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Riassunto del corso di

Misure e Strumentazione
Industriale
Prof. Remo Sala
A.A. 16/17

Appunti di Paolo Barbato


Riassunto del corso di 1
Misure e Strumentazione Industriale 1
Basi di metrologia 3
Incertezza di misura 5
Caratteristiche statiche 10
Taratura statica 11
Analisi di Fourier 15
Caratteristiche dinamiche 17
Strumenti di ordine zero 20
Strumenti del primordine 21
Strumenti del secondordine 24
Digitalizzazione dei segnali 35
Misure di temperatura a contatto 45
Misure di temperatura senza contatto 65
Termografia 76
Misure senza contatto 2D 78
Misure senza contatto 3D 97
Accelerometri 102
Misure di pressione 110
Misure di flusso 118
Basi di metrologia
Applicazioni delle misure
Monitoraggio di operazioni e processi: il valore di una particolare grandezza fisica (a.e.
parametro di processo) stimato mediante un opportuno strumento e unopportuna procedura di
misura (a.e. misura di velocit sul tachimetro delle autovetture);

Controllo di operazioni e processi: come nel caso del semplice monitoraggio il valore di una
particolare grandezza fisica (a.e. parametro di processo) stimato mediante un opportuno
strumento e unopportuna procedura (misura). Tale informazione poi impiegata in un circuito di
controllo col fine di azionare degli strumenti di retroazione che agiscono sui parametri di
processo per mantenerli entro i valori prestabiliti o che attivano/terminano determinate operazioni
(a.e. termostato domestico);

Analisi sperimentale: le campagne di misure sono fondamentali negli esperimenti di


validazione di modelli ingegneristici e di teorie fisiche e nelle procedure di collaudo o di
caratterizzazione di dispositivi/processi.

Definizioni VIM
Grandezza: propriet di un fenomeno/corpo/sostanza che pu essere espressa
quantitativamente mediante un numero e un riferimento;

Sistema: oggetto o insieme di oggetti descritto in termine di grandezze ad esso pertinenti;

Stato del sistema: insieme dei valori assunti contemporaneamente dai parametri del sistema;

Specie di grandezza: aspetto comune di grandezze mutuamente confrontabili (a.e. lunghezza,


energia);

Misurazione: processo volto ad ottenere sperimentalmente uno o pi valori (scalare/complesso/


tensoriale) che possono ragionevolmente essere attribuiti ad una grandezza fisica;

Metrologia: scienza della misurazione e delle sue applicazioni;

Misurando: grandezza che si intende misurare;

Risultato di misura: insieme di valori attribuiti a un misurando congiuntamente ad ogni altra


informazione disponibile (a.e. grandezze di influenza);

Metodo di misura: descrizione generale dellorganizzazione logica delle operazioni messe in


atto in una misurazione (a.e. differenziale/per sostituzione/di zero o diretto/indiretto);

Principio di misura: fenomeno fisico a fondamento di una misurazione (a.e. effetto


termoelettrico nelle termocoppie);

Procedura di misura: descrizione dettagliata di una misurazione eseguita in conformit a uno o


pi principi di misura e a un determinato metodo di misura. Comprende tutti i calcoli necessari ad
ottenere il risultato di misura;
Modello di misura: relazione matematica tra tutte le grandezze che si stima siano coinvolte/
influenti in una misurazione. della forma f (y, x1, . . . , xn ) = 0 , dove y il misurando
(grandezza di uscita) e x_i la generica grandezza in ingresso. Il tipo e la complessit di un
modello di misura dipendono dallo scopo per cui sono effettuate le misure (un modello di misura
pi raffinato richiede in generale una maggiore mole di conti e leffettuazione di un maggior
numero di misurazioni: maggior costo);

Grandezza duscita del modello di misura (o grandezza principale): grandezza il cui valore
misurato calcolato impiegando i valori delle grandezze dingresso del modello;

Grandezza di disturbo: grandezza che influenza la misura (a.e. temperatura di una barra di
metallo nella misura della lunghezza di questultima). La definizione delle grandezze di disturbo
dipende strettamente dalla complessit del modello di misura adottato;

Grandezza dinfluenza: grandezza che, in una misurazione diretta, non ha effetto sulla
grandezza effettivamente misurata ma che influenza la relazione tra lindicazione dello strumento
(lettura) e leffettivo risultato di misura (a.e. la temperatura di un calibro impiegato nella
misurazione di una barra di metallo);

Grandezza statica: grandezza la cui variazione nel tempo lenta rispetto al tempo di
osservazione e che, quindi, si pu pensare stabile (costante);

Grandezza dinamica: grandezza la cui variazione nel tempo confrontabile con la velocit di
osservazione e che, quindi, non pu essere considerata costante;

Si presti attenzione alla sottile differenza tra grandezza di disturbo (direttamente influente sulla
grandezza principale) e grandezza di influenza (influente sulla sola lettura dello strumento e non
sul misurando).

Catena di misura: serie di elementi di un sistema di misura (sensore - trasduttore - scheda di


acquisizione - elaboratore) che costituiscono un percorso univoco per il segnale (dal sensore
primario fino alla lettura analogica o digitale);

Sensore: elemento di un sistema di misura che direttamente influenzato dal fenomeno, corpo
o sostanza che propongono la grandezza da sottoporre a misurazione;

Trasduttore: sensore che trasforma la grandezza fornita dal sensore primario in unuscita pi
facilmente trattabile;

Condizionamento del segnale: insieme di operazioni (a.e. amplificazione/filtraggio) che


ottimizzano il collegamento tra dispositivo sensibile (trasduttore/sensore) e dispositivo di
acquisizione (a.e. scheda di acquisizione digitale). Un esempio di circuito di condizionamento
quello che somma alla tensione reale in uscita da una termocoppia la tensione di riferimento alla
temperatura del giunto ambiente;

Metodi di misurazione
Metodo diretto: il valore del misurando ottenuto leggendo direttamente la grandezza di
interesse, confrontandola con unaltra della stessa specie (la quale scelta come campione e
rappresenta lunit di misura (a.e. misurazione del diametro interno di un cuscinetto a sfere con
un calibro);

Metodo indiretto: misurazione ottenuta leggendo una o pi grandezze legate funzionalmente al


valore del misurando ma non omogenee alla grandezza di interesse. Ad oggi la quasi totalit
delle misure indiretta. Gli strumenti odierni, infatti, sono tipicamente digitali e misurano quindi
una tensione/corrente elettrica legata funzionalmente alla grandezza fisica di interesse.

Le grandezze estensive (dipendenti dalla massa/volume del sistema) sono misurabili sia con
metodi diretti che indiretti, mentre quelle intensive (che esprimono una qualit del sistema) sono
misurabili solamente attraverso metodi indiretti (non esistono campioni di riferimento per
temperatura, umidit, pressione etc.).

Misurazione per deviazione: il valore del misurando legato funzionalmente allo spostamento
di un indice di uno strumento (a.e. lancetta del tachimetro) o di un altro segnale in uscita (a.e.
tensione ai capi di una termocoppia);

Misurazione per azzeramento: la misurazione ottenuta mantenendo la deflessione dellindice


di lettura dello strumento ad un valore nullo per mezzo di unopportuna applicazione di un effetto
di entit nota che si oppone a quello generato dal misurando (a.e. bilancia a due piatti). Tale
metodo meno pratico di quello per deviazione ma molto pi accurato (nel primo infatti
possibile che il modello matematico che lega il misurando alla lettura non sia valido per valori
esterni ad un certo range, a.e. legge di Hooke per la misurazione della forza noto
lallungamento);

Misurazione per sostituzione: la misurazione effettuata sostituendo il misurando con una


grandezza di valore noto che determini la stessa lettura sullo strumento di misura ( un metodo
di misurazione difficilmente automatizzabile).

Incertezza di misura
La definizione di incertezza di misura fornita dalla GUM:

numero associato al risultato di una misurazione che esprime la dispersione dei valori che
possono essere ragionevolmente attribuito al misurando.

Oggi il concetto obsoleto di valore vero di una grandezza stato sostituito da un approccio
puramente statistico. Ogni misura consiste infatti in un intervallo di valori attribuibili al
misurando con un certo livello di confidenza la cui ampiezza coincide con lincertezza U e in
cui possibile individuare un valore di riferimento (stima del misurando). tuttavia possibile,
almeno in termini relativi, definire un valore convenzionalmente vero quando questo sia noto con
unincertezza trascurabile per la particolare applicazione in cui effettuata la misurazione (a.e. si
considerano convenzionalmente veri i valori dei campioni di riferimento impiegati per la taratura
degli strumenti).

Cause di incertezza
La dispersione (variabilit) dei valori rilevati durante una misurazione pu essere dovuta a diverse
cause:

Procedura di misura: la misurazione effettuata con una procedura scorretta (a.e. se il becco
di un calibro non perfettamente tangente alla superficie del cilindro di cui si vuole misurare il
diametro si otterranno valori sovrastimati di entit proporzionale allangolo di inclinazione);

Effetti strumentali: lo strumento di misura non perfetto. Esistono quindi imperfezioni


costruttive che possono influenzare il valore misurato (a.e. becchi del calibro non perfettamente
paralleli tra loro);
Grandezze di disturbo e di influenza: il valore misurato varia tra una misurazione e laltra se lo
stato termodinamico si modifica (effetto delle grandezze di disturbo: barra che si allunga poich
aumenta la temperatura) o se la lettura dello strumento influenzata da parametri ambientali
(effetto delle grandezze di influenza: le tacche del calibro si distanziano poich questo si dilata in
seguito ad un aumento di temperatura);

Non adeguatezza del modello: il modello di misura adottato non sufficientemente raffinato
per descrivere il sistema oggetto di misurazione (a.e. errato modellare la Terra come una sfera
per il calcolo delle sue dimensioni).

Incertezza intrinseca: il principio di indeterminazione di Heisenberg fornisce una giustificazione


teorica dellincertezza associata ad una misura e scredita il concetto di valore vero.

Lincertezza un concetto puramente quantitativo ( un numero) che misura lentit della


dispersione di una popolazione di valori misurati. In termini qualitativi si parla invece di
accuratezza (si dice quindi che uno strumento caratterizzato da unincertezza pari al 0,03% del
fondo scala molto accurato).

Compatibilit
Poich si detto che non esiste il valore vero di una misura (la quale consiste in un intervallo di
valori probabili) allora perde di significato il concetto di uguaglianza tra misure, il quale quindi
sostituito da quello di compatibilit:

Due o pi misure sono compatibili se e solo se esiste almeno un elemento comune a tutte le
rispettive fasce di valori.

Ovviamente la compatibilit tra misure ha senso solamente a parit di condizioni ambientali


(importanza del controllo delle grandezze di disturbo).

Valutazione dellincertezza
Sebbene sia relativamente facile fornire una definizione di incertezza non altrettanto banale
definire la procedura di determinazione di questultima. La normativa GUM individua due tipologie
di valutazione:

Valutazione dellincertezza di categoria A: avviene per mezzo dellanalisi statistica di una serie
di osservazioni. calcolata con parametri statistici derivanti da una densit di probabilit
costruita a partire da una distribuzione di frequenza osservata;

Valutazione dellincertezza di categoria B: avviene con mezzi diversi dallanalisi statistica di


una serie di osservazioni. Si noti che tale approccio prevede comunque il calcolo dellincertezza
a partire da parametri statistici derivanti da una densit di probabilit la quale, al contrario della
categoria A, non costruita a partire da una distribuzione di frequenza osservata, ma
opportunamente ipotizzata a partire dalla conoscenza del fenomeno fisico e/o dello strumento e
della procedura di misura (si noti che spesso i costruttori forniscono tale incertezza ).

Incertezza di tipo A
Si dispone di un campione di osservazioni di numerosit n e, quindi, di una distribuzione di
frequenza (ddf) osservata di cui si conoscono:
Media campionaria
1 n
n
x = xk
k=1

Scarto tipo sperimentale

n
1
(xk x)2

s = s(xk ) =
n 1 k=1

Stima dello scarto tipo sperimentale della media


s
sm = s(x) =
n

Lincertezza di tipo A coincide con lo scarto tipo sperimentale della media:


s
uA = sm = s(x) =
n

Mentre il valore di riferimento posti pari alla media campionaria. Lespressione di una misura la
cui incertezza determinata secondo una valutazione di categoria A quindi:
s
x = x uA =
n

Incertezza di tipo B
Lincertezza di tipo B impiegata in tutti quei casi in cui non si dispone di un campione di
osservazioni sufficientemente numeroso oppure in cui la scarsa risoluzione dello strumento
produce un elevato numero di osservazioni tutte uguali tra loro.

fondamentale osservare che, non disponendo di una popolazione statistica di osservazioni, non
ha senso definire n la media campionaria, n il suo scarto tipo. Ne consegue che il valore di
riferimento posto pari alla lettura L dello strumento, mentre lincertezza uB pu essere
calcolata seguendo due approcci:

1. Stima diretta dellincertezza mediante informazioni pregresse o strumentali (specifiche


tecniche fornite dal costruttore dello strumento, certificati di taratura, dati di misurazione
precedenti). il metodo pi immediato (a.e. uB pu essere fornita direttamente come
percentuale della lettura dello strumento) ma non per questo il meno accurato:

x = L uB adesempio x = L 3% L

2. Derivazione della densit di probabilit di riferimento a partire da unanalisi del


comportamento del particolare strumento di misura. uB calcolata a partire dalla deviazione
standard della densit di probabilit ipotizzata per la misurazione in questione:
x = L uB = L
Ad esempio per una distribuzione triangolare di ampiezza a la deviazione standard, e quindi
lincertezza di tipo B, pari a
a
uB = =
3

La distribuzione rettangolare adatta per modellare strumenti digitali con risoluzione pari a
res = 2a o per determinare lincertezza dovuta allerrore di linearit lin = a.

Incertezza combinata
Nel caso di misura indiretta si dispone di un modello di misura del tipo Y = f (X1, X2, . . . , XN ) (le
lettere maiuscole indicano che ci si sta riferendo a variabili aleatorie). A partire da tale modello
matematico e dalle N misure delle grandezze si vuole giungere ad una misura y = yref u y della
grandezza Y e, quindi, ad una stima del valore di riferimento yref e dellincertezza associata u y .
Ogni grandezza in ingresso Xi a sua volta nota attraverso una misura xi = xrifi ui di cui si
conoscono il valore di riferimento xrifi (pari alla media campionaria xi nel caso di incertezza di tipo
A o alla lettura Li nel caso di incertezza di tipo B) e lincertezza ui (di tipo A o di tipo B). naturale
definire il valore di riferimento di y come media dei valori di riferimento delle grandezze in ingresso:

1 N
N
yref = xrefi
i=1

Mentre per quanto riguarda lincertezza u y si possono adottare diversi approcci.

Metodo classico (caso di variabili in ingresso non correlate). Nel caso in cui le
X1, X2, . . . , XN siano variabili indipendenti (nessuna Xi esprimibile come funzione delle altre
grandezze in ingresso) possibile stimare u y con la seguente formula di propagazione degli
errori:

( )
N 2
f
uy = ui
i=1
Xi
(xref1,xref 2,...,xrefN )

Dove

f
Xi
(xref1,xref 2,...,xrefN )

detto fattore di sensibilit e coincide con la derivata parziale della grandezza in uscita
rispetto alla i-esima grandezza in ingresso.

Metodo Monte Carlo. Nel caso in cui la relazione funzionale che lega la grandezza in uscita con
quelle in ingresso non nota a priori o non lineare oppure nel caso in cui le Xi non sono
indipendenti tra di loro si ricorre ad un metodo di simulazione numerica. A partire dagli n
campioni di osservazioni delle grandezze in ingresso (uno per ogni Xi) si derivano n distribuzioni
di probabilit (tipicamente gaussiane definite dai due parametri sintetici media e varianza 2 o
t-student definite da media , varianza 2 e numero di gradi di libert ). A partire dalle densit di
probabilit cos ricavate, per ognuna di queste si estrae al calcolatore un numero M (molto
grande) di osservazioni simulate di Xi grazie alle quali possibile ricavare M valori della
grandezza in uscita Yi. A partire da tale set di dati si stima infine la distribuzione di probabilit di
Yi e se ne calcolano valore medio (valore di riferimento yref ) e deviazione standard (incertezza
u y).

Metodo sperimentale. Consiste nel ricavare sperimentalmente (e non mediante simulazione


numerica) le M osservazioni di ogni singolo parametro Xi necessarie per la derivazione della
distribuzione di probabilit di Yi. Tale approccio estremamente dispendioso e lento e, quindi,
scarsamente adottato.

Incertezza estesa
Dalla normativa: Lincertezza estesa la grandezza che definisce, intorno al risultato di una
misura (valore di riferimento), un intervallo che ci si aspetta comprendere una frazione rilevante
della distribuzione di valori ragionevolmente attribuibili al misurando.

In altre parole lincertezza estesa consiste nella semi-ampiezza dellintervallo di confidenza di


livello L centrato nel valore di riferimento della misura. In generale espressa moltiplicando
lincertezza tipo per un opportuno fattore di copertura fc .

Ovviamente, a pari livello L, lampiezza dellintervallo di confidenza (e quindi il valore del fattore di
copertura) dipende strettamente dal tipo di distribuzione adottata per il calcolo dei quantili.
Tipicamente nel caso di incertezza di tipo A per n>20 (numero di osservazioni) si utilizzano i
quantili della t-student e per n<20 quelli della gaussiana. Nel caso di incertezza di tipo B si
utilizzano ovviamente i quantili della particolare distribuzione adottata (a.e. rettangolare).

Scrivendo gli intervalli di confidenza di livello L per la media della gaussiana e della t-student si
scopre che i rispettivi fattori di copertura coincidono con i quantili (1+L)/2-esimi:
s
I(L) = x z 1 + L per la gaussiana
2
n
s
I(L) = x tv, 1 + L per la t-student
2
n
s
Da cui, essendo = u, si ricavano i fattori di copertura di livello di confidenza L:
n

fc(L) = z 1 + L per la gaussiana


2
fc(L) = tv, 1 + L per la t-student
2

E quindi le incertezze estese di livello di confidenza L:

ue = fc(L) u = z 1 + L u per la gaussiana


2
ue = fc(L) u = tv, 1 + L u per la t-student
2
Nel caso di incertezza combinata estesa si usano i quantili della gaussiana.

Espressione dellincertezza
La GUM impone limpiego di due cifre significative per lindicazione dellincertezza, la quale pu
essere espressa in una generica misura nel seguente modo:

x = xrif (u) um

Ad esempio, per esprimere una misura di tensione caratterizzata da un valore di riferimento di


850mV e unincertezza relativa del 3% (tipo B) si trova:

u = 3% 850mV = 25,5mV = 26mV

Da cui la misura

x = 850(26)mV
Che pu anche essere espressa in V

x = 0,850(26)V

Caratteristiche statiche
Si definiscono caratteristiche di uno strumento di misura i dati riguardanti le relazioni tra le letture
effettuate con un dispositivo per misurazione e/o regolazione e le misure dei parametri con i quali
esso interagisce.. Tali caratteristiche, essendo strettamente legate al tipo di misura effettuata
(statica o dinamica), possono essere a loro volta suddivise in caratteristiche statiche (descritte
da relazioni algebriche) e in caratteristiche dinamiche (descritte da equazioni differenziali). Alcuni
esempi di caratteristiche statiche sono: diagramma di taratura, risoluzione, ripetibilit,
riproducibilit, stabilit, deriva, isteresi, riferibilit.

Diagramma di taratura: relazione che permette di ricavare da ogni valore di lettura fornito da un
dispositivo la misura (ossia il valore di riferimento e lincertezza) da assegnare al misurando.

Risoluzione: attitudine di un dispositivo di misura a risolvere stati diversi del misurando durante la
misurazione. Il valore della risoluzione la pi piccola variazione del valore del misurando che
provoca una modificazione misurabile del valore della lettura.

Ripetibilit: grado di concordanza tra i risultati di misure successive dello stesso misurando
effettuate nelle medesime condizioni di misura ed eseguite in un breve intervallo temporale.. La
verifica di ripetibilit si effettua verificando la compatibilit tra misure successive effettuate nelle
stesse condizioni (ambientali e del misurando).

Riproducibilit: grado di concordanza tra i risultati di misure successive dello stesso misurando
effettuate in condizioni di misura diverse. La differenza rispetto alla ripetibilit consiste nella
variazione della condizioni di misura. Ne consegue che uno strumento caratterizzato da unelevata
riproducibilit scarsamente sensibile alle grandezze di influenza.
Stabilit: attitudine di un dispositivo di misura a mantenere costante la lettura in misure eseguite
indipendentemente sullo stesso misurando in un intervallo di tempo definito, con identica
procedura e nelle stesse condizioni per le grandezze di influenza.

Deriva: variazione in funzione di una grandezza di influenza (a.e. temperatura) di una


caratteristica metrologica di un dispositivo di misura.

Isteresi: propriet di uno strumento di fornire valori di lettura diversi in corrispondenza di un


medesimo misurando quando questo viene fatto variare (quasi-staticamente) per valori crescenti e
per valori decrescenti.

Sensibilit: rapporto tra la variazione della grandezza in uscita dallo strumento (lettura) e la
corrispondente variazione della grandezza in ingresso. La sensibilit in corrispondenza di una
misura M corrisponde allinverso della pendenza della curva di taratura M = M(L) in quel punto:
S(M ) = L /M = (M /L)1.
Portata: limite assoluto superiore del campo di misura.

Fondo scala massimo: limite assoluto superiore del campo di valori in uscita dallo strumento.

Fondo scala minimo: limite assoluto inferiore del campo di valori in uscita dallo strumento.

Campo di sicurezza: intervallo comprendente tutti i valori di misura del misurando che possono
essere letti dal dispositivo di misura senza che il suo diagramma di taratura resti permanentemente
alterato (a.e. plasticizzazione della molla di un dinamometro).

A seconda della qualit delle proprie caratteristiche, un dispositivo inserito in una opportuna
classe di precisione.

Taratura statica
La determinazione delle caratteristiche statiche di uno strumento di misura effettuata mediante la
taratura statica, ossia il procedimento che consiste nel confronto, in corrispondenza di definiti
campi di variazione per le grandezza di influenza e per il misurando, tra le letture di un dispositivo
di misura (in taratura) e dei riferimenti di misura aventi incertezza trascurabile (possono essere le
letture di un secondo strumento di misura pi accurato o dei campioni fisici di valore nominale noto
e di incertezza trascurabile). Convenzionalmente il riferimento di misura deve essere almeno 4
volte pi accurato del misurando.

Lo scopo di una taratura statica quindi la determinazione di una corrispondenza biunivoca tra le
letture dello strumento e le misure associate (valore di riferimento + incertezza) in un certo campo
di misura.

Ne consegue che il risultato di una taratura statica un diagramma in cui ad ogni valore assunto
dalla lettura L associata una misura (ossia un valore di riferimento ed unincertezza strumentale).
Tale diagramma (ossia lunione della curva di taratura e della fascia di incertezza associata)
noto come diagramma di taratura.
Per definizione, una variazione delle grandezze di influenza (vedi def.) altera la relazione tra la
lettura dello strumento e il valore assunto dal misurando. Ne consegue che ogni diagramma di
taratura ricavato per grandezze di influenza il pi possibile note e fissate (a.e. in ambiente
termostatato e climatizzato). Per tener conto della variazione delle grandezze di influenza
necessario ripetere la taratura per i diversi valori assunti da queste ultime, ottenendo cos una
famiglia di diagrammi di taratura. Le grandezza di influenza non controllabili in fase di taratura
sono dette disturbi.

Procedura per determinazione della curva di


taratura
Fissato il campo di misura allinterno del quale si vuole tarare lo strumento, fissate le grandezze
di influenza (a.e. temperatura ed umidit del laboratorio) e definito il riferimento di misura
adottato (a.e. campioni di valore nominale noto e con incertezza trascurabile) si procede nel
seguente modo:

1. In corrispondenza di ognuno degli N valori Mi assunti dal riferimento di misura si effettua una
serie di ni misurazioni ripetute che forniscono una distribuzione di frequenza di letture li di cui
sli
si calcolano media campionaria li ed incertezza uli = (tale incertezza pu essere dovuta
ni
ad eventuali disturbi).

2. Noti gli N valori di riferimento li calcolati in corrispondenza dei nodi Mi possibile interpolare
o approssimare (best-fitting) gli N punti (Mi, li ) ad ottenere la curva di taratura L = L(M )
che, tipicamente, fornita nella forma invertita M = M(L).

Procedura per la determinazione della fascia di


incertezza
Generalmente la determinazione dellincertezza strumentale ustrum[u dmL ] (nelludm della lettura
L) allinterno di un campo di misura stimata attraverso la radice dellerrore quadratico medio
(RMSE: Root Mean Square Error):

SSR
ustrum[u dmL ] = R MSE = MSE =
N

Dove

N N
res 2 (li L(mi ))2
i
SSR = =
i=1 i=1

la somma dei quadrati dei residui e lordine del polinomio interpolante.

Per esprimere tale incertezza nellunit di misura del misurando sufficiente dividerla per la
sensibilit S dello strumento:

ustrum[u dmL ]
ustrum[u dmM ] = udm
S[ udm L ]
M

IMPORTANTE: se oltre allincertezza strumentale ustrum presente unaltra incertezza, ad


esempio quella di risoluzione ures o lerrore di linearit ulin , allora lincertezza combinata di
taratura u determinata come somma in quadratura delle singole incertezze:

ui2

u=
i=1

In tale modo si ricavano il limite superiore ed inferiore della fascia di incertezza come

FIsup(M ) = M(L) + u
FIinf (M ) = M(L) u

Espressione dellerrore di linearit


Spesso, per semplicit ed immediatezza di lettura, si adotta una retta come polinomio di
regressione per la determinazione della curva di taratura (sensibilit dello strumento costante). In
tal caso la curva di taratura assume la semplice forma

1
M = M(L) = K L = L
S
Dove K, linverso della sensibilit dello strumento di misura. Ovviamente scegliendo di
approssimare con un retta la curva di taratura reale (a.e. polinomiale di grado 3 o logaritmica) si
commette un errore proporzionale alla distanza tra le due, la cui stima appunto denominata
errore di linearit ed tipicamente fornita in 4 forme alternative:

INCERTEZZA STRUMENTALE ESPRESSA COME PERCENTUALE DEL FONDO SCALA


ulin(M ) = a[ % ] FS = cost (M )

In tal caso lampiezza 2 u(M ) = 2 a[ % ] FS = cost (M ) banda di tolleranza costante


lungo lintero campo di misura.

INCERTEZZA STRUMENTALE ESPRESSA COME PERCENTUALE DELLA LETTURA

ulin(M ) = b[ % ] L = b[ % ] S M

In tal caso lampiezza 2 u(M ) = 2 b[ % ] S M della banda di tolleranza lineare con il


valore della misura M

INCERTEZZA STRUMENTALE ESPRESSA COME VALORE MASSIMO TRA I DUE PRECEDENTI

ulin(M ) = m a x(a[ % ] FS; b[ % ] S M )

INCERTEZZA STRUMENTALE ESPRESSA COME SOMMA TRA I DUE PRECEDENTI

ulin(M ) = a[ % ] FS + b[ % ] S M
Analisi di Fourier
Lanalisi di Fourier effettua la trasformazione di un generico segnale s(t) periodico di periodo
fondamentale T dal dominio del tempo a quello delle frequenze. Qualora s(t) non sia periodico,
possibile comunque effettuare lanalisi assumendo questultimo periodico con periodo
1
fondamentale T pari al tempo di acquisizione (e quindi frequenza fondamentale ffond = e
T
2
frequenza angolare fondamentale fond = 2 ffond = ).
T
Tale assunzione permette di scomporre il segnale s(t) come somma di seni e coseni non sfasati
semplicemente scrivendo la sua serie di Fourier:
n n
a0 2 2 a
ak cos( k t) + bk sin( k t) = 0 +
2 k
s(t) = + a cos(fond k t) + bk sin(fond k t)
k=1
T T 2 k=1
Dove possibile definire la frequenza angolare k-esima come k = 2 fk = fond k.

Effettuando semplici operazioni trigonometriche sui seni e sui coseni si pu riesprimere la serie di
Fourier come somma di n sinusoidi (o cosinusoidi) di frequenza angolare k = 2 fk = fond k ,
fase k e ampiezza Ak dette armoniche. Larmonica k-esima (o di ordine k) ha una frequenza fk
1
pari ad un multiplo fk = k ffond della frequenza fondamentale ffond = (pari allinverso del
T
tempo di acquisizione o del periodo proprio del segnale):

( ) k
n n n

k
s(t) = Ak sin k + 2 fk t = A sin(k + k t) = s0 + A sin(k + k t)
k=0 k=0 k=1

oppure

( ) k
n n n

k
s(t) = Bk scos k + 2 fk t = B cos(k + k t) = s0 + B cos(k + k t)
k=0 k=0 k=1

dove nellultimo passaggio si evidenziata la componente costante s0 (eventualmente nulla).

Evidenziando la frequenza fondamentale si ha

k ( k ) k
n n n

k
s(t) = A sin + 2k ffond t = A sin(k + fond k t) = s0 + A sin(k + fond k t)
k=0 k=0 k=1

oppure
k ( k ) k
n n n

k
s(t) = B cos + 2k ffond t = B cos(k + fond k t) = s0 + B cos(k + fond k t)
k=0 k=0 k=1

Noto un segnale scomposto in serie di Fourier, il periodo fondamentale (tempo di acquisizione) pu


essere ricavato come minimo comune multiplo dei periodi delle singole armoniche.

Rappresentazioni vettoriali
SOMMA DI PROIEZIONI DI VETTORI ROTANTI

Si noti che ogni armonica Ak sin(k + k t) coincide con la proiezione reale di un vettore
rotante nel piano complesso univocamente determinato da un fasore Fk di modulo Ak, fase k e
frequenza angolare k = 2 /fk:

( )
Ak sin(k + k t) = Re Ak e (k +k t)

SOMMA DI VETTORI CONTROROTANTI

Applicando la formula di Eulero possibile esprimere Ak sin(k + k t) come somma di due


vettori controrotanti nel piano complesso:

Ak j( + t) Ak j( + t)
Ak sin(k + k t) = e k k + e k k
2 2

Spettro del segnale


Lo spettro di un segnale s(t) scomposto in n armoniche consiste nellinsieme del diagramma
ampiezza-frequenza Ak fk e di quello fase-frequenza k fk.

Effetto di derivazione e integrazione


La derivazione di un segnale di Fourier determina una amplificazione dellampiezza ed uno
sfasamento negativo di 90:

d
Ak sin(k + k t) = Ak k cos(k + k t) = Ak k sin(k + k t )
dt 2
La integrazione di un segnale di Fourier determina una riduzione dellampiezza ed uno
sfasamento positivo di 90:

Ak A

Ak sin(k + k t)dt = cos(k + k t) = k sin(k + k t + )


k k 2
Ne consegue che per misurare velocit aventi componenti armoniche con ampiezza costante sullo
spettro conviene misurare lo spostamento per basse frequenze e laccelerazione per alte
frequenze.

Caratteristiche dinamiche
Sia qi(t) un segnale tempovariante in ingresso ad uno strumento e sia qo(t) il corrispondente
segnale in uscita. In generale il modello matematico che lega le due variabili unequazione
differenziale ordinaria di ordine m nella variabile temporale (ODE):
m n
d (i) d (i)
i dt o i dt i
a q (t) = b q (t)
i=0 i=0

che, definendo la forzante f (t)


n
d (i)
i dt i
f (t) := b q (t)
i=0

si riscrive
m
d (i)
i dt o
a q (t) = f (t)
i=0

Lordine m dellequazione dipende strettamente dalla fisica e dalla tipologia di strumento adottato.

Si distinguono quindi strumenti di ordine 0, di ordine 1 e di ordine 2.

Funzione di trasferimento
In generale:

d (i)
1. La presenza delle derivate qo(t) (dovute allinerzia termica/meccanica/elettrica dello
dt
strumento) determina un ritardo tra il segnale in ingresso e quello in uscita (ossia uno
sfasamento delle singole armoniche);
2. La presenza dei coefficienti ai (se non unitari) determina unamplificazione/riduzione
dellampiezza del segnale in uscita (e quindi unamplificazione/riduzione delle ampiezze
delle singole armoniche).

Essendo sempre possibile scomporre in armoniche sia il segnale in ingresso qi(t) che quello in
uscita qo(t) risulta conveniente descrivere entrambi i segnali attraverso il loro spettro, cos da
poter quantificare leffetto delle distorsioni 1 e 2 (sfasamento e amplificazione) su ogni singola
armonica.

Si definisce quindi la funzione di trasferimento (TF) dello strumento come il rapporto tra lo
spettro del segnale qo(t) in uscita e quello del segnale in entrata qi(t). In particolare:

1. La fase o i della FT definita come lo sfasamento tra le armoniche del segnale in uscita
e quelle del segnale in ingresso.

Ao
2. Il modulo della FT definita come il rapporto tra lampiezza Ao del segnale in uscita e
Ai
quella Ai del segnale in ingresso.

La FT quindi univocamente definita dai due diagrammi:

1. (o i ) f che fornisce lo sfasamento tra le armoniche in uscita e quelle armoniche in


entrata in funzione della frequenza f . Tale diagramma permette di quantificare lentit del
ritardo del segnale in entrata per ogni frequenza f.

Ao A
2. f che fornisce il rapporto o tra lampiezza delle armoniche del segnale in uscita e
Ai Ai
quelle del segnale in entrata in funzione della frequenza f . Tale diagramma permette di
quantificare lentit della distorsione dellampiezza del segnale in entrata per ogni
frequenza f.
Prontezza
La prontezza la capacit di uno strumento di non distorcere il segnale in ingresso.

Un segnale detto non distorto se:

1. Tutte le armoniche in uscita sono amplificate/ridotte dello stesso fattore rispetto a quelle in
entrata;

2. Tutte le armoniche in uscita hanno sfasamento nullo, sono tutte in opposizione di fase o sono
tutte traslate dello stesso t rispetto alle armoniche in entrata.

La prima condizione (relativa allampiezza delle armoniche) si traduce nella costanza del modulo
della FT rispetto alla frequenza:

Ao
= cost ( f )
Ai

La seconda condizione (relativa alla fase delle singole armoniche) soddisfatta nei seguenti tre
casi:

Armoniche tutte in fase:


o i = 0

Armoniche tutte in opposizione di fase:

o i =
Armoniche tutte traslate delle stesso t:

o i = k fond

Il fatto che uno sfasamento proporzionale alla frequenza dellarmonica coincida con un ritardo
temporale costante si dimostra facilmente.

Il campo di frequenze ( fL, fS ) del segnale in ingresso in cui questo non distorto dallo strumento
(ossia in cui il corrispondente segnale in uscita risulta non distorto) detta banda passante dello
strumento.

Ovviamente se il segnale misurato caratterizzato da uno spettro in frequenza la cui frequenza


minima fmin e quella massima fma x necessario adottare uno strumento la cui banda passante
comprenda lintervallo di frequenze di interesse.

Uno strumento di misura si dice pronto se la banda di frequenze di interesse compresa in quella
passante:

fL fmin < fma x fS

Strumenti di ordine zero


Il modello matematico di uno strumento di ordine zero unequazione differenziale degenere in
unequazione algebrica (derivate nulle):

a0 qo(t) = b0 qi(t)

da cui
b0
qo(t) = q (t) = Kqi(t)
a0 i
b0
dove K = detta costante di sensibilit e rappresenta lentit dellamplificazione del segnale
a0
in ingresso ( pari al modulo della FT).

evidente che uno strumento di ordine zero ha caratteristiche dinamiche ideali (ossia sempre
pronto) in quanto ogni armonica del segnale in ingresso semplicemente amplificata di una
costante K indipendente dalla frequenza (assenza di sfasamento).

Un esempio di strumento di ordine zero il potenziometro ideale.

La caratterizzazione di uno strumento di ordine zero consiste nella determinazione della sensibilit
statica K.

Strumenti del primordine


Il modello matematico di uno strumento di ordine uno unequazione differenziale ordinaria del
primo ordine:

d
a1 qo(t) + a0 qo(t) = b0 qi(t)
dt
da cui

a1 d b
qo(t) + qo(t) = 0 qi(t)
a0 dt a0

dove:

b0
K= la sensibilit statica;
a0
a1
= la costante di tempo e rappresenta lentit dellinerzia dello strumento a riprodurre il
a0
segnale in ingresso.

Si ha quindi:

d
qo(t) + qo(t) = Kqi(t)
dt
Si noti che uno strumento di ordine uno con costante di tempo nulla degenera in uno strumento di
ordine zero.

La caratterizzazione di uno strumento di ordine zero consiste nella determinazione della sensibilit
statica K e della costante di tempo (vedi esempio termometro a colonna di fluido).
Risposta al gradino
Si impone una segnale in ingresso a gradino del tipo:

{qis
0 t =0
qi(t) =
t >0

Risolvendo lequazione differenziale (soluzione eq. omogenea associata + soluzione particolare a


regime) si ottiene la seguente espressione del segnale in uscita:
t
qo(t) = Kqis(1 e )

evidente la presenza di un transitorio di assestamento iniziale che tende alla condizione di


regime (pi o meno velocemente a seconda del valore di ).

Dividendo per Kqis si ottiene la seguente forma adimensionale:

qo(t) t
= (1 e )
Kqis

Si noti che il valore della costante di tempo (in secondi) corrisponde al tempo impiegato dal
segnale in uscita per raggiungere un valore pari al 63% del segnale in ingresso (tale definizione ne
permette una facile rilevazione sperimentale).

Il settling time (tempo di assestamento) definito come il tempo che il segnale in uscita impiega
in seguito allapplicazione di un segnale a gradino per raggiungere e mantenere un livello che si
discosti di una certa percentuale rispetto al segnale in ingresso. Si noti che la costante di tempo
corrisponde ad un settling time del 63%.

Risposta in frequenza
Si impone una segnale in ingresso armonico del tipo:
qi(t) = Ai sin(t + i )
Dopo un pi o meno lungo transitorio iniziale, il segnale in uscita sar una funzione armonica
caratterizzata dalla stessa frequenza del segnale in ingresso e da una fase o ed unampiezza
Ao in generale diverse.
Ao
Lentit dellamplificazione dipende strettamente dalle caratteristiche dello strumento
Ai
(sensibilit statica e costante di tempo) e dalla frequenza dellarmonica in ingresso:

Ao K
=
Ai ( )2 + 1

Lo sfasamento o i dipende strettamente dalla costante di tempo dello strumento e dalla


frequenza dellarmonica in ingresso:

o i = arctan( )

Si noti che le condizioni di prontezza (modulo della FT costante e fase della FT lineare con la
frequenza) sono soddisfatte solo per bassi valori del prodotto (per cui
Ao K
= K = cost). Sono quindi possibili le seguenti osservazioni:
Ai ( )2 + 1

Se il segnale in ingresso ad alta frequenza necessario che la costante di tempo dello


strumento sia molto piccola affinch non si abbia distorsione.

Se la costante di tempo molto alta, gli unici segnali non distorti saranno quelli a frequenza
molto bassa.

Risposta alla rampa


Si impone una segnale in ingresso a rampa del tipo:
{q ist
0 t =0
qi(t) =
t >0

Risolvendo lequazione differenziale (soluzione eq. omogenea associata + soluzione particolare


con metodo di somiglianza) si ottiene la seguente espressione del segnale in uscita:

( )
qo(t) = K q is (e 1) + t
t

Il segnale in uscita a regime qo,ss(t) si ottiene calcolando il limite per il tempo che tende a infinito:

qo,ss(t) = K q is (t ) = K qi(t )

In cui si nota come questo sia pari al segnale in entrata amplificato della constante di sensibilit e
ritardato di un tempo pari a .

possibile inoltra definire lerrore di misura come differenza tra il segnale in uscita e quello in
entrata (riscalato per la costante K):

qi(t)
em(t) = qo(t) = q is e t/ + q is
K
In cui em tr (t) = q is e t/ lerrore di misura nel transitorio (va a zero a regime) e
emss(t) = q is lerrore di misura a regime.

Si osservi che lerrore di misura nel transitorio va a zero tanto gi velocemente quanto minore la
costante di tempo e che lerrore di misura nel transitorio proporzionale a . Ne consegue che
ladozione di uno strumento con costante di tempo pi piccola permette una lettura pi veloce e pi
accurata di un qualunque segnale a rampa.

Strumenti del secondordine


Il modello matematico di uno strumento di ordine uno unequazione differenziale ordinaria del
secondo ordine:

d2 d
a2 qo(t) + a1 qo(t) + a0 qo(t) = b0 qi(t)
dt dt
Lo studio degli strumenti del secondo ordine spesso affrontato mediante lequivalente
meccanico del sistema massa-molla-smorzatore. Applicando un bilancio di forze a tale sistema si
ottiene infatti la seguente equazione differenziale (formalmente analoga a quella scritta sopra):

m x(t) + r x(t) + k x(t) = f (t)

Moto libero non smorzato


In assenza di forzante (f (t) = 0) e di smorzamento (r = 0) lequazione differenziale si riduce
allequazione omogenea:

m x(t) + k x(t) = 0
Lequazione caratteristica quindi

m 2 + k = 0
da cui si ottengono due autovalori complessi e distinti

k k
1,2 = =i
m m
che forniscono la soluzione

i k k
mt i mt
x(t) = X1e + X2e

i k k
mt i mt
Affinch tale soluzione sia reale necessario che i due vettori complessi X1e e X2e
siano coniugati, ossia che

X1 = | X | e i
{X2 = | X | e i

cos da fornire

( ) ( )
k k k k k
t + := | Z | cos(0t + )
i mt i mt i( m t+) i( m t+)
x(t) = X1e + X2e = |X | e +e = 2 | X | cos
m

Si ricavato che la risposta libera di uno strumento del secondo ordine non smorzato una
k
cosinusoide di ampiezza | Z | , fase (dipendenti dalle condizioni iniziali) e frequenza 0 =
m
Si noti che lassenza di smorzamento una condizione puramente ideale, in quanto determina
loscillazione infinita del sistema a regime.

k
La frequenza 0 = , che coincide con la frequenza angolare che avrebbe il sistema se
m
lasciato libero di oscillare senza alcun tipo di smorzamento, detta frequenza propria del
sistema non smorzato e dipende unicamente dalla rigidezza k e dallinerzia m. 0 tanto
maggiore quanto minore linerzia del sistema e maggiore la sua rigidezza.
Moto libero smorzato
In assenza di forzante (f (t) = 0) ma in presenza di smorzamento (r 0) lequazione
differenziale si riduce allequazione omogenea:

m x(t) + r x(t) + k x(t) = 0


Lequazione caratteristica quindi

m 2 + r + k = 0
da cui si ottengono due autovalori complessi e distinti

( 2m )
2
r r r
1,2 = o2 = id
2m 2m

Dove

( 2m )
2
r
d = o2

la frequenza propria del sistema smorzato (si noti che minore di quella del sistema non
smorzato).

A differenza del caso non smorzato (che fornisce due autovalori complessi e distinti), in tale caso
la forma della soluzione dipende strettamente dal segno del discriminante

( 2m )
2
r
= o2
4
e quindi, fissata la massa m e la frequenza propria 0, dal valore dello smorzamento r.

Si definisce smorzamento critico rc il valore di r che annulla dil discriminante:

( 2m )
rc 2
o2 = 0 rc = 2m 0

Si definisce rapporto di smorzamento h la quantit:

r
h=
rc
Si pu quindi riscrivere

1,2 = 0(h h 2 1)

La discussione del determinante si riduce quindi ai tre casi


Caso sovrasmorzato: h > 1 r > rc > 0 1,2realiedistinti
Caso con smorzamento critico:
h = 1 r = rc = 0 1,2realiecoincidenti
Caso sottosmorzato: h < 1 r < rc < 0 1,2complessiedistinti

SISTEMA SOVRASMORZATO

Se h > 1 r > rc = 2m 0 allora il sistema detto sovrasmorzato e le radici dellequazione


caratteristica sono reali, distinti e negativi:

h > 1 h 2 1 > 0 1,2 = 0(h h 2 1)entrambirealienegativi

1 = 0(h h 2 1) = a1 < 0
2 = 0(h + h 2 1) = a2 < 0

La soluzione quindi la somma di due esponenziali negative:

x(t) = A1e 1t + A2e 2 t = A1e a1t + A2e a 2 tcona1, a2 > 0

Si noti che la soluzione tende asintoticamente a zero senza mai passarci. Inoltre intuibile che
allaumentare dello smorzamento (h ) si ha un pi lento esaurimento del transitorio iniziale.

SISTEMA IN CONDIZIONI DI SMORZAMENTO CRITICO

Se h = 1 r = rc = 2m 0 allora il sistema detto in condizioni di smorzamento critico e le


radici dellequazione caratteristica sono reali e coincidenti:

h = 1 h 2 1 = 0 1,2 = = h0reali,coincidentienegativi

La soluzione quindi:

x(t) = A1e t + A2te t = A1e h0 t + A2te h0 t


Si noti che la soluzione tende asintoticamente a zero passando eventualmente per questultimo
(una sola volta). Inoltre intuibile che allaumentare dello smorzamento (h ) si ha un pi lento
esaurimento del transitorio iniziale.

SISTEMA SOTTOSMORZATO

Se h < 1 r < rc = 2m 0 allora il sistema detto sottosmorzato e le radici dellequazione


caratteristica sono complesse e distinte:

h < 1 h 2 1 < 0 1,2 = 0(h h 2 1) = h0 idcomplessiedistinti

{2 = h0 + id
1 = h0 id

La soluzione quindi:

( )
x(t) = X1e 1t + X2e t = X1e (h0id )t + X2e (h0+id )t = e h0 t X1e id t + X2e id t

Affinch la soluzione sia reale necessario che i due vettori complessi siano coniugati, ossia che

X1 = | X | e i
{X2 = | X | e i

Da cui

( ) ( )
x(t) = e h0 t X1e id t + X2e id t = | X | e h0 t e (id t+) + e (id t+) = 2 | X | e h0 t cos(d t + ) = | Z | e h0 t cos(d t + )
Si ricavato che la risposta libera di uno strumento del secondo ordine sottosmorzato una
cosinusoide di ampiezza | Z | , fase (dipendenti dalle condizioni iniziali) e frequenza

( 2m )
2
r
d = o2 modulata da unesponenziale negativa.

Moto forzato
In presenza di una forzante f (t) la soluzione x(t) della

m x(t) + r x(t) + k x(t) = f (t)


data dalla somma della soluzione x0(t) dellomogenea associata (moto libero) e dalla soluzione
particolare xp(t) (a regime)

La forma della soluzione dipende strettamente dal tipo di forzante applicata.

Forzante armonica (risposta in frequenza)


Si impone una segnale in ingresso armonico del tipo:

f (t) = F0cos(t)

Per trovare la soluzione particolare xp(t) a regime si risolve un problema complesso ausiliario

m zp(t) + rzp(t) + k zp(t) = f(t) = F0e it

la cui proiezione reale il problema in questione

m xp(t) + r xp(t) + k xp(t) = f (t)

Applicando il metodo di somiglianza al problema complesso si cerca una soluzione del tipo

zp(t) = Xpe it

che, sostituita nellode, fornisce il coefficiente complesso

F0
Xp = C
(k m 2) + ir
il quale, riespresso in forma polare (modulo | Xp | e la fase ) si scrive

Xp = | Xp | e i

La soluzione complessa si riscrive quindi

zp(t) = Xpe it = | Xp | e ie it = | Xp | e it+

Da cui la soluzione reale


xp(t) = Re(zp(t)) = Re( | Xp | e it+) = | Xp | cos(t + )

Si ricavato che la risposta a regime di uno strumento del secondo ordine una cosinusoide di
ampiezza | Xp | , fase e frequenza pari a quella della forzante.

Definendo il rapporto tra la frequenza della forzante e la frequenza propria del sistema libero non
smorzato:


a=
0
Il numero complesso Xp pu essere espresso come

F0 /k
Xp = C
(1 a 2) + i2ah
A questo punto facile notare che in caso di forzante statica (ossia a frequenza nulla:
= 0 a = 0), Xp degenera in un numero reale rappresentate lo spostamento subito dal
sistema a regime per effetto dellapplicazione statica della forza F0 (legge di Hooke):

Xst = Xp( = 0) = F0 /k

Quindi, essendo il modulo | Xp | lampiezza della soluzione a regime con forzante dinamica ed
essendo Xst = F0 /k la soluzione a regime in caso di forzante statica ha senso di definire il loro
rapporto per quantificare leffetto della frequenza della forzante (o, equivalentemente, del

rapporto a = ) in termini di amplificazione della soluzione rispetto al caso statico. Si ha quindi
0
il coefficiente di amplificazione dinamico:

| Xp | 1
A(a) = =
Xst (1 a 2)2 + (2ah)2

Allo stesso modo possibile definire lo sfasamento tra la soluzione e la forzante:

( Re(Xp) ) ( 1 a2 )
Im(Xp) 2ah
= arctan = . . . = arctan


Il diagramma del coefficiente di amplificazione dinamico in funzione del rapporto a=
0
(ossia della frequenza della forzante) per diversi valori del coefficiente di smorzamento riportato
di seguito assieme a quello dello sfasamento tra soluzione e forzante:
Si osserva che il massimo dellamplificazione dinamica assunto per valori di a circa unitari (ossia
per frequenze della forzante simili a quella propria del sistema libero non smorzato). Addirittura, nel
caso ideale di smorzamento nullo si ha unamplificazione infinita della soluzione per a = 1 . Tale
fenomeno noto come risonanza e individua tre zone notevoli nel diagramma di risposta
dinamica in frequenza.

Gli equilibri tra le forze in gioco (forzante, f. elastica, f. viscosa, f. di inerzia) possono essere
visualizzati nel piano di Gauss sostituendo la soluzione complessa zp(t) = | Xp | e it+
nellequazione differenziale complessa.
ZONA QUASISTATICA

Alle basse frequenza, ossia per a < < 1, lo sfasamento tra risposta e forzante circa nullo 0
e il coefficiente di amplificazione circa unitario. Ci significa che il sistema si comporta in maniera
quasi-statica e la forzante equilibrata quasi unicamente dalla forza elastica in ogni istante.

Sia la forza di inerzia che quella viscosa sono poco importanti (essendo in qualche modo
proporzionali alla frequenza) e la forzante bilanciata quasi unicamente dalla forza elastica
esercitata dallelemento elastico (attraverso cui si scarica sui vincoli a terra). Dal diagramma
infatti evidente come la soluzione sia poco sensibile alla variazione del coefficiente di
smorzamento in tale zona.

ZONA DI RISONANZA

Per a 1 risposta e forzante sono praticamente in quadratura /2 e il coefficiente di


1
amplificazione tende a A(a = 1) = . Lamplificazione rispetto al caso statico quindi
2h
inversamente proporzionale allo smorzamento. In particolare nel caso ideale di h = 0 si ha una
risposta di ampiezza infinita.

La forzante bilanciata quasi unicamente dalla forza viscosa esercita dallelemento smorzatore
(attraverso cui si scarica sui vincoli a terra), mentre la forza elastica bilancia in ogni istante la forza
di inerzia.

ZONA SISMOGRAFICA

Alle alte frequenze, ossia per a > > 1, risposta e forzante sono in opposizione di fase e
il coefficiente di amplificazione dinamico tende ad annullarsi per ogni valore dello smorzamento (la
risposta ha ampiezza nulla!). La forza elastica e quella viscosa si autobilanciano e la forzante
bilanciata quasi unicamente dalla forza di inerzia. Ne consegue che f (t) non ha modo di scaricarsi
sui vincoli a terra (molla e smorzatore) e la massa pu essere pensata come sospesa. Tale
fenomeno, il quale perseguito costruendo sistemi caratterizzati da una bassa frequenza propria
0 (bassa rigidezza k ed elevata massa m), permette lisolamento delle vibrazioni.

Prontezza e smorzamento
Uno strumento del secondo ordine pronto quando ogni armonica del segnale in ingresso
(forzante) amplificata della stessa intensit e sfasata proporzionalmente alla sua frequenza. Tali
condizioni si traducono in:

1. Coefficiente di amplificazione dinamico A ca. costante con a;

2. Sfasamento lineare con a.

Abbiamo visto che la forma delle curve di sfasamento risposta-forzante e di amplificazione


dinamica dipende strettamente dal rapporto di smorzamento h . Segue che attraverso una sua
opportuna scelta quindi possibile estendere le condizioni di prontezza ad un range di frequenze il
pi ampio possibile.

Come evidente dai diagrammi A a e a riportati sopra si evince che:


Le condizioni di prontezza sono soddisfatte alle basse frequenze (zona sismografica);
La prontezza dello strumento (ossia la massima frequenza del segnale in ingresso non distorta)
pu essere migliorata adottando un coefficiente di smorzamento pari a ca. 0,7: in tal modo si
ottiene una banda passante pari a ca. (0; 0 /2).

Risposta allimpulso
La risposta allimpulso coincide formalmente con il moto libero smorzato in cui le condizioni iniziali
sono imposte dalla forzante.

Si noti la forte analogia con il moto libero smorzato (forma della curva dipendente da h). Il
diagramma adimensionale riporta sulle ascisse il numero di oscillazioni effettuate al tempo t da un
sistema con frequenza propria d . interessante osservare come sistemi con frequenza propria
minore richiedano tempi pi lunghi per effettuare lo stesso numero di oscillazioni e, quindi, per
arrivare a regime (sistemi con elevata frequenza propria sono + pronti).

Risposta al gradino
La risposta al gradino pu essere pensata come una risposta allimpulso in cui il valore di regime
traslato rispetto allo zero (e pari allingresso amplificato Kqis).
Anche in tale caso si riscontra una maggiore prontezza per frequenze proprie elevate e per valori
di h di ca. 0.7 (settling time minore). Tuttavia la maggior parte degli strumenti del secondo ordine
sono caratterizzati da coefficienti di smorzamento estremamente bassi (ca. 0.01). Tale condizione
sembrerebbe contraddire quanto appena detto riguardo alla prontezza di risposta al gradino. Le
grandezze fisiche reali, per, non hanno mai variazioni discontinue e, pertanto, il modello a gradino
risulta inappropriato. quindi pi opportuno studiare la risposta alla rampa fino a un regime per
la quale, come si vedr, la prontezza garantita da h molto bassi.

Risposta alla rampa fino a regime


Il segnale rampa fino a regime modellato come segue:

0 t =0
qi(t) = q ist 0<t T
q isT tT

ed pertanto diviso in:

Rampa dallistante iniziale fino allistante T;

Regime costante dallistante T in poi.


La risposta qo(t) sara quindi a sua volta caratterizzata da un:

Transitorio di rampa dallistante iniziale fino allistante t* < T;

Regime di rampa dallistante t* fino a T.

qi(t)
Lerrore di misura em(t) = qo(t)
K
1
Maggiorato dalla quantit durante il transitorio di rampa;
dT 1 h2
2h
Pari a durante il regime di rampa.
dT
quindi chiara la scelta di adottare coefficienti di smorzamento piccoli che minimizzino lerrore di
misura nel regime di rampa (si noti che lerrore durante il transitorio controllato grazie alle
elevate frequenze proprie).

Digitalizzazione dei segnali


Tipicamente i trasduttori degli strumenti di misura convertono una generica grandezza fisica g(t)
(pressione, temperatura, deformazione etc.) in un segnale analogico in tensione V(t) . Tale
segnale elettrico pu assumere infiniti valori allinterno del fondo scala dello strumento in
corrispondenza di un qualunque istante temporale.

Laritmetica finita degli elaboratori digitali, per, impone una doppia discretizzazione (nel tempo e
nei valori) del segnale analogico in uscita dal trasduttore:

1. La prima discretizzazione riguarda il tempo ed detta campionamento, in quanto consiste


nellacquisizione del segnale in istanti di tempo ben determinati e separati da un intervallo t
finito (intervallo di campionamento).

2. La seconda discretizzazione riguarda i valori assunti dal segnale analogico ed detta


quantizzazione. Questa consiste nellassegnazione dei valori continui assunti dal segnale
analogico negli istanti campionati agli stati risolvibili dal calcolatore (il cui numero dipende dal
numero di bit dellarchitettura impiegata).

Quantizzazione
La quantizzazione di un segnale consiste nellassegnazione di uno dei 2N stati risolvibili dal
calcolatore ad ogni valore analogico di tensione campionato (N il numero di bit e 2 la base di
numerazione del codice macchina).

La costruzione della parola digitale (sequenza ordinata di N bit) associata al valore analogico di
tensione V(ti ) campionato nellistante ti avviene mediante un algoritmo di bisezione: per la
determinazione del primo bit si divide il fondo scala della scheda di acquisizione in due intervalli e
si assegna 1 se V(ti ) appartiene allestremo superiore, 0 altrimenti. Si passa al bit successivo e si
considera il solo semi-intervallo a cui appartiene V(ti ) e si ripete iterativamente la valutazione fino
a riempire la parola digitale.

Tale procedimento iterativo divide di fatto il fondo scala FS = Vma x Vmin in 2N livelli di tensione
assegnabili alla grandezza analogica. La distanza

FS Vma x Vmin
res = =
2N 2N
tra due livelli successivi detta risoluzione dello strumento di acquisizione.

Ovviamente quando al segnale analogico V(ti ) si sostituisce il corrispondente segnale digitale


v(ti ) si commette un errore assoluto di quantizzazione maggiorato dalla semiampiezza della
risoluzione:

res FS FS
Ema x = (V(ti ) v(ti ))ma x = = =
2 2 2N 2N+1
Ne consegue che lerrore relativo di quantizzazione pari a

(V(ti ) v(ti ))ma x res FS


ema x = = = N+1
V(ti ) 2 V(ti ) 2 V(ti )
evidente che:
Lerrore assoluto Ema x dipende unicamente dal numero di bit (fissato) e dal fondoscala dello
strumento di acquisizione (tipicamente regolabile).

Lerrore relativo ema x dipende sia dallerrore assoluto (e quindi da N e da FS ) che dal valore
V(ti ) del segnale analogico campionato.
quindi possibile ridurre lerrore assoluto (e quindi anche quello relativo) riducendo
opportunamente il fondo scala in maniera tale da adattarlo il pi possibile al campo di valori assunti
dal segnale analogico (ovviamente senza saturare).

A pari errore assoluto inoltre possibile ridurre lerrore relativo amplificando opportunamente
(ossia senza saturare il FS) il segnale analogico in ingresso. Si noti che leffetto di una riduzione
del fondo scala e di unamplificazione del segnale in ingresso lo stesso (aumenta il numero dei
livelli effettivamente impiegati per la rappresentazione del segnale V(ti )).

Tipicamente gli strumenti di acquisizione (a.e. Arduino) sono dotati di un fondo scala simmetrico
centrato in 0V. Ne consegue che, affinch un segnale analogico periodico con valor medio non
nullo sia opportunamente adattato al FS, necessario traslare (caso DC: si somma una tensione
costante) o filtrare (caso AC: si elimina larmonica a 0Hz) questultimo del valor medio.

Campionamento
Il campionamento di un segnale consiste nella valutazione dellampiezza segnale analogico in
ingresso a intervalli di tempo prefissati (equispaziati oppure no a seconda che il campionamento
sia asincrono o sincrono con il segnale).

Lintervallo di tempo tc tra unacquisizione la successiva detto intervallo di campionamento,


mentre la finestra temporale Tc in cui avviene lintera acquisizione detta tempo di acquisizione.
Nel caso di campionamento asincrono possibile definire una frequenza di campionamento
come linverso dellintervallo di campionamento

1
fc =
tc
ed esprimere il tempo di acquisizione come prodotto tra il numero N di campionamenti e lintervallo
di campionamento tc

Tc = N tc

Aliasing
Il teorema di Shannon afferma che se un segnale continuo a banda limitata contiene solo
frequenze inferiori a fma x (frequenza dellarmonica di ordine massimo), questo campionato
correttamente (i.e. senza aliasing) se la frequenza di campionamento almeno il doppio di quella
massima massima del segnale

fc 2 fma x

ossia

fc
fma x = fN
2
1 1
Poich fc = e fma x = (T il periodo dellarmonica di ordine massimo) si ha che:
tc Tmin min
Tmin
tc
2
ossia: il campionamento deve essere tale da acquisire almeno due campioni in ogni periodo
dellarmonica di frequenza massima.

Se la frequenza di campionamento minore del doppio della frequenza massima del segnale
(ossia se la frequenza massima del segnale maggiore della frequenza di Nyquist fN ) allora si
manifesta il fenomeno dellaliasing, il quale distorce le frequenze apparenti delle componenti
armoniche del segnale con f > fN restituendo un valore apparente distorto determinabile tramite il
diagramma dellaliasing:

fc
Quindi, se ad esempio fN = < f < fc, si ha una frequenza apparente pari a:
2
f > fN fa = fN ( f fN ) = 2 fN f = fc f

Laliasing un fenomeno distorcente non correggibile a posteriori (ossia dopo aver effettuato il
campionamento). quindi necessaria unattenta analisi armonica del segnali in ingresso per
determinarne la frequenza massima e filtrarla con un opportuno filtro anti-aliasing (perdita di
informazioni) o, alternativamente/congiuntamente, impostare una frequenza di campionamento
sufficientemente elevata (nessuna perdita di informazioni).

Tempo di conversione
Ovviamente lacquisizione del segnale in ogni istante di campionamento ti non avviene in un
tempo infinitesimo, ma in un intervallo finito ta = (ti + ta ) ti (detto tempo di conversione o
di apertura per analogia con quello delle ottiche delle macchine fotografiche) in cui si ha
necessariamente una variazione V(ta ) = V(ti + ta ) V(ti ) (pi o meno grande) del
segnale analogico. Ne consegue che il segnale V(ti + ta ) = V(ti ) + V(ta ) effettivamente
campionato affetto da un errore V(ta ):

1. Proporzionale al tempo di conversione ta (caratteristica costruttiva del convertitore A/D)

dV(t)
2. Proporzionale alla derivata del segnale analogico
dt
Per ridurre lerrore di conversione legato al tempo di apertura o si sceglie un convertitore
caratterizzato da un minore tempo di conversione ta o si interviene sulla seconda causa (velocit
di variazione del segnale nel tempo ta ) attraverso la tecnica del sample and hold. Questa
consiste nellimplementazione di un dispositivo capacitivo a valle dellamplificatore e dei filtri anti-
aliasing capace di mantenere costante il valore V(ti ) assunto dal segnale analogico nellistante di
campionamento i-esimo per tutta la durata ta della conversione A/D. In tale modo si ha
V(t) = V(ti ) t [ti, ti + ta] V(ti + ta) = V(ti ) e, quindi, un errore V(ta) nullo.

Costruttivamente il circuito S&H costituito da un condensatore interposto tra i morsetti del


segnale in ingresso (libero di variare) e i morsetti del segnale in uscita (il cui valore quindi pari
alla tensione ai capi del condensatore). Affinch il segnale in uscita rimanga costante nel tempo di
conversione necessario che la capacit di C sia sufficientemente elevata (tempo di scarica molto
maggiore di ta ). Al contrario, affinch il valore della tensione ai capi di C segua fedelmente il
segnale in entrata al variare degli istanti di campionamento, necessario che la capacit di C sia
sufficientemente bassa (tempo di carica sufficientemente minore dellintervallo di campionamento
tc). Tale contraddizione rende particolarmente critica la scelta del condensatore di un circuito
S&H.

Massima frequenza di campionamento (singolo canale)


Si osservi che il tempo di conversione ta sempre minore (al limite uguale) allintervallo di
campionamento tc:

ta tc

Se cos non fosse si campionerebbe pi volte lo stesso segnale analogico. Infatti, essendo

{S&H V(t) = V(ti ) t [ti, ti + ta]


ti+1 = ti + tc

se per ipotesi fosse ta > tc, si avrebbe:

V(ti+1) = V(ti + tc ) = V(ti + ta) = V(ti )

Ne consegue che lintervallo di campionamento massimo di un convertitore A/D pari al suo


tempo di conversione:

tcma x = ta
e che la sua massima frequenza di campionamento pari allinverso del tempo di acquisizione
dello strumento:

1 1
fcma x = =
tcma x ta

Circuito di conversione A/D a singolo canale


Alla luce di quanto visto, un generico circuito di conversione A/D a singolo canale (ossia
deputato alla conversione digitale di una singola grandezza g(t)) quindi costituito da:

1. Trasduttore: converte la generica grandezza fisica g(t) in ingresso (temperatura, pressione


etc.) in un segnale analogico in tensione V(t) (continuo nel tempo e nei valori);

Modulo di condizionamento A+F:


______________________________________________________________________________

2. Amplificatore: amplifica il segnale analogico in ingresso per ridurre lerrore relativo di


quantizzazione;

3. Filtro anti-aliasing: rimuove dal segnale le armoniche caratterizzate da frequenze maggiori di


quella di Nynquist (ossia affette da aliasing);

______________________________________________________________________________

4. Circuito sample-and-hold: fissa la tensione analogica al valore V(ti ) assunto nellistante di


campionamento i-esimo per tutto il tempo di conversione ta necessario per il campionamento
e per la quantizzazione.

5. Convertitore A/D: a partire dal valore di tensione presentato dal S&H implementa lalgoritmo di
bisezione visto in precedenza per costruirne la parola digitale associata.

Circuito di conversione A/D a canale multiplo


In generico circuito di conversione A/D a canale multiplo (ossia deputato alla conversione
digitale di una serie di n grandezze fisiche g1(t), g2(t), . . . , gn(t) ) sono ovviamente presenti n
trasduttori, n moduli di condizionamento (A+F) e n filtri anti-aliasing (uno per ogni segnale). Il
circuito S&H, invece, pu essere dedicato oppure unico.

Circuto S&H dedicato


Gli n segnali analogici vengono campionati contemporaneamente poich ogni S&H k-esimo
presenta al convertitore A/D un valore Vk.i riferito allo stesso istante di campionamento ti:

Vk,i = Vk (ti )

Circuto S&H unico (multiplexer)

Gli n segnali analogici vengono campionati in sequenza in quanto lunico S&H presente non pu
processare pi di un segnale alla volta e, per ogni istante di campionamento ti , presenta al
convertitore A/D dei segnali Vk,i campionati in instanti successivi che differiscono per il tempo di
conversione ta:

Vk,i = Vk (ti + k ta)

Tale configurazione sicuramente pi economica della prima ma non permette la contemporaneit


dellacquisizione dei segnali.

Massima frequenza di campionamento (canale multiplo)


In entrambi i sistemi di acquisizione, essendo il convertitore A/D unico, se il tempo di conversione
1
di questultimo taconv (e quindi la massima frequenza di campionamento fcconv = )
taconv
allora, affinch per ogni istante ti siano campionati correttamente tutti gli n valori di tensione Vk,i
relativi ai diversi canali, il convertitore A/D deve effettuare le n conversioni consecutive tutte
allinterno dellintervallo di campionamento, spendendo un tempo di conversione effettivo pari a
n
taef f = n taconv =
fcconv

Si noti che il tempo di conversione taconv una caratteristica intrinseca dello strumento di
conversione, mentre il tempo di conversione effettivo taef f dipende linearmente dal numero di
canali acquisiti dal singolo convertitore A/D.

Ne consegue che la massima frequenza di campionamento effettiva per ogni canale pari a:

1 fc
fcef f = = conv
taef f n

ESEMPIO

Se si vogliono acquisire con un unico convertitore A/D i segnali provenienti da 4 accelerometri


diversi applicati alla stessa struttura caratterizzata da una fma x = 2k Hz necessario che il
segnale acquisito da ogni accelerometro non sia affetto da aliasing, ossia che:

fcef f 2 fma x = fN = 4k Hz

Ricordando che la massima frequenza di campionamento effettiva di ogni canale e pari alla
frazione n-esima di quella (massima) del convertitore:

fcconv
fcef f =
4
Si ottiene il vincolo sulla frequenza massima di campionamento del convertitore A/D:

fcconv 4 fN = 16k Hz

Da cui si ottiene la minima frequenza di campionamento adottabile per evitare laliasing:

f cmin
conv
= 4 fN = 16k Hz

Tempo di acquisizione
Abbiamo visto che nellanalisi spettrale di un qualunque segnale digitale il periodo fondamentale
Tfond posto pari al tempo di acquisizione Tc. Ne consegue che la frequenza fondamentale pari
al suo inverso:

1 1
ffond = =
Tfond Tc

Quindi, poich la frequenza dellarmonica k-esima pari a un multiplo della frequenza


fondamentale:
k
fk = k ffond =
Tc
si ha che la risoluzione in frequenza dello spettro del segnale acquisito (i.e. la distanza tra le
frequenze di due armoniche successive) pari anchessa allinverso del tempo di acquisizione:

1
f = fk+1 fk = (k + 1) ffond k ffond = ffond =
Tc
quindi importante per eseguire delle analisi rappresentative del fenomeno fisico osservato che
Tc sia sufficientemente grande per poter risolvere un numero sufficiente di armoniche presenti
nel segnale da acquisire.

Spettro sperimentale
La frequenza apparente massima acquisibile nello spettro digitale del segnale pari alla
frequenza di Nyquist (quelle maggiori sono affette da aliasing e presentano un valore apparente
minore di fN):

app fc
f ma x = fN =
2

La risoluzione in frequenza f = 1/Tc dello spettro digitale acquisito, e quindi il numero


fma x
n= = Tc fma x di armoniche presenti nello spettro, imposto dal tempo di acquisizione
f
del segnale.

In caso di aliasing, per, solamente alcune tra le n componenti armoniche apparenti presenti nello
spettro digitale sono anche effettive (ossia non distorte dallaliasing). Per capire quante e quali tra
le n frequenze apparenti non sono affette da aliasing possibile scrivere la frequenza di Nyquist
come segue:

fc 1 1 1 nc n n
fN = = = = c f = c ffond
2 2 tc 2 Tc 2 2
nc f
f kapp(noaliasing) = 0, f, 2 f, 3 f, . . . , f = c
2 2

Leakage
Per una ricostruzione corretta dello spettro del segnale necessario che il tempo di acquisizione
sia un multiplo del periodo di ogni armonica del segnale. Se cos non fosse, si avrebbe
unacquisizione incompleta di una o pi armoniche (tempo di acquisizione minore del periodo),
determinando una ricostruzione errata dello spettro (fenomeno del leakage).

Il tempo minimo di acquisizione per evitare il leakage quindi pari al minimo comune multiplo
(m.c.m) dei periodi delle singole armoniche presenti nel segnale.
Equivalentemente possibile calcolare la massima risoluzione in frequenza per evitare il
leakage come il massimo comune divisore (MCD) tra le frequenze delle singole armoniche
presenti nel segnale.

Istante iniziale dellacquisizione


Listante t0 di inizio acquisizione pu essere determinato in 2 modi:

Manualmente: listante t0 scelto dalloperatore che sta effettuando lacquisizione;

Automaticamente: listante t0 corrisponde allistante in cui avviene un determinato fenomeno


fisico (trigger).

Il trigger un dispositivo che permette di iniziare lacquisizione quando un certo segnale di


riferimento supera un prefissato livello (trigger level: TL) con una prefissata velocit (trigger
slope: TS).

Il segnale di riferimento pu essere lo stesso segnale acquisito (internal trigger) o un segnale


esterno (external trigger).

Operativamente i convertitori A/D registrano in continuo il segnale di tensione nella finestra


temporale Tc prefissata, sovrascrivendo continuamente i valori vecchi quando lacquisizione non
attivata lacquisizione. In ogni istante t quindi disponibile un profilo temporale del segnale a
partire dallistante t Tc. Se t0 listante in cui attivato il trigger (ossia listante in cui il segnale
di riferimento supera il TL con una velocit superiore alla TS) quindi possibile impostare un
intervallo di pre-trigger tpre = t0 tpre che venga registrato assieme alleffettiva durata Tc t0
del segnale.

Campionamento sincrono/asincrono
Campionamento asincrono: il campionamento avviene ad intervalli t costanti
indipendentemente dal comportamento del fenomeno che si sta digitalizzando. In questo modo si
pu digitalizzare un fenomeno senza lutilizzo di sensori aggiuntivi che comunichino con il clock
del convertitore, ottenendo buoni risultati a patto che il fenomeno non acceleri o deceleri.
Campionamento sincrono: il campionamento non effettuato per istanti temporali equispaziati,
bens ogni acquisizione innescata da un evento periodico che si sta misurando (a.e. passaggio
di una ruota dentata davanti ad una fotocellula). In questo modo si sicuri di avere un fissato
numero di campioni per ogni periodo del fenomeno. Ci pu essere utilizzato con efficacia nella
digitalizzazione di segnali estensimetrici provenienti da un albero rotante. Si pu cos essere
sicuri di non rinunciare ad informazioni nel caso di accelerazione di rotazione dellalbero n di
avere dati inutilmente fitti e numerosi nel caso di decelerazione. Ovviamente il collegamento
fenomeno fisico - clock deve essere effettuato con linserimento di appositi sensori, con tutte le
conseguenze del caso (aumento di costo, eventuali problemi di collegamento, effetti di
carico . . .)

Misure di temperatura a contatto


Il principio fisico consiste nella dilatazione termica di una sostanza (solida, gassosa o liquida) la
cui misura diretta permette di risalire alla temperatura della sostanza (tarata rispetto ad uno stato
di riferimento).

Termometri a espansione (dilatazione meccanica)


Termometri a colonna di fluido
Sono costituiti da una colonna di fluido termometrico, alcool (campo di misura dai -60C ai 560C)
o mercurio liquido (campo di misura dai -39C ai 550C), racchiusa in un capillare di vetro (i limiti
inferiore e superiore del campo di misura corrispondo ai punti di solidificazione/ebollizione) sul
quale riportata una scala termometrica opportunamente tarata (ingresso: temperatura liquido
termometrico, uscita: variazione livello menisco).

Appartengono alla categoria degli strumenti del primo ordine (linerzia termica, e quindi la
costante di tempo, dipende dalla capacit termica, dal coefficiente di scambio del fluido e dalla
geometria del bulbo).

Esistono due tipologie che si distinguono per il tipo di immersione effettuata per la lettura:

Termometri ad immersione totale: sono tarati per essere immersi completamente allinterno
del fluido di cui si vuole misurare la temperatura. Poich tale condizione renderebbe impossibile
la lettura, prevista la fuoriuscita di una piccola porzione del capillare a cui per associato un
effetto di carico dovuto alla perturbazione dellequilibrio termico col misurando (dispersioni di
calore lungo alla punta del capillare). Tale termometro pi accurato di quello ad immersione
parziale e permette di raggiungere accuratezze dellordine dei decimi di grado centigrado.

Termometri ad immersione parziale: sono tarati per essere immersi parzialmente allinterno
del fluido di cui si vuole misurare la temperatura (lettura pi facile). presente una linea di
immersione di riferimento che permette una corretta procedura di misurazione (il termometro
tarato un rapporto tra porzione immersa e non immersa ben definito, il quale va quindi rispettato
in ogni misurazione). La taratura avviene in condizioni controllate di scambio termico e, quindi,
per una ben definita temperatura di riferimento Tref dellambiente a contatto con la porzione di
capillare non immersa. In condizioni diverse da quelle di taratura ci si avvale di un termometro
ausiliario che misura lo scostamento della temperatura dellambiente da quella di riferimento e
che permette unopportuna correzione delleffetto di carico. Nonostante tale correzione parziale,
limportante porzione di capillare scambiante con lambiente (e non con il misurando) introduce
un forte effetto di carico che rende meno accurati tali termometri rispetto a quelli ad immissione
completa.

Termometri bimetallici
Sono caratterizzati da due strisce metalliche con differente coefficiente di dilatazione termica
saldamente unite tra loro ad una temperatura di riferimento T0 (in cui hanno uguale lunghezza e
spessore). Per temperature T diverse da T0 le due lamine esperiscono due allungamenti di entit
diversa e, pertanto, il vincolo dovuto alla saldatura ne provoca una curvatura di raggio
inversamente proporzionale alla differenza di temperatura T T0.

Il campo di misura di circa -70C/550C (simile ai termometri a bulbo) mentre laccuratezza


bassa (ca. mezzo grado centigrado).
Termoresistenze (RTD)
Il principio di funzionamento si basa sulla dipendenza della resistivit elettrica dei metalli dalla
temperatura. Costruttivamente sono costituite da fili metallici di lunghezza l e sezione A la cui
(T ) l
resistenza R(T ) alla temperatura T data da: R(T ) = .
A
In generale la dipendenza della resistenza dalla temperatura esprimibile con una forma
polinomiale del tipo:

RT = R(T ) = R0(1 + T + T 2 + . . . )
Nei tipici campi di misura delle RTD sufficiente unapprossimazione lineare:

RT = R(T ) R0(1 + T )

dove R0 il valore di resistenza alla temperatura di riferimento T0 e il coefficiente di


temperatura della RTD (che contribuisce alla sensibilit S = R0 dello strumento).

Le caratteristiche ideali per i materiali costituenti le RTD sono:

Elevato coefficiente di temperatura per incrementare la sensibilit;


Elevato punto di fusione per incrementare il campo di misura;
Elevata linearit;
Assenza di corrosione ed ossidazione per garantire unelevata stabilit nel tempo e
riproducibilit;

I materiali maggiormente impiegati per i filamenti metallici delle RTD sono:

Platino: elevata resistenza allossidazione e alta resistivit (sensibilit). il pi utliizzato;

Nichel: maggiore rispetto al platino ma minore resistenza allossidazione, minore resistivit


elettrica e minore purezza. Maggiore inerzia termica (critico per applicazioni dinamiche);

Rame: costante rispetto al platino ma minore resistenza allossidazione e resistivit elettrica.


Configurazioni costruttive
La resistenza elettrica di un filo metallico, oltre che alla temperatura, sensibile alla presenza di
eventuali tensioni interferenti, le quali rappresentano la principale criticit progettuale delle RTD.

Termometro standard a resistenza di Pt: consiste in unanima a croce su cui avvolto il


filamento di platino spiralato ( una bobina a sua volta avvolta attorno allanima). Il doppio
avvolgimento permette unelevata lunghezza e, quindi, unelevata sensibilit ( R0) mentre la
forma spigolosa dellanima ha il doppio effetto di aumentare lattrito nei punti di contatto con il
filamento (riducendone la libert di spostamento) ma di permetterne la libera deformazione,
riducendo le auto-tensioni interferenti. La maggiore criticit di tale strumento risiede nellelevata
fragilit;
Termometro a filo avvolto: consiste in un cilindro ceramico su cui avvolto il filo metallico, il
quale ricoperto di un sottile strato isolante di mica che ne assicura lisolamento elettrico con
lalloggio metallico esterno e la protezione meccanica. Rispetto al termometro standard a
resistenza di Pt tale configurazione meno fragile ma caratterizzata da maggiori tensioni
interferenti;

Termometro a filo sospeso: consiste in una bobina metallica sospesa in una polvere ceramica
che ne permette la libera deformazione (no tensioni interferenti). Le estremit sono sigillate da
campane di vetro (alta fragilit).

Termometro a film metallico: consiste in un sottile film di platino depositato su un substrato


ceramico e ricoperto da materiale vetroso protettivo. impiegato per misure di temperatura di
superfici piane (a.e. lamiere).
Problematiche
Aggressioni chimiche (a.e. ossidazione e corrosione);

Dilatazione termica del filamento alle alte temperature con conseguente nascita di auto tensioni
interferenti;

Effetto di carico termico (temperatura iniziale della RTD influenza la temperatura nel suo intorno);

Vibrazioni (insorgenza di tensioni interferenti);

Adeguata immersione del sensore;

Circuiti di misura
Il valore della resistenza del sensore metallico valutata attraverso una misura di tensione ai capi
di un lato di un ponte di Wheatstone in cui uno dei quattro lati rappresenta la termoresistenza
RTD (con i relativi fili di collegamento). Il generico circuito a ponte di Wheatstone il seguente:

Dove E la tensione imposta dal generatore di tensione, V la tensione misurata dal multimetro
ad alta impedenza, R1 , R2 e R3 sono resistenze di valore noto (R2 variabile) e Rx rappresenta la
resistenza incognita da misurare. Mediante lapplicazione delle leggi dellelettrotecnica si trova la
seguente espressione della tensione V:

( R1 + R2 Rx + R3 )
R2 Rx
V= E
La quale risulta nulla (ponte bilanciato) nel caso in cui:

R3 R2 Rx R1 R R
V=0 =0 x = 2
(R1 + R2)(Rx + R3) R3 R1

Circuito a 2 fili: il tipo di circuito pi semplice ma anche quello caratterizzato dai maggiori
errori (tale soluzione applicabile solo in caso di resistenze di collegamento trascurabili rispetto
alla resistenza sensibile). Adottando resistenze uguali per i rami 1 e 3 (R1 = R3 = R) e
definendo R2 := RS si ha la seguente condizione di ponte bilanciato (V = 0):

R1 = R3 RS = Rx

Tale fondamentale relazione permette di ottenere una misura della resistenza Rx del lato incognito
semplicemente regolando la resistenza RS (di valore noto!) fino a bilanciare il ponte (ossia fino ad
ottenere una lettura di tensione V nulla).

Ovviamente la presenza delle resistenze dei fili di collegamento Rf rappresenta un effetto


interferente di notevole entit, il quale determina un valore di Rx pari alla serie della RTD e delle
due resistenze di collegamento Rf dei due fili di collegamento:

pontebilanciato RS = Rx = RTD + 2Rf > RTD

Circuito a 3 fili: un tipo di circuito pi complesso e costoso, ma praticamente insensibile


alleffetto interferente delle resistenze dei fili di collegamento. A differenza del circuito a due fili (in
cui entrambi appartenevano al lato x del ponte, sommando il proprio effetto interferenze) in
questo caso i fili sono tre, di cui uno derivato dal lato 3 del ponte (R3 = R + Rf), uno dal lato x
(Rx = RTD + Rf) mentre lultimo, posto in serie al multimetro ad alta impedenza, quindi
percorso da una corrente trascurabile. La resistenza del lato 1 vale R3 = R e quella del lato 2
ancora regolabile per bilanciare il ponte (R2 = RS). Vale lapprossimazione

RTD Rs
pontebilanciato 0 RS RTD
R + Rs + 3Rf
Circuito a 4 fili: la migliore tecnica in assoluto in quanto misura direttamente la tensione ai
capi della RTD . A differenza degli altri casi imposta una corrente (dellordine dei mA per
evitare surriscaldamenti). Dai morsetti della RTD partono 4 fili, due dei quali lo collegano al
generatore di corrente. Gli ulteriori 2 fili permettono il collegamento con il multimetro ad alta
impedenza e sono quindi percorsi da corrente trascurabile. Ne consegue che la corrente
generata (di valore noto) scorre tutta nella RTD e che la tensione misurata dal multimetro non
disturbata dalle resistenze (scariche) dei relativi fili di collegamento. Noti valori di V (misurata) e
di I (generata), il valore di RTD quindi calcolato applicando la legge di Ohm:

V = RTD I RTD = V/I

Termistori
I termistori, analogamente alle RTD, sfruttano il principio fisico della variazione della resistenza
elettrica con la temperatura ma, a differenza di questi, in cui lelemento sensibile un conduttore
metallico, nei termistori si tratta di un semiconduttore metallico.

La principale differenza tra i conduttori e i semiconduttori consiste nel comportamento inverso


rispetto alla variazione di temperatura:

Nei conduttori la resistenza elettrica crescente con la temperatura (coefficiente di temperatura


positivo);

Nei semiconduttori la resistenza elettrica decrescente con la temperatura (coefficiente di


temperatura negativo: NTC), sebbene sia possibile modificarne la struttura atomica
(drogaggio) per conferirgli un comportamento analogo a quello dei conduttori (coefficiente di
temperatura positivo: PTC).

In generale i valori assoluti dei coefficienti di temperatura dei termistori sono pi elevati rispetto alle
termoresistenza (maggiore sensibilit)

Dal punto di vista costruttivo i termistori sono ottenuti mediante sminuzzamento del materiale
semiconduttore (a.e. manganese o ossido di cobalto), mescolamento con un legante, pressatura e
successiva sinterizzazione (trattamento termico che trasforma il materiale polverulento in
indivisibile). I vantaggi di tale procedimento sono:

Libert di forma dellelemento sensibile (conferita dalla pressatura);

Piccole dimensioni dellelemento sensibile;

Bassa inerzia termica dellelemento sensibile (bassi tempi di risposta).

Basso costo (procedimento relativamente economico).

Semplicit del circuito di misura (a 2 fili): lelevato valore della resistenza elettrica dellelemento
sensibile (semiconduttore) determina un errore relativo per la presenza delle resistenze dei fili di
collegamento assolutamente trascurabile.

Dallaltra parte la tecnologia realizzata sopra descritta non permette una buona riproducibilit dei
componenti, i quali sono praticamente tutti diversi luno dallaltro.

NTC
I termistori Negative Temperature Coefficient presentano una resistenza decrescente con la
temperatura secondo una legge esponenziale negativa (il valore R0 di resistenza a temperatura
ambiente dellordine dei 1000):

R(T ) = R0e (1/T1/T0 )


Un vantaggio delle NTC rispetto alle RTD sicuramente lelevata sensibilit
S = S(T ) = R /T, la quale compensata da una forte non linearit.

PTC
I termistori Positive Temperature Coefficient presentano una resistenza crescente con la
temperatura secondo una legge esponenziale positiva allinterno del campo di utilizzo (il valore R0
di resistenza a temperatura ambiente dellordine dei 1000):

R(T ) = R0e (TT0 )

Lelevatissima sensibilit e il ristretto campo di utilizzo limitano limpiego delle PTC ad


applicazioni di rilevazione di gradienti termici per controllo e protezione di sistemi/dispositivi
elettrici.
Termocoppie
Il principio di funzionamento delle termocoppie totalmente diverso da quello alla base delle RTD
e dei termistori. Esse si avvalgono delleffetto Seebeck (effetto termoelettrico), secondo il quale:
se in un circuito formato da due materiali diversi A e B i giunti che li collegano si trovano a
temperature T1 e T2 diverse tra loro, si genera una forza elettromotrice (fem) distribuita lungo il
circuito (e quindi una corrente circolante) la cui entit funzione della differenza di temperatura
T2 T1 tra i giunti e del tipo di materiale. La tensione che si misura aprendo tale circuito in un
qualunque punto detta tensione di Seebeck E (e, ovviamente, una funzione della differenza di
temperatura T (E ) = T2 T1 tra i giunti).

Il giunto a temperatura T2 > T1 detto giunto caldo, mentre quello a temperatura T1 giunto freddo.
Poich la tensione di Seebeck fornisce una misure della differenza di temperatura
T (E ) = T2 T1 tra il giunto caldo e il giunto freddo, necessario che almeno una tra T1 e T2
sia nota per qualche altra via (RTD, termoresistenze etc.). Il giunto che si trova a temperatura nota
detto giunto di riferimento (la sua temperatura ovviamente detta temperatura di riferimento
Trif) e, tipicamente, quello freddo. Il giunto che si trova alla temperatura incognita (misurata
sommando alla temperatura di riferimento il T fornito dalla tensione di Seebeck) invece detto
giunto di misura (e tipicamente quello caldo).

Effetti interferenti
Il valore della tensione E (idealmente dovuto al solo effetto Seebeck) invece disturbato da altri
due altri effetti termoelettrici interferenti:

Effetto Peltier: se in un circuito formato da due materiali diversi A e B viene fatta scorrere una
corrente elettrica si ha un assorbimento di calore in un giunto e una cessione di calore nellaltro.
Se la corrente scorre nel verso concorde alla tensione di Seebeck il flusso termico diretto dal
giunto caldo a quello freddo, se invece la corrente imposta esternamente con un generatore ad
avere un verso opposto a quello della tensione di Seebeck si ha un flusso termico dal giunto
freddo a quello caldo (cella di Peltier). Ovviamente linstaurarsi di un flusso termico tra i giunti
determina la perturbazione delle loro temperature, le quali si portano a valori diversi da quello
previsti (la temperatura del giunto caldo si abbassa rispetto a quella del misurando, mentre la
temperatura di riferimento si alza). Tale effetto interferente ovviamente indesiderato, pertanto la
misura di E quindi effettuata a circuito aperto (i.e. con un multimetro ad alta impedenza) in
maniera tale da evitare il passaggio di corrente e, quindi, linstaurarsi delleffetto Peltier.

Effetto Thomson: se in un conduttore esiste un gradiente di temperatura in direzione della


corrente si ha un assorbimento di calore dallambiente, il quale convertito in energia elettrica.
Se invece il gradiente nel verso opposto alla corrente si ha una conversione di potenza
elettrica in potenza termica (effetto indipendente dalleffetto Joule). Tale effetto la causa della
nonlinearit delle TC e, a differenza delleffetto Peltier, riguarda uno scambio termico distribuito
lungo il circuito. Analogamente alleffetto Peltier, possibile ridurre il flusso termico di Thomson
mantenendo la corrente circolante nel circuito a valori quasi nulli.

Le 5 leggi delle termocoppie


Nel caso di materiali perfettamente omogenei la tensione di Seebeck E dipende solo dalle
temperature dei giunti e non dal particolare profilo di temperature dei fili di collegamento A e
B. quindi possibile esporre i fili di collegamento ad ambienti a temperatura variabile e
incognita senza influire sul valore della E.
Lintroduzione di un terzo metallo C omogeneo tra due punti qualsiasi di A o di B non
influenza la tensione E se i due punti di giunzione si trovano alla stessa temperatura. Tale
propriet permette di inserire un multimetro per la misura di E con il minimo effetto di carico.

La E rimane invariata se ad una giunzione sostituito un metallo C omogeneo i cui punti


di giunzione con i metalli A e B sono alla stessa temperatura della giunzione sostituita.

Se la termocoppia A e C con i giunti a T1 e T2 genera una fem EAC e la termocoppia B e C con i


giunti alle stesse temperature T1 e T2 genera la fem EBC , allora la termocoppia A e B con i
giunti a T1 e T2 genera la fem EAB = EAC + EBC . Tale propriet fondamentale in quanto
permette di confrontare le tensioni di Seebeeck caratteristiche di tutti i possibili materiali i-esimi
Mi impiegati nelle TC semplicemente accoppiandoli con un metallo C di riferimento ( il platino
Pt). poi possibile derivare il comportamento di tutte le possibili coppie di metalli Mi /Mj
semplicemente sommando le relative tensioni di Seebeck EMi Pt misurate nella TC di riferimento
al platino: EMi Mj = EMi Pt + EMj Pt.
Se la termocoppia A e B con i giunti a T1 e T2 genera una fem E12 e con i giunti a T2 e T3
genera una fem E23 , allora la stessa termocoppia con i giunti a T1 e T3 genera una fem
E13 = E12 + E23. Tale propriet di fondamentale importanza in quanto permette, mediante un
diagramma di taratura riferito ad un giunto a 0C, di ricavare la temperatura T del giunto di
misura a partire da una tensione di Seebeck relativa ad un temperatura qualunque del giunto di
riferimento Tref.
Curva di taratura
La curva di taratura di una termocoppia A/B consiste nella relazione

0 0
EA/B = EA/B (T )
0 0
che lega la temperatura T del giunto di misura alla tensione EA/B = EA/B (T ) = EA/B(T 0)
misurata nel caso di giunto di riferimento a 0C.

0 0
La costruzione della curva EA/B = EA/B (T ) avviene sfruttando la legge 4 delle TC:
0 0
Con riferimento al materiale A, si costruisce la curva EA/Pt = EA/Pt (T ) (potenziali termoelettrici)
della termocoppia al platino con giunto di riferimento a 0C, facendo variare la temperatura del
0
giunto di misura nel campo di interesse e misurando la EAPt corrispondente (positiva se al giunto
di misura la corrente passa dal materiale verso il Pt).
0 0
Allo stesso modo si costruisce la curva EB/Pt = EB/Pt (T ).

0 0 0 0 0 0
Dalle curve EA/Pt = EA/Pt (T ) e EB/Pt = EB/Pt (T ) si deriva la curva EA/B = EA/B(T )
semplicemente applicando la quarta legge delle TC (per ogni temperatura T del giunto di misura
si sommano le corrispondenti tensioni misurate nelle TC al platino):

0 0 0 0
EA/B = EA/B (T ) = EA/Pt (T ) + EB/Pt (T )
0 0
IMPORTANTE: sebbene la curva di taratura EA/B = EA/B (T ) faccia riferimento ad un giunto di
riferimento a 0C, comunque possibile impiegarla per la determinazione della T del giunto di
misura per qualunque Tref 0 C applicando la quinta legge delle TC. infatti possibile
scomporre la termocoppia A/B con giunti a T e Tref 0C in due termocoppie ideali:

1. Una con giunto di riferimento a 0C e giunto di misura a Tref 0C


2. Unaltra con giunto di riferimento a 0C e giunto di misura a T.

0
La tensione di Seebeck generata dalla prima TC pari a EA/B (Tref ), mentre quella generata dalla
0
seconda pari a EA/B (T ) (entrambe ricavabili entrando nella curva di taratura di A/B
rispettivamente con Tref e con T).

Applicando la quinta legge delle termocoppie si ha quindi:

EA/B(T 0) = EA/B(T Tref ) + EA/B(Tref 0)

ossia
0 0
EA/B (T ) = EA/B(T Tref ) + EA/B (Tref )

da cui

0 0
EA/B(T Tref ) = EA/B (T ) EA/B (Tref )
Campi di misura

Circuiti di misura
La necessit di effettuare un controllo della temperatura Tref della giunzione di riferimento ha
portato allimplementazione di diverse soluzioni di circuiti di misura:

Circuito con bagno di ghiaccio fondente: il giunto di riferimento sostituito da un opportuno


materiale C (tipicamente rame) i cui giunti di collegamento sono mantenuti in un bagno di
ghiaccio fondente e, quindi, a temperatura nota e pari a 0C (legge 3 delle TC). Ovviamente tale
metodo, sebbene potenzialmente molto accurato, poco pratico in quanto richiede un controllo
attivo della temperatura del bagno (a.e. mediante cella Peltier) ed quindi impiegato soprattutto
in laboratorio.
Circuito con blocco isotermo: anche in tale caso il giunto di riferimento sostituito da un
materiale C con giunzioni isoterme tra loro (legge 3 delle TC) e con il blocco metallico in cui sono
inserite, la cui temperatura Tref misurata attraverso un sensore di temperatura ausiliario (a.e.
RTD o termistore). Il valore in tensione ERTD(Tref ) in uscita dalla termocoppia univocamente
determinato dalla temperatura di riferimento Tref e, pertanto, impiegato in un circuito di
compensazione (caratteristico della particolare TC) con il compito di convertire la tensione ERTD
0
nella tensione EA/B (Tref ) (detta di compensazione) che, sommata alla tensione di Seebeck
EA/B(T Tref ) effettivamente misurata dal multimetro, fornisce direttamente il valore
0 0
EA/B (T ) = EA/B (Tref ) + EA/B(T Tref ) con cui entrare nella curva di taratura per ricavare il
valore di T.

Termocoppie in serie (termopila)


Al fine di aumentare la sensibilit dello strumento possibile porre in serie n termocoppie
aventi i giunti di riferimento alla stessa Tref e, ovviamente, i giunti di misura alla stessa T.

Termocoppie in parallelo
Se si interessati alla misura di una temeperatura media di un corpo con un profilo di T non
omogeneo, possibile collegare in parallelo un certo numero di TC per ottenere un valore di
tensione in uscita rappresentativo della temperatura media.
Misure di temperatura senza
contatto
Le misure di temperatura a contatto, sebbene relativamente accurate, pratiche ed economiche,
richiedono lequilibrio termico tra il sensore (giunto di misura di una TC, resistenza di una
RTD) e il misurando (principio 0 della termodinamica). Tale aspetto ha diverse conseguenze
negative:

Il campo di misura limitato allintervallo di temperatura in cui il materiale del sensore rimane allo
stato solido e in cui non subisce processi corrosivi irreversibili;

presente un importante effetto di carico legato allo scambio termico conduttivo/convettivo che
si instaura in seguito al contatto tra sensore e misurando;

impossibile la misura in ambienti ostili o in movimento (a.e. linee alta tensione, autovetture,
opere darte).

Principio di funzionamento: radiazione termica


Ovviamente anche per i sistemi di misura non a contatto (detti pirometri) la misura della
temperatura avviene in maniera indiretta. Tuttavia, a differenza dei sistemi di misura della
temperatura a contatto in cui si misura una propriet del sensore dipendente dalla temperatura
(dilatazione meccanica, resistenza elettrica etc.) quando questo in equilibrio termico con il
misurando, nei sistemi senza contatto la quantit misurata direttamente lenergia emessa per
irraggiamento dal misurando.

Le leggi matematiche che legano lenergia emessa da un corpo alla sua temperatura sono
formulate in termini relativi ad un emettitore ideale: il corpo nero, il quale definito dalle seguenti
propriet:

Un CN un assorbitore ideale ( = 1 = 0 = 0), ne consegue che in uno


stato stazionario questo irradia tutta e sola la radiazione che assorbe;

Un CN un emettitore ideale, nel senso che caratterizzato dal massimo potere emissivo
monocromatico per ogni temperatura e lunghezza donda: ECN (T ) E(T ) , T.

Il potere emissivo monocromatico di un CN noto in funzione della temperatura assoluta


mediante la legge di Planck:
c1
ECN (, T ) =

( )
c2
5 e T 1
La lunghezza donda in cui si ha il massimo potere emissivo monocromatico del CN fornita
dalla legge di Wien ed inversamente proporzionale alla temperatura assoluta:

2891
E ma x(T )[m] =
T
Integrando la legge di Planck sullo spettro elettromagnetico si ottiene la legge di Stefan-
Boltzmann per il potere emissivo globale del CN ( la costante di Stefan-Boltzmann):

E CN (T ) = T 4

In cui evidente che lenergia emessa da un CN cresce con la potenza quarta della temperatura
assoluta.

Essendo un CN un emettitore ideale, ed essendo note le leggi fisiche che lo governano, ha senso
caratterizzare il comportamento radiativo di un qualunque corpo in termini relativi a questultimo.

L emissivit monocromatica (, T ) di un generico corpo reale definita come il rapporto tra


il potere emissivo monocromatico E(, T ) del corpo e quello ECN (, T ) > E(, T ) del corpo
nero:

E(, T ) E(, T )
(, T ) := = c1
ECN (, T ) c2
5(e T 1)

Nota lemissivit monocromatica (, T ) del corpo (ricavata sperimentalmente) quindi possibile


esprimere il potere emissivo monocromatico E(, T ) di questultimo come

c1
E(, T ) = (, T ) c2
5(e T 1)

Analogamente si definisce emissivit monocromatica (globale) (, T ) di un generico corpo


come il rapporto tra il potere emissivo globale E(T ) del corpo e quello E CN (T ) > E(T ) del corpo
nero:
E(T ) E(T )
(T ) := =
E CN (T ) T4
Nota lemissivit (T ) del corpo (ricavata sperimentalmente) quindi possibile esprimere il potere
emissivo globale E(T ) di questultimo come

E(T ) = (T ) T 4
Con tale approccio:

Misurando direttamente lenergia E(T ) emessa dal misurando;


Stimando sperimentalmente lemissivit misurando (T );

( (T ) )
1/4
E(T )
possibile risalire alla temperatura T = del misurando.

Si noti che, mediante appositi filtri ottici, possibile misurare unenergia relativa ad un campo
ristretto di lunghezze donda o, addirittura, ad una solo lunghezza donda (potere emissivo
monocromatico). In tal caso sufficiente sostituire allemissivit globale (T ) e al potere emissivo
globale del corpo nero E CN (T ) = T 4 (legge di Stefan-Boltzmann) i corrispettivi integrali
sullintervallo [1, 2] considerato.

Emissivit e taratura
Lemissivit (monocromatica o globale) di un corpo una grandezza dipendente (oltre che dalla
temperatura e, nel caso della monocromatica, dalla lunghezza donda) da:

Tipo di materiale;
Angolo di vista (forma);
Caratteristiche superficiali (rugosit e sporcamento).

La sua stima sperimentale (cruciale per la determinazione delle temperatura del misurando a
partire da una misura diretta dellenergia emessa) quindi affetta da unelevata incertezza (che
si propaga inevitabilmente sulla misura indiretta della temperatura).

In generale i pirometri sono tarati attraverso due fasi successive:

1. Taratura con corpo nero: il sensore dello strumento sottoposto allemissione di un corpo
nero (opportunamente approssimato da una cavit sferica o conica) la cui temperatura nota
per via di un sensore a contatto ausiliario (a.e. RTD). Il segnale di output dello strumento senza
contatto quindi opportunamente regolato per fornire una temperatura assoluta T in uscita pari
a quella effettiva del corpo nero. Tale procedura ricostruisce strumentalmente la
corrispondenza biunivoca tra lenergia misurata dal sensore del pirometro e la corrispondente
temperatura di corpo nero (legge di Stefan-Boltzmann).

2. Compensazione con corpo reale: un pirometro tarato con CN associa ad ogni valore di
energia misurato la corrispondente temperatura di CN (pari a quella fornita dalla legge di SB).
Ovviamente nel caso di corpo reale, essendo il potere emissivo di questultimo inferiore a

( (T ) )
1/4
E(T )
quello unitario del CN, si ottiene una sottostima della temperatura reale T = di

questultimo, essendo il suo calcolo effettuato considerando unemissivit unitaria. quindi


necessaria una procedura di compensazione effettuata misurando lenergia emessa
direttamente dal corpo reale oggetto della misura, la cui temperatura effettiva rilevata
mediante un sensore a contatto. Tramite un selettore di emissivit si regola ogni valore della
temperatura in uscita dal pirometro tarato con CN fin quando questo non coincide con il
corrispettivo valore effettivo fornito dal termometro a contatto.

Effetto interferente dellatmosfera e dellambiente


Latmosfera interposta tra il misurando e lo strumento di misura (composta da aria e da polveri in
sospensione) caratterizzata da una sua trasmittanza atm e da una sua assorbanza atm (pu
essere modellato come un corpo zero-riflettente per cui atm = 0).

Inoltre il misurando continuamente irradiato dalla radiazione interferente dellambiente


circostante (pareti, altri oggetti etc.), il quale caratterizzato da una temperatura media Tamb e,
quindi, da un potere emissivo Eamb = Eamb(Tamb ).
Il sensore del pirometro, oltre che dalla frazione
CN CN
atm Em(Tm ) = atm m E (Tm ) = (1 atm )m E (Tm ) della radiazione emessa dal misurando
e trasmessa (ossia non assorbita) dallatmosfera, investito dalle seguenti due radiazioni
interferenti:
CN CN
Radiazione emessa dallatmosfera Eatm(Tatm ) = atm E (Tatm ) = atm E (Tatm )
Radiazione emessa dallambiente, riflessa dal misurando e trasmessa dallatmosfera
m atm Eamb(Tamb) = m atm amb E CN (Tamb)

Allo stesso modo la presenza di vetri e di ottiche (o di qualunque altro corpo) interposto tra
misurando e sensore ne disturba la misura.

Soluzioni contro i disturbi da assorbimento/trasmissione/riflessione


Atmosfera: per ridurre gli effetti interferenti dovuti allatmosfera (ossia sia la riduzione
dellemissione del misurando (1 atm )m E CN (Tm ) che lemissione stessa dellatmosfera
atm E CN (Tatm )) possibile adottare dei filtri passa-banda che misurino solo le bande
cromatiche in cui latmosfera caratterizzata da valori di assorbanza circa nulli (finestre di
assorbimento).
Ambiente: per ridurre gli effetti interferenti dovuti alle radiazioni ambientali riflesse/trasmesse
dal misurando stesso e captate dal sensore del pirometro necessario prestare attenzione al
posizionamento relativo tra questultimo e il corpo di cui si vuole misurare la temperatura.

Lenti e ottiche: per ridurre gli effetti interferenti dovuti alla presenza di ottiche interposte si
adotta unoculata scelta di queste ultime, le quali devono avvicinarsi il pi possibile ad essere
zero-riflettenti (poich i vetri sono generalmente caratterizzati da assorbanza trascurabile, tale
condizione implica una trasmittanza unitaria e, quindi, un effetto interferente praticamente nullo).

Pirometri
Il principio di funzionamento generale dei pirometri consiste nella focalizzazione della radiazione
termica emessa dal corpo misurato su un sensore di radiazione, il quale produce un segnale
elettrico (tensione/corrente) in risposta al flusso radiante in ingresso.

I sensori di radiazione possono essere catalogati in base allestensione dellarea misurata:

Sensori ad elemento singolo: misurano la temperatura in un intorno molto stretto di un


determinato punto del corpo;

Sensori a matrice: costruiscono la mappa termica di una superficie estesa del misurando
(termocamere).

O in base allampiezza della banda di lunghezze donda assorbita:

Sensori termici: sono impiegati nei pirometri a banda larga (assorbono la maggior parte della
radiazione incidente);

Sensori fotonici (fotodiodi): sono impiegati nei pirometri a banda stretta (assorbono una
frazione della radiazione incidente emessa nellintorno di una determinata lunghezza donda).

SENSORI TERMICI

Sono progettati per assorbire la massima quantit di radiazione incidente a tutte le lunghezze
donda (banda larga). Per perseguire tale fine lelemento sensibile annerito ad approssimare un
corpo nero ed dotato di un sensore di temperatura a contatto (RTD o termistore nel caso dei
bolometri, termocoppia nel caso di termopile) che ne misura la temperatura TSS di regime termico.
In tale condizione, infatti, la potenza radiativa emessa dal misurando ed assorbita dal sensore
eguaglia la potenza termica ceduta da questultimo verso lambiente. Questultima, nota la
temperatura TSS misurata dal sensore a contatto e quella dellambiente, calcolabile con le
classiche leggi di scambio termico e, essendo pari alla potenza irradiata al misurando a causa del
regime, permette di ricavare la temperatura T di questultimo nota la sua emissivit.

SENSORI FOTONICI (FOTODIODI)

I sensori fotonici sono costruiti con materiali semiconduttori che, quindi, presentano i cosiddetti
salti di banda (livelli energetici degli elettroni non consentiti). Quando la radiazione emessa dal
misurando caratterizzata da una lunghezza donda tale da far saltare gli elettroni dalle bande di
valenza a quelle di conduzione (ossia da fotoni sufficientemente energetici) si genera un segnale
elettrico proporzionale al numero di elettroni eccitati e, quindi, alla radiazione (effetto
fotovoltaico). La minima quantit di energia incidente sul singolo elettrone necessaria per la sua
promozione alla banda di condizione quantizzata ( pari allenergia minima del singolo fotone
incidente) e, pertanto, radiazioni a bassa frequenza non sono sufficientemente energetiche da
generare un segnale elettrico. Per tale motivo i sensori fotonici sono necessariamente a banda
stretta.

Pirometro a radiazione totale


un pirometro a banda larga che adotta un sensore termico costituito da una termopila annerita
su cui la radiazione del misurando focalizzata mediante lenti o specchi (soluzioni costruttive
distinte).

Il misurando, che si trova ad una temperatura T1 , irradia sul sensore (termopila) una potenza
termica:

qrad = m T14

In condizioni di regime il sensore termico (giunto di misura della termopila) si trova alla
temperatura T2 e cede allambiente circostante (involucro del pirometro a temperatura T3 ,
generalmente termostatato) una potenza termica proporzionale al gradiente termico T2 T3:

qsens = U(T2 T3)


Il bilancio di energia al sensore (a regime) fornisce

m T14 = U(T2 T3)

Dove, essendo la temperatura dellinvolucro T3 anche quella del giunto di riferimento della
termopila, possibile scrivere la proporzionalit tra il gradiente T2 T3 e il segnale in tensione di
Seebeck E in uscita (si trascura la nonlinearit) si ha:

m T 14
E T14
U
Relazione grazie alla quale, mediante un opportuna taratura, possibile legare la tensione E alla
temperatura T1 del misurando.

Spesso necessario introdurre dei diaframmi per ridurre lestensione della superficie puntata dal
pirometro (radiazioni emesse da superfici troppo estese e con profili di temperatura non uniformi
determinano misure medie di temperatura non rappresentative).

Se invece necessario aumentare la superficie misurata possibile semplicemente aumentare la


distanza relativa tra misurando e pirometro o adottare ottiche con minore distanza focale.

Un numero elevato di giunzioni della termopila ha un effetto positivo sulla sensibilit dello
strumento ma, dallaltra parte, ne riduce la prontezza.

Il campo di misura di un pirometro a radiazione totale va dai -18C fino a temperature


elevatissime.

Pirometro a radiazione totale modulato


La radiazione emessa dal corpo misurato focalizzata mediante uno specchio concavo sul
sensore termico (tipicamente un termistore ad elevata prontezza) ed periodicamente interrotta a
frequenza fissata da un elemento rotante detto chopper col fine di generare un segnale in
tensione alternata (pi efficacemente amplificabile e, quindi, capace di fornire una maggiore
sensibilit).
La radiazione incidente sul termistore segue quindi un profilo temporale ad onda quadra con
frequenza pari a quella imposta dalla rotazione del chopper. Affinch la temperatura del sensore
termico irradiato, e quindi la corrispondente tensione elettrica in uscita, segua nel miglior modo la
variazione della radiazione incidente quindi necessario un elemento dalla bassa inerzia termica
(ossia dallelevata prontezza). Tale esigenza giustifica ladozione di un termistore come elemento
sensibile (bassa costante di tempo ).

Pirometro monocromatico manuale (a scomparsa di filamento)


un pirometro a banda stretta, ossia deputato alla misura di una frazione dellenergia irradiata
compresa nellintorno di una singola lunghezza donda. A differenza dei pirometri monocromatici
con fotodiodi, per, tale dispositivo non presenta alcun elemento sensibile. La misura, infatti,
effettuata ad occhio nudo confrontando la luminosit di un filamento incandescente a
temperatura regolabile con quella del misurando stesso (anchesso incandescente).

Tra locchio e le due sorgenti (misurando e filamento) interposto un filtro passa-banda centrato
sul rosso, il quale permette il passaggio delle sole radiazioni in un intorno dei 0,65m. Quando la
luminosit apparente del filamento eguaglia quella del misurando, allora il potere emissivo
monocromatico (a 0,65m ) delle due sorgenti il medesimo e, essendo nota la temperatura del
filamento e la sua emissivit (circa unitaria) calcolabile con la legge di Planck. Riapplicando la
legge al misurando possibile, nota la sua emissivit monocromatica a 0,65m , calcolarne la
temperatura T.
Il campo di misura fortemente spostato alle elevate temperature, essendo necessario che il
misurando sia incandescente affinch emetta nello spettro del visibile. La scelta del filtro rosso (e
non, ad esempio, verde o blu) permette di ridurre il pi possibile il limite inferiore del campo di
misura, il quale non pu comunque scendere sotto i 700C.

Laccuratezza elevatissima (strumento ITS90) ma compensata da una complessa procedura di


misura.

Pirometro monocromatico automatico


Il pirometro monocromatico a filo incandescente pu essere automatizzato sostituendo allocchio
umano un fotodiodo. Il confronto tra luminosit del filamento e del misurando effettuando
inserendo un chopper rotante che invii alternatamente al fotodiodo la radiazione (focalizzata) del
misurando e quella del filamento. Se i due segnali risultano differenti, un opportuno circuito di
controllo provvede alla regolazione della corrente fluente nel filamento (e quindi della sua
temperatura).
Lassenza di una rilevazione umana permette una maggiore accuratezza e ripetibilit e,
soprattutto, un ampliamento del campo di misura (a differenza dellocchio umano, il fotodiodo
rileva anche radiazioni termiche infrarosse).

Pirometro bicromatico

La radiazione emessa dal misurando focalizzata su un disco rotante composto da due filtri
passa-banda centrati su diverse lunghezze donda (1 e 2 ), il quale determina lincidenza
alternata delle due radiazioni monocromatiche di potere emissivo E1 e E 2 sul sensore. Un
opportuno circuito elettronico calcola quindi il rapporto tra tali poteri emissivi fornendo il valore
E1
numerico di il quale, riespresso applicando la legge di Planck, fornisce:
E 2
E1 1 1 5 (c /T )(1/ 1/ )
= ( )e 2 2 1
E 2 2 2

Da cui possibile ricavare la temperatura T del misurando.

I vantaggi di tale dispositivo (impiegato ad esempio per la misura della temperatura dei fumi/
vapori industriali) sono lalta insensibilit agli effetti interferenti di corpi/atmosfera interposti e la non
necessit della stima di nel caso di corpo grigio (si semplifica il rapporto 1 /2).

Termografia
Per termografia si intende lutilizzo di una telecamera ad infrarossi (termocamera) al fine di
misurare lenergia termica emessa da una scena.

Il campo di misura abbastanza esteso: esistono termocamere a bassa temperatura (-20C/


150C) e ad alta temperatura (300C/1500C).

La prontezza elevata, essendo i singoli sensori di tipo bolometrico (termistori con bassa ).
In generale la risoluzione elevatissima (fino a 0,03C) ma laccuratezza molto bassa.

Detector
Nelle telecamere lelemento sensibile (i.e. il sensore di radiazione) chiamato detector. Come gi
visto per i pirometri, questo esso pu essere suddiviso in base allestensione dellarea
scansionata:

Ad elemento singolo (rolling shutter meccanico): un unico elemento sensibile (a.e.


microbolometro) scansiona in successione i vari punti della scena mediante un complesso
sistema meccanico;

A matrice bidimensionale di sensori (global shutter o rolling shutter elettrico): permette


lacquisizione contemporanea di tutta la scena (ne fanno parte i focal plane array FPA).

o in base allampiezza della banda di lunghezze donda misurate:

Detector termici: sono costituiti da microtermoresistenze annerite che assorbono le radiazioni a


qualunque lunghezze donda (banda larga). Sono caratterizzati da uninerzia termica non
trascurabile (frequenza di campionamento ca. 20000 inferiore ai detector fotonici: bassa
prontezza) ma sono particolarmente economici e non richiedono raffreddamento.

Detector fotonici (o fotodiodi): sono costruiti con un materiale semiconduttore a salti di banda
che determina la generazione di un segnale elettrico quando lenergia dei fotoni incidenti sul
sensore tale da eccitare gli elettroni di questultimo dalla banda di valenza a quella di
conduzione. Sono strumenti dallelevata prontezza, ma anche dallalto costo (richiedono
limplementazione di un raffreddamento criogenico). Il fenomeno fisico di generazione del
segnale elettrico (effetto fotovoltaico) determina una forte sensibilit della risposta dalla
frequenza della radiazione incidente (strumenti a banda stretta).
Misure senza contatto 2D
Le misure senza contatto hanno un notevole ruolo nellindustria di processo. Esse, infatti,
permettono di acquisire importanti informazioni (misura di una lunghezza, misura di una velocit/
accelerazione, corretta orientazione di un semilavorato, presenza/assenza di un corpo etc.) senza
introdurre alcun effetto di carico.

Le telecamere 2D sono caratterizzate da sensori a matrice composti da x y pixel, ad ognuno


dei quali associato un valore I(x, y) [0,255] di intensit di una certa grandezza (densit,
temperatura, luminosit etc.). Limmagine quindi modellabile come una mappa I definita su un
array di pixel:

I = f (x, y, t)
ed, fissato listante t , quindi rappresentabile come una superficie 3D [x, y, I(x, y)] la cui quota
rappresenta lintensit della grandezza di interesse:
Oppure come una matrice numerica x y (in cui lelemento (x, y) contiene il relativo valore
I(x, y, t0) di intensit):

Qualora la grandezza I sia unintensit luminosa ( (400nm,700nm)) si parla di misure


ottiche. possibile effettuare misure ottiche a colori rilevando, con opportuni filtri, un set di
intensit monocromatiche I(x, y, , t) al posto della sola intensit globale I(x, y, t).

Misure attive e passive


La mappa I(x, y, t) ricostruita a partire dalla misura dellintensit di una radiazione incidente
sul sensore. Tale radiazione pu essere riflessa (visibile) o emessa (infrarosso) dal misurando. Se
la radiazione riflessa proviene dalle emissioni dellambiente circostante si parla di misura passiva.
Qualora si renda necessario illuminare opportunamente il misurando con radiazioni che, dopo
essere state riflesse, incidono sul sensore dello strumento si parla invece di misura attiva (radar,
sonar, raggi X etc).

Formazione dellimmagine
Il processo di formazione di unimmagine digitale (a colori) sostanzialmente un problema di
quantizzazione e campionamento di 3 intensit luminose monocromatiche I(x, y, , t) (Red,
Green, Blue)

Nello spazio: creazione di una griglia discreta di pixel x y a partire da una scena
geometricamente continua.

Nel tempo: creazione di una successione discreta di istanti (il cui numero proporzionale alla
frequenza di campionamento) a partire da un intervallo continuo;

Nellintensit luminosa: creazione di un insieme discreto di valori assunti dallintensit luminosa


(tipicamente 256) a partire da un insieme infinito e denso di intensit naturali.

La risoluzione spaziale (ossia la distanza tra due nodi orizzontali/verticali successivi della matrice
x y) determinata sostanzialmente dal numero di pixel del sensore.

La risoluzione temporale interessante solo nel caso di ripresa di scene in movimento (video) ed
determinata dalla frequenza di campionamento del sensore (pi alta la frequenza di
campionamento, maggiore la fluidit dellimmagine. Una frequenza di campionamento troppo
bassa restituisce unimmagine a scatti).

La risoluzione dellintensit luminosa determinata dal numero di livelli del convertitore A/D,
ossia dal numero di bit. Tipicamente sono pi che sufficienti 8bit (ossia 28 = 256 livelli di
luminosit) in quanto locchio umano capace di distinguere non pi di 40 livelli di grigio. In alcune
applicazioni (mediche) si adottano convertitori fino a 16bit (65536 livelli) per disporre di una
maggiore quantit di sfumature di grigi che, opportunamente amplificate, permettono una visione
pi dettagliata della scena.

Tipologie di sensori fotonici


Sia i CCD che i C-MOS sono sensori FPA (Focal Plane Array), in quanto consistono in matrici di
elementi sensibili posizionate nel piano di focalizzazione dellimmagine da parte delle lenti.

CCD (Charge Coupled Device)


Il sensore CCD formato da due parti fondamentali: la matrice di pixel e il filtro di luce.
La matrice di pixel, costituita da condensatori metallo-ossido-semiconduttore (MOS) disposti a
scacchiera, uno accanto all'altro, che in determinate condizioni per mezzo dell'effetto fotoelettrico
possono liberare elettroni sfruttando l'energia dei fotoni della luce incidente il condensatore. Il
tempo durante il quale il sensore CCD viene lasciato esposto alla luce viene denominato periodo di
integrazione.

Il secondo un filtro che permette su ogni singolo pixel il solo passaggio di determinate frequenze
di luce (solitamente rosso, verde o blu), consentendo dopo unopportuna fase di rielaborazione dei
dati una visione dell'immagine a colori (pu essere a mosaico o monocromatico a seconda della
particolare logica di colorazione dellimmagine).

PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

Lintensit di luminosit rilevata dal sensore ad un tempo t proporzionale alla quantit di carica
incidente su ogni singolo elemento semiconduttore. Dopo lesposizione (di tipo global shutter)
ogni singola riga q(i, :) della matrice contiene j elementi (i,1), (i,2), (i,3), (i,4), . . . , ognuno
contenente una quantit di carica q(i, j ) proporzionale allintensit luminosa incidente. La carica
contenuta in ogni fotodiodo della riga poi trasferita attraverso salti riga per riga (parallel shift
register) fino allultima, la quale adibita alla sola lettura. Ogni vettore di cariche q(i, :) che
giunge fino alla riga di lettura quindi sottoposto ad un serial shift register lungo le colonne, il
quale determina un flusso di cariche consecutive in uscita dal sensore che, previo passaggio in un
a m p l i fi c a t o r e d i c a r i c a , r e s t i t u i s c e u n a s e r i e d i s e g n a l i i n t e n s i o n e
V(1,1), V(1,2), V(1,3), . . . V(2,1), V(2,2), ; . . . V(n, m) che, essendo proporzionali alla
carica q(i, j ) di ogni singolo pixel, permettono di ricostruire la mappa dellintensit luminosa
I(i, j, t).

Nel caso a colori si vogliono ricostruire 3 mappe monocromatiche I(i, j, , t) per 3 lunghezze
donda distinte (R,G,B). Per fare ci esistono diversi approcci (nella figura sottostante riportato
un sistema ad 1 chip con filtro di Bayer).
Alcuni tratti distintivi dei CCD legati al principio di funzionamento sopra esposto sono:

(+) Ogni fotodiodo dedicato esclusivamente alla lettura dellintensit luminosa (lamplificazione
in tensione e la conversione A/D sono effettuate a valle del serial shift);

(+) La presenza di un unico convertitore A/D determina unelevata uniformit dellimmagine


ricreata;

(+) Il convertitore A/D pu essere rimosso per ottenere unuscita analogica in tensione;

(+) Complessit costruttiva relativamente bassa;

(-) La presenza di un unico convertitore A/D determina una bassa frequenza di acquisizione;

(-) Elevato consumo di energia;

(-) Costi e dimensioni relativamente elevati.

(-) Gestione dellimmagine esclusivamente in full frame;

C-MOS (o APS: Active Pixel Sensor)


I sensori C-MOS differiscono dai CCD in quanto ogni singolo elemento sensibile (fotodiodo)
dotato di un amplificatore e di un convertitore A/D dedicato.

Tuttavia, a differenza del CCD (in cui si ha unacquisizione dellimmagine di tipo global shutter:
acquisizione di tutta la radiazione incidente dalla scena -> amplificazione di tutte le cariche
accumulate nei fotodiodi -> conversione A/D di tutti i segnali di tensione provenienti dal sensore), i
C-MOS seguono una logica rolling shutter elettronico (acquisizione della prima colonna della
radiazione incidente dalla scena -> amplificazione della prima colonna di cariche accumulate nei
fotodiodi -> conversione A/D della prima colonna di segnali in tensione provenienti dal sensore.
Dopo una frazione di secondo si passa alla seconda colonna e cos via fino a riempire tutta la
matrice).

Tale differenza nel principio di funzionamento rispetto ai CCD determina le seguenti differenze
rispetto a questi ultimi:

(-) Ogni fotodiodo effettua sia la letture di luminosit, che lamplificazione, che la conversione A/
D, aumentando la presenza di rumore nellimmagine.
(-) Luscita necessariamente digitale, in quanto lamplificazione e la conversione sono integrate
nei singoli pixel;

(-) Maggiore complessit costruttiva;

(-) Possibili distorsioni dovute allacquisizione rolling shutter.

(+) La presenza di un numerosi convertitori A/D determina unelevata frequenza di acquisizione;

(+) Basso consumo di energia;

(+) Costi e dimensioni relativamente bassi;

(+) Possibilit di acquisire in una sola porzione del sensore (aumenta il frame rate).

Sensori matriciali a colori


La ricostruzione di unimmagine a colori avviene con i seguenti due passi:

1. Acquisizione RGB di tre immagini distinte e filtrate della medesima scena: una acquisita
con filtro blu, una con filtro verde e una con filtro rosso;

2. Interpolazione delle tre immagini ottenute.

Tale processo pu avvenire in diversi modi, a seconda delle caratteristiche costruttive del filtro e/o
dellintero sensore.

Sensore matriciale con filtro a mosaico (filtro di Bayer)


Lintera e unica (1 chip) matrice di fotodiodi di un sensore CCD o C-MOS ricoperta da un filtro
RGB il cui pattern il seguente:

evidente come la proporzione rosso/verde/blu sia 25%/50%/25%.


Un qualunque pixel con filtro X (a.e. verde) caratterizzato da un valore noto ed esatto della
relativa componente cromatica. I valori delle altre due componenti cromatiche fondamentali Y e Z
(nel caso del verde: blu e rosso) sono ottenuti interpolando linearmente le intensit cromatiche dei
pixel che lo circondano. Il numero di informazioni utili disponibili per linterpolazione varia a
seconda che il pixel sia verde o blu/rosso:

I pixel verdi sono circondati da 2 pixel rossi, 2 pixel blu e da 4 pixel verdi, per un totale di 4 valori
utili: 2 blu + 2 rossi

I pixel blu (rossi) sono circondati da 4 pixel rossi (blu), 4 pixel verdi e da 0 pixel blu (rossi), per un
totale di 4 valori utili: 4 rossi (blu) + 4 verdi

Oltre a tale problema (maggior numero di valori utili per linterpolazione per pixel blu o rossi
rispetto ai verdi) evidente come limpiego di pixel vicini per la determinazione delle informazioni
cromatiche puntuali di un dato pixel possa creare problemi nel caso in cui ci si trovi in
corrispondenza di una zona dellimmagine ad elevato gradiente cromatico. Ad esempio,
riferendosi ai pixel dei bordi di una fetta di melone in un piatto bianco, lalgoritmo sfrutterebbe le
informazioni dei pixel bianchi del piatto per interpolare larancione del melone (aliasing).
Un ulteriore effetto distorcente dato dalla maggiore distanza tra il pixel centrale e quelli agli
angoli rispetto a quelli laterali (+ attendibili).

Tre sensori con tre filtri monocromatici dedicati


Rispetto al filtro di Bayer (il quale applicato ad un singolo sensore), tale soluzione prevede la
tripartizione del fascio di luce mediante un prisma. Ognuno dei sottofasci convogliato verso un
sensore CCD con filtro monocromatico (R, G o B) dedicato. In tal modo, per ogni pixel possibile
ottenere i valori esatti delle tre differenti intensit cromatiche (non necessaria linterpolazione).
Ovviamente tale tecnologia permette una riproduzione dei colori molto pi accurata (e non
soggetta ad aliasing) ma pi costosa e di difficile realizzazione (3 sensori al posto di 1 e
presenza di un prisma).

Foveon technology
La tecnologia introdotta da Foveon permette di realizzare sensori CMOS colore che, sfruttando la
propriet della radiazione rossa, verde e blu di penetrare il silicio a diversa profondit,
acquisiscono le tre componenti cromatiche per ogni singolo pixel (leffetto lo stesso
dellimpiego di tre sensori con filtri monocromatici dedicati ma utilizzando un unico sensore).
Il sistema ottico
In generale (ossia nei pirometri, nelle termocamere e nelle normali telecamere) la radiazione
luminosa/termica emessa dal misurando focalizzata sul sensore (FPA matriciale o singolo) da un
opportuno sistema ottico di lenti.

Con riferimento allo schema sotto riportato

facile vedere (teorema di pitagora) che langolo di apertura /2 pari allarcotangente del
semirapporto tra il diametro D della lente la sua lunghezza focale f. Definendo lapertura F come
il rapporto tra la lunghezza focale e il diametro:

f
F=
D
di ottiene

= arctan(2F )
2
Quindi per aumentare langolo di apertura (ossia lapertura) possibile:

Aumentare il diametro della lente;

Ridurre la lunghezza focale (i teleobiettivi fotografici hanno f variabile).


Ottiche telecentriche
Sono particolari ottiche utilizzate in ambito industriale composte da due lenti: una anteriore ed una
posteriore

La lente anteriore permette di indirizzare sul sensore raggi paralleli allasse ottico provenienti da
corpi di dimensione inferiore al diametro della lente. Tale regione a fasci paralleli, detta regione
telecentrica ha la propriet di restituire immagini apparenti senza distorsione prospettica.
Tali ottiche sono impiegate nel controllo qualit di prodotti industriali (verifica tolleranze
geometriche e dimensionali etc.)

Videocamere
A seconda del tipo di sensore impiegato (global shutter o rolling shutter) le videocamere si
distinguono in area scan camera o digital scan camera.

Inoltre esistono videocamere analogiche e digitali. Le prime possono impegnare solo sensori
CCD (che, come abbiamo visto, possono fornire un segnale analogico in tensione). Le seconde
possono impiegare sia sensori CCD con convertitore A/D oppure sensori CMOS (che forniscono
direttamente un segnale digitale).

Videocamera analogica
I vantaggi di una videocamera analogica consistono in:

Collegamento con un unico cavo (non presente un convertitore A/D con cavo di input e di
output);

Determinismo dei tempi di trasferimento (non sono presenti fenomeni di lag dovuti ai tempi di
conversione del convertitore A/D).

Gli svantaggi di una videocamera analogica consistono in:

Banda passante limitata (il cavo analogico di collegamento introduce effetti capacitivi che
aumentano la costante di tempo e riducono la frequenza di acquisizione massima della
telecamera);

Scarsa immunit ai disturbi;

Lacquisizione pu avvenire in due modi:

Acquisizione interlacciata: ogni fotogramma contiene o le sole righe pari o le sole righe dispari
della matrice di pixel. Tale soluzione dimezza il numero di pixel della matrice del sensore
impiegati per la ricostruzione dellimmagine riducendone la risoluzione ma migliorandone il frame
rate (freq. di acquisizione). In caso di soggetti in movimento ad una velocit maggiore della
frequenza di acquisizione della macchina si verifica la distorsione visualizzata in seguito.

Acquisizione progressiva: ogni fotogramma tutte le righe della matrice di pixel (maggiore
risoluzione ma minore fps dellacquisizione interlacciata).

Videocamera digitale
In caso di CCD la sezione di acquisizione identica a quella di una videocamera digitale, ma a
valle di questultima presente un convertitore A/D.

Interfacciamento delle videocamere


Elaborazione delle immagini
Una volta acquisita la mappa digitale f (x, y) di una scena possibile effettuare unelaborazione
solitamente divisa in:

1. Pre-elaborazione: miglioramento delle caratteristiche generali dellimmagine in vista delle


successive elaborazioni (a.e. aumento del contrasto);

2. Segmentazione: scansione dei pixel volta allindividuazione delle regioni di potenziale


interesse (a.e. contorni di un oggetto);

3. Estrazione dellinformazione: fase finale in cui si estrae linformazione desiderata


dallimmagine.

Esistono inoltre 3 tipologie di elaborazione:

Elaborazione sul singolo pixel;


Elaborazione sullintorno di un pixel;
Elaborazione dellintera immagine.

Elaborazione sul singolo pixel


Sono applicazioni del tipo:

g(x, y) = h( f (x, y))

Dove f (x, y) la mappa acquisita, g(x, y) quella elaborata e h un operatore agente su ogni
singolo punto della matrice f (x, y). Un esempio di elaborazione sul singolo pixel linversione:

g(x, y) = h( f (x, y)) = 255 f (x, y)

Elaborazione sullintorno del pixel


Sono applicazioni del tipo

h11 h12 h13 fi1, j1 fi1, j fi1, j+1


gi, j = h 21 h 22 h 23 * fi, j1 fi, j fi, j+1 i, j
h31 h32 h33 fi+1, j1 fi+1, j fi+1, j+1

Dove loperatore * un prodotto di convoluzione tra matrici:


h11 h12 h13 fi1, j1 fi1, j fi1, j+1
h 21 h 22 h 23 * fi, j1 fi, j fi, j+1 = h11 fi1, j1 + h12 fi1, j + h13 fi1, j+1 + h 21 fi, j1 + . . . + h33 fi+1, j+1
h31 h32 h33 fi+1, j1 fi+1, j fi+1, j+1

Un importante esempio di elaborazione sullintorno del pixel il filtro di Sobel: utile per la
determinazione degli edge (contorni) di un oggetto. Questo calcola le approssimazioni delle
derivate prime orizzontale e verticale con la formula della differenza centrale:

fi1, j1 fi1, j fi1, j+1


1 0 +1
fxi, j = 2 0 +2 * fi, j1 fi, j fi, j+1
1 0 +1 fi+1, j1 fi+1, j fi+1, j+1

fi1, j1 fi1, j fi1, j+1


+1 +2 +1
fyi, j = 0 0 0 * fi, j1 fi, j fi, j+1
1 2 1 fi+1, j1 fi+1, j fi+1, j+1

E poi calcola il gradiente dellelemento i, j come

| f |i, j = f x2i, j + f y2i, j

Da cui la matrice elaborata

gi, j = | f |i, j = f x2i, j + f y2i, j i, j

Come si vedr in seguito la rilevazione degli edge una tematica di fondamentale importanza per
lesecuzione di misure lineari di oggetti reali tramite immagini 2D.

Esecuzione di misure di lunghezza e superficie


tramite immagini 2D
Per misurare la lunghezza/superficie di un corpo a partire da una sua immagine 2D
fondamentale:

1. Riconoscere i marker;
2. In caso di obiettivi non telemetrici: correggere le aberrazioni prospettiche dovute alla distanza e
allangolo relativo tra oggetto e telecamera;

3. Correlare la distanza in pixel con la distanza in mm reali.

La correzione degli errori prospettici pu essere effettuata con unadeguata post-elaborazione,


disponendo di informazioni di calibrazione della telecamera.

I marker sono elementi della scena che caratterizzano geometricamente loggetto. Essi sono
artificiali (introdotti appositamente per la misura o generati con luci/laser strutturati) o naturali
(facenti parte del misurando: bordi). Ovviamente si preferiscono i marker naturali e generati con
luci/laser, in quanto hanno effetto di carico nullo o trascurabile (linserimento di un elemento fisico
riflettente sul misurando potrebbe variarne le caratteristiche).

Ricerca degli edge


Gli edge di unimmagine sono definiti come i punti in cui si ha una discontinuit della luminosit.
Tale discontinuit pu essere dovuta a vari fattori, tra cui:

Presenza di ombre;
Cambiamento delle propriet del materiale (rugosit, riflessivit etc.);
Variazione della profondit della scena (a.e. spigolo di un oggetto 3D);
Transizione tra un oggetto ed un altro.

In ogni caso la loro determinazione alla base dellestrazione di un qualunque tipo di informazione
riguardante loggetto ripreso.

Esistono diversi algoritmi di ricerca del edge (pi o meno raffinati), ma tutti si basano sulla stima
puntuale del gradiente di luminosit.

In presenza di discontinuit di luminosit ideali (ossia a salto) sarebbe sufficiente cercare gli edge
definendo una matrice gradiente in cui ogni elemento calcolato come differenza tra due elementi
successivi della mappa di intensit f (x, y).
Ovviamente tale approccio impossibile in quanto, a causa della presenza di rumori e di disturbi,
non esistono discontinuit a salto della luminosit, ma solo discontinuit a rampa.

ALGORITMO DI RICERCA CON SOGLIA DI LUMINOSIT

Un semplice algoritmo di ricerca degli edge consiste nella definizione di una soglia di luminosit L
e nella successiva scansione elemento per elemento della matrice di pixel. I punti (i, j ) della
matrice tali per cui si ha un attraversamento del valore di soglia (ossia tali per cui
fi, j1 L fi, j+1) sono definiti come punti di edge.

ALGORITMO DI RICERCA CON SUB PIXEL

un metodo molto pi accurato della ricerca con soglia, in quanto ricostruisce la discontinuit di
luminosit con una curva approssimante di grado 3 (o superiore) e posiziona ledge nel punto di
flesso della curva approssimante:

Elaborazione degli edge


Una volta ottenuti i punti di edge della matrice dei pixel possibile elaborare questi ultimi per:

Determinare curve approssimanti e relative equazioni;

Calcolare distanze tra edge;

Misurare larea di un oggetto (noti i suoi contorni e nota la dimensione in mm di ogni pixel);

Determinare il baricentro di un oggetto;

Distinguere e contare oggetti (blob detection): calcolando il rapporto tra gli assi di inerzia di ogni
singola figura possibile distinguere figure longilinee da figure prevalentemente tozze (a.e. viti
da rondelle);

Distinguere sottoimmagini uguali in una scena (correlation detection). un procedimento molto


sensibile alla presenza di disturbi ambientale e che si basa su un algoritmo di scansione per
righe (molto pesante numericamente);
Distinguere sottoimmagini tramite un modello (shape matching). Si inserisce in memoria
unimmagine modello da cui si estrae un contorno di riferimento e si confronta questultimo con
gli edge trovati nella scena. Tale procedimento permette di distinguere oggetti parzialmente
sovrapposti ed meno sensibile a disturbi ambientali rispetto alla correlazione detection.

Misure senza contatto 3D


La ricostruzione tridimensionale di un oggetto fisico consiste nella determinazione di una
nuvola di punti di cui sono note le coordinate (xi, yi, zi ) in un sistema di riferimento cartesiano.
Convenzionalmente lorigine del SDR coincide con lo strumento di misura e il piano (x, y) con il
piano geometrico perpendicolare allasse ottico di questultimo. Ne consegue che la coordinata z
rappresenta fisicamente la distanza dei punti delloggetto dal piano del misuratore.

La rilevazione della nuvola di punti pu avvenire con svariate tecniche di misura (attive o passive,
secondo laccezione valida anche per i sistemi 2D).

Stereoscopia
un sistema passivo o attivo che si avvale di due (o tre) telecamere che forniscono due (o tre)
immagini 2D della stessa scena 3D da punti di vista diversi. Per la ricostruzione della nuvola di
punti ci si avvale della geometria epipolare.

Si dispone di entrambe le immagini della scena acquisite dalla telecamera sinistra (left view) e
della telecamera destra (right view) di cui si conoscono la posizione relativa (telecamere
registrate) e i parametri intrinseci (distanza focale, centro ottico : telecamere calibrate). Si
definiscono:

Punto 3D X: punto della scena reale (tridimensionale);


Centro focale OL della telecamera sinistra;
Centro focale OR della telecamera destra;
Proiezione xL del punto X sul piano immagine della telecamera sinistra;
Proiezione xR del punto X sul piano immagine della telecamera destra;
Proiezione eL del centro focale OR sul piano immagine della telecamera sinistra (epipolo
sinistro);
Proiezione eR del centro focale OL sul piano immagine della telecamera destra (epipolo destro);
Retta congiungente gli epipoli eL e eR (baseline);
Retta congiungente il punto X con la sua proiezione xL sul piano immagine sinistro e con il
centro focale OL (retta di proiezione sinistra);
Retta congiungente il punto X con la sua proiezione xR sul piano immagine destro e con il centro
focale OR (retta di proiezione destra);
Proiezione della retta di proiezione sinistra sul piano immagine destro (retta epipolare destra);
Proiezione della retta di proiezione destra sul piano immagine sinistro (retta epipolare sinistra);
Piano definito dalle rette epistolari e dalla baseline (piano epipolare).

Lobiettivo , nota la proiezione xL sul piano immagine sinistro del punto X , ricavare la
corrispondente proiezione xR sul piano immagine destro. Infatti, note le posizioni di xL e di xR e dei
centri focali OL e OR (registrazione e calibrazione), risultano note entrambe le rette di proiezione
OL-xL e OR-xR che, intersecate, forniscono le coordinate 3D del punto X.
Il problema della ricerca della proiezione xR nota quella xL risolto grazie al vincolo epipolare:

La proiezione xR di X sul piano immagine destro giace sulla retta epipolare destra

Si adotta quindi il seguente algoritmo:

1. Noto OL e nota xL (grazie alla calibrazione, alla registrazione e allacquisizione dellimmagine


della TC sinistra) si determina univocamente la retta di proiezione OL-xL;

2. La proiezione di OL -xL sul piano immagine destro (noto grazie alla calibrazione e alla
registrazione della TC destra) determina univocamente la retta epipolare destra;

3. Si effettua uno scan dei punti del piano immagine destro appartenenti alla retta epipolare fin
quando (per confronto con xL) non si trova il punto xR;

4. Note le coordinate di OL ,xL,OR e xR si intersecano le rette di proiezione OL -xL e OR -xR ad


ottenere le coordinate di X.

In casi in cui richiesta una particolare accuratezza si impiegano tre telecamere: in ogni piano
immagine sono tracciate le due rette epipolari ricavate grazie alle altre due telecamere, le quali si
intersecano in un punto che determina univocamente la proiezione esatta del punto X.

anche possibile avvalersi di opportuni marker catarifrangenti che permettano una pi facile
ricerca dei punti omologhi.
Stereoscopia attiva a luce strutturata
Una delle telecamere impiegate nella stereoscopia passiva sostituita da una sorgente di luce
strutturata, ossia da un laser le cui proiezioni dei punti illuminati su un opportuno piano immagine
siano note a priori. Le proiezioni xL non sono pi rilevate da una telecamera 2D, ma direttamente
generate da un apposito dispositivo luminoso, mentre la ricerca delle xR avviene mediante le
regole epipolari descritte in precedenza.

Profilometro
un metodo attivo in quanto prevede la proiezione di una lama laser monocromatica sulloggetto
fisico, il quale la deforma a causa della sua tridimensionalit. Il profilo di deformazione della lama
laser acquisito da una semplice telecamera 2D a sensore matriciale fornita di filtro passa-banda
centrato sulla lunghezza donda del laser stesso (che essendo monocromatico facilmente filtrato
anche in condizioni di forte illuminazione ambientale). A partire dallimmagine di deformazione si
ricava il profilo delloggetto. In caso di sottosquadri o oggetti 3D complessi possibile adottare due
lame laser (con 2 telecamere annesse).
Handheld scanner
un dispositivo movimentato manualmente dalloperatore attorno alloggetto in analisi.
Tipicamente si ricorre allimpiego di marcatori di riferimento. uno strumento semplice ed
affidabile ed acquisisce limmagine per linee di punti.

Scanner di Moir
un dispositivo attivo che prevede la proiezione di due griglie luminose sulloggetto in analisi: luna
leggermente ruotata rispetto allaltra. Linterferenza tra le due griglie determina delle fasce
alternate di luce e ombra la cui analisi permette una ricostruzione della profondit della scena. Tale
metodo adatto solo ad oggetti particolarmente piani.
TOF (Time Of Flight)
Si tratta di dispositivi attivi composti da una sorgente luminosa (laser) e da uno scanner (a
elemento singolo, lineare o matriciale) che misura il tempo di ritorno della radiazione laser emessa.
Moltiplicando il valore/valori di tempo cos ottenuto/i per la velocit della luce (e dividendo per due
per considerare solo la traiettoria di andata) si ottiene quindi la profondit delloggetto esaminato.

Come anticipato lelemento sensibile dello scanner pu essere a elemento singolo, lineare o
matriciale.

In caso di elemento singolo si effettua una rilevazione punto per punto variando continuamente
la posizione dello scanner (angoli di brandeggio e di alzo);
In casi di elemento lineare si ottiene un laser scanner (la nuvola di punti ottenuta variando
langolo di brandeggio);
In caso di elemento matriciale si ottiene una telecamera a tempo di volo.

Accelerometri
Un accelerometro uno strumento di misura dellaccelerazione di un sistema attraverso limpiego
di una massa sospesa collegata con un sistema molla-smorzatore ad un involucro solidale con il
corpo di cui si sta misurando laccelerazione.

Modello fisico di un accelerometro


Un qualunque accelerometro pu essere modellato come un sistema del secondo ordine la cui
forzante f (t) rappresentata dalla forza di inerzia del misurando. Tale affermazione pu essere
meglio compresa con un bilancio di forze al sistema sotto rappresentato.
y spostamento, velocit e accelerazione del corpo vibrante rispetto a un SDR assoluto,
Siano y, y,
x spostamento, velocit e accelerazione della massa sospesa in un sistema di
siano x, x,
riferimento solidale con il corpo vibrante, sia h la distanza (fissa) tra il corpo (rigido) e la massa
sospesa, sia k la costante elastica dellelemento elastico, r la costante di smorzamento
dellelemento e m la massa della massa sospesa.


La posizione della massa nel sistema assoluto = x + y + h , la sua velocit = x + y e la

sua accelerazione = x + y . Il bilancio di forze alla massa sospesa nel sistema assoluto si
scrive:

m + r x + k x = 0
Si noti che per esprimere la forza di inerzia si ovviamente usata laccelerazione rispetto al SDR
assoluto, mentre per la forza viscosa e per quella elastica rispettivamente la velocit relativa x
rispetto allo smorzatore e lo spostamento relativo x (che coincide con lallungamento della molla).

Esplicitando = x + y si ottiene quindi:
m x + r x + k x = m y
Noto lo spostamento relativo x, il quale misurato da un opportuno sensore (capacitivo, induttivo,
estensimetro etc.), quindi possibile risalire per derivazione alla velocit relativa x ,
e, tramite leq. differenziale scritta sopra, allaccelerazione assoluta y
allaccelerazione relativa x
del misurando.

y = x r x k x
m m
Risposta in frequenza: accelerometri e sismografi
Essendo interessati alla misura dellentit di vibrazioni si studia la risposta a una forzante (di
inerzia) causata da una vibrazione armonica del misurando di frequenza e ampiezza Y:

y = Ycos(t)
Derivando due volte e sostituendo nelleq differenziale si ha:

m x + r x + k x = mY 2cos(t)
Si noti che la forzante

f (t) = mY 2cos(t)
ha ampiezza proporzionale al quadrato della frequenza ( una forza dinerzia) e, pertanto, si
differenzia dalla forzante armonica introdotta nello studio della risposta in frequenza di un generico
sistema del secondo ordine (la quale aveva ampiezza F0 costante con la frequenza).

comunque possibile procedere nello stesso modo esposto in precedenza. Si considera


lequazione complessa

m z + r z + k z = m 2Ye it
la cui proiezione sullasse reale leq. di partenza. Si cerca una soluzione particolare (complessa)
a regime della forma:

zp(t) = Xpe it

Sostituendo nelleq. complessa:

(m 2 + ir + k)Xpe it = m 2Ye it

Da cui

m 2Y
Xp = C
m 2 + ir + k

che, riespresso in forma polare (modulo | Xp | e la fase ), si scrive

Xp = | Xp | e i

Dove

1 (k m 2) ir (k m 2) ir m 2Y
| Xp | = m 2Y = m 2Y = m 2Y = (k m 2) ir =
(k m 2) + ir (k m 2)2 i 22r 2 (k m 2)2 + 2r 2 (k m 2)2 + 2r 2

(k m 2)2 + 2r 2 m 2Y
= m 2Y =
(k m 2)2 + 2r 2 (k m 2)2 + 2r 2
La soluzione complessa quindi

zp(t) = Xpe it = | Xp | e ie it = | Xp | e it+

Da cui la soluzione reale

xp(t) = Re(zp(t)) = Re( | Xp | e it+) = | Xp | cos(t + )

Si ricavato che la risposta in frequenza a regime di un accelerometro (ovvero la vibrazione


relativa della massa sismica rispetto allinvolucro in cui contenuta) una cosinusoide di
ampiezza | Xp | , fase e frequenza pari a quella della forzante.

A seconda del tipo di accelerazione misurata, gli accelerometri si dividono in due categorie.

Il sismografo uno strumento per la misura di accelerazioni dinamiche (frequenze maggiori di


qualche Hz: terremoto, urti etc.);

Laccelerometro propriamente detto uno strumento per la misura di accelerazioni statiche


(a.e. veicolo in movimento).

Sismografo (misura di accelerazioni dinamiche)


I sismografi sono impiegati per la misura di accelerazioni dinamiche, ossia caratterizzate da
unelevata frequenza . Ne consegue che tali strumenti devono avere una banda passante
spostata alle alte frequenze.

Si definisce il rapporto tra lampiezza | Xp | dello spostamento relativo della massa sismica e
quella Y dello spostamento assoluto del misurando:

| Xp | m 2
=
Y (k m 2)2 + 2r 2
evidente che:

| Xp |
= 0 per = 0 . Nella zona quasistatica (accelerazioni statiche) lampiezza dello
Y
spostamento relativo della massa circa nullo. La massa praticamente solidale con il
misurando e si parla di fondazione rigida.

| Xp |
+ per k /m = 0 e r = 0 . N e l l a z o n a d i r i s o n a n z a s i h a
Y
unamplificazione della vibrazione della massa sismica rispetto a quella del misurando (non si
lavora mai in tale zona poich si rischia la rottura dellaccelerometro).
| Xp |
1 per + . Nella zona sismografica (vibrazioni ad alta frequenza tipo
Y
terremoto) lampiezza dello spostamento relativo della massa praticamente uguale a quello del
misurando (ma di segno opposto) e, quindi, lo spostamento assoluto = x + y 0 circa
nullo. La massa praticamente ferma rispetto ad un SDR fisso e si parla di fondazione
sospesa.

Poich il fine dei sismografi la misura di accelerazioni dinamiche (ossia caratterizzate da


frequenze maggiori di zero), questi sono pronti per frequenze appartenenti alla zona
sismografica > 0 = k /m .

Affinch tale banda di frequenza (ossia la banda passante) sia la pi ampia possibile
necessario ridurre la frequenza propria progettando strumenti con elevata massa e bassa
rigidezza.

Accelerometro (misura di accelerazioni statiche)


Gli accelerometri sono impiegati per la misura di accelerazioni statiche, ossia caratterizzate da
una bassa frequenza . Ne consegue che tali strumenti devono avere una banda passante
spostata alle basse frequenze.

Si definisce il rapporto tra lampiezza | Xp | dello spostamento relativo della massa sismica e
2
lampiezza dellaccelerazione Y :

| Xp | m
=
Y 2 (k m 2)2 + 2r 2
| Xp |m 1
== per 0 . Nella zona quasistatica (accelerazioni statiche) la massa
Y 2 k 02
sismica praticamente solidale con il corpo (vedi sismografo) e lampiezza Y 2
dellaccelerazione del misurando circa proporzionale allo spostamento relativo:
Y 2 = 02 | Xp | . Tale propriet permette il calcolo immediato dellaccelerazione misurando lo
spostamento | Xp | della massa sismica rispetto allinvolucro in cui contenuta.

| Xp |
+ per k /m = 0 e r = 0 . N e l l a z o n a d i r i s o n a n z a s i h a
Y 2
unamplificazione dello spostamento della massa sismica (non si lavora mai in tale zona poich
si rischia la rottura dellaccelerometro).

| Xp |
0 per + . Nella zona sismografica (vibrazioni ad alta frequenza) la massa
Y 2
praticamente ferma rispetto ad un SDR fisso (vedi sismografo).

Poich il fine degli accelerometri la misura di accelerazioni statiche, questi sono pronti per
frequenze appartenenti alla zona quasistatica < 0 = k /m .

Affinch tale banda di frequenza (ossia la banda passante) sia la pi ampia possibile
necessario aumentare la frequenza propria progettando strumenti con massa ridotta ed elevata
rigidezza.
Soluzioni costruttive
Piezoaccelerometri

Il parallelo elemento elastico/smorzatore consiste in un elemento in quarzo (elemento


piezoelettrico dallelevata rigidezza). La piezoelettricit la propriet di un materiale di generare
una tensione (per separazione di carica) in risposta ad una sollecitazione meccanica. La quantit
di carica separata per unit di forza esercitata sullelemento indicata con SF[ pC/N ] . Ne
consegue che la carica totale depositatasi sulle facce dellelemento di quarzo in seguito
allapplicazione della forza F :

Q[ pC ] = SF F
Essendo la forza F esercitata sullelemento pari alla somma di quella elastica e di quella viscosa,
questa equilibrata dalla forza di inerzia relativa della massa sismica, la quale quindi facilmente
calcolabile nota la tensione:

= S m x x = Q
Q[ pC ] = SF F = SF (k x + r x) F
m SF

Sensori ICP
Si tratta di piezoaccelerometri con elettronica incorporata che permettono una preamplificazione
della tensione in uscita.

Servoaccelerometri
I servoaccelerometri sono sensori retroazionati, ossia alimentati da una corrente che, scorrendo
in una bobina avvolta attorno alla massa sismica, esercitano una forza elettromagnetica su
questultima tale da mantenere questultima in equilibrio. Essendo la corrente necessaria per
lequilibrio proporzionale alla forza di inerzia agente sulla massa, immediato ricavare
laccelerazione.

I servoaccelerometri sono caratterizzati da basse frequenze proprie ma sono tali da misurare


anche accelerazioni a bassa frequenza (si pensi agli inclinometri).

Misure di pressione
La pressione pu essere intesa in due modi:

Come grandezza derivata (rapporto tra una forza e la superficie su cui questa agisce);

Come grandezza di stato ( legata alla cinetica molecolare di una sostanza).

La pressione assoluta p pu essere pensata come una misura diretta della forza esercitata dalle
molecole di un gas sulle pareti del recipiente in cui contenuto. Essa quindi nulla in caso di
vuoto (ossia in quelle regioni in cui esistono poche o nessuna molecola di sostanza in movimento
e in urto relativo).

Nella pratica, per, si preferisce riferirsi alla pressione relativa p* di un sistema, ossia alla
differenza tra la pressione assoluta del sistema stesso e la pressione atmosferica: p* = p patm.

Se un sistema ha una pressione relativa positiva allora detto in pressione, altrimenti detto in
depressione.

Gli strumenti di misura di sistemi in pressione sono detti manometri;


Gli strumenti di misura di sistemi della pressione atmosferica sono detti barometri;
Gli strumenti di misura di sistemi in depressione sono detti vacuometri.

Manometri
p
Legge di stevino: la quota piezometrica z + uniforme in un fluido in quiete.

Manometri a liquido (differenziali)

Si fissa lorigine del SDR alla quota zA = zB = 0.


La quota piezometrica del fluido 1 in A uguale alla quota piezometrica dello stesso fluido in 1:
pA p
= x1 + 1 pA = 1x1 + p1
1 1
La quota piezometrica del fluido manometrico in B uguale a quella in C:
pB pC
=h+ pC = pB m h
m m
La quota piezometrica del fluido 2 in C uguale alla quota piezometrica dello stesso fluido in 2:
pC p2
h+ = x2 + pC = 2(x2 h) + p2 pB = 2(x2 h) + m h + p2 = h(m 2) + 2 x2 + p2
2 2

La quota piezometrica del fluido manometrico in A uguale a quella in B:


pA p
= B pA = pB 1x1 + p1 = h(m 2) + 2 x2 + p2
m m

Da cui la differenza delle pressioni tra i due fluidi in 1 e in 2:

p1 p2 = 2 x2 1x1 + h(m 2)
la quale determinabile noti i pesi specifici dei due fluidi 1 e 2, quello del liquido manometrico, la
lettura manometrica h (misurata) e i punti x1 e x 2 in cui regnano le pressioni in gioco.

Se il manometro e inclinato di un angolo e se ci si riferisce direttamente alle pressioni regnanti


sui menischi del liquido manometrico (ossia nei punti A e C e non nei punti 1 e 2) il sistema diventa
quello nella figura sottostante e il p si scrive:
p1 p2 = lsin(m 2)

La sensibilit di un tale strumento :

l 1
=
p sin(m 2)
la quale pu essere aumentata:

Inclinando ulteriormente lo strumento (si riduce ).


Scegliendo un liquido manometrico pi leggero (si riduce m).

Si noti che ad entrambe le soluzioni associata un contrazione della portata (la lunghezza del tubo
manometrico resta invariata).

Ne consegue per la misura di elevate pressioni necessario adottare fluidi manometrici molto
densi (a.e. mercurio).

I fluidi manometrici pi impiegati sono:

Mercurio: per elevate pressioni (scarsa portata);


Acqua: sensibilit e portata intermedie;
Olio: alta sensibilit e basse portate;
Toluolo: elevata sensibilit e densit variabile con la temperatura;
Miscele di alcool e benzina.

Manometri a deformazione: tubo di Bourdon


s

Consiste in un tubo flessibile a sezione ellittica piegato ad arco di circonferenza. Quando


percorso da un fluido in pressione esso si deforma nel piano riportato in figura determinando uno
spostamento s dellestremit libera proporzionale alla pressione. La sensibilit s /p pu essere
migliorata:

Allungando il tubo (a.e. attorcigliandolo a spirale);


Scegliendo materiali con minore costante elastica;
Modificando opportunamente la sezione e lo spessore del tubo;
Modificando langolo di avvolgimento.

Il fondoscala di circa 1000atm, mentre lincertezza relativa varia dallo 0,1% al 2%.

Manometri a membrana (e soffietti)


Una o pi membrane flessibili (soffietto) poste in serie separano il fluido di cui si vuole misurare
la pressione da un ambiente in cui fatto il vuoto (misura di pressione assoluta), da un ambiente a
pressione atmosferica (misura di pressione relativa) o da un secondo fluido a pressione diversa
(misura di pressione differenziale). La deformazione della membrana funzione della differenza
tra le pressioni a cavallo di essa e, pertanto, pu essere opportunamente misurata (a.e. con
unestensimetro: segnale in tensione) e tarata a fornire una corrispondenza biunivoca con il p.

Costruttivamente le membrane possono essere:

Lisce: mantengono una buona linearit tra p e deformazione solo per per deflessioni minori
del 30% dello spessore. Sono poco robuste (tipicamente richiedono un rinforzo centrale) e,
pertanto, soggette alleffetto di carico determinato dalleffetto di reazione dei sensori di
spostamento a contatto. Laspetto positivo lelevata sensibilit data dallalta cedevolezza del
materiale.
Corrugate: sono caratterizzate da un maggiore diametro a parit di spessore rispetto a quelle
lisce (per aumentarne la cedevolezza) e possiedono una buona linearit anche per deflessioni
maggiori al 30% dello spessore. Essendo pi robuste e pesanti del tipo liscio sono caratterizzate
da una peggiore risposta dinamica e, pertanto, non sono adatte alla misura di pressioni pulsanti.

Alcune problematiche legate allelemento sensibile (membrana) sono:

Isteresi: la deformazione assume valori diversi in corrispondenza dello stesso p a seconda


che la membrana sia soggetta a una pressione crescente (carico) o decrescente (scarico);

Non linearit (appoggi sagomati): se gli appoggi della membrana sono sagomati questa pu
resistere a maggiori pressioni (ampliamento del fondo scala) ma la sua linearit compromessa
(il punto in cui la membrana vincolata al bordo esterno si sposta verso lintero allaumentare
della pressione determinando un deformazione non lineare con il p);

Resistenza meccanica e rottura: se il p troppo elevato o se soggetto a una brusca


variazione la membrana facilmente soggetta a cedimento meccanico. Per evitare tale
inconveniente si inseriscono degli elementi rigidi a una certa distanza da questa in maniera tale
che, per un prefissato p limite, dei puntoni solidali con la membrana battano contro quesi
scaricando in tal modo la forza determinata dalla sovrapressione imposta. Ovviamente in tale
modo si aumentano le massime pressioni assolute sopportabile su entrambi i lati della
membrana, ma si limita (intenzionalmente) la differenza massima p apprezzabile tra queste.

Ripetibilit e riproducibilit
Forse ancor pi dellaccuratezza, in un misuratore di pressione sono di fondamentale importanza
la ripetibilit delle misure e la loro riproducibilit.

quindi necessario evitare qualunque fenomeno che determini una sollecitazione eccessiva
dellelemento sensibile del manometro (a.e. un accumularsi di deformazioni permanenti per isteresi
o una vera e propria rottura: problema del campo di sicurezza) o lesposizione prolungata ad
ambienti corrosivi e/o ostili (problema dellambiente di lavoro).

Campo di sicurezza. In caso di pressioni di processo al di fuori del campo di sicurezza dello
strumento (sovrapressioni) si adottano soluzioni di sicurezza come filtri dissipativi (solo se il
picco di sovrapressione di breve durata) o valvole di sicurezza.

Ambiente di lavoro. La presenza di umidit, condense di vapori e di vibrazioni critica per


lintegrit del manometro e per la ripetibilit delle misure effettuate. possibile ridurre leffetto di
tali disturbi riempiendo lo strumento con olio, il quale ha il duplice effetto positivo di smorzare le
vibrazioni e di isolare lelemento sensibile dallatmosfera circostante (eventualmente corrosiva)

Trasduttori di pressione
Leffetto della pressione sullelemento sensibile del manometro tipicamente:

Una deformazione (a.e. membrane lisce di elevato spessore);


Uno spostamento (a.e. estremit del tubo di Bourdon);
Una forza.
La sua misura effettuata da una trasduttore che la converte immediatamente in un segnale
elettrico (tensione) e che pu essere di diversi tipi.

Trasduttore piezoelettrico: sfrutta la propriet di alcuni materiali di accumulare una carica (e


quindi di generare una tensione) proporzionale alla forza a cui sono sottoposti;

Trasduttore piezoresistivo (estensimetri): sfrutta la propriet di alcuni materiali semiconduttori


di variare la propria resistenza in funzione della deformazione a cui sono sottoposti. Ovviamente
anche la temperatura ha un effetto diretto sul valore di resistenza (effetto termistore) e,
pertanto, necessario compensarne leffetto termico mediante linserimento di un trasduttore di
confronto non esposto a deformazione;
Trasduttore potenziometrico: un elemento metallico solidale allelemento sensibile scorre su
una resistore a nastro variandone il valore di resistenza allinterno del circuito in maniera
proporzionale allo spostamento;

Trasduttore elettromagnetico: sfrutta linduzione elettromagnetica causata dallo spostamento


di un elemento metallico solidale allelemento sensibili allinterno di opportune bobine alimentate
(LVDT).

Misura di un campo di pressioni


Lacquisizione di una mappa di pressioni (a.e. di un fluido in moto) pu essere effettuata
seguendo due approcci:

Unico trasduttore accoppiato ad un commutatore meccanico ad alta frequenza che scorre


in sequenza tutte le prese di pressione presenti.

Un trasduttore dedicato per ogni presa di pressione accoppiato ad un multiplexer per la


conversione A/D.

Misura di pressioni dinamiche


Nel caso di pressioni dinamiche (a.e. variazioni a gradino) entrano in gioco fenomeni legati
allinerzia del fluido e allattrito e alla geometria del tubo di collegamento con il manometro.

Taratura
La taratura di un manometro pu avvenire in due modi:

Per confronto con un manometro preventivamente tarato e di maggior accuratezza (campione


di riferimento). Lincertezza tanto minore quanto pi e accurato lo strumento campione.:
A pesi: le pressioni sono imposte mediante dei pesi (di massa m nota con elevata accuratezza)
poggiati su dei pistoni (di area frontale A nota con elevata accuratezza) a contatto con il fluido di
processo. La pressione di riferimento semplicemente ricavata come rapporto tra il peso mg e
larea A del pistone. Le cause di incertezza sono dovute allattrito tra cilindro e pistone e alle
incertezza sulle masse dei pesi e sullarea del pistone.

Misure di flusso
Il flusso interno/esterno di un qualunque fluido (comprimibile o incomprimibile) in generale
caratterizzato da un complesso campo di moto 3D in cui la velocit v = v(x, y, z, t) varia di
istante in istante e di punto in punto. Nella maggior parte dei casi di flusso interno, tuttavia,
possibile sfruttare la simmetria geometrica (a.e. centrale) del problema e la sua stazionariet
(media o istantanea) per ricondurre il campo di moto a un problema 1D: v = v() . In tal caso la
forma del campo di moto in una generica sezione dipende strettamente dal regime di moto (e
quindi dal numero di Re).
Noto il regime di moto (e quindi lespressione del profilo di velocit v = v() ) e un valore
puntuale di velocit vn 0 = vn(0 ) quindi possibile ricavare la portata integrando sulla sezione:

2 R

A A 0 0
Q= v() n d A = vn()d A = vn()dd

Dove vn() = v() n la componente del vettore velocit normale alla sezione trasversale A.
Qualora non sia noto a priori il regime di moto necessario effettuare pi misure di velocit sulla
stessa sezione in maniera tale da ricavare sperimentalmente (i.e. mediante interpolazione) la
forma del campo di velocit.

Tubo di pitot
una sonda per la misura della velocit puntuale. Il principio di funzionamento consiste nella
v 2
misura contemporanea della pressione statica pS e della pressione totale PT = PS + di un
2
filetto fluido in una sezione sufficientemente lontana dal dispositivo. Per differenza si ottiene la
velocit v:

2(PT PS )
v=

Si noti la forte nonlinearit tra velocit e lettura (PT PS ) e lelevata variabilit della sensibilit
dello strumento con il valore della velocit (bassa sensibilit a basse velocit).

La pressione statica pS misurata attraverso una presa statica posta parallelamente al flusso
(punto b), la quale collega il fluido in moto allesterno del tubo ad un canale interno (a sua volta
collegato ad un manometro) contenente lo stesso fluido in quiete. I principi fisici che legano la
pressione regnante sullelemento sensibile del manometro a quella del fluido in moto nella sezione
in corrispondenza della presa statica sono la continuit della pressione a cavallo del foro di presa
(la pressione del fluido in moto appena sopra il foro la stessa del fluido in quiete appena sotto il
foro) e la legge di Stevino (la quale tiene conto della variazione di quota tra la presa statica e
lelemento sensibile del manometro).

La pressione totale pT misurata attraverso una presa dinamica (punto a) posta sul punto di
ristagno del tubo di Pitot. In tale punto i filetti fluidi subiscono un arresto associato ad una completa
conversione dellenergia cinetica posseduta a monte del dispositivo in energia di pressione.
Applicando Bernoulli tra una sezione imperturbata a monte del tubo e il punto di ristagno si ha:

v 2
pT = pS +
2
Come visto per la presa statica, anche la presa dinamica collega il fluido esterno al tubo nel punto
di ristagno ad un secondo canale interno contenente lo stesso fluido in quiete e collegato ad un
secondo manometro la cui lettura, eventualmente corretta con la legge di Stevino a causa della
differenza di quota tra lelemento sensibile e la presa dinamica, fornisce il valore di PT.
Cause di incertezza
La misura della velocit quindi una misura indiretta a partire dalle due misure dirette di PT e PS.
Ne consegue che lincertezza su v risulta dalla propagazione delle singole incertezze sulle
pressioni.

Cause di incertezza per la pressione statica:

Geometria del foro della presa statica;


Posizione della presa statica (a.e. distanza dal quella dinamica);
Disallineamento tra lasse del tubo e il flusso (si ha un effetto ristagno anche sulla presa
statica).

Si definisce il coefficiente di pressione il rapporto tra

- lo scostamento tra il valore pS (x) della pressione statica nella coordinata x e il valore pS della
pressione statica imperturbata

- la pressione dinamica pD(x) = v 2 /2 nello stesso punto x


pS (x) pS pS (x) pS
c(x)[ % ] = =
pD(x) v 2 /2
Si noti che c = 1 pS (x) = pT

Il coefficiente c valutato nel punto in cui posta la presa statica fornisce una stima relativa
dellerrore di misura di pS.

Cause di incertezza per la pressione dinamica:

Disallineamento tra lasse del tubo e il flusso;


Viscosit;
Sonda di dimensioni finite;
Gradienti di velocit;
Incertezza sul valore della densit.

GEOMETRIA DEL FORO DELLA PRESA STATICA

Il diametro del foro deve essere sufficientemente piccolo da non perturbare il campo di moto nel
suo intorno (a.e. distacco di vortici).

Per lo stesso motivo bordi del foro devono essere esenti da imperfezioni superficiali :
Ovviamente se d il diametro del foro si ha: d e
POSIZIONE DELLA PRESA STATICA (EFFETTI DELLA PRESENZA DEL TUBO)

Il valore della pressione statica della corrente pS (x) nellintorno del tubo perturbato dalla
presenza stessa di questultimo per i seguenti due effetti (uno a monte della presa ed uno a valle):

La presenza del ristagno in corrispondenza della presa dinamica determina un restringimento del
tubo di flusso nellintorno di questultimo e unaccelerazione locale del fluido. La combinazione di
tali fenomeni determina una graduale accelerazione dei filetti fluidi dal punto di ristagno (velocit
nulla) fino ad una velocit maggiore di quella asintotica (imperturbata). In termini di pressione si
ha quindi unespansione dalla pressione di ristagno (pS (x) = pT e(x) = 1) fino ad una
pressione statica pS (x) < pS c(x) < 0 minore di quella imperturbata

La presenza dello stelo (il quale col suo ingombro determina la presenza di una linea di ristagno
dei filetti fluidi a valle della presa statica) introduce un rallentamento nel tratto monte di
questultimo e, quindi, un aumento della pressione statica rispetto a quella imperturbata:
pS (x) > pS c(x) > 0.

Essendo tali effetti contrastanti, per la continuit della pressione nella direzione della corrente
esiste sicuramente un punto x* in cui questi si compensano a fornire un coefficiente di pressione
nullo. Tale sezione quella in cui va inserita la presa statica affinch la pressione statica regnante
su di essa coincida con quella asintotica (del fluido non perturbato) che si vuole misurare (errore
nullo).

IMPERFETTO ALLINEAMENTO TRA TUBO E CORRENTE


Se lasse del tubo di Pitot non perfettamente allineato al verso della corrente, questo si comporta
a tutti gli effetti come un corpo tozzo e determina quindi una forte perturbazione del campo di moto
nel suo intorno. In particolare la presenza di una componente v della velocit perpendicolare
allasse dellogiva determina linstaurarsi di una sovrapressione (rispetto alla pressione asintotica)
nella zona a monte della sezione di tubo investita ed una depressione a valle di questultima. Nei
punti A e B di transizione tra la zona in pressione e quella in depressione la pS rimane invece
indisturbata e, quindi, proprio in tali punti che si inseriscono le prese statiche (a una distanza dal
punto di ristagno determinata col ragionamento fatto al punto precedente).

EFFETTO DELLA VISCOSIT

A basse velocit il regime di moto diventa laminare ed aumenta limportanza relativa degli sforzi di
tipo viscoso. Tale situazione propria della zona in prossimit della presa dinamica, in cui si ha un
arresto dei filetti fluidi e un ispessimento dello strato limite. Per tener conto di tale effetto si
corregge la pressione dinamica attraverso un coefficiente c funzione del numero di Reynolds:

v2
pTm = pS + c
2

INGOMBRO FRONTALE DELLA SONDA

Larea frontale AP dellogiva del tubo di Pitot, oltre ad introdurre perdite di carico pP , determina
una riduzione della sezione trasversale A0 e, quindi, unaccelerazione del flusso:

A0
v0 A0 = vP(A0 AP ) vP = v0 > v0
A0 AP

Anemometro a filo caldo


Lanemometro a filo caldo un sensore che misura il modulo della velocit puntuale di una
corrente fluida attraverso le correlazioni tra scambio termico e regime di moto. Esso consiste in
una filo elettrico (ridotto effetto di carico!) caratterizzato da una resistenza di valore R e alimentato
E2 2
da una corrente I che, per effetto Joule, dissipa una potenza termica pari a R I = . Inoltre il
R
fi l o s c a m b i a c o l fl u i d o u n a p o t e n z a t e r m i c a c o n v e t t i v a p a r i a
h Alat (Tfilo Tf luido) = h dl(Tfilo Tf luido), dove h il coefficiente di scambio termico
convettivo filo-fluido, d il diametro del filo e l la sua lunghezza.

Il bilancio di energia al filo in condizioni di regime si scrive:

R I 2 = h dl(Tfilo Tf luido)

Da cui, note le temperature, il valore della resistenza del filo e la corrente circolante, possibile
ricavare il coefficiente di scambio convettivo h, il quale legato alla velocit del fluido v mediante
opportune correlazioni sperimentali.

In condizioni non stazionarie il bilancio di energia si scrive:

dTfilo
R I 2 = h dl(Tfilo Tf luido) + mc
dt
Dove m e c sono rispettivamente massa e calore specifico del filo.

Esistono sia anemometri con corrente costante (la temperatura del filo libera di variare, e con
essa la sua resistenza) che a temperatura costante (la corrente, e quindi la potenza dissipata,
opportunamente variata per mantenere costante la Tfilo e, quindi, la resistenza). In entrambi i casi
la temperatura del filo non misurata direttamente, bens (proprio come nelle RTD) correlata al
valore della resistenza R . Si noti che nel primo caso le variazioni di tensione sono dovute a
variazioni del valore della resistenza R (I = cost), mentre nel secondo a variazioni della corrente
I (Tfilo = cost R = cost).

Tra i due sistemi il secondo sicuramente pi pronto, in quanto non manifesta linerzia termica
associata alla variazione di temperatura del filo (le variazioni di corrente sono praticamente
istantanee), ma richiede unelettronica dedicata al controllo della corrente circolante.

Esplicitando la correlazione tra h e la velocit v possibile riscrivere il bilancio di energia


stazionario per esplicitare la relazione tra la tensione E in uscita dallanemometro e la velocit v
del fluido:

E2
= h dl(Tfilo Tf luido) = (A + Bv n)dl(Tfilo Tf luido) E = R(A + Bv n)dl(Tfilo Tf luido)
R
Si noti la forte non linearit tra ingresso (velocit v) e uscita (tensione E).

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