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ALMA MATER STUDIORUM

UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

Corso di laurea in
Scienze della Comunicazione

TITOLO DELLA TESI


Psicologia della Musica tra Gestalt, linguaggio e riabilitazione

Tesi di laurea in
Comunicazione e narrazione interpersonale
Relatrice Prof.ssa Roberta Lorenzetti
Presentata da Flavio Paciullo

Appello
primo

Anno accademico
2021-2022

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Indice

Introduzione (pagina 5)

- 1. Musica e Gestalt (pagina 8)


1.1 Cenni storici (pagina 9)
1.2 Gli oggetti sonori (pagina 11)
1.3 L'insight musicale (pagina 13)

- 2. Musica e linguaggio (pagina 17)


2.1 Le tonalità emotive (pagina 18)
2.2 Corredo musicale (pagina 19)
2.3 Un linguaggio universale (pagina 20)

- 3. Musica e riabilitazione (pagina 24)


3.1 Analisi dei dati (pagina 25)
3.2 La musica dopo il colpo (pagina 26)
3.3 Musica e comunicazione (pagina 28)

- Ringraziamenti (pagina 32)

- Riferimenti bibliografici (pagina 34)

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Introduzione

Ho sempre pensato che la musica fosse qualcosa di impalpabile e immateriale,


qualcosa di etereo difficilmente spiegabile utilizzando mezzi che non fossero la
musica stessa. L’unico modo che conosco per capire la musica o renderla com-
prensibile agli altri è ascoltarla, sentirla e tuffarcisi dentro, non è qualcosa di acces-
sibile attraverso le parole figuriamoci mediante il raziocinio della scienza o della
psicologia. Il linguaggio della musica, la sua prorompente energia e il coinvolgi-
mento emotivo che se ne ricava sono causa sui come il dio Spinoziano. È così da
sempre per me, o meglio, lo è sempre stato finora. Da quando ho iniziato a capire
che anche il mondo delle scienze razionali era fatto di intuizioni creative, emozioni
e divertimento ho rivalutato i concetti di razionale e di irrazionale, di ragione e sen-
timento, di genio e follia e, piano piano, ho iniziato a vedere questi estremi come
imprescindibili facciate di una moneta unica e preziosa. Vedendo ogni cosa attra-
verso la lente del suo opposto ho iniziato a subire il fascino della poesia nell’astrofi-
sica, dell’eleganza nella matematica, della geometria nell’arte, ma soprattutto, della
psicologia nella musica.
È strano concepire che dietro alle discipline artistiche, spesso associate all’impeto
inconsapevole delle emozioni, possano celarsi delle spiegazioni chiare, degli schemi
ricorrenti e delle regole ben precise. Arrivare a questa considerazione mi ha portato
a pensare che non solo la musica o la pittura, la scultura o la letteratura fossero
delle forme d’arte, ma tutte le opere figlie dell’ingegno umano lo fossero, dall’inge-
gneria alla chirurgia. Questo percorso di crescita e consapevolezza mi ha spinto a
comprendere che se si possiede una qualsiasi qualità che coinvolga creatività e inge-
gno si possiede qualcosa che va oltre la specifica disciplina nella quale si sceglie di
investire le proprie risorse. La creatività non ha ostacoli, è una chiave che apre tutte
le porte.
In questo elaborato mi appresterò a illustrare le mie personali riflessioni e studi che
mi hanno portato a vedere la musica, la psicologia e la riabilitazione cognitiva come
binari separati ma paralleli, ingranaggi di uno stesso dispositivo. Racconterò di

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come la musica mi abbia accompagnato lungo sentieri che mai mi sarei aspettato di
percorrere, di come essa sia passata dall’essere il mio personale sostegno, all’essere
lo strumento che utilizzo per il sostegno altrui. Illustrerò in prima persona il caso di
A.L. (che menzionerò con le sue iniziali per motivi di riservatezza), un’eccezionale
amante della musica che nonostante abbia subito una grave cerebrolesione non ha
mai smesso di credere che essa lo avrebbe salvato, parlerò del mio contributo di
musicista e studioso di comunicazione e delle tecniche utilizzate lavorando al
fianco di A.L. per avere una comunicazione verbale e musicale efficaci e finalizzate
alla riabilitazione cognitiva. Partirò con l’associare la musica alle teorie della Gestalt,
successivamente parlerò del modo in cui sempre la musica comunica descrivendo
quella che si potrebbe definire una lingua piuttosto che un linguaggio e, infine, pro-
verò a mostrare come queste teorie siano di formidabile efficacia quando si tratta di
lavorare col fine di riacquisire capacità cognitive perdute o lese.

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1. Musica e Gestalt

Qualche settimana fa, in uno di quegli ahimè tanti momenti di totale assopimento da
social network, mi sono imbattuto come spesso accade in un brevissimo video di
quindici secondi, uno di quelli che ti riportano subito alla realtà con un piccolo
spunto di riflessione reale che col suo piombare all'improvviso sotto i tuoi occhi ti
ricorda che probabilmente stai scrollando il feed di Tik-Tok da troppo tempo. D'al-
tronde, durante tutto quanto il percorso universitario di questi ultimi anni di studio,
ho avuto modo di approfondire quali sono i fattori che determinano il funziona-
mento di questi fenomeni cercando di gestirne le influenze negative per quanto pos-
sibile, ma torniamo al filmato di cui volevo parlare.
Il video in questione mostrava un ragazzo con un'espressione di stupore ironica-
mente estremo misto a sgomento tipico di coloro a cui è stata rivelata un'importan-
tissima verità sul mondo del quale si ignorava completamente l'esistenza. Mentre era
intento a disperarsi guardandosi in giro e mettendosi le mani tra i capelli accompa-
gnato da un sottofondo musicale meditativo da illuminazione zen, nella parte superiore
della breve clip c'era scritta una frase: non smettiamo mai di applaudire, è solo l'intervallo di
tempo tra ogni clap che semplicemente si dilata. Seppur questo fosse solamente un conte-
nuto molto corto e leggero con quel tipico umorismo da social media moderno mi
ha rivelato tre importanti verità.
La prima è che definire ciò che è o non è musica è solo l'intervallo tra i suoni, lo
spazio di tempo concreto che intercorre tra una nota o un semplice suono ritmico e
un'altra nota o qualsivoglia altro tipo di suono. Più lo spazio tra i suoni si ingrandisce
rendendo il tempo che si frappone tra di essi più lungo, più aumentano le nostre
aspettative sul potenziale segnale acustico successivo. Questo gioco di attese e aspet-
tative che genera rispettivamente neurotrasmettitori come adrenalina, nella fase di
attesa/aspettativa, e dopamina o endorfine, nella fase di rilascio del suono in que-
stione, è una delle basi del perché la maggior parte di noi prova emozioni molto
intense quando ascolta della musica. Analogamente, questo concetto può farci riflet-
tere anche su come mai quando la distanza di tempo fra due singoli suoni è troppo

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estesa essi smettono di essere considerati come un unico blocco, come se, da un
certo punto in poi il nostro cervello fosse in grado di stabilirne automaticamente
l’uniformità o la difformità. Grazie all'esempio dell'applauso infinito del video so-
pracitato (con intervalli di tempo estremamente dilatati), contrapposto all'idea dei
singoli clap formati da battiti di mano regolari, ho avuto modo di constatare come
alcune teorie Gestaltiche relative alla percezione cognitiva di figure e sfondi fossero
valide anche per la musica trovando riscontri in molti studi di settore.
La seconda grande verità che ho scoperto è che mi pare necessario approfondire in
seguito tutti i motivi per i quali alcune teorie dimostrate dagli psicologi della Scuola
della Gestalt sulla percezione visiva abbiano validità anche nella percezione sonora
e sulla catalogazione dei suoni. Terza verità, ma non per importanza, è che dovrei
decisamente ridurre il quantitativo di tempo passato a guardare brevi video online e
mettermi subito al lavoro.
All’interno di questo capitolo illustrerò, quindi, tutti quei parallelismi tra i principi
gestaltici di base connessi all’elaborazione cognitiva della musica confrontandoli con
quelli della percezione visiva.

1.1 Cenni storici

Parlando di psicologia e degli approcci a essa legati, il secolo a cui abbiamo oramai
detto addio più di vent’anni fa è stato sicuramente quello più importante e ricco se
teniamo in considerazione il numero di teorie formulate e le scuole di pensiero suc-
cedutesi. All’inizio del ‘900, in molti, tra cui gli esponenti del comportamentismo,
si sono contrapposti all’ormai attempato approccio strutturalista poiché, con l’au-
mentare degli studi e del materiale di ricerca nel settore, si è sempre di più ritenuto
che esso fosse un metodo poco efficace per valutare e misurare la complessità espe-
rienziale della percezione umana semplicemente riducendola a mera somma di ele-
menti separati.
Tra le figure che furono quasi da subito immesse in questa nuova concezione com-
portamentista occorre menzionare in ordine Ivan Pavlov e Burrhus Skinner cono-
sciuti rispettivamente per ciò che tuttora sappiamo in materia di condizionamento
classico e di condizionamento operante. Ad essi vanno riconosciuti i meriti sia di
aver tracciato l’inizio del distacco totale dal periodo strutturalista iniziando ad inda-
gare sui comportamenti analizzandoli come risposte a determinati stimoli, sia di essere
stati in grado di dimostrare attraverso numerosi esperimenti che i suddetti stimoli
potessero essere modificati e condizionati attraverso anche la messa in atto di rin-
forzi concependo l’idea secondo cui si potessero influenzare i comportamenti stessi.
Ricordiamo ad esempio i vari esperimenti di Pavlov sul condizionamento classico
nel quale riusciva ad indurre la salivazione ad un cane alla presentazione di carne, o

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stimolo incondizionato, assieme a un cosiddetto stimolo neutro (il suono di un campanel-
lino). Dopo vari tentativi bastò semplicemente l’utilizzo del solo stimolo neutro,
senza più la presentazione di cibo, per stimolare la stessa reazione, ossia la salivazione
dalla presentazione del cibo, rendendo lo stimolo da neutro a stimolo condizionato. Ri-
guardo Skinner, invece, va ricordato ad esempio l’esperimento della Skinner box in
cui un topo imparava per prove ed errori ad azionare autonomamente la leva che
gli avrebbe dato accesso a una piccola quantità di cibo rispetto alla leva che gli pro-
curava una lieve scossa elettrica. Questi esperimenti gettarono le basi per ciò che
sarebbe avvenuto in seguito in materia di problem solving e insight creativo che vedremo
in seguito e che analizzeremo in rapporto alla musica.
Un altro approccio che con forza si oppose allo strutturalismo fu quello legato agli
studi e alle teorie messe appunto negli anni ’20 in Germania dalla cosiddetta Scuola
della Gestalt, corrente psicologica perlopiù esperienziale che vide Max Wertheimer
e i suoi studenti Kurt Koffka e Wolfgang Köhler come fondatori. A tal proposito va
ulteriormente menzionato il sopracitato Max Wertheimer per la sua profonda pas-
sione per la musica che lo portò a studiare a Berlino assieme a Carl Stumpf, filosofo
e psicologo tedesco nato nel 1848 noto anche per via dei suoi studi in materia di
psicologia della musica.
Tra le innovazioni dimostrate dalla psicologia gestaltica c’è innanzitutto il pensiero,
in forte contrapposizione allo strutturalismo, secondo cui non bisognava più descri-
vere il tutto come semplice somma delle varie parti che la compongono poiché la
percezione è in grado di stabilire nonché di modificare ciò che consideriamo come
reale, da qui lo studio della gestalt, dal tedesco, appunto, forma. I gestaltisti dicevano
appunto che il tutto è maggiore della somma delle singole parti, e risultava pertanto neces-
sario indagare sugli aspetti percettivi che influivano sulla percezione stabilendo delle
regole o principi in grado di spiegare tali fenomeni. Prima di osservare se e quali
corrispondenze si possono trovare tra le regole fondamentali introdotte dalla Scuola
della Gestalt e il modo in cui percepiamo i suoni e la musica è utile dare un rapido
sguardo ai sette principi in questione.
1. Il principio di vicinanza:
Secondo il quale gli elementi vicini tra loro vengono percepiti come un unico
oggetto.
2. Il principio di somiglianza:
Principio che spiega come si tende a uniformare elementi simili tra loro, per
colore o dimensione, in una singola forma.
3. Il principio di completamento o chiusura:
Regola che spiega il modo in cui il nostro cervello riesce a percepire come
complete delle forme incompiute o delle figure aperte.
4. Il principio del destino comune:
Secondo questo principio si ha la propensione a percepire come unico og-
getto quegli elementi che apparentemente si dirigono nello stesso verso.
5. Il principio di figura-sfondo:

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Principio che spiega la capacità di staccare visivamente le figure dai rispettivi
sfondi in modo da percepirne i limiti.
6. Il principio di continuità di direzione:
Così come per i primi due principi, esso spiega il modo in cui tendiamo ad
unificare oggetti che seguono la stessa direzione.
7. Il principio dell’esperienza passata:
Assunto che illustra la capacità di riuscire a riconoscere figure culturalmente
conosciute all’interno di elementi separati che ne abbozzano i tratti.

1.2 Gli oggetti sonori

Dopo quanto detto fin ora, ricordando l’introduzione del capitolo, ci appresteremo
a chiederci una cosa fondamentale: cosa c’entra tutto questo con la musica? Bene,
questi sette principi sembrano essere validi anche per il modo in cui il nostro cer-
vello percepisce e interpreta i suoni o gli oggetti sonori. Secondo Daniele Schön,
direttore del CNRS (Centre national de la recherche scientifique) presso l’istituto di
Neuroscienze dei Sistemi di Marsiglia in Francia, “è importante notare come molte
delle regole che creano le strutture musicali assomigliano alle regole descritte dalla
psicologia della Gestalt per la percezione visiva” (Schön, 2018, p. 78).
Pensiamo ad esempio a quanto possa tornarci utile, mentre attraversiamo di notte
il sentiero di un parco poco illuminato, essere in grado di percepire dei ricorrenti
suoni di erba che si schiaccia all'altezza del suolo dietro di noi come un unico og-
getto sonoro. Riusciremmo a riconoscere l’intero blocco di suoni o, perlappunto,
oggetto sonoro tipico di qualcuno che cammina e saremmo in grado in brevissimo
tempo anche di determinarne il tipo di andatura solamente ascoltandone il suono
persino di spalle. Questo lo facciamo sulla base della frequenza generata dalla durata
dell'intervallo tra un suono e l'altro e siamo quindi capaci di individuare se quel
suddetto suono o gruppo di suoni può essere associato, secondo il principio dell’espe-
rienza passata, a ciò che già conosciamo in base a dei modelli mentali di suoni tipici
di passi immagazzinati nella nostra memoria. Riconoscendo gli intervalli regolari di
un segnale acustico, per fare un altro esempio, ci desterebbe sospetto se quell’og-
getto sonoro cambiasse improvvisamente ritmo o addirittura smettesse di colpo, ci
porterebbe a voltarci per capire cosa succede come a voler riprenderci il controllo
sugli stimoli esterni per vagliare le possibili risposte. Ciò accade anche perché
un’interruzione improvvisa di un suono udito spesso trasgredisce ad alcuni principi
gestaltici come quelli dell’esperienza passata o del completamento.
Non sono tanto i suoni a destare interesse o a preoccuparci, quanto l'assenza di
essi e soprattutto la durata di queste pause. Dunque, se stiamo camminando di
notte in un parco poco illuminato il nostro senso dominante per l'identificazione
dello spazio circostante e il controllo del suddetto è senza dubbio l'udito, per tale
ragione, raggruppare inconsciamente suoni simili ma anche diversi tra loro sulla
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base della loro frequenza nell'asse temporale, oltre che farci risparmiare molte ri-
sorse cognitive nell’elaborazione dei singoli stimoli, può avere numerosi vantaggi
nel riconoscere ad esempio eventuali pericoli attorno a noi. Nel secondo capitolo
definiremo anche i fattori genetici e relativi all’istinto di sopravvivenza che si le-
gano a queste capacità e per estensione al talento per la musica.
Tornando all’esempio appena citato riguardante il modo in cui riusciremmo a rico-
noscere la figura di qualcuno che ci segue senza aver bisogno di osservarlo, per
quanto semplice possa sembrare data la nostra capacità innata di individuarne le ca-
ratteristiche, esso svela delle notevoli correlazioni con i sette principi della Gestalt
elencati in precedenza. Se, ad esempio, assieme al suono di erba che si schiaccia
sentissimo anche un cadenzato tintinnio di chiavi alla medesima distanza da noi
benché a un’altezza superiore rispetto al suono dei passi, questo elemento sonoro
verrebbe fuso immediatamente al precedente grazie anche alla convergenza delle
loro ripetizioni sull’asse temporale, delineando ulteriori dettagli della figura totale
poiché entrambi i suoni hanno sia un destino comune che la stessa continuità di dire-
zione. Mettiamo il caso, continuando su questa linea, che in lontananza dal suddetto
parco si sentano anche dei forti rumori provenienti da un concerto, ecco che emer-
gerebbe il principio di figura-sfondo responsabile della scissione cognitiva dei vari
oggetti sonori ossia della persona che cammina dietro di noi come figura e del con-
certo in lontananza come sfondo in quello che definiremmo come ambiente so-
noro (o campo visivo in relazione alla percezione visiva).
È sicuramente degno di interesse notare il tipo di ruolo, all’interno del mondo psi-
cologico, che la musica ha avuto nel corso degli anni e i modi in cui essa è stata stu-
diata in passato rispetto a come viene invece studiata oggi. In un primo momento
ci si è approcciati allo studio della musica essenzialmente come prodotto sociocul-
turale con riflessioni finalizzate a identificarne i processi di fruizione sociali anche
sulla base di studi etnologico-comparativi. Negli ultimi anni invece, da quando si ini-
ziano a scorgere le influenze e le caratteristiche psicologiche legate alla musica, as-
sieme al tipo di studi precedenti, viene presa in considerazione anche la visione
della musica come processo cognitivo. In modo contiguo a questo si aggiunge an-
che la sfera emotiva e il modo in cui le emozioni stesse influiscono sulle funzioni
mentali. “L’ascolto della musica”, come sostiene Schön, “può aumentare la presta-
zione in una serie di compiti cognitivi, ma tale aspetto è mediato dallo stato di atti-
vazione (arousal1) e dall’umore”, e ancora, “la musica […] richiede la messa in atto
di quasi tutte le funzioni cognitive (attenzione, memoria, motricità, percezione ecc.)
ed è un potente generatore di emozioni (Schön, 2018, pp. 59, 117). Riguardo il rap-
porto tra musica ed emozioni si veda il paragrafo 2.2.
Secondo la Gestalt, in relazione alla percezione visiva, “Le regioni dell’immagine si
organizzano in figure dotate di proprietà differenti rispetto allo sfondo: la figura ha

1Per arousal si intende uno stato di attivazione temporaneo del nostro sistema nervoso in risposta a uno stimolo
molto intenso con l’obbiettivo di creare eccitamento, aumentare l’attenzione, la prontezza muscolare e la vigilanza
cognitiva.

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una forma ben definita, mentre lo sfondo ci appare come amorfo (senza forma)”
(Baiardini, 2017, p. 59). Confrontando tali nozioni con il buon vecchio esempio
della passeggiata notturna nel parco, come facciamo a capire che la figura (l’oggetto
sonoro completo della persona che ci segue) ha i contorni ben definiti e come fac-
ciamo, invece, a capire che lo sfondo (il concerto in lontananza) appare amorfo e
senza forma? Per la percezione sonora la nitidezza delle forme è data sostanzial-
mente da due fattori: l’intensità del suono o volume e l’ampiezza dello spettro so-
noro. I suoni più vividi e brillanti tendono ad essere percepiti come vicini a noi
mentre i suoni più ovattati, carenti di intensità e circoscritti a uno spettro di frequenze
minore2, vengono delineati come sfondo o ambiente sonoro. Traducendo questo in
musica ecco che il modo in cui percepiamo i suoni reali che ci circondano ci riporta
al modo in cui componiamo, costruendo figure e sfondi, melodie principali e ac-
compagnamenti. Più una melodia è dettagliata e ricca di particolari più viene con-
siderata nitida e vicina, al contrario, più un giro di archi o un arpeggio di chitarra
risulta poco particolareggiato e privo di alte frequenze - per cui avente perlopiù
bassi -, più esso viene inteso come sfondo o accompagnamento. Non a caso, nella
musica occidentale, il suono del basso è considerato l’accompagnamento per eccel-
lenza.
D’altro canto, siccome creando musica riproduciamo fondamentalmente il mondo
che ci circonda, c’è da specificare però che, così come ci desterebbe sospetto ve-
dere l’immagine di un orso polare nel deserto, anche nella musica gli sfondi devono
essenzialmente essere coerenti con le figure in primo piano, il basso dovrà suonare
in chiave3 con le chitarre, il contrabbasso con la voce e via dicendo.

1.3 L’insight musicale

Sulla linea tracciata dal paragrafo 1.1, in particolare riguardo agli esperimenti con-
dotti da Pavlov e Skinner sul condizionamento classico e operante, come si è
mossa la Gestalt in seguito e che tipo di esperimenti sono stati fatti? A Wolfgang
Köhler, promotore delle teorie della forma, si deve innanzitutto l’inizio di speri-
mentazioni su soggetti differenti, non più cani o gatti come in passato ma scim-
panzè, questo anche sulla base dei risaputi legami parentali tra essi e la razza
umana. L’esperimento più conosciuto, volto a mostrare l’apprendimento per in-
sight, predisponeva l’animale all’interno di uno spazio nel quale era stato posizio-
nato del cibo in punti difficilmente raggiungibili senza ragionamento critico e senza
l’utilizzo di protesi che permettessero allo scimpanzè di aumentare il raggio d’azione

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Le basse frequenze, ad esempio, tendono ad avere una portata più ampia per via proprio della loro lenta oscilla-
zione mentre i suoni ad alta frequenza si esauriscono, in termini spaziali, molto prima.
3 La chiave armonica (o tonalità) è sostanzialmente la scala, in maggiore o in minore, di note usate per arrangiare una

composizione musicale.

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dei suoi arti. L’animale, dopo vari tentativi, fu colto da un improvviso cambia-
mento nel suo modo di ragionare e fu presto in grado di utilizzare a suo vantaggio
alcuni oggetti (appositamente posizionati nell’ambiente attorno a esso: bastoni,
scale o bancali sui quali arrampicarsi) con questo fine, riuscendo a dimostrare come
le capacità di ragionamento non lineare potessero portare alla risoluzione di un
problema (in questo caso: ottenere il cibo) in modo del tutto creativo. Per creati-
vità si intende, quindi, quella capacità di ristrutturare l’ambiente circostante a pro-
prio vantaggio vagliando soluzioni a prima vista illogiche direzionate alla soluzione
di un problema ipoteticamente irrisolvibile. Per insight invece, si intende quell’in-
tuizione o colpo di genio che arriva apparentemente dal nulla in nostro soccorso, il
concetto è molto simile a quello dell’illuminazione nel Buddhismo zen e si lega per
l'appunto al modo in cui si riesce anche sotto stress a trovare una via d’uscita del
tutto inaspettata vagliando soluzioni alternative e inesplorate.
Ciò che ha dimostrato Köhler attorno al concetto di insight creativo è valido
tutt’ora oggi in psicologia e i più attuali studi sul problem solving annoverano anche la
musica e la pratica musicale come dispositivo per sbloccare il ragionamento per in-
sight. Come detto in precedenza, con la pratica musicale, sia attiva (suonare uno
strumento o cantare) che passiva (ascoltare della musica), vengono attivate tutte le
nostre capacità di calcolo (attenzione, memoria, movimento e percezione), perciò,
diventa prezioso il suo contributo nello studio di come funziona l’apprendimento.
Parlando di pratica musicale attiva o passiva, come detto poco sopra, si potrebbero
identificare due tipi di insight legati alla musica, quello attivo e quello passivo, per-
lappunto. Quello attivo è un po’ più complesso per cui parto con l’illustrare il se-
condo. Ciò che definisco come insight musicale passivo è qualcosa che suppongo ab-
biamo provato un po’ tutti ascoltando una canzone particolarmente emozionante,
mi riferisco alla rapidissima sensazione di brivido o pelle d’oca che si prova in de-
terminati punti specifici del brano che ci colgono impreparati dandoci una soluzione
(non a caso) melodica o ritmica inaspettata. Sebbene la scienza non sia ancora in
grado di stabilire con certezza da cosa dipenda, pur essendoci delle accreditate ipo-
tesi4, questa sensazione di intenso piacere è legata al problem solving, alla stessa
sensazione di piacere improvviso che avvertiamo quando si sta per avere un’intui-
zione, quando si sta a contatto con la natura o l’arte. Per il musicista o per il com-
positore, invece, l’insight creativo attivo è ciò che avviene nella fase di composizione o
di arrangiamento mentre si cerca di risolvere un apparente insolubile e complicato
problema ritmico o melodico. Tale soluzione, che avviene appunto per insight, dà
modo di terminare dei fraseggi musicali con eleganza e forte carica emotiva mar-
cando, per così dire, i punti in cui l’ascoltatore si emozionerà a sua volta godendo
della soluzione di un problema compositivo come se fosse stato egli a risolverlo.
Ciò significa che godere di un’intuizione altrui, ridere per una battuta, ammirare

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“Alcuni scienziati hanno suggerito che la pelle d’oca sia un residuo evolutivo dei nostri antenati (più pelosi), che si mantenevano caldi
attraverso uno strato endotermico di calore. L’esperienza della pelle d’oca dopo un rapido cambiamento di temperatura (come
l’esposizione a una brezza improvvisa e fredda in una giornata di sole) alza temporaneamente e poi abbassa quei peli, ripristinando que-
sto strato di calore.” - Dott. G. Zanusso (psicologo psicoterapeuta), da www.psicologo-treviso.it

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un’opera d’arte o emozionarci per un passaggio musicale, è legato alla compren-
sione di un problema affrontato da terzi apprezzandone la soluzione in prima per-
sona. Dalla comicità all’ingegneria, dalla produzione musicale alla matematica, il
pensiero creativo e il ragionamento per insight è trasmissibile e si mostra in molte-
plici vesti e circostanze contrassegnando i punti precisi in cui, per chi sarà in grado
di comprendere, si potrà beneficiare del riverbero dell’insight creativo avuto da
qualcun’altro.
Le situazioni di pericolo o stress, così come quelle in cui siamo impegnati a risol-
vere un problema, attivano il nostro arousal in modo da aumentare le nostre per-
formance; per cui, la sensazione di brivido potrebbe essere connessa a quello stesso
stato di attivazione poiché, facendoci tremare, scalda rapidamente i nostri muscoli
e, di conseguenza, ci rende più pronti e reattivi. La sensazione di pelle d’oca invece,
presumibilmente legata ai nostri retaggi congeniti preistorici poiché essa fa con-
trarre involontariamente i muscoli erettili della peluria corporea, serve a ridurre la
dispersione di calore.
Nel paragrafo 2.1 del prossimo capitolo illustrerò lo stretto legame tra musica ed
emozioni, sulla base di quanto già detto fin ora, per tracciare un quadro ancora più
completo che ci porterà a capire come mai tutte queste nozioni sono così impor-
tanti per l’utilizzo della musica come sostegno in fase di riabilitazione cognitiva.

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2. Musica e linguaggio

Arrivati a questo punto, dopo le scrupolose precisazioni fatte sinora in materia di


psicologia e musica, siamo in grado di addentrarci nel profondo approdando su un
livello più complesso: quello emozionale. Nel paragrafo 1.3 abbiamo parlato dell’in-
sight musicale e di come esso possa modificare il nostro stato di attivazione o arousal
per prepararci ad affrontare la soluzione di un problema musicale sia attivamente
che passivamente, a questo, si aggiunge il contributo emotivo. In questo secondo
capitolo mi concentrerò anche sul concetto di musica come potenziale linguaggio
universale o lingua interculturale analizzando le possibili motivazioni che portano que-
sta disciplina artistica ad essere considerata così preziosa per l’umanità dall’alba dei
tempi con particolare interesse verso i fattori genetici o innati.
Quando sento parlare ad esempio di senso del ritmo, orecchio assoluto o di talento
innato per la musica mi chiedo come mai nel corso di migliaia di anni l'evoluzione
della specie umana abbia favorito in parte la conservazione nonché la trasmissione
di tutti quanti quei geni che ne determinano i tratti caratteristici. Il pensiero sorge
plausibilmente e in maniera legittima poiché a un primo impatto l'avere orecchio per
la musica non sembrerebbe poi essere una di quelle facoltà così importanti da pos-
sedere per favorire la nostra sopravvivenza in un’ipotetica natura incontaminata. In
un ambiente appunto naturale cioè privo di contaminazione umana, d'altronde, esi-
stono moltissimi animali che sfruttano delle interessanti abilità di tipo sonoro per
riconoscere ed evitare il pericolo: i pappagalli, ad esempio. Lo so che per molti di noi
pensare a questi coloratissimi e simpatici volatili può farci venire in mente alcuni
video (per tornare al discorso della pervasività dei social network) di essi che ripe-
tono delle, per usare un eufemismo, colorate espressioni in vari dialetti o che cantano
le canzoni di Shakira; molto carini, ma in realtà il motivo per cui riescono a ripetere
quello che diciamo è che hanno paura di noi, molta. Mi spiego meglio, questa formi-
dabile capacità di essere in grado di riprodurre qualsiasi melodia o suono udito, per
alcuni volatili ma soprattutto per animali come questi, è letteralmente di vitale im-
portanza in natura dal momento in cui riuscirebbero tranquillamente a riprodurre in
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maniera più o meno accurata il canto degli uccelli più grandi presenti nel loro habitat
naturale o persino i ruggiti dei predatori, ciò consentirebbe loro di crearsi attorno
una fattispecie di scudo sonoro protettivo che potrebbe dissuadere gli altri animali
dall'avvicinarsi per via proprio dei versi minacciosi che producono. Un vero e proprio
talento musicale camuffato da arma per la sopravvivenza. Ma è così anche per l’es-
sere umano? Nei paragrafi che seguono proverò a tracciare una spiegazione sulla
base di alcuni studi effettuati in questo ambito. Probabilmente per la specie umana
le capacità musicali legate alla sopravvivenza hanno valenza differente rispetto ad
altre specie, tuttavia, ritengo che ci siano fattori di altrettanta importanza che si le-
gano all'istinto di sopravvivenza anche per noi nel saper riconoscere sia le melodie
che gli intervalli di tempo tra determinati suoni.

2.1 Le tonalità emotive

Come accennato nel paragrafo 1.2, parlando di suoni e melodie e del perché ricono-
scerle possa esserci utile da un punto di vista evoluzionistico nonché di sopravvi-
venza bisogna fare un parallelismo con la musica per capirne meglio la valenza. É di
consuetudine ampiamente osservabile come, udendo un brano alla radio o una can-
zone dal vivo, ci si possa emozionare sentendo un leggero brivido o avvertendo la
tipica sensazione di pelle d’oca (si veda il paragrafo 1.3) durante l’immediato mo-
strarsi di una soluzione musicale creativa. Scendendo nell’ambito emozionale pro-
viamo sensazioni più profonde con il rivelarsi, ad esempio, di una o più note alte,
ma perché succede? I toni di voce acuti possono generalmente essere ricondotti a
degli stati emozionali molto forti che possono andare dalla più sincera ed esplosiva
risata alla più drammatica situazione di pericolo, questa capacità di saperli ricono-
scere ci aiuta a identificare gli ambienti sociali mappando gli eventuali minacce at-
torno a noi. Per questo motivo le note, in questo caso vocali, molto elevate che
vengono prodotte sono cognitivamente associate e ricondotte a delle condizioni di
arousal alto che richiama alla mente degli stadi di eccitamento che per empatia ten-
diamo a uniformare al nostro stato d’animo provando talvolta le medesime emozioni
o un personale riflesso di esse. Come sostiene Alice Mado Proverbio, professoressa
di Psicobiologia e Psicologia fisiologica presso l’Università degli Studi Bicocca di
Milano, “La capacità di comprendere il tono emotivo di un frammento musicale
mostra molte affinità con quella di comprendere il contenuto emotivo delle vocaliz-
zazioni non verbali (per esempio pianti, grida, risate, lamenti, gemiti e versi di ap-
prezzamento, sorpresa, richiami ecc.): alcune regioni cerebrali sono specializzate nel
loro riconoscimento, differenziandone chiaramente la valenza (positive vs nega-
tive)”, (Proverbio, 2019, p. 161). Alcuni esperimenti condotti in materia di musica
ed emozioni, volti a indagare sui possibili schemi musicali all’interno delle vocalizza-
zioni animali, hanno dimostrato come esse tendano a mostrare una gamma di note

18
differenti, o tonalità, a seconda della carica emotiva di tali vocalizzazioni: maggiore per
le emozioni positive e minore per quelle negative. Interpretando i dati di tali esperi-
menti, Proverbio afferma che “Le vocalizzazioni umane negative come pianti, la-
menti e gemiti, sembrano condividere con quelle animali (guaiti, lamenti, pianto) la
presenza di un certo profilo melodico e armonico in tonalità minore. Questo contri-
buirebbe a spiegare perché, per esempio, un accordo di terza maggiore ci sembra
allegro, mentre un accordo di terza minore ci sembra triste. È possibile che la sensa-
zione emotiva venga estratta da regioni corticali deputate alla codifica del contenuto
emotivo delle vocalizzazioni.” (Proverbio, 2019, p. 162). La scoperta appare incredi-
bile se pensiamo a come sia bizzarro che le vocalizzazioni negative abbiano proprio
gli stessi profili tonali o chiavi armoniche in minore tipiche della musica triste e ma-
linconica; tuttavia, appare più semplice se si afferma il contrario. Nel paragrafo 1.2
si è detto che il modo in cui componiamo musica riflette il mondo reale così come
lo percepiamo (da qui le analogie con i sette principi della Gestalt), perciò non sono
le emozioni ad essere simili alla musica ma la musica ad aver attinto da esse.
Lo stesso concetto vale per tutti gli strumenti musicali tonali (ad esempio pianoforte
o chitarra) o ritmici (come la batteria o altri strumenti a percussione) suonati da esseri
umani che, pizzicando corde, premendo tasti o battendo la pelle di un tamburo, rie-
scono a trasferire all’interno del suddetto strumento musicale il loro intero apparato
comunicativo sonoro e prossemico. In questo modo si riesce ad utilizzare lo stru-
mento musicale come una protesi comunicativa, per così dire, un nuovo mezzo di co-
municazione che si estende a partire da quello verbale, (dove la musica prende il
posto delle parole) e non verbale (le espressioni del volto, la posizione e il linguaggio
del corpo in generale), di conseguenza, si può riuscire a suscitare emozioni all’even-
tuale pubblico presente generando attese e rilasci di note o gruppi di note alte o
suonando ritmi percussivi complessi ed elaborati.

2.2 Corredo musicale

Sappiamo quindi dello stretto legame tra musica e percezione, emozioni e chiavi ar-
moniche ma come spieghiamo il talento per la musica in termini di genetica ed
evoluzione? E ancora, la musica ha davvero un qualche tipo di valore in termini
evoluzionistici? Abbiamo letto nel primo capitolo delle conformità presenti sia tra
la musica e tutte le facoltà cognitive legate a essa (attentive, mnemoniche, motorie
ecc.), sia tra musica e pensiero creativo (direttamente connesso al concetto di ragio-
namento per insight e quindi, per estensione, al problem solving), perciò po-
tremmo affermare con facilità anche che alcuni tratti genetici, che vengono tra-
smessi come capacità musicali innate, siano in realtà delle eredità ancestrali conservate
nel nostro corredo genetico deputate alla codifica di nuove esperienze e del pen-

19
siero creativo. Il fatto che, nell’epoca moderna, questi geni si traducano in inclina-
zione o propensione alla musica resta quindi un fattore meramente culturale, “in
altre parole”, come sostiene Proverbio, “a prescindere dal corredo genetico di cui
siamo dotati, se i geni dell’attitudine musicale si esprimono o meno non dipenderà
soltanto dalla natura, ovvero da ciò che abbiamo ereditato, ma anche dalle nostre
esperienze, quindi dalla cultura”, (Proverbio, 2019, p. 33). I geni che predispon-
gono il talento per la musica, perciò, sono estremamente variegati e vanno da quelli
che codificano le capacità motorie o di coordinazione manuale a quelli deputati a
interpretare i segnali acustici nonché alle capacità di focalizzazione e di attenzione
selettiva ma anche alla capacità di gestire le emozioni e saperle riconoscere per af-
frontare e risolvere problemi con creatività e solidità. Per cui, il possedere o meno
un qualche tipo di talento innato per la musica è determinato da una lunga serie di
coincidenze sia ambientali che interne, sia culturali che genetiche e il fatto che tali
geni continuano ad essere tramandati tuttora ha valenza non tanto per l’ambito
musicale quanto per le capacità totali che essi conferiscono a chi li possiede.
In un’ipotetica cultura che risulti totalmente priva di qualsiasi tipo di forma d’arte
compresa la musica, seppure alquanto improbabile dal momento che il primo stru-
mento musicale mai ritrovato è datato tra i 60.000 e i 50.000 anni (il famoso flauto
di Divje Babe, attribuito all’uomo di Neanderthal, ricavato dal femore di un gio-
vane orso), i geni della musica verrebbero impiegati in altre attività come l’apprendi-
mento, la propensione a nuove esperienze e nel coraggio, o talvolta l’incoscienza,
di pensare in modo creativo o di trasgredire alle regole.

2.3 Un linguaggio universale

Alla luce di quanto affermato fino a qui e del percorso che ci ha condotti verso
quello che lega la psicologia cognitiva, le emozioni e la genetica alla musica, si po-
trebbe realizzare un qualche tipo di dizionario della musica, un vademecum sulla co-
municazione musicale nel quale saremmo capaci di illustrare, in modo abbastanza
accurato, come comunicare attraverso le composizioni acustiche, come creare og-
getti sonori che fungano da figure o da sfondi e decifrare fraseggi musicali e com-
posizioni ritmiche in termini semasiologici5. A differenza del linguaggio verbale tradi-
zionale, che può esprimere una grande vastità di concetti ed emozioni passando per
ovvi filtri di tipo linguistico prima di raggiungere l’interlocutore, la comunicazione
musicale non mostra apparentemente la presenza di filtri formali così marcati;
dunque, si può riuscire a produrre un’interazione meno legata o mediata da eti-
chette semantiche poiché la musica, e le strutture con cui essa viene prodotta, è di-
rettamente agganciata al modo in cui vengono percepite le emozioni. Pertanto, la

5
Nella semantica lessicale, la semasiologia è lo studio dei significati legati ai segni.
20
comunicazione musicale risulta talvolta più profonda e meno condizionata dalla
lingua dei parlanti o filtrata dalla cultura di appartenenza giacché le capacità percet-
tive legate alla decodifica delle emozioni sono innate negli esseri umani e, di conse-
guenza, interculturali e universali. Ecco spiegati i motivi che rendono tale disciplina
così universalmente apprezzata a livello globale nonché longeva se consideriamo
anche che la specie umana ha annoverato la manipolazione dei suoni fin dai pri-
mordi come mezzo sia ludico che comunicativo (attraverso la creazione di protolin-
gue melodiche6 o la fabbricazione di strumenti musicali). La potenza della musica,
in termini comunicativi, si mostra nella sua capacità di creare sia il contenuto, ossia
il messaggio espresso, che il contenitore, ovvero la situazione conversazionale di ri-
ferimento, di essere sia il significato (le emozioni trasmesse) sia il significante (le
note utilizzate). Ciò fa sì che la musica sia in grado di comunicare un messaggio de-
finendone al contempo il frame7 di riferimento. Sappiamo quindi che la musica è un
linguaggio universale, che comunica direttamente alle nostre emozioni e che può
pertanto essere compresa in modo simile da tutte le culture del mondo; tutto que-
sto, d’altro canto, non è comunque ancora sufficientemente esplicativo riguardo
l’opinione individuale e la propensione verso un genere musicale piuttosto che un
altro. Tali variabili di apprezzamento musicale soggettivo, più comunemente chia-
mato gusto, trovano delle spiegazioni in alcuni recenti studi di Neuroestetica8 che
considerano, oltre al contributo emotivo, anche quello performativo (le individuali
esperienze culturali che ci portano a preferire uno strumento o un tipo di musica in
particolare), preferenziale (che ci spinge a favorire un’artista o un genere indipen-
dentemente da ciò che viene prodotto) così come il contesto di riferimento (diffe-
renza riscontrabile nella qualità percepita da un brano se suonato dal vivo in un
teatro o cantato per strada, se ascoltato in casa da soli o assieme agli amici a un
concerto).
Sulla scia dell’identificazione di uno schema, come accennato all’inizio del para-
grafo, che possa costituire una guida su come comunicare in maniera efficace attra-
verso la musica, mi sento di citare il lavoro del professor Marcel Zentner, profes-
sore di Psicologia della Personalità, Psicologia Differenziale e Diagnostica presso
l’Università di Innsbruck in Austria, che ha redatto una tabella piuttosto minuziosa
di tutte le emozioni che possono essere trasmesse dalla musica suddividendole in
tre macrogruppi:
1. Musica che trasmette il senso del sublime (meraviglia, trascendenza, te-
nerezza, nostalgia, tranquillità).
2. Musica che genera vitalità (potere e gioia).
3. Musica che crea disagio (tensione e tristezza).

6 Lingue primordiali attribuite presumibilmente ai Neanderthal utilizzate per comunicare specifiche azioni o situa-
zioni attraverso semplici vocalizzazioni di gruppi di poche note.
7 In semiotica, il frame è la cornice contestuale o contesto di riferimento richiamato da piccoli elementi formali pre-

senti nell’interazione utilizzati come rimando alla situazione all’interno della quale avviene lo scambio comunicativo.
8 Ambito di ricerca che fonde l’analisi estetica della fruizione artistica con le neuroscienze cognitive.

21
A questo vanno aggiunte e considerate le strutture precise delle singole composi-
zioni musicali per quanto riguarda la loro composizione formale, poiché anch’essa
contribuisce a generare emozioni così come a comunicare uno stato d’animo ben
preciso. Ogni genere musicale ha le sue regole e queste hanno delle radici culturali
ben salde volte a tramandare un messaggio di base costante che va aldilà del sin-
golo prodotto o opera musicale; il blues, il rock o l’hip-hop sono dei prodotti culturali
che, come tali, possiedono delle strutture precise da rispettare per essere conside-
rate all’interno dell’insieme, per esempio, un brano rock in particolare che comu-
nica emozioni nostalgiche e malinconiche avrà sempre una piccola componente
energica di fondo. Le regole gestaltiche, illustrate nel primo capitolo, messe in atto
in una composizione musicale, si bilanciano creando degli equilibri particolari tra
loro definendo così i vari generi.
Così come osservare dall’alto un paesaggio naturale ci dà un senso di pace e imma-
nenza, la musica ambient9 (non a caso chiamata in questo modo) trasmette equili-
brio e calma. Allo stesso modo, così come una competizione sportiva vista dal vivo
può caricarci di energia e potenza, la musica elettronica può conferire la medesima
vitalità. Questo perché entrambi gli esempi sono simili in termini strutturali; la vista
dall’alto di un peculiare panorama è sfondo senza forma, per cui riduce le capacità
attentive riservate al focus delle figure in primo piano assenti; vedere una partita
allo stadio è forma senza sfondo, dove le nostre capacità attentive vengono estese
a quasi tutto il campo visivo nel quale ogni elemento presente nello sfondo fa parte
della figura in primo piano. Allo stesso modo la musica ambient è rilassante come
la contemplazione di un paesaggio, poiché non possiede elementi sonori in primo
piano, e la musica elettronica ci stimola perché la quasi totalità degli elementi com-
positivi è posta in attenzione in termini di nitidezza del suono e rifinitura melodica
dei vari livelli.
In chiusura del paragrafo e del capitolo sintetizziamo quanto detto assumendo con
certezza che il potere comunicativo della musica risiede nella parte emotiva, fruibile
a livello interculturale, così come nella componente formale, il genere musicale cir-
coscritto nei limiti di una cultura o gruppo culturale specifico.

9 La musica d’ambiente o ambient music è un genere musicale d’atmosfera in cui la componente ritmica cede il po-
sto a quella tonale d’accompagnamento.
22
23
3. Musica e riabilitazione

Arrivati a questo punto desidero esaminare la mia personale esperienza lavorativa


illustrando il caso di A.L., un ragazzo che nel 2020 all’età di 25 anni ha riportato una
grave cerebrolesione a seguito di un TCE (trauma cranico encefalico) dovuto a un
brutto incidente stradale. Poiché A.L., prima del suo sfortunato incidente, aveva ora-
mai da qualche anno intrapreso un progetto musicale personale col sogno di esibirsi
un giorno dal vivo, il gruppo di medici e psicologi che dal momento dell’incidente
lo monitora in svariate attività che vanno dalla fisioterapia alla riabilitazione ha pen-
sato potesse essere utile facilitarlo nel riprendere in mano il suo percorso musicale
consci del fatto che questa attività potesse aiutarlo a riacquisire e/o migliorare al-
cune delle facoltà cognitive andate perse o danneggiate. Nel corso di questo ultimo
capitolo mi soffermerò sulle modalità di riabilitazione cognitiva che possono es-
sere messe in atto mediante la musica, sugli aspetti relazionali e sulle azioni comuni-
cative del mio lavoro.
Poiché esercito da oltre quindici anni la mia professione nell’ambito della produzione
musicale sotto il nome di Flavio Zen ed essendo un appassionato di psicologia, lin-
guaggio e comunicazione, sono stato contattato circa un anno fa da Francesco Pini,
cantautore e polistrumentista noto in Italia e negli Stati Uniti per il suo contributo al
blues e nella gestione di jazz club nonché maestro di musica di A.L. Egli, venuto a
conoscenza delle mie doti empatiche e informandosi sul mio conto tramite la lettura
di interviste online e radiofoniche, recensioni e altre pubblicazioni musicali a me
rivolte su magazine e riviste di settore, ha pensato di mettersi in contatto con me in
modo da procurare ad A.L. un altro insegnante che potesse aiutarlo ulteriormente
nel suo percorso musicale ma che fosse anche più vicino a lui sotto l’aspetto gene-
razionale. L’intento della mia operazione in questo particolare contesto professionale
è finalizzato a lavorare assieme a loro alla creazione di brani ex novo assistendo A.L.
nella pubblicazione di quelli realizzati già da prima dell’incidente.

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Tutto questo è avvenuto e avviene tutt’ora lavorando a stretto contatto con i medici
e gli psicologi che seguono il percorso personale di A.L., pertanto, ringrazio il pre-
zioso contributo della dottoressa Susy Ferrari, Psicologa, Psicoterapeuta e specialista
in Neuropsicologia, che mi ha fornito il materiale raccolto sulla base di valutazioni
trimestrali effettuate sul soggetto in questione.
Analizzerò quindi i dati di queste valutazioni neuropsicologiche raccolti dalla dot-
toressa Ferrari ai fini di tracciare se e dove vi fossero miglioramenti da collegare al
mio lavoro con A.L. sulla base anche di quanto riportato nei primi due capitoli dove
invece abbiamo potuto osservare le basi scientifiche e culturali che risiedono all’in-
terno della pratica musicale nonché dall’ascolto della musica stessa. Assieme a que-
sto descriverò le tecniche comunicativo-relazionali da me operate in questo contesto in
relazione all’instabilità emotiva di A.L. in modo da esporre in maniera pratica tutte
quelle accortezze che hanno facilitato e facilitano la comunicazione e le interazioni
riducendo quanto più possibile le interferenze umorali e attentive che spesso gli impe-
discono di mantenere quella soglia della concentrazione utile ad apprendere nuovi
concetti contaminando la qualità dell’interazione.

3.1 Analisi dei dati

La prima valutazione fu effettuata nel 2013 (sette anni prima dell’incidente) per via
della presunta difficoltà nei calcoli mentali e nell’organizzazione/gestione del la-
voro scolastico. Da tale valutazione non si riscontrarono particolari lacune nelle
funzioni cognitive riconducibili a DSA10, tuttavia, dalle valutazioni successive (con-
dotte tra il 2017 e il 2019), emersero alcuni fattori riconducibili a deficit attentivi
con il sospetto di ADHD11 non confermato. L’anno prima dell’incidente, gli venne
successivamente diagnosticato il Disturbo Bipolare12 con conseguente terapia farma-
cologica mediante stabilizzatori dell’umore. Nel novembre del 2020, A.L. subì delle
gravi fratture craniche e del massiccio facciale13 dopo essere stato investito da
un’auto mentre camminava per strada; la diagnosi fu di TC encefalo: ematoma extradu-
rale FT dx, ematoma del tentorio, ESA scissura parieto-temporale al vertice, possibile danno as-
sonale con localizzazioni in regioni frontale paramediana e temporale sn; tracce ematiche nei corni
temporali dei ventricoli laterali.14 Le considerazioni finali espresse dalla Dott.ssa Ferrari

10 I DSA, o Disturbi Specifici dell’Apprendimento, sono disturbi legati alla scolarizzazione che riguardano le capacità
di calcolo, di lettura o di scrittura.
11
L’ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), comunemente denominato “disturbo da deficit dell’atten-
zione/iperattività” è un disturbo caratterizzato da scarse capacità di attenzione e/o da improvvisa impulsività incon-
trollabile.
12 Il Disturbo Bipolare è un disturbo legato all’instabilità dell’umore che si mostra con improvvisi picchi o cali di

energia con conseguenti sbalzi umorali.


13 Complesso osseo del cranio che comprende zigomi, mascella e mandibola.
14 Informazioni originali riportate nei dati raccolti dalla Dottoressa Susy Ferrari nel maggio del 2021.

25
mostrarono una compromissione della memoria a lungo termine, della memoria di
lavoro, delle funzioni esecutive (in particolare delle abilità di pianificazione e ragio-
namento critico) e delle abilità visuo-costruttive, pertanto ritenne utile proseguire
con le attività di training cognitivo per sperare nel recupero delle abilità deficitarie.
Per quanto riguarda la ripresa delle facoltà cognitive descritte qui sopra, circoscri-
vendole al mio personale intervento nell’ambito musicale, non mi sento di conside-
rare gli eventuali recuperi delle abilità visuo-costruttive poiché, come descritto am-
piamente nei precedenti capitoli, non possono essere direttamente condotti alle at-
tività musicali. Pertanto, ho deciso di concentrarmi sui risultati ottenuti che riguar-
dano unicamente i danni subiti in quelle aree presumibilmente legate alla pratica
della musica: il lobo frontale e il lobo temporale; quindi, la memoria a lungo e a
breve termine, la memoria di lavoro, e le funzioni esecutive con particolare inte-
resse verso le abilità di problem solving (per esaminare i progressi ottenuti in tali
aree sottopongo la consultazione della figura 1 presente alla fine del capitolo). Come
afferma Schön, “diversi studi mostrano un’associazione tra memoria di lavoro ver-
bale e memoria di lavoro musicale” per cui è importante tracciare i miglioramenti
in queste aree dal momento che non compaiono danni irreversibili, e ancora, “nei
soggetti adulti una lesione cerebrale acquisita può danneggiare o risparmiare seletti-
vamente le capacità musicali”, questo dimostra la modularità cerebrale quindi la
possibilità di intervenire su zone precise (Schön, 2018, pp. 87, 108).

3.2 La musica dopo il colpo

I primi incontri con A.L. apparivano goffi e incerti poiché le sue condizioni non
erano come quelle riscontrabili oggi. Faceva molta difficoltà a ricordare chi io fossi,
soprattutto quando lui era stanco o stressato; per cui, ogni volta che gli facevo vi-
sita era come se fosse la prima lezione. Pian piano questo ostacolo è stato eccellen-
temente superato grazie soprattutto al fatto che, in quanto A.L. è sempre stato un
profondo amante della musica, attendeva con ansia il giorno della settimana in cui
avrebbe potuto finalmente fare della musica, ciò gli dava un motivo più che valido
per scandire gli eventi accaduti durante la settimana ordinandoli temporalmente al
fine di contare i giorni mancanti. Ne è conseguito un lento ma costante recupero
delle abilità mnestiche.
Negli ultimi mesi con A.L. infatti, sono diventati sempre più frequenti gli episodi in
cui egli realizza la sua condizione in riferimento ai danni mnemonici subiti. Spesso,
dopo aver nuovamente posto la medesima domanda fatta pochi minuti prima,
esordisce con, «Perdonami, è il colpo!», riferendosi con sarcasmo all’incidente subito.
Oppure, quando si parla del fatto che non assume più il litio (elemento presente nei

26
farmaci per il trattamento del disturbo bipolare utilizzati come stabilizzatori
dell’umore), esulta con gioia, «Con la botta ho smesso di essere bipolare! Non è incredibile?».
La cosa che forse più di tutte ho imparato ad apprezzare in A.L. nel suo faticoso
percorso di recupero cognitivo è la sua sferzante ironia nonostante abbia subito
una grave cerebrolesione. Questo non tanto per l’ilarità e la spensieratezza che essa
può produrre, in quanto in una situazione così drammatica verrebbe a mancare a
molti la volontà di scherzarci su, quanto perché credo che l’utilizzo dell’ironia coin-
volga direttamente alcune capacità legate alla creatività e per estensione al problem
solving (si veda il paragrafo 1.3), aspetto di cui mi interessa particolarmente curare i
miglioramenti se desidero produrre musica di qualità seguendo le sue personali in-
clinazioni stilistiche. Il mio obbiettivo principale, oltre alle finalità ludiche di pas-
sare del tempo con lui facendo della musica o ascoltando le sue canzoni incise
prima del colpo - come lo chiama ironicamente A.L. - è quello di provare a produrre
della nuova musica post-incidente che possa aiutarlo a identificare e col tempo accet-
tare il suo nuovo sé con i suoi pro e i suoi contro.
Attraverso alcune tecniche procedurali e compositive opportunamente introdotte
assieme all’attenta direzione e sostegno del suo maestro Francesco Pini con i suoi
oltre 40 anni di esperienza nel settore, siamo stati in grado di direzionare A.L.
verso una sempre più limpida presa di coscienza della sua condizione. Tutto ciò è
avvenuto poiché in fase di composizione eravamo finalizzati allo scopo riabilitativo
per cui anche la musica che si realizzava comunicava le nostre intenzioni.
Questo ci ha reso (me e Francesco) inconsciamente capaci di utilizzare dei piccoli
trucchetti ed espedienti melodici e ritmici che potessero infondergli determinate
emozioni o ispirarlo a scrivere determinati testi per nuove canzoni (rimando al pa-
ragrafo 2.3 dove si è parlato della comunicazione attraverso il linguaggio della mu-
sica).
A differenza della musica post-incidente prodotta con gli altri musicisti con cui
A.L. ha lavorato prima che la sua famiglia si mettesse in contatto con me, i brani
che abbiamo realizzato nell’ultimo anno, grazie all’imprescindibile aiuto di France-
sco Pini, risultano più completi e carichi di significato e le sue abilità di scrittura
stanno notevolmente migliorando. Il lavoro con altri produttori lo ha spesso por-
tato a realizzare brani piuttosto mediocri viste le sue risapute condizioni di scarse
capacità cognitive nonché di scrittura creativa.
Questo perché la maggior parte dei musicisti lavora scollegando la psicologia dalla
musica, seppur dotati di grande talento per la produzione musicale, essi non hanno
sempre quelle competenze comunicative necessarie all’immedesimazione e la pa-
zienza di scavare per rintracciare delle caratteristiche positive concentrandosi su di
esse usandole come traino di un possibile miglioramento.

27
3.3 Musica e comunicazione

Sebbene A.L. affermi con simpatia che con l’incidente abbia smesso di essere
bipolare, alcune tracce della sua instabilità umorale sono comprensibilmente
rimaste, si trovano ancora lì ma in maniera più che legittima sono solo passate
clinicamente in secondo piano in questa più delicata fase di recupero cognitivo.
Spesso lui mostra un viscerale rifiuto verso il rispetto delle regole rifugiandosi negli
Stati dell'Io Bambino con accezione Ribelle15, ma non sempre questo è un male
considerando che, come spiegato alla fine del paragrafo 2.2, la tendenza alla
violazione delle norme canoniche spesso si collega alla creatività. Bisogna per tanto
valorizzare questa sua attitudine, nei limiti del necessario, sfruttandone gli impeti ai
fini artistici moderando e vagliando le interazioni a seconda dello stato psicologico
in cui A.L. si trova.
Ricollegandomi all’introduzione del primo capitolo, Musica e Gestalt, dove ho rac-
contato di come un video visto su Tik-Tok mi ha ispirato a indagare su musica e
psicologia, c’è da ricordare però quanto sia difficile oggigiorno reagire alla pervasi-
vità dei social-media e né io né A.L. facciamo eccezione. Dato che ho avuto la for-
tuna di studiare e approfondire come i social network possono causare dipendenze
psicologiche ho esaminato le tante soluzioni efficaci esistenti e mi sono impegnato
a mia volta a fronteggiare il problema con A.L. che, molto di frequente, si na-
sconde dietro il suo smartphone separandosi dalla realtà. Quando mi rendo conto
che A.L. ha preso il cellulare e non reagisce più agli stimoli verbali o musicali,
provo a chiedermi cosa gli dia il bisogno di farlo - può essere che sia stanco o che
abbia la necessità di un momento di decompressione dopo aver ascoltato musica a
lungo -, quindi utilizzo lo stesso mezzo che lo distrae, come gancio per la sua atten-
zione. Marco Fasoli, ricercatore presso il Dipartimento di Sociologia e ricerca so-
ciale presso l’Università di Milano, Bicocca, afferma che si possono “[…] selezio-
nare i contenuti digitali che consumiamo usando strategicamente le nostre emo-
zioni, in modo da riuscire a recuperare le energie mentali che abbiamo esaurito”,
(Fasoli, 2019, p. 119). Perciò quando noto che A.L. si protrae a lungo nell’isola-
mento facciamo una pausa, dopodiché gli chiedo ad esempio di utilizzare il tele-
fono, che ha già tra le mani, per fare qualcosa che lo riattivi come farmi ascoltare la
sua canzone preferita o analizzare il testo di una sua canzone; come dice anche Ta-
kumi Yamada, autore del libro Come convincere chiunque a fare qualunque cosa, “sappi far
leva su ciò che l’altro immagina, desidera, sogna”, (Yamada, 2017, p. 126). Questi

15 Rifacendomi agli studi di Eric Berne, sulla cosiddetta Analisi Transazionale, si riesce a comprendere la posizione
psicologia propria e dell’interlocutore identificando i vari Stati dell’Io per favorire l’interscambio e avere una comu-
nicazione più efficace e assertiva. Gli Stati dell’Io sono lo stato di Genitore, di Adulto e di Bambino. Lo stato
dell’Io genitoriale si scinde rispettivamente in Genitore Affettivo e Genitore Normativo (entrambe le posizioni possono
avere sia valenza positiva che negativa). Lo stato dell’Io Bambino, invece, si divide in Bambino Adattivo (che può sfo-
ciare nello stato di Bambino Ribelle) e Bambino Libero. Lo Stato dell’Io Adulto, infine, è quello che regola e bilancia
tutte le altre identità analizzando la realtà in base a fatti concreti e capacità di sintesi.
28
metodi lo riportano velocemente con un focus più stabile verso gli stimoli musicali
e ci rendono abili di continuare con naturalezza a occuparci del brano a cui si stava
lavorando. Nei suoi studi sulla percezione, Köhler, pose il quesito di capire cosa ci
stimola a ricordare e cosa ci spinge a dimenticare, di conseguenza, cerco di contra-
stare i deficit di memoria di A.L. utilizzando spesso delle ancore mnemoniche. Quando
lo vedo assente e distratto o, più semplicemente, quando ho paura che al prossimo
incontro possa dimenticare quanto gli ho appena detto, esordisco con una battuta
divertente, eseguo un gesto spontaneo e sganciato dalla situazione come far cadere
una penna o alzarmi per andare ad aprire la finestra. Se, la settimana successiva,
A.L. mostra difficoltà a ricordare le informazioni da me fornite posso utilizzare
queste ancore come facilitatori o rievocatori mnestici, ad esempio, “ricordi quando
ho fatto quella battuta a cui hai riso tanto?”, oppure, “quando ti ho detto questa
cosa mi ero alzato ad aprire la finestra, ora ricordi?”, “ricorderai sicuramente che ti
ho chiesto di raccogliermi la penna che avevo fatto cadere”, in questo modo A.L.
fa meno fatica a ricordare l’evento in questione poiché gli sottopongo altri dettagli
legati indirettamente all’informazione che stavamo cercando.
Imparando a conoscere A.L. ho potuto constatare che la sua indole all’inosser-
vanza delle regole non dipende solo dallo Stato dell’Io Bambino-ribelle, ma anche
dalla svogliatezza di seguire quei piccoli ma necessari passi per raggiungere qualsiasi
obbiettivo. Egli sogna di esibirsi dal vivo e di avere dei fan che amino la sua mu-
sica; ciononostante, tende a procrastinare la messa in campo di tutta la sua costanza
e risolutezza a quando avrà un vero pubblico pronto ad ascoltarlo. Senza un duro
lavoro costante, tuttavia, è impossibile raggiungere questa posizione; un famoso
Koan16 del Buddhismo Zen, chiamato La ciotola, recita:
Un novizio appena entrato nel monastero domandò al maestro Chao-chou: «Ti prego,
spiegami che cosa devo fare per raggiungere l’illuminazione».
«Hai mangiato la tua zuppa?»
«Sì»
«Allora lava la tua ciotola.» (Verza, 2019, p. 229)
Questa storia mi ha insegnato che il raggiungimento di qualsiasi traguardo non rac-
chiude l’idealizzazione di quest’ultimo o la continua ricerca di modi per ottenere
ciò che si vuole; ogni viaggio, persino il più lungo e tumultuoso, comincia sempli-
cemente mettendo un piede d’avanti all’altro. Nel mio lavoro con A.L., mi impe-
gno costantemente a stimolare il suo giudizio critico, a spronarlo verso l’utilizzo di
soluzioni creative ma soprattutto a consolidare la sua autostima per far sì che lui
possa essere sempre più in grado di recuperare le abilità perdute e di fare musica
migliore.

16 Nel Buddhismo Zen, i koan sono delle piccole storielle paradossali raccontate per favorire la pratica meditativa e
stimolare il risveglio delle coscienze.
29
Figura 1: Immagine infografica realizzata a partire dai dati delle valutazioni neuropsicologiche
di A.L. effettuate dalla Dottoressa Susy Ferrari dal maggio del 2021 all’aprile del 2022

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Ringraziamenti

Ringrazio sinceramente e con affetto la famiglia di A.L. e il suo maestro di musica


Francesco Pini per avermi dato la possibilità di essere inserito con sorprendente fi-
ducia e apertura mentale all’interno di un gruppo di lavoro con intenzioni così no-
bili. Ritengo che sia, e continuerà a essere, estremamente stimolante per me met-
tersi in gioco in questa maniera mettendo a disposizione competenze sia musicali
che comunicativo-relazionali con finalità riabilitative.
Spero che la storia di A.L. possa ispirare chi sfortunatamente si trova in situazioni
analoghe in cui spesso, per via del dramma di un evento spiacevole, si tende a con-
siderare raramente la musica e le altre discipline artistiche come trattamenti indiriz-
zati verso il benessere fisico e mentale per affrontare una patologia, in sincronismo
con le imprescindibili prassi sanitarie tradizionali e dovute, in modi alternativi e
fruttuosi.
Infine, ringrazio la dottoressa Susy Ferrari per essersi resa così disponibile appog-
giandomi in questo mio lavoro di tesi fornendomi supporto informale e tutto il
materiale ricavato dagli incontri trimestrali con A.L. dandomi la possibilità di dare
prestigio alle mie intuizioni e argomentazioni.

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Riferimenti bibliografici

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