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1
dell’induzione e del giustificazionismo che sono caratteristici del
neopositivismo. Per Popper, l’induzione è un metodo di giustificazione,
cosicché, rifiutando la giustificazione, si risolve il problema dell’induzione3.
Invece di cercare ragioni positive per fondare una teoria (come intende fare il
giustificazionismo), bisogna cercare le ragioni critiche (perché preferire una
teoria invece di un’altra). Nelle parole di Popper, «non possiamo fornire
alcuna ragione positiva per sostenere che le nostre teorie siano vere»4. Le
ragioni critiche, invece di giustificare, diffendono la preferenza di una teoria
sulle altre, la decisione di usare questa e non le altre. Popper, pertanto,
contrappone giustificazione e critica.
Ma, nonostante tutto, Popper non rinuncia alla verità, che continua ad
essere l’obiettivo (sebbene mai raggiungibile) della scienza. Possiamo
credere che una teoria è più vicina alla verità, ma soltanto questo: credere.
Proprio quello che fa razionale il metodo scientifico è la ricerca della verità5.
Questo spiega perché Popper farà professione di essere realista. Il realismo è
concepito da Popper come «una sorta di retroterra che motiva la nostra
ricerca della verità. La discussione razionale, cioè l’argomentazione critica
allo scopo di avvicinarsi alla verità, sarebbe immotivata senza una realtà
oggettiva, senza un mondo che ci poniamo come compito di scoprire»6.
Popper concepisce il realismo come la convinzione o credenza che ci sia un
mondo reale, che esiste indipendentemente da noi7, e fa consistere il
2
problema della conoscenza nel problema di come scoprire quel mondo8. La
questione del realismo è, pertanto, una questione cruciale, e non marginale,
nell’epistemologia popperiana.
before man; and I believe in the reality of a world of man-made theories, problems,
and mistakes, which I call "world 3"» (K. POPPER, Replies to my critics, p. 1114).
8
Cf. La ricerca non ha fine, p. 79.
9
«Io vado più in là di Hume: sostengo che le procedure induttive
semplicemente non esistono (nemmeno quelle di basso livello) e che la storia della
loro esistenza è un mito» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 139). Per non
lasciare ombre di dubbio al riguardo, si può aggiungere ancora quest’altro
categorico testo: «Induction simply does not exist, and the opposite view is a
straightforward mistake» (Replies to my critics, p. 1015).
10
Cfr. Il realismo e lo scopo della scienza, pp. 41ss.; La ricerca non ha fine,
pp. 113-114.
11
Infatti lo stesso Popper fa riferimento a questo cambiamento di opinione
comune rispetto all’induzione: «Dubito che qualcuno dei presenti abbia sospettato
che io non solo sostenevo sul serio queste opinioni, ma che queste, col tempo,
sarebbero state considerate da molti come un luogo comune» (La ricerca non ha
fine, p. 114). Senza dubbio, di questo cambiamento di opinione è responsabile in
una grande misura lo stesso Popper, come evidenzia Rivadulla: «[...] pienso que
Karl Popper contribuyó a revolucionar la metodología científica. Conceder a
Popper un papel de protagonismo en el abandono de la creencia de que lo que
caracteriza a la ciencia es el método inductivo, una idea que a lo largo de más de
3
Popper nelle sue opere parla spesso del tema dell'induzione, o come lo
chiama di solito, il problema dell'induzione. Sostiene di portare avanti una
riformulazione dello stesso, perché non lo tratta più da una prospettiva
psicologica, come una credenza (come lo avrebbe fatto Hume), ma piuttosto
dal punto di vista logico: il rapporto tra enunciati particolari e proposizioni
universali12. Tale cambiamento gli permette di risolvere il problema
dell'induzione: la soluzione sta nel fatto che... l'induzione non esiste; in parole
di Popper: «non c'è induzione alcuna, ché le teorie universali non
sono deducibili dagli enunciati singolari»13. Per ragioni simili, Popper
respinge il verificazionismo, e in generale ogni tentativo di giustificazione
(probabilità, comprobabilità, ecc.).
4
passaggio14. Popper ripropone questo problema nel modo seguente: «Può la
pretesa che una teoria esplicativa universale sia vera essere giustificata da
"ragioni empiriche"; cioè assumendo la verità di certe proposizioni di
controllo o proposizioni d'osservazione?»15. Di nuovo la risposta è negativa,
perché una teoria spiegativa universale trascende sempre l'insieme finito di
enunciati contrastanti. Anzi, secondo Popper, una risposta affermativa in
questo caso sarebbe paradossale, giacché includerebbe la propria negazione.
L'argomentazione che offre al riguardo è abbastanza oscura, per non dire
proprio sofistica16.
14
Cf. Conoscenza oggettiva, p. 22.
15
Conoscenza oggettiva, p. 25.
16
Cf. Conoscenza oggettiva, pp. 29-30.
17
Il realismo e lo scopo della scienza, p. 60; cfr. anche Conoscenza
oggettiva, p. 31; in questo secondo testo presenta il principio dell'empirismo in
questo modo: «Solo l'"esperienza" può aiutarci a formarci l’idea della verità o
falsità delle proposizioni fattuali» (il corsivo è di Popper).
18
«Ammesso che la conoscenza empirica si otteneva per via induttiva, e
subendo al tempo stesso il forte influsso della critica humiana dell'induzione,
Russell affermava che si doveva adottare un principio di induzione che a sua volta
non poteva però basarsi sull'induzione. L'adozione, di questo principio segnava
dunque i limiti dell'empirismo» (La ricerca non ha fine, p. 113).
19
Il realismo e lo scopo della scienza, p. 42.
20
Più avanti vedremo a quale prezzo si realizza questo passaggio, giacché si
sacrifica la concezione classica della scienza per una nuova, che sembra abbastanza
5
Come ha fatto notare Andrés Rivadulla, si potrebbe parlare di un
cambiamento nel modo di affrontare e risolvere il problema dell'induzione in
Popper21. Tale cambiamento è dovuto al fatto di assumere il concetto di verità
di Tarski, il che ha costretto Popper a riformulare il problema dell'induzione,
questa volta in modo positivo. Nella prima fase, si rifiutava semplicemente
l'induzione, e non si offrivano argomenti per sostenere la prassi scientifica di
cercare leggi e regolarità nella natura, né il passaggio di esperienze singolari a
teorie universali. Così, la scienza non disponeva di un modello che servisse
da guida e ne assicurasse un progresso: in effetti, dopo stabilire il criterio di
demarcazione della scienza, negare l'induzione e sottolineare che le teorie
sono solo falsabili (ciò sarebbe il nucleo dottrinale de La logica della
scoperta scientifica) l'epistemologia popperiana non trovava risorse
sufficienti per superare lo scetticismo. Nella seconda fase, invece, grazie al
fatto di assumere la nozione di verità come corrispondenza, si offre alla
scienza un substrato metafisico che la fonda e orienta. Come faceva
notare Imre Lakatos, non si può crescere nella conoscenza del mondo né si
può imparare dai propri errori se non si dispone di una teoria della verità che
consenta di riconoscere se si dà una crescita in quanto al contenuto di verità22.
A partire da Tarski, Popper usa i concetti di verosomiglianza, contenuto di
verità e di falsità. Nella scienza c'è spazio in questo modo per un progresso
verso una verità obiettiva23.
svalutata.
21
Cfr. A. RIVADULLA, La Revolución en metodología de la ciencia, pp. 7-
33.
22
«One cannot learn about the world even from one's "mistakes", one cannot
detect genuine epistemological error unless one has a theory of truth and a theory of
how one may recognise increasing or decreasing truth-content». (I. LAKATOS,
Popper Demarcation and Induction, p. 254).
23
«Imparai da lui [Tarski] la sostenibilità logica e la forza della verità
assoluta e oggettiva: fondamentalmente una teoria aristotelica, alla quale Tarski e
Gödel arrivarono, sembra, all'incirca nello stesso tempo e separatamente. La prima
pubblicazione fu quella di Tarski nel 1930, e Gödel ne riconobbe, ovviamente, la
priorità. È una teoria della verità oggettiva – verità come corrispondenza
dell'asserzione con i fatti – e della verità assoluta: se un'asserzione formulata in
modo inequivocabile è vera in una lingua, lo è altrettanto in qualunque altra lingua
essa sia stata correttamente tradotta. Questa teoria è il grande baluardo contro il
relativismo e contro tutte le mode intellettuali. Essa ci consente di parlare delle
falsità e del fatto che noi possiamo imparare dai nostri errori, dai nostri sbagli; essa
ci consente di parlare della scienza come della ricerca della verità. Inoltre ci
consente, o meglio ci impone, di distinguere fra verità e certezza» (Un universo di
propensioni, pp. 11-12; gli ultimi due corsivi sono nostri).
6
In questa seconda tappa si formula il problema dell'induzione nel modo
seguente: «Può la pretesa che una teoria universale esplicativa sia vera o che
sia falsa essere giustificata da "ragioni empiriche"; cioè, può l'assunzione
della verità delle proposizioni di controllo giustificare la pretesa che una
teoria universale sia vera o la pretesa che sia falsa?»24. In questo caso,
finalmente, la risposta è positiva: «Sì, l'assunzione della verità delle
proposizioni di controllo a volte ci permette di giustificare la pretesa che una
teoria universale esplicativa sia falsa»25. Come fa notare uno studio recente,
«la presencia del principio de búsqueda de la verdad hace de la epistemología
de Popper una teoría del conocimiento realista y permite esa reformulación y
solución positiva del problema de la inducción»26. Tuttavia, come fa notare
Rivadulla, più che di una riformulazione, si tratterebbe di un allargamento,
che dà spazio al concetto della plausibilità, come avvicinamento alla verità,
ma senza uscire, alla fin fine, di una conoscenza che rimane solo
congetturale, senza che si possa arrivare a sapere con certezza se ci stiamo
avvicinando di fatto o non alla verità. In questo modo, come sottolinea
Lakatos, Popper non riesce a cogliere questa opportunità che offre
l'assunzione della nozione di verità di Tarski per eludere lo scetticismo che
insidia la sua concezione congetturale della scienza27.
3. Induzione e falsificazione
7
naturale del darwinismo, così come il parallelismo tra la verifica, il
lamarckismo e l'istruzione dall'ambiente, da una parte, e la falsificazione, il
darwinismo e la selezione dall'ambiente, dall'altra28. In qualche altro testo
contrappone la logica induttiva (o induttivismo) al metodo deduttivo di
contrastare (o deduttivismo)29.
Non sono mancati però, coloro che hanno fatto vedere che lo stesso
falsificazionismo in ultima istanza si fonda su un'induzione positiva, in
quanto si suppone che la teoria falsificata lo è una volta per tutte, vale a dire,
anche per il futuro (si attende che la falsificazione si continui a dare in
futuro)30.
28
Cf. La ricerca non ha fine, p. 90.
29
Cf. Logica della scoperta scientifica, p. 9.
30
«[...] unless past instances that we have observed of successful prediction
based on a theory give us reason to suppose that future instances will be similar
successful, we have no reason to conjecture that a prediction which follows from a
well-tested theory is true rather than false, and hence no reason for preferring a
given prediction to its contraries; and this is so even if the prediction is specifically
identical to predictions that have been endlessly verified in the past. Some concept
of inductive reasoning, or extrapolation, is needed, therefore, in order to justify
supposing that an experiment can be successfully repeated» (A. LEVISON, Popper,
Hume and Induction, en P.A. SCHILPP (ed), The Philosophy of Karl R. Popper,
Open Court, La Salle (Ill.) 1974, Vol. 1, p. 328). «Una teoria confutata è una teoria
che deve essere eliminata e, quindi, che si assume continui ad essere tale. Se così
non fosse, se cioè non si presupponesse che l'esito del controllo permarrà anche in
futuro, il giudizio di falsificazione non potrebbe operare, dal momento che le teorie
falsificate continuerebbero a dover essere prese comunque in considerazione. È
questa la tesi di Feigl secondo il quale 'solo per induzione si può assumere che una
teoria ben confutata resterà confutata'» (M. MOTTERLINI, Popper: Fallibilismo o
scetticismo?, p. 193).
31
Cf. Logica della scoperta scientifica, pp. 21-22.
8
verifica e assumere la falsazione come metodo proprio della scienza32.
9
In questo modo si propone una nuova concezione della conoscenza, e
si stabilisce un'analogia con il modo di comportarsi di ogni essere
vivente. Popper spesso allude alla somiglianza, in tal senso, tra l'uomo e gli
altri animali, tra Einstein e un'ameba36. L'unica differenza tra loro due risiede
nel fatto che l'uomo può criticare le sue aspettative, idee e teorie, mentre
l'animale no. Ma in entrambi si usa lo stesso metodo: la prova e l'errore, come
chiave del processo di adattamento. Ciò dà luogo a un approccio biologico
della conoscenza, cioè a una considerazione della conoscenza, sia animale sia
umana, come risultato di un adattamento evolutivo al mezzo, al mondo
esterno. Popper propone così una concezione della conoscenza in
chiave evolutiva. In luogo di (o accanto a) la selezione naturale, Popper qui
parla del metodo di prova/errore (trial/error). In questa prospettiva, il sapere
umano non sarebbe altro che un riflesso del meccanismo evolutivo che ha
portato alla diversificazione della vita, fino a far sorgere, in ultimo luogo, la
mente umana.
36
Cf. per esempio in La ricerca non ha fine, p. 55. Secondo Popper, il
metodo di tentativo ed eliminazione dell'errore sarebbe «la modalità di scoperta di
tutti gli organismi, dall'ameba fino ad Einstein» (ibid.).
37
Cf. La ricerca non ha fine, p. 172.
38
«Il metodo di apprendimento per prova ed errore è stato, erroneamente,
scambiato per un metodo di apprendimento per ripetizione. L'"esperienza" la si
acquisisce imparando dai nostri errori, piuttosto che accumulando o associando
osservazioni» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 63).
39
Cf. Conoscenza oggettiva, p. 96 e ss. Il sottotitolo di quest'opera è
significativo: "Un punto di vista evoluzionistico". In una delle sue ultime
conferenze troviamo un titolo che tende verso la stessa direzione: Verso una teoria
evoluzionistica della conoscenza (cf. Un universo di propensioni).
10
5. Valorazione critica dell'anti-induttivismo popperiano
40
Così lo sostiene lui stesso in questo testo: «Penso di aver risolto un
problema filosofico fondamentale: il problema dell'induzione. (Devo aver raggiunto
la soluzione nel 1927, o pressappoco). Questa soluzione è stata estremamente
feconda, e mi ha permesso di risolvere un gran numero di altri problemi filosofici.
Tuttavia pochi filosofi sosterrebbero la tesi che io ho risolto il problema
dell'induzione» (Conoscenza oggettiva, p. 19).
41
«Si è soliti dire che un'inferenza è «induttiva» quando procede da
asserzioni singolari (qualche volta chiamate anche asserzioni «particolari») quali i
resoconti dei risultati di osservazioni o di esperimenti, ad asserzioni universali,
quali ipotesi o teorie. Ora, da un punto di vista logico, è tutt'altro che ovvio che si
sia giustificati nell'inferire asserzioni universali da asserzioni singolari, per quanto
numerose siano queste ultime; infatti qualsiasi conclusione tratta in questo modo
può sempre rivelarsi falsa: per quanto numerosi siano i casi di cigni bianchi che
possiamo aver osservato, ciò non giustifica la conclusione che tutti i cigni sono
bianchi. La questione, se le inferenze induttive siano giustificate, o in quali
condizioni lo siano, è nota come il problema dell'induzione» (Logica della scoperta
scientifica, pp. 5-6; i corsivi sono di Popper). In Conoscenza oggettiva, p. 29,
propone, in un modo piuttosto sofistico, altri esempi. Anche in Il realismo e lo
scopo della scienza, pp. 15-19, presenta una serie di esempi, che sarebbero 'scelti a
caso', questa volta in un campo che sembra essere più strettamente scientifico.
42
Un universo di propensioni, p. 22; il corsivo è nostro.
11
Potremmo dire che Popper, con questi diversi esempi, è indotto... a
negare l'induzione. Ma andiamo a spingerci più lontano: ogni principio (e
Popper propone vari) presuppone in ultima analisi un'induzione. E, in un
certo senso, anche qualsiasi concetto universale (si noti la ridondanza, che
usiamo volutamente, giacché Popper in qualche momento parlerà di concetti
singolari o nomi) comporta una induzione. In ultima analisi, parliamo
di cigni, e capiamo tutti più o meno di cosa stiamo parlando... D'altra parte,
possiamo offrire controesempi ai controesempi di Popper, vale a dire
proposizioni universali che difficilmente si possono mettere in dubbio (se non
in modo sofistico), come 'il numero atomico dell'oro è 79' o 'tutti gli elettroni
hanno la stessa carica elettrica' o 'tutti i cigni sono ovipari', ecc. Inoltre, si
possono proporre molti esempi di sviluppo della scienza che procederebbe
non in base a tentativi ed errori o per falsazione di una teoria, ma piuttosto da
un processo cumulativo, come per esempio nel caso della teoria genetica. La
visione che propone Popper della storia della scienza è piuttosto unilaterale,
parziale e riduttiva. Popper stesso riconosce che non è né vuole essere uno
storico della scienza, e la questione della storia della scienza non sembra
interessargli seriamente, ma solo in funzione della propria proposta
epistemologica.
43
Popper no dissimula la sua antipatia di fronte ad Aristotele. Per fare
qualche esempio, citiamo alcuni testi illustrativi: «Il pensiero di Aristotele è
interamente dominato da quello di Platone. Piuttosto a malincuore egli seguì il suo
grande maestro tanto fedelmente quanto glielo permetteva il suo carattere, non solo
nella visione politica generale ma praticamente in ogni cosa» (La società aperta e i
suoi nemici, vol. 2, p. 11); «la versione aristotelica dell'essenzialismo di Platone
presenta solo differenze di scarsa importanza. Aristotele insiste naturalmente a dire
che, a differenza di Platone, egli non concepisce affatto le Forme o Idee come
esistenti separatamente dalle cose sensibili» (ibid., p. 15); «Quando lo Zeller lodò
Aristotele per l'"uso preciso e l'ampio sviluppo di una terminologia scientifica",
penso che si sia sentito un po' a disagio nell'usare il qualificativo "preciso"; ma
l'ampiezza bisogna riconoscergliela, come pure il più deplorevole fatto che
Aristotele, usando questo gergo complicato e piuttosto pretenzioso, ha affascinato
anche troppi filosofi; sicché, come dice lo Zeller, "per migliaia di anni egli ha
indicato alla filosofia la sua strada"» (ibid., p. 16).
44
Cfr. La ricerca non ha fine, p. 20 ss. Popper dice di aver inventato il
termine essenzialismo per riferirsi a qualsiasi posizione classica, «specialmente le
teorie di Platone e di Aristotele», opposta al nominalismo (cf. ibid., p. 22). «[...]
rifiuto tutte le domande "che cos'è?": domande che chiedono che cos'è una cosa,
12
antagonista: il nominalismo. Presenta la logica di Aristotele come la logica
del soggetto e predicato, e la caratterizza come una logica primitiva45. Inoltre,
ridicolizza la cosiddetta 'teoria della conoscenza del senso comune' o 'teoria
della mente come un cubo'46, o della 'tabula rasa', secondo la quale 'nulla c'è
nell'intelletto che non sia passato prima dai sensi', intesa nel modo più
grossolano e volgare, satirizzata così da Popper stesso: «I mortali per lo più
non hanno nei loro intelletti erranti nulla più di quanto vi abbiano acquisito
attraverso i loro sensi erranti»47. Anche in questo caso vale l'analogia con le
posizioni del lamarckismo e il darwinismo, presentando la teoria della
conoscenza del senso comune come pre-darwinista48. Non è il caso di fare
qui un'apologia della filosofia aristotelica ed esporre le linee maestre della
stessa, soprattutto nella prospettiva di risolvere il problema dell'induzione e
rispondere alle critiche e mistificazioni condotte da Popper. Questo potrebbe
essere oggetto di un'altra ricerca. In ogni caso, è evidente che Popper non ha
capito la teoria della conoscenza aristotelica, nella quale né i sensi né
l'intelletto hanno un ruolo puramente passivo. Le critiche di Popper a tale
dottrina nascono più dell'incomprensione e la mancanza di conoscenza che di
uno studio rigoroso.
qual è la sua essenza, o la sua vera natura. Dobbiamo infatti abbandonare la tesi,
caratteristica dell'essenzialismo, che in ogni singola cosa ci sia un'essenza, una
natura o un principio intrinseci (come lo spirito del vino nel vino) che la fanno
essere necessariamente ciò che è, e quindi la fanno agire come agisce» (Il realismo
e lo scopo della scienza, p. 155).
45
Cfr. La ricerca non ha fine, pp. 79-80.
46
Che si tratti di una semplificazione rozza, una caricatura, lo mostra la
descrizione che fa Popper della stessa: «La teoria del senso comune è semplice. Se
tu vuoi o io voglio conoscere qualcosa non ancora noto sul mondo, dobbiamo aprire
gli occhi e guardare intorno. E dobbiamo drizzare le orecchie e ascoltare i rumori, e
specialmente quelli fatti da altre persone. Così i nostri vari sensi sono le fonti della
nostra conoscenza - le fonti o gli ingressi nella nostra mente» (Conoscenza
oggettiva, p. 89).
47
Conoscenza oggettiva, p. 21.
48
Cfr. Conoscenza oggettiva, p. 95.
49
Cf. Conoscenza oggettiva, p. 28.
13
in congetture e ipotesi50. Vale a dire, la scienza non è una scoperta,
ma ricerca, una ricerca che non finisce mai...51. Tutto questo spiega che la
scienza di Popper sia alquanto precaria, come riflette l'immagine da lui
stesso proposta: è come una palafitta, un edificio costruito su terreno
paludoso52.
Il problema che sta dietro a tutto questo è quello del rapporto tra la
logica e la metafisica. Come ha fatto notare Lakatos, in ogni teoria scientifica,
e in particolare in ogni programma di ricerca, esiste una metafisica di fondo,
che offre i principi che orientano la ricerca scientifica. Non si tratta tuttavia
soltanto di una questione metodologica, o di una decisione o di una
semplice convinzione. In definitiva, il problema dell'induzione è coinvolto nel
problema del valore di verità delle teorie scientifiche. Non basta prendere la
50
Cf. Il realismo e lo scopo della scienza, p. 43. Popper giunge a dire che in
questo modo si risolve il problema dell'induzione: «se noi assumiamo che ciò che
viene chiamato "conoscenza scientifica" consista solo di supposizioni o congetture,
allora questa assunzione è sufficiente per risolvere il problema dell'induzione»
(ibid.).
51
Così lo suggerisce il titolo di uno dei libri di Popper: La ricerca non ha
fine. Autobiografia intellettuale.
52
«La scienza non posa su un solido strato di roccia. L'ardita struttura delle
sue teorie si eleva, per così dire, sopra una palude. È come un edificio costruito su
palafitte. Le palafitte vengono conficcate dall'alto, giù nella palude: ma non in una
base naturale o "data"; e il fatto che desistiamo dai nostri tentativi di conficcare più
a fondo le palafitte non significa che abbiamo trovato un terreno solido.
Semplicemente, ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che almeno per
il momento i sostegni siano abbastanza stabili da sorreggere la struttura» (Logica
della scoperta scientifica, pp. 107-108). È significativo il titolo di un libro dedicato
allo studio del suo pensiero: M. PERA, Popper e la scienza su palafitte.
53
Cf. Il realismo e lo scopo della scienza, p. 30.
14
verità come idea regolatrice54, né è sufficiente una professione di fede nel
realismo o addirittura nella regolarità della natura. Il realismo metafisico, al
quale dovrà ricorrere Popper, non potrebbe condurre in definitiva a risolvere
in un altro modo il problema dell'induzione e, di conseguenza, la questione
della razionalità della scienza?
Il problema è che questa credenza che qui non ha altra scelta che
ammettere è quella che inizialmente aveva criticato e respinto, buttando via
l'induzione, per il fatto che essa si fonda proprio nella regolarità della natura.
Ci troviamo quindi dinanzi ad un'incoerenza fondamentale nel sistema
popperiano. Popper difende il realismo contro l'idealismo e il soggettivismo,
ma dice che, perché non è contrastabile né confutabile, tale realismo non
è scientifico, ma metafisico (come lo sono anche l'idealismo e il
soggettivismo), ma esso avrebbe molti più argomenti a favore, soprattutto
54
«Quindi, benché io sostenga che accade più spesso di non riuscire a
trovare la verità che di riuscire, e che non sappiamo nemmeno quando l'abbiamo
trovata, considero l'idea classica di una verità assoluta o oggettiva come un'idea
regolativa; vale a dire, come uno standard che possiamo non riuscire a
raggiungere» (Il realismo e lo scopo della scienza, p. 66). Più avanti insiste
dicendo di non rinunciare all'idea di verità, ma piuttosto alla nostra pretesa di
raggiungerla. Sembra che diventi così un traguardo irraggiungibile...
55
Logica della scoperta scientifica, p. 19.
56
Logica della scoperta scientifica, p. 277. Fa anche Popper professione di
fede nel realismo metafisico in Il realismo e lo scopo della scienza, p. 104: lì fa
riferimento a Logica della scoperta scientifica. Di nuovo allude a questa posizione
ne La ricerca non ha fine, pp. 154-155.
57
Logica della scoperta scientifica, p. 308.
15
quello di far parte del buon senso comune: « Per me l'idealismo è assurdo,
perché esso implica anche qualcosa del genere: è la mia mente che crea
questo bel mondo. Ma io so che non ne sono il creatore»58. Gli argomenti che
offre Popper al riguardo non sono molto solidi, o concludenti da soli, ma
Popper si accontenta con loro e ritiene che non si può andare oltre59. Il
realismo sarebbe la posizione più accettabile, convincente e sensata. Ma se è
così, dovrebbe pertanto essere ugualmente ragionevole l'induzione, che si
fonda su quel realismo in cui Popper crede.
58
Conoscenza oggettiva, p. 67.
59
«In sintesi, propongo di accettare il realismo come la sola ipotesi sensata -
come una congettura cui non è stata opposta finora alcuna alternativa sensata. Non
desidero essere dogmatico riguardo a questa questione più che riguardo a qualsiasi
altra. Ma credo di conoscere tutti gli argomenti epistemologici - sono per lo più
soggettivisti - che sono stati formulati a favore di alternative al realismo, come il
positivismo, il fenomenismo, la fenomenologia, e così via, e sebbene io non sia
ostile alla discussione degli ismi in filosofia, considero tutti gli argomenti filosofici
che, a mia conoscenza, sono stati formulati in favore della mia lista di ismi,
chiaramente errati» (Conoscenza oggettiva, p. 67-68).
60
Come fa notare Forment, «En esta crítica de Popper a la inducción no se
tiene en cuenta su fundamento: la capacidad del entendimiento humano en alcanzar
lo que algo es, la esencia de aquello que se entiende. De manera que la inteligencia
es capaz de penetrar a través de las cualidades sensibles hasta la esencia o
naturaleza de las cosas y de conocerla en alguna medida» (E. FORMENT, Lecciones
de metafísica, Rialp, Madrid 1992, pp. 60-61).
16
relación de verdad, ya que afirma la existencia real de un mundo
exterior (mundo 1), como también la existencia del mundo tres, que él
llama mundo de los productos de la mente como son teorías, hipótesis,
conjeturas y también libros. Pero no logra establecer una relación de
conformidad entre las teorías y la realidad»61.
Bibliografia:
61
R. FAYOS, Verdad y realismo..., pp. 143-144.
17
La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale, Armando Ed., Roma
1976.
Congetture e confutazioni. Lo sviluppo della conoscenza scientifica, Il
Mulino, Bologna, 1972.
Conoscenza oggettiva: un punto di vista evoluzionistico, Armando Ed., Roma
1975.
Alla ricerca di un mondo migliore, Armando, Roma 2002
Encuentro con Karl Popper, Alianza Editorial, Madrid 1993.
Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino 1970.
La società aperta e i suoi nemici, vol. 2, Armando, Roma 1974.
Il realismo e lo scopo della scienza, Il Saggiatore, Milano 1994.
Replies to my critics, in P. A SCHILPP (ed.) The Philosophy of Karl R.
Popper, Open Court, La Salle (Ill.) 1974, Vol. 2, pp. 961-1200.
Un universo di propensioni, Vallecchi, Firenze 1991.
Letteratura secondaria:
18