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Psicologia della Musica

1.2. Psicologia della Musica

1.2.1. Esperienza prenatale

1.2.2. Risposte fisiologiche alla stimolazione musicale

1.2.3. Percezione musicale

1.2.4. Sensoriale vs cognitivo

Abbiamo appena visto che la musica è una pratica importante sia per l’uomo, a cui migliora l’umore nella
vita quotidiana, sia per la società, in quanto incentiva l’aggregazione e la cooperazione. Di ipotetica natura
pre-linguistica e condividendo numerose caratteristiche con il linguaggio, essa sembra essersi così radicata,
che molte delle metafore e dei termini utilizzati nella teoria musicale vengono mutuati dal dominio
linguistico.

Nel Novecento, con la nascita della psicologia sperimentale, la curiosità di comprendere i meccanismi fisici
e cognitivi che sottostanno alla musica ha stimolato l’avvio di numerose ricerche. In queste prime due
sottosezioni affronteremo questioni di carattere fisiologico: in un primo momento verrà toccato
l’argomento sull’ascolto pre-natale, in un secondo momento si riassumeranno alcuni studi che hanno
esplorato l’effetto della musica a livello somatico. Nelle successive due sezioni si esporranno alcune
ricerche e teorie in ambito cognitivo: verrà presentato il modello di percezione musicale e verrà
approfondito il problema della percezione della musica a livello sia sensoriale che cognitivo.

1.2.1. Esperienza prenatale

Colpito dalle “Madonne con bambino” che pervadono la storia dell’arte occidentale e dal fatto che quattro
bambini su cinque vengono tenuti dalla Madonna sul lato sinistro, Salk (1973) intraprende uno studio per
esplorare il ruolo che ha il battito cardiaco nei rapporti tra madre e figlio. La nascita corrisponde
all’esposizione del neonato a un ambiente sonoro completamente sconosciuto, pertanto la madre lo tiene
sul lato sinistro per avvicinarlo al cuore, esponendolo in tal modo a una fonte sonora (ritmica) familiare.
L’autore arriva alla conclusione che più una cultura è primitiva, più il ritmo della musica prodotta da quella
cultura si avvicina al suono del cuore. Con un ulteriore esperimento, egli sottopone un gruppo di neonati al
suono del battito cardiaco a 72 bpm27 (cioè quello standard per un adulto) e un altro gruppo allo stesso
suono ma velocizzato a 128 bpm: il gruppo sottoposto al battito velocizzato dimostrava un significativo
aumento del pianto e dell’irrequietezza. L’autore conclude che i neonati preferiscono i ritmi che richiamano
il battito del cuore della madre28 e suggerisce che probabilmente l’esperienza intra-uterina è fondamentale
nel formare la nostra struttura percettiva.
Sull’esperienza intra-uterina hanno riflettuto anche Lerdahl e Jackendoff (1983a) ipotizzando che la
percezione del ritmo viene condizionata dalla posizione asimmetrica del feto in quanto, data la vicinanza di
questo a una gamba della madre piuttosto che a un’altra, mentre ella cammina, il feto sentirà un passo più
forte dell’altro; è probabile secondo gli autori, che l’uomo formi la propria struttura percettiva grazie a
questa esperienza29. Parncutt (1989) osserva che nel nostro sistema musicale occidentale vi è la tendenza
a far procedere il basso quasi sempre sul tempo forte, con movimenti regolari, quasi mai di carattere
virtuosistico. La melodia dal canto suo, si muove prevalentemente sul tempo debole, è più ornata e
soprattutto meno regolare. Anche questo fenomeno viene spiegato dalla vita intra-uterina: il camminare
della madre e il battito del cuore sono per il feto i suoni gravi e regolari, la voce invece corrisponde ai suoni
più acuti (ovviamente nei limiti della conducibilità attraverso i liquidi) e molto meno regolari.

Révész (1953), nell’analogia tra melodia e parlato, fa notare che il parlato viene spesso interrotto dalla
respirazione; al contrario non è necessario interrompere l’atto di camminare per respirare, per questo è più
regolare. L’analogia con il parlato si osserva in due situazioni: nella melodia si assiste spesso a delle pause
molto simili a quelle del parlato, benché queste melodie non siano eseguite da strumenti a fiato.
Continuando, la tipica forma ad arco della melodia richiama il ritmo della respirazione con ascese e discese
paragonabili all’inspirazione ed espirazione; assomiglia inoltre, nelle sue varie forme, alla prosodia del
parlato.

Riguardo al ritmo, la musica può fare da tramite tra la realtà esterna e la realtà interna all’individuo. Lo
stato di trance, esperito nei suoni di tamburi di popolazioni primitive o certe musiche occidentali quali la
techno, richiama sostanzialmente l’esperienza che il bambino fa con la madre prima e subito dopo la
nascita (Mancia 1998). La musica è collegata ai «suoni primordiali» della vita pre-natale: essa contiene
suoni simili in molti modi a quelli ascoltati nell’esperienza prenatale (Grimaldi 1993). Questo spiega il suo
ampio utilizzo a scopo terapeutico: può ridurre il battito cardiaco, la pressione, ma soprattutto può alleviare
problemi di carattere psicosomatico (Hanser 1985).

1.2.2. Risposte fisiologiche alla stimolazione musicale

Nel celebre Istitutioni harmoniche, Zarlino (1558), riferendosi alle caratteristiche musicali che inducono
l’uomo ad esperire diverse passioni, afferma che oltre all’armonia, al metro e al parlare ci deve essere
un’altra caratteristica, non legata all’oggetto ma al soggetto che deve essere «ben disposto, [e] atto a
ricevere alcuna passione». Vediamo che già nel XVI secolo la questione musicale iniziava ad orientarsi verso
il soggetto.

In un pionieristico studio, Ferrari (1896) riporta il caso di una signora il cui battito cardiaco si era
sincronizzato con il ritmo della musica di una mazurca. Nello stesso periodo è stato trovato che in un
ascolto musicale attento, il ritmo del polso e della respirazione accelerano, mentre in un ascolto disattento
rallentano; si aggiunge il fatto che la consonanza, rispetto alla dissonanza, produce un rallentamento del
battito cardiaco (Mentz 1897) e che i passaggi in modo maggiore accelerano il respiro rispetto a quelli in
minore (Foster e Gamble 1906).

Fraisse e collaboratori (1953) studiano le reazioni muscolari in risposta a musiche di differente carattere
ritmico: l’effetto dinamico della musica è proporzionale al grado di ritmicità della stessa e inversamente
proporzionale alla complessità ritmica30; inoltre si riscontra che i musicisti rispetto ai non-musicisti
sembrano essere più sensibili all’effetto dinamico della musica (Oleron e Euric Silver 1963).

Zimny e Weidenfeller (1963) misurano il riflesso psicogalvanico31 durante l’ascolto di musiche differenti:
l’ultimo movimento della sinfonia Dal nuovo mondo di Dvorak, Les Sylphides su musica di Chopin e la
celebre Aria sulla quarta corda di Bach, rispettivamente considerate da un campione di persone come
eccitante, neutrale e calmo. I risultati hanno mostrato un significativo aumento dello stato emotivo per il
brano considerato eccitante. Una musica veloce ed eccitante come La Gaité Parisienne di Offenbach
piuttosto che una lenta e calma come l’Aria sulla quarta corda di Bach inducono bambini di 5-6 anni ad
incrementare l’attività ludica (Rieber 1965). Sempre sulla distinzione tra ritmo lento e veloce, l’italiano
Pisani con la sua equipe (1969) trovano per mezzo dell’elettromiografia32 che la musica lenta riduce la
durata della contrazione elettrica muscolare.

Infine, ritornando alla dichiarazione di Zarlino, attraverso la misurazione degli indici del sistema nervoso
autonomo33, Harrer e Harrer (1979) hanno riscontrato che è determinante l’importanza che la musica
assume per il soggetto, ma soprattutto il modo in cui si fruisce. In altri termini, un ascolto critico, come può
essere quello dei musicisti, fornisce risposte fisiologiche diverse da un ascolto in cui ci si lascia pervadere,
tipico dei non-musicisti. Una musica di danza, concludono gli autori, produce maggiori risposte motorie
rispetto ad altri generi; tutte queste risposte dipendono da sesso, costituzione ed età, come pure fattori
temporanei quali alcool e fatica.

1.2.3. Percezione musicale

Il nostro sistema cognitivo può essere immaginato come un computer nel quale ogni componente ha una
sua funzione ed interagisce con gli altri. Alla base in ingresso, vi sono i dati che giungono dal mondo esterno
attraverso i sensi che, tramite livelli progressivamente più alti di elaborazione, arrivano al magazzino delle
nostre conoscenze. Il percorso di elaborazione dell’informazione perciò viene diviso in processi di basso e
alto livello: nei primi stadi vi sarà una precedenza ad elaborare lo stimolo per “quello che è” cioè sulle sue
caratteristiche fisiche, successivamente per “quello che sappiamo” di esso confrontandolo con la nostra
esperienza immagazzinata nella memoria e quindi il significato.

Allo stesso modo, possiamo immaginare la percezione acustica/musicale come il percorso


dell’informazione sonora che dagli organi di senso (orecchie) giunge, attraverso zone intermedie di
elaborazione, a quelle esterne di astrazione. In questo percorso le vibrazioni acustiche sono tradotte
dapprima in impulsi elettrochimici, successivamente in “eventi”, cioè rappresentazioni cognitive della scena
uditiva (Koelsch e Siebel 2005).

Come affermano nell’ambito delle neuroscienze Peretz e Coltheart (2003), l’elaborazione cognitiva della
musica non è un’entità monolitica, piuttosto, è un’architettura divisa in più parti, in cui ognuna di queste è
specializzata nel suo compito. Lo spettro acustico che giunge alle nostre orecchie, cioè un insieme di suoni
generati da diverse fonti, viene in un primo momento analizzato negli attributi acustici come altezza,
intensità e timbro, in un secondo momento viene elaborato, attraverso principi che permettono di
aggregare o segmentare gli elementi del campo percettivo estraendone le relazioni e dar loro significato34,
in quei processi di raggruppamento e di segregazione che involvono melodia, ritmo e timbro (Deutsch
1999a). In un terzo momento, si compiono quelle operazioni di astrazione che riguardano la sintassi
musicale (Deutsch 1999b). Queste regole agiscono seguendo diversi indizi che sono influenzati dalla nostra
esperienza (McAdams 1996). La nostra esperienza – o come la chiamano Koelsch e Siebel (2005) il
significato – interagisce con ogni livello di analisi, ma soprattutto con l’emozione, dunque questa è presente
in ogni stadio percettivo.

1.2.4. Sensoriale vs cognitivo

Argomento molto dibattuto nella psicologia della musica è la discussione tra innato/acquisito o meglio
l’inquadramento delle componenti musicali in sensoriali e cognitive. Con sensoriale si intende una
componente musicale elaborata nei primi stadi della percezione uditiva, con cognitiva invece quelle
caratteristiche legate alla cultura35. Per esempio DeWitt e Crowder (1987) associano al sensoriale le teorie
musicali razionali che si basano sulle leggi della natura (come rapporti di frequenza semplici e serie
armonica) al cognitivo le teorie empiriche basate sul contesto e sull’apprendimento (come ad esempio il
contesto tonale). Per Parncutt (1989) le componenti sensoriali sono quelle legate al nostro sistema nervoso
e al nostro sistema sensoriale, sono dunque innate e universali (soglie uditive, discriminazioni di altezza,
spazialità, timbro); le componenti cognitive sono quelle acquisite attraverso la familiarità con le regolarità
dell’ambiente umano, subentra la memoria semantica e dunque si parla di culturale (aspettative musicali,
consonanza). I due approcci, che in letteratura non sono perfettamente delineati, si distinguono tra
psicoacustico e cognitivo; entrambi concorrono all’analisi e alla comprensione dell’ambiente
uditivo/musicale36 in un singolo sistema integrato (Gibson 1966; 1979).

A differenza del linguaggio parlato, la componente sensoriale nella musica sembra essere maggiormente
coinvolta37 in quanto solitamente accordi in relazione armonica condividono porzioni di spettro armonico
(Bharucha e Stoeckig 1987; Parncutt 1989), tuttavia dagli anni ottanta si sono avviate una serie di ricerche
con il fine di rintracciare nella musica la componente cognitiva perciò culturale. Il primo studio che cerca di
confermare tale ipotesi è un illuminante esperimento condotto da Bharucha e Stoeckig (1987) sul priming
armonico. Il priming armonico misura l’aspettativa musicale attraverso tempi di risposta forniti da soggetti
su dei target che corrispondono ad accordi. Esso si basa sul modello psicolinguistico di priming semantico in
cui le parole che sono in relazione semantica, come ad esempio “dottore” e “infermiera”, vengono
elaborate più velocemente di quelle che non lo sono, come “dottore” e “pane” (Meyer e Schvaneveldt
1971). Bharucha e Stoeckig (1987) trovano che, benché vi sia stata eliminata qualsiasi sovrapposizione di
toni (esperimento A) o frequenze (esperimento B: overlapping frequency spectra), dunque una facilitazione
a livello sensoriale, un accordo in relazione armonica col precedente viene elaborato meglio in quanto
segue le ormai ben codificate regole della sintassi tonale che sono state acquisite implicitamente con
l’esperienza e nell’esposizione all’ambiente musicale. Vengono condotti altri studi: esperimenti sul corso
temporale (Tekman e Bharucha 1992), sulla variazione del contesto armonico (Bigand et al. 1999), sulla
ripetizione di uno stesso target (Bigand et al. 2005), con la misurazione degli indici encefalici (Koelsch et al.
2004; Patel 2003); tutti questi studi confermano l’ipotesi che la musica viene elaborata a un livello
cognitivo.

Concludiamo che, proprio grazie al carattere esclusivamente cognitivo-semantico, la componente affettiva


nella musica gioca un ruolo determinante. Ricordiamo la teoria di Davies (1978) chiamata scherzosamente
“Tesoro, stanno suonando la nostra canzone”: le nostre passioni nella musica sono richiamate dal ricordo in
cui la musica viene ascoltata, ricordo che riaffiora in termini di stile, frasi musicali, suoni e quant’altro. La
componente affettiva ha dunque radici profondissime che, come abbiamo visto, vengono manifestate nelle
risposte fisiologiche, e riemerge nella struttura della musica stessa che richiama la tipologia di suoni del
mondo prenatale. Il fare musica per l’uomo, sembra quasi un voler ricreare, dunque imitare, una situazione
che paradossalmente non ricorda e non conosce e verso la quale non potrà mai accedere.

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