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Popper e il problema dell’induzione

Rafael Pascual, L.C.


Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, Roma, Italia

Popper ci invita ad imparare dai nostri errori, a sottometere alla critica


le nostre affermazioni, a non considerare le proprie idee come dogmi o come
verità indiscutibili, ma soltanto come semplici opinioni. Ma c’è il pericolo di
assumere il pensiero di Popper in un modo acritico, come se si trovasse al di
sopra della sua stessa teoria della conoscenza. Se Popper, nelle sue riflessioni
epistemologiche, ci propone delle opinioni e congetture, allora no c’è da
temere di sottometterle alla critica, perché, come diceva un certo filosofo
della scienza, il modo migliore di seguire Popper è, appunto, sottomettendo il
suo pensiero alla critica.

1. L’induzione nel quadro dell’epistemologia popperiana

Il cosiddetto problema di Hume1 si rivela cruciale per il pensiero


popperiano2. Sembra che il falsazionismo sorga proprio dal rifiuto
1
Come si è sottolineato in un recente lavoro, «Popper identifica el problema
de la inducción con el principal problema de la filosofía de Hume: lo llama "el
problema de Hume", imitando a Kant, aunque el autor prusiano se refiere con esta
expresión a otro problema, el problema de la causalidad y no el de la inducción» (e
in nota: «Popper reconoce esta confusión: "Nella mia Logik der Forschung (1934)
ho scritto 'Se, seguendo Kant chiamiamo il problema dell'induzione il problema di
Hume, potremmo chiamare il problema della demarcazione 'problema di Kant''.
Questo brano fu, per quanto ne sappia, il primo in cui il problema dell’induzione è
stato chiamato "problema di Hume": lo stesso Kant non lo chiamò così,
contrariamente a ciò che sembra che io dica nel brano ora citato" (Conoscenza
oggettiva, p. 117)» (R. FAYOS, Verdad y realismo..., p. 14). Anche attribuisce a
Kant questo senso al problema di Hume in Il realismo e lo scopo della scienza, p.
43: «[...] il problema dell’induzione – definito da Kant "il problema di Hume"». Per
tanto non è soltanto un 'sembrare di far intendere'... In ogni caso, sempre secondo
Popper, «La critica humiana dell’induzione venne sfortunatamente confusa dallo
stesso Hume con la sua critica della causalità dalla quale essa è, invece,
logicamente indipendente» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 59, nota 16).
2
Così lo mettono in risalto diversi studiosi di questo argomento. Per mettere
un esempio recente, in un articolo sul tema dell’induzione si dice che «Popper's
entire theory of knowledge was based on the supposition that Hume had proved the
irrationality of using induction: hence his attempt to show that science does not
actually proceed inductively at all» (S. OKASHA, What did Hume Really Show
about Induction?, p. 307). Si segnala anche l’importanza del tema dell’induzione in
Popper nel lavoro che abbiamo citato precedentemente: «El enfoque que Popper da
al problema de la inducción determina toda su epistemología. A la luz de la crítica a

1
dell’induzione e del giustificazionismo che sono caratteristici del
neopositivismo. Per Popper, l’induzione è un metodo di giustificazione,
cosicché, rifiutando la giustificazione, si risolve il problema dell’induzione3.
Invece di cercare ragioni positive per fondare una teoria (come intende fare il
giustificazionismo), bisogna cercare le ragioni critiche (perché preferire una
teoria invece di un’altra). Nelle parole di Popper, «non possiamo fornire
alcuna ragione positiva per sostenere che le nostre teorie siano vere»4. Le
ragioni critiche, invece di giustificare, diffendono la preferenza di una teoria
sulle altre, la decisione di usare questa e non le altre. Popper, pertanto,
contrappone giustificazione e critica.

Ma, nonostante tutto, Popper non rinuncia alla verità, che continua ad
essere l’obiettivo (sebbene mai raggiungibile) della scienza. Possiamo
credere che una teoria è più vicina alla verità, ma soltanto questo: credere.
Proprio quello che fa razionale il metodo scientifico è la ricerca della verità5.
Questo spiega perché Popper farà professione di essere realista. Il realismo è
concepito da Popper come «una sorta di retroterra che motiva la nostra
ricerca della verità. La discussione razionale, cioè l’argomentazione critica
allo scopo di avvicinarsi alla verità, sarebbe immotivata senza una realtà
oggettiva, senza un mondo che ci poniamo come compito di scoprire»6.
Popper concepisce il realismo come la convinzione o credenza che ci sia un
mondo reale, che esiste indipendentemente da noi7, e fa consistere il

la inducción se comprende por qué Popper dibuja un cierto tipo de epistemología y


no otro. Se puede afirmar sin temor que a la hora de detallar una teoría del
conocimiento general Popper se limitó simplemente a extraer consecuencias lógicas
de su crítica a la inducción» (R. FAYOS, Verdad y realismo...., p. 27).
3
«La inducción es un método de justificación. Si no se acepta que nuestra
tarea consiste en justificar teorías, no necesitamos de la inducción y el problema
desaparece» (in Encuentro con Karl Popper, p. 30).
4
Il realismo e lo scopo della scienza, p. 48.
5
«Aunque abandonemos la justificación, es muy importante que no
abandonemos la discusión racional; y la discusión racional se desarrolla bajo el
ideal regulador de la verdad, el ideal de que queremos aproximarnos a la verdad.
Esta idea es la que hace racional nuestra discusión» (Encuentro con Karl Popper, p.
30); «La discussione è razionale; e questo significa che ciò che importa è la verità
delle teorie in competizione: la teoria che nella discussione critica sembra
avvicinarsi maggiormente alla verità è la migliore; e la teoria migliore soppianta le
teorie peggiori. Ciò che importa è, dunque, la verità» (Alla ricerca di un mondo
migliore, p. 194).
6
Il realismo e lo scopo della scienza, p. 104.
7
«I am a realist, in both of the main senses of this philosophical term: I
believe in the reality of physical world ("world 1") which, I conjecture, existed long

2
problema della conoscenza nel problema di come scoprire quel mondo8. La
questione del realismo è, pertanto, una questione cruciale, e non marginale,
nell’epistemologia popperiana.

Quest’ammissione dell’esistenza del reale gli permette di poter parlare


della verità come corrispondenza (concretamente come corrispondenza tra il
'mondo 1' e il 'mondo 3'). Come vediamo, tutti gli aspetti centrali e
caratteristici dell’epistemologia popperiana si trovano in rapporto fra di loro,
e si seguono quasi come in una sequenza necessaria gli uni degli altri. E tutti,
in qualche modo, partono della sua posizione rispetto il problema
dell’induzione.

2. La risposta di Popper al problema dell’induzione

Popper si vanta si aver negato apertamente l’induzione. Anzi, viene a


dire che in questa negazione va oltre lo stesso Hume9. Lo stesso Popper, in
uno dei suoi frequenti riferimenti autobiografici, racconta l’aneddoto del suo
intervento in una riunione della Società Aristotelica di Londra, quando disse
senza mezzi termini che non credeva nell’induzione10. Probabilmente oggi la
sua tesi non susciterebbe quello scalpore di allora, ma piuttosto quello
sorprendente sarebbe dire esattamente l’opposto, cioè sostenere l’esistenza
dell’induzione11.

before man; and I believe in the reality of a world of man-made theories, problems,
and mistakes, which I call "world 3"» (K. POPPER, Replies to my critics, p. 1114).
8
Cf. La ricerca non ha fine, p. 79.
9
«Io vado più in là di Hume: sostengo che le procedure induttive
semplicemente non esistono (nemmeno quelle di basso livello) e che la storia della
loro esistenza è un mito» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 139). Per non
lasciare ombre di dubbio al riguardo, si può aggiungere ancora quest’altro
categorico testo: «Induction simply does not exist, and the opposite view is a
straightforward mistake» (Replies to my critics, p. 1015).
10
Cfr. Il realismo e lo scopo della scienza, pp. 41ss.; La ricerca non ha fine,
pp. 113-114.
11
Infatti lo stesso Popper fa riferimento a questo cambiamento di opinione
comune rispetto all’induzione: «Dubito che qualcuno dei presenti abbia sospettato
che io non solo sostenevo sul serio queste opinioni, ma che queste, col tempo,
sarebbero state considerate da molti come un luogo comune» (La ricerca non ha
fine, p. 114). Senza dubbio, di questo cambiamento di opinione è responsabile in
una grande misura lo stesso Popper, come evidenzia Rivadulla: «[...] pienso que
Karl Popper contribuyó a revolucionar la metodología científica. Conceder a
Popper un papel de protagonismo en el abandono de la creencia de que lo que
caracteriza a la ciencia es el método inductivo, una idea que a lo largo de más de

3
Popper nelle sue opere parla spesso del tema dell'induzione, o come lo
chiama di solito, il problema dell'induzione. Sostiene di portare avanti una
riformulazione dello stesso, perché non lo tratta più da una prospettiva
psicologica, come una credenza (come lo avrebbe fatto Hume), ma piuttosto
dal punto di vista logico: il rapporto tra enunciati particolari e proposizioni
universali12. Tale cambiamento gli permette di risolvere il problema
dell'induzione: la soluzione sta nel fatto che... l'induzione non esiste; in parole
di Popper: «non c'è induzione alcuna, ché le teorie universali non
sono deducibili dagli enunciati singolari»13. Per ragioni simili, Popper
respinge il verificazionismo, e in generale ogni tentativo di giustificazione
(probabilità, comprobabilità, ecc.).

Lo stesso Popper formula in vari modi il problema. Ad esempio,


in Conoscenza oggettiva, nel presentare l'approccio logico del problema da
parte di Hume, lo pone così: «Siamo giustificati a ragionare da casi (ripetuti)
di cui abbiamo esperienza ad altri casi (conclusioni) di cui non abbiamo
esperienza?». La sua risposta è che in nessun modo si può giustificare tale

dos milenios se ha venido sosteniendo en la filosofía occidental bajo diversas


formas -por algo el problema de la inducción es para Popper uno de los dos
problemas fundamentales de la epistemología-, y en su sustitución por otra
concepción nueva de la metodología científica, supone reconocerle el mérito de
haber desencadenado una revolución en la cultura científica de occidente. Sea
exclusivamente mérito de Popper, sea que supo intuir los rasgos esenciales de una
metateoría emergente de la ciencia, el caso es que desde la publicación de Logik der
Forschung en 1934 ya nadie podía defender seriamente la idea de que la inducción
constituye la clave para una comprensión cabal del progreso científico» (A.
RIVADULLA, La Revolución en metodología de la ciencia, p. 7).
12
Cfr. La ricerca non ha fine, p. 89; in Conoscenza oggettiva, pp. 22ss.,
parla piuttosto di una distinzione, almeno implicita, nello stesso Hume, di due
domande: una logica e l'altra psicologica; lo fa anche in Congetture e confutazioni.
«Popper, en Conjeturas y Refutaciones, distingue dos niveles a la hora de formular
el problema de la inducción: un nivel lógico y un nivel psicológico. La perspectiva
lógica del problema versa sobre la posibilidad de fundar lógicamente las leyes
universales a partir de experiencias individuales. La perspectiva psicológica la
podemos encontrar en la solución de Hume a la cuestión inductiva. Reconoce que,
aunque no es posible justificarla, constantemente hacemos uso de ella, y esto se
debe a un elemento psicológico: la creencia o el hábito a esperar regularidades» (R.
FAYOS, Verdad y realismo..., p. 16).
13
La ricerca non ha fine, p. 89; il corsivo è mio. Sembra che ci sia un
lapsus, perché sta parlando sull'induzione. Dovrebbe dirsi piuttosto che le teorie
non sarebbero inducibili da enunciati singolari...

4
passaggio14. Popper ripropone questo problema nel modo seguente: «Può la
pretesa che una teoria esplicativa universale sia vera essere giustificata da
"ragioni empiriche"; cioè assumendo la verità di certe proposizioni di
controllo o proposizioni d'osservazione?»15. Di nuovo la risposta è negativa,
perché una teoria spiegativa universale trascende sempre l'insieme finito di
enunciati contrastanti. Anzi, secondo Popper, una risposta affermativa in
questo caso sarebbe paradossale, giacché includerebbe la propria negazione.
L'argomentazione che offre al riguardo è abbastanza oscura, per non dire
proprio sofistica16.

D'altra parte, Popper distingue in Hume tra il principio di non validità


dell'induzione - riformulato da Popper in questo modo: «Non ci può essere
alcuna inferenza valida da enunciati osservativi singolari a leggi di natura
universali, e quindi a teorie scientifiche» -, e il principio dell'empirismo, che
Popper riformula così: «Noi richiediamo che l’adozione e il rifiuto di teorie
scientifiche debba dipendere dai risultati dell’osservazione e della
sperimentazione, e perciò da enunciati osservativi singolari»17. Ambedue
principi sarebbero validi e compatibili. A partire ad essi può risolvere le
difficoltà di Bertrand Russell, i cosiddetti limiti dell'empirismo18. La
soluzione di Popper consiste nel cambiare la nozione di scienza: anziché
consistere in un sapere vero e sicuro, assoluto, si tratta solo di una
conoscenza provvisoria (a base di congetture e ipotesi). Così si risolverebbe
il problema dell' induzione «senza dover assumere un principio di induzione,
o dei limiti all'empirismo»19. In questo modo, Popper, invece di essere un
empirista ingenuo (che crede nell'induzione), sarebbe un empirista critico,
che già non avrebbe bisogno di ricorrere all'induzione20.

14
Cf. Conoscenza oggettiva, p. 22.
15
Conoscenza oggettiva, p. 25.
16
Cf. Conoscenza oggettiva, pp. 29-30.
17
Il realismo e lo scopo della scienza, p. 60; cfr. anche Conoscenza
oggettiva, p. 31; in questo secondo testo presenta il principio dell'empirismo in
questo modo: «Solo l'"esperienza" può aiutarci a formarci l’idea della verità o
falsità delle proposizioni fattuali» (il corsivo è di Popper).
18
«Ammesso che la conoscenza empirica si otteneva per via induttiva, e
subendo al tempo stesso il forte influsso della critica humiana dell'induzione,
Russell affermava che si doveva adottare un principio di induzione che a sua volta
non poteva però basarsi sull'induzione. L'adozione, di questo principio segnava
dunque i limiti dell'empirismo» (La ricerca non ha fine, p. 113).
19
Il realismo e lo scopo della scienza, p. 42.
20
Più avanti vedremo a quale prezzo si realizza questo passaggio, giacché si
sacrifica la concezione classica della scienza per una nuova, che sembra abbastanza

5
Come ha fatto notare Andrés Rivadulla, si potrebbe parlare di un
cambiamento nel modo di affrontare e risolvere il problema dell'induzione in
Popper21. Tale cambiamento è dovuto al fatto di assumere il concetto di verità
di Tarski, il che ha costretto Popper a riformulare il problema dell'induzione,
questa volta in modo positivo. Nella prima fase, si rifiutava semplicemente
l'induzione, e non si offrivano argomenti per sostenere la prassi scientifica di
cercare leggi e regolarità nella natura, né il passaggio di esperienze singolari a
teorie universali. Così, la scienza non disponeva di un modello che servisse
da guida e ne assicurasse un progresso: in effetti, dopo stabilire il criterio di
demarcazione della scienza, negare l'induzione e sottolineare che le teorie
sono solo falsabili (ciò sarebbe il nucleo dottrinale de La logica della
scoperta scientifica) l'epistemologia popperiana non trovava risorse
sufficienti per superare lo scetticismo. Nella seconda fase, invece, grazie al
fatto di assumere la nozione di verità come corrispondenza, si offre alla
scienza un substrato metafisico che la fonda e orienta. Come faceva
notare Imre Lakatos, non si può crescere nella conoscenza del mondo né si
può imparare dai propri errori se non si dispone di una teoria della verità che
consenta di riconoscere se si dà una crescita in quanto al contenuto di verità22.
A partire da Tarski, Popper usa i concetti di verosomiglianza, contenuto di
verità e di falsità. Nella scienza c'è spazio in questo modo per un progresso
verso una verità obiettiva23.

svalutata.
21
Cfr. A. RIVADULLA, La Revolución en metodología de la ciencia, pp. 7-
33.
22
«One cannot learn about the world even from one's "mistakes", one cannot
detect genuine epistemological error unless one has a theory of truth and a theory of
how one may recognise increasing or decreasing truth-content». (I. LAKATOS,
Popper Demarcation and Induction, p. 254).
23
«Imparai da lui [Tarski] la sostenibilità logica e la forza della verità
assoluta e oggettiva: fondamentalmente una teoria aristotelica, alla quale Tarski e
Gödel arrivarono, sembra, all'incirca nello stesso tempo e separatamente. La prima
pubblicazione fu quella di Tarski nel 1930, e Gödel ne riconobbe, ovviamente, la
priorità. È una teoria della verità oggettiva – verità come corrispondenza
dell'asserzione con i fatti – e della verità assoluta: se un'asserzione formulata in
modo inequivocabile è vera in una lingua, lo è altrettanto in qualunque altra lingua
essa sia stata correttamente tradotta. Questa teoria è il grande baluardo contro il
relativismo e contro tutte le mode intellettuali. Essa ci consente di parlare delle
falsità e del fatto che noi possiamo imparare dai nostri errori, dai nostri sbagli; essa
ci consente di parlare della scienza come della ricerca della verità. Inoltre ci
consente, o meglio ci impone, di distinguere fra verità e certezza» (Un universo di
propensioni, pp. 11-12; gli ultimi due corsivi sono nostri).

6
In questa seconda tappa si formula il problema dell'induzione nel modo
seguente: «Può la pretesa che una teoria universale esplicativa sia vera o che
sia falsa essere giustificata da "ragioni empiriche"; cioè, può l'assunzione
della verità delle proposizioni di controllo giustificare la pretesa che una
teoria universale sia vera o la pretesa che sia falsa?»24. In questo caso,
finalmente, la risposta è positiva: «Sì, l'assunzione della verità delle
proposizioni di controllo a volte ci permette di giustificare la pretesa che una
teoria universale esplicativa sia falsa»25. Come fa notare uno studio recente,
«la presencia del principio de búsqueda de la verdad hace de la epistemología
de Popper una teoría del conocimiento realista y permite esa reformulación y
solución positiva del problema de la inducción»26. Tuttavia, come fa notare
Rivadulla, più che di una riformulazione, si tratterebbe di un allargamento,
che dà spazio al concetto della plausibilità, come avvicinamento alla verità,
ma senza uscire, alla fin fine, di una conoscenza che rimane solo
congetturale, senza che si possa arrivare a sapere con certezza se ci stiamo
avvicinando di fatto o non alla verità. In questo modo, come sottolinea
Lakatos, Popper non riesce a cogliere questa opportunità che offre
l'assunzione della nozione di verità di Tarski per eludere lo scetticismo che
insidia la sua concezione congetturale della scienza27.

3. Induzione e falsificazione

Come abbiamo visto, sebbene Popper rifiuta la possibilità di una


induzione positiva, ammette invece un'induzione negativa, cioè una teoria
universale può essere confutata da enunciati singolari: qui sta la chiave della
falsabilità popperiana. Le teorie, invece di essere verificate, devono essere
contrastate, sottoposte alla prova. Il metodo è quello critico, di prova ed
errore. Si procede per ipotesi, problemi, congetture, che sono sottoposte a
discussione critica. E qui Popper definisce la sua analogia con la selezione
24
Conoscenza oggettiva, p. 26. Il corsivo è nostro; serve per mettere in
rilievo la differenza tra questa formulazione ed un'altra simile che avevamo messo
alcuni paragrafi prima.
25
Conoscenza oggettiva, p. 26. Il corsivo è di Popper.
26
R. FAYOS, Verdad y realismo..., p. 53.
27
«Popper has not fully exploited the possibilities opened up by his Tarskian
turn. While he now talks freely about the metaphysical ideas of truth and falsity, he
still will not say unequivocally that the positive appraisals in his scientific game
may be seen as a -conjectural- sign of the growth conjectural knowledge; that
corroboration is a synthetic -albeit conjectural- measure of verisimilitude. He still
emphasizes that "science often errs and that pseudoscience may happen to stumble
on the truth"» (I. LAKATOS, Popper Demarcation and Induction, p. 256).

7
naturale del darwinismo, così come il parallelismo tra la verifica, il
lamarckismo e l'istruzione dall'ambiente, da una parte, e la falsificazione, il
darwinismo e la selezione dall'ambiente, dall'altra28. In qualche altro testo
contrappone la logica induttiva (o induttivismo) al metodo deduttivo di
contrastare (o deduttivismo)29.

Non sono mancati però, coloro che hanno fatto vedere che lo stesso
falsificazionismo in ultima istanza si fonda su un'induzione positiva, in
quanto si suppone che la teoria falsificata lo è una volta per tutte, vale a dire,
anche per il futuro (si attende che la falsificazione si continui a dare in
futuro)30.

Il problema della demarcazione è anche in rapporto con tutto ciò che


abbiamo appena visto: Popper propone la falsabilità come criterio di
demarcazione e lo contrappone al criterio induttivista di demarcazione (che
spetterebbe invece al verificacionismo)31. Secondo Popper, esiste
un'asimmetria tra verificabilità e falsabilità, per cui, sebbene le teorie non
possono mai essere verificabili in via sperimentale, possono invece essere
falsificabili o contrastabili (ossia possono essere in contrasto con enunciati
singolari). Solo in questo caso, in virtù della figura logica del modus tollens,
si può fare il passaggio da enunciati singolari a universali (vale a dire, un
modo di... induzione). Così, la soluzione di Popper consiste nel escludere la

28
Cf. La ricerca non ha fine, p. 90.
29
Cf. Logica della scoperta scientifica, p. 9.
30
«[...] unless past instances that we have observed of successful prediction
based on a theory give us reason to suppose that future instances will be similar
successful, we have no reason to conjecture that a prediction which follows from a
well-tested theory is true rather than false, and hence no reason for preferring a
given prediction to its contraries; and this is so even if the prediction is specifically
identical to predictions that have been endlessly verified in the past. Some concept
of inductive reasoning, or extrapolation, is needed, therefore, in order to justify
supposing that an experiment can be successfully repeated» (A. LEVISON, Popper,
Hume and Induction, en P.A. SCHILPP (ed), The Philosophy of Karl R. Popper,
Open Court, La Salle (Ill.) 1974, Vol. 1, p. 328). «Una teoria confutata è una teoria
che deve essere eliminata e, quindi, che si assume continui ad essere tale. Se così
non fosse, se cioè non si presupponesse che l'esito del controllo permarrà anche in
futuro, il giudizio di falsificazione non potrebbe operare, dal momento che le teorie
falsificate continuerebbero a dover essere prese comunque in considerazione. È
questa la tesi di Feigl secondo il quale 'solo per induzione si può assumere che una
teoria ben confutata resterà confutata'» (M. MOTTERLINI, Popper: Fallibilismo o
scetticismo?, p. 193).
31
Cf. Logica della scoperta scientifica, pp. 21-22.

8
verifica e assumere la falsazione come metodo proprio della scienza32.

4. Una concezione evoluzionistica dell'epistemologia

Quanto all'origine di ciò che potremmo chiamare l' illusione induttiva,


Popper cambia la concezione psicologista di Hume. Se per il filosofo inglese
l'abitudine di universalizzare e di stabilire leggi regolari è frutto della
ripetizione, per Popper sarebbe piuttosto la conseguenza di una naturale
propensione e innata nell'uomo ad aspettare regolarità33. Potremmo dire,
quindi, che mentre per Hume l'induzione sarebbe a posteriori, per Popper
sarebbe piuttosto a priori. Non sarebbero le ripetizioni che imprimerebbero
nel nostro intelletto la tendenza a pensare a regolarità, ma piuttosto è la mente
che tenta di imporre delle regolarità al mondo. Ma, da dove gli viene dato
all'uomo questa naturale propensione verso la regolarità?

Secondo Popper, l'esperienza non è all'origine della conoscenza,


perché la teoria precede l 'osservazione. Prima non è l'osservazione, ma
l'aspettativa, la quale si modifica a partire dall'esperienza. Popper concepisce
a questo proposito un certo innatismo, contrapposto alla teoria della tabula
rasa. Veniamo al mondo con problemi da risolvere, almeno con i problemi
della sopravvivenza, benché all'inizio tali problemi non si pongano
consapevolmente34. Le aspettative innate sarebbero soggettive, e andrebbero
maturando, e facendosi più obiettive, per il suo contatto e confronto con
l 'esperienza. L' ulteriore sviluppo della conoscenza consiste nelle «correzioni
e modificazioni della conoscenza precedente»35.
32
Cf. Logica della scoperta scientifica, pp. 23-24; cf. anche in Conoscenza
oggettiva, p. 32.
33
«Avendo abbandonato la teoria logica dell'induzione per ripetizione,
[Hume] venne a un compromesso con il senso comune, consentendo
remissivamente la reintroduzione dell'induzione per ripetizione nella forma di teoria
psicologica. lo proposi di rovesciare questa teoria humiana. Invece di spiegare la
nostra propensione ad aspettarci delle regolarità come conseguenza della
ripetizione, ho suggerito di spiegare la ripetizione-per-noi come risultato della
nostra propensione ad aspettarci delle regolarità e a ricercarle» (Congetture e
confutazioni, pp. 82-83). Cf. anche una delle sue ultime conferenze, la quale ha
come titolo proprio Un universo di propensioni.
34
Il titolo di un altro libro di Popper, preso da uno degli articoli che
raccoglie, è eloquente al riguardo. Il titolo originale, in tedesco, dice così: Alles
Leben ist Problemlösen. Über Erknntnis, Geschischte und Politik, Pieper, Munich
1994. L'edizione italiana ha mantenuto il senso originale del titolo: Tutta la vita è
risolvere problemi. Scritti sulla conoscenza, la storia e la politica, Rusconi, Milano
1996.
35
Conoscenza oggettiva, p. 344.

9
In questo modo si propone una nuova concezione della conoscenza, e
si stabilisce un'analogia con il modo di comportarsi di ogni essere
vivente. Popper spesso allude alla somiglianza, in tal senso, tra l'uomo e gli
altri animali, tra Einstein e un'ameba36. L'unica differenza tra loro due risiede
nel fatto che l'uomo può criticare le sue aspettative, idee e teorie, mentre
l'animale no. Ma in entrambi si usa lo stesso metodo: la prova e l'errore, come
chiave del processo di adattamento. Ciò dà luogo a un approccio biologico
della conoscenza, cioè a una considerazione della conoscenza, sia animale sia
umana, come risultato di un adattamento evolutivo al mezzo, al mondo
esterno. Popper propone così una concezione della conoscenza in
chiave evolutiva. In luogo di (o accanto a) la selezione naturale, Popper qui
parla del metodo di prova/errore (trial/error). In questa prospettiva, il sapere
umano non sarebbe altro che un riflesso del meccanismo evolutivo che ha
portato alla diversificazione della vita, fino a far sorgere, in ultimo luogo, la
mente umana.

Popper stabilisce così un'analogia tra la dinamica del darwinismo e la


crescita della conoscenza. In effetti, nel suo libro autobiografico La ricerca
no ha fine, sostiene che in entrambi i casi si seguirebbe uno stesso
procedimento o metodo: la prova e l'eliminazione dell'errore. Inoltre, dice che
esiste la stessa relazione tra darwinismo e lamarckismo e tra deduttivismo e
induttivismo, selezione e istruzione per ripetizione, eliminazione dell'errore e
giustificazione37. Popper, in questo contesto, identifica l'induttivismo con
l'apprendimento per ripetizione, e lo contrappone all'apprendimento per prova
ed errore. Così, la conoscenza progredisce non per accumulazione, ma
per correzione, dall'imparare dai nostri errori38. A partire da questo potrà
caratterizzare la sua posizione come epistemologia evolucionistica39.

36
Cf. per esempio in La ricerca non ha fine, p. 55. Secondo Popper, il
metodo di tentativo ed eliminazione dell'errore sarebbe «la modalità di scoperta di
tutti gli organismi, dall'ameba fino ad Einstein» (ibid.).
37
Cf. La ricerca non ha fine, p. 172.
38
«Il metodo di apprendimento per prova ed errore è stato, erroneamente,
scambiato per un metodo di apprendimento per ripetizione. L'"esperienza" la si
acquisisce imparando dai nostri errori, piuttosto che accumulando o associando
osservazioni» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 63).
39
Cf. Conoscenza oggettiva, p. 96 e ss. Il sottotitolo di quest'opera è
significativo: "Un punto di vista evoluzionistico". In una delle sue ultime
conferenze troviamo un titolo che tende verso la stessa direzione: Verso una teoria
evoluzionistica della conoscenza (cf. Un universo di propensioni).

10
5. Valorazione critica dell'anti-induttivismo popperiano

Popper crede di aver risolto uno dei principali problemi filosofici: il


problema dell'induzione (sebbene lui stesso riconosce che pochi saranno
d'accordo con questa tesi), e afferma che ciò gli ha permesso di risolvere
molti altri problemi filosofici40. Ma, in cosa consiste, per Popper, tale
problema? Come abbiamo visto, Popper fa consistere l'inferenza induttiva nel
passaggio di enunciati particolari a enunciati universali. Da un punto di vista
logico, che è quello che segue Popper, questo passaggio sarebbe
ingiustificato, per quanto numerosi possano essere i casi particolari
considerati.

Popper propone alcuni esempi canonici al riguardo, come quello dei


cigni bianchi41. Ma... forse il fatto stesso di fare esempi significa che si ci
mette dalla finestra la stessa induzione alla quale cerchiamo di chiudere la
porta. In effetti, Popper, in questo modo, cede al induttivismo (non poteva
essere diversamente). Basta fare un esempio: quello dei cigni bianchi (un
esempio che pretende di avere un valore universale..., come ogni esempio).
Un altro esempio: «Ritengo che questo sia un controesempio perfetto e che
non sia necessario aggiungere altro»42. Basta un caso per fare uscire
(indurre) una conclusione... universale. Non è questo una forma d'induzione?

40
Così lo sostiene lui stesso in questo testo: «Penso di aver risolto un
problema filosofico fondamentale: il problema dell'induzione. (Devo aver raggiunto
la soluzione nel 1927, o pressappoco). Questa soluzione è stata estremamente
feconda, e mi ha permesso di risolvere un gran numero di altri problemi filosofici.
Tuttavia pochi filosofi sosterrebbero la tesi che io ho risolto il problema
dell'induzione» (Conoscenza oggettiva, p. 19).
41
«Si è soliti dire che un'inferenza è «induttiva» quando procede da
asserzioni singolari (qualche volta chiamate anche asserzioni «particolari») quali i
resoconti dei risultati di osservazioni o di esperimenti, ad asserzioni universali,
quali ipotesi o teorie. Ora, da un punto di vista logico, è tutt'altro che ovvio che si
sia giustificati nell'inferire asserzioni universali da asserzioni singolari, per quanto
numerose siano queste ultime; infatti qualsiasi conclusione tratta in questo modo
può sempre rivelarsi falsa: per quanto numerosi siano i casi di cigni bianchi che
possiamo aver osservato, ciò non giustifica la conclusione che tutti i cigni sono
bianchi. La questione, se le inferenze induttive siano giustificate, o in quali
condizioni lo siano, è nota come il problema dell'induzione» (Logica della scoperta
scientifica, pp. 5-6; i corsivi sono di Popper). In Conoscenza oggettiva, p. 29,
propone, in un modo piuttosto sofistico, altri esempi. Anche in Il realismo e lo
scopo della scienza, pp. 15-19, presenta una serie di esempi, che sarebbero 'scelti a
caso', questa volta in un campo che sembra essere più strettamente scientifico.
42
Un universo di propensioni, p. 22; il corsivo è nostro.

11
Potremmo dire che Popper, con questi diversi esempi, è indotto... a
negare l'induzione. Ma andiamo a spingerci più lontano: ogni principio (e
Popper propone vari) presuppone in ultima analisi un'induzione. E, in un
certo senso, anche qualsiasi concetto universale (si noti la ridondanza, che
usiamo volutamente, giacché Popper in qualche momento parlerà di concetti
singolari o nomi) comporta una induzione. In ultima analisi, parliamo
di cigni, e capiamo tutti più o meno di cosa stiamo parlando... D'altra parte,
possiamo offrire controesempi ai controesempi di Popper, vale a dire
proposizioni universali che difficilmente si possono mettere in dubbio (se non
in modo sofistico), come 'il numero atomico dell'oro è 79' o 'tutti gli elettroni
hanno la stessa carica elettrica' o 'tutti i cigni sono ovipari', ecc. Inoltre, si
possono proporre molti esempi di sviluppo della scienza che procederebbe
non in base a tentativi ed errori o per falsazione di una teoria, ma piuttosto da
un processo cumulativo, come per esempio nel caso della teoria genetica. La
visione che propone Popper della storia della scienza è piuttosto unilaterale,
parziale e riduttiva. Popper stesso riconosce che non è né vuole essere uno
storico della scienza, e la questione della storia della scienza non sembra
interessargli seriamente, ma solo in funzione della propria proposta
epistemologica.

Ma la carenza principale di Popper si trova nel campo della


metafisica. Ciò è dovuto alla sua posizione critica nei confronti della filosofia
di Aristotele43, che caricaturizza a suo piacimento. Da una parte la bolla
di essenzialista44, mentre Popper si identifica con le posizioni del suo

43
Popper no dissimula la sua antipatia di fronte ad Aristotele. Per fare
qualche esempio, citiamo alcuni testi illustrativi: «Il pensiero di Aristotele è
interamente dominato da quello di Platone. Piuttosto a malincuore egli seguì il suo
grande maestro tanto fedelmente quanto glielo permetteva il suo carattere, non solo
nella visione politica generale ma praticamente in ogni cosa» (La società aperta e i
suoi nemici, vol. 2, p. 11); «la versione aristotelica dell'essenzialismo di Platone
presenta solo differenze di scarsa importanza. Aristotele insiste naturalmente a dire
che, a differenza di Platone, egli non concepisce affatto le Forme o Idee come
esistenti separatamente dalle cose sensibili» (ibid., p. 15); «Quando lo Zeller lodò
Aristotele per l'"uso preciso e l'ampio sviluppo di una terminologia scientifica",
penso che si sia sentito un po' a disagio nell'usare il qualificativo "preciso"; ma
l'ampiezza bisogna riconoscergliela, come pure il più deplorevole fatto che
Aristotele, usando questo gergo complicato e piuttosto pretenzioso, ha affascinato
anche troppi filosofi; sicché, come dice lo Zeller, "per migliaia di anni egli ha
indicato alla filosofia la sua strada"» (ibid., p. 16).
44
Cfr. La ricerca non ha fine, p. 20 ss. Popper dice di aver inventato il
termine essenzialismo per riferirsi a qualsiasi posizione classica, «specialmente le
teorie di Platone e di Aristotele», opposta al nominalismo (cf. ibid., p. 22). «[...]
rifiuto tutte le domande "che cos'è?": domande che chiedono che cos'è una cosa,

12
antagonista: il nominalismo. Presenta la logica di Aristotele come la logica
del soggetto e predicato, e la caratterizza come una logica primitiva45. Inoltre,
ridicolizza la cosiddetta 'teoria della conoscenza del senso comune' o 'teoria
della mente come un cubo'46, o della 'tabula rasa', secondo la quale 'nulla c'è
nell'intelletto che non sia passato prima dai sensi', intesa nel modo più
grossolano e volgare, satirizzata così da Popper stesso: «I mortali per lo più
non hanno nei loro intelletti erranti nulla più di quanto vi abbiano acquisito
attraverso i loro sensi erranti»47. Anche in questo caso vale l'analogia con le
posizioni del lamarckismo e il darwinismo, presentando la teoria della
conoscenza del senso comune come pre-darwinista48. Non è il caso di fare
qui un'apologia della filosofia aristotelica ed esporre le linee maestre della
stessa, soprattutto nella prospettiva di risolvere il problema dell'induzione e
rispondere alle critiche e mistificazioni condotte da Popper. Questo potrebbe
essere oggetto di un'altra ricerca. In ogni caso, è evidente che Popper non ha
capito la teoria della conoscenza aristotelica, nella quale né i sensi né
l'intelletto hanno un ruolo puramente passivo. Le critiche di Popper a tale
dottrina nascono più dell'incomprensione e la mancanza di conoscenza che di
uno studio rigoroso.

6. Aporie che si seguono dall'anti-induttivismo

Popper, nel sacrificare l'induzione, non può che sacrificare il


valore della scienza stessa. Le teorie o le leggi scientifiche diventano ipotesi o
congetture, il cui valore è sempre messo in discussione49. Per Popper non
esiste una vera conoscenza scientifica (nel senso di sapere, ossia
di conoscenza vera e sicura), a meno che non la si faccia consistere soltanto

qual è la sua essenza, o la sua vera natura. Dobbiamo infatti abbandonare la tesi,
caratteristica dell'essenzialismo, che in ogni singola cosa ci sia un'essenza, una
natura o un principio intrinseci (come lo spirito del vino nel vino) che la fanno
essere necessariamente ciò che è, e quindi la fanno agire come agisce» (Il realismo
e lo scopo della scienza, p. 155).
45
Cfr. La ricerca non ha fine, pp. 79-80.
46
Che si tratti di una semplificazione rozza, una caricatura, lo mostra la
descrizione che fa Popper della stessa: «La teoria del senso comune è semplice. Se
tu vuoi o io voglio conoscere qualcosa non ancora noto sul mondo, dobbiamo aprire
gli occhi e guardare intorno. E dobbiamo drizzare le orecchie e ascoltare i rumori, e
specialmente quelli fatti da altre persone. Così i nostri vari sensi sono le fonti della
nostra conoscenza - le fonti o gli ingressi nella nostra mente» (Conoscenza
oggettiva, p. 89).
47
Conoscenza oggettiva, p. 21.
48
Cfr. Conoscenza oggettiva, p. 95.
49
Cf. Conoscenza oggettiva, p. 28.

13
in congetture e ipotesi50. Vale a dire, la scienza non è una scoperta,
ma ricerca, una ricerca che non finisce mai...51. Tutto questo spiega che la
scienza di Popper sia alquanto precaria, come riflette l'immagine da lui
stesso proposta: è come una palafitta, un edificio costruito su terreno
paludoso52.

E tuttavia, Popper prende le distanze presumibilmente da Kuhn perché


il primo sostiene «l'antica teoria della verità [...] secondo la quale la verità
consiste nella corrispondenza ai fatti di quanto viene asserito», mentre,
secondo Popper, le concezioni di Kuhn al riguardo sarebbero infette dal
relativismo, il soggettivismo e il fideismo53.

Così, Popper si trova di fronte al dilemma di mantenersi fedele alla sua


posizione anti-induttivista, con la conseguenza di mettere in discussione la
razionalità della scienza e sfociare nel più rude scetticismo, o di sacrificare la
propria posizione concedendo un certo margine al induttivismo, come si
vedrà quasi costretto a fare nel rispondere ai suoi critici, per ammettere
(o giustificare) che si può dare un progresso verso la verità nella scienza.

Il problema che sta dietro a tutto questo è quello del rapporto tra la
logica e la metafisica. Come ha fatto notare Lakatos, in ogni teoria scientifica,
e in particolare in ogni programma di ricerca, esiste una metafisica di fondo,
che offre i principi che orientano la ricerca scientifica. Non si tratta tuttavia
soltanto di una questione metodologica, o di una decisione o di una
semplice convinzione. In definitiva, il problema dell'induzione è coinvolto nel
problema del valore di verità delle teorie scientifiche. Non basta prendere la
50
Cf. Il realismo e lo scopo della scienza, p. 43. Popper giunge a dire che in
questo modo si risolve il problema dell'induzione: «se noi assumiamo che ciò che
viene chiamato "conoscenza scientifica" consista solo di supposizioni o congetture,
allora questa assunzione è sufficiente per risolvere il problema dell'induzione»
(ibid.).
51
Così lo suggerisce il titolo di uno dei libri di Popper: La ricerca non ha
fine. Autobiografia intellettuale.
52
«La scienza non posa su un solido strato di roccia. L'ardita struttura delle
sue teorie si eleva, per così dire, sopra una palude. È come un edificio costruito su
palafitte. Le palafitte vengono conficcate dall'alto, giù nella palude: ma non in una
base naturale o "data"; e il fatto che desistiamo dai nostri tentativi di conficcare più
a fondo le palafitte non significa che abbiamo trovato un terreno solido.
Semplicemente, ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che almeno per
il momento i sostegni siano abbastanza stabili da sorreggere la struttura» (Logica
della scoperta scientifica, pp. 107-108). È significativo il titolo di un libro dedicato
allo studio del suo pensiero: M. PERA, Popper e la scienza su palafitte.
53
Cf. Il realismo e lo scopo della scienza, p. 30.

14
verità come idea regolatrice54, né è sufficiente una professione di fede nel
realismo o addirittura nella regolarità della natura. Il realismo metafisico, al
quale dovrà ricorrere Popper, non potrebbe condurre in definitiva a risolvere
in un altro modo il problema dell'induzione e, di conseguenza, la questione
della razionalità della scienza?

Popper stesso ammette la necessità di una fede di indole metafisica:


«sono propenso a ritenere che la scoperta scientifica è impossibile senza la
fede in idee che hanno una natura puramente speculativa, e che talvolta sono
addirittura piuttosto nebulose; fede, questa, che è completamente priva di
garanzie dal punto di vista della scienza e che pertanto, entro questi limiti, è
"metafisica"»55. In effetti, per Popper, «il metodo scientifico presuppone
l'immutabilità dei processi naturali, ossia il "principio dell'uniformità della
natura"». In che cosa si fonda tale presupposizione? Semplicemente in
una credenza: «esprime la fede metafisica nell'esistenza di regolarità nel
nostro mondo (fede che io condivido, e senza la quale l'azione pratica è quasi
inconcepibile)»56. E ancora: «Non sappiamo, possiamo solo tirare a
indovinare. E i nostri tentativi di indovinare sono guidati dalla fede non-
scientifica, metafisica (se pur biologicamente spiegabile) nelle leggi, nelle
regolarità che possiamo svelare, scoprire»57.

Il problema è che questa credenza che qui non ha altra scelta che
ammettere è quella che inizialmente aveva criticato e respinto, buttando via
l'induzione, per il fatto che essa si fonda proprio nella regolarità della natura.
Ci troviamo quindi dinanzi ad un'incoerenza fondamentale nel sistema
popperiano. Popper difende il realismo contro l'idealismo e il soggettivismo,
ma dice che, perché non è contrastabile né confutabile, tale realismo non
è scientifico, ma metafisico (come lo sono anche l'idealismo e il
soggettivismo), ma esso avrebbe molti più argomenti a favore, soprattutto

54
«Quindi, benché io sostenga che accade più spesso di non riuscire a
trovare la verità che di riuscire, e che non sappiamo nemmeno quando l'abbiamo
trovata, considero l'idea classica di una verità assoluta o oggettiva come un'idea
regolativa; vale a dire, come uno standard che possiamo non riuscire a
raggiungere» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 66). Più avanti insiste
dicendo di non rinunciare all'idea di verità, ma piuttosto alla nostra pretesa di
raggiungerla. Sembra che diventi così un traguardo irraggiungibile...
55
Logica della scoperta scientifica, p. 19.
56
Logica della scoperta scientifica, p. 277. Fa anche Popper professione di
fede nel realismo metafisico in Il realismo e lo scopo della scienza, p. 104: lì fa
riferimento a Logica della scoperta scientifica. Di nuovo allude a questa posizione
ne La ricerca non ha fine, pp. 154-155.
57
Logica della scoperta scientifica, p. 308.

15
quello di far parte del buon senso comune: « Per me l'idealismo è assurdo,
perché esso implica anche qualcosa del genere: è la mia mente che crea
questo bel mondo. Ma io so che non ne sono il creatore»58. Gli argomenti che
offre Popper al riguardo non sono molto solidi, o concludenti da soli, ma
Popper si accontenta con loro e ritiene che non si può andare oltre59. Il
realismo sarebbe la posizione più accettabile, convincente e sensata. Ma se è
così, dovrebbe pertanto essere ugualmente ragionevole l'induzione, che si
fonda su quel realismo in cui Popper crede.

Di fatto, anche la concezione classica della verità come


corrispondenza, che Popper ammette, conduce a conclusioni simili, poiché
tale concezione è legata a una metafisica determinata60. Non sembra essere
legittimo fare uso della nozione classica di verità come corrispondenza al
margine della metafisica in cui essa si fonda.

Per concludere, possiamo dire, con un recente studioso, che:

«El realismo de Popper, como todo su sistema, es hipotético y


falibilista, y por ello no está justificado, además de que, por ser una
opción metafísica no es posible contrastarlo. Concebido de esta
manera, el realismo científico popperiano es un estímulo que pone en
marcha la maquinaria del conocer científico y la búsqueda de la verdad
en la ciencia. Pero el realismo popperiano no va más allá de la simple
afirmación de un mundo exterior, dando una dirección a nuestro
conocimiento, pero no siendo capaz de justificar o sostener nada
dentro de su sistema. Su realismo pone los polos de una posible

58
Conoscenza oggettiva, p. 67.
59
«In sintesi, propongo di accettare il realismo come la sola ipotesi sensata -
come una congettura cui non è stata opposta finora alcuna alternativa sensata. Non
desidero essere dogmatico riguardo a questa questione più che riguardo a qualsiasi
altra. Ma credo di conoscere tutti gli argomenti epistemologici - sono per lo più
soggettivisti - che sono stati formulati a favore di alternative al realismo, come il
positivismo, il fenomenismo, la fenomenologia, e così via, e sebbene io non sia
ostile alla discussione degli ismi in filosofia, considero tutti gli argomenti filosofici
che, a mia conoscenza, sono stati formulati in favore della mia lista di ismi,
chiaramente errati» (Conoscenza oggettiva, p. 67-68).
60
Come fa notare Forment, «En esta crítica de Popper a la inducción no se
tiene en cuenta su fundamento: la capacidad del entendimiento humano en alcanzar
lo que algo es, la esencia de aquello que se entiende. De manera que la inteligencia
es capaz de penetrar a través de las cualidades sensibles hasta la esencia o
naturaleza de las cosas y de conocerla en alguna medida» (E. FORMENT, Lecciones
de metafísica, Rialp, Madrid 1992, pp. 60-61).

16
relación de verdad, ya que afirma la existencia real de un mundo
exterior (mundo 1), como también la existencia del mundo tres, que él
llama mundo de los productos de la mente como son teorías, hipótesis,
conjeturas y también libros. Pero no logra establecer una relación de
conformidad entre las teorías y la realidad»61.

A conclusione di queste riflessioni sul pensiero di Popper intorno al


problema dell'induzione, ritengo necessario spiegare il rapporto che la mia
valutazione del pensiero di Popper può avere per chi intenda svolgere
attività di pratica filosofica, da quella individuale a quella rivolta al tessuto
sociale anche internazionale. Popper di certo, come abbiamo visto, offre
strumenti cognitivi e logici utili per una assunzione più consapevole e
maggiormente critica delle proprie immagini del mondo (sia private, sia
collettive e scientifiche), ma proprio per sostenere tale valutazione positiva
del suo pensiero non si può assumerlo in modo acritico.

Ciò vuol dire che un’adeguata praticabilità dei criteri epistemologici


da lui proposti, porta con sé, a mio avviso, la necessità di aumentarne il
“tasso” di realismo non ingenuo, ma in qualche modo pre-epistemico. In
altre parole: se è più che valido sorreggere la progressiva consapevolezza
circa il carattere congetturale delle proprie “teorie” sul mondo, al fine di
revocarne il pericolo di caduta nel dogmatismo epistemico, nel
determinismo e nel riduzionismo, tale possibile consapevolezza
(raggiungibile anche per il tramite della ricerca non solo delle esperienze
che ci potrebbero dar ragione, ma anche di quelle che possono mettere in
discussione i nostri punti di vista) deve poter essere integrata da un corretto
ed oggettivo rapporto con la realtà quale criterio di validazione delle nostre
congetture.

Una buona pratica filosofica può quindi utilizzare alcuni strumenti


squisitamente popperiani, ma a patto di un loro maggiore rapporto rigoroso,
e non solo postulato come semplice e pura credenza, con la realtà pre-
epistemica. Al consultante, uno o tanti o tutti che siano il principio di
realtà, non potrà che far “bene” anche come spirito antagonista a tutte
quelle teorie che conducono ad una “società chiusa”.

Bibliografia:

Opere di K.R. Popper (edizioni citate in questo lavoro):

61
R. FAYOS, Verdad y realismo..., pp. 143-144.

17
La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale, Armando Ed., Roma
1976.
Congetture e confutazioni. Lo sviluppo della conoscenza scientifica, Il
Mulino, Bologna, 1972.
Conoscenza oggettiva: un punto di vista evoluzionistico, Armando Ed., Roma
1975.
Alla ricerca di un mondo migliore, Armando, Roma 2002
Encuentro con Karl Popper, Alianza Editorial, Madrid 1993.
Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino 1970.
La società aperta e i suoi nemici, vol. 2, Armando, Roma 1974.
Il realismo e lo scopo della scienza, Il Saggiatore, Milano 1994.
Replies to my critics, in P. A SCHILPP (ed.) The Philosophy of Karl R.
Popper, Open Court, La Salle (Ill.) 1974, Vol. 2, pp. 961-1200.
Un universo di propensioni, Vallecchi, Firenze 1991.

Letteratura secondaria:

R. FAYOS, Verdad y realismo en la obra de Karl Raymund Popper. Extracto


de la tesis de doctorado en la Facultad de Filosofía del Pontificio Ateneo
Regina Apostolorum, Roma 2001.
E. FORMENT, Lecciones de metafísica, Rialp, Madrid 1992.
D. GILLIES - G. GIORELLO, La filosofia della scienza nel XX secolo, Laterza,
Bari 1995 (2. La critica di Popper all'induttivismo: pp. 35-67).
I. LAKATOS, Popper Demarcation and Induction, in P.A. SCHILPP (ed), The
Philosophy of Karl R. Popper, Open Court, La Salle (Ill.) 1974, pp. 261-264.
F. MINAZZI, Riflessioni critiche sulla filosofia di Popper, «Epistemologia» 13
(1990), pp. 209-234.
M. MOTTERLINI, Popper: Fallibilismo o scetticismo?, «Epistemologia» 15
(1992), pp. 191-218.
S. OKASHA, What did Hume Really Show about Induction?, «The
Philosophical Quarterly» 51 (2001), pp. 307-327.
M. PERA, Popper e la scienza su palafitte, Laterza, Bari, 1981.
A. RIVADULLA, La Revolución en metodología de la ciencia. Karl Popper
(1902-1994) In memoriam, «Endoxa» 5 (1995), pp. 7-33.

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