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EMBRIOLOGIA

PRIME FASI DELLO SVILUPPO DEL CUORE E DELLA FORMAZIONE DELL’APPARATO VASCOLARE

È un apparato fondamentale in quello che è l’accrescimento dell’embrione, del feto e anche nello sviluppo
dell’individuo maturo, e si deve sviluppare piuttosto precocemente: non a caso i primi segni compaiono
verso la fine della terza settimana, e molto velocemente, all’incirca tre giorni dopo la comparsa delle isole
angioblastiche, già è funzionante il tubo cardiaco che inizia tra il 22° e il 23° giorno a battere, e questo è
fondamentale affinché il cuore svolga quel ruolo di pompa aspirante e premente che è utile allo stabilirsi di
una vera e propria circolazione. Ciò significa che fino alla terza settimana può essere necessario e
sufficiente quel contributo trofico che viene dall’assunzione di materiali dall’esterno per diffusione, ma a un
certo punto quest’assunzione è assolutamente inidonea a fornire l’energia per il ritmo proliferativo serrato
che porta all’accrescimento dei diversi foglietti, e quindi si deve stabilire questa circolazione. Vedremo
anche che esistono delle differenze importanti tra la circolazione fetale e quella post-natale, e queste
differenze dipendono dal fatto che la placenta non funziona più ma viene sostituita nel suo ruolo dai
polmoni, la cui attivazione a 360° comporta un cambiamento al livello della circolazione, e quindi mentre
prima il sangue veniva shiftato(cioè si evitava che andasse in grande parte nei polmoni che ancora non
funzionavano, non effettuavano scambi), successivamente alla nascita la situazione cambia ed è necessario
che il sangue arrivi ai polmoni, per cui vengono chiuse alcune vie tra cui una sorta di forame interatriale, il
forame ovale, o vengono anche congiunti vasi quali l’arteria polmonare e l’aorta nel cosiddetto dotto di
Botallo :di conseguenza il sangue cambia il suo orientamento.

Parliamo di sistema cardiovascolare, ma le modalità di formazione dei vasi sono generalmente


sovrapponibili a quelle del sistema linfatico. Quindi al di là del cuore i vasi si suddividono in arterie, vene,
arteriole, venule, capillari, rispettivamente sanguigni e linfatici. La struttura delle loro pareti cambia, e
dunque nei vasi di minor calibro, i capillari, troviamo solo un rivestimento endoteliale, talvolta supportato
da elementi che prendono il nome di periciti (elementi staminali che sono in grado di differenziarsi sia
nell’endotelio sia in altri tipi cellulari, sono presenti in prevalenza nei capillari). Quando il calibro dei vasi
aumenta è necessario che la parete si ispessisca e quindi l’epitelio viene supportato da una struttura
muscolare, una tonaca più o meno sviluppata a seconda del calibro del vaso in esame, e in particolare
facciamo una distinzione tra arterie muscolari e arterie elastiche, per cui le arterie più vicine al cuore,
dovendo sopportare una portata maggiore di sangue, sono più che altro supportate da lamelle elastiche,
tra le quali sono disperse delle vere e proprie cellule muscolari. La tonaca media, sia essa fatta da tessuto
muscolare o da lamelle elastiche, è poi supportata all’esterno da un ulteriore strato composto ovviamente
da tessuto connettivo che funge da rivestimento protettivo, per cui parleremo a partire dall’interno di
intima, media e avventizia. Nelle grandi arterie elastiche delle fibre elastiche sono presenti anche sotto
l’intima e al confine tra media e avventizia. Le arterie muscolari invece sono le arterie cosiddette
distributrici, perché distribuiscono il sangue a valle del sistema fino ad arrivare in periferia. Per quel che
riguarda le vene le struttura è simile, ma il tono rispetto alle arterie è differente(nei preparati istologici al di
là dello spessore della tonaca muscolare, che in alcuni casi può tuttavia arrivare ad essere di uguale
spessore in entrambi i tipi di vasi, osserviamo che nelle arterie si tende a conservare una forma
rotondeggiante, mentre le vene appaiono più sfiancate).

Sia nel sistema venoso che in quello linfatico esistono dei sistemi che prevengono il reflusso, delle valvole
che impediscono al sangue, che per esempio va da una zona periferica come le gambe al cuore, di refluire
all’indietro, evento che causerebbe problemi sia al livello di un appesantimento della circolazione, ma
anche al livello di edema degli arti inferiori. Valvole sono presenti nelle vene, nei vasi linfatici e nel cuore
nel ventricolo destro e in quello sinistro al livello dello sbocco nell’arteria aorta e in quella polmonare, o a
separare le camere ventricolari dalle rispettive atriali.

Dunque, per quanto riguarda la funzione, il cuore è pompa aspirante e premente. Premente perché da la
spinta iniziale alla circolazione a partire dal ventricolo sinistro, e aspirante perché c’è un ritorno del sangue
al cuore nell’atrio destro, e da qui viene indirizzato al ventricolo destro per entrare nel circolo polmonare.
Le arterie distribuiscono in sangue a valle, mentre al livello delle arteriole viene regolata la pressione
sanguigna, e infine i capillari servono per lo scambio, e in particolare i capillari linfatici, composti anch’essi
da endotelio servono sostanzialmente a filtrare il liquido extracellulare e coadiuvano le vene, sono
ramificazioni di vasi più grandi e alla fine del percorso il liquido da loro trasportato viene rimesso in circolo.

(Le malformazioni congenite del cuore e dei vasi rappresentano una quota notevole( circa il 25%) di tutte le
malformazioni e si riscontrano nel 0,8% dei nati vivi e nel 2,7% dei nati morti; molto diffuse sono alterazioni
del setto interatriale, o del setto interventricolare; ci sono poi malformazioni cardiache che sono un
ritrovato occasionale quindi non danno alterazioni funzionali importanti, per tutta la vita o solo per un
primo periodo e poi si palesano nel corso dell’accrescimento dell’individuo. A conforto di ciò, molte
malformazioni possono essere corrette chirurgicamente dopo la nascita o addirittura durante la vita
intrauterina).

Ora parlando della formazione dei vasi sanguigni, detta angiogenesi, è importante non solo nello sviluppo
embrionale, ma è importante anche nell’accrescimento, e inoltre la formazione di nuovi vasi, la
neoangiogenesi, è anche importante nello sviluppo di masse tumorali al punto tale che già molti anni fa il
ricercatore Judah Folkman ipotizzo che si potessero curare i tumori agendo sulla rete vascolare perché
immaginò che, quando il tumore si accresce, inizialmente si serve della rete vascolare già esistente, ma,
avendo le cellule tumorali questo aspetto di replicazione incontrollata, ad un certo punto i contributi trofici
che derivano dai vasi esistenti non bastano più e addirittura si possono creare degli stati di ipossia e
vengono prodotti dei fattori hypoxia inducible factors, fattori indotti dall’ipossia che stimolano la
produzione di fattori angiogenici per creare nuovi vasi. Non è detto che questi nuovi vasi abbiamo una
struttura adeguata, quindi talvolta hanno una struttura aberrante e si forma un circolo vizioso per cui il
tumore continua ad elaborare tutta una serie di fattori angiogenici e ciò aumenta la sua vascolarizzazione,
tanto è vero che in alcuni tumori l’analisi istopatologia si basa proprio sulla densità dei microvasi, il cui
numero diventa un’indicazione prognostica (si può fare nel glioblastoma, in cui andando a contare i
microvasi anche a distanza di 3 cm dal tumore, si è osservato che se c’era un’alta densità la sopravvivenza
era minore).

Di solito si parla in generale di angiogenesi, però possiamo distinguere più correttamente una
vasculogenesi, costituzione dell’albero vascolare standard nel feto e nell’embrione, riservando il termine di
angiogenesi alla costituzione di nuovi vasi da quelli già esistenti, mediante lo sprouting(simile alla
gemmazione nelle piante).Entrambi i fenomeni si verificano nell’embrione, ma naturalmente il primo è di
maggiore rilevanza.

Quindi il verificarsi della comparsa di isole angioblastiche o sanguigne nella parete del sacco vitellino, che è
foderato da un po’ di mesoderma extraembrionale, è l’input alla vasculogenesi vera e propria. Le isole
angioblastiche sono degli agglomerati di cellule mesenchimali che formano per l’appunto degli isolotti
oppure dei cordoncini, nel cui contesto si osserva una rarefazione delle cellule centrali, quindi compaiono
dei buchini, degli spazi determinati da cellule che vanno in apoptosi, quindi con l’aggregarsi di questi buchi
si crea il lume del vaso in cui rimangono i primi elementi circolanti che sono i megaloblasti e sono degli
eritrociti più grandi di quelli normali e contengono l’emoglobina fetale. Poi questi canali che hanno
acquistato un lume formano dei plessi a maglie più o meno strette e alcuni di questi canali si riassorbono,
altri si sviluppano. La formazione dei vasi in tutti i distretti di cui parleremo è esorbitante, cioè si formano
più vasi di quelli che ci servono e quindi c’è sicuramente un notevole rimaneggiamento e parte dei vasi che
si formano vengono riassorbiti per adattamento al territorio che bisogna seguire. Se il riassorbimento non
avviene in maniera adeguata si possono formare strutture che noi chiamiamo angiomi, si formano delle
chiazze rossastre localizzate nell’area del collo o del torace, mentre piccoli angiomi cutanei sono risultato di
neoformazione locale che avviene con l’avanzare dell’età. Naturalmente ci sono patologie in cui angiomi
cutanei sono collegati ad angiomi localizzati altrove.

Quindi mentre si formano questi cordoni con un lume centrale in cui si presentano elementi circolanti, le
altre cellule si appiattiscono intorno e formano la parete che è invariabilmente fatta all’inizio del solo
endotelio. Abbiamo detto che la prima comparsa avviene nel sacco vitellino, ma ben presto questi
fenomeni compaiono anche nel peduncolo embrionale e l’asse di riferimento per lo sviluppo delle isole
angioplastiche è il diverticolo allantoideo, o uraco. I primi elementi circolanti sono eritrociti diversi da quelli
definitivi e l’ematopoiesi attiene ancora una volta in primis al sacco vitellino tanto che si parla di
ematopoiesi vitellina, però si trasferisce poi ad altri organi come il fegato, a 3°mese, e alla milza, al 5° mese.
Lentamente l’ematopoiesi al livello di questi organi si spegne per rimanere definitiva come ematopoiesi del
midollo osseo, che ha già cominciato a funzionare al 4° mese. Alcune staminali ematopoietiche rimangono
nel fegato e nella milza e sono capaci di sopperire ad un’eventuale mancanza dell’ematopoiesi ordinaria,
non solo con eritrociti ma anche con altri elementi del sangue circolante.

Le isole angioblastiche appaiono quindi nel mesoderma e all’inizio della terza settimana si dispongono a
ferro di cavallo circondando quella che è la placca neurale. Il mesoderma intraembrionale si divide in tre
parti:mesoderma parassiale,che ha a che fare con i somiti,che a loro volta hanno a che fare con lo sviluppo
delle vertebre;mesoderma intermedio, che ha a che fare con lo sviluppo dell’apparato escretore ma anche
con lo sviluppo dell’apparato genitale;mesoderma laterale, che all’inizio è un foglietto piuttosto piatto, poi
all’interno di esso si assiste ad una rarefazione cellulare e quindi il foglietto si delamina in due parti,
chiamate rispettivamente mesoderma somatico e mesoderma splancnico, e le isole angioblastiche
appaiono proprio qui. Anche qui il comportamento è quello precedentemente descritto: si formano dei
cordoncini che si cavitano, poi si formano del plessi a maglie più o meno strette e, in particolare, nel
mesoderma splancnopleurico si costituiscono due tubi endocardici che sono gli antesignani dell’unico tubo
endocardico, che poi andrà a costituire l’abbozzo del cuore. La struttura a ferro di cavallo delle isole
angioblastiche quindi è determinata dal fatto che il mesoderma laterale appare lateralmente e poi si
espande, e inoltre bisogna precisare che, per un certo periodo di tempo, la cavità presente nel contesto
della delaminazione che abbiamo chiamato celoma intraembrionale, comunica con celoma
extraembrionale, e questo è di fondamentale importanza perché, se così non fosse, dove mai andrebbe ad
erniare l’ansa intestinale primitiva? Abbiamo infatti detto che, poiché non c’è spazio, l’ansa intestinale
primitiva si proietta verso l’esterno e poi rientra, e quindi questa cavità che si forma tra il celoma
extraembrionale e quello intraembrionale si annulla. Quindi in sostanza è la chiusura del corpo
dell’embrione che vanifica questa comunicazione.

Nella costituzione dei vasi sanguigni intervengono famiglie di fattori di crescita, come vascular endothelial
growth factor(VEGF), ma anche la famiglia dei fibroblast growth factor(FGF). Ma il fenomeno corretto di
formazione dei vasi è sempre da interpretare come un’azione combinata di fattori che stimolano la
proliferazione endoteliale, contro altri fattori che tendono a controllarla in negativo, inibendola.

Il celoma, la cavità generale, in seguito si andrà a dividere in cavità pericardica e cavità addominale, e
queste sono separate da un setto, detto trasverso, che è implicato nella formazione del fegato. Quindi,
all’inizio dello sviluppo, cuore e polmoni stanno nella stessa cavità, ma in seguito, col formarsi di pieghe
dette pleuropericardiche, le due cavità vengono divise in cavità pericardica e cavità pleurica. Abbiamo già
detto che i polmoni sono rivestiti dalla pleura, che in realtà è fatta da 2 foglietti:pleura viscerale, che è
attaccata a parenchima, e questo foglietto si ripiega a formare la pleura parietale, quindi c’è una piccola
cavità virtuale che è importante per il movimento di espansione del polmone e si può verificare un
versamento, cioè si può riempire di liquido(essudato) in caso di infezioni, impedendo la contrazione. Per
quel che riguarda il cuore, la sua parete definitiva sarà fatta da uno strato apposto al lume, endocardio, uno
strato centrale muscolare ed infine un rivestimento , epicardio. Quindi anche qui il rivestimento si divide in
2 foglietti, uno viscerale che aderisce al cuore e uno parietale, anch’essi separati da uno spazio virtuale.

Quindi in definitiva la cavità celomatica è uno spazio che si scava a partire del mesoderma laterale,che si
ingrandisce e praticamente avvolge tutto quanto per poi richiudersi quando si ha la chiusura del corpo
embrionale; gli organi si accrescono dunque all’interno di questa cavità e quindi il rivestimento originario di
questa cavità, l’epitelio celomatico, rimane in qualche modo accollato agli organi che si sviluppano in
questa cavità. Dunque il foglietto più esterno di rivestimento di organi come i polmoni e il cuore sarà
sicuramente un epitelio che potrò chiamare mesotelio pleurico e mesotelio cardiaco, e che niente altro è
che epitelio celomatico che originariamente tappezzava questo territorio.
Quindi i tubi endocardici si sviluppano nel mesoderma splancnico, uno per ciascun lato. Ma l’embrione si
solleva e si ripiega sul sacco vitellino, e non solo, ma l’embrione si ripiega lateralmente, perché l’obbiettivo
finale è quello della chiusura del corpo embrionale. Quindi, in seguito a questi due movimenti, innanzitutto
la cavità globale va a cambiare di posizione, e quindi alle fine troviamo la bozza cardiaca, che è dovuta al
fatto che le componenti del futuro cuore si vanno a spostare, e, proprio in seguito allo sviluppo che ha
avuto la placca neurale e al sollevamento dell’embrione, questa zona del cuore subisce una rotazione di
180° e quindi il futuro tubo cardiaco si colloca direttamente sotto la membrana bucco-faringea (quindi sotto
al tratto iniziale dell’intestino primitivo) e sopra la cavità pericardica primitiva. Quindi proprio la chiusura
dell’embrione spinge i due tubi ad avvicinarsi e a fondersi in un unico tubo, a cui è accollato il rivestimento
celomatico, detto epicardio o pericardio viscerale, e inoltre rimane qui, grazie all’accollamento dei due tubi,
una piega che prende il nome di mesocardio dorsale, che poi tenderà a scomparire. Per quel che riguarda la
costituzione della parete cardiaca, inizialmente il tubo è formato dal solo endocardio rivestito dal
mesenchima. Inizialmente nella parete del cuore si distinguono tre strati: una zona piuttosto molle, la
gelatina cardiaca, con rari elementi cellulari, una zona intermedia a cellularità più spinta e lo strato esterno
che abbiamo chiamato epicardio. La seconda e terza parte formano il mantello mioepicardico che si
interesserà della parete muscolare e del rivestimento più esterno del cuore.

Parallelamente allo sviluppo del cuore si disegnano altri due tronchi vasali, che sono le aorte dorsali, che
all’inizio sono distinte e poi andranno a fondersi in un unico tubo, almeno per un tratto iniziale, e si
fonderanno col tubo endocardico o cardiaco, che originariamente è rettilineo e acquisterà un rapporto con
queste aorte mediato dagli archi faringei, perché ci sono dei vasi che passano proprio dagli archi faringei e
mettono in comunicazione il tubo cardiaco con le aorte. Al 25°-26° giorno il tubo cardiaco presenterà già
un rigonfiamento che noi chiamiamo sacco aortico( a cui segue il bulbo cardiaco e infine un’area piuttosto
dilatata che prende il nome di ventricolo primitivo, che formerà poi il ventricolo sinistro) e da qui poi si
connettono i vasi degli archi faringei, detti archi aortici, per metterlo in comunicazione con vasi aortici (le
aorte dorsali) dai quali si dipartono l’arteria vitellina, l’arteria ombelicale, e si creerà anche un sistema
venoso di ritorno.

Quindi al 21°giorno già vediamo la formazione di un tubo cardiaco unico, in cui distinguiamo abbozzi di
sacco aortico, bulbo cardiaco e ventricolo primitivo che andranno a formare la zona cosiddetta arteriosa,
ma qui caudalmente il tubo cardiaco contrae rapporti anche con le vene vitelline e ombelicali, e quindi si
creano due altre aree, l’atrio primitivo e il seno venoso. Quindi nel futuro questa parte intrappolata nel
mesenchima del setto trasverso si divincolerà e andrà ad abbracciare la zona arteriosa dal di dietro, per
avere la struttura definitiva del cuore, che ha la forma di un pugno diviso in quattro concamerazioni. Quindi,
per arrivare a questa forma dal tubo originale, c’è un divincolarsi delle zone prima descritte.

Le varie parti dovranno andare a separarsi in modo definito tra di loro all’incirca nel giro di 10 giorni per
attivare il meccanismo di sedimentazione del cuore, quindi la costituzione dei setti interatriale e
interventricolare e delle valvole precedentemente accennate. Nella formazione di questi setti, di questi
sedimenti intervengono sia meccanismi passivi, che meccanismi attivi: per esempio, in qualche caso,
possiamo vedere, in sezione trasversale del tubo, la formazione di due tubercoli sopra e sotto, che poi si
andranno a fondere, quindi in questo caso parliamo di meccanismo attivo di proliferazione dei due
tubercoli che si sono accostati tra di loro; ma altre volte, invece, il meccanismo è passivo, quindi, se
abbiamo una sezione di un cilindro la cui parete si accresce, può accadere che si accresca uniformemente
lungo tutto il contorno oppure solo da una lato, con una crescita asimmetrica che può portare
all’avvicinamento delle pareti senza che ci sia una proliferazione cellulare.

Siamo a 24 giorni, quindi il tubo, in cui si distinguono le varie parti più o meno dilatate, da rettilineo ha
cambiato un po’ il suo orientamento, si è verificato un coricamento di un’ansa a destra del piano di
simmetria bilaterale(che riguarda la zona arteriosa), dovuto al fatto che l’abbozzo del cuore cresce molto
più rapidamente rispetto alla cavità che lo contiene(ipotesi più quotata sostenuta da molti libri e dalla Sica
stessa). Però bisogna aggiungere che abbozzi di cuore isolati si coricano in vitro anche indipendentemente
dalla cavità, quindi è un meccanismo che viene considerato intrinseco e di cui ancora non si conoscono le
cause remote. Altri autori sostengono che questa modificazioni si verifichino per ragioni
emodinamiche(ipotesi altrettanto probabile). (Probabilmente dipende dall’azione combinata di tutte
queste ipotizzate).

Quindi, indipendentemente dal sacco aortico, la zona che abbiamo chiamato bulbo aortico si divide in tre
parti: una zona più craniale, che prende il nome di tronco arterioso(dove avranno origine gli abbozzi
dell’arteria polmonare e anche dell’aorta), poi c’è una zona più ristretta che prende il nome di cono, che a
sua volta si dividerà in due parti che saranno incorporate differentemente, e andando avanti c’è il
segmento ventricolare che forma il ventricolo destro (mentre è il ventricolo primitivo che forma il
ventricolo sinistro).

A circa 25 giorni si è già costituita l’ansa, si vedono già i distretti che volumetricamente sono diversi, la
regione più caudale o seno atriale dove si costituisce l’atrio comune originariamente, che poi si andrà a
dividere in atrio sinistro e destro, e il seno venoso con le vene che si divincolano per andare ad abbracciare
da dietro l’ansa originaria.

Se andassimo a studiare dettagliatamente questi movimenti che si verificano nel corso della
sedimentazione, troveremmo le basi morfogenetiche per tutte le malformazioni cardiache che vengono
descritte.

Una regola importante che vige in embriologia, e riguarda nello specifico anche lo sviluppo del cuore, è
quella che, se più abbozzi partecipano alla costituzione di una struttura, è più probabile che si verifichi un
danno. Dunque se il rapporto è 1:1(un abbozzo-una struttura) le probabilità che ci siano delle alterazioni
sono inferiori rispetto al caso in cui la formazione di una struttura dipenda dalla partecipazione di più
abbozzi. Questo infatti è quello che si verifica nella formazione del setto interventricolare, che sarà diviso in
una parte muscolare e in una parte detta “pars membranacea septi”. Siccome nel fare la pars
membranacea intervengono più abbozzi, allora quello rappresenta un punto critico, ed ecco perché le
malformazioni del setto interventricolare sono abbastanza frequenti, anche se non è detto che siano gravi o
gravissime.

CIRCOLAZIONE FETALE

Riguardando e integrando ciò che è stato detto originariamente, ci sono dei punti e degli snodi in cui viene
impedito al sangue di circolare distesamente in alcuni distretti, per esempio è quello che accade nello
specifico nel caso della placenta con i vasi ombelicali, e si vede che la vena ombelicale si dirige verso il
fegato ma a un certo punto può passare il sangue direttamente verso la vena cava inferiore tramite il dotto
venoso di Aranzio. Poi, al livello più craniale, il sangue può passare dall’atrio destro all’atrio sinistro
attraverso il forame ovale, e può accadere che, tramite il dotto arterioso, il sangue possa essere shiftato
dall’arteria polmonare all’aorta; nella circolazione definitiva il dotto di Aranzio scompare, perché il sangue
viene portato in grandi quantitativi al fegato, si chiude il forame ovale e viene obliterato il dotto arterioso,
questo perché c’è un cambiamento della situazione emodinamica, quindi è giusto che il sangue debba
andare in quantitativi cospicui al polmone che funziona per effettuare gli scambi, e quindi viene anche
chiusa la comunicazione interatriale, che all’inizio è un accollamento meccanico puro e semplice, ma poi si
va saldando (prima della nascita la pressione tra i due atri è diversa per consentire il passaggio del sangue
da una parte all’altra). Quindi durante la vita intrauterina ci sono dei tentativi di atti respiratori ma essi
diventano effettivi e giustificati solo verso la fine della gravidanza, solo verso la fine del 7°mese perché
prima non ci sono neanche gli alveoli per consentire gli scambi dell’ossigeno.

Sono interessanti anche le modificazioni che subisce la parete cardiaca: abbiamo parlato della
stratificazione, della sedimentazione, ma cosa accade nelle cavità, nella parete vera e propria, ad esempio
quella dei ventricoli? La parete dei ventricoli va incontro ad una certa movimentazione, addirittura sembra
quasi che la cavità sia completamente obliterata per la formazione di tutta una serie di escrescenze, dette
trabecole carnee, che vanno incontro a dei fenomeni di apoptosi, e di queste trabecole ne rimarranno solo
alcune a costituire i cosiddetti muscoli papillari, che si attaccano e comandano l’apertura e chiusura delle
valvole posizionate tra atrio e ventricolo.
Per quanto riguarda la sedimentazione dell’atrio , processo molto complesso che prevede la formazione di
un setto, il septum primum, che però non divide completamente l’atrio primitivo, poi accanto a questo un
septum secundum, che si spinge verso il basso e tappa il forame che c’era prima in basso, ma lascia una
smagliatura in alto, quindi ci vogliono una serie di modificazioni affinché si costituisca un setto adeguato a
dividere l’atrio primitivo, tanto è vero che se ciò non accade si verifica una malformazione che si chiama
“atrio comune”.

(Rilevante dal punto di vista embriologico è il fatto che intorno agli anni ’60 veniva usato un farmaco
antinausea, il talidomide, che veniva usato su ampia scala, e si osservò che i soggetti che avevano assunto
questo farmaco avevano dato vita a bambini malformati, soprattutto a carico degli arti, e si è visto che il
talidomide aveva un effetto antiangiogenico, quindi le malformazioni degli arti erano correlate al fatto che
all’interno degli abbozzi mesenchimali non si sviluppavano i vasi sanguigni e ciò comportava malformazioni
di vario livello fino alla mancanza assoluta degli arti (amelia) o alla presenza di tratti distali uniti (focomelia).
Naturalmente il farmaco venne tolto da mercato, ma oggi è stato reintrodotto in commercio per l’utilità nel
trattamento di tumori in cui si presenta eccessiva neoangiogenesi.

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