini, alla "semplicit," motivato magari con rozze argomentazioni falsamente populistiche, bensi duplice impegno, e politico e di

/
l

1
1

1I
'
I

sperimentazione musicale. Per Luigi Nono la conoscenza


del nostro mondo sempre il fine ultimo di ogni esperienza
artistica: perci egli cerca soluzioni anche tecnicamente e
tecnologicamente adeguate alla complessit dei contenuti,
delle situazioni politiche ed esistenziali che interpreta da
musicista.
I testi. elaborati da Giovanni Pirelli. sono ricavati da
testimoniaAze, lettere, discorsi, deposizioni n processi, documenti di lavoro riferiti alla lotta operaia nei paesi capitalistici e alla lotta di liberazione nei paesi del cosiddetto
"terzo mondo." Si tratta dunque di materiali verbali non
a carattere letterario, ma che documentano direttamente e
senza mediazioni di concrete situazioni umane e sociali.
Cosi una frase di Fidel Castro si alterna con quella di un
anonimo operaio biellese o di Detroit. quella di un partigiano o di uno studente di Berkeley alla Seconda dichiarazione dell'Avana, o alle parole di Lumumba.
Di particolare importanza le ricerche di carattere fonematico sulla voce, attraverso le quali si annullano definitivamente le barriere tra canto, recitazione pura, canto parlato
e cosi via. Oeni residuo naturalistico connesso ai campi
fonematici tradizionali viene eliminato con determinazione.
Nel trattare le voci e il clarinetto, Nono fa uso strutturale
dei microfoni a condensatori fissi e mobili. Voci, clarinetto,
lastre di rame, sovrapponendosi, alternandosi, integrandosi
"dal vivo" con le parti registrate, creano dunque soluzioni
sempre nuove dove ancora una volta il gesto a prendere
il soDravvento determinando l'estrema mobilizzazione e
dinamizzazione dello spazio acustico e visivo. Conflagrazioni
terribili, colate laviche, violentissime esplosioni sonore impressionanti specialmente nell'Escalrrtion distruttiva (il testo
di Herman Kahn, specialista militare del dipartimento
della difesa USA).
ei
,, sono costanti di Nono che .
, in Intolleranra avevano coinciso con la denuncia del terrore oppressivo. Nella Floresta, anzich ricorrere all'articolazione magmatica ed es~losivadel tessuto orchestrale. come era avvenuto appunto nella precedente opera teatrale, il musicista
si serve di dati sonori ricavati da qualsiasi contesto, con
netta preminenza del suono o rumore acusticamente indeterminato nell'altezza assoluta. I", significativo ritrovare l'or-

.,

ganicit fatta di episodi e atteggiamenti cosi disparati eppure


serrati in una stretta relazionalit, in una composizione ove
si registra la preponderante presenza di materiali acustici
sottratti alla preventiva selezione del sistema temperato e
della precisa determinazione acustica del suono, il che
avrebbe potuto far scivolare il tutto verso un banale naturalismo rumoristico o verso l'assoluto informe. Questo metodo compositivo il segno di una consapevolezza etica che
scarta risolutamente il gusto naturalistico per l'indiscriminato e inerte allineamento di fatti sonori spesso banalissimi,
accatastati acriticamente per rappresentare l'impossibilit di
significare alcunch. Allo stesso tempo non pu che osteggiare l'uso ammiccante di materiali musicali "storici" ritagliati e incollati su nastro secondo il gusto neoclassico
della citazione stilistica praticato da qualche tempo sia da
Berio che da Stockhausen. In definitiva ci che vale per
Nono la scelta, nell'attuale vastissima area di disponibilit
foniche, di elementi la cui direzione ideologica sia inequivocabile e che poi l'elaborazione dovr ulteriormente potenziare. Dunque materiali di oggi, legati a esperienze concrete,
piegati in laboratorio non gi ai fini di un qualche sia pur
raffinato gioco estetico, bensi per realizzare una precisa funzione. Di qui l'articolazione febbricitante, esaltata, la pressione drammatica che nella Floresta urge ad ogni istante
secondo un ritmo d'azione turbinoso. Di qui anche le attonite sonorit che ci vengono dal clarinetto e dalla voce,
soprattutto nella parte conclusiva dell'opera, i tersi lirismi
che non approdano certo a significati metafisici, a esiti consolatori o al contrario a pessimismi gratuiti, ma costituiscono
un polo dialettico, quello dell'integrit umana, assolutamente
necessario. 11 respiro musicale che mima i tempi lunghi della
storia si scontra con l'ottusa violenza dell'Escalation trascendendola senza peraltro riassorbirla compiutamente: perci
le rade figurazioni finali, le poeticissime estenuazioni, non
chiudono una partita ma urgono verso un pressante poi.
L'estraneit noniana rispetto ad ogni pastiche, contaminazione stilistica o divertimento neoclassico appare tanto
pid evidente nella successiva opera, Contrappunto dialettico
a l b mente ("composizione stereofonica" del 1967-68), che
pure gi nel titolo denuncia un rapporto con il famoso Con-

,
/
1

,
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trappunto bestiale alla mente e lo spirito parodistico che


anima "il festino nella sera del giovedi grasso avanti cena"
di Adriano Banchieri (1608). I titoli dei quattro episodi
fanno riferimento ad altrettanti madrigali di Banchieri :
"I1 diletto moderno per introduzionew diviene "il diletto
delitto moderno "; " Giustiniana di vecchietti chiozzotti "
e "mascherata di villanelle" si trasformano in "mascherata di vecchietti"; "Intermedi di venditori di fusi" suona invece "intermedio di venditori di soffio"; per finire,
'L
La zia Bernardina racconta una novella" si trasforma ironicamente in "Lo zio Sam racconta una novella." Giovandosi
della collaborazione linguistica di Nanni Balestrini, Nono
si serve, a tutti i livelli, della deformazione che ingenera
uno stravolgimento ironico mai prima tentato con i mezzi
della recente tecnologia. I sarcasmi rivolti alla politica americana nel Vietnam, in Venezuela, all'imperialismo alimentato dai gerarchi del Pentagono, al razzismo ancora praticato su larga scala, valsero a Luigi Nono un'assurda e illegale censura: commissionato infatti dalla RAI per partecipare al Premio Italia del 1968 dedicato ad opere musicali
radiofoniche, il Contrappunto dialettico alla mente non
venne presentato perch il quarto e ultimo episodio f u
ritenuto "offensivo" nei riguardi dell'alleato statunitense.
Anche qui tecnica e ideologia sono tutt'uno. I materiali
sono ancor pid vari del solito: voci e rumori registrati al
mercato del pesce e della verdura di Rialto (Venezia), suoni
delle campane di S. Marco, rumori d'acque, vale a dire
elementi acustici di carattere naturalistico sono profondamente trasformati in studio dando luogo a strati magmatici
in continua animazione (il vociare della folla di fronte a
fatti sconvolgenti come la guerra nel Vietnam o l'assassinio
di Malcom X), coniugati con suoni elettronici puri ottenuti
con normali generatori, materiali fonetici di quattro voci
femminili e una maschile e altro.
Nell'ampio schermo dei fatti e movimenti del 1968
(Maggio francese e tutto quanto ne deriv di contraccolpo nell'occidente capitalista) si inserisce il dittico Non
consumiamo Marx, terminato nel 1969. Si tratta di una
vasta opera in due parti: la prima, Un volto, del mare, pet
voci e nastro magnetico, utilizza il testo di una poesia di

Cesare Pavese (Mattino); la seconda, che d il titolo all'insieme (appunto Non consumianro Marx), sempre per voci
e nastro, ricorre a testi tratti dalle scritte murali parigine in
occasione del Maggio francese e documenti della contestazione contro la Biennale veneziana sempre del '68, e si giova
di registrazioni di strada ricavate dal vivo durante le manifestazioni e le lotte.
In Un volto, del mare, gli struggenti echi monodici, i
sospesi intrecci vocali, cosi vicini al mondo espressivo delle
grandi pagine corali noniane degli "anni '50," si inseriscono
comunque nella ricerca di inedite combinazioni sonore. fonematiche, come l'intersecarsi di canto e recitazione elaborate
elettronicamente. La poeticissima trama pare percorrere lo
spazio temporale con segni sonori essenziali emergenti da
grandi campiture madreperlacee, anch'esse di ondulata flessibilit pur nell'apparente, a tratti uniforme immaterialit
timbrica. L'unit espressiva, rifiutando un rilievo fonico
troppo accusato, scansa anche tentazioni di tipo impressionistico, ponendosi quale indispensabile premessa allo scatto
furibondo della seconda parte. La stupefazione timbrica iniziale evolve quasi impercettibilmente, nel corso di Un volto,
del mare, verso intensificate figurazioni e stratificazioni.
La seconda parte, Non consumiamo Marx, utilizza in
larghissima misura materiali di strada, ossia registrazioni dal
vivo delle lotte contestative, di suoni, canti, urla, vocii, equivalenti sonori di "gesti" rivoluzionari, elaborati in sede di
studio fonologico e frammisti, nel montaggio magmatico
dei gruppi, a campioni di "musica" nell'accezione piana e
convenzionale del termine. Certamente in questo piu che in
qualsiasi altro brano di Nono, gi nella scelta di un materiale sonoro significante in quanto reperto esistenziale ("antimusica" secondo i codici delle buone maniere artistiche),
si rende esplicita una disposizione contestativa nei confronti
del "bello scrivere" in musica fine a se stesso. Ma dove
per esempio Cage e i cageani si servono degli spezzoni sonori
ricavati magari anche dalla quotidianit per ricomporli in
un immobile coliage nel quale i singoli elementi si annullano, si paralizzano vicendevolmente in una scrupolosa e
un po' ottusa elencazione che serve a una ritualistica effimera e alla fine snob, Luigi Nono, proiettato in avanti dalla

!
'

forza delle sue convinzioni ideologiche e dalla volont, dall'urgenza di "fare storia," muove dai materiali esistenziali
per condurli parossisticamente alle piu alte temperature, per
serrarli in un ritmo (nel senso lato e non metrico-proporzionale del termine) che sempre il ritmo di un'azione. In
Non consumiamo Marx urla, frasi rivoluzionarie, spezzoni
esistenziali d'ogni genere e d'ogni estrazione si aggrovigliano, si alternano freneticamente, in un ribollire che tutto
sembra travolgere nella sua impetuosa dilatazione. L'ascoltatore trascinato nel vivo della mischia, aggredito dal marasma fonico che a ondate discontinue si rovescia nello spazio
acustico in modi sempre cangianti, con impressionante torrenzialit. Diversamente non solo da Cage, ma anche dallo
Stockhausen di Momente, di Telemusik, di Hymnen, Nono,
pur usando materiali eterogenei e preformati, organizza un
ritmo. scandisce la ~ulsazionedi un eesto. costituisce una
rete di rapporti. I Gumi fonici, l'impitto delle diverse sorgenti sonore, la loro sccumulazione parossistica, i parlati
individuali che solcano il mareggiare dello sfondo materico
con apodittiche affermazioni ideologiche e umane, le improvvise insorgenze " tutte musicali" : elementi, questi, che
non sono affatto assaporati in s e per s, come blocchi o
eifettucci indipendenti, ma cementati l'uno nell'altro con
una tecnica di montaggio estremamente responsabile, di tipo
filmico. Non a caso, proprio riferendosi ai materiali usati e
alla coscienza ideologica della scelta, Nono ha parlato spesso
della strada, della fabbrica come di luoghi tipici da cui
nascerebbe un nuovo folclore proletario: registrando suoni
e rumori all'Italsider, davanti alla Biennale, canti operai, o
utilizzando per i testi scritti murali, egli si comporta forse
(in senso ovviamente molto lato) analogamente a un Bart6k
quando girava dall'ungheria all'Asia Minore per ricercare
con rigore un legame musicale (sonoro) autentico con il
mondo contadino. Nono ha definito la sua posizione quando
ha dichiarato: "Per me ~ersonalmentefare musica intervenire nella vita contemporanea, nella situazione contemporanea, nella lotta contemporanea di classe, secondo una
scelta che io ho fatto; quindi, contribuire non solo a una
forma di quella che Gramsci chiamava l'egemonia culturale,
cio diffusione, propagazione di idee della lotta di classe (...)

non limitarsi solo aila presa di coscienza o contribuire alla


presa di coscienza, ma produrre qualcosa per un modo di
provocazione e di discussione (...) I n questo senso non mi
sento musicista come crede la quasi totalit dei musicisti
contemporanei, che sono sul piano nettamente restaurativo
e istituzionalizzato, quindi legati al potere economico, di
classe, governativo oggi, sia in Italia che in Germania, soprattutto nei paesi capitalisti ..."
Qui si precisa anche la linea tecnica di Nono, la sua
ricerca di modi e potenzialit che la tecnologia offre, non
gi per farne dei feticci, ma per precisarne ulteriormente
la funzione: una strutturazione piii duttile, agile e ricca
che possa ricomporsi in soluzioni sempre nuove a seconda
dell'ambiente in cui la composizione viene a situarsi rendendo continuamente mobili le fonti acustiche a seconda
del luogo d'esecuzione, che pu essere una sala ma anche
una piazza, un luogo di lavoro, una sede concertistica ma
anche una fabbrica o lo spazio aperto di una dimostrazione
politica.
I n Non consumiamo Marx c' infatti l'intuizione di
quanto Nono porter poi avanti, tecnicamente, in Y entonces comprendi6 (1969-70), cio blocchi-strutture sonore fissate e sovrapposte. Se per in Non consumiamo Marx la
fonte stabilita Der l'audizione ancora ferma. statica. data
una volta per tutte, nell'opera successiva la ricerca sulla
complessit dell'ambiente acustico come elemento strutturale si radicalizza.
Nono mira ora a stabilire un gruppo o struttura di armonici secondo l'uso della scala delle frequenze e principalmente i battimenti su nastro. L'interesse per gli elementibase fa tutt'uno ed com~lementarecon l'awrtura verso
una composizione dello spazio acustico sempre diversa da
un'esecuzione all'altra, da un luogo ali'altro per l'uso del
modulatore di velocit o di altezza continuamente mobile.
I1 materiale unico di partenza non fissato, bensi creato
nello spazio acustico vivo, costituito dalle quattro piste. I1
procedimento consiste nel fissare un campo armonico composto di vari materiali acustici (frequenze - voce unica
sovrapposta - strumenti - modalit elettroniche diverse
come onde sinusoidali, quadre, a dente di sega, ecc.) mescoL .

I
i

i
/

lando poi le irequenze elettroniche a voci e strumenti; ciascuna delle quattro piste, muovendo da simile materiale,
risulta variata e modulata in altezza e ampiezza, con estensione del principio dei battimenti mobili.
Se dunque fisso il materiale su nastro, non altrettanto
si pu dire della fonte sonora, che mobile, componibile
e scomponibile. Sorge sorprendentemente un tipo particolarissimo di contrappunto spaziale mobile, che varia da
sala a sala ed esige un preventivo, ferreo controllo acustico.
Nono pensa ora a una musica che si compone nell'aria, anche
a seconda del luogo ove situato l'ascoltatore (avanti, indietro, al centro, ai lati): la percezione pertanto non schematica, ma continuamente cangiante. La complessit del
procedimento fa sfumare l'individuazione della fonte acustica, nel punto d'ascolto, creando un vero e proprio ondeggiamento. I nastri diventano "componenti che si compongono, svincolati dalla loro origine," e naturalmente "la sorpresa nella sala, non sul nastro" (Nono). Peraltro bisogna
dire che il processo di dinamizzazione dello spazio, di dilatazione qualitativa oltrech quantitativa del fatto musicale
poco o nulla ha da spartire con la poetica dell'alea, della
casualit, dell'effimero programmatico, propugnata dal settore nihilista o snobisticamente negatore dell'odierna avanguardia. La ricerca noniana si fonda sempre su una capillare ricognizione, su una sperimentazione preventiva accurata, su studi del materiale e della possibilit od opportunit di moltiplicazione del medesimo per se stesso, di modulazione per ampiezza e per altezza. A questo punto la
sostanza fonica ottenuta pu essere ulteriormente modulata
e composta nel vivo dell'esecuzione, nell'ascolto, oppure
elaborata con un altro tipo di materiale, aperta a ulteriori
integrazioni che si sommano a ingenerare sempre nuove sorprese, sempre nuove possibilit sia pur scaturite dal rigoroso
lavoro di partenza.
I n Entonces comprendid Nono ha poi sviluppato l'approfondimento del fenomeno vocale, derivando il modo
d'impiego delle sei voci (cantato, parlato, ecc.) non in
astratto, sulla base di categorie generiche, ma direttamente
sulle caratteristiche delle persone fisiche: Liliana Poli, cantante tipicamente italiana; Gabriella Ravazzi, voce italiana

'li tipo leggero; Mary Lindsay, voce negra; e ancora la voce


italiana di Elena Vicini, quella somala di Kadigia Bove,
quella cubana di Miriam Acevedo. Con formidabile intuito,
quasi infallibile, Nono ha visto l'esistenza di un campo
d'azione che finora era rimasto ai margini del suo impegno
di musicista ma che pure rientra perfettamente nell'orizzonte
ideologico-musicale che da anni viene disegnando, fatto di
concretezza comunicativa localizzata in eventi dotati di un
loro spessore specifico, non a caso basati sulla presenza
determinante della voce umana. D a Entonces cornprendid,
poi, voce umana significa studio, analisi e sperimentazione
di voci specifiche trattate in maniera diversificata, a seconda
delle sollecitazioni che un certo tipo di timbro vocale, personalit scenica, dimensione culturale connesse al modo di
cantare o di recitare o comunque di produrre gesti sonori,
sa ingenerare nel compositore. Non fa giustizia di tutte le
convenzioni accademiche sul trattamento delle voci, ma sempre avendo bene in vista gli scopi, la funzione del suo operare, ancora una volta estraneo a uno sperimentalismo fine
a se stesso, astratto. Cosi la tensione estrema delle sei voci
femminili reeistrate
e dal vivo anche frutto dell'esalta"
zione di caratteristiche individuali immanenti alle interpreti: memorabili, in Entonces comprendib, dedicato ai
movimenti rivoluzionari in America centrale e meridionale,
taluni passaggi drammatici, come l'impressionante rievocazione del "Muro del Fusiliamento."
L'incontro dell'orchestra con il nastro magnetico, gi
sperimentato da Nono in Per Bastiana l'ai-yang cheng
(L'Oriente rosso) dei 1967, nonch nella seconda versione del Diario Polacco, ritorna e si precisa ulteriormente
nella recentissima composizione Corno una ola de fuerza
y luz (Come un'ondata di forza e di luce) (1972), per voce
di soprano, pianoforte, nastro magnetico e orchestra, su
testi del poeta Julio Huasi rievocanti la morte del giovane
rivoluzionario Luciano Cruz. Elaborato in stretta collaborazione con gli interpreti (il direttore d'orchestra Claudio
Abbado, la soprano Slavka Taskova Paoletti, il pianista
Maurizio Pollini e il tecnico del suono Marino Zuccheri).
secondo una prassi aperta agli stimoli e alle inclinazioni
degli interpreti (ma fuori, s'intende. d'ogni svagata e dilet-

tantesca "aleatoriet" decorativa), questo complesso lavoro


utilizza il nastro magnetico assai variamente, facendone
elemento unificatore, catalizzatore, senza per questo assegnargli un ruolo schiacciante, preminente. Particolarmente
notevoli, per quanto concerne il rapporto tra suoni registrati e dal vivo, le riverberazioni della voce, davvero
poeticissime, e la dilatazione del materiale acustico tratto
dal pianoforte, che opera prevalentemente nel registro
grave e che viene spinto, attraverso elaborazioni elettroacustiche, verso zone ancor piu cupe e minacciose.
La sorpresa offerta dall'approccio con il pianoforte
(strumento che era stato sempre estraneo alla ricerca del
nostro musicista, forse per certa aura romantica e poi per
un non meno paralizzante motorismo neoclassico ritenuti
per molto tempo difficilmente scalzabili) si inquadra in un
superamento deciso, da parte di Nono, delle residue anche
se da molto tempo ormai esilissime inibizioni puristiche, o
almeno stilistiche. I1 polimaterismo dialettico si annette
qui un modo di trattare il pianoforte non lontano da
quello analitico e germinale di Bla Bartok. Naturalmente
un ruolo decisivo l'ha giocato Maurizio Pollini, pianista
di grande apertura intellettuale. chiaro infatti che per
Nono oggi scrivere musica per Pollini significa anche scrivere su Pollini, approfondire le sue potenzialit musicali,
la sua ghermente presa sul suono azionato dalla tastiera,
estendendo cosi al settore strumentale i segni di un metodo
che aveva gi dato in campo vocale frutti rilevanti.
-i)Allri contributi

Se a Nono, Stockhausen, Berio e Pousseur, sia pure su


posizioni tra loro diversissime, si devono i contributi decisivi ai fini di una definizione dell'attuale modo di fare
musica su nastro, tuttavia il panorama degli anni '60 non
sarebbe completo se non si segnalassero altre esperienze,
vuoi di autori "specializzati " nel settore elettroacustico
e vuoi di compositori che solo saltuariamente si sono
avventurati nei territori della tecnologia musicale.
Un tipico esempio di eclettismo, di uso "facile" ed
,

epidermico delle sonorit elettroniche integrate in un contesto musicale essenzialmente tradizionale, talora
neo-tonale o impressionistico-debussyano, ci viene dal gi
citato olandese Henk Badings, che pure si dice possieda
una buona preparazione tecnico-scientifica (ha insegnato
Acustica all'universit di Utrecht nel 1961). Soprattutto
nell'opera teatrale Mnrtin Korda D. P. (1960), ove sono
comprese sezioni per nastro elettronico, la commistione
appare evidente e la funzionalizzazione teatrale non rende
sufficientemente credibili effetti la cui efficacia si affida alla
mera seduttivit rumoristica e sensoriale, rievocativa di
allucinazioni a buon mercato (terzo atto, scena del sognoincubo). L'estraneit di Badings all'avanguardia, nonostante
l'uso di taluni mezzi della piu avanzata tecnologia, confermata dall'oratorio Jonah (1963), con suoni elettronici, e
ancora dal recente Concerto per tre cori, fiati e nastro magnetico, del 1970.
Una posizione simile a quella di Badings, conciliativa
di vecchio e nuovo, sostanzialmente conservatrice, quella
dello svedese Erik Sven Back (1919): appunto Vecchio sul
nuovo il titolo di una sua composizione per strumenti
antichi, laddove la proposizione dovrebbe essere rigorosamente rovesciata. Ne ulteriore dimostrazione In principio,
lavoro elettronico de! 1969.
Anche Boris Blacher (1903-1975), rappresentante tedesco
tra i piu autorevoli della cosiddetta "generazione di mezzo,"
conciliatore della secchezza ritmica di marca stravinskiana
con taluni portati della serialit, ha inteso accostarsi alla
composizione elettroacustica liberamente, senza accettare la
ferrea consequenzialit che aveva portato, nei precedenti
stadi, a fare tabula rasa del linguaggio tradizionale. La posizione di Blacher s'imparenta abbastanza con quella, peraltro
forse ancor piu eclettica, dell'olandese Badings. Con l'aiuto
del tecnico Fritz Winckel, Blacher ha iniziato a lavorare a
Berlino su reperti sonori "concreti" (voce, accordi pianistici, glissati di trombone, ecc.). I primi saggi compositivi sono
stati resi di pubblico dominio nel 1963, ma con l'opera
teatrale Piccoli episodi in un atterraggio di fortuna (Berlino 1966; titolo originale: Zwischenfalle bei einer Notlandung), che Boris Blacher ha imboccato la dire~ioneope-

rativa di un'ampia integrazione tra elementi sonori consolidati dalla tradizione e fonicit tecnologica attraverso molteplici elaborazioni su nastro di voci e strumenti. La preoccupazione del musicista tedesco non comunque mai quella
di lasciare spazio alle cose musicali (concretisticamente), di
definire aprioristicamente una nuova concezione del suono.
Come stato rilevato da alcuni critici, nell'opera di Blacher
si delinea uno spazio intermedio tra musica tradizionale ed
elettronica in funzione nettamente drammatica: modificazione e dilatazione del suono vocale-strumentale non frantumano programmaticamente una concezione lineare, "discorsiva" del tessuto musicale, ma anzi ne potenziano la
presa psicologica.
Un tentativo isolato lo sconfinamento elettronico di
Roberto Gerhard (1896-197l ) , compositore spagnolo di
origine franco-svizzera rifugiatosi in Inghilterra dopo l'andata al potere del franchismo: allievo di Schonberg, autore
di musiche atonali e dodecafoniche legate per ancora a
un impianto formale rigoroso, classicamente atteggiato malgrado le aperture nelle piu avanzare direzioni, ha voluto
cimentarsi nel 1960 in Collages (Sinfonia n. 3) con i nastri
magnetici, dando singolare esempio di volont di aggiornamento.
Anche Roman Haubenstock-Ramati, dietro la spinta
delle interessanti ricerche sull'associazione voce-suoni elettronici condotte da Berio e Stockhausen, ha composto Twice
for Cathy or City Garden, e lo stesso Eimert, che gi prima
del '60 aveva inteso mitigare 1'assolutismo tecnologico dei
suoni prodotti sinteticamente impiegando materiali registrati
attraverso i1 microfono, ha proseguito il nuovo corso nel
1962, con Epithaph fur Aikichi Kuboyama per voce recitante
e suoni elettronici. Evidentemente la vicinanza di Stockhausen, nello Studio di Colonia, ha giovato all'intransigente
assertore della purezza elettroacustica.
Su una linea di rigoroso tecnicismo continua a muoversi
invece Koenig, sia in Materialien zu einem-Ballet (1961) che
in Terminus ( 1962) e Funktion Grun (1964-65). Non si dice
poi di Projekt 1 e 2 sempre del 1964-65, modelli di composizione per calcolatori elettronici che si inseriscono nello
stadio ultimo della ricerca tecnologica. Koenig per un

95

musicista interessante, non un semplice estensore di cataloghi acustici, di potenzialit sonore, anche se la sua sperimentazione, nonostante la novit di taluni procedimenti,
sembra ferma ai postulati teorici e ideologici della scuola
coloniense neeli anni '50.
La stessa rigorosit, almeno nella selezione del materiale-base, permane nel lavoro di Xenakis, che per ha preferito applicare i suoi schemi compositivi basati sul calcolo
delle probabilit e sulla stocastica prevalentemente nel campo della musica orchestrale. Bahor per nastro magnetico,
composto nel 1963, d'altra parte, poco o nulla aggiunge
che gi non si conoscesse del musicista greco-parigino. Orizzonti plumbei, uno spessore non di rado greve, una saldezza
e coerenza d'impianto priva per di contrasti e di interne
tensioni: manca in questo brano anche quel climax vagamente mistico e sensorio desunto dal suo maestro Messiaen,
timbricamente interessante, che in altre opere di Xenakis
riscatta, naturalmente da un particolare e sempre discutibile
angolo di visuale, le fumose e velleitarie formule algebriche
e probabilistiche. Nel 1969, Xenakis ha composto Kraanug,
balletto per orchestra e nastro magnetico, inserendosi intelligentemente in quella linea di tendenza che postula un'integrazione del materiale tecnologico con quello suonato dagli
strumenti "tradizionalin e agito dal vivo. Va detto per che
negli anni '60 il suo contributo nel settore elettronico, neppure in precedenza rilevantissimo del resto, si ulteriormente contratto, sia quantitativamente che qualitativamente.
Nel frattempo, sempre in Francia, Pierre Henry (il
quale ha lasciato nel 1960 il gruppo parigino per fondare
un proprio studio di ricerca aperto verso ogni tendenza)
continua anche d o ~ oil 1960 nei vani tentativi di dare
un qualche senso alla manipolazione di materiali acustici
"vissutin e gravidi di grezzo naturalismo. Ci che per
dieci o vent'anni prima poteva ancora costituire un esperimento stravagante ma a suo modo rappresentativo di una
tendenza, sia pure frutto di un'ingenua prospettiva votata
ad un esistenzialismo materico mescolato a ebbrezze tecnologiche velleitarie e di bassissimo prezzo, allo stadio attuale
della ricerca non altro che sintomo di risibile regressione,
di deprimente pochezza concettuale. Pezzi quali La noire
u

a soixante (1963), Variation pour une porte et un soupir


(1963) e Le voyage (dal Libro dei Morti tibetano) (1966)
sono totalmente indifendibili, e la poetica legata al concetto di 'objets sonores," sottratta alla contingenza polemica degli anni '50, non giustifica a nessun livello le sconcertanti banalit onomatopeiche e psicologizzanti.
Risultato di una ben piu avvertita dialettica tra ricorso
a oggetti sonori "concreti" ed esigenza di perseguire una
dotata di sicura ~lausibilit.
struttura musicale si~nificativa.
.,
senza dubbio la composizione Prison Song (Canto di prigionia) del tedesco ma romano d'elezione Hans Werner
Henze (1926). Pensata per il formidabile percussionista
giapponese Stomu Yamash'ta, questa opera di dichiarato
impegno politico (datata 1971, ispirata in larga parte dal
diario di prigionia di H o Chi Minh), oltre naturalmente agli
strumenti a percussione utilizza un nastro magnetico sul
quale sono registrati eventi sonori destinati a tievocare
rumori esterni alla cella del condannato: voci e passi dei
carcerieri. il vuoto sauallore dei corridoi del carcere. ecc.
~ e n c h dal punto di iista tecnici Henze non si imbarchi in
approfondite ricerche, l'uso del nastro indicativo del desiderio di includere elementi non legati al tradizionale concetto di "musican dotati per di una precisa funzione: vi
si ~ a l e s auna transizione dall'estetico assoluto (contrassegnato da monodirezionalit stilistica) caro a Henze in anni
neppure lontani, all'integrazione esistenziale.
In Italia si avuta nel 1961 una fugace, isolatissima
puntata di Franco Donatoni (1927), con il suo Quartetto 111. Ma ormai il musicista veronese stava abbandonando
i tentativi strutturalistici in favore di un progressivo annichilimento del linguaggio, di una continua aggiunta di fogli
al 'protocollo del nostro naufragio," com'egli ebbe a dire.
perci perfettamente comprensibile che l'esperimento
nel campo tecnologico (neppure impegnatissimo, poi) non
avesse alcun seguito. Gli strumenti "agitin dal vivo sono
senz'altro i piu ideali ai fini di un sottile gioco senza limitazioni inteso a dissociare il suono dal gesto necessario
a produrlo e a porre le fondamenta di un teatro totalmente
interno al far musica, legato alla mutevolaza pressoch
sistematica degli esiti sonori in rapporto ai segni indicati

in partitura o per l'interna ambiguit di una notazione


magari graficamente precisissima e "tradizionale. "
Fugace anche l'apparizione di Niccol Castiglioni (1932)
al Centro di Fonologia di Milano: con Divertimento (1962),
egii ha riproposto il suo solito illusionismo impressionisticheggiante, fatto di preziose rutilanze, di barbagli nei registri acuti.
Diversa la posizione di Giacomo Manzoni (1932). Nell'opera teatrale Atomtod ("Morte atomica "), rappresentata
alla Piccola Scala nel 1965 (direzione di Abbado. reeia di
Puecher, scenografia di ~ w b o d a ) ,egli utilizza in $versi
momenti il nastro elettronico, le cui sonorit minacciose
accolgono il pubblico in sala immettendolo fin dall'inizio
nel clima di esasperata tensione distruttiva, di incombente
pericolo. I n Atomtod le sonorit elettroniche si alternano
e si sovrappongono con passaggi aleatori, jazzistici, melopee gregorianeggianti, con momenti di concessione al gastronomismo musicale pi6 languidamente corrivo e con
leziosit settecentesche. I1 fatto di derivare da contesti
preesistenti una certa quantit di materiali diversi e variamente combinarli non risale certo ad alcun gusto collagistico, ma al contrario strumento di una precisa multipolarit rappresentativa. Gli accostamenti sono funzionali
ai fini di un'efficace dialettica teatrale, secondo certe indicazioni che gi ci vennero da Weill o dal Wozzeck di Berg,
e che ora si arricchisce di ulteriori ~ossibilittecnoloeiche.
Anche qui il nastro magnetico viene integrato con tutti
gli altri mezzi di produzione sonora. Va semmai notato
come, attraverso di esso, si manifesta in Atomtod l'intenzionalit a significare sempre una condizione alienata, asfittica, di esasperato globalismo materico.
Anche in Parole da Beckett (1970), per voci, coro, strumenti e nastro magnetico, lavoro contrassegnato da una
fin: ricerca di strutturazione dello spazio acustico (il pubblico. nell'esecuzione dal vivo. sol!ecitato da fonti sonore
provenienti da direzioni diverse), permangono atteggiamenti estremamente diversificati ed echi, sia pur vaghi,
appena accennati, di stilemi musicali del passato. Si ricordano qui il colore cadaverico, archeologico del clavicembalo e dell'organo, certi lirismi corali, il salmodiare seniu

l
L

lit~irgico;diversamente da Atomtod, i moduli stilistici diversi, anzich calarsi in un meccanismo dialettico lucido
e a senso unico, risultano fin dall'inizio soverchiati o estenuati dal magma, che a w i a ogni eventuale riporto verso
toni improbabili e comunque "aperti." Questo vasto lavoro
di Manzoni inizia aDDunto con una sezione elettronica
costituita da sonorit massive, prevalentemente gravi e
minacciose, che ritornano poi intrecciandosi alle voci parlanti e cantanti, ai suoni strumentali, legandosi ad essi nel
comune destino, nella continua distorsione di una realt
che sembra perdere progressivamente senso, ridursi allo
stato di fisicit neutra (vedi ad esempio l'inudibil'it delle
parole beckettiane). Un momento di soggettiva meditazione, dunque, per Manzoni, che fa pendant con il precedente, esplicito impegno politico di Atomtod.
Nella situazione italiana, a fianco di musicisti che alle
sperimentazioni di nuove fonti acustiche hanno associato
un proposito di musica impegnata ( e quindi hanno proceduto a definire gli strumenti del loro operare in rapporto
alle pressanti intenzioni musicali e contenutistiche), troviamo altri che si sono limitati a coltivare problemi di
ordine metodologico e attivit nell'ambito prevalentemente
della ricerca pura, appannaggio in precedenza dei laboratori
di fisica acustica. Naturalmente pu venire il sospetto che
chi tt portato a impostare il proprio lavoro su tali basi
non abbia interesse alcuno verso risultati musicali convincenti da ottenere "in proprio."
I1 metodo prevalente nella ricerca pura quello matematico: varianti statistiche su diverse cellule ritmiche, studio sui battimenti, determinazione di campi di frequenza
limitati e capillarmente enucleati. Dalla ricerca metodologica condotta con criteri astrattamente statistici, derivano
varie applicazioni, in genere molto acerbe sotto il profilo
della validit musicale-inventiva. I n Pietro Grossi (1917),
fondatore di uno Studio di Fonologia musicale a Firenze,
ci che dovrebbe costituire la premessa del comporre con
materiali tecnologici (ricerca preliminare sul suono) diventa esso stesso composizione torrt court. I1 comporre con
materiali tecnologici diventa un comporre tecnologico per
giunta abbastanza elementare oltrech velleitario. Tra i
L L

lavori di Grossi si ricordano Compr~sizionerz. 13, Composizione n. 14 (1961), P? Pl M4;Tetrofono; RF/RR; P, 3 / 2 3


(lavoro d'quipe).
Tra quanti hanno lavorato nello studio fiorentino di
Grossi figura Vittorio Gelmetti (1926), che dal 1959 si
occupato di musica su nastro anche presso il laboratorio
di Ekttroacustica dell'lstituto superiore delle Poste e
Telecomunicazioni. Gelmetti pratica dal 1965-66 la tecnica
del collage acustico, utilizzando stereotipi d'ogni sorta.
Anche a Torino, nel 1964, sorto uno Studio di n ~ u sica elettronica diretto da Enore Zaffiri, con l'intento di
elaborare strutture-base mutuate non tanto da formule
matematiche, bensi da formulazioni a carattere geometrico.
I vari progetti consistono nell'organizzazione sonora di uno
spazio articolato sulla base di postulati arbitrari, come ha
voluto precisare lo stesso Zaffiri, e non hanno la pretesa
di formulare una grammatica sonora a priori.
A responsabilit musicali precise richiama invece Collage n. 3 (1967) prima e finora unica composizione elettronica di Aldo Clementi (1925). H a scritto il compositore: "La prima idea, nel novembre '66, era stata quella
di fare un breve collage elettronico sulla canzone Michelle
dei Beatles. I1 suggerimento era determinato (oltre che da
un progetto analogo in vista di un film del pittore Nato
Frasc) dalla volont di rompere con alcuni miei vecchi
clichs, di essere stimolato - in maniera totalmente diversa - da sorgenti sonore naturali, vive. organiche, da
un mondo di simmetrie e di blocchi chiusi; in breve, da
materiali ovvii, consunti dall'uso delle masse, pregnanti dell'odierno costume, atti ad essere poi adattati con una
tecnica, appunto, a collage, in modo da poter essere immessi in seguito nell'atmosfera e nella problematica volute." Atmosfera e problematica che sono poi quelle dell'annientamento, dato che le figure musicali ritagliate dal
quotidiano sono sfibrate e deformate in un continuum
informale che significativamente porta come sottotitolo "Dies
Irae," e che dall'autore si sa avrebbe potuto intitolarsi
anche e indifferentemente 'Agonia." L'assunzione di figure
sonore preformate non sfiora mai il tasto della piacevolezza
spavalda, come pure accade in alcuni momenti degli stock-

hauseniani HYmnen, ma punta sempre su una voluta, tragica inonotonia, soffocazione, ossessivit. Clementi, anzich
una, ha poi usato quattro canzoni dei Beatles, anche per
assicurare sufficiente combustibile collagistico a un'opera
di vaste dimensioni. Collage n. 3 vede il superamento (momentaneo o meno, questo non lecito ipotizzarlo) del
purismo che caratterizzava da sempre i1 fare compositivo
di Aldo Clementi, contrassegnato in precedenza dalla flessibilit materica di blocchi sonori fermi e insieme internamente cangianti per lo scambio continuo delle linee, immobili e luccicanti come vetrose superfici policrome sottoposte
alle rifrazioni della luce.
Angelo Paccagnini (1930), dopo aver composto varie
musiche vocali e strumentali, si ciment nel 1961 con un
brano elettronico, Seqlrenze e strutture, punto di partenza
di un'esperienza che lo avrebbe portato, anni dopo, a dirigere il Centro di Fonologia della radio di Milano. I n Sequenze e strutture l'interesse si concentra principalmente
in una zona di suoni staccati ottenuti con onde a forma
sinusoidale, quadra, triangolare e a rampa.
I n Purtner (1969) viene espressa la base ideologica del
Paccagnini successivo alle Sue ragioni (1959), prima opera
teatrale post-weberniana neUa quale si tentava di esplicarli
una sorta di spietata demistificazione esistenziale: base
ideologica, va detto, pessimistico-rinunciataria. "Partner"
, per l'autore, "l'altra parte, la parte che fa coppia con
qualcosa O con qualcuno," e che finisce per subire lo
smacco dell'esperienza mancata, fallimentare, che costituisce
in definitiva l'emblema dell'uomo in rapporto negativo con
la societ (attuale o di sempre, questo Paccagnini non lo
dice). La voce femminile, che campeggia acusticamente in
questo pezzo, non subisce manipolazioni di sorta nella registrazione e mira a darci "al naturale" un diagramma frutto
di un'esperienza emozionale traumatizzante; essa si appoggia a una fascia di suoni elettronici inserita in un circuito programmato (modulatore ad anello) che attraverso
la mutazione ciclica rende instabile e come priva di punti
d'appoggio la percezione sonora di fondo. I1 coro finale,
costituito di cellule ripetute periodicamente, si fonde con

sinusoidi in un rapporto interno costante di quinta (si- fa


diesis).
Nella successiva compos~zione di Paccagnini, l'ora
(1970), sono in azione una voce di soprano, quattro voci
di attori, un'orchestra registrata su nastro magnetico e
suoni elettronici. Si possono avere sia un'esecuzione stereofonica per la radio ( o il disco) e sia un'esecuzione dal vivo;
nel secondo caso le voci riprese dai microfoni sono diffuse
e mixate assieme alle parti fissate su nastro mediante
quattro o sei altoparlanti. 11 suono dell'orchestra sottoposto a varie trasformazioni, a volte diviene "suono bianco," e poi ancora filtrato si riduce a sinusoide, con tutte
le gradazioni intermedie. Diversamente da Partner anche
la voce, questa volta filtrata, cambia connotati, si disumanizza. I1 testo di Juan Arias, utilizzato in quattro lingue,
indecifrabile e si riduce a presenza fqnica.
Di UnJergroun<l e La cena, pezzi recentissimi richiedenti dispositivi registici vari, proiezioni e collegamenti
radio-te]evisivi, si pu dire che il grado di complessit
tecnica superiore e inoltre che proprio sul piano contenutistico si profila. Nel finale di Cena, dopo l'offerta di cibi
e vivande, si avvia un dibattito politico mentre registrazioni
e collegamenti radio-televisivi portano a un parossistico ribollire di materiali acustici vari.
Cito inoltre l'azione musicale Che v01 pensiate (balletto
per nastro magnetico), composta dallo scrivente. Elaborata
tra i1 1974 e il '75, ha per tema i problemi dell'emarginazione sociale: vengono utilizzati in prevalenza materiali non
strettamente elettronici, bensi elettronicamente lavorati. Collaboratore tecnico, come sempre prezioso, Marino Zuccheri.
Le apparecchiature elettroniche, dall'esclusivismo parascientifico della prima ora, hanno finito per inserirsi, durante gli anni '60, nei piu vari contesti, anche in quelli
che era ragionevole ritenere fossero i piii lontani e inavvicinabili. Tale considerazione vale principalmente ove si
pensi all'integrazione in gruppi di improwisazione collettiva, il primo dei quali ad usare gli strumenti elettronici
stato "Nuova Consonanza" di Roma, nato nel 1965 per
iniziativa di Franco Evangelisti e formato. tra l'altro. da

compositori-strumentisti quali Roland Kayn, Mario Ber-

toncini, Egisto Macchi, Walter Branchi.


Sempre a Roma, questa volta per iniziativa di quattro
musicisti americani (Allan Rryant, Alvin Curran, John
Phetteplace e Frederic Rzewski, quest'ultimo teorico e
animatore del gruppetto), nasce nel 1966 "Musica Elettronica Viva," che prepara sia lavori individuali che di gruppo
e inoltre ama vellicarsi con forme quali l'happening e
l'rnvironment, ove si ipotizza la diretta partecipazione del
pubblico (sempre assai ristretto e spesso scelto con il meccacismo degli inviti) nel processo sonoro, che diviene
dunque aperto, informe, casuale. Durante i loro concerti
(il termine usato per ragioni di comodo e si sottintendono le virgolette), i componenti di "Musica Elettronica
Viva" invitano i presenti a suonare strumenti, a compiere
gesti, a liberarsi di ogni cori~plesso(sull'esempio di certo
culto dell'abbandono all'inerzia della cose e del mondo
postulato da filosofie estremo-orientali come lo zen). Dovrebbero cadere, secondo le previsioni di Rzewski, le divisioni tra musicisti e non, tra esecutori e ascoltatori.
Non entreremo diffusamente nel merito di siffatta visione mistica della musica intesa come mimesi terapeutica,
compensazione psichica liberatoria, accettazione passiva del
mondo: in definitiva come valvola di sfogo di una tensione che dovrebbe essere morale, intellettuale, alla fin
fine politica non meno che artistica e che si scarica invece
in uno choc dell'assurdo, quietistico, in cui l'ascoltatore
rischia di integrarsi acriticamente (gi Brecht si incaricato di far giustizia una volta per tutte di ogni facile
inclinazione alla catarsi, sia pure raggiunta traumaticamente
e sottratta al livello concettuale della coscienza). Soltanto
interessa osservare quanto l'ipotesi di un certo tipo d'aamplificato e dilatato
scolto esoterico e mi~ticheg~iante,
dalla partecipazione diretta all'enuironment, si sia fatto
largo sul facile terreno dell'establishment culturale di
questi ultimi anni: se in "Musica Elettronica Viva," infatti, il fenomeno appare in forma scoperta e inerme,
altrove sapr invece paludarsi di residui di esaltazione
tecnologica (le abilissime manipolazioni di Telemusik, di
Hymnen e dell'ultimo Stockhausen in genere).

Secondo quanto ha scritto Rzewski per il gruppo d'improvvisazione, "i nastri e il complesso elettronico-sintetizzatore R. A. Moog, amplificatori di onde cerebrali, miscelatore a fotocellula per muovere il suono nello spazio,
sono combinati con strumenti tradizionali, oggetti d'uso
e con l''ambiente' stesso, con o senza amplificazione di
microfoni a contatto (...). La composizione e l'improvvisazione si integrano a vicenda." Nel libero processo improvvisativo, i musicisti veri e propri hanno il compito di
sollecitare e coordinare quanto i singoli partecipanti possono fare con moto istantaneo ed e h e r o .
Gi negli anni '50 si era cominciato a parlare, soprattutto negli Stati Uniti, di musica costruita con elaboratori,
fatta cio, come s'usa dire, dai "cervelli elettronici."
Con l'automatismo e tramite schede perforate e altri
simili procedimenti, negli Stati Uniti come a Monaco e piu
recentemente a Utrecht e Stoccolma, gli elaboratori sono
stati messi in grado di produrre "musica." Ma come?
I primi risultati per-:enutici si devono a Lejaren A.
Hiller junior, che nel laboratorio di musica elettronica
di Urbana (Stati Uniti), da lui diretto, fin dal 1950 aveva
iniziato a usare il comourer e nel 1963 ~ o r t ai corsi
estivi della nuova musica quanto ottenuto dai suoi espeelaboratore che si
rimenti. Resta inteso che. come ogni
"
pe; musica dev'essere riempito di
rispetti, anche
dati. nozioni sul suono. sulle virtuali ~ossibilit articolative, sull'immanenza di certi collegamenti tra suono e
suono. timbro e timbro e cosi via. Per auesta via stato
ricostruire perfino stili del pasiato, dopo che la
macchina era stata opportunamente "preparata" dal programmatore, cio imbottita di informazioni "stilistiche."
Certo facile e anche accettabilissimo pensare al computer
come a UR archivio di dati musicali, a un calcolatore rapidissimo di possibilit, utile al fine di automatizzare talune
operazioni preventive all'atto vero e proprio del ucomporre," di pura selezione o accumulazione del materiale
fonico precedente il momento della scelta definitiva. Ma
anche chiaro che un sistema introdotto in una macchina
non pu essere che forzatamente chiuso, monodirezionale,
schematico, in qualche modo gi definito in partenza, quale

che sia il numero, magari altissimo, delle possibili varianti.


Sulla base di informazimi largamente predeterminate si
possono ottenere strutture musicali decorative, asettiche,
meccaniche.
Arduo individuare jl nesso fra continuit e novit, in
seno alla tecnologia musicale. Infatti, davvero curioso
che proprio nella fase storica in cui viene scongiurata la
soppressione dell'interprete grazie all'integrazione di elementi sonori sintetici e registrati con altri eseguiti "dal
vivo," si ipotizzi, con la diffusione del computer, addirittura l'eliminazione del compositore.
Si tratta di una regressione meccanicistica che non a
caso ha preso le mosse dal clima culturale statunitense,
e che tende a reprimere le spinte eteronome connesse
all'empirismo operativo, alla potenziale fusione dei generi
artistici, al superamento delle barriere di categoria perseguite da musicisti come, ad esempio, Luigi Nono.

Cupitolo quinto

Dal suono elettronico alla "conversione" timbrica


dei mezzi sonori tradizionali

Alcuni a m i di sperimentazione musicale elettroacustica


hanno contribuito ad accelerare il processo di emancipazione delle modalit d'impiego delle voci e degli strumenti
tradizionali, soprattutto in riferimento alle masse coraliorchestrali.
Si deve parlare di un rapporto di dare-avere, in due
tempi. Infatti, se il punto di riferimento dei primi pezzi
fatti con materiali tecnologici poteva essere stato da una
parte la frammentazione del tessuto ottenuta a partire da
Webern, oppure, opzionalmente, la trasformazione del suono in pura presenza oggettiva-fenomenica operata da certo
Bart6k e da Varse, sul finire degli anni '50 la situazione
tende a rovesciarsi. Gi s' visto, per quanto inerente
al "prima," come attraverso la con~rapposizionedi registri
strumentali i residui di linearit melodica si contraggano
all'estremo (Webern), emergano a brandelli, a brevi e suggestivi frammenti da una struttura "decentrata" in nuclei,
costituita tendenzialmente da punti sonori diversificati anche nel timbro. Su un altro versante, Varse ha operato
una mani~olazionedisinibita di oggetti sonori dati subito
per eterogenei esibendo il gusto per una pasta fonica agita
indipendentemente da ogni regola del passato e del presente, inclinante verso esiti relativamente informali e materici che ~aralizzano ogni intervallistica funzionale mediante dense stratificazioni e un impiego empirico degli
amalgami sonori. Le successive elaborazioni elettroacustiche, lungi dal costituire un'eccentrica velleit machiniste,
costituiscono uno degli sbocchi possibili (anche se non
esclusivo, ovviamente) di un gradurle processo di ridimensionamento del suono funzionale (ossia funzionalizzato
in un sistema linguistico dato secondo precise gerarchie
"C,

interne) a puro c u r n ~ oucus~~co


(cfr. il secondo capitolo).
Per contro, va detto che l'influenza del suono elettronico (e del processo di agglutinamento timbrico-volumetrico-spaziale ad esso concernente) sul trattamento dell'orchestra e del coro non viene unanimemente riconosciuta
o quanto meno sottolineata dai protagonisti diretti. I compositori d'avanguardia considerano il problema in cinque
modi fondamentali, che possono in qualche caso limitato
integrarsi e alternarsi anche nel lavoro di un singolo
musicista :
1) Pur occupandosi di musica "tecnologica, " ritengono di non dovere per questo modificare sostanzialmente
le caratteristiche dei mezzi "tradizionali" e cercano piuttosto una complementariet dialettica tra fonti costituzionalmente dissimili. In questa categoria rientrano Stockhausen, Berio, Maderna, Pousseur.
2 ) Mirano al reciproco condizionamento dei mezzi
nuovissimi e di quelli vocali-strumentali anche nel senso
di una tendenziale modificazione dei modi d'impiego dei
secondi. Questo discorso vale principalmente per Nono.
3) Hanno lavorato limitatamente o non hanno lavorato affatto nel campo elettroacustico, ma ne accettano
alcuni stimoli applicandoli al coro e all'orchestra: essenzialmente Ligeti e Penderecki.
4) Si sono occupati poco o nulla di musica elettronico-concreta e non avvertono quindi la necessit di approfondire la tematica in questione: si pensa, ovviamente,
soprattutto a Boulez.
5 ) Richiamandosi in vario modo a Cage e al gestualismo, ritengono le attrezzature di un centro musicale
elettronico come un serbatoio di possibilit alla stregua
di qualsiasi altro stimolo. 11 gioco di accadimenti musicali
e para-teatrali ai fini di un happening distruttivo pu
servirsi indifferentemente dei mezzi piu nuovi come dei
piii logori (ai quali ultimi per, non a caso, vanno di
massima le preferenze), postulando un'assoluta eterogeneit di elaborazione. Nei musicisti che si inscrivono in
tale prospettiva, il gusto per la violentazione ironico-parodica nei confronti degli strumenti del passato (quindi la
persistente assunzione a fini di deformazione o trasforma-

zione di suono agito dal vivo) ?revalente. Gli approcci


elettronici di Cage e di Kagel sono perci, specie per il
primo (il secondo conosce un maggior senso della strutturazione, sia pure spesso nel senso di un'organizzazione
del non-senso), non decisivi o determinanti, in quanto
postulerebbero altrimenti una positivit sperimentale sulla
materia estranea al processo di "declassamento" che li
contrassegna, all'allegrezza ludica del loro "teatro da camera" grondante di gestualit straniata ed esoterica.
Karlheinz Stockhausen stato molto esplicito nel precisare la sua posizione: "Come la musica elettronica non
dovrebbe ricorrere a cercare ispirazione nel suono orchestrale, cosi la musica d'orchestra, se si attiene al vero suono
degli strumenti, non ha bisogno di adornarsi con degli
effetti pseudoelettronici: l'importante sempre e unicamente mirare alla funzione e non all'effetto del suono,
cosa che noi musicisti sappiamo meglio di tutti." La forza
rilevante di un brano orchestrale come Gruppen di Stockhausen sta appunto nell'equilibrio tra concitazione materica
dell'insieme e rigoroso rispetto delle caratteristiche di
ciascuno strumento, anche se spinto in arditissime figurazioni. Sebbene la disposizione spaziale dell'orchestra tragga
suggerimento dalle soluzioni precedentemente sperimentate
nell'elettronico Gesang der Junglinge e la lega timbrica
sia di una violenta sorgivita in senso varsiano, pure in
Gruppen non si ricorre mai al diffuso impiego di effetti
extra-temperati o all'illusionismo sonoro, allo sgusciare
delle stratificazioni.
Anche in Berio, cosi curioso di ogni nuovo apporto
fonico e su cui pure il lavoro allo Studio di Fonologia di
Milano tanto giov a sbloccarlo attorno al 1955 da soluzioni ancora non radicali, si trova poco che assomigli a
un vero e proprio trasferimento di modalit o caratteristiche proprie dell'elettroacustica agli strumenti tradizionali. Certo, la disposizione attorno al pubblico dei cinque
raggruppamenti nel notevolissimo Allelujah n. 2 orchestrale (1961) presenta analogie con la spazializzazione
degli altoparlanti nella musica elettronica. Ma il discorso
qui viaggia parallelo a quello gia fatto per lo stockhauseniano Gruppen.

C' poi il caso Nonu. La scrittura corale c orchestrale


si presenta fin dall'inizio originalissima e sostanzialmente
unitaria. Perfino nel trattamento degli strumenti piu agili
viene ignorata la scorrevolezza agogica del contrappunto
che si libera attraverso il ritmo (Nono considera questi procedimenti neoclassici e memori della lezione stravinskiana),
c invece si adunano gli strati puntuali nelle forme pi6 varie,
ma con "duraten stabilite sulla caratteristica di uno stravolto ma pur sempre urgente "divenire." Da una verifica
che muova dagli Incontri del 1955 fino alla famosa trilopia
corale (Canto sospeso, 1956; Cori di Didone, 1958; La
terra e la compagnu dello stesso anno), emerge il processo
di formazione di campi di tensione armonica continuamente cangianti mediante la progressiva conquista dello
spiizio cromatico ottenuta grazie al concentrarsi e decentrarsi degli spessori di suoni contigui. I1 gioco dei punti
tenuti con durate e dinamiche varie e senza la minima
concessione al ritmo in senso vitalistico e a1 conseguente
principio simmetrico-estensivo ricorda, nel tipo di strutturazione ad agglomerati, il suono bianco elettronico; in Luigi
Nono c' poi l'acutissima percezione dell'interno variare
dinamico dei gruppi quale latore di un furioso fermentare
materico. Dunque anche prima di impegnarsi con il lavoru
di ricerca nel settore elettroacustico, Nono aveva dimostrato di perseguire un certo modo di articolare il tessuto,
che rende di&cile lo stabilire un bilancio di dare-avere
esatto al millimetro, secondo un rapporto di causa ed
effetto. Si pu dire per che negli ultimi anni, parallelamente
con le esperienze di musica su nastro, egli ha acuito la
tensione verso il superamento del sistema temperato, estendendo certi processi di indeterminazione delle altezze alla
produzione orchestrale.
Tra i maggiori musicisti i quali, pur avendo svolto
limitatissima attivit in un centro di fonologia, coscientemente hanno trasferito l'articolazione basata sull'acquisizione empirica degli strati sonori alle voci e all'orchestra,
in un tessuto musicale denso e continuo, figurano in primo
piano il polacco Krzysztof Penderecki (1933) e l'ungherese
Gyorgy Ligeti (1923). Attraverso una scrittura che si fonda

sulla capillare suddivisione del complesso prescelto, essi


perseguono, pur nella diversit dei procedimenti, la formulazione di blocchi massivi: ~ i i imonocromi quelli di
Penderecki, per esempio i 52 sirumenti ad arco-che nei
Threni alle vittime di Hiroshima (1961) producono altrettanti suoni diversi spesso contemporaneamente, creando
fasci fonici di densit pressoch impenetrabile; piu timbricamente mutevoli quelli di Ligeti. A proposito di parentele dei miscugli densi di suoni, del trascolorare timbrico
di un continuum, con la concezione che caratterizza la
musica elettronica, Ligeti ha scritto della propria opera
che "non c' solo un punto in comune, ma diversi. Prima
di tutto il mio lavoro ~ r a t i c o nello studio del Westdeutscher Rundfunk dove ho imparato molte cose da Stockhausen, da Eimert e Koenig. Tutto quel lavoro naturalmente influenz la mia musica strumentale. Questa la
ragione per cui in Atmosphres e Apparitions (i primi
lavori strumentali dopo il mio soggiorno negli studi della
radio) troviamo certi timbri e certe metamorfosi timbriche
che senza quell'esperienza negli studi di musica elettronica
non sarebbero nati; magari li avrei scritti egualmente, ma
non in questa forma." E si noti che, malgrado la non breve
presenza di Ligeti a Colonia, una sola composizione elettronica scaturita dal lavoro di indagine elettroacustica:
Artikulation.
La fluttuazione di superfici statiche e poi increspate
viene ottenuta dal compositore ungherese con la quasi
continua sovrapposizione di tutti i suoni della scala cromatica ripetuti su piu ottave: ne scaturisce una coltre
timbricamente iridescente e mutevole per lo scambio interno delle famiglie timbriche. La ricchezza del tessuto
tale che Ligeti non avverte neppure la necessit di ricorrere ai microintervalli, ai suoni calanti o crescenti di un
quarto di tono. Egli ha tenuto a sottolineare che non sono
tanto gli effetti sonori della musica elettronica che si ritrovano nei suoi brani orchestrali, "bensi le esperienze raccolte
durante il lavoro con materiale elettronico": il rapporto
per cosi dire indiretto. Anche qui l'idea di suono bianco,
ampiamente descritta, informa il pensiero operativo e si
unisce all'immanente spazialit del suono.

Per distinguere la stratificazione di Penderecki da


quella, certo piu sottile, di Ligeti, converr ricordare che
mentre la seconda tutta giocata su un lavoro capillare
"a ragnatela," fino ad approntare superfici suggestivamente
neoimpressionistiche, fluenti, la prima coglie invece direttamente, con piu impeto, le occasioni della materia: tranne
inserirla poi in schemi da un certo punto in avanti addirittura magniloquenti, suacientemente prevedibili, secondo
un gioco di contrasti estremamente abili ma del tutto "scoperti" (si pensi alla Passione secondo S. Luca, del 1966).
Tanto vero che sebbene Penderecki ricorra sistematicamente ai quarti di tono (intervalli inesistenti nel sistema
temperato tradizionale costituito dai dodici suoni), vale a
dire prenda di petto elementi tipici del suono tecnologico,
l'articolazione risulta poi piuttosto schematica. Insomma,
si pu dire che in Ligeti c' la consapevolezza dei processi
compositivi ricavabili dall'elettronica magari senza un'imitazione vera e propria del suono elettronico; in Penderecki,
verosimilmente, accade il contrario.
In definitiva, prescindendo da particolari soluzioni, 2
possibile individuare una componente essenziale che testimonia dei suggerimenti avviati o almeno perfezionati dal
lavoro di ricerca elettroacustica: il materismo che definiremo ora diretto, inteso questa volta non come risultante
di una frantumazione in atto, di una violenta esplosione
di schegge sonore, di uno spezzarsi delle tradizionali linee
melodiche e contrappuntistiche in punti e segmenti velocemente raggruppati e pertanto percepibili come materia,
ma "di ritorno": un materismo imparentato con l'idea
stratificante del continuum.
Questa stagione neo-materica, avviata sul finire degli
anni '50, improntata a sovrapposizione spessa di suoni,
cluster di varie dimensioni a campire vaste superfici ove
spesso ridotta la vettorialit temporale e fatta passare in
seconda linea talora perfino la virulenza dei guizzi cinetici
legati all'atto, al gesto dell'interprete sullo strumento, presente ancora largamente nella fase prima dello strutturalismo post-weberniano, quella cio contrassegnata dalle
brevi ondate siiccessive e pulviscolari. Rientrano in questa

categoria i reticoli di Aldo Clementi (1925) nella serie


degl'lnformel (dal 1961 al '63) e poi avanti fino al recente
Concerto per fiati e due pianoforti: blocchi sonori quasi
fermi anche se internamente cangianti, immoti pur nel loro
continuo fluttuare, impassibili, gelidificati. Al contrario, la
densit degli impulsi che muove le stratihcazioni nella musica di Vittorio Fellegara (1927) (dal Requiem di Mudrid
alla Cantata) risulta piuttosto vicina a certa prassi noniana,
ma accoglie anche echi di un Dallapiccola e di un Petrassi.
S' tirato in ballo il nome di Petrassi e pu sembrare
arbitrario. noto a tutti il sentimento di totale estraneit
che l'illustre compositore ha manifestato nei confronti della
musica elettronica. Pure, anche per alcune sue opere
possibile rilevare qualche analogia con l'idea magmatica di
sovrapposizione sonora multipla caratterizzante le superfici
ottenute per la prima volta elettronicamente: influenza
indiretta, intendiamoci, semplice e probabilmente inconscio
carburante immaginativo, evoluzione generale dei segni
e delle tecniche musicali: di piu, date le premesse, non
sarebbe lecito dire. E tuttavia, per alcuni passaggi di opere
quali il Concerto per flauto e orchestra (1960) e il Settimo
Concerto ( 1964), come si diceva, l'analogia esiste. Cosi
come anche nel polacco Lutoslawski (1913), almeno da
quando ha abbandonato i suoi antichi modi bartbkiani per
inserirsi piu attivamente nel processo di rinnovamento, le
seduzioni materiche non mancano certamente.
Altro aspetto del materismo di ritorno costituito dalla
continua prismaticit dinamica: dalle sei-sette indicazioni
dyntensit della scrittura classica (dal pianissimo indicato
con due p al fortissimo indicato con due f ) si era passati
con alcuni compositori dell'avanguardia storica a un numero attorno aile nove-dieci, fino alle dodici dinamiche
del primo Boulez in ragione del processo di estensione
del meccanismo seriale valido per le altezze acustiche, a
tutti gli altri parametri. La musica elettronica ha utilizzato
invece oltre quaranta indicazioni d'intensitd rigorosamente
calcolate.
Ora. se una cosi vasta gamma risulta comprensibilmente
inapplicabile all'esecuzione strumentale o vocale, dove l'interprete non pii, certo controllare l'atto fisico e perci

regolare la sonorit con tale incredibile sottigliezza (gli


inattuabili accordi pianistici del primo Stockhausen, con
dieci suoni di gradualit dinamica diversa, uno per ciascun
dito, sono mere astrazioni, sintomi di un paradossale idealismo raziocinante), in sede di elaborazione orchestralecorale un contributo non secondario derivato dalla particolare sensibilit dinamica messa in moto dalla composizione elettronica rappresentato dall'applicazione sistematica (ove non si perseguano obiettivi di assoluta fissit)
delle forcelle di crescendo e diminuendo. I blocchi sonori,
le strutture dense conoscono un'articolazione dinamica estremamente complessa: essa, mediante variazioni continue
ma graduali d'intensit sfasate diacronicamente e quasi
sempre con vettorialit multiple e differenziate, determina,
specie per i suoni di una certa durata, anche mutazioni
timbriche, lasciando emergere dal magma ora l'uno ora
l'alilo strumento, ora l'uno ora l'altro agglomerato strum e n d e , in virtu di una semplice prevalenza acustica. Specialmente in un procedimento a conrinuum o a fascia
rotante, il fenomeno evidentemente portatore di fermentazione materica. Immaginiamo un gruppo nutrito di strumenti che eseguono suoni di media o lunga durata continuativamente e con sistematica sfasatura del momento
d'attacco: e immaginiamo che ogni strumento abbia una
sua autonoma indicazione dinamica mobile ad ogni ripresa
di suono oppure ogni due-tre suoni: avremo, poniamo,
il flauto che muove dal ppp (pianissimo con tre p ) al f f
(fortissimo); l'oboe dal mf al f (dal mezzoforte al forte);
il clarinetto da f a pp (forcella decrescente); il fagotto
dal f f f al p con ritorno al f f f ; il corno l'esatto inverso del
fagotto; la tromba un f f che si spegne fino al pppp; il trombone muove dal f f che si smorza immediatamente sul pp
per risalire parzialmente al m p (mazo-piano). A questo
punto potete moltiplicare il procedimento quante volte vi
piace, chiamando in causa tutti gli organici vocali e strumentali che vi interessano e operare tutte le varianti ritenute necessarie.
Su una sensibilit indirizzata verso un impiego strutturale e prismatico della dimensione intensit avviata dall'avanguardia storica e dal post-wehernismo degli anni su-

Capitolo

bito successivi al 1950, si innesta la rotazione o lo scambio


delie forcelle dinamiche di crescendo e diminuendo all'interno di superfici variabili, del continuum, mutuando verosimilmente tali procedimenti da similari trattamenti del
materiale elettroacustico. Naturalmente, non af3atto detto
che tra la prima e la seconda fase vi sia un pacifico rapporto di continuit: soprattutto in Luigi Nono le variazioni dinamiche dei suoni isolati ali'interno di dense strutture magmatiche ha acquistato un preciso significato di
"rotturan rispetto alla pianificazione dei processi dissociativi del puntillismo, compiaciuto della coltre di silenzio
che isola frammento da frammento. I n Nono la turbolenza
del meccanismo interno delle rotazioni e varianti dinamiche
(certo mai simmetriche!) ostentatamente gravido di turbolenza contenutistica, rappresenta il veicolo di un pensiero che alla continuit del decorso nel tempo crede pur
sempre, anche se rifiuta di rinchiudere il libero flusso dell'esperienza musicale entro gli argini rassicuranti di una
metrica scontata che regolarizzi e "periodizzi" anche l'arco
generale della dinamica.

scslo

Appunti per una sociologia della musica elettronica

Certo se difficile e fin gratuito parlare di una particolare "estetican o "ideologia artistica" valida solo per la
musica elettronica (intendendo per essa, piu ampiamente,
tutte le ricerche connesse con procedimenti tecnologicamente avanzati), purtuttavia si pu e si deve almeno tentare l'abbozzo di un'analisi fenomenologica che investa il
perch della scelta dei mezzi di estrinsecazione sonora, il
loro uso e le loro virtualit. Ovvio aggiungere che, data
la situazione ancora aperta, ogni discorso non potr oggi
che essere "d'assaggio," tentative.
Sebbene mai come in questi anni i compositori abbiano
teorizzato sul senso da attribuire al loro lavoro artistico.
naturalmente non sempre essi hanno dimostrato di possedere un'assoluta sistematicit concettuale, un metodo. Sbarazzando subito il campo dai piii superficiali, per i quali
le macchine elettroniche costituivano soltanto il pretesto
per qualche ebbrezza fantascientifica a buon mercato, per
effetti sonori ottenuti senza un minimo di approfondimento
(analogamente alla micidiale imbecillit degli effetti di luce
"psichedelici"), ci che ha interessato i pionieri dello sperimentalismo tecnoloeico
era innanzitutto la ricerca musi"
cale come selezione di materiali, come tecnica, come estetica
in senso soggettivo: come etica, anche, ma certo assai piu
confusamente.
Tuttavia, anche nel caso di prevalenza della pura speculazione sonora "neutra."
ogni
,
., tecnica. sia Dure con le
dovute mediazioni, rinvia ad altro: ad un grado piu o meno
alto di coscienza individuale, chiama in causa una concezione del mondo, un atteggiamento nei confronti del reale,
una metodologia operativa. Avere una certa concezione del
mondo significa usare di quella tecnica e non di un'altra,
-

e cosi via: almeno allorch vi coerenza fra teoria e prassi.


Le ricerche condotte sul versante musicale elettronico
si inquadrano certo, almeno negli anni '50, secondo una
prospettiva di approfondimento materico del suono inteso
quale sbocco operativo ulteriore rispetto alla critica della
tradizionale struttura melodica, armonica, ritmica e tonale
condotta con definitivo rigore dalla corrente seriale. I compositori post-weberniani, come s' visto nel secondo capitolo, grazie a un processo di formalizzazione dei parametri
linguistici dissociati mediante un'operazione razionalizzante
ul tlegativo (vedi la norma della non ripetizione), approdavano ad una materia fonica fruibile in s, nella oggettiva
globalit acustica determinata dalla frantumazione e scheggiatura del tessuto, non scindibile percettivamente nei singoli elementi. Non a caso, i primi centri di musica elettronica sono nati da quel cliina fervoroso anche se talora astrattamente esclusivo, maniacale quasi, rappresentato dallo
strutturalismo integrale degli anni '50, mentre la musica
concreta pareva richiamarsi a un misticismo materialista
piuttosto goffo ed equivoco, che con sapeva approfittare
adeguatamente degli stimoli che potevano derivare dal lavoro compositivo di un musicista importante come Varse.
L'idea del lavoro condotto nella torre eburnea di un
laboratorio fonologico, non solo senza alcuna partecipazione
attivo-vitalistica-gestualeda parte dell'interprete che agisce
dal vivo e ha quindi un diretto rapporto, visivo anche, con
l'ascoltatore, ma ancor piii significativamente volto alla fissazione su nastro di una versione data una volta per tutte e
scaturita da progetti matematici e scientifici applicati a un
mat.eriale che si svela progressivamente d'indagine (si fa
ovviamente riferimento soprattutto ai primi anni di lavoro
dello Studio di Colonia), sembra esplicitare una concezione
dell'arte contrassegnata da una sorta di misticismo costruttivista piu ancora che di esasperazione tecnocratica. Concezione che d'altra parte sarebbe vuotamente moralistico ( e
perci non dialettico) condannare a priori come " asociale, "
proprio nel momento in cui l'industria culturale fa coincidere la "socialit" con il consumo, il consumo con la banale
consumabili t acritica qui-e-adesso, la consumabili t con il
bloccagpio i: schemi percettivi logori, gi noti, digestivi,

puramente edonistici: e chi vuole proseguire in questa


de-escalation pu ormai farlo da solo, se proprio ha il gusto
per la degradazione.
Resta inteso che la posizione dello sperimentalismo
"mistico" degli anni '50 (ma non solo di quelli!) non ha
poi, a sua volta, scampo alcuno e risente di tutte le oggettive contraddizioni sulle quali inevitabilmente inciampa un
lavoro artistico che vive nel vuoto pneumatico dell'esperienza
sociale mancata e che pure tenta, utopisticamente e disperatamente, di sottrarsi ai meccanismi ricattatori della societ
borghese e capitalistica: ricadendovi puntualmente, anche
a livello ideologico, proprio nel momento in cui accarezza
il culto esclusivo per la ricerca sperimentale, l"'arbitrarietn
e autonomia aristocratica della speculazione intellettuale
come garanzia contro la banalit o il nulla del vivere quotidiano. I1 che costituisce un alibi di natura visibilmente idealistica e romantica, con tutte le conseguenze del caso.
Tornando momentaneamente su un terreno piii descrittivo-fenomenologico, diremo che il passaggio dalla concezione formalistica, seriale, al lavoro empirico attraverso le
apparecchiature elettroacustiche, pur configurando un rapporto di continuit e complementariet, non stato privo
di salutari contraddizioni, quali che siano state le prospettive di poetica dalle quali hanno preso le mosse i singoli
musicisti. La possibilit ( e altresi volont) di plasmare
Strutture sonore concepite a contatto con una materia capace
di schiudere orizzonti seducenti e inesplorati, sembra anche
debba, si vorrebbe dire paradossalmente per forza d'inerzia,
postulare un'intenzionalit formativa che trascende l'astrattizzazione grafica o l'ipotesi negativa insita nei meccanismi
dissociativi di una cospicua parte della nuova musica, non
a caso sfociata attorno agli anni '60 nella diffusione della
prassi esecutiva "aleatoria" e nella soppressione, da parte
di numerosi musicisti, di ogni pensiero formale sia pur
nuovo e originale, con fatale eliminazione di un dato prezioso: quello delio straniamento.
Perci quegli esponenti della nuova musica orientati
verso il nihilismo borghese e il declassamento della materia
fonica a puro residuo, a macerie neanche piii fumanti di
un mondo linguistico che ora non solo non piii. ma del

quale sembra non esistere memoria, guardano con sospetto,


con ostilit piii ancora che con indifferenza ai nuovi procedimenti sollecitati dall'elettroacustica, preferendo coltivare
il loro "parassitismo sadico" (Donatoni) sugli strumenti piu
ovvii e convenzionali ridotti a giocattoli musicali, forzati
secondo una prospettiva ironico-parodica oppure pretesti
per prassi esecutive estemporanee, ludicamente mistificatorie, effimere, con inevitabile problematizzazione del rapporto tra il simbolo grafico della notazione musicale e il
suo significato, tra rappresentazione grafica (nella musica
aleatoria estremamente generica quando non addirittura
esotericamente polivalente) ed evento sonoro. I musicisti
in questione, al di l dell'approccio marginale e non determinante di certo Cage e di Kagel, intendono perfettamente
come la ricerca scaturita da talune ipotesi avviate dalla
tecnologia acustico-musicale scarichi un'urgenza di suono
proprio nel senso (e non sembri banale) di spessore fonico
definito e magmatico, tangibile, lontano da disponibilit
frammentiste e svalorizzanti, cio da giochi programmaticamente " al ribasso."
Se dunque i saggi di sperimentazione elettroacustica
traggono origine dall'astrattizzazione logico-matematica operata nel secondo dopoguerra dall'avanguardia che si suole
definire post-weberniana attraverso l'estensione del concetto
di serie a tutti i parametri (si rinvia il lettore ai capitoli
precedenti), negli anni '60, tuttavia, attraverso l'indagine
minuziosa sui'materiali sperimentati per via diretta ed empirica e soprattutto grazie alla fusione di purismo elettronico e di concretismo, si profila con tutta evidenza una sterzata rispetto alle motivazioni di partenza. S i realizza, cio,
quel processo squisitamente dialettico i1 quale consiste nel
trovare in seno a un flusso linguistico determinato l'elemento nuovo e vitale, sviluppato e scapito delle incrostazioni che lo avviluppano. In questo clima si sviluppano i
centri di musica elettronica in alcuni paesi socialisti, dalla
Cecoslovacchia alla Polonia.
A dilatare il processo di superamento critico di astratti
scientismi, e dunque a determinare l'emergenza di un nuovo
senso da attribuire ai mezzi tecnologici e soprattutto di una
nuova funzione, interessante la riflessione sul compito

delle tecniche di mixaggio e montaggio Montaggio che non


deve essere solamente "interno," ovvero riguardante la fissazione di una realt data una volta per tutte, bensi aprirsi
a contributi scenico-rappresentativi e germinativi anche in
senso musicale: si vogliono segnalare qui le integrazioni
previste da opere nelle quali raggiunta una sintesi tra
nastro magnetico e flessibilit interpretativa accordata a
cantanti, attori e strumentisti i quali agiscono dal vivo.
Questa tendenza venuta in luce soprattutto nell'opera di
Nono, di Stockhausen, di Berio, di Pousseur. cosi schivata la temibile assenza della figura fisica, gestuale, comunicativa dell'interprete e la rappresentazione di un mondo
parascientifico asettico, verso il quale ogni sfiducia su base
saldamente sociologica da ritenersi legittima.
I1 fattore decisivo di crescita qualitativa proposta dalla
conoscenza e dall'approfondimento dialettico dei mezzi che
la tecnologia offre oggi al musicista e all'operatore artistico
in generale, consiste nella perfetta idoneit che le apparecchiature hanno di farsi veicolo piii di ogni altro efficace al
fine di un superamento delle tradizionali barriere tra genere
e genere artistico, in favore di una multipolarit rappresentativa che consente di reperire nuovi e piii ricchi strumenti
di comunicazione, un'aderenza maggiore alla multiforme
realt del nostro tempo, un piii duttile scandaglio delle possibilit semantiche (in senso ovviamente lato), informative,
del suono, del materiale acustico. ovvio che questa posizione sia carica di implicazioni contenutistiche, anche se
certamente non a senso unico. Ma al di l di ogni possibile
soluzione singola, l'allargamento del campo di possibilit,
ottenuto tramite le apparecchiature elettroacustiche, la possibilit di trasformare, spazializzare, dotare di nuovo senso,
a materiali fonici di qualunque provenienza ("musica" nell'accezione tradizionale, fatta di suoni, rumori, parole, reperti sonori di tipo " esistenziale, " materiali acustici preformati, suoni prodotti sinteticamente) contribuisce a spianare
un terreno operativo di seducente portata. Si profila all'orizzonte l'allettante prospettiva di una trasformazione interdisciplinare ricca di stimolanti scambi e reciproci arricchimenti. Vengono chiamati in causa settori un tempo circoscritti ed eterogenei rispetto al dominio della musica: tea1 IL)

tro, letteratura, cinema, e quanto ancora si pu inventare.


I n sede sociologica la tendenza al superamento di una
problematica purista, di un evoluzionismo astrattamente
formalista nell'ambito della fonicit nuova, postula diverse
motivazioni: le variazioni del gusto, gli sviluppi delle tecniche, non possono essere pi6 legati a fattori di moda, aleatori
comunque, a convenzioni determinate da dlites ristrette e
modificate senza apparenti motivi, o sotto la presunta pressione di virtualita automatiche connesse all'uso di certi materiali sonori o alio srotolamento di meccanismi linguistici
che viaggerebbero per loro conto fuori dalla coscienza critica dei musicisti e dei destinatari del fatto artistico, come
una sorta di corrente inconscia della materia prima musicale.
Qui si coglie una contraddizione estremamente significativa tra le prospettive aperte dalle ricerche condotte nella
direzione di un'elaborazione di eventi fonici-musicali dotati
di alta quota informazionale (e votati perci alla comunicazione piu ampia) e le ipoteche politico-culturali legate alla
gestione dei principali centri di speripentazione elettroacustica da parte degli enti radiofonici, vale a dire (in Germania come in Italia, in Francia come negli Stati Uniti) da
parte del potere politico borghese. Le istituzioni culturali
che fanno capo all'apparato capitalistico si sono ben guardate dal favorire. attraverso i Dur ~otentissimi mezzi di
comunicazione di massa, la formazione di interessi profondi
e specifici alla base. I compositori hanno avuto perci modo
di sbizzarrirsi attorno agli alambicchi che gli enti ufficiali
fornivano loro in nome di una cultura intesa auale recinto
ristretto (ghetto inane e velleitario), realizzando peraltro
esperienze tecniche dalle quali, sia chiaro, non si dovr prescindere: ma nel momento in cui le ricerche, da un terreno
strettamente autonomo, si sono spostate, grazie anche all'evoluzione interna dei trattamenti dei vari materiali nella
seconda fase (anti-puristica), verso soluzioni ricche di implicazioni eteronome, sono stati per cosi dire abbandonati
a loro stessi. Hanno continuato a lavorare, hanno prodotto
opere importanti, ma nulla stato fatto perch il vuoto
dell'esperienza sociale fosse, sia pure parzialmente, colmato.
Mentre l'industria culturale (dischi, radio, televisione,
teatro), mossa da intenti strettamente utilitaristici o ancor
-

piu sottilmente mistificatori (il prestigio di limitate iniziative economicamente in perdita intraprese come alibi, come
facciata e copertura di cupidi investimenti e programmazioni
pluriennali nel campo della musica leggera destinate a produrre miliardi in misura proporzionale al rimbeciliimento
di una moltitudine di ascoltatori), ha rinunciato a condurre
un serio discorso sui nuovi orizzonti dischiusi dalle recenti
sperimentazioni elettroacustiche, e un musicista come Luigi
Nono, che usa la pi6 avanzata tecnologia in modo critico,
contro il sistema che l'ha prodotta ha dovuto subire indebite
censure (Contrappunto dialettica alla mente), prendono
piede o piccoli studi di limitate possibilit oppure progetti
di utilizzazione dei computers per fare musica. chiaro,
dopo quanto si detto nel quarto capitolo, che il computer
pu solo servire per l'analisi preventiva del materiale o per
la produzione di strutture foniche decorativo-funzionali.
Questa "spia " verifica l'impianto generale del meccanismo
di repressione ideologica: il favorire, sotto nuova veste, lo
smrimentalismo feticistico di una fantascentifica musica ex
machina (sia pure in editio minor) significa, per i detentori
del potere economic<~politicoborghese, garantirsi contro
spinte eterodosse, contro ogni dirottamento della problematica tecnicistica verso una Jinalirrarione dei mezzi.
Un'ipotesi di sviluppo finora trascurata, e se ne capiscono fin troppo bene i motivi, rappresentata dalla possibilit del nastro di farsi elemento sonoro di sintesi per qualsivoglia rappresentazione dal vivo, di tipo completamente
nuovo: pochi cantanti, strumentisti, attori, giovandosi di
giochi di luci e di elementi visivi relativamente semplici, e
inoltre di apparecchiature per la spazializzazione del suono,
basterebbero a creare una struttura spettacolare agile, in
grado di spostarsi con facilit e di raggiungere senza particolari problemi anche centri minori finora tagliati fuori da
ogni serio discorso sulla cultura e sull'arte d'avanguardia.
Si verrebbe a spezzare, attraverso il confronto e la verifica
con una base di pubblico piu vasta e soprattutto diversa,
l'egemonia dell'lite borghese in tale settore, responsabile tra
l'altro dello snobismo svagatQ, della mistica dissoluzione dei
problemi, delia dottrina della conciliazione rassegnata verso
cui scivolano anche esperienze d'avanguardia (si veda l'esem-

pio di Stockhausen), che pure contengono in primis una


spinta reale di rinnovamento e fin eversiva. Una pi6 stretta
connessione tra musica nuova, tempi e modi del suo sviluppo, e finalit sociale della medesima, si verifica indiscutibilmente nei Paesi socialisti, ma li altre sono le contraddizioni esistenti, e i ritardi sono dovuti semmai a ragioni
simmetricamente opposte rispetto a quelle nei paesi a struttura economica capitalistica.
In Occidente il lavoro ancora tutto da fare, bench
paradossalmente la tecnologia musicale sia di gran lunga
la pi6 sviluppata, ma qui molto dipender dalla trasformazione profonda della societ esistente.

i
1

LUCIANOBERIO (Oneglia 1925). Ha studiato al Conservatorio di Milano e ha diretto "Incontri musicali" (Quaderni internazionali di musica contemporanea). CompoSitore attivissimo nel clima fervoroso del dopoguerra, costitui
nel 1956, insieme a Bruno Maderna, il Centro di Fonologia
musicale di Milano della RAI. H a tenuto corsi di composizione a Darmstadt, alla Summer School di Darlington, al
Mills College (California), alla Harvard University e alla
Julliards School di New York, e ha inoltre lavorato alla
Columbia University. Bench i contributi di Berio possano
ritenersi essenziali, pure le ricerche elettroacustiche non
costituiscono che uno dei momenti della poliedrica presenza
di questo musicista nel panorama musicale contemporaneo.

Ritratto di citt (in collaborazione con B. Maderna) pp. 54-55, 57


Mutazioni p. 57
Perspectives pp. 57-58
Thema (Omaggio a Jovce) p. 58
Difrences pp. 59-60
Momenti p. 60
Visage pp. 69-70

HERBERT
EIMERT(Bad Kreuznach 1897). Critico musicale della "Kolnische Zeitung" dal 1936 al '45, autore di
vari saggi, compositore di formazione dodecafonico-seriale,
stato tra i primissimi ad occuparsi di musica elettronica,
fondando nel 1952 lo Studio del Westdeutscher Rundfunk
di Colonia e divenendo l'intransigente teorico della musica
elettronica "pura" (vale a dire prodotta solo sinteticamente), in polemica con la tecnica del montaggio rumoristico caro ai concretisti francesi.

HENRIPOUSS E U R ( Malmedy 1929). Compositore belga,


esponente rappresentativo dell'avanguardia che si fregi dell'appellativo di postweberniana, critico e teorico molto
acuto e puntiglioso, ha lavorato presso i centri di musica
elettronica di Colonia, Milano e Bruxelles.

Oltre a vari pezzi preparatori, d'assaggio, elaborati in


collaborazione con Robert Beyer, ha composto:
Btudes sur ler rnlanges sonores p. 52
Slection I p. 52
Epithaph fur Aikichi Kubov,anrn p. 95

Seismogramme p. 47
Scambi I e II p. 51
Rimes II p. 66
Electre p. 67
Trois Visages de Li2ge p. 70

BRUNOMADERNA
(Venezia 1920 - Darmstadt 1973). Allievo di G. F. Malipiero e di Hermann Scherchen, grande direttore d'orchestra e divulgatore della musica d'avanguardia,
stato uno dei primi compositori italiani ad avvicinare
l'espressionismo viennese e i suoi derivati. Nel 1956 costitui con L. Berio il Centro di Fonologia di Milano.

PIEHRESCHAEFFER
(Nancy 1910). Ingegnere e musicista, stato il fondatore dello Studio di ricerche musicali
di Parigi, sorto subito dopo il '50 e pensato come labora:
torio di musica "concreta." Compositore di scarsissimo
valore in quanto ai risultati conseguiti in proprio, ha per
avuto il singolare merito, con i suoi' eccentrici esperimenti,
di agitare problemi e di indicare soluzioni sul possibile impiego di materiali musicali precostituiti, di ordine rumoristico, tratti dalla vita di tutti i giorni, da distorcere e
denaturare.

Ritratto di cittd (in collaborazione con L. Berio) pp. 54-55, 57


Notturno p. 57
Syntaxis p. 58
Continuo pp. 58-59
Musica su due dimensioni p. 58, 59
Invenzione su una sola voce p. 69
Serenate III e IV p. 69
Le rire p. 69

LUIGI NONO(Venezia 1924). Rappresentante quasi miiico dell'avanguardia musicale del dopoguerra, ha rotto ben
presto i ponti con i supposti correligionari darmstadtiani,
accusandoli di alienazione e postulando un'arte finalizzata
socialmente, coniugata con i movimenti rivoluzionari di
lotta e di progresso. Ha cominciato ad occuparsi di musica
elettroacustica nel 1960, usando con grande libert ma
anche estremo rigore i nuovi mezzi della tecnologia musicale, piegandoli a esigenze che nulla hanno a spartire con
il feticismo fantascientifico caro ad esempio ai tedeschi.
Omaggio a Vedova p. 80

Lo fabbrica illuminata pp. 81-83


Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz p. 83
A Floresta E jovem e cheja de vida pp. 83-86
Contrappunto dialettica alla mente pp. 86-87, 121
Non consumiamo Mlvw pp. 87-90
Entonces comprendid pp. 90, 91, 92
Conro una ola de fuerza v Iuz pp. 92-93

1
1
m

I
l

Studi sulla trottola, sulle ferrovie, sulle pentole p. 35


Studio violetto, Studio nero, Studio per pianoforte p. 35
Synrphonie pout urr homme seul, (in collaborazione con P. Henry)
Orphe (in collaborazione con P. Henry) p. 38
Continuo p. 40
tude auw sons aniirrs p. 40
tude auw allurcs p. 40
tude aux obiets p. 40

KARLHEINZ
STOCKHAUSEN
(Modrath [Colonia] 1928).
Ha studiato presso la Musikhochschule di Colonia, frequentando contemporaneamente un corso universitario di fonetica. Intransigente assertore della necessit di riorganizzazione totale dell'universo sonoro, sperimentatore intrepido
di nuove possibilit foniche e formali pervaso di misticismo
tecnologico, dal 1953 lavora nello Studio di musica elettro-

nica del Westdeutscher Rundfunk di Colonia e dal 1963


ne direttore.

Bibliografia essenziale

Studie I pp. 46, 47


Studie II pp. 46, 47, 52
Gesang der Jiinglinge pp. 50-51, 58
Kontakte pp. 54, 71-74
Mikrophonie I p. 74
Mikrophonie I I p. 74
Mixtur p. 74
Solo p. 74
Telemusik pp. 75-77, 89, 103
Prozession p. 74
Hymnen pp. 73, 77-80, 89, 103

l
I

Elektronisck Musik, fascicolo di "Die Reihe"


P. Schaeffer, A la recherche d'une musique concrte, Parigi, 1952
H . Eimert, Was ist elektronische Musik, in 'Melos," Magonza, 1952
J. Poullin, L'apport des tecniques d'enregistrernent de la fabrication
de matires et de formes concrtes, in "Onde elect.," vol. 34,
mano 1954
L. Berio, Prospettive nella musica, in "El~ttronica,"n. 3, Milano, 1956
L. Berio, Note sulla musica elettronica, in "Ricordiana," n. 2, Milano, 1957
G. Manzoni, Breve introduzione alla Musica Elettronica, in "La Rassegna musicale," IV, Torino, 1957
F. Evangelisti, Verso una composizione elettronica, in "Ordini," n. 1,
Roma, 1959
F. Donatoni, La musica elettronica, in "Discoteca," n. 14, Milano, 1961
H. Eimert, Estetica della musica elettronica, in "La Rassegna musicale," fascicolo dedicato ai 'Problemi della musica, oggi," Torino, 1961
F. Winckel, Limiti fiioacustici della musica elettronica, in "La Rassegna musicale," fascicolo speciale dedicato ai "Problemi della
musica, oggi," Torino, 1961
F. K. Prieberg, Musica ex machina, Torino, 1962
L. Rognoni, Fenomenologia della musica radicale, Bari, 1966
D. Guccero, La musica sperimentale, voce dell'enciclopedia storica
"La Musica," Torino, 1967
E. Zaffiri, Due scuole di musica elettronica in Italia, Torino, 1968
K . Stockhausen, Registrazione di una conferenza, in 'I1 Verri," n. 30,
Milano, 1969
H. Pousseur, Fragments thoriques I sur la musique exprimentde,
Edizioni dell'Istituto di Sociologia dell'universit libera di Bruxelles, 1970
H. Pousseur (a cura di), Testi sulla musica elettronica. Prefazione di
Luciano Berio (in preparazione presso Feltrinelli)

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