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Gli Intervalli
L'intervallo musicale è la differenza di altezza che c'è fra due suoni vicini (puoi
ascoltare nell'esempio musicale n. 01 quanto scritto nell'esempio scritto qui
sotto) o tra due suoni sovrapposti:
es. 2
In base a quanti suoni ci sono fra le due note che compongo l'intervallo, questo
può essere più o meno grande: l'intervallo più piccolo è quello composto da
due suoni consecutivi (nell'esempio qui sopra è il primo caso, in cui abbiamo
DO-RE che, nella scala, sono due suoni consecutivi o congiunti) ed è l'inter-
vallo di 2° (perché ho due suoni), mentre il più grande, all'interno dell'ottava, è
quello di 8°, appunto, cioè la stessa nota ma a distanza di otto suoni.
Il più piccolo intervallo che trovo tra due suoni congiunti è il semitono, che
corrisponde all'intervallo di seconda minore (DO-REb, tanto per capirci).
Due sono i tipi di semitono che possiamo trovare:
Due semitoni formano un tono, l'intervallo più grande tra due suoni contigui
che corrisponde alla seconda maggiore.
Ho detto però che i suoni possono essere anche sovrapposti: distinguerò quindi
l'intervallo melodico (che è quello visto qui sopra) da quello armonico, come
il seguente esempio tratto dalla sonata per pianoforte op. 53 di Beethoven (a-
scolta l'esempio musicale n. 02):
es. 3
Ogni intervallo ha il suo rivolto, che si ha quando il suono più grave dei due
diventa il più acuto e viceversa: per esempio SOL-SI ha il suo rivolto in SI-SOL,
dove il SOL viene spostato all'ottava superiore e quindi si troverà sopra il SI:
es. 4
Le scale
es. 5
Le note che compongono una scala si chiamano gradi e sono indicati con i nu-
meri romani.
Vediamoli sommariamente in ordine di importanza:
Vediamo ora brevemente altri tipi di scale al di fuori del nostro sistema musica-
le occidentale, chiamato sistema temperato o sistema equabile (le scale
maggiori e minori, infatti, sono proprie di questo sistema musicale) e apparte-
nenti ad altri sistemi diversi, che possono essere formate anche da un numero
diverso di suoni (5, 6 o più) e, ovviamente, con una diversa disposizione di toni
e semitoni.
La scala esatonale
es. 6
Come vedi, dopo il LA# c'è il DO (e la scala ricomincia): bene, pur essendo
LA#-DO un intervallo di terza, comunque tra i due suoni c'è un tono di distanza
(LA#-SI – semitono – SI-DO – semitono).
Questo stesso intervallo di terza lo ritroviamo anche nella scala che, ad esem-
pio, comincia dal DO#:
es. 7
In questo caso lo troviamo fra il RE# e il FA, ma anche qui l'intervallo risultan-
te sarà di un tono: RE#-MI è un semitono e MI-FA un altro semitono.
Questa scala è chiamata anche scala di Debussy perché proprio Debussy,
compositore francese dell'inizio del '900, la usò abbondantemente nelle sue
composizioni.
La scala pentatonica
es. 8
es. 9
es. 10
Vediamo che c'è una forte somiglianza tra le due scale, come se nella pentato-
nica fossero stati tolti il IV e il VII grado (cioè il FA e il SI), proprio quelle due
note che ci permettono di avere intervalli di semitono nella scala maggiore!
Anche nelle scale pentatoniche troviamo la scala maggiore, che è quella che
abbiamo visto qui sopra, e la scala minore, relativa alla maggiore.
Se prendiamo la pentatonica maggiore di DO, la relativa pentatonica minore a-
vrà le stesse note della maggiore e sarà costruita a partire dal LA (ascolta l'e-
sempio musicale n. 10):
es. 11
Anche qui, come puoi vedere, mancano le note che nella scala minore naturale
servono a formare gli intervalli di semitono: il SI e il FA, che sono rispettiva-
mente il II e il VI grado.
La scala blues
La scala blues non è altro che una pentatonica a cui sono state aggiunte alcune
note alterate (ascolta l'esempio musicale n. 11):
es. 12
Come puoi vedere, rispetto alla scala di DO maggiore qua manca il RE, il LA e il
SI mentre troviamo il MIb, il FA# o SOLb e il SIb, note caratteristiche che ren-
dono la tonalità non ben definita tra modo maggiore e minore.
Queste note alterate sono le famose blue note, tipiche del blues, che, creando
questo indefinitezza tonale e modale, esprimono tutta la malinconia tipica della
musica blues.
Gli accordi
L'accordo non è altro che la riproduzione simultanea di tre o più note (per l'in-
tervallo si parla di DUE note, per l'accordo devono essere TRE O PIU') e queste
note saranno lette dal basso verso l'alto, quindi dal suono più grave a quello
più acuto.
Abbiamo una prima classificazione degli accordi in base a quante note lo for-
mano.
L'accordo più semplice sarà quello formato da tre suoni, che viene chiamato
triade.
Il suono più basso della triade si chiama fondamentale e dà il nome all'intero
accordo (fondamentale è anche il nome dato alla prima nota della scala, al I
grado); ad esempio, se ho un accordo formato dalle note sovrapposte di SOL-
SI-RE, dirò che ho una triade di SOL, poiché questo è il suono più basso:
es. 13
Gli altri due suoni, nel nostro esempio SI e RE, vengono chiamati, rispettiva-
mente, 3° e 5° dell'accordo, in quanto distano dal SOL, cioè dalla fondamenta-
le, rispettivamente una 3° (SOL-SI è infatti un intervallo di 3°) e una 5° (SOL-
RE è un intervallo di 5°).
Le note che formano un accordo non devono PER FORZA essere a distanza di
3° l'una dall'altra: infatti nell'esempio qui sotto vedi che sono molto distanziate
l'una dall'altra, a differenza invece dell'esempio messo qui sopra, ma l'accordo
è sempre quello di SOL:
es. 14
Nel caso in cui le note sono disposte a distanza di 3° l'una dall'altra, diciamo
che l'accordo è a parti strette, nel caso, invece, siano disposte più distanziate
(come qui sopra), si dice che l'accordo è a parti late e questo sarà il modo in
cui useremo, prevalentemente, gli accordi in questo corso.
Un'altra cosa da notare in un accordo è questa: se, ad esempio, suoni la chitar-
ra, vedi che questa ha sei corde, mentre l'accordo che sto esaminando ha tre
suoni: in questo caso alcuni suoni dell'accordo vengono ripetuti.
L'accordo di SOL maggiore suonato con la chitarra è formato da queste note,
che ora sono sei:
es. 15
Come vedi il mio accordo è formato da tre SOL, due SI e un RE; abbiamo quin-
di dei raddoppi (così si chiamano le note ripetute più di una volta) e anche di
questo ci occuperemo in questo corso.
Bene, torniamo alla nostra triade.
Come per gli intervalli, anche per gli accordi ho diversi tipi di accordo a secon-
da degli intervalli che li formano.
L'accordo maggiore ha la terza è maggiore: nell'esempio dell'accordo qui so-
pra SOL-SI-RE, l'intervallo SOL-SI è una 3° maggiore, pertanto l'accordo sarà
di SOL maggiore, mentre l'accordo minore ha l'intervallo di terza minore.
La 5° dell'accordo resta sempre uguale, in entrambi i casi, e sarà sempre una
quinta giusta.
Proprio questa nota, invece, sarà importante per la formazione di altri due tipi
di triadi:
la triade aumentata (chiamata da qualcuno anche eccedente) formata
da una 3° maggiore e da una 5° aumentata o eccedente:
es. 16
es. 17
Possiamo trovare l'accordo in tre forme diverse in base alla nota che trovo nel-
la parte più grave: infatti non sempre trovo la fondamentale come base dell'ac-
cordo.
Quando questo succede allora ho un accordo allo stato fondamentale.
Se invece trovo una delle altre due note, allora ho un accordo allo stato di ri-
volto: più precisamente al I rivolto se ho la 3° come nota più grave e al II ri-
volto se ho la 5°:
es. 18
La nota più grave dell'accordo, qualunque essa sia, si chiama basso d'armo-
nia o anche nota del basso e l'uso dei rivolti (in particolare il I) sono molto u-
tili per creare una linea di basso piuttosto melodica.
Alla triade io posso sovrapporre altri suoni e formare così nuovi accordi: l'im-
portante è che le nuove note siano a distanza di 3° (non importa se maggiore
o minore) dalla nota più acuta:
es. 19
ti starai chiedendo.
Semplicemente perché:
la 7°, la 9°, l'11° e la 13° è la distanza che c'è tra il SOL e la nota
più acuta dell'accordo.
Infatti tra il SOL e il FA del primo accordo ho un intervallo di 7°, tra il SOL e il
LA superiore ho un intervallo di 9°, tra il SOL e il DO ho un intervallo di 11° e
tra il SOL e il MI ho un intervallo di 13°.
Anche qui avrò tante classificazioni diverse a seconda del tipo di intervallo che
si forma (maggiore, minore, aumentato, diminuito, ecc ecc) e approfondiremo
in seguito questi accordi.
L'accordo di 4 suoni è chiamato quadriade, mentre per gli altri di solito si usa
chiamarli con il numero di suoni che li compongono, quindi accordi di 5 suoni
(qualcuno li chiama quintiadi), accordi di 6 suoni e accordi di 7 suoni.
Più note si aggiungono e più, come puoi ben immaginare, gli accordi si colora-
no al punto che alcuni, soprattutto quelli di 5 e 6 suoni, sono più utilizzati nel
jazz e nel blues che nell'armonia cosiddetta tonale e potrò formare accordi
consonanti e accordi dissonanti.
Ti dicevo prima, a proposito degli intervalli dissonanti, che hanno una loro riso-
luzione: lo stesso avviene con gli accordi.
Gli accordi dissonanti avranno bisogno di appoggiarsi, e quindi di risolvere, su
un accordo consonante successivo, a meno che, come nel jazz, l'accordo disso-
nante sia usato più per il suo colore che per la funzione armonica.