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LINTERVALLO

Istituto Musicale Giovanni Paisiello - Taranto Carmelo Motolese

Indice

Parte I Introduzione Intervallo musicale Parte II Introduzione Intervallo intelligibile Intervallo visibile Intervallo udito

Fenomenologia dellintervallo Matematica dellintervallo Parte III Il tritono Accordo di Settima di dominante Sostituzione del tritono Accordo di Settima diminuita

Parte I
Con la stesura di questo saggio sullintervallo voglio dare al musicista medio la possibilit di conoscere qualcosa in pi su questelemento teorico sempre presente in ogni composizione. Questo perch le trattazioni che troviamo nei libri di teoria musicale, a buon diritto, ne fanno una descrizione che ruota attorno al sistema di musica colta occidentale, perdendo di vista per il trascorso passato quando per primi i Greci iniziarono ad interessarsene - ed anche il pi recente, assieme ai risvolti etnomusicologi che esso comporta. Questa prima parte si riferisce proprio alla descrizione da manuale dellintervallo, che alla base dellarmonia e della composizione della musica. Nella seconda parte, sunto di un saggio sullintervallo del filosofo Giovanni Piana, descritta la storia e la ricerca filosofica e matematica, con dimostrazioni annesse, che vuol provare a fornirci unimmagine chiara di questo concetto. Infine nella terza parte, ho voluto trattare di un intervallo particolare, il tritono, e dei vari modi in cui utilizzato nella pratica musicale. Lintervallo musicale In musica la distanza minima tra due suoni consecutivi di un semitono. Insieme due semitoni formano il tono, lintervallo pi grande tra due gradi congiunti. per mezzo dei segni di alterazione che lintervallo di tono si pu suddividere in due intervalli di un semitono ciascuno. Lintervallo pu essere anche disgiunto e procedere per salti. Lintervallo musicale si misura contando i suoni che abbraccia. Per avere una classificazione pi specifica bisogna calcolare i toni e semitoni cromatici o diatonici che abbraccia lintervallo stesso. Lintervallo melodico quando le note che lo compongono sono eseguite successivamente; viceversa armonico quando le note che lo compongono sono eseguite simultaneamente. Questultimo lo si deve considerare sempre solo dal suono pi grave al pi acuto. Lintervallo detto semplice quando compreso nel limite dellottava; composto quando oltrepassa lottava (fa eccezione lintervallo di nona che considerato semplice). Due suoni dello stesso nome e stessa altezza si dicono unisono e non vengono classificati fra gli intervalli. Nella sua formazione naturale sintende diretto, mentre per intervallo rivoltato sintende la trasposizione del suono pi grave allottava superiore, cio il rovesciamento dellintervallo stesso. Si noti inoltre che la somma di ogni intervallo diretto col suo rivolto d sempre il risultato di 9. Andando nello specifico: Sono intervalli giusti: lunisono, la quarta, la quinta e lottava. Possono essere maggiori o minori: la seconda, la terza, la sesta e la settima. Possono essere aumentati o diminuiti: tutti gli intervalli, dallunisono allottava.

Per classificare rapidamente la natura degli intervalli si considera il suono pi grave come tonica (facendo attenzione poich questa tonica ambivalente e pu essere la base tanto di un modo maggiore quanto uno minore); se la seconda nota appare estranea alla scala in quanto modificata da unalterazione, lintervallo sar aumentato o diminuito a seconda dei semitoni che lo compongono.

Gli intervalli armonici in relazione al loro specifico effetto acustico si dividono in: Consonanti: unisono, terza, quarta, quinta, sesta e ottava. Dissonanti: seconda, settima e tutti gli intervalli eccedenti e diminuiti.

I primi nellesecuzione musicale producono allorecchio una sensazione gradevole e riposante; le dissonanze producono invece una sensazione sgradevole, ed anche una sensazione di moto (visto che tendono a risolvere su una consonanza). Tra le consonanze vi anche la distinzione tra le perfette (o giuste) e le imperfette. Gli intervalli di quarta, quinta e ottava si trovano tra le perfette proprio perch immutabili sia nel modo maggiore che in quello minore; hanno sempre lo stesso numero di toni e semitoni. Gli intervalli di terza e sesta invece mutano a seconda del modo maggiore o minore. Come per i semitoni, anche gli intervalli possono essere diatonici o cromatici. Se le due note appartengono alla stessa scala o tonalit lintervallo diatonico. Quando uno dei due suoni presenta unalterazione estranea alla tonalit abbiamo il cromatico (nel caso degli eccedenti e diminuiti). Nellattuale sistema temperato per enarmonia intendiamo il passaggio tra suoni omofoni o omologhi. Lintervallo quindi enarmonico quando i due suoni che lo compongono sono costituiti da una o da entrambe le parti da suoni enarmonici.

Parte II
Il termine italiano intervallo nasce dal calco della parola latina intervallum: letteralmente ci che vi tra i pali, lo spazio compreso tra essi, la distanza dalluno allaltro. come una linea avente per estremi i suoni che lo delimitano, congiungendoli con il percorso pi breve. Ma oggi possiamo dire che intervallo tra i suoni il rapporto tra le frequenze che li generano. Queste due definizioni sono ugualmente importanti e presuppongono due approcci diversi nellaffrontare questo studio. Il trattatista Regino Prumiensis sintetizz felicemente questa differenza dicendo che ci che i musici chiamano intervallum, inteso come distantia tra un suono grave ed uno acuto, gli aritmetici chiamano invece proportio. Lintervallo intelligibile La definizione che abbiamo dato allintervallo come rapporto tra frequenze una conoscenza che riguarda la pura produzione oggettiva dellevento sonoro. Questa si ottiene quando un suono viene prodotto attraverso operazioni dirette su uno strumento musicale e il sapere corrispondente estraneo a questo modo di produzione cos come lo al senso dellascolto. Nella percezione di un intervallo si percepiscono rapporti tra note, ma queste saranno in tal caso il fatto uditivo stesso, mentre il termine di rapporto non ha il senso aritmetico determinato che detiene quando se ne parla come rapporto tra frequenze, e dunque tra i numeri corrispondenti. Le prime relazioni che percepiamo ascoltando lintervallo sono la consonanza (o dissonanza) e la maggiore o minore gravit dellun suono rispetto allaltro. Lintervallo udito si presenta a prima vista come linea di congiunzione tra punti sonori. La definizione come spazium non quindi un modo improprio e approssimativo per descriverlo, ma unillustrazione immaginativa adeguata del suo concetto (costruito sulla base dellesperienza uditiva). Riguardo la produzione tecnica del suono, ad esempio con un calcolatore, per ottenere un intervallo dovr inserire dei parametri ed dunque essenziale conoscere quali frequenze, messe tra loro in un certo rapporto, determinano lintervallo ricercato. Le dispute sullintendere lintervallo come rapporto o distanza sono in realt molto antiche. Gi nella fase pi antica del pitagorismo, attraverso le misurazioni con il monocordo, gli intervalli consonantici di ottava, di quinta e di quarta erano noti nei loro rapporti aritmetici di 2:1, 3:2 e 4:3; ed anche lintervallo di tono come intervallo differenziale tra quinta e quarta era riconosciuto come rapporto di 9:8. Non c per consapevolezza intorno ai processi fisici che generano i suoni. Si ha lidea che questo abbia origine da un qualche movimento, ma la sola osservazione non chiarisce il tipo di movimento, dove si verifica, cosa esattamente si muova n si riesce a distinguere la produzione del suono dalla sua propagazione. Per capire che tipo di movimento avviene in una corda vibrante occorre attendere i secoli XVII-XVIII, e per una chiarezza autentica anche oltre. La teoria greca coglie delle connessioni tra velocit di movimento e acutezza del suono, ma il senso di tutto ci non pu che rimanere oscuro. Nella Divisione del canone, attribuito ad Euclide, si spiega fin dallinizio che il suono causato da un urto e questo da un moto. E che la maggiore o minore acutezza dipende dalla maggiore o minore frequenza del moto. Non affatto facile ora passare da queste considerazioni al rapporto numerico. Il passaggio avviene faticosamente sulla base di un poco convincente ragionamento sulla composizione del moto e sulla riconduzione del problema alla nozione di intero e di parte. Poich il moto pu essere accresciuto o diminuito si pu dire che il moto stesso composto di parti, e necessariamente i suoni (composti di parti) sono in reciproco rapporto numerico, come tutte le cose che si compongono di parti.

Utilizzando delle corde possiamo misurarne le lunghezze e i loro rapporti e passare cos al versante aritmetico. fondamentale luso del monocordo col suo ponticello mobile, che, prescindendo da differenze fisiche non controllabili al tempo, propone una prima astrazione che fa della cosa risuonante una pura lunghezza che pu essere misurata. Si pu anche agevolare la pratica della misurazione apponendo tacche per facilitare i confronti, e aggiungendo pi corde accordate allunisono ed altri ponticelli mobili. Il punto importante che in tutte queste sue possibili varianti, il monocordo propone la corda come segmento che risuona dunque non come entit geometrica vera e propria e nemmeno come entit fisica piena e completa. Lattenzione dellosservatore viene cos distolta dai fenomeni vibratori, ed il suo interesse si dirige in modo esclusivo alle lunghezze delle corde ed ai loro rapporti. Si possono cos correlare i fenomeni uditivi alle relazioni numeriche date dal monocordo che valgono in primo luogo come misure di lunghezze. Si prepara nello stesso tempo una seconda astrazione sempre grazie allosservazione. Oltre al monocordo vi furono sperimentazioni leggendarie dove si tentava di trovare larmoniosit dei rapporti con mezzi diversi: martelli e pesi nel caso di Nicomaco di Gerasa; dischi metallici con Ippaso di Metaponto, e vasi riempiti dacqua con Laso di Ermione. Queste storie mostrano che non appena si pone il problema dellesistenza di un rapporto, vi anche la consapevolezza che sia possibile variare totalmente il mezzo (il corpo sonoro) di produzione del suono ottenendo lo stesso risultato uditivo, a patto di mantenere identico il rapporto numerico. Con questa variet e generalizzazione si d massima enfasi al rapporto numerico come tale, rendendolo del tutto indipendente da ogni riferimento alla cosa materiale. dunque il rapporto numerico in s che viene correlato al fenomeno uditivo. Laddove vi sia una consonanza di ottava dobbiamo assumere che da qualche parte sia attivo il rapporto 2:1. Ma come una causa? In realt ricercando le spiegazioni propriamente causali la risposta andr sempre in direzione del tema del movimento, senza che questi spunti per una teoria fisica riescano a incontrarsi con la teoria aritmetica, come se la ricerca della causa e la problematica dei rapporti potessero procedere su cammini differenti. La teoria aritmetica a sua volta non d una spiegazione e, abbandonando la fisica del suono, si rivolge a due versanti: quello della pura sensibilit, che si arresta al piacere immediato che la musica in grado di suscitare (delectatio), e il versante pi profondo (veritas), che pu essere attinto solo in un afferramento intellettuale, nel quale dominante il rapporto numerico. Cos si fa spazio una correlazione, ovvero: il livello sensibile tende a rispecchiare quello intellettuale. Vi come sfondo una concezione filosofica che enfatizza lessenza numerica del reale. Lintervallo che si propone allinterno di queste considerazioni non quello che si d alla percezione, ma piuttosto lintervallo udito in quanto viene reso intelligibile dal rapporto numerico. In Grecia il rapporto si indicava con una parola assai impegnativa per la storia della filosofia e della scienza: si tratta della parola logos. Lintervallo aritmeticamente interpretato lintervallo colto nella sua ratio. Al significato matematico speciale si aggiunge certamente una valenza di senso che mira a un orizzonte pi ampio. La possibilit di porre un rapporto a

fondamento di un fenomeno rappresenta una condizione di intelligibilit. allora possibile ipotizzare che il significato primario di logos fosse proprio quello matematico, il quale poi, nellorizzonte di un atteggiamento intellettuale come quello pitagorico, assume il suo pi ampio senso filosofico. Questa scoperta port di certo entusiasmo perch si riusc a ricondurre forse per la prima volta a cause intelligibili il problema degli intervalli tra i suoni, confermando la possibilit di pervenire ad unautentica conoscenza sulla natura delle cose. Sul versante musicale a questorientamento conseguiva il fatto di riportare ogni problema riguardante la teoria degli intervalli ad un problema puramente aritmetico. Cos tutta la teoria musicale attraversata da tentativi di far prevalere risposte di ordine aritmetico a domande che dovrebbero interessare in realt il puro livello dellesperienza uditiva. Si discuter per molto sulla divisibilit in due met esatte dellintervallo di tono determinato in 9/8, negato dai pitagorici ed anche da Euclide sulla base di considerazioni aritmetiche. Si ricorreva dunque allintelligibilit degli intervalli per risolvere questi tipi di problemi, nonostante si approdasse a dei pregiudizi matematici. La piena intelligibilit poi data anzitutto dalla possibilit di esprimere un intervallo in termini di rapporto tra numeri interi. Questo atteggiamento si mantiene in tutta la tradizione teorica fino in et moderna. Ancora oggi molti sono convinti che il nostro semitono temperato non sia legittimo per il solo motivo, non musicale, che esso ha alla sua base un numero irrazionale.

Bibliografia G. Piana, Lintervallo, 2003 http://filosofia.dipafilo.unimi.it/~piana/index.php/filosofia-della-musica/112-lintervallo L.Zanoncelli, La manualistica musicale greca, Guerini, Milano 1990 Teone di Smirne, Esposizione delle conoscenze matematiche utili per la lettura di Platone. Si pu leggere questo testo nella trad. franc. Con testo a fronte di J. Dupuis, Paris, 1892 E. A. Szab, The beginnings of Greek Mathematics, Reidel, Boston 1978 T. Gomperz, Pensatori greci, I, trad. it. Nuova Italia, Firenze

Lintervallo visibile Ci si chiede se la concezione dellintervallo come spatium piuttosto che come ratio sia rimasta del tutto estranea al pitagorismo, tanto pi che nella teoria musicale greca per indicarlo normalmente si usa la parola diasthema, correlata a un verbo il cui senso prevalente separare, dividere e quindi vicino semanticamente al latino intervallum. Se dunque poteva sembrarci che la concezione pitagorica riduce le manifestazioni sensibili a pure apparenze, a favore invece del pensiero puro, dobbiamo tener conto dellimportanza dellassociazione simbolica nella teoria del numero comprendendo che ci vero solo in minima parte. Analizziamo un altro aspetto dellelaborazione pitagorica, i cosiddetti numeri figurati. Spesso si sostiene il loro scopo sia di proporre una geometrizzazione dellelemento aritmetico. Sarebbe pi corretto parlarne come di un vero e proprio metodo di notazione tendente a rendere evidenti (visibili) relazioni interne tra numeri e la loro costituzione interna. Alcuni esempi sono il pentagono stellato e la tetractys, chera una sorta di emblema della scuola. I pitagorici si accorsero presto che nei rapporti degli intervalli consonantici fondamentali (2/1, 3/2, 4/3) comparivano i primi quattro numeri naturali, il cosiddetto quaternario. In pi lintervallo di tono (9/8), dipendente dalla quarta e dalla quinta, era accomunato anchesso al quaternario, essendo e . Questi rapporti avevano in comune questo: il numeratore era sempre maggiore di una unit rispetto al denominatore (epimorio, o superparticolare). I pitagorici ne furono colpiti, come se si fosse trovata una legge comune alle leggi dei rapporti consonantici, al punto da ritenere che in questo carattere del rapporto fosse racchiuso il segreto del buon intervallo. Furono inoltre colpiti dal fatto che un fenomeno come la consonanza cos denso di risonanze rispetto ad una possibile immagine del cosmo fosse riconducibile ai primi numeri della serie infinita dei numeri naturali. Questi hanno un carattere che gli altri numeri non hanno: non tanto di primi elementi nel senso dellordine, ma di elementi primi nel senso di elementi che stanno alla base della costituzione e della generazione. Questa particolare pregnanza di significato doveva essere riconosciuta ai primi dieci numeri, e dunque al numero dieci, che daltronde fornisce la base del sistema notazionale. Il dieci a sua volta pu essere raggiunto mediante la somma successiva dei primi quattro numeri, ricollegandosi al quaternario. Tutto questo intreccio di motivi di ordine aritmetico, immaginativo, musicale e speculativo si trova mirabilmente sintetizzato nella configurazione della tetractys. Le considerazioni geometriche che possibile fare sono molteplici e tutte vere, ma porre questa figura come una forma triangolare compiuta del tutto fuorviante. Questo perch la geometria nel mondo greco, nonostante il largo uso, si pensava contaminata dalla realt, mentre laritmetica, pi lontana dalla realt empirica, sta prima di ogni altra disciplina matematica. Ci che importa il modo di costruzione della figura che proprio nel punto (e quindi nell1) ha la sua origine e il suo sviluppo. Il numero figurato nasce per proporre un metodo diagrammatico di presentazione dei numeri tale da rendere visibili propriet e

relazioni interne, rendendo anche possibili classificazioni, calcoli, dimostrazioni. Ci che importa dunque la successione dei passi attraverso cui la figura viene costruita, la regola che sar possibile iterare in modo ricorsivo fin quanto serve. La nozione di numero triangolare rappresenta allora un concetto operativamente fondato. Guardando questi numeri crescere vediamo anche dipanarsi la serie ordinata dei numeri naturali. La rappresentazione per punti ci fa sempre mantenere sul terreno di considerazioni aritmetiche e lelemento geometrico-figurale rende possibili forme di calcolo altrimenti difficili da realizzare. Questo cenno serviva a mostrare come si afferma nel pitagorismo una concezione lineare dellintervallo, strettamente legata allidea di un rapporto aritmetico, e dunque anche col monocordo, che offriva vantaggi per la semplicit delle verifiche, soprattutto nelle sue varianti a pi corde. Agli inizi infatti i numeri non sono ancora considerati come entit astratte, ma come attributi concreti di qualcosa, e in primo luogo delle lunghezze delle corde. Agli albori del pensiero aritmetico nel pitagorismo la riflessione sui rapporti e sulle proporzioni si sviluppa in stretta inerenza agli interrogativi che sorgono intorno agli intervalli musicali. Bisogna portare anzitutto lattenzione sul fatto che, nei vari racconti sulla scoperta di Pitagora, si giunge invariabilmente a formulare i rapporti non nei termini del quaternario puro e semplice, ma con numeri che messi in rapporto tra loro riconducevano al quaternario. Questi numeri che potremmo caratterizzare come forma modificata del quaternario erano propriamente: 6 8 9 12. Infatti 12 il minimo comune multiplo dei numeri 1, 2, 3, 4 e i rapporti consonantici possono modificarsi in 12/6, 12/8 e 12/9, essendo 12/12 = 1 la corda intera. Questi numeri si riferiscono ad una divisione del monocordo in dodici tacche. Nei punti 6, 8 e 9 si dovr disporre il ponticello per ottenere nellordine note che si trovano ad intervallo di ottava, di quinta e di quarta rispetto alla nota emessa dalla corda intera che chiameremo nota di riferimento. Intenderemo le corde pizzicate sempre sul lato sinistro; mentre il lato destro sar la parte tenuta ferma, nel caso non bastasse la presenza del ponticello, per impedirle di vibrare. Eccone una rappresentazione grafica:

Indicando il tratto della corda con [0,8], troveremo alla sua destra il tratto [12,8] che si trova in una relazione ben definita con questultimo e pu essere considerato rappresentativo lineare del rapporto intercorrente tra [0,12] e [0,8]. Esso composto di quattro parti dodicesime. Questo 4, non ottenuto aritmeticamente, vale piuttosto come unit di misura di secondo ordine, indicando la grandezza della parte in cui deve esser ripartito lintero. Qui intercorre un rapporto di 2 a 3. Lo stesso ragionamento si pu fare per gli altri rapporti. Linteresse di una simile ingegnosa escogitazione sta proprio nella possibilit di mettere in relazione intervalli, o per dir meglio, i rapporti che li caratterizzano, senza ricorrere a calcoli frazionari veri e propri e con unevidenza che la presentazione puramente aritmetica non consentirebbe. Ad esempio difficoltoso determinare se

un rapporto maggiore o minore di un altro, mentre in questa riduzione alla linearit la soluzione immediata. Riguardo la differenza tra intervalli sappiamo che va realizzata come una divisione dei rapporti corrispondenti, e una somma come una moltiplicazione. Accade spesso nella trattatistica antica che si usi la terminologia della differenza e della somma pur fornendo risultati corretti. Questa circostanza si spiega con limpiego del metodo di linearizzazione or ora illustrato. Metodi lineari di questo tipo erano probabilmente alla base di calcoli pi complessi, e certamente queste procedure vennero generalizzate al di l degli interessi puramente musicali. Il richiamo alla linea porta dunque ad una vera e propria visibilizzazione dellintervallo, il quale peraltro non cessa nemmeno per un attimo di essere inteso come rapporto. Ci che passa del tutto in secondo piano invece proprio lintervallo udito. Per conoscere le relazioni tra intervalli si dovr fare riferimento ai rapporti o ad una loro possibile rappresentazione lineare. Ogni intervallo viene preso in se stesso poich il rapporto numerico sufficiente a caratterizzarlo, ed ha determinate relazioni sia con lottava che con gli altri intervalli. Non ha senso proporre gli intervalli come partizioni dellottava. Non vi anzitutto lottava e poi la sua partizione e discretizzazione in intervalli, anche se questi risultano dalla partizione di un intero (che la corda stessa, la nota di riferimento se pizzicata). Ma lidea dellottava come la madre di tutti gli intervalli (Zarlino) richiamata dai pitagorici che affrontano il problema delle medie. Abbiamo detto che nel nostro monocordo non c partizione dellottava, ma questa risuona se facciamo vibrare met della corda e cos il segmento [12,6] rappresentativo dellottava e le sue partizioni sono partizioni dellottava. Possiamo anche confrontare i rapporti e stabilire eguaglianze e proporzioni, accorgendoci che 12 : 9 = 8 : 6 Con questo nuovo punto di vista e lutilizzo delle proporzioni si arriva ad altre considerazioni e da qui dipendeva in larga parte la perfezione di questa suddivisione per i pitagorici. Cercando altre relazioni tra gli estremi e i medi della proporzione si scopr che il 9 appare come media aritmetica [(a+b)/2] degli estremi che caratterizzano lottava, che risulta divisa in una quarta [12,9] ed in una quinta [9,6].

La media armonica invece definita come 2/(1/a+1/b) avendo una duplice inversione rispetto alla precedente. Nel nostro caso 2/(1/12+1/6). difficile dare un senso a queste inversioni, ma riprendendo il monocordo diviso in dodici parti la formula si riempie di significato: 1/12 non altro che lunit di misura del monocordo mentre 1/6 sar pari a 2/12. La somma di questi valori ci dar 3. Essendo 1 lintero, il 2 al numeratore dovr essere interpretato come il doppio dellintero e quindi pari a 24, cosicch la formula precedente diventa 24/3 = 8. dunque l8 la media armonica dellintervallo di ottava, che lo suddivide inoltre in un intervallo di quinta [12,8] e in un intervallo di quarta [8,6].

In questo modo si proponevano le due medie, quarta e quinta come articolazioni interne, matematicamente significative, dellottava. Per questa via veniva recuperata quella potenziale frantumazione dello spazio sonoro implicita nel punto di vista dellintervallo come rapporto. Il quaternario suscitava meraviglia e divent cos imponente che si assicur un successo secolare. Anche la proporzione 12 : 9 = 8 : 6 fu attribuita a tempi remoti e ad unantichissima saggezza, ed era conosciuta come proporzione babilonese - anche se priva di una concreta origine storica.

Bibliografia Andr Barbera, Arithmetic and geometric divisions of the tetrachord, Journal of Music Theory, 1977, n. 21 Sulla introduzione dellaritmetica di Nicomaco, trad. it. con testo a fronte a cura di Francesco Romano, in Giamblico, il numero e il divino, Rusconi, Milano 1995 Gioseffo Zarlino, Istituzioni Harmoniche, Venezia 1589 Edizione in cdrom curata da Urbani S.

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Lintervallo udito Tenendo conto dellintreccio or ora esposto tra considerazioni aritmetiche e schematismi visivi per rendere chiari rapporti e proporzioni, assume subito una significativa vivacit la critica di Aristosseno verso coloro che si affidano, in questo genere di problemi, ad un marchingegno dellocchio. Quando si parla di intervalli non si possono adoperare frasi che si soliti adoperare per i diagrammi, dicendo ad esempio: sia questa una linea rettilinea. Bisogna restituire alludito limportanza che esso non pu non avere per un materiale cos caratteristicamente rivolto verso lesteriorit sensibile come quello musicale. In questo campo deve essere fatta valere una presa di posizione epistemologica del tutto generale, che ci riporta allaristotelismo di Aristosseno: anzitutto bisogna afferrare bene i fenomeni. Ovunque questo principio risuona nel trattato aristossenico per rivendicare lintervallo sensibile di fronte a quello intelligibile, ma non bisogna pensare che per lui laspetto matematico di queste pratiche fosse un cattivo metodo per studiare lintervallo sotto il profilo del rapporto. La teorizzazione della scienza armonica di Aristosseno risulta inconcepibile in unottica puramente sensualista. Il problema invece un altro: si vuole mettere a fuoco il versante sensibile, quello con cui abbiamo direttamente a che fare da musici autentici, prima ancora che da teorici. Si tratta dunque di interrogare lintervallo con lorecchio. Non appena ci accingiamo a farlo senza pregiudizi, appare subito chiaro che la linea si impone come immagine adeguata dellintervallo cos come appare alla percezione - come immagine! Al concetto pitagorico di diastema Aristosseno vuole dare un significato metaforico. Questo mutamento di grandissima importanza. Adesso ci si pu servire, come elemento rappresentativo dellintervallo, di una linea un segmento considerato nei suoi estremi. Lintervallo ridiventa visibile e, quando poniamo sulla figura del monocordo dei segni di suddivisione, questi potranno essere interpretati proprio come partizioni dellintervallo udito, e non come indicazione di una partizione della corda. Certamente questa differenza di piani non nettamente formulata in Aristosseno - ma essa sembra rappresentare una cornice necessaria della sua teorizzazione. Per confermare e consolidare queste affermazioni e arricchire il quadro generale necessario puntualizzare sulla posizione di Aristosseno. Nella sua concezione lo spazio come riferimento concettuale e immaginativo - diventa centrale insieme ai temi del luogo e del movimento. Il suono non appena viene introdotto richiede lidea del movimento attraverso lo spazio: la voce si muove (dal grave allacuto o dallacuto al grave). I modi di questo movimento sono due: il movimento continuo ed il movimento per intervalli. La voce continua caratterizzata da un movimento che non si arresta in alcun punto e che termina solo nel silenzio; nel secondo caso invece la voce procede da una posizione allaltra, oltrepassando lo spazio che vi fra esse. Nel primo caso si dice che essa parla, nel secondo che essa canta. Cos lintervallo appare alla fantasia della percezione. Lapparire immaginativo di cui si parla pu essere relativo-soggettivo, ed essere privo di un autentico valore conoscitivo. Pu essere mera apparenza. In questo senso Platone stringe insieme fantasia e percezione quando dice: quale sente, ciascuno, una data cosa, tale anche codesta cosa per ciascuno (Teeteto). E non questo certamente il senso dellunione dei due termini in Aristosseno. Qui lapparire detto nellaccezione forte dellevidenza. In molte traduzioni vi una singolare resistenza a rivelare in questo termine fantasia qualcosa che abbia a che vedere con limmaginazione.

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Quanto al tipo di movimento che propriamente canto - e quindi che appartiene alla musica e che viene considerato dalla teoria del melos - va subito notato che Aristosseno pu essere giustamente considerato come un sostenitore della continuit. Caratteristica del linguaggio parlato la notevole difficolt di cogliere unaltezza determinata, poich non vi sono momenti darresto su questa o quella posizione. Nel canto invece si procede da una posizione allaltra oltrepassando lintervallo che vi tra esse. essenziale qui che siano identificate delle posizioni, e dunque che siano dati degli intervalli. Il canto un movimento attraverso intervalli, che rappresentano un qualcosa di limitato da due suoni che non hanno la stessa posizione. Nel passare da un limite allaltro, nota Aristosseno, necessario che la voce nasconda tensioni ed allentamenti, nasconda dunque le possibili note intermedie, per manifestare con chiarezza i limiti dellintervallo come posizioni chiaramente determinate. Implicitamente si raccomanda di evitare i glissandi, e si teorizza una nozione di intervallo come plenum di suoni possibili tra lestremo pi grave e il pi acuto. Affermare che il suono si ferma agli estremi dellintervallo non affatto ovvio; o meglio non lo se tutta la nostra attenzione rivolta sul versante fisico e se proiettiamo su quello fenomenologico lidea del suono come movimento reale del corpo sonoro, ad esempio, come vibrazione. Le spiegazioni fisiche possono seguire la loro strada senza sovrapporsi a questa, ed occorre ricordare che proprio da questa sovrapposizione possono sorgere confusioni e falsi problemi. Allo stesso modo si abbandonata la concezione dellintervallo come rapporto. Con questa presa di posizione non ci si concentra pi sulla grandezza dellintervallo ma sul significato dellintervallo in vista di una funzione. Sistema la parola utilizzata per indicare unorganizzazione di pi intervalli. Si comprende certamente meglio la concezione di Aristosseno dellintervallo se si prende come riferimento esemplare lintervallo di quarta e linterpretazione che egli stesso ne offre, in stretta relazione con la pratica musicale greca. Esso rappresenta anche, al tempo stesso, un caso paradigmatico di sistema. Ai suoi estremi troviamo, in direzione discendente, la mese e lhypate, associate rispettivamente a La e Mi. Questi sono i punti fissi del sistema. Allinterno di questo intervallo, le due posizioni caratterizzate dai nomi lichanos e parhypate non sono esattamente determinate, ma fluttuano entro un ambito piuttosto ampio.

Secondo gli spostamenti effettuati dalla lichanos, la parypate cambia la propria posizione in modo corrispondente. Le differenze tra i generi e le loro possibili sfumature dipendono da questi spostamenti. A noi interessa il fatto che la lichanos possa occupare una qualsiasi posizione allinterno di un certo ambito. Ma se vi sono molte posizioni perch chiamarle con lo stesso nome? Relazionalmente e funzionalmente la lichanos una sola in quanto la nota che segue la mese e che sta prima della parhypate e che determina la differenza dei generi. Il suo luogo rappresentato dalla distanza minima e da quella massima che essa pu prendere dalla mese - dal suo ambito di

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variazione possibile. Dunque, non sono necessari pi nomi per indicare posizioni differenti, se questa differenza introduce solo una variante allinterno della stessa struttura. Certamente Aristosseno cerca di fornire una cornice teorica adeguata alla pratica musicale greca, che non ha bisogno di fissare in modo assoluto queste altezze. dunque possibile un numero illimitato di scelte differenti, nessuna delle quali richiede una qualche fondazione, ma che possono essere giustificate soltanto come scelte di ordine espressivo. In ogni caso Aristosseno prevede regole ben definite per realizzare una buona organizzazione scalare. Come molti altri teorici greci, egli manifesta dubbi e perfino ostilit nei confronti delluso dei piccoli intervalli ed anche intorno alla sonorit dellaulos, capace di realizzare suoni glissandi, e perci uno strumento sospetto e non adatto allinsegnamento della musica. Se Aristosseno accettasse o meno gli intervalli con valori numerici irrazionali, e altri punti della sua teorizzazione, difficilmente potranno uscire dal loro cono dombra. Tornando alle grandezze degli intervalli, quando egli ci dice che per mezzo dellorecchio noi giudichiamo le grandezze, per mezzo dellintelletto ci rendiamo conto del loro valore, difficile pensare che il riferimento allintelletto disgiunto o addirittura contrapposto allesperienza sensibile. Il richiamo allintelletto un richiamo ad una capacit di afferrare i nessi e ampie strutture relazionali a partire dai dati fenomenologici. Ed anche difficile sottovalutare il peso dellaffermazione che la grandezza viene giudicata per mezzo dellorecchio - non si tratta di cosa di poco conto messa a confronto con una concezione monocordista. Con questa affermazione Aristosseno intendeva proprio la possibilit di stabilire uditivamente una misura, di poter comparare anche quantitavamente gli intervalli, di poter stabilire eguaglianze e differenze come evidenze fenomeniche. Se cos stanno le cose, dividere in due o in tre o in quattro il tono non aveva in Aristosseno il senso di dividere in due in tre o in quattro il rapporto aritmetico di 9/8 (ovvero estrarre le radici corrispondenti), ma quello di individuare delle posizioni che allorecchio potessero apparire tali. Su questa base egli formula anche delle valutazioni quantitative ben determinate sulla grandezza degli intervalli. Ma quale validit possono avere simili valutazioni e misurazioni? possibile in generale avanzare la pretesa di misurare gli intervalli in modo puramente uditivo?

Bibliografia Aristosseno, Larmonica, Roma 1954 - traduzione di Rosetta De Rios A. Blis, Aristoxne de Tarente et Aristote: le Trait dharmonique, Klicksieck, Paris 1986 Aldo Brancacci, Aristosseno e lo statuto epistemologico della scienza armonica, in Le scienze ellenistiche, a cura di G. Giannantoni e M. Vegetti, Napoli 1984 Louis Laloy, Aristoxne de Tarente et la musique de lantiquit, Paris 1904 Richard Crocker, Aristoxenus and Greek Mathematics, in Aspects of Medieval and Renaissance Music, New York 1961 Andrew Barker, Music and Perception: A study in Aristoxenus, Journal of Hellenic Studies, 1978

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Fenomenologia dellintervallo Le ultime questioni lasciate aperte ci stimolano ad occuparci di questioni attinenti a una possibile fenomenologia dellintervallo. Ovunque infatti abbiamo implicitamente o esplicitamente presupposto leguaglianza e la differenza di intervalli, la possibilit di valutare la loro grandezza, di stabilire se un intervallo sia maggiore e minore di un altro, e cos via. Ora, considerando lintervallo come rapporto queste nozioni appaiono senzaltro applicabili, sia pure con qualche difficolt e usando qualche via traversa, tenendo conto di un calcolo frazionario relativamente non ancora evoluto. Nelle valutazioni delle grandezze abbiamo subito a che fare con numeri e con calcoli aritmetici. Ma, come confrontare gli intervalli uditi? Qui nessuna risposta troppo ovvia. Un semplice sviluppo melodico descrive un percorso che pu essere seguito solo nella misura in cui siamo in grado di afferrare le altezze dei suoni, le loro relazioni, le durate reciproche, le direzioni di movimento. Tuttavia occorre subito richiamare lattenzione sul fatto che questo afferrare non fa tuttuno con un atto di valutazione esplicita. Tocchiamo qui uno dei problemi di carattere generale di una teoria della percezione fenomenologicamente orientata. Giudicare non la stessa cosa che percepire, anche se il giudizio concerne proprio uno stato di cose percettivo. Nella percezione interviene una sintesi e quindi connessioni relazionali passive. Quando udiamo una melodia ci si presenta in modo del tutto chiaro, ma per rispondere a delle domande che la riguardano si richiede un caratteristico ritorno intenzionale sullappena udito, riattualizzandolo. Solo in questo caso si pu parlare di giudizio vero e proprio. Pu capitare che la domanda ci posta prima dellascolto: d a questa richiesta preventiva viene modificata lintera struttura intenzionale dellascolto: esso non si abbandoner pi al puro decorso temporale, ed al ritenere, che avviene in ogni caso, si associa un trattenere, che precisamente un trattenere per confrontare. In generale nellascolto di un brano musicale eguaglianze e differenze debbono essere udite, e dunque chiaramente afferrate, e non anche giudicate. Un ascolto analitico che non lascia vivere le forme delle sintesi passive cos come si offrono sarebbe un ascolto forzato e rischierebbe di avere conseguenze distruttive sulla capacit di afferrare il movimento musicale. In questo senso le domande intorno alla grandezza degli intervalli possono sembrare parzialmente artificiose. Esse pongono il problema delleffettuazione di giudizi, oltrepassando il piano della semplice percezione. Nellapprendimento della musica queste domande non entrano nemmeno in linea di conto. Infatti non si tratta di apprendere in via preliminare a valutare correttamente la grandezza degli intervalli attribuendo ad essa eventuali valori numerici, ma se mai di imparare a riprodurre correttamente una determinata struttura intervallare che ha carattere fondamentale relativamente ad un determinato linguaggio, ad esempio una scala nel modo maggiore o minore; oppure ad intonare correttamente intervalli significativi, sempre relativamente ad un determinato linguaggio - ad es. una ottava, una quinta, una seconda ecc. - quindi a riconoscere lintervallo nel modo in cui esso suona, nella sua peculiare fisionomia legata ad aspetti qualitativi assai pi che quantitativi; e comunque sempre nel presupposto di un sistema in cui essi occupano una posizione ben determinata. Chiedere di eseguire una quinta cosa assai diversa che chiedere di eseguire un intervallo grande sette semitoni. Cos, se chiedessimo ad un musicista se, quando esegue due note che si trovano ad un intervallo di semitono, sia veramente sicuro che lintervallo eseguito sia grande esattamente la met di un tono, come dovrebbe essere secondo la scala temperata corrente, egli tender probabilmente a ritenere la domanda del tutto fuori luogo, vorrei quasi dire: caratteristica di un non musicista. E certamente in questo egli ha le sue buone ragioni.

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Per comprendere meglio queste ragioni e chiarire meglio la discussione conviene esaminare pi da vicino il problema della valutazione uditiva della grandezza degli intervalli, considerata intanto come uno dei possibili problemi di una fenomenologia dellintervallo. Se consideriamo questo caso [ex. 1] dove gli estremi appartengono a regioni sonore molto differenti potremmo forse dire che ci appaiono uditivamente abbastanza simili in rapporto alla grandezza, ma al primo ascolto difficile dire se siano uguali o eventualmente quale dei due sia maggiore. Ci interessa accertare se esistano condizioni favorevoli in cui il problema della valutazione non si presenti, per cos dire, semplicemente campato in aria. Proviamo allora, mantenendo identiche le grandezze dei due precedenti intervalli, a riportarli luno sullaltro, ad esempio, il secondo sul primo, in modo da far coincidere uno dei suoi estremi [ex. 2]. La situazione ora interamente mutata: il secondo intervallo appare senzaltro come minore del primo. Questo mutamento dovuto al fatto che facendo coincidere lestremo sinistro abbiamo stabilito una condizione di sintesi molto forte tra i due intervalli in modo tale che il secondo sembra essere contenuto nel primo. Forse potremmo arrivare a dire che come se si trattasse dello stesso intervallo, che si tuttavia accorciato. Da un punto di vista oggettivo, questo modo di esprimersi non avrebbe certamente alcun senso, eppure esso tuttaltro che estraneo ad un modo possibile di intendere e quindi di afferrare il contesto percettivo. Negli intervalli vi dunque una situazione tipica dato che, non presentando uno spostamento da luogo a luogo, si presentano in un unico luogo che pu andar restringendosi o allargandosi. Se ora ci chiediamo in quali condizioni potrebbe essere apprezzata uditivamente leguaglianza di due intervalli, conviene stabilire una qualche forma di collegamento. In questo caso [ex. 3] abbiamo sistemato gli intervalli in modo che lestremo destro del precedente coincida con lestremo sinistro del successivo. Avremo la sensazione di un cammino che procede in modo molto regolare. Qui invece [ex. 4] stata spostata una sola nota, e di conseguenza due intervalli successivi luno divenuto pi largo, laltro pi stretto. La differenza fra queste due sequenze risulta nettissima, ma c da chiedersi se sia lecito sulla base di esempi come questi parlare veramente di uneguagl ianza percepita e valutata in modo puramente uditivo. Se diciamo gli intervalli che abbiamo udito sono eguali infatti, intendiamo riferirci allandamento regolare della successione. Sinteticamente questo che abbiamo percepito, e in tutto ci una valutazione quantitativa non entra in linea di conto. Non abbiamo effettuato alcuna misurazione per giudicare eguali gli intervalli interessati. Li abbiamo per considerati in una struttura unitaria che fa da sfondo sul quale ci appare un aspetto, una fisionomia (la regolarit del cammino) alludendo dunque ad una qualit complessiva, alla quale si pu appoggiare un giudizio di eguaglianza, come se fosse una sorta di spiegazione razionale della regolarit percepita del cammino. Il problema propriamente musicale si annuncia con chiarezza gi sul terreno fenomenologico. Anzi a partire proprio da considerazioni fenomenologiche comprendiamo le buone ragioni dei sospetti musicali di fronte alle richieste di giudizi sulle grandezze. Ci che importa sono le relazioni considerate allinterno di un sistema, sono i caratteri che gli intervalli ricevono nel contesto di una struttura pi ampia. Se un intervallo sia la met di un altro una questione che sappiamo come affrontare, essendo legata ad una valutazione di eguaglianza. Si pensi ad una valutazione a occhio di un segmento suddiviso da una sbarretta verticale. Se il segmento non troppo grande, facile notare anche solo un piccolo spostamento della sbarretta verso destra o verso sinistra.

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Nel caso di due suoni, allo stesso modo, ne inseriamo un terzo nel mezzo e quando la suddivisione ci apparir equilibrata avremo diviso in due met lintervallo. Questi problemi di giudizio e valutazione possono anche essere convertiti in problemi di produzione dei casi corrispondenti, ricorrendo a procedure di accordatura. Il tutto sar sempre deciso ad orecchio ovviamente, e restando allinterno del campo fenomenologico n la certezza soggettiva pu essere confermata n il dubbio pu trovare soluzione. La certezza oggettivamente fondata non sta dalla parte del dato, ma dalla parte della sua costruzione, quando questa costruzione una costruzione tecnica - come nel caso dei nostri esempi, che sono stati costruiti al calcolatore. Sappiamo come stanno le cose poich sappiamo che cosa abbiamo voluto fare e cos abbiamo fatto. Finora abbiamo parlato di valutazioni qualitative, ma se abbiamo dato senso alla possibilit di dire che un intervallo maggiore di un altro, sembra ovvio poter chiedere di quanto?; e dunque sembra ovvio che si possa anche realizzare una misurazione, sempre restando nel campo dei dati percepiti. Sappiamo che il nostro semitono la dodicesima parte di un ottava, perch lo abbiamo costruito cos. Possiamo dunque usarlo come unit di misura per indicare la grandezza di qualunque intervallo. Nel nostro sistema musicale il semitono rappresenta un intervallo semplice in quanto essa lunit minima del sistema, e in questo senso una unit indivisa, o meglio assunta come indivisibile. Composti, invece, e in ultima analisi composti di semitoni, tutti gli altri intervalli. Ma qui si fa spazio una certa confusione poich bisogna far distinzione tra ci che vi nel dato attuale e ci che al pi pu essere attribuito ad esso come pura potenzialit pensata. Allora un intervallo composto detto suddiviso perch cos attualmente appare; mentre questo stesso indiviso, anche se possiamo pensarlo come divisibile in pi parti. guardando il contesto a cui lintervallo appartiene che ci chiariamo meglio le idee: se, dopo che un intervallo risuonato allinterno di un brano, esso viene nuovamente ribadito e messo in evidenza, ma questa volta con note intermedie, allora come se lintervallo stesso declinasse la propria partizione. La suddivisione dellintervallo si manifesta nellavvicendamento delle strutture intervallari che debbono essere fatte in modo da rendere la suddivisione concretamente percepita. Inversamente, anche la semplicit di un intervallo deve essere esibita, ad esempio con la sua costante ricorrenza senza note intermedie allinterno del brano: come accade nel caso dellintervallo di terza minore in una melodia pentatonica nettamente delineata. Lintervallo non viene declinato in qualche sua possibile partizione interna ed questo che lo rende semplice. Se ora ci dirigiamo sul versante del pensiero dellintervallo tralasciando quello dellintervallo percepito possiamo fare un ulteriore passo avanti. Per dare senso alla nozione di unit di misura, e di conseguenza del suo riporto sullentit da misurare quando questa evanescente come un intervallo udito, facciamo un esempio. Voglio misurare un intervallo di quarta utilizzando come unit di misura il tono pitagorico: dovr allora duplicare, triplicare, ecc. questo intervallo valutando di volta in volta il risultato ottenuto con lintervallo da misurare. In questo e niente altro consiste loperazione di riporto. Potremo allora dire che la quarta consta di due toni e di un resto inferiore al tono. La misurazione ha solo un sostegno fenomenologico: constatiamo uditivamente che facendo seguire tre toni, questi eccedono lintervallo di quarta. Si noti che qui non intervengono i numeri dei rapporti corrispondenti e nemmeno calcoli su di essi. Tuttavia i numeri entrano attraverso lunit di misura. Quando parliamo di due toni e un resto parliamo del risultato di una misurazione - sia pure inesatta nel senso che lascia un resto. Proponiamo una valutazione quantitativa vera e propria.

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Il tono scelto un intervallo autentico, tuttavia in quanto unit di misura, esso dipende da una nostra scelta in via di principio arbitraria, da una nostra decisione che non ha bisogno di particolari giustificazioni. Il vero senso dellintervallo come unit di conto, e il suo presupporre il pensiero dellintervallo, si comprende dunque meglio se si sottolinea che esso pu anche non essere un intervallo autentico, ma una entit teorica che viene riferita al pensiero astratto dellintervallo come una grandezza esattamente misurabile. In effetti la teoria musicale si spesso avvalsa di questi intervalli. Lintervallo come unit di conto e lintervallo come unit effettivamente interveniente in un sistema musicale sono cose radicalmente differenti. Quando esso vale musicalmente non vale come unit di conto e inversamente. Nellantichit le misure aristosseniche degli intervalli erano obbiettivi polemici privilegiati - a cominciare dallidea di semitono che Aristosseno intendeva letteralmente come met di un tono. Questa possibilit era contestata ovviamente dal sostenitore pitagorico dellintervallo come rapporto, non essendoci logos corrispondente alla radice quadrata di 9/8. Secondo le nostre considerazioni, naturalmente Aristosseno avrebbe avuto tutte le sue buone ragioni per controbiettare che una simile negazione era contraria allevidenza della percezione. Il dimezzamento di un intervallo concepita come operazione puramente uditiva possibile relativamente ad intervalli qualsivoglia. In questa direzione si subito orientati dallanalogia con il segmento. Contestata era anche la sua tesi secondo cui la quarta fosse esattamente divisibile in due toni ed in un semitono. NellArmonica, Aristosseno tenta una vera e propria dimostrazione caratteristica per limpiego dellanalogia geometrica, largomentazione logica e una tendenza alla sistemazione razionale attraverso un gusto dimostrativo-deduttivo. Intanto la rappresentazione dellintervallo come segmento suggerisce di argomentare in rapporto allintervallo come si potrebbe argomentare in rapporto ad un segmento, istituendo eguaglianze e differenze. La linea AB rappresenta il plenum potenziale di suoni che vi tra gli estremi e si determinata la posizione di un ditono pi grave di B ed uno pi acuto di A tali che AC=DB, avendo sottratto segmenti di eguale grandezza. Una quarta sotto D si trova il punto E, e vale lo stesso per F cos che EA e BF saranno eguali ad AC e DB. Il punto cruciale della dimostrazione che occorre verificare uditivamente se lintervallo EF una consonanza. A questo punto ci che era unargomentazione puramente geometrica, ha bisogno di un appoggio nella sensibilit. Se EF una consonanza, e ammettiamo che lo sia, essa sar una consonanza di quinta. Ora essendo ED una consonanza di quarta per costruzione, DF ha necessariamente la grandezza di un tono essendo questo definito come differenza quinta e quarta, e ovviamente DB e BF dividono esattamente in due questa grandezza. La conclusione che la quarta AB, da cui avevamo preso le mosse, suddivisa in un ditono AD ed in un semitono DB che la met di un tono.

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Quindi tutto dipende dalla verifica empirica. Lintera procedura deve essere riportata ad operazioni di accordatura per accertare uditivamente gli intervalli consonantici. Lichtfield ha sperimentato su un monocordo ad otto corde tutto ci ed giunto ad un risultato abbastanza prevedibile: le differenze in questione sono cos piccole che talora si ha persino la sensazione di sentire una discreta quinta, soprattutto se nel corso della procedura si accumulano errori anche minimi. Ma compiendo lesperimento in modo molto accurato, non vi dubbio che non si tratta di una quinta giusta, si dovrebbe anzi pervenire ad una vera e propria quinta del lupo! Due esempi ci mostrano rispettivamente il percorso dellaccordatura sino alla quinta ottenuta da Aristosseno che pari a 678 cents [ex. 5] e differisce di un comma di 24 cents rispetto alla quinta giusta di 702 cents [ex. 6]. La dimostrazione viene dunque a cadere sulla base di questa verifica empirica, e non sulla base di calcoli. Per coloro che contestarono la tesi di Aristosseno, invece, questa era gi falsa prima di ogni verifica empirica - per ragioni puramente calcolistiche. Lichtfield conclude da tutto ci che Aristosseno non fosse uno sperimentatore eccelso, se non not il problema, oppure se lo not, non ne tenne in alcun conto nellelaborazione teorica dimostrando un atteggiamento teorico-speculativo poco interessato alle verifiche empiriche. Rileviamo come vi sia una seconda via per lelaborazione di questo problema, che conduce a un risultato molto differente e forse persino meno contestabile. Aristosseno propone infatti una suddivisione della quarta in trentesimi ecco un bellissimo esempio, forse il primo, di unit di misura puramente teorica. Come intervalli pi piccoli del semitono Aristosseno ammette ancora il terzo e il quarto di tono, e ritiene che questultimo fosse lunit minima musicalmente utilizzabile - tutti gli altri intervalli pi piccoli vengono considerati amelodici. Questa proposta di divisione voleva essere un criterio di quantificazione tale da poter rendere conto delle sfumature dei generi, anche aritmeticamente. In base a questa suddivisione il tono determinato in 12/30, il che permette di riflettere sui piccoli intervalli come il terzo di tono (4/30) e il quarto di tono (3/30). Anche qui compaiono piccoli errori di misurazione e il tono in questione pari a 199.2 cents contro i 204 del tono pitagorico. Ma nonostante le definizioni conflittuali di tono nelle due vie percorse, si pu pensare che la parola tono possa avere un impiego preciso. Stando a questa impostazione risulta una conseguenza notevole: lintervallo di quarta risulta suddiviso in modo equalizzato; ma se si volesse tentare di giustificare a partire di qui lidea secondo cui Aristosseno avrebbe anticipato di secoli il temperamento equalizzato dellottava si commetterebbero due errori: anzitutto, la suddivisione equalizzata riguarda qui solo lintervallo di quarta e non si estende allintera ottava; il secondo errore, assai pi grave, sarebbe la confusione tra un fatto che dipende da ragioni squisitamente musicali come il temperamento equalizzato e un problema che riguarda invece la pura e semplice misurazione della grandezza degli intervalli. Bibliografia Annie Blis, Le nuances nel Trattato di Armonica di Aristosseno di Taranto, in De Musica, Internet, Anno III (1999) Malcolm Lichtfield, Aristoxenus and empiricism. A reevaluation based on his Theories, Journal of Music Theory, 1988, n.32 R.P. Winnington-Ingram, Aristoxenus and the Intervals of Greek Music, Classical Quarterly, 1932, n. 26

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Matematica dellintervallo Come abbiamo visto il numero entra nelle considerazioni intervallari attraverso la lunghezza delle corde. E cos il rapporto tra numeri come rapporto tra queste lunghezze. Abbiamo anche notato che, nella teoria greca, il rapporto numerico non si incontra con la teoria fisica - questo incontro molto tardo e diventa possibile solo quando la teoria fisica giunta ad un grado sufficientemente avanzato di evoluzione e la nozione di frequenza pu essere concettualmente formulata con chiarezza e dominata praticamente per gli scopi sperimentali. Quando ci avviene, il numero conta le oscillazioni del corpo sonoro - e si invertono le direzioni: a numero maggiore corrisponde suono pi acuto, a numero minore suono pi grave, mentre in precedenza a lunghezza maggiore suono pi grave, a lunghezza minore suono pi acuto. Ma per quanto riguarda la grandezza degli intervalli essa sempre misurata dai rapporti, ora precisamente dai rapporti tra le frequenze che, per quanto riguarda gli intervalli consonanti, ci riportano alle proporzioni pitagoriche alle quali dnno una definitiva conferma. Cosicch lottava pi acuta di un la pari a 440 Hz sar pari a 880 Hz, ecc. Infatti ogni numero deve trovarsi con il precedente nel rapporto di 2:1. La quinta allacuto dello stesso la sar pari a 660 Hz essendo 660/440 = 3/2 ecc. In generale si otterr una successione di intervalli eguali mantenendo per ogni elemento della successione il rapporto caratteristico dellintervallo con lelemento immediatamente precedente. Quando il rapporto tra elementi successivi di una successione resta costante, la successione per definizione una successione (o progressione) geometrica. Poich la particolarit dei casi priva di interesse, possiamo prescindere dal numero di frequenza iniziale, sostituendo ad essa il puro rapporto intervallare. Cos per un ciclo di ottave si avr la successione 2 4 8 16 32 .......... Notiamo allora subito che ogni elemento di una simile progressione pu essere interpretato sia come derivato dallelemento precedente con una operazione di raddoppio sia come risultato dellelevazione della ragione della progressione (il rapporto costante, in questo caso pari a 2) alla potenza del suo numero di posizione.

In generale: la formula generatrice di una progressione geometrica sar dunque rappresentata da una funzione esponenziale di forma essendo R la ragione e x una variabile che varia sullinsieme dei numeri naturali. Per ottenere un ciclo di ottave a partire da una determinata frequenza, si moltiplicher tale frequenza per ciascun elemento della successione . Cos per ogni altro intervallo. Ora, per capire cosa significa suddividere o moltiplicare un intervallo e cosa sommare un intervallo allaltro o far la differenza tra essi, dobbiamo effettuare dei calcoli. Se il raddoppio di un intervallo pari a , per ottenere la sua suddivisione faremo loperazione inversa, estraendo la radice corrispondente. Molte di queste espressioni non hanno un significato matematico diretto cio non si riferiscono alle operazioni su numeri - in quanto si riferiscono proprio agli intervalli, mentre non avrebbe senso parlare di estrazione di radice facendo riferimento ad un intervallo se non indirettamente, dal momento che si tratta piuttosto di unoperazione compiuta sul numero

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caratteristico del rapporto intervallare. Ci mostra come sia importante mantenere ferma la differenza tra il versante fenomenologico e il versante matematico, e nello stesso tempo correlarli correttamente. Come abbiamo visto, nella considerazione dellintervallo come logos il problema di una linearizzazione dellintervallo sotto il profilo calcolistico si era imposto al fine di superare la difficolt dei calcoli frazionari e per condurre agevolmente dei confronti. Questo stesso problema si posto anche in tempi moderni nellaffinamento dei metodi di calcolo e in particolare dallintroduzione del concetto di logaritmo. Il punto di approdo rappresentato dalla proposta da parte di Ellis nel 1884 dellunit di misura che egli chiam cent e che si andata imponendo anche rispetto ad altre alternative, concettualmente analoghe, come il savart. Una discussione come questa che ha voluto mettere al centro dellattenzione lidea dellintervallo come percorso lineare da un punto ad un altro punto e lidea di intervallo come rapporto pu concludersi proprio nella considerazione del cent come unit di misura delle grandezze intervallari. Il cent la centesima parte del semitono temperato e dunque la milleduecentesima parte dellottava. Questunit presuppone la concezione lineare dellintervallo, ignorandolo totalmente come logos. La met dellottava risulterebbe essere pari a 600 cents, cos come un tono temperato a 200 cents ed una quinta temperata a 700 cents. In realt questo sar il risultato finale, ma esso viene conseguito collegando strettamente questa misura lineare allidea dellintervallo come rapporto. Il modo di questa connessione concettualmente piuttosto semplice. Anzitutto siamo in grado calcolare la milleduecentesima parte dellottava intesa come rapporto 2/1, considerando cos il cent non solo come unit di misura teorica, ma anche come riconducibile calcolisticamente allintervallo inteso come rapporto aritmetico. Sapendo infatti che per ottenere il rapporto delln_esima parte di un intervallo I, si dovr fare la radice n_esima di I, essendo I = 2, il numero cercato sar pari a

Ora, questo numero, come ogni altro numero caratteristico di un intervallo, pu essere assunto come base di una funzione esponenziale e dunque come elemento generatore della progressione geometrica corrispondente. Nella centesima posizione di questa progressione troveremo il numero che anche il numero caratteristico dellintervallo del semitono temperato. Il numero corrispondente ai cents compare in esponente al numero K, cos si pu ottenere qualunque intervallo possibile allinterno dellottava (o superiore superando i 1200). Conosciuto invece il rapporto, per trovare questo esponente useremo proprio il logaritmo, definito come il numero che deve essere dato in esponente alla base K per ottenere lintervallo in cents: . Naturalmente si useranno per lo pi le cifre arrotondate quando non necessaria una precisione maggiore. Poich con i cents abbiamo a che fare con gli esponenti degli elementi di una progressione geometrica, che sono a loro volta in progressione aritmetica, potremo sommare, dividere, moltiplicare intervalli nel senso aritmetico consueto del termine, ed ogni intervallo sar immediatamente confrontabile con laltro per quanto riguarda la sua grandezza. In certo senso, dunque, con i cents ritorniamo allintervallo linearmente inteso. Lintroduzione del cents ha avuto un notevole effetto liberatorio per quanto riguarda lo studio dellintervallistica musicale venendo a cadere proprio in un periodo in cui la musicologia europea si

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apriva alle civilt musicali extraeuropee e si diffondeva la consapevolezza della necessit di evitare di appiattire le variet scalari sui modelli di tradizione europea. Il cent naturalmente viene costruito non solo con riferimento allottava ma anche al temperamento equalizzato - il nome stesso rimanda al semitono temperato. Ma ci non implica nessun pregiudizio nel suo impiego - trattandosi se mai di una semplificazione in pi in quanto consente di stabilire confronti immediati con intervalli del sistema temperato. Per concludere: abbiamo voluto indugiare in una spiegazione del problema anche perch sullintera questione si forse speculato pi del dovuto. C chi ha sostenuto che essendo lintervallo per la percezione una grandezza che si somma, divide, ecc., allora la percezione stessa lavora con i logaritmi, quasi che avessimo nella nostra testa delle tavole pronte alla consultazione o che di volta in volta nellascolto dei suoni e dei rapporti intervallari si effettuassero calcoli diretti, a quanto sembra, piuttosto complicati. Talvolta si arrivati ad affermare che gli intervalli con rapporti irrazionali sono pi difficili da afferrare proprio per la difficolt dei calcoli da effettuare che finiscono con laffaticare la mente. Posizioni come queste sono solo il frutto di uningenua epistemologia. Il sommare e il dividere intervalli sul piano fenomenologico non implicano nessuna operazione aritmetica vera e propria, cosicch non ha nessun senso assumere che nella percezione degli intervalli vi sia una trasformazione calcolistica da una progressione geometrica ad una progressione aritmetica. Il logaritmo c solo quando viene effettivamente impiegato nei nostri calcoli. Esso , in particolare, il mezzo essenziale per introdurre una unit di misura come il cent che si affaccia su entrambi i versanti: anzitutto rimanda ad una concezione lineare dellintervallo che rispecchia il dato fenomenologico. Come abbiamo notato or ora, si potrebbe introdurre il cent come unit teorica minima di suddivisione dellottava esattamente come nel caso del trentesimo di quarta di Aristosseno. Si assume un intervallo percepito lottava, nel nostro caso - e lo si pensa come suddiviso in milleduecento parti. Il milleduecentesimo di ottava non solo non ha alcuna realt musicale, ma nemmeno una qualche consistenza percettiva. Ci non toglie che possa assolvere, anche concepito in questo modo, una certa funzione quantificatrice. Se parliamo di un intervallo di 80 cents, posso almeno farmi unidea della sua grandezza, e questo non in forza di calcoli, ma dal fatto che 100 cents ha ricevuto un significato intuitivo essendo una quantificazione del semitono temperato a noi uditivamente ben noto. Analogamente se parlo di 704 cents oppure di 1150 cents - i numeri insegnano subito qualcosa intorno alla grandezza dellintervallo, anche se unidea concreta della grandezza pu essere suggerita solo dal riferimento ad intervalli che hanno per me un significato uditivo specifico, come la quinta o lottava. Ma soprattutto il cent, come misura costruita calcolisticamente a partire dal rapporto, diventa il tramite che introduce al terreno in cui il suono anzitutto frequenza e lintervallo rapporto tra frequenze, che anche il terreno di quei calcoli che sono necessari se vogliamo non solo contemplare il fenomeno, ma anche conoscerlo e costruirlo.

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Parte III
Il tritono Per tritono si intende un intervallo di 3 toni, di quarta eccedente o quinta diminuita, formato dalla sensibile tonale (7 grado) e dalla sensibile modale (4 grado). La sensibile modale era anche detta controsensibile e si avvale di questa qualit proprio quando combinata assieme al 7 grado. Si dice modale perch scendendo determina il modo della tonalit: maggiore se scender di un semitono e minore se scender di un tono; controsensibile perch nella risoluzione obbligata a scendere, contrariamente alla sensibile che costretta a salire. Questo intervallo una delle maggiori dissonanze della scala diatonica, e il pi ricco di forze risolventi. Per la singolarit del suo effetto melodico fu considerato da evitare nella musica medievale, e fu definito diabolus in musica. Il paradosso del tritono un fenomeno studiato dalla psicologa Diana Deutsch nel 1986. Consiste nell'emissione di due note che distano di un tritono equivalente a mezza ottava. Questa ripetizione ciclica inganna l'orecchio anche di musicisti esperti che non riconoscono se la sequenza ascendente o discendente. Accordo di Settima di dominante L'accordo di settima di prima specie anche chiamato settima di dominante. l'accordo costruito sul quinto grado di una scala diatonica; molto importante nella musica tonale, poich genera una forte attrazione verso la tonica della tonalit di partenza. Nello stato fondamentale composto da una terza maggiore, una quinta giusta e una settima minore. La settima di dominante esprime perci una sonorit ricca di tensione, che trova nell'accordo di tonica la sua naturale risoluzione. Nella risoluzione la terza e la settima sono dunque obbligate, lunica nota libera la quinta che solitamente preferibile far scendere. Nel caso si voglia usare un raddoppio lunico possibile quello di ottava, che nella risoluzione rimarr legata, ottenendo cos un accordo incompleto. Si noti che utilizzando questultimo si otterr sul I grado un accordo completo; mentre utilizzando quello completo, laccordo di tonica sar incompleto, ed per questo motivo che raramente si utilizza alla fine, mentre pu andar bene nella cadenza dinganno. Ma vi ancora una risoluzione che permette di avere entrambi gli accordi completi: la risoluzione di Bach. La sensibile, solo se si trova in parti medie, pu scendere di terza, a condizione che vada per moto contrario col basso. Questaccordo ha ancora unultima caratteristica importante. Nellambito del sistema tonale, laccordo di settima di sensibile lunico che ci permette di aver chiarezza sulla tonalit dimpianto. Gli altri accordi infatti, maggiori o minori sono contenuti anche nelle tonalit vicine, e lo stesso vale per gli altri accordi di settima e diminuiti, che possono risiedere su pi di un grado della scala. Nell'armonizzazione della scala minore melodica jazz ritroviamo l'accordo di settima non solo sul quinto grado (dove normalmente si trova), bens anche sul quarto grado di questa scala, costituendo un'eccezione alla regola.

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Sostituzione del tritono Nella musica jazz la sostituzione di tritono consiste nel sostituire, normalmente nell'ambito di una progressione II-V-I, un accordo di settima di dominante con un altro accordo di settima avente la tonica distante tre toni dalla tonica dell'accordo precedente. Per esempio in Do maggiore l'accordo di dominante il Sol7, che pu essere sostituito dal suo tritono Re 7. Le ragioni alla base di questa sostituzione sono diverse. La principale sta nell'osservare che i due accordi hanno la stessa terza e settima, ma in ordine inverso (nell'esempio Sol-Si-Re-Fa e Re -FaLa -Si) e il terzo e il settimo grado di un accordo sono considerati molto caratterizzanti. La fondamentale e la quinta nell'accordo sostituito (nell'esempio, Sol e Re) sono rispettivamente la quarta aumentata e la nona minore dell'accordo di rimpiazzo, e la stessa relazione, vale per la fondamentale e la quinta di quest'ultimo rispetto al precedente. La sostituzione nella cellula II-V-I permette al basso di eseguire la progressione Re-Re -Do ad intervalli discendenti di un semitono, che molto comune. Questa sostituzione diventata cos frequente nel jazz moderno che viene spesso effettuata anche su accordi di dominante che non compaiono nel contesto di una progressione II-V-I. Accordo di Settima diminuita Questaccordo ricavato dallaccordo di nona minore, al quale viene soppressa la fondamentale. Lo troviamo sul VII grado del modo minore e sul quarto aumentato di entrambi i modi. Pu trovarsi anche sul VII grado del modo maggiore in virt della scala maggiore armonica. La settima dellaccordo pu anche essere posta sotto la sensibile senza dover conservare la distanza di settima. La terza dellaccordo deve salire, a meno che non si effettui la risoluzione anticipata; oppure nel caso si trovi sopra la sensibile si far scendere, evitando cos le due quinte consecutive. La particolarit di questaccordo risiede nel fatto che composto da tre terze minori, e dunque ogni rivolto mantiene intatta la successione di questi intervalli. Per questo motivo laccordo utilizzato enarmonicamente per modulare, potendosi scegliere come fondamentale una qualunque delle sue note; basti pensare che formando questaccordo sul Si, Do e Do# abbiamo tre accordi che potenzialmente possono farci modulare in una tonalit qualsiasi delle 24 esistenti. Fu largamente impiegato per questo motivo in et tardo romantica.

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