Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Solo le Lactobacillacee producono acido lattico in grande quantità. Morfologicamente le Lactobacillacee si presentano
sotto la forma di diplococchi, tetracocchi, streptococchi e bastoncelli, singoli o riuniti in colonie a catena.
Sono suddivise in 4 generi:
Streptococcus,
Pediococcus,
Lactobacillus, diviso in 3 sottogeneri: Thermobacterium,
Streptobacterium,
Betabacterium.
Leuconostoc.
L’attività ottica dell’acido lattico prodotto dipende dal ceppo del microrganismo. Responsabili:
•la stereospecificità della lattato-deidrogenasi;•La presenza o l’assenza di una lattato-racemasi.Bacterium bifidum è
stato oggi incluso fra gli Actinomicetales, essendo tipicamente anaerobio, mentre gli altri batteri che producono acido
lattico sono microaerofili.Il tipo di fermentazione e la configurazione dell’acido lattico che ne deriva dipendono dai
vari generi di batteri e sono riportati nella Tabella seguente:
CONFIGURAZION
E
DELL’
AC.LATTICO
Streptococcus omolattica ac.lattico L(+)
Lactobacillus
Si considerano fermentazioni “omolattiche” quelle con una produzione di acido lattico >80% (valore teorico).
Appartengono a questo gruppo tutti i batteri lattici che utilizzano glucosio attraverso la via Embden-Meyerhof-Parnas
per il lattato, con il piruvato accettore finale di elettroni e resa di ATP nella fermentazione è di 2 moli/mole di glucosio.
Sono considerate fermentazioni “eterolattiche” quelle in cui i prodotti collaterali e l’acido lattico sono prodotti in
quantità molari quasi uguali. Sono identificate col ciclo della fosfochetolasi e resa in energia pari solo alla metà di
quella ottenuta per la fermentazione omolattica.
Alcuni batteri eterolattici, quali il Lactobacillus pentosus e il Lactobacillus plantarum, sono capaci di fermentare
pentosi che., ad opera di una liasi, vengono scissi in un composto a due atomi di Carbonio (es.etanolo o ac. Acetico) ed
uno a tre atomi di Carbonio (acido lattico). Una pentoso epimerasi trasforma gli aldopentosi nei chetopentosi
corrispondenti, una pentochinasi con ATP fosforila il substrato, e una fosfopentaisomerasi isomerizza i substrati
fosfati, che passano attraverso un punto comune che è lo xiluloso-5-P. Da questo stadio in poi la fermentazione segue il
ciclo della fosfochetolasi. Altri batteri eterolattici sono capaci di fermentare gli esosi: il Leuconostoc mesenteroides da
un esoso produce quantità molari uguali di acido lattico, etanolo e CO2 come si vede nello schema seguente:
In base al loro corredo enzimatico i batteri lattici possono essere raggruppati in tre tipologie:
Omofermentanti si no no
obbligati
Eterofermentanti no si si
obbligati
Eterofermentanti si si si
facoltativi
(*) lattato deidrogenasi L(+) specifica, non posseduta dal Leuconostoc mesenteroides.
Leuconostoc mesenteroides
NAD+ NADH H+
ac. malico --------------------→--------------------- acido lattico
- CO2
Numerosi ceppi di batteri lattici sono in grado di trasformare l’acido malico in acido lattico; questa via metabolica é di
estrema importanza commerciale per l’industria vinicola
Numerosi ceppi di batteri lattici sono in grado di trasformare l’acido malico in acido lattico; questa via metabolica é di
estrema importanza commerciale per l’industria vinicol
miglioramento dei metodi di insaccamento sono state introdotte via tecnologie più avanzate:
Aggiunta
il il miglioramento dei metodi di insaccamento sono state introdotte via tecnologie più avanzate:
Aggiunta di zucchero o polvere di latte per velocizzare la produzione di acido lattico
Aggiunta di ioni nitrato per abbassare il potenziale redox della miscela, poiché una parte del nitrato viene
ridotta a nitrito. Questo fenomeno stabilizza il colore del prodotto in quanto previene l’ossidazione dell’emoglobina;
inoltre fornisce un ambiente favorevole alla crescita dei batteri lattici microaerofili e sopprimendo nell’insieme lo
sviluppo dei batteri nocivi (Clostridi). Alcuni dei batteri che contribuiscono alla fermentazione naturale sono in
grado di ridurre il nitrato a nitrito. Pertanto le caratteristiche auspicabili in una coltura starter per preparare derivati della
carne sono:
capacità di produrre acido lattico;
tolleranza ai sali, alle spezie, ai nitrati e nitriti;
capacità di ridurre i nitrati a nitriti.
Per il miglioramento dei metodi di insaccamento sono state introdotte via via tecnologie più avanzate:
Aggiunta di zucchero o polvere di latte per velocizzare la produzione di acido lattico
Aggiunta di ioni nitrato per abbassare il potenziale redox della miscela, poiché una parte del nitrato viene
ridotta a nitrito. Questo fenomeno stabilizza il colore del prodotto in quanto previene l’ossidazione dell’emoglobina;
fornisce un ambiente favorevole alla crescita dei batteri lattici microaerofili e sopprimendo nell’insieme lo
sviluppo dei batteri nocivi (Clostridi); evita la formazione di off-flavours. Alcuni dei batteri che contribuiscono
alla fermentazione naturale sono in grado di ridurre il nitrato a nitrito. Pertanto le caratteristiche auspicabili in una
coltura starter per preparare derivati della carne sono:
· capacità di produrre acido lattico;
· tolleranza ai sali, alle spezie, ai nitrati e nitriti;
· capacità di ridurre i nitrati a nitriti.
La preponderanza numerica dei batteri lattici sopprime crescita e produzione di tossine di queste specie
indesiderabili:
Batteri patogeni
Bacillus cereus: l’acido lattico elimina le forme vegetative, le spore restano vitali a lungo.
Staphilococcus aureus (enterotossico): proprietà fisiologiche analoghe ai micrococchi; colture starter + aggiunta
di glucosio ne abbattono il numero e inibiscono sviluppo e produzione di enterotossina . Escherichia coli
(enteropatogeno): cresce durante le prime fasi di lavorazione e diminuisce quando i valori del pH scendono sotto 4,5 -
4,6. Salmonelle ; riduzione del loro numero lieve nella fermentazione e forte nell’essiccamento; se inizialmente è
basso, si ha un prodotto finito in cui non è possibile isolare salmonelle. Questa azione è dovuta anche al NaCl.
Clostridium botulinum; non è in grado di moltiplicarsi e produrre tossine nei salami se si rispettano le norme di
produzione e si usano colture starter + sufficenti nitrati. Clostridium perfrigens: sporigeno, ma l’ambiente in cui si
troverà ne impedirà la riproduzione.
Batteri decompositivi , che si accrescono a pH neutro e producono istamina e tiramina.
Le colture starter sono colture di ceppi, sia singoli che assortiti in modo non casuale, di microrganismi, la cui
inoculazione sistematica è già usata in altri settori alimentari, come l’industria casearia.
In Italia l’uso delle colture starter è regolato per legge e consente “l’impiego di colture di avviamento, cosiddette
starter microbici, appartenenti
alla famiglia Lactobacillacee, genere Lactobacillus,
alla famiglia Streptococcacee, genere Pediococcus ed
alla famiglia Micrococcacee, genere Micrococcus,
nella preparazione degli insaccati carnei la cui tecnologia produttiva non comporti trattamento con calore”
E’ ammesso l’impiego, nel relativo substrato, di saccarosio nella concentrazione massima dell’1% e di destrosio nella
concentrazione massima dello 0,5%.
La presenza di microrganismi, specie micrococchi e stafilococchi riduttori di nitrati e nitriti, è fondamentale per la
formazione del colore rosso del salame. Essi in condizioni anaerobie trasformano successivamente i nitrati in nitriti, in
ossido di azoto, in protossido di azoto ed infine in azoto; un’altra via conduce alla formazione di ammoniaca:
-nitrati e nitriti:a) vantaggimantengono alle carni un colore rosso vivo, mentre spontaneamente tenderebbe
al bruno
esplicano un’azione di protezione nei confronti del Clostridium botulinum
evitano off flavours e rancidità
b)svantaggisi possono verificare casi di metaemoglobinemia infantile, per cui la legge
proibisce l’aggiunta di nitrati agli alimenti destinati all’infanzia
c’é la possibilità di formazione di nitrosammine per reazione tra l’acido
nitroso e le ammine secondarie;
polifosfati di sodio
a) vantaggiprevalentemente sono destinati a correggere l’equilibrio salino delle carni essudative di maiale ed.
impedire eccessive perdite di acqua
b)svantaggiPurtroppo tale pratica é degenerata ed é utilizzata come mezzo per
fare assorbire acqua alle carni, con il deplorevole risultato di ottenere
prodotti con qualità organolettiche scadenti.
Preparazione del prosciutto crudo: Il prosciutto crudo rappresenta il prodotto di maggior valore sia dal punto di vista
nutrizionale, che gastronomico ed economico.
Materia prima: Il prosciutto crudo viene preparato a partire dalle masse muscolari, compreso il tessuto adiposo,
della coscia e zampa del maiale. Il supporto osseo è costituito dal femore, dalla rotula, dalla tibia e da parte del tarso.
Frollatura: Questo procedimento è comune a tutte le carni impiegate nella preparazione di salumi; solo dopo la
frollatura il muscolo diventa carne alimentare. I mutamenti che avvengono nel periodo della maturazione riguardano
più che altro le proteine e avvengono per azione di enzimi microbici e tissutali (autolisi). Le carni fresche presentano
una ricca microflora qualitativamente e quantitativamente molto varia, che spesso non si ferma agli strati superficiali,
ma può penetrare all'interno delle masse muscolari in seguito a fenomeni chimico-fisici post-mortem, come la
variazione di pressione osmotica che, richiamando liquidi dagli interstizi verso l'interno delle cellule, veicola i
microrganismi. La formazione di acido lattico ostacola la penetrazione dei microbi all'interno della carne, mentre le
basse temperature ne limitano lo sviluppo.
Molta importanza però riveste la carica microbica iniziale, la cui entità è in rapporto alle condizioni igieniche in cui
vengono effettuate le operazioni di macellatura.
Una contaminazione microbica troppo spinta porta a rapide alterazioni della carne, da cui la necessità di rigorose
condizioni igieniche e delle basse temperature durante le fasi di lavorazione, stoccaggio, distribuzione e vendita.
L'azione di numerose idrolasi sui composti della carne provoca infine la formazione di piccole quantità di sostanze che
spesso sono favorevoli allo sviluppo del gusto e dell'aroma: acetone, acetaldeide, diacetile, ammoniaca, acido
solfidrico, nucleotidi, ecc.
L'irrancidimento ossidativo dei grassi, viceversa, incide negativamente sul sapore e sull'odore delle carni.
Salagione: Dopo una breve frollatura, le cosce toilettate, rifilate tramite asportazione della cotenna e del grasso
superfluo, vengono sottoposte a salagione. Si tratta di un procedimento " a secco " , realizzato sfregando sulla carne la
miscela salina, costituita da cloruro di sodio e piccole porzioni di nitrato di potassio (salnitro). La salagione è la prima
delle quattro fasi di lavorazione; viene effettuata in celle frigorifere, ad una temperatura di 3-4°C, per evitare la
proliferazione di una flora microbica non desiderata, pur permettendo la penetrazione della miscela salina, che a
temperature inferiori sarebbe troppo lenta; a temperature elevate si avrebbe la coagulazione delle sostanze
albuminoidi, che impedirebbero al sale di penetrare. E' preferibile usare sale cosiddetto "grosso", perché quello fine
penetrerebbe troppo velocemente nei tessuti, denaturando le proteine degli strati superficiali e impedendo quindi la
penetrazione nelle parti più interne.
Riposo: Dopo la salagione i prosciutti restano per oltre un mese a 1-4°C, in condizioni di umidità relativa del 75-
85%. Questo per consentire una disidratazione omogenea del pezzo. La durata del riposo deve essere stabilita in
relazione al calo di peso, che è un indice attendibile della eliminazione di acqua nelle parti muscolari e che
orientativamente non dovrebbe essere inferiore al 13 %.In generale si può affermare che un periodo di cella, fra
salagione e riposo, di 90-110 giorni assicura una buona conservabilità.
Lavaggio: Alla fine del periodo di giacenza i prosciutti vengono lavati con acqua tiepida per rimuovere patine
eventualmente formatesi alla superficie e fatti asciugare per qualche giorno all'aria. A questo punto si può già fare
una prima valutazione sull'andamento del processo preparativo. la cotenna deve essere di colore chiaro, mentre il
muscolo deve tendere al rosa. Alla palpazione, il pezzo deve risultare morbido.
Stagionatura: La stagionatura, che si protrae per 10-14 mesi in locali ben aereati e con la giusta illuminazione,
consta di una prima fase in cui si completa l'essiccamento del prodotto con umidità relativa ridotta e di una seconda
fase in cui l'umidità relativa è riportata a tenori più elevati.
Durante la maturazione avvengono, anche per il prosciutto importanti processi enzimatici presieduti in gran parte dai
batteri lattici, che conferiscono al prodotto le tipiche caratteristiche organolettiche e nutritive.
Le condizioni ambientali nell'ultima fase della stagionatura favoriscono la formazione superficiale di una soffice patina
di muffe bianche, indispensabili per lo sviluppo del tipico aroma.
In questo periodo si insediano alla superficie anche alcune specie di artropodi, in particolare acari, la cui presenza è
considerata normale, se non addirittura indispensabile per lo sviluppo dei caratteri tipici del prodotto.
Alla fine della maturazione, la spazzolatura provvederà a rimuovere anche questi artropodi, assieme alle muffe e ai
detriti.
Al sesto mese di stagionatura il prosciutto viene "sondato" con un osso di cavallo per stabilire se siano presenti
eventuali difetti esternamente non visibili.
Sempre al sesto mese si ha la "sugnatura", che consiste nell'applicare sulla superficie del prodotto uno strato
relativamente impermeabile costituito da uno stucco composto da sugna macinata, sale e pepe. lo scopo di questa
operazione è di regolare l'evaporazione in prodotti che non hanno ancora completato la stagionatura, e di inibire la
proliferazione di muffe.
Il processo produttivo completo porta ad un calo del peso durante la stagionatura pari al 27-30%.
Conservazione di vegetali.
E’ opportuno ricordare che la fermentazione lattica non é sufficiente di per sé
ad assicurare la conservazione tramite la formazione di acido lattico e il
conseguente abbassamento del pH: é necessario associare altri mezzi,
quali l’aggiunta di NaCl, l’eliminazione di una parte dell’acqua,
lo stoccaggio al fresco.
La successione più frequente di microrganismi é la seguente:
· Lactobacillus mesenteroides, · Lactobacillus brevis, · Lactobacillus plantarum ed eventualmente
· Pediococcus cerevisiae.
Tale successione si osserva nei crauti, nei cetrioli e nelle olive verdi
spagnole trattate, ma bastano piccoli cambiamenti per modificare il ritmo
di azione delle varie specie e portare alla comparsa di difetti o di
alterazioni del prodotto finale.
La fermentazione dipende essenzialmente dal tenore di NaCl e dalla temperatura.
Y O G U R T : L o y o g u r t é u n la tte fe r m e n ta to . o tte n u to p e r in te r v e n to d i d u e
s p e c ie b e n d e fin ite d i b a tte r i la ttic i te r m o f ili, S t r e p to c o c c u s th e r m o p h ilu s e
L a c t o b a c illu s b u lg a r ic u s . Q u e s ta a s s o c ia z io n e v ie n e u s a ta p e r v a ri m o tiv i
te c n o lo g ic i, q u a li l’a u m e n to d e lla v e lo c ità d i a c id ific a z io n e , m ig lio ra m e n to
d e lla c o n s is te n z a d e l c o a g u lo , a u m e n to d e lla q u a n tità d i a c id o la ttic o p ro d o tto
e m a g g io r e in te n s ità d e l g u s to .L a t e m p e r a t u r a d i f e r m e n ta z io n e é 4 0 /4 5 ° C .
L ’ a c id ità d e l p r o d o tto v a r ia n o r m a lm e n te d a 0 ,7 a 1 ,1 % ( e s p r e s s a c o m e a c id o
la ttic o ) c o n u n p H = 4 - 4 ,2 .
I latti fermentati si differenziano tra loro per il tipo di latte usato, per i microrganismi utilizzati e le tecniche di
lavorazione.
4)
Durante la lavorazione dei latti fermentati avvengono varie trasformazioni
di carattere biochimico che interessano diversi costituenti del latte stesso.
La più importante e caratteristica é la fermentazione del lattosio con
produzione di acido lattico. Un altro tipo di trasformazione biochimica
interessa la produzione di composti aromatizzanti. L’aroma dei latti
fermentati é principalmente dovuto ai composti carbonilici che
comprendono acetaldeide, acetoino e diacetile. L’acetaldeide può essere il precursore dell’alcool etilico oppure può
portare a treonina
attraverso l’enzima treonina aldolasi. L’accumulo di acetaldeide é molto
importante nella produzione dello yogurt: il Lactobacillus bulgaricus é la
specie che contribuisce di più al sapore dello yogurt e quando si sviluppa
in presenza di Streptococcus thermophilus il tenore di acetaldeide
aumenta. La produzione di acetoino e diacetile é un attributo specifico
di Leuconostoc cremoris e di Streptococcus diacetil lactis: nella prima
fase metabolica essi utilizzano acido citrico e producono acido
ossalacetico, CO2 e acido piruvico; nella seconda fase si ha produzione di
acetoino e diacetile attraverso due diverse vie. via aceto lattica e via
acetil CoA.
Ia fase
Ac. citrico
COOH-CH2-COH-CH2-COOH
COOH
citrico liasi
Ac.acetico Ac.ossalacetico
CH3-COOH COOH-CH2-CO-COOH
IIa fase
Ac piruvico Ac piruvico
CH3-CO-COOH CH3-CO-COOH
CH3-CHOH-TPP CH3-CO-S-CoA
NADH H+
CH3-COH-CO-CH3 Diacetile
COOH CH3-CO-CO-CH3
NADH H+
- CO2
Il latte fermentato é più digeribile del latte non fermentato, I ceppi di
batteri lattici impiegati nella preparazione dei latti fermentati sono
caratterizzati da una specifica attività proteolitica, che ha un notevole
significato biologico, in quanto modifica sostanzialmente la solubilità
della caseina nello yogurt.
Si ha un aumento significativo del valore biologico delle proteine; lo
yogurt contiene un elevato numero di cellule batteriche, quindi parte del
contenuto proteico é fornito dalle proteine cellulari. Nei latti fermentati il
7 % circa delle proteine provengono dai batteri, e variano il contenuto del latte d’origine in amino acidi essenziali.
L’attività lipolitica presente nello yogurt può essere attribuita quasi esclusivamente alle cellule degli starter.
Durante il periodo dello stoccaggio ha luogo una limitata idrolisi dei grassi: Le differenze fra i vari ceppi sono
sensibili: i batteri lattici hanno una attività lipolitica secondaria, che può assumere una certa importanza solo dopo
che certi microrganismi abbiano trasformato
i grassi del latte in prodotti più semplici. Gli acidi volatili dello yogurt
derivano da processi diversi dall’idrolisi dei grassi. Sono anche
importanti le variazioni del contenuto in Vitamine del complesso B.
LA PANNA
La panna è un derivato del latte che si caratterizza per l' elevato contenuto di grassi. Infatti si ottiene dal latte proprio
con processi che separano le molecole di grasso dal resto del liquido.
Esistono essenzialmente due tipi di panna: da cucina e da montare.
• La panna per cucinare è quella meno calorica, in quanto il contenuto di grassi è attorno al 25% e, come per il latte,
la sua conservazione è legata al processo industriale usato per produrla (pastorizzazione o sterilizzazione).
•La panna da montare è invece molto più calorica perché, oltre ad avere un maggior contenuto di grassi ( 35%) a essa
viene aggiunto solitamente (ma non sempre) anche zucchero. La panna da montare è più liquida di quella da cucina, ma
una volta montata il suo volume si espande perché incorpora l'aria, risultando densa e spumosa. Esistono in commercio
delle versioni di panna da montare in apposite bombolette, in cui però il contenuto di aria aggiunto, a parità di peso, è
molto maggiore e quindi è meno gustosa e ricca.
Essendo un prodotto derivato dalla componente grassa del latte, è ricca di colesterolo. L'aspetto critico della panna è il
suo possibile degrado, dovuto a cattiva conservazione; essa infatti va tenuta in frigorifero a temperatura costante e al
buio, ben sigillata.
L'esposizione alla luce e al calore può innescare processi chimici e l'attacco di batteri potenzialmente presenti
nell'ambiente in cui è prodotta o conservata (salmonella). I processi di ossidazione a cui è soggetta la panna ne
compromettono definitivamente il sapore e l'azione dei germi provoca la formazione di acidi (butirrico e caprinico) che
ne alterano il gusto e il colore, rendendola disgustosa e nociva.
Una corretta preparazione (se artigianale) e conservazione sono fondamentali per assicurare un prodotto sicuro. A
causa del contenuto elevato di grassi e di colesterolo, sono stati immessi sul mercato anche prodotti a base di oli
vegetali, parzialmente idrogenati, che vorrebbero richiamare il gusto della panna minimizzando l'apporto di
colesterolo. Tuttavia il contenuto di grassi (e quindi l'apporto calorico) non varia di molto e il processo di parziale
idrogenazione a cui sono sottoposti gli oli vegetali rende questi prodotti sostitutivi decisamente nocivi per la salute.
Il burro
Il burro é un prodotto ottenuto dalla crema ricavata dal latte o dal siero del latte. E’ uno dei primi prodotti lattiero-
caseari fabbricati dall’uomo e lo si può considerare un concentrato della frazione lipidica del latte. La concentrazione
lipidica avviene in due fasi:
1) estrazione della crema
2) burrificazione vera e propria, cioé la trasformazione della crema in burro.
Panna acida, per affioramento: il latte veniva lasciato a riposo in ambienti freschi per 10-30 h, il grasso stratificato in
superficie e prelevato con appositi utensili era inviato alla zangolatura. La crema ottenuta si chiama “acida”, perché
nel periodo di riposo si hanno delle fermentazioni che danno acido lattico e metaboliti aromatizzanti (diacetile). Il
prodotto finale ha lo svantaggio di essere spesso troppo acido e relativamente poco grasso , 25-30%.
Panna dolce con le scrematrici centrifughe, che a velocità di 6500-7000 giri/min separano i globuli di grasso dal resto
del latte, impedendo le fermentazioni. Queste scrematrici danno delle rese di grassi dal 35 al 60% e con tecniche più
avanzate, come la burrificazione continua, si possono ottenere creme ad alto titolo, con 80 % e più di sostanza grassa.
Panna dal siero. Si tratta della tecnica peggiore, dal punto di vista qualitativo. In questo caso, dopo aver sottoposto il
latte alla coagulazione per ricavare il formaggio, si sfrutta il liquido che rimane,che ha ancora una percentuale di grasso
(anch'esso inacidito). Da questo si ottiene il burro, magari aggiungendo la crema di latte fresca per migliorare quello
che, altrimenti, sarebbe un prodotto immangiabile. Anche in questo caso, però, ne uscirà un alimento con troppi difetti e
una marcata acidità.
a) Burrificazione discontinua.E’ la tecnica più utilizzata nelle medie e piccole aziende. Prevede varie fasi:
· Pastorizzazione, che distrugge i germi patogeni, inattiva le lipasi, libera sostanze antiossidanti e liquefa
completamente i grassi favorendone la successiva cristallizzazione, che avviene portando la temperatura a 6-7°C per
2h.
· Addizione di colture selezionate di batteri lattici acidificanti, e batteri produttori di aroma. Questa
aggiunta é necessaria se si vuol ottenere un prodotto saporito ed aromatico, in quanto la crema, proprio perché non ha
subito alcun processo fermentativo, é priva di aroma e di gusto. Successivamente la si fa maturare fino a pH 4,5-5,3.
Dalle vasche di maturazione si passa alle zangole, dove la crema é sottoposta a forte sbattimento.
· Zangolatura, che dura circa 40 ‘, durante i quali si ha lacerazione della membrana dei globuli di grasso, la
fuoriuscita di trigliceridi e l’aggregazione di globuli integri e lesi in ammassi. I granuli di grasso che così si formano
si separano dal latticello.
· Lavaggio, amalgamazione, modellatura e confezionamento.
Processo tradizionale Processo NIZO
crema dolce raffinata crema dolce raffinata
colture batteri Zangolatura
acidificanti e
aromatizzanti
Zangolatura Lavaggio
Impastamento Impastamento
DA INTERNET
Nel caso del burro sarebbe corretta la presenza di un'etichetta completa . Invece di "ottenuto da creme
selezionate" o "da pascoli di montagna", per esempio, sarebbe molto più utile specificare se si tratta diun
prodotto ottenuto dal siero o per centrifugazione o per affioramento. Si dovrebbero anche indicare le
caratteristiche chimiche più importanti per riconoscere la bontà del prodotto, come acidità e n° di perossidi. In
altri Paesi si trova anche la distinzione di qualità tra prodotto "normale" e "superiore".In Italia, invece, nei casi
migliori si trova in etichetta solo la tabella nutrizionale e a volte un dosatore prestampato sulla confezione che
consente, al momento del taglio, di conoscere la quantità di burro cheSi sta utilizzando. Raramente si trovano
burri prodotti dalle Centrali del latte, che potrebbero farne in abbondanza e avrebbero la materia prima per
realizzare il burro di migliore qualità. Le centrali del latte il burro lo fanno, solo che spesso non lo vendono ma
lo congelano e lodestinano all'ammasso comunitario, un modo più conveniente per realizzare profitti, dato che
non comporta costi di commercializzazione e trasporto, né rischi di sorta. Così si ottengono senza grandi rischi,
infatti, leprovvidenze che la Ue destina alle eccedenze per impedire che la sovrabbondanza di prodotto turbi gli
equilibri economici di mercato. La stessa Comunità, poi, rivende a basso prezzo il burro ai Paesi in via di
sviluppo o all'industria dolciaria che lo utilizza per le sue preparazioni. Una stranezza che diventa addirittura
paradosso, se solo si considera che i limiti rigidi imposti al burro destinato all'ammasso non esistono nella nostra
legislazione. E così, mentre finisce come eccedenza, spesso, la migliore produzione italiana, al consumo va un
alimento con caratteristiche organolettiche lasciate alla buona volontà delle aziende.