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Fisica Medica

Mic hele V iscian o

Introduzione
La massa una misura della resistenza di un corpo a variare il suo stato di moto. Nel SI, la sua unit di misura il
chilogrammo (kg), definito come la massa di un cilindro di lega platino-iridio conservato allUfficio Internazionale di Pesi
e Misure di Svres, in Francia.
La lunghezza una grandezza fondamentale, misurata nel SI in metri (m), unit di misura definita nel 1983 come la
distanza percorsa dalla luce nel vuoto durante il tempo di 1/299792458 secondi.
Il tempo unaltra grandezza fondamentale, misurata nel SI in secondi (s), definito nel 1967 come 9192631770 volte il
periodo di oscillazione della radiazione dellatomo di cesio (Cs).
Ogni unit di misura possiede multipli e sottomultipli ed inoltre convertibile in altre unit di misura, purch lanalisi
dimensionale lo consenta. Es. 1 miglio = 1609 m = 1.609 km.
Metodo usato dal testo Jewett & Serway: 15.0 = (15.0 )

2.54
1

= 38.1

N.B. Il rapporto fra parentesi uguale ad 1! Le unit di misura sono poste in modo da elidersi e dare lunit di misura
desiderata.

Sistemi di coordinate
La collocazione spaziale degli eventi rappresentata in fisica tramite coordinate geometriche: un punto su di una linea
retta rappresentabile da una sola coordinata, un punto in un piano individuato da due coordinate, un punto nello
spazio da tre coordinate.
Il sistema di coordinate usato consiste di unorigine (fissa), detta O, un insieme di assi o direzioni, ciascuno con scala di
misura e nome appropriati ed istruzioni che ci dicano come etichettare un punto dello spazio rispetto allorigine ed agli
assi. Il sistema di coordinate generalmente adoperato quello cartesiano:
y
(

Vettori e Scalari
Le grandezze fisiche possono essere suddivise in due categorie: scalari e vettori. Gli scalari sono completamente
specificati da un numero (positivo o negativo) seguito da ununit di misura. Un vettore, invece, necessita di informazioni
diverse per essere completamente specificato: intensit (o modulo), direzione e verso. Esempi di grandezze scalari sono
il tempo o la massa, esempi di vettori sono gli spostamenti, la forza, la velocit.

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MV
1

Propriet dei Vettori

sono per definizione uguali se hanno le stesse unit di misura, lo stesso


Uguaglianza di due vettori: due vettori e
solo se = ed e
sono concordi. Questa propriet
modulo e puntano nella stessa direzione e verso. Cio, =

permette di traslare un vettore parallelamente a se stesso, senza alterarlo.

Addizione: due o pi vettori possono essere sommati solo se hanno tutti la stessa unit di misura (come per gli scalari);
inoltre, si disegnano i vettori luno adiacente allaltro (cio il secondo a partire dalla punta del primo, e cos via) ed il
vettore somma risultante sar un vettore che congiunge linizio della freccia del primo vettore con la punta della freccia
=
+ ) e di quella associativa [ +
dellultimo. La somma di vettori gode della propriet commutativa ( +

+ = +
+ ].

Opposto di un vettore: lopposto del vettore definito come il vettore che ha stesso modulo e direzione di ma verso
opposto. La somma di un vettore con il suo opposto d zero come vettore somma. Cio, + = 0.
equivale alla somma del vettore con lopposto del vettore
. Cio,
=
Sottrazione di vettori: la sottrazione
).
+ (
Moltiplicazione di un vettore per uno scalare:se un vettore viene moltiplicato per una quantit scalare positiva s, il
prodotto un vettore che ha la stessa direzione e lo stesso verso di , ma modulo uguale al prodotto sA. Se s ,

invece, una grandezza negativa,il vettore sar diretto nel verso opposto ad .

possono essere moltiplicati in due diversi modi: tramite il prodotto


Moltiplicazione di due vettori: due vettori e
scalare (che origina una grandezza scalare) e tramite il prodotto vettoriale (che origina una grandezza vettoriale). Nel
= , dove langolo compreso fra i due vettori e
. Nel secondo caso,
primo caso, il prodotto scalare
uguale ad un vettore che ha modulo uguale ad .
invece, il prodotto vettoriale

Moto in una dimensione


Dallesperienza quotidiana sappiamo che il moto rappresenta il cambiamento continuo della posizione di un oggetto. Il
moto di un oggetto attraverso lo spazio (traslazione) pu essere accompagnato dalla rotazione e dalla vibrazione
delloggetto; spesso possibile, tuttavia, semplificare le cose, trascurando rotazione e moti interni delloggetto in
movimento, almeno inizialmente. Il risultato un modello semplificato che chiamiamo modello del punto materiale, in
cui qualsiasi oggetto approssimato ad un punto materiale che si muove in uno spazio delimitato da assi cartesiani.
La velocit scalare media una grandezza che trascura le variazioni di velocit che pu avere un punto in movimento
ed approssima la velocit sempre costante durante lo spostamento. Essa si calcola come

, dove d la distanza

percorsa in un intervallo di tempo e lintervallo di tempo stesso. , appunto, uno scalare e non necessita,
pertanto, di alcuna direzione o verso.
La velocit media , invece, un vettore, definito come il rapporto fra lo spostamento e lintervallo di tempo in cui

avviene questo spostamento (,


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1 0
1 0

). N.B. Il pedice x indica lo spostamento lungo lasse x.


MV

ATTENZIONE: il modulo della velocit media NON uguale alla velocit scalare media! Es. una particella si muove
dallorigine fino a = 10 per poi tornare indietro in un intervallo di tempo complessivo = 4.0. Il modulo della
velocit media sar 0 (perch il punto di inizio 0 coincide con il punto di fine 1 ), ma la velocit scalare media sar
=

20
4.0

= 5.0 .

La velocit media, essendo il rapporto fra lo spostamento e lintervallo di tempo, non ci fornisce alcuna informazione sul
moto, ma solo sul risultato del moto: essa , infatti, indipendente dal cammino seguito dal punto materiale e dipende
soltanto dalle sue coordinate iniziali e finali.
Infine, da notare che la velocit media pu avere segno positivo o negativo, a seconda del segno dello spostamento
(lintervallo di tempo sempre positivo). Se 1 > 0 , la velocit media positiva, cio nella direzione delle x positive.
Se, invece, 1 < 0, la velocit media negativa, cio nella direzione delle x negative.

La velocit istantanea , invece, la velocit (vettoriale) di una particella ad un qualsiasi istante di tempo ed uguale al
valore limite del rapporto quando tende a zero 1. Con la terminologia dellanalisi matematica, questo limite si
chiama derivata di x rispetto a t. Quindi

Velocit Istantanea.

. Il termine generico Velocit adoperato per riferirsi alla

Esiste anche una velocit scalare istantanea, che non altro che il modulo del vettore Velocit Istantanea e non
necessita di ulteriori chiarimenti.
Quando la velocit varia nel tempo, si dice che la particella accelerata. Se una particella in moto lungo lasse x ha
velocit allistante e velocit allistante , laccelerazione media , nellintervallo di tempo =
definita come il rapporto in cui = 1 0 la variazione di velocit nellintervallo di tempo. Quindi,

1 0
1 0

. Laccelerazione una misura della velocit scalare di variazione della velocit, ma una

grandezza vettoriale.

Se il valore dellaccelerazione media diverso in diversi intervalli di tempo, utile definire laccelerazione istantanea
come il limite dellaccelerazione media quando tende a zero, analogamente alla velocit istantanea. Quindi,

. Cio, laccelerazione istantanea uguale alla derivata della velocit rispetto al tempo, che per definizione

la pendenza del grafico velocit-tempo. Quando laccelerazione e la velocit sono nello stesso verso, loggetto sta
aumentando il modulo della velocit in quel verso; se, invece, laccelerazione e la velocit hanno verso discorde, la
velocit scalare delloggetto sta diminuendo nel tempo.

Se laccelerazione di una particella varia nel tempo, descrivere il moto di tale particella pu essere complicato. Se, invece,
laccelerazione costante, possiamo utilizzare un modello molto pratico, appunto quello della particella sottoposta ad
accelerazione costante. In questo caso, laccelerazione media relativa a qualsiasi intervallo di tempo uguale
allaccelerazione istantanea in ogni istante di tempo contenuto nellintervallo. Se consideriamo, per convenienza, 0 = 0
e 1 = , possiamo esprimere la velocit = 0 + . Questa espressione ci permette di prevedere la velocit ad ogni
istante t se la velocit iniziale e laccelerazione (costante) sono note. Per conoscere, invece, la posizione della particella,
1

sapendo velocit (iniziale e finale) ed istante di tempo, utilizziamo lequazione = 0 + 2 (0 + ). Possiamo inoltre
1

arrivare alla posizione anche conoscendo laccelerazione (costante) invece della velocit finale: = 0 + 0 + 2 2.
Infine, esiste anche una formula per la velocit in funzione della posizione: 2 = 0 2 + 2 ( 0 ).

Lo spostamento tende a zero quando tende a zero, ma il rapporto tende al valore della vera pendenza
della retta tangente alla curva x in funzione di t.
1

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MV

Queste equazioni sono utilizzabili anche per un corpo in caduta libera: laccelerazione diventer per laccelerazione
di gravit = 9.80 2 = 980 2 = 32 2 . La direzione del vettore diretta in basso verso il centro della
Terra.

Moto in due dimensioni


Il moto di una particella lungo una retta completamente determinato se nota la sua posizione in funzione del tempo.
Nel piano xy, invece, la posizione della particella sar espressa da un vettore posizione , tracciato a partire dallorigine
del sistema di riferimento alla posizione della particella. Quindi, 1 .
0
La velocit media della particella nellintervallo di tempo il rapporto fra lo spostamento e lintervallo di tempo

stesso. Cio,

. Poich lo spostamento una grandezza vettoriale, anche la velocit media un vettore, diretto

lungo . Come quella unidimensionale, anche questa velocit media indipendente dal percorso e dipende soltanto
dalle coordinate iniziali e da quelle finali.
La velocit istantanea , invece, il limite della velocit media allorquando tende a 0. Ovvero, in simboli,

. La direzione del vettore velocit istantanea in ogni punto della traiettoria quella della retta tangente alla

traiettoria in quel punto e nel verso del moto. Il modulo della velocit istantanea la velocit scalare.
Se la velocit cambia (anche solo in direzione), il vettore velocit istantanea cambia da 0 al tempo 0 a 1 al tempo 1 .
Laccelerazione media definita come il rapporto della variazione della velocit istantanea in un intervallo di
tempo e lintervallo di tempo stesso. In simboli,

1
0
1 0

(poich la velocit istantanea un vettore) diretta lungo .

. Laccelerazione media una grandezza vettoriale

Laccelerazione istantanea , infine, il valore limite del rapporto , allorch tende a zero, cio la derivata del

vettore velocit rispetto al tempo:

Consideriamo ora il moto in due dimensioni in cui modulo e direzione dellaccelerazione rimangono costanti; esso pu
essere descritto conoscendo il suo vettore posizione in ogni istante. Nel piano xy, il vettore posizione si pu scrivere
come = + , dove x, y ed variano nel tempo al muoversi della particella. Anche il vettore velocit pu essere
espresso in termini simili: = + . Assumendo il vettore accelerazione costante, anche le sue componenti ed
lo sono. Pertanto, possiamo applicare le equazioni della cinematica unidimensionale anche in questo caso,
1

modificandole opportunamente. Otteniamo, cos, le seguenti equazioni: = 0 + ed = 0 + 0 + 2 2 . In altre


parole, il moto di due dimensioni con accelerazione costante equivalente a due moti indipendenti nelle direzioni x ed y
aventi accelerazioni ed costanti, giacch il moto nella direzione x non influenza quello nella direzione y e viceversa.

Il moto di un proiettile, sparato su un suolo piano dallorigine a = 0 con una componente positiva un moto in due

dimensioni. Vi sono due punti nel moto interessanti da analizzare: il picco massimo, di coordinate cartesiane (R/2, h) ed
il punto di atterraggio, di coordinate (R,0). La distanza R detta gittata del proiettile ed h la sua altezza massima. A
causa della simmetria della traiettoria, il proiettile raggiunge la sua massima altezza h quando la sua posizione x la
met della gittata R. Si possono determinare R ed h in funzione di 0 , 0 e g. Laltezza massima sar determinata

dallequazione =

0 2 0
2

, da cui si evince che per aumentare laltezza massima si pu agire in due modi: imprimere

una maggiore velocit iniziale 0 oppure spararlo ad un angolo 0 maggiore (oppure andare in un posto con una minore
accelerazione di gravit, come sulla Luna!). La gittata R, cio la distanza orizzontale percorsa in un tempo doppio di
quello necessario a raggiungere il punto pi alto, , invece, calcolabile con lequazione =

0 2 20 0

0 2 20

da cui si evince che per aumentare la gittata si pu agire in due modi: imprimere una velocit iniziale maggiore oppure
andare in un posto con una minore accelerazione di gravit (come sulla Luna!).

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Se il percorso circolare e la velocit (di modulo) costante, si parla di moto circolare uniforme; la particella che si
muove con questo moto ha comunque unaccelerazione, anche se la velocit non cambia di modulo, dal momento che
la velocit cambia in ogni istante, per rimanere tangente alla traiettoria. Questo tipo di accelerazione si chiama
accelerazione centripeta ed il suo modulo dato da =

, dove r il raggio della circonferenza. Laccelerazione

centripeta diretta verso il centro della circonferenza. In molte situazioni, conveniente descrivere il moto di una
particella che si muove con velocit costante di modulo lungo una circonferenza di raggio r in funzione del periodo T,
definito come il tempo necessario per una rivoluzione completa: nel tempo T, la particella si muove su un percorso di
2, uguale alla lunghezza della traiettoria circolare. Quindi, poich il modulo della velocit uguale alla lunghezza della

circonferenza diviso per il periodo, ossia = 2, segue che il periodo sar definito dallequazione =

Nel caso in cui, invece, la velocit di una particella, lungo un percorso curvo, vari di modulo e di direzione, la velocit
della particella sar sempre tangente al percorso e laccelerazione sar individuata dalla somma vettoriale = + ,
dove la cosiddetta accelerazione radiale (dovuta alla variazione della direzione del vettore velocit ed il cui modulo
uguale a ), mentre laccelerazione tangenziale (dovuta alla variazione del modulo del vettore velocit ed il cui

modulo uguale a

|
|

).

Le Leggi del Moto


Ciascuno di noi ha una comprensione elementare del concetto di forza, tratta dallesperienza quotidiana; dal punto di
vista fisico, si distingue fra forze di contatto, che rappresentano il risultato di un contatto fisico fra due oggetti, e campi
di forze, che non necessitano di contatto e possono agire attraverso lo spazio vuoto. La distinzione fra i due non cos
netta come sembrerebbe, dal momento che le forze di contatto sembrano in realt dovute a campi di forze a livello
atomico. Sperimentalmente, le forze si comportano come vettori, per cui conveniente adoperare la regola della somma
fra vettori per ottenere la forza risultante su un corpo.
La prima legge di Newton, talvolta detta principio di inerzia, definisce un insieme speciale di sistemi di riferimento
chiamati riferimenti inerziali. La legge pu essere espressa come: Se un corpo non interagisce con altri corpi, possibile
individuare un sistema di riferimento nel quale esso abbia accelerazione nulla. Un tale sistema di riferimento chiamato
sistema di riferimento inerziale. Un qualsiasi sistema di riferimento che si muova con velocit costante relativa ad un
sistema di riferimento inerziale esso stesso un sistema di riferimento inerziale (es. una nave che si muove con velocit
costante rispetto alla Terra inerziale per i suoi occupanti; la Terra stessa, che si muove con velocit costante rispetto
al Sole, inerziale per i suoi abitanti). La Terra, che si muove, oltre che intorno al Sole, anche intorno al proprio asse,
approssimabile ad un sistema inerziale perch le velocit dei suoi due moti sono del tutto trascurabili se confrontate con
laccelerazione di gravit g. Consideriamo, quindi, inerziale qualsiasi sistema in moto solidale a quello della Terra.
Un enunciato pi pratico della legge di Newton il seguente: in assenza di forze esterne, quando visto da un sistema
inerziale, un oggetto in quiete rimarr in quiete ed un oggetto in moto perseverer nel suo stato di moto rettilineo
uniforme. In termini ulteriormente semplificati, quando su un corpo non agisce alcuna forza, la sua accelerazione zero.
La tendenza di un corpo a resistere alle variazioni della sua velocit detta inerzia; una misura di questa tendenza la
massa (detta per lappunto massa inerziale), propriet intrinseca ai corpi la cui unit di misura nel SI il kilogrammo (
una grandezza scalare). Maggiore la massa di un oggetto, minore sar laccelerazione che assumer se sottoposto
ad una determinata forza. Poich sperimentalmente la forza (risultante) agente su di un oggetto proporzionale
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allaccelerazione prodotta ( ), chiamiamo il fattore di proporzionalit massa. Attenzione: questa massa


concettualmente differente dalla massa inerziale, tuttavia esse si identificano a livello numerico, per cui possiamo
ritenerle una stessa grandezza.
La massa non deve essere confusa con il peso, che il modulo della forza gravitazionale (la forza esercitata sulloggetto
dal pianeta su cui risiede), proporzionale s alla massa del corpo, ma anche allaccelerazione di gravit ( = = ).
Pertanto, il peso una grandezza vettoriale, mentre la massa uno scalare.

La seconda legge di Newton afferma che laccelerazione di un oggetto direttamente proporzionale alla forza risultante
agente su di esso ed inversamente proporzionale alla sua massa:

, dove la forza risultante, ovvero la somma

vettoriale di tutte le forze agenti sulloggetto di massa m. In forma matematica, = , espressione equivalente alle
tre equazioni componenti = , = ed = .

Lunit di misura della forza nel SI il Newton (N), definito come la forza che agendo su una massa di 1 kg produce
unaccelerazione di 1 2 .

La terza legge di Newton (detta anche Principio di Azione e Reazione), infine, afferma che se due corpi interagiscono, la
forza 12 esercitata dal corpo 1 sul corpo 2 uguale in modulo, ma di verso opposto, alla forza 21 esercitata dal corpo

2 sul corpo 1. Ovvero, le forze si presentano sempre in coppia. Es. la Terra esercita su un oggetto, come un monitor di
computer fermo su di un tavolo, una forza diretta verso il basso, mentre il monitor esercita una forza di reazione
sulla Terra = . Il monitor non accelera perch esso sostenuto dal tavolo, che esercita sul monitor una forza
verso lalto = , chiamata forza normale. Dalla seconda legge di Newton si evince che, poich il monitor ha

accelerazione nulla, ma massa non nulla, la risultante delle forze deve essere nulla: = = 0, da cui = .
La forza normale bilancia la forza gravitazionale sul monitor, quindi la forza risultante zero.

Le Forze
Quando un corpo in movimento su una superficie scabra o attraverso un mezzo viscoso (come lacqua, ma anche laria),
c una resistenza al moto, dovuta allinterazione del corpo con ci che lo circonda. Chiamiamo tale resistenza forza di
attrito. Se applichiamo ad un oggetto una forza piccola, esso rimane fermo finch non si raggiunge una certa soglia:
questa soglia rappresentata dalla forza che bilancia la forza dattrito statico , che impedisce alloggetto di muoversi.

Quando loggetto comincia a muoversi, la forza esercitata ha superato la forza dattrito statico massima , .
Quando loggetto in movimento, la forza di attrito diventa minore di , e prende il nome di forza dattrito dinamico
. Laccelerazione prodotta ora non dalla forza , bens dalla forza netta . Se riduciamo lintensit di fino ad
eguagliarla in modulo ad , laccelerazione diventa zero e loggetto si muover con velocit costante. Se la forza
applicata viene rimossa, la forza di attrito fornir unaccelerazione nel verso opposto (cio una decelerazione), fermando
il corpo.

Il modulo della forza di attrito statico fra due qualsiasi superfici a contatto pu assumere valori dati da , dove
una costante adimensionale che rappresenta il coefficiente di attrito statico ed n il modulo della forza normale. La
disuguaglianza ha valore fino al momento in cui il corpo sul punto di iniziare a scivolare (in cui = , ),
situazione detta di moto imminente.
Il modulo della forza di attrito dinamico agente fra due superfici , invece, uguale ad = , dove il coefficiente
di attrito dinamico, indipendente (almeno per i nostri scopi) dalla velocit relativa delle superfici. In generale, comunque,
minore di .
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La direzione della forza dattrito opposta al moto reale (attrito cinetico) o al moto imminente (moto statico)
delloggetto, relativamente alla superficie con la quale a contatto.
La forza gravitazionale la forza di attrazione reciproca fra due corpi qualsiasi nellUniverso. Sebbene essa sia
estremamente intensa fra corpi macroscopici, la pi debole di tutte le forze fondamentali. La legge di gravitazione
universale di Newton afferma che ogni particella nellUniverso attrae ogni altra particella con una forza direttamente
proporzionale al prodotto delle due masse ed inversamente proporzionale al quadrato della distanza. In simboli, =

1 2
2

, dove G la costante di gravitazione universale, corrispondente a 6.67 1011 2 2 .

La forza elettromagnetica la forza che lega atomi e molecole in composti che formano la materia ordinaria ed molto
pi intensa della forza gravitazionale. In realt, tutte le forze che agiscono a livello macroscopico (eccetto quella
gravitazionale) sono manifestazioni della forza elettromagnetica (forze di contatto, forze di tensione, forze di attrito,
ecc.). La forza elettromagnetica prevede linterazione fra due tipi di particelle, quelle con carica positiva e quelle con
carica negative: cariche di segno opposto si attraggono, cariche dello stesso segno di respingono (diversamente dalla
forza gravitazionale, che sempre di tipo attrattivo). Il modulo della forza elettrostatica (cio della forza
elettromagnetica fra due particelle cariche a riposo) direttamente proporzionale alle cariche ed inversamente
proporzionale al quadrato della distanza fra le cariche. In simboli, la cosiddetta legge di Coulomb si scrive come =

1 2
2

, dove detta costante di Coulomb ed uguale a 8.99 109 2 2 .

Esistono, inoltre, altre due forze fondamentali: una la cosiddetta forza forte, forza di attrazione fra quark (particelle
che compongono elettroni e protoni), che supera la forza elettrostatica, per esempio nel tenere insieme protoni e
neutroni allinterno dei nuclei degli atomi; laltra detta forza debole, una forza a corto raggio che tende a produrre
instabilit in certi nuclei. Nel tentativo di unificare i tipi di forze, nel 1967 stato proposto (e poi confermato
sperimentalmente nel 1984) che la forza elettromagnetica e la forza debole siano ununicum, denominato oggi forza
elettrodebole. Lobiettivo unificare tutte e quattro le forze in una singola superforza, con leggi uniche valide per tutti i
fenomeni fisici.

Energia e Trasferimento di Energia


Lenergia presente nellUniverso in molteplici forme. Ogni processo fisico nellUniverso coinvolge lenergia e
trasferimenti o trasformazioni di energia. Essa, pur essendo concettualmente cos importante, ben difficile da definire,
poich non rappresenta una variabile concreta quale pu essere la massa o la forza. Utilizziamo, quindi, due concetti
strettamente legati fra loro, quello di lavoro e quello di energia.
Innanzitutto, bene definire il concetto di sistema come modello di semplificazione in cui concentriamo la nostra
attenzione su una piccola regione dellUniverso, ignorando i dettagli al di fuori di esso. Il contorno del sistema
unimmaginaria superficie (spesso ma non necessariamente coincidente con una superficie fisica), che divide lUniverso
fra il sistema e lambiente circostante al sistema.
Se un sistema compie uno spostamento sotto lazione di una forza costante, quella forza ha compiuto un lavoro sul
sistema. Questo lavoro si calcola come , che non altro che il prodotto scalare del modulo della forza per
il modulo dello spostamento. Si noti che per trovare il lavoro svolto non abbiamo bisogno di conoscere la durata dello
spostamento o la sua velocit o accelerazione. Il lavoro , quindi, una grandezza scalare, misurata nel SI in o J
(Joule). Dalla formula si nota che il lavoro zero se sono nulli: la forza, lo spostamento oppure il coseno dellangolo
compreso, il che accade quando langolo di 90, cio quando la forza perpendicolare allo spostamento. Se, invece, la
forza parallela alla direzione (e ha lo stesso verso) dello spostamento (e quindi = 0 e = 1), il lavoro diventa
uguale a .

Nel caso di una forza variabile, quindi non costante, basta applicare la formula di cui sopra per spostamenti infinitesimali
(tendenti a zero) in cui la forza pu ritenersi costante e sommare tutti questi piccoli lavori (di numero tendente ad
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infinito): il valore totale tender ad un valore finito, ovvero larea sottesa dalla curva forza-spostamento. In formula,

= , cio il lavoro svolto da durante lo spostamento da 0 ad uguale allintegrale definito (da 0 ad ) di


0

in . Se sul sistema agiscono pi forze, il lavoro totale svolto sul sistema sar il lavoro compiuto dalla forza risultante.

Un sistema fisico costituito da un blocco, su una superficie orizzontale liscia, collegato ad una molla. Se la molla
allungata o compressa di un tratto (a partire dalla sua posizione di equilibrio 0 = 0), essa eserciter sul blocco una
forza data da = , dove una costante propria di ogni specifica molla, detta costante elastica della molla.
Questa legge nota come legge di Hooke e risulta accurata purch lo spostamento non sia molto grande. E dunque il

lavoro compiuto dalla molla sar uguale a = () = 2 02 2 2 , da cui si nota che il lavoro sar nullo per
0

qualsiasi moto i cui punti estremi coincidono (0 = ).

Un oggetto su cui applicata una forza (che quindi compie un lavoro), che provoca uno spostamento, e quindi modifica
la sua velocit in modulo, avr una certa energia cinetica. Il teorema delle forze vive (o teorema dellenergia cinetica)
dice, appunto, che: quando svolto lavoro su un sistema e la sola variazione nel sistema il modulo della sua velocit,
il lavoro compiuto dalla forza risultante uguale alla variazione dellenergia cinetica del sistema. In formula, = =
1
2

2 .

Va fatta una precisazione sui tipi di sistema: se un sistema sottoposto a varie forze esterne, che ne causano una
variazione dellenergia cinetica, esso un sistema non isolato. In tale sistema, il lavoro inquadrato come un mezzo di
trasferimento di energia fra il sistema e lambiente. Tuttavia, esso non lunico: altri mezzi di trasferimento di energia
sono le onde meccaniche (propagazione in aria o in un altro mezzo), il calore (per mezzo di urti microscopici), la
trasmissione elettrica (per mezzo della corrente elettrica), la radiazione elettromagnetica, il trasferimento di materia.
Una nozione basilare il principio di conservazione dellenergia: lenergia non si crea n si distrugge. Quando, infatti,
un sistema perde energia, vuol dire che essa ha attraversato il contorno ed stata trasferita allambiente; ugualmente,
quando un sistema acquista energia, vuol dire che lambiente ne ha ceduto una quantit equivalente.
Oltre alla quantit di energia trasferita al sistema, interessante conoscere anche la rapidit con cui essa viene
trasmessa. Si usa quindi il concetto di potenza. La potenza media uguale al rapporto fra il lavoro svolto da una forza

esterna in un intervallo di tempo e lintervallo di tempo stesso. In simboli, . La potenza istantanea, a un


particolare istante di tempo t, il valore limite della potenza media quando tende a zero:

generale, per, la potenza definita non solo per il lavoro, ma per ogni tipo di trasferimento di energia, come =

. In

ovvero la rapidit con cui lenergia attraversa il contorno del sistema. Lunit di misura della potenza nel SI il (Watt)
o . Unaltra unit, in uso nel sistema convenzionale USA, il cavallo vapore (hp), corrispondente a 746 W. In funzione
del Watt si definisce una nuova unit di energia, il chilowatt-ora (kWh), corrispondente allenergia trasferita in unora al
tasso costante di 1 kW. ATTENZIONE: il kWh ununit di energia, NON di potenza!

Energia Potenziale
Immaginiamo un sistema costituito da un libro e dalla Terra, che interagiscono tramite la forza gravitazionale.
Sollevando (lentamente) il libro di una quota = , faremo certamente un certo lavoro sul sistema. Tuttavia,
poich il libro era fermo allinizio e resta fermo anche dopo lo spostamento, la sua energia cinetica non cambia. Ma ci
deve essere unaltra forma di energia immagazzinata, dal momento che rilasciando il libro, esso cade al suolo,
acquisendo una certa velocit. Mentre il libro era sollevato, esso possedeva la potenziale capacit di acquisire energia
cinetica, donatagli dal sollevamento iniziale. Questo meccanismo di immagazzinamento , quindi, chiamato energia
potenziale (nello specifico, energia potenziale gravitazionale). Matematicamente, lenergia potenziale gravitazionale si
esprime con la relazione , dove m la massa delloggetto, g laccelerazione di gravit ed h lo spostamento
in senso verticale. Ebbene, il lavoro compiuto dalla forza che ha sollevato loggetto uguale alla variazione dellenergia
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potenziale: = = 0 , dove, poich il libro era inizialmente a terra, 0 era uguale a zero, per cui = .
Lenergia potenziale gravitazionale dipende solamente dallaltezza che raggiunge loggetto e non cambia se esso viene
sollevato verticalmente o trascinato su di un piano inclinato.

Possiamo definire anche lenergia potenziale elastica come lenergia immagazzinata nella molla deformata (che sia
1

compressa o allungata): 2 2. Poich 2 sempre una quantit positiva, lenergia potenziale elastica, per una

molla deformata, sempre una quantit positiva.

La somma dellenergia potenziale e dellenergia cinetica di un sistema si chiama energia meccanica totale del sistema.
La legge della conservazione dellenergia meccanica afferma, appunto, che lenergia meccanica di un sistema isolato
non cambia: se aumenta lenergia cinetica, diminuir quella potenziale e viceversa. In simboli, = + = 0 =
0 + 0 . Questequazione vera soltanto se non c attrito fra le parti del sistema.

La forza di gravit un esempio di una categoria di forze per le quali lenergia meccanica di un sistema si conserva.
Queste sono chiamate forze conservative. Laltra possibilit di immagazzinare energia in un sistema oltre quella cinetica
e potenziale lenergia interna; quindi, una forza conservativa una forza tra i membri di un sistema che non causa
trasformazioni di energia meccanica in energia interna dentro il sistema. Il lavoro svolto da una forza conservativa ha
una particolare propriet: indipendente dalla traiettoria seguita dai componenti del sistema e dipende soltanto dalla
configurazione iniziale e finale del sistema. Da questo segue che, quando un componente del sistema si muove lungo un
percorso chiuso, il lavoro svolto dalla forza conservativa zero.
Una forza non-conservativa, invece, una forza fra i componenti di un sistema che causa dentro il sistema
trasformazioni di energia meccanica in energia interna. Un comune esempio la forza dattrito, che causa il
riscaldamento delloggetto e della superficie su cui scorre. Per forze non conservative, inoltre, il lavoro dipende dalla
traiettoria seguita e non nulla su un percorso chiuso.

Indipendentemente dal fatto che le forze agenti siano conservative o non-conservative, lenergia totale di un sistema
isolato (cinetica, potenziale ed interna) si conserva. Mai alcuna violazione di questo principio di conservazione critico
stata osservata: se consideriamo, infatti, lUniverso come un sistema isolato, questa affermazione dichiara che nel nostro
Universo esiste una quantit fissa di energia e che tutti i processi allinterno dellUniverso rappresentano trasformazioni
di energia da un tipo ad un altro.
La formula per lenergia potenziale gravitazionale = valida per oggetti posti in prossimit della superficie
terrestre; tuttavia, esiste una formula pi generale indipendente dalla distanza di separazione fra loggetto e la Terra.
Tale formula la seguente: =

1 2

, dove r la distanza fra i centri dei due oggetti. Anche la forza elettrostatica

fra due particelle, che ha unespressione simile alla legge di gravitazione universale di Newton, consente di ricavare una
formula che esprima lenergia potenziale elettrica: =

1 2

. La differenza maggiore, oltre alla presenza delle

cariche al posto delle masse e la differente costante in uso, la mancanza del segno negativo. Questo dovuto al fatto
che il segno automaticamente fornito dai segni delle cariche: se sono concordi, lenergia potenziale elettrica sar
positiva (poich la forza repulsiva), se invece sono discordi, lenergia potenziale sar negativa (e la forza attrattiva).

Urti e Quantit di Moto


Per descrivere un oggetto in moto, si pu far ricorso al concetto di quantit di moto (o momento lineare), la cui somma
per le particelle in un sistema isolato si conserva. Essa il prodotto della massa della particella per la velocit a cui si
muove. In simboli, . La quantit di moto , dunque, un vettore, dal momento che il prodotto di un vettore per
uno scalare. La sua direzione e verso sono gli stessi della velocit. Nel SI si misura in . Per un corpo che si muova
nello spazio tridimensionale, lequazione pu essere scomposta in = , = e = .
Dispensa di Fisica Medica

MV

Applicando la Seconda Legge di Newton alla quantit di moto, otteniamo che la forza risultante agente su una particella

(
)
avente quantit di moto uguale alla variazione nel tempo di detta quantit di moto. In formula, = = =

= (se la massa della particella costante).

In un sistema isolato, le componenti del moto nelle direzioni x, y e z si conservano indipendentemente. Questo risultato,
noto come principio di conservazione della quantit di moto, pu essere riassunto come la quantit di moto totale di
un sistema isolato costante; questo principio valido indipendentemente dalla natura delle forze considerate, anche,
cio, se le forze non sono conservative.
Come detto prima, se la forza risultante uguale alla variazione della quantit di moto nellunit di tempo, allora la
quantit di moto sar uguale al prodotto della forza (risultante) per lintervallo di tempo entro cui essa agisce.

Lintegrazione di questa espressione ci porta alla formula =


0 = . Lintegrale della forza rispetto
0

allintervallo di tempo durante il quale essa agisce si chiama impulso della forza ed un vettore avente stessa direzione
e verso della quantit di moto (e stesse dimensioni).

Il cosiddetto teorema dellimpulso afferma che limpulso totale di una forza risultante su una particella eguaglia la
variazione della quantit di moto della particella. In simboli, = . Useremo spesso unapprossimazione sullimpulso:
assumeremo che lintervallo di tempo sia breve e che una delle forze che contribuiscono alla forza risultante superi di
molto le altre per intensit; con questa approssimazione, possiamo trascurare gli effetti delle altre forze senza problemi.

La legge di conservazione della quantit di moto pu essere utilizzata per descrivere ci che avviene negli urti fra due
oggetti. Useremo lapprossimazione dellimpulso, assumendo che le forze dovute allurto siano molto pi intense di tutte
le forze esterne presenti. Lurto pu essere macroscopicamente inteso come il risultato di un contatto fra due oggetti,
ma questa definizione mal si applica agli urti microscopici, dal momento che due particelle con la stessa carica (per
esempio, un protone ed una particella alfa, entrambi carichi positivamente) si respingono senza che avvenga alcun
contatto: lurto, tuttavia, avvenuto.
Lurto si definisce urto anelastico quando lenergia cinetica non si conserva (anche se la quantit di moto si conserva).
Per esempio, lurto di una palla di gomma contro un tavolo anelastico, poich parte dellenergia cinetica della palla si
trasforma in energia interna con la deformazione. Gli urti anelastici sono utilizzati in medicina per la rilevazione della
pressione intraoculare: una macchina detta tonometro invia uno sbuffo di aria contro la superficie esterna dellocchio e
misura la velocit con cui essa viene riflessa. A pressione normale, molta energia cinetica viene dissipata (poich locchio
morbido) e la velocit bassa. A pressioni pi alte (patologiche), locchio rigido e dissipa poca energia cinetica, con
il risultato di riflettere laria a velocit maggiore. Quando due oggetti che si urtano rimangono uniti luno allaltro (quindi
viene dissipata TUTTA lenergia cinetica), lurto detto perfettamente anelastico. quanto accade quando, per
esempio, un meteorite cade sulla Terra e vi rimane sepolto.
Un urto elastico, invece, un urto in cui lenergia cinetica si conserva (cos come la quantit di moto): nel mondo
macroscopico, gli urti sono elastici solo approssimativamente, poich parte dellenergia cinetica sempre dispersa sotto
forma di calore o suono (come in una partita a biliardo). A livello atomico e subatomico, invece, si possono avere delle
vere e proprie collisioni elastiche. Ad ogni modo, bene convenire che elasticit ed anelasticit degli urti sono condizioni
limite: nella realt avvengono sempre casi intermedi.

Moto Rotazionale
Quando un corpo esteso, come una ruota, ruota intorno al proprio asse, il moto non pu essere analizzato considerando
il corpo come una particella, in quanto ad ogni istante le differenti parti del corpo si muovono con velocit differenti ed
in direzioni differenti. Possiamo, comunque, analizzare il moto considerando il corpo esteso come composto da un
insieme di particelle in moto.
Dispensa di Fisica Medica

MV
10

Per indicare la posizione di un corpo rotante (posizione rotazionale o posizione angolare), possiamo utilizzare la sua
orientazione (cio langolo) relativa a una qualche direzione fissa di riferimento. Quando un corpo ruota, una sua
particella situata sul punto P descriver un arco di lunghezza s sul percorso circolare di raggio r; la sua posizione angolare

sar uguale a = . ATTENZIONE: langolo il rapporto fra un arco ed un raggio, pertanto un numero puro. Gli

attribuiamo, tuttavia, lunit di misura artificiale di radiante (rad), definito come langolo sotteso da un arco di
lunghezza uguale al raggio. Poich la lunghezza della circonferenza 2, 360 corrispondono ad un angolo di 2 rad.

Per convertire, quindi, un angolo espresso in gradi in un angolo in radianti, usiamo la formula () = 180 () (es.

60 = ; 45 = ; 30 = ).
3

La velocit angolare media si definisce come il rapporto dello spostamento angolare del corpo rigido e lintervallo di
tempo entro cui avviene lo spostamento:

0
0

Analogamente alla velocit lineare, la velocit angolare istantanea definita come il limite, per tendente a zero, del

rapporto :

adimensionale).

. Lunit di misura il oppure il 1 (essendo il radiante una grandezza

Se la velocit angolare istantanea di una particella varia dal valore 0 ad nellintervallo di tempo , la particella ha
unaccelerazione angolare. Laccelerazione angolare media di una particella in moto lungo una traiettoria

circolare definita dal rapporto fra la variazione di velocit angolare e lintervallo di tempo:

0
0

In analogia con laccelerazione lineare, laccelerazione angolare istantanea definita come il limite, per tendente a

zero, del rapporto :

. Laccelerazione angolare si misura in 2 oppure in 2 .

Quando un corpo rigido ruota attorno ad un asse fisso, ogni particella del corpo ruota attorno a questasse dello stesso
angolo, in un dato intervallo di tempo, ed ha la stessa velocit angolare e la stessa accelerazione angolare.
Le leggi del moto traslazionale unidimensionale possono essere applicate anche al moto rotazionale, sostituendo
laccelerazione angolare allaccelerazione, la velocit angolare alla velocit e la posizione angolare alla posizione: =
1

0 + , = 0 + 0 + 2 2, 2 = 0 2 + 2( 0 ) e = 0 + 2 (0 + ).

Poich, quando un corpo rigido ruota intorno ad un asse fisso, ogni sua particella percorre una circonferenza, esiste
anche una velocit traslazionale sempre tangente alla traiettoria, detta velocit tangenziale, il cui modulo dato, per
definizione, da , dove s lo spazio percorso dalla particella lungo la circonferenza, ovvero = ; poich r

costante, si ha: =

= , cio il modulo delle velocit tangenziale della particella uguale al prodotto della

distanza della particella dallasse di rotazione per la velocit angolare della particella stessa.

Possiamo calcolare anche unaccelerazione tangenziale, uguale alla variazione della velocit tangenziale nel tempo,
come =

= , cio la componente tangenziale dellaccelerazione traslazionale della particella sottoposta

al moto circolare uguale al prodotto della distanza della particella dallasse di rotazione per laccelerazione angolare.

Come abbiamo visto in precedenza, una particella in moto in una traiettoria circolare sottoposta ad unaccelerazione
centripeta, o radiale, di modulo 2 , diretta verso il centro di rotazione. Poich = , possiamo esprimere
laccelerazione centripeta della particella in funzione della velocit angolare, come =

= 2 . Laccelerazione

traslazionale totale della particella = + , quindi il suo modulo sar = 2 + 2 = 2 2 + 2 2 =


2 + 4.

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MV
11

Assimilando un corpo rigido ad un insieme di particelle ed assumendo che esso ruoti attorno ad un asse fisso con velocit
angolare , possiamo dire che ciascuna particella in moto, cosicch ha una certa energia cinetica, determinata dalla
massa e dalla velocit tangenziale. Sia la massa delli-esima particella e la sua velocit, lenergia cinetica di questa
1

particella sar uguale a = 2 . Possiamo, quindi, esprimere lenergia cinetica totale del corpo come la somma
2

delle energie cinetiche delle singole particelle. Cio, () = = 2 2 = 2 2 2 = 2 ( 2 )2 ,

dove abbiamo messo in evidenza 2 perch uguale per tutte le particelle. La grandezza in parentesi chiamata
momento dinerzia del corpo rigido: = 2 . Possiamo, quindi, esprimere lenergia cinetica del corpo rigido che
1

ruota attorno allasse, cio lenergia cinetica rotazionale, come () = 2 .


2

Quando su un corpo rigido imperniato su un certo asse si esercita una forza risultante e la retta dazione (cio la linea
immaginaria co-lineare al vettore forza ed estesa allinfinito nei due versi) della forza non passa attraverso il perno, il
corpo tende a ruotare attorno a questasse. La tendenza di una forza a far ruotare un corpo attorno a un certo asse si
misura con una grandezza (vettoriale) chiamata momento della forza (o momento meccanico). Esso lanalogo nel
moto rotazionale della forza che causa le variazioni nel moto traslazionale, poich la causa delle variazioni nel moto
rotatorio. La forza applicata che agisce formando un angolo rispetto al vettore posizione che localizza il punto di
applicazione della forza, ha un momento di modulo . La grandezza , indicata con d, chiamata
braccio del momento (o braccio della forza) e rappresenta la distanza fra lasse di rotazione e la retta dazione di .

Quindi, possiamo definire il momento della forza come = ( ) = , oppure come prodotto vettoriale di ed
, cio . Il momento di una forza non deve essere confuso con la forza: esso dipende dalla forza,
ma anche da dove essa applicata. Inoltre, esso ha le dimensioni di una forza per una lunghezza e si misura in .

Alla luce del moto rotazionale, perch un corpo sia in equilibrio sono necessarie due condizioni: la risultante delle forze
esterne agenti sul corpo deve essere uguale a zero: in simboli, = 0 (condizione di equilibrio traslazionale); inoltre,

anche la risultante dei momenti delle forze esterne deve essere uguale a zero (rispetto a qualsiasi asse): in simboli,
= 0 (condizione di equilibrio rotazionale). Le due equazioni vettoriali sono equivalenti a sei equazioni scalari: tre
derivanti dalla prima e tre dalla seconda. Limitando, per, il campo di interesse (ovvero considerando le forze tutte
giacenti nel piano xy), bastano tre equazioni per definire lequilibrio statico: = 0, = 0 e = 0.

Possiamo ricavare un analogo rotazionale della Seconda Legge di Newton, ovvero: = , cio il momento risultante
delle forze agenti su un corpo rigido proporzionale alla sua accelerazione angolare, e la costante di proporzionalit il
momento dinerzia.

Il momento della quantit di moto chiamato momento angolare ed uguale al prodotto vettoriale del vettore
posizione e del vettore quantit di moto . In simboli, . Poich = , il modulo di dato da =
, dove langolo compreso fra e . Ne segue che L zero quando parallelo a . Daltra parte, quando
perpendicolare a , L assumer il suo valore massimo . Sulla base del momento angolare, possiamo affermare
che il momento di una forza non altro che la variazione nel tempo del momento angolare della particella: in simboli,
=

(analogo rotazionale della formula =

). Come, inoltre, la quantit di moto totale di un sistema di particelle

rimane costante quando la risultante delle forze esterne agenti sul sistema nulla, cos il momento angolare totale di
un sistema resta costante se il momento risultante delle forze esterne agenti sul sistema nullo.

Moto Oscillatorio
Nel caso del moto oscillatorio, il modello sperimentale di uso corrente quello di un oggetto di massa m attaccato ad
una molla orizzontale. Se la molla non deformata, loggetto rimane fermo (su una superficie priva di attrito) nella sua
posizione di equilibrio, definita come = 0. Se loggetto tirato di lato nella posizione , e poi rilasciato, esso osciller
avanti e indietro fra le posizioni e . Per eliminare gli effetti della dimensione delloggetto, si usa il modello del punto
materiale. Quando una particella soggetta ad una forza di richiamo lineare (data dalla legge di Hooke = ), il

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MV

12

moto che essa segue un particolare tipo di moto oscillatorio detto moto armonico semplice. Un sistema sottoposto a

tale moto si chiama oscillatore armonico semplice. Se = , allora = , da cui segue che = , ovvero

laccelerazione di una particella in moto armonico semplice proporzionale allo spostamento della particella dalla sua
posizione di equilibrio ed in verso opposto. La particella completa un intero ciclo del suo moto quando ritorna alla sua
posizione iniziale, passando ancora per = 0 con la sua velocit massima.

Il periodo T del moto definito come il tempo necessario alla particella per compiere un ciclo completo;
matematicamente, =

, dove la frequenza angolare (misurata in radianti/s): = 2 , dove m la massa

della particella e k la costante elastica della molla. In funzione del periodo, la frequenza angolare pu anche essere
calcolata come =

Il reciproco del periodo di chiama frequenza f del moto e rappresenta il numero di oscillazioni che la particella compie
1

nellunit di tempo. Lunit di misura della frequenza lHertz (Hz), equivalente al 1 . In formula, = = 2 . In
funzione della frequenza, la frequenza angolare pu essere espressa come = 2.

Se un oggetto attaccato ad una molla scivola su una superficie priva di attrito, possiamo considerare la combinazione
molla-oggetto come un sistema isolato ed applicarvi le relative leggi. Pertanto, lenergia meccanica del sistema pari
1

ad = 2 , dove k la costante elastica della molla ed A lampiezza del moto (ovvero lo spostamento massimo).
2

Il pendolo semplice un altro sistema meccanico che si muove di moto periodico. Esso consiste di un punto materiale di
massa m sospeso ad un filo (di massa trascurabile) di lunghezza L, la cui estremit superiore fissata. Un pendolo reale,
purch la dimensione delloggetto sia piccola rispetto alla lunghezza del filo, pu essere assimilato ad un pendolo
semplice. Quando il pendolo tirato lateralmente e poi rilasciato, esso oscilla intorno al punto pi basso, la posizione di
equilibrio. Poich il moto dovuto alla forza di gravit , possiamo calcolare delle formule valide per piccoli angoli

(minori di 10). In particolare, la frequenza angolare uguale a = (dove g il modulo dellaccelerazione di gravit

ed L la lunghezza del filo). Il periodo, di conseguenza, pari a =

= 2 . Si dimostra, quindi, che per piccole

oscillazioni il periodo e la frequenza angolare di un pendolo semplice dipendono soltanto dalla lunghezza del filo e non
dalla massa delloggetto, per cui sperimentalmente si trover che tutti i pendoli semplici di uguale lunghezza oscillano
con lo stesso periodo (purch g sia costante).

Onde Meccaniche
Le onde meccaniche (ad es. le onde acustiche o londulazione dellacqua dovuta ad un sasso gettatovi) sono onde la cui
perturbazione si propaga attraverso un mezzo, come laria o lacqua. Esse si distinguono dalle onde elettromagnetiche
(ad es. le onde luminose o le onde radio) che, invece, non necessitano di un mezzo per propagarsi.
La propagazione di una perturbazione un trasferimento di energia senza trasferimento di materia; tutte le onde
trasportano energia, ma la quantit di energia trasmessa differisce da caso a caso, cos come il meccanismo responsabile
del trasferimento. Tutte le onde meccaniche richiedono una sorgente di perturbazione, un mezzo che possa essere
perturbato e un meccanismo fisico per cui le particelle del mezzo possano influenzarsi (cio che consenta la propagazione
della perturbazione). Le onde possono essere trasversali o longitudinali: nel primo caso, le particelle del mezzo perturbato
si muovono perpendicolarmente alla velocit dellonda; nel secondo, invece, esse subiscono uno spostamento parallelo
alla direzione del moto dellonda ( questo il caso delle onde sonore).
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MV
13

Partendo da un esempio di una corda con unestremit fissata, cui diamo un impulso allaltra estremit, possiamo
verificare come lo scuotimento continuo generi unonda continua, detta onda sinusoidale, per la forma che essa assume.
Il punto di massimo spostamento positivo della corda si chiama cresta, mentre il punto pi basso detto avvallamento.
La cresta e lavvallamento si muovono con londa, per cui un particolare punto della corda alterner la sua posizione fra
una cresta ed un avvallamento.
Per descrivere unonda sinusoidale, si fa riferimento a tre caratteristiche fisiche: la lunghezza donda, la frequenza e la
velocit. La lunghezza donda la distanza minima fra due punti che si comportano identicamente (ad es. due creste o
due avvallamenti adiacenti) e si indica con il simbolo . La frequenza f delle onde sinusoidali identica alla frequenza
del moto armonico semplice ed , quindi, linverso del periodo T, definito come il tempo necessario affinch un
elementino del mezzo effettui unoscillazione completa. La velocit donda v la velocit con cui le onde si propagano
in uno specifico mezzo e dipende, pertanto, dalle sue caratteristiche. Un altro parametro importante lampiezza
dellonda A, che corrisponde al massimo spostamento della particella del mezzo dalla sua posizione dequilibrio. Velocit,
lunghezza donda, frequenza e periodo sono legati dalla relazione =

del moto armonico semplice, cio:

= 2.

= . La frequenza angolare identica a quella

Quando un impulso che si propaga raggiunge una discontinuit, una parte o tutto limpulso verr riflesso. La parte non
riflessa si dice che viene trasmessa attraverso la discontinuit. Nellesempio della corda fissata ad unestremit al muro,
quando limpulso raggiunge lestremit fissa, poich la superficie rigida, nessuna parte dellimpulso trasmessa ed
esso totalmente riflesso. Si noti che limpulso riflesso ha esattamente la stessa ampiezza dellimpulso in arrivo, ma
invertito.
Se due o pi onde che si propagano si muovono in un mezzo e si combinano in un dato punto, lo spostamento risultante
del mezzo in quel punto la somma degli spostamenti delle singole onde (principio di sovrapposizione). Non tutte le
onde obbediscono, per, a questo principio: quelle che lo fanno sono dette onde lineari ed hanno unampiezza piccola
rispetto alla lunghezza donda. La combinazione di onde diverse nella stessa regione di spazio detta interferenza (ma
essa non un effetto permanente, esiste soltanto fintanto che le onde condividono la stessa regione di spazio). Se le
onde sono in fase, cio i picchi e gli zeri delle singole onde si presentano sempre nella stessa posizione, esse
interferiscono costruttivamente, generando, cio, unonda risultante che ha unampiezza pari alla somma delle singole
ampiezze. Se, invece, le onde sono fuori fase, ovvero ad un picco delluna corrisponde una valle dellaltra, i loro
spostamenti si annullano in ogni punto e londa risultante ha ampiezza zero ovunque: esse interferiscono
distruttivamente. Esistono, infine, casi intermedi.

Statica dei Fluidi


La materia viene abitualmente considerata in uno dei tre stati: solido, liquido o gassoso. Un solido ha forma e volume
definiti, un liquido ha un volume definito, ma assume la forma del recipiente che lo contiene ed un gas non ha n forma
n volume definiti. Un insieme di molecole sistemate in modo casuale e tenute insieme da deboli forze di coesione e da
forze esercitate dalle pareti del contenitore si chiama fluido. Questa definizione risulta comprendere sia i liquidi sia i gas.
Se applichiamo una forza non perpendicolare sulla superficie di un oggetto solido, esso subir una distorsione. Nel nostro
modello semplificato, i fluidi non sono viscosi (non hanno, cio, attrito fra strati adiacenti) e non sostengono, pertanto,
questo tipo do forze (dette forze di taglio): lunico tipo di forza applicabile , quindi, quella perpendicolare alla superficie.
La forza che un fluido esercita su una superficie trae origine dallurto delle molecole del fluido con la superficie: ciascuna
collisione produce una forza sulla superficie. Ogni secondo, avviene un numero enorme di queste forze, che danno luogo
ad una forza macroscopica che si distribuisce uniformemente su tutta larea della superficie. Questa forza in relazione
con una grandezza chiamata pressione. La pressione (che uno scalare!) misurata come la forza esercitata dal fluido
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sulla superficie dello strumento di misura. In simboli, . La sua unit di misura il 2 , anche detto Pascal (Pa).

Attenzione a non confondere forza e pressione: oltre al fatto che la prima un vettore, mentre la seconda uno scalare,
esse possono anche avere valori molto diversi fra loro. Es. un ago ipodermico esercita una grandissima pressione (tale
da perforare la cute) in virt di una piccola forza, ma applicata in unancor pi piccola superficie. Allopposto, le racchette
usate per camminare sulla neve distribuiscono una grande forza (la forza-peso) su una grande superficie, generando una
pressione minore, tale da non far sprofondare la persona.
Latmosfera esercita una pressione sulla superficie della Terra e su tutti gli oggetti sulla superficie. Tale pressione, detta
pressione atmosferica, uguale a 0 = 1.00 1.013 105 .

Come ben sanno i subacquei, la pressione nel mare o in un lago aumenta quando il sub nuota verso il fondo.
Analogamente, la pressione atmosferica decresce con laltitudine. Questo fenomeno descritto dalla seguente
equazione, che indica come la pressione esercitata su un immaginario cilindro di liquido vari linearmente con la
profondit: = 0 + , dove 0 la pressione atmosferica, la densit del fluido, g laccelerazione di gravit ed
h la profondit (o laltitudine). La pressione , perci, la stessa in tutti i punti che hanno la stessa profondit,
indipendentemente dalla forma del recipiente.

Sulla base dellequazione di cui sopra, ogni aumento della pressione alla superficie deve essere trasmesso in tutti i punti
del liquido. Questa legge, scoperta dal francese Blaise Pascal e perci detta legge di Pascal, enuncia quanto segue: una
variazione di pressione applicata ad un fluido chiuso trasmessa integralmente in ogni punto del fluido ed alle pareti del
contenitore. La legge di Pascal il principio della pressa idraulica, ma anche del tubetto di dentifricio.
La forza di galleggiamento una forza (o spinta) verso lalto che si esercita su un oggetto circondato da un fluido, relativa
al sostegno parziale offerto dallacqua a qualsiasi oggetto che vi si trovi immerso. Secondo il principio di Archimede,
ogni oggetto immerso parzialmente o totalmente in un fluido subisce una spinta verso lalto la cui intensit uguale al
peso del fluido spostato dalloggetto. In simboli, = , dove la densit del fluido, NON del corpo. Perci, la
spinta che agisce su un cubo dacciaio la stessa che agisce su di un cubo di fluido delle stesse dimensioni.
Nel caso di un oggetto completamente immerso, il volume del liquido spostato lo stesso delloggetto ( = 0 ). Se la
densit delloggetto minore di quella del fluido, la forza risultante positiva e loggetto accelera verso lalto. Al
contrario, se il corpo ha densit maggiore di quella del liquido, la forza risultante negativa e loggetto affonda.
Nel caso di un oggetto in equilibrio statico, che galleggi sulla superficie di un fluido (cio che sia solo parzialmente
immerso), il volume del fluido spostato solo una frazione del volume totale delloggetto, giacch il volume del fluido
spostato uguale al volume al di sotto della superficie del fluido. Poich loggetto in equilibrio, la spinta di Archimede

equilibrata dalla forza di gravit. In simboli, = = 0 0 0 = , cio la frazione di volume

delloggetto al di sotto della superficie del fluido uguale al rapporto fra la densit delloggetto e quella del fluido.

Dinamica dei Fluidi


La dinamica dei fluidi lo studio dei fluidi in movimento; invece di affrontare lo studio del moto di ciascuna particella
del fluido in funzione del tempo, si descrivono le propriet del fluido nel suo insieme.
In un fluido in moto, si possono caratterizzare due tipi di flusso: il flusso detto stazionario o laminare quando i cammini
seguiti da ciascuna particella del fluido non si intersecano fra di loro. In queste condizioni, la velocit del flusso in ogni
punto rimane costante nel tempo. Per velocit superiori ad un valore critico, il flusso del fluido diventa turbolento. Il
flusso turbolento un flusso irregolare caratterizzato da alcune regioni simili a piccoli vortici.

Dispensa di Fisica Medica

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La viscosit il grado di attrito interno nel flusso di un fluido, associato alla resistenza tra due strati adiacenti di liquido
in moto relativo. Nel nostro modello semplificato di fluidi ideali, il fluido considerato non viscoso, oltre che
incomprimibile e dotato di flusso stazionario ed irrotazionale (cio il momento angolare del fluido nullo in ogni punto).
Il cammino seguito da una particella di fluido in un flusso stazionario chiamato linea di corrente. La velocit di una
particella del fluido risulta sempre tangente in ogni punto alla linea di corrente. Due linee di corrente non possono mai
intersecarsi, altrimenti non sarebbe un flusso stazionario.
Considerando un fluido che si muova in una conduttura di sezione variabile, lequazione di continuit dei fluidi indica
che il prodotto dellarea del tubo per la velocit del fluido (chiamato anche portata Q) in tutti i punti del tubo costante.
In simboli, 1 1 = 2 2 (o = ). Perci, la velocit del fluido maggiore dove il tubo pi stretto e minore dove
pi ampio.
Quando un fluido si muove in una regione in cui la sua altezza al di sopra della superficie terrestre o la sua velocit
cambia, la pressione del fluido varia con questo cambiamento. Questa relazione stata scoperta dal fisico svizzero Daniel
1

Bernoulli nel 1738. Lequazione di Bernoulli, applicata al caso di un fluido ideale, recita: + 2 2 + = , ovvero

che la somma di pressione, energia cinetica per unit di volume ed energia potenziale gravitazionale per unit di volume
del fluido costante in tutti i punti di una linea di corrente. Applicazioni del teorema di Bernoulli sono restringimenti
(stenosi, aterosclerosi) e dilatazioni (aneurismi, ectasie) dei vasi sanguigni.

Termologia e Termodinamica
La termodinamica si occupa dei concetti relativi al trasferimento di energia fra un sistema e lambiente circostante e le
conseguenti variazioni di temperatura o variazioni di stato. Il concetto di temperatura connesso alla percezione di caldo
o freddo che un oggetto produce al tatto; tuttavia, la nostra pelle sensibile alla rapidit di energia trasferita (cio la
potenza), non alla quantit dellenergia o alla temperatura.
Immaginando due oggetti posti in un contenitore isolato in modo da formare un sistema isolato, se gli oggetti sono a
temperature diverse, dellenergia pu essere scambiata fra di essi per mezzo di calore (o di radiazione elettromagnetica).
Oggetti che possono scambiare energia fra di loro in questo modo si dicono in contatto termico. Alla fine, le temperature
dei due oggetti diventeranno uguali, raggiungendo, cio, lequilibrio termico, ovvero la situazione in cui due oggetti in
contatto termico cessano di avere qualunque scambio di energia mediante calore.
Sulla base di queste definizioni basilari, possiamo enunciare il principio zero della termodinamica come segue: se gli
oggetti A e B sono separatamente in equilibrio termico con un terzo oggetto C, allora A e B sono in equilibrio termico fra
loro. Possiamo riferirci alla temperatura come alla propriet che determina se un oggetto in equilibrio termico con
altri oggetti oppure no: due oggetti in equilibrio termico fra di loro sono alla stessa temperatura.
I termometri sono dispositivi usati per misurare la temperatura, in base ad una qualche propriet che varia al variare
della temperatura: il volume di un liquido, la pressione di un gas (mantenuto a volume costante), il colore di un oggetto
caldo, la resistenza elettrica di un conduttore, la lunghezza di un solido. Il termometro di uso comune consiste di una
massa liquida (mercurio o alcool) che si dilata in un capillare di vetro quando la sua temperatura aumenta. Poich la
sezione del capillare uniforme, la variazione varia linearmente con la sua lunghezza nel tubo. Il termometro pu essere
tarato ponendolo in contatto con una temperatura costante ed associandovi una scala.
Una delle scale in uso la scala centigrada o scala Celsius, che pone ai due estremi il punto di congelamento dellacqua
(chiamato 0C) ed il punto di ebollizione dellacqua (chiamato 100C). La distanza fra di essi viene divisa in 100 segmenti
uguali, ciascuno dei quali indica una variazione di temperatura di un grado Celsius.
Unaltra scala, pi accurata e con il vantaggio di presentare solo temperature positive, la scala Kelvin o della
temperatura assoluta. Il limite inferiore di questa scala (0 K) corrisponde a -273,15C, chiamato zero assoluto, la
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temperatura pi bassa raggiungibile in natura. Lampiezza di un grado nella scala Kelvin identica allampiezza di un
grado nella scala Celsius, per cui la conversione dalluna allaltra scala facile: = 273.15.

Unaltra scala, in uso nei paesi di lingua e cultura anglosassone, la scala Fahrenheit, la cui unit (il grado Fahrenhait)
5

uguale a di un kelvin (e di un Celsius). In questa scala, lo zero centigrado corrisponde a 32F e il punto di ebollizione
9

dellacqua a 212F. La conversione fra le due scale si effettua tramite la relazione = 5 + 32.

Nei termometri a liquido si utilizza una delle propriet dellenergia termica: quella di dilatare oggetti solidi e liquidi. La
dilatazione termica complessiva di un oggetto la conseguenza della variazione della distanza media di separazione tra
gli atomi o le molecole che lo costituiscono. Se la dilatazione termica di un oggetto sufficientemente piccola confrontata
con le sue dimensioni iniziali, allora la variazione di ogni dimensione approssimativamente dipendente dalla prima
potenza della variazione di temperatura.

Per un oggetto di lunghezza iniziale , che aumenta di una quantit per una variazione di temperatura , la
variazione della lunghezza uguale a = , dove una costante di proporzionalit propria di un determinato
materiale, chiamata coefficiente medio di dilatazione lineare (espressa in ()1 ).

Laumento di superficie di un oggetto dovuto alla variazione di temperatura , invece, uguale a = , dove il
coefficiente medio di dilatazione quadratica (o superficiale), dato da = 2.

Infine, la variazione di volume di un oggetto dovuto alla variazione di temperatura uguale a = , dove il
coefficiente medio di dilatazione cubica (o volumica), dato da = 3.
Introduciamo un modello semplificato per descrivere i gas: il modello dei gas perfetti. Un gas perfetto (o ideale) un
insieme di atomi o molecole che si muovono di moto caotico (anche detto browninao), che hanno dimensioni cos
piccole da occupare una frazione trascurabile del volume del loro contenitore e che interagiscono, fra di loro e con le
superfici del contenitore, per mezzo di urti elastici; inoltre, tra essi non si esercitano forze (di attrazione o repulsione) a
lunga distanza. Un gas reale assimilabile ad un gas perfetto a temperature lontane dalla temperatura di liquefazione
e/o a bassa pressione. La maggior parte dei gas, a temperatura ambiente ed a pressione atmosferica, si comporta
approssimativamente come un gas perfetto.
La quantit di gas in un dato volume viene espressa comunemente in termini di numero di moli. Una mole di una
qualunque sostanza quella massa di sostanza che contiene un numero di Avogadro ( = 6.022 1023) di molecole.

Il numero di moli n presente in un campione legato alla sua massa dalla relazione = , dove M la massa molare

della sostanza, espressa in .

Si supponga che un gas sia contenuto in un recipiente cilindrico il cui volume possa essere variato per mezzo di un pistone
mobile. Assumeremo che il cilindro non abbia perdite e che il numero di moli del gas rimanga costante. Per un sistema
di questo tipo, gli esperimenti forniscono le seguenti informazioni:
-

Legge di Boyle-Mariotte: quando il gas viene tenuto a temperatura costante, la sua pressione inversamente
proporzionale al volume. In formula, = (per = );
Legge di Charles (o prima legge di Gay-Lussac): quando la pressione del gas tenuta costante, il volume
direttamente proporzionale alla temperatura. In formula,

= (per = );

Legge di Gay-Lussac (o seconda legge di Gay-Lussac): quando il volume del gas tenuto costante, la pressione

direttamente proporzionale alla temperatura. In formula, = (per = ).

Le tre leggi possono essere riassunte nellequazione di stato dei gas perfetti: = , dove p la pressione, V il
volume, n il numero di moli, T la temperatura assoluta ed R una costante di proporzionalit chiamata costante
universale dei gas e uguale ad 8.314 (oppure a 0.082 ). La legge pu essere riscritta
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utilizzando il numero di molecole N invece del numero di moli n; in questo caso, prende la forma di =

dove la costante di Boltzmann, uguale ad = 1.38 1023 .

= ,

Il modello strutturale del gas perfetto costituisce la teoria cinetica dei gas, basata sui seguenti assunti: 1) Il numero di
molecole del gas grande e la distanza media di separazione fra di esse grande se confrontata con le loro dimensioni;
2) Le molecole obbediscono alle leggi del moto di Newton, ma nellinsieme il loto moto isotropico (ovvero, ogni
molecola si pu muovere in qualsiasi direzione a qualsiasi velocit); 3) Le molecole interagiscono con urti elastici
esclusivamente mediante forze che hanno effetto a breve distanza; 4) Le molecole interagiscono con urti elastici con le
pareti; 5) Il gas considerato una sostanza pura (ovvero, tutte le molecole sono identiche).
necessario fornire una distinzione fra energia interna e calore, prima di procedere con le leggi della termodinamica.
Lenergia interna lenergia associata con le componenti microscopiche (atomi e molecole) di un sistema, viste da un
sistema di riferimento a riposo rispetto al sistema. Essa associata al moto traslazionale degli atomi di un gas perfetto:
pi alta la temperatura del gas, pi alta la sua energia cinetica e pi alta la sua energia interna.

Il calore, invece, un meccanismo col quale lenergia trasferita fra un sistema ed il suo ambiente circostante a causa
di una differenza di temperatura fra essi. Esso anche la quantit di calore Q trasferita in questo modo. Non ha senso,
quindi, usare il termine calore in condizioni di equilibrio: si parler, pi propriamente, della temperatura del sistema.
Unit di misura del calore sono la caloria ed il joule: una caloria (cal) la quantit di calore necessaria per innalzare di
un grado la temperatura di 1g di acqua (precisamente da 14.5 a 15.5); un suo multiplo la chilocaloria (kcal o Cal).
Poich, per, il calore un sistema di trasferimento di energia come il lavoro, si pensato di utilizzare lunit di misura
del lavoro, il Joule (J), anche per il calore. La conversione effettuata per mezzo della corrispondenza esatta 1
4.186 (da cui consegue che 1 4186 ).

Dalla definizione originaria di caloria, abbiamo visto che per aumentare la temperatura di un chilogrammo di acqua di
un grado occorrono 4186 joule; ma la quantit di calore necessaria per aumentare di un grado la temperatura di un
chilogrammo di una sostanza qualsiasi dipende dalla sostanza. Introduciamo, quindi, il concetto di calore specifico,
inteso come la quantit di calore necessaria per aumentare la temperatura di un kg di sostanza di un grado Celsius (o

Kelvin, equivalente). In simboli, ; la sua unit di misura .

Da questa definizione, possiamo calcolare la quantit di calore come = . La quantit , data dal prodotto del
calore specifico della sostanza (per unit di massa) per la sua massa chiamata capacit termica ed , in ultima analisi,

il rapporto fra la quantit di calore fornita ad una sostanza e laumento di temperatura derivatone. In formula, = .
Quando dellenergia viene trasferita tra una sostanza ed il suo ambiente circostante, generalmente la sostanza subisce
un aumento di temperatura. Vi sono, tuttavia, situazioni in cui un trasferimento di energia non corrisponde ad un
aumento di temperatura: ci accade ogni volta che le caratteristiche fisiche della sostanza mutano: ogni volta, cio, che
avviene un passaggio di stato. Lenergia trasferita necessaria per il cambiamento di fase di una data massa m di una
sostanza pura uguale a = , dove L chiamato calore latente della sostanza e dipende sia dalle propriet della
sostanza sia dalla natura del cambiamento di fase. Il segno appropriato scelto in base alle convenzioni sui segni ed in
base alla direzione del flusso di energia. Il calore latente di fusione, in particolare, lenergia necessaria per rompere
tutti i legami intermolecolari in un chilogrammo di una sostanza, in modo da convertire la fase solida in fase liquida. Il
calore latente di vaporizzazione, invece, lenergia che si deve fornire ad un chilogrammo di una sostanza per rompere
tutti i legami del liquido per formare un gas. Il secondo generalmente maggiore del primo, in virt della differente forza
dei legami in fase solida e liquida.
Nellapproccio macroscopico alla termodinamica, si descrive lo stato di un sistema con grandezze quali pressione,
volume, temperatura ed energia interna, dette appunto variabili di stato. Per ogni condizione del sistema, possiamo
identificare dei particolari valori delle variabili di stato che la identificano univocamente. Lidentificazione delle variabili
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di stato richiede, ovviamente, che il sistema sia in equilibrio termico interno (per esempio, che un determinato gas abbia
la stessa pressione e temperatura in tutte le sue parti). Il calore, invece, una variabile di trasferimento, ovvero
possibile assegnargli un valore soltanto se si realizza un processo in cui energia viene trasferita attraverso le superfici
che delimitano il sistema.
Nei sistemi termodinamici esiste anche unaltra importante variabile di trasferimento: il lavoro termodinamico. Si
consideri un gas contenuto in un cilindro chiuso da un pistone mobile privo di attrito ed in equilibrio termico. Il gas occupa
il volume V ed esercita una pressione p uniforme sulle pareti del cilindro e sul pistone. Se il gas compresso quasi staticamente, ovvero cos lentamente da permettere al sistema di essere in equilibrio termico in ogni istante (modello
semplificativo), il lavoro compiuto dal pistone sul sistema (se il gas compresso) o dal sistema sul pistone (se il gas si
espande) sar uguale a = . Se il volume rimane costante, il lavoro , ovviamente, zero. Il lavoro totale, quando

il suo volume varia da 0 a sar uguale a = .


0

In generale, in una trasformazione che porti il gas da uno stato iniziale ad uno finale, la pressione non costante, ma
dipende dalla temperatura e dal volume. Se la pressione ed il volume sono noti in ogni istante della trasformazione, gli
stati del gas possono essere rappresentati in un diagramma PV, un tipo di grafico molto importante in termodinamica
per visualizzare una trasformazione. In tale rappresentazione, la curva (detta cammino fra lo stato iniziale e finale)
sottende unarea pari al lavoro svolto nella trasformazione.
Il primo principio della termodinamica non che un caso particolare dellequazione di continuit dellenergia in cui i soli
meccanismi di trasferimento sono il calore ed il lavoro. In simboli, = , ovvero la variazione dellenergia
interna di un sistema uguale alla somma dellenergia trasferita attraverso il contorno del sistema tramite il calore e
dellenergia trasferita tramite il lavoro (compiuto SUL gas, da cui il segno negativo).
Una trasformazione adiabatica una trasformazione in cui lenergia non entra n esce dal sistema attraverso il calore
(cio = 0). Possiamo immaginare, nella situazione del pistone, che le pareti del recipiente e del pistone siano
perfettamente isolanti. Applicando in questo caso il primo principio, otteniamo che = . Un particolare caso di
trasformazione adiabatica lespansione libera, in cui non viene compiuto alcun lavoro sul gas. Poich in questo caso
= 0 e = 0, anche = 0. Lenergia interna iniziale e finale di un gas in unespansione libera sono uguali.
Pertanto, non ci aspettiamo alcuna differenza di temperatura dallo stato iniziale a quello finale (in realt si riscontra
sperimentalmente un leggero aumento o una leggera diminuzione della temperatura dovuta alle interazioni fra le
molecole).
Una trasformazione che avviene a pressione costante detta trasformazione isobara (nellesempio del pistone,
immaginiamo che esso sia libero di muoversi, ma in equilibrio). In questo caso, il lavoro compiuto sul gas semplicemente
il prodotto della pressione (costante) per la variazione di volume = ( 0 ). Su un diagramma PV, unisobara
appare come una linea orizzontale.
Una trasformazione che avviene a volume costante detta trasformazione isocora (immaginiamo di fermare con un
morsetto il pistone, affinch esso non sia libero di muoversi). In una tale trasformazione, il lavoro nullo, poich la
variazione di volume nulla. Il primo principio , quindi, espresso da = . Questo ci dice che se si fornisce calore
ad un sistema mantenuto a volume costante, tutta lenergia va ad aumentare lenergia interna e non esce dal sistema
sotto forma di lavoro. Su un diagramma PV, lisocora appare come una linea verticale.
Una trasformazione che avviene a temperatura costante detta trasformazione isoterma. Poich lenergia interna di
un gas perfetto solo funzione della temperatura, una variazione di temperatura pari a zero rende nulla anche lenergia
interna. Il primo principio diventa, di conseguenza, = . Quindi, se nel sistema entra dellenergia sotto forma di calore,
ne uscir una quantit equivalente sotto forma di lavoro, in modo tale che lenergia interna del sistema non cambi. Sul

diagramma PV, unisoterma appare come una linea curva. Il lavoro compiuto stato calcolato come = .
0

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Nel caso di una trasformazione ciclica, ovvero una trasformazione che inizia e finisce nello stesso stato, lenergia cinetica
interna deve essere zero (poich una variabile di stato e gli stati iniziale e finale coincidono), per cui il primo principio
diventa = . Il lavoro compiuto, per ogni ciclo, coincide con larea racchiusa dal cammino che rappresenta la
trasformazione nel diagramma PV.
Il processo di trasferimento di energia tramite il calore si chiama conduzione termica. Questo processo, su scala atomica,
non che uno scambio di energia cinetica fra le molecole, in cui le particelle meno energetiche guadagnano energia
urtando con le particelle pi energetiche. La velocit della conduzione dipende dalle propriet della sostanza che viene
riscaldata: in generale, i metalli sono buoni conduttori termici, poich contengono un grande numero di elettroni
relativamente liberi di muoversi attraverso il metallo, che possono, quindi, trasportare energia da una regione allaltra.
Materiali come amianto, sughero, carta e lana di vetro sono, invece, cattivi conduttori, cos come i gas, a causa della
distanza molto grande fra le molecole. La conduzione avviene solo se c una differenza di temperatura fra due parti del
mezzo conduttore, che guida il flusso di energia. Considerando una lastra di materiale di spessore e sezione , con le
sue facce opposte a temperature differenti e , dove > , la lastra permette allenergia di trasferirsi dalla regione

ad alta temperatura a quella a bassa temperatura per conduzione termica con velocit (potenza) proporzionale alla
sezione della lastra ed alla differenza di temperatura ed inversamente proporzionale allo spessore. In simboli, la legge

della conduzione si esprime come = = , dove k una costante chiamata conducibilit termica del

materiale e noto come gradiente di temperatura (la variazione della temperatura con la posizione). I buoni

conduttori hanno, naturalmente, valori elevati di conducibilit termica, mentre i buoni isolanti hanno valori bassi.

Lenergia trasferita dal moto di un fluido un processo detto convezione. Quando il moto dovuto a differenze di densit,
come avviene per laria vicino ad una fiamma, si tratta di convezione naturale. Se la sostanza calda messa in moto da
un ventilatore o una pompa, il processo detto convezione forzata.
Un altro meccanismo di trasferimento di energia che pu essere correlato con una variazione di temperatura la
radiazione elettromagnetica. Tutti gli oggetti irradiano continuamente energia sotto forma di onde elettromagnetiche.
La radiazione elettromagnetica prodotta accelerando cariche elettriche: poich la temperatura corrisponde al moto
casuale delle molecole, che cambiano costantemente direzione, e quindi accelerano, e le molecole contengono cariche
elettriche, qualsiasi oggetto emette radiazione elettromagnetica dovuta al moto termico delle sue molecole. Questa
radiazione si chiama radiazione termica. La rapidit alla quale un oggetto emette energia per mezzo della radiazione
termica dalla sua superficie proporzionale alla quarta potenza delle temperatura assoluta della sua superficie. Questo
principio, noto come legge di Stefan, espresso in forma di equazione come = 4 , dove la costante di StefanBoltzmann (uguale a 5.669 108 2 4), larea della superficie delloggetto (in 2 ), una costante detta
emittanza e la temperatura assoluta del corpo in kelvin. Lemittanza uguale alla sua assorbanza, ovvero alla
frazione di radiazione incidente che la sostanza assorbe. Infatti, un oggetto, mentre irradia, assorbe allo stesso tempo
radiazione elettromagnetica dallambiente circostante: se ci non avvenisse, un oggetto potrebbe continuare ad
irradiare la sua energia e la sua temperatura decrescerebbe spontaneamente fino allo zero assoluto. Quando un oggetto
in equilibrio con lambiente, esso irradia ed assorbe energia alla stessa velocit, per cui la sua temperatura resta
costante. Quando, invece, un oggetto pi caldo dellambiente, irradia pi energia di quanta ne assorba e quindi si
raffredda.
Un dispositivo che risulta utile per capire il secondo principio della termodinamica la macchina termica. Una macchina
termica un dispositivo che incamera energia sotto forma di calore e, operando in modo ciclico, espelle una frazione di
quellenergia sotto forma di lavoro. Per esempio, in una centrale elettrica viene bruciato carbone (o qualche altro
combustibile) e lenergia interna risultante viene usata per trasformare lacqua in vapore. Questo vapore viene
convogliato alle pale di una turbina, ponendola in rotazione. Infine, lenergia meccanica associata a questa rotazione
viene utilizzata per far funzionare un generatore elettrico. In generale, una macchina termica fa compiere ad una qualche
sostanza una trasformazione ciclica durante la quale: (1) la sostanza assorbe energia sotto forma di calore da un
termostato ad alta temperatura, (2) viene compiuto lavoro dalla macchina e (3) viene ceduta energia dalla macchina ad
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un termostato a pi bassa temperatura; questa energia in uscita spesso indicata come energia persa, energia di scarico
o inquinamento termico. La macchina, rappresentata schematicamente, assorbe una quantit di calore dal
termostato caldo. Poi compie il lavoro e cede lenergia al termostato freddo. Poich la sostanza compie un ciclo,
la sua energia iniziale e finale la stessa, per cui = 0. Quindi, dal primo principio, = =
e vediamo che il lavoro compiuto dalla macchina uguale allenergia totale assorbita dalla macchina. Come possiamo
vedere dalla figura, = | | = | | . Se la sostanza impiegata un gas, il lavoro totale svolto

in una trasformazione ciclica larea racchiusa dalla curva che rappresenta la trasformazione in un diagramma PV.

Il rendimento di una macchina termica definito come il


rapporto fra il lavoro svolto dalla macchina e lenergia assorbita

alla temperatura pi alta durante un ciclo: =


| |

| |
| |

= 1 | | . Il rendimento pu essere considerato il rapporto fra

ci che si ottiene e ci che si spende. Una macchina termica,


quindi, avrebbe un rendimento del 100% ( = 1) soltanto se =

0, cio se non venisse trasferita energia al termostato freddo. In


altre parole, una macchina termica con rendimento unitario
trasformerebbe tutta lenergia assorbita in lavoro meccanico.

Lenunciato di Kelvin-Planck del secondo principio della


termodinamica pu esprimersi come segue: impossibile
costruire una macchina termica che, operando in un ciclo, abbia
come unico risultato quello di assorbire energia da un termostato e
produrre una uguale quantit di lavoro. Lessenza di questa forma
dellenunciato che teoricamente impossibile costruire una
macchina che lavori con il 100% di rendimento: tutte le macchine
devono scaricare una parte di energia nellambiente.

Una trasformazione detta reversibile se il sistema pu ritornare nelle condizioni iniziali lungo lo stesso percorso nel
quale ogni punto lungo il cammino sia in uno stato di equilibrio. Una trasformazione che non soddisfi tali requisiti detta,
invece, irreversibile. La maggior parte delle trasformazioni, in natura, sono irreversibili: la trasformazione reversibile ,
in realt, unidealizzazione. Se una trasformazione reale avviene molto lentamente, di modo che il sistema sia sempre
molto vicino allequilibrio, la trasformazione pu essere considerata reversibile.
Nel 1824, lingegnere francese Sadi Carnot descrisse una macchina, nota oggi come macchina di Carnot, di grande
importanza dal punto di vista sia pratico che teorico. Egli mostr che una macchina termica che opera fra due termostati
in un ciclo ideale reversibile, detto ciclo di Carnot, la macchina con il pi alto rendimento possibile. Una tale macchina
determina il limite superiore per il rendimento di tutte le macchine. Cio, il lavoro complessivo svolto da una sostanza
sottoposta ad un ciclo di Carnot la massima quantit di lavoro possibile per una data quantit di energia fornita alla
sostanza dal termostato a temperatura pi alta. Assumiamo che la sostanza sia un gas perfetto contenuto in un cilindro
chiuso da un pistone mobile, con le pareti del cilindro ed il pistone termicamente isolati. Il ciclo consiste di due
trasformazioni adiabatiche e due isoterme, tutte reversibili:

La trasformazione una espansione isotermica alla temperatura , nella quale il gas mantenuto in
contatto termico con un termostato alla temperatura . Durante la trasformazione, il gas assorbe lenergia
dal termostato e compie il lavoro sollevando il pistone.
Nella trasformazione , la base del cilindro viene isolata termicamente ed il gas si espande
adiabaticamente, cio senza che avvenga alcuno scambio di energia sotto forma di calore. Durante la

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trasformazione, la temperatura si abbassa dal valore al valore ed il gas compie il lavoro sollevando il
pistone.

Nella trasformazione , il gas posto in contatto termico con il termostato a temperatura ed


compresso isotermicamente alla temperatura . Durante questo tempo, il gas cede la quantit di energia
al termostato e viene compiuto sul gas il lavoro .

Nella trasformazione finale, , la base del cilindro viene di nuovo isolata termicamente ed il gas
compresso adiabaticamente. La temperatura del gas aumenta al valore ed il lavoro svolto sul gas .

Carnot ha dimostrato che per questo ciclo | | =

, poich c scambio di calore soltanto nelle due isoterme; quindi, il

rendimento di una macchina di Carnot uguale a = 1

; da questo risultato si ricava che tutte le macchine

di Carnot che operano fra le stesse temperature hanno lo stesso rendimento.


Se desideriamo raffreddare una pizza ponendola su un blocco di ghiaccio, la cosa certamente funzioner, poich, in ogni
caso, lenergia fluisce spontaneamente dal corpo caldo a quello freddo. Eppure, nulla nel primo principio della
termodinamica dice che questenergia non possa trasferirsi in senso contrario. La direzione del fenomeno stabilita dal
secondo principio. Le trasformazioni reali evolvono, infatti, lungo una direzione preferenziale. Lenunciato di Clausius
del secondo principio della termodinamica, che si pu dimostrare essere equivalente allenunciato di Kelvin-Planck,
recita che il calore non fluisce spontaneamente da un oggetto freddo ad un oggetto caldo. Si pu anche dimostrare
che se falso uno dei due enunciati, lo anche laltro.
Unaltra funzione di stato pu essere usata per descrivere lo stato termodinamico di un sistema: lentropia. Lequazione
che descrive la macchina di Carnot pu essere riscritta come

| |

; quindi, il rapporto fra lenergia trasferita in un

ciclo di Carnot e la temperatura (costante) alla quale avviene il trasferimento ha lo stesso valore in entrambe le
trasformazioni isoterme. Generalizzando, lasciamo cadere la nozione di valore assoluto ed esprimiamo lequazione come

(poich lenergia che esce dal sistema mentre quella che vi entra. Questa pu, a sua volta, essere

riscritta come

+ = 0 = 0 . Ci suggerisce che il rapporto possa avere un significato particolare.

Considerando una trasformazione infinitesima fra due stati di equilibrio di un sistema, se lenergia trasferita tramite
il calore quando il sistema segue un cammino reversibile fra gli stati, la variazione di entropia, indipendentemente dal
reale cammino seguito, uguale a questa energia trasferita tramite il calore lungo il cammino reversibile diviso per la
temperatura assoluta del sistema. In simboli, =

. Da notare che questa equazione non definisce lentropia, bens

la sua variazione, che la quantit significativa nella descrizione di una trasformazione.

I sistemi isolati tendono al disordine e lentropia una misura di questo disordine. Per capire questo concetto, possiamo
introdurre la distinzione fra microstati e macrostati di un sistema, attraverso un paragone con il lancio di dadi. Per due
dadi, un microstato la particolare combinazione di numeri sulle facce superiori (es. 1-3, 2-4); il macrostato, invece, la
somma dei numeri (nei due casi precedenti, 4 e 6). Il numero di microstati associati con un determinato macrostato non
lo stesso per tutti i macrostati, cosicch il macrostato che ha il maggior numero di microstati possibili il macrostato
pi probabile. Macrostati altamente probabili (es. ai dadi, 7, che ha ben 6 possibili microstati) sono macrostati
disordinati, mentre macrostati di bassa probabilit (es. 2, che ha un solo microstato) sono macrostati ordinati. Quindi,
possiamo dire che tutte le trasformazioni fisiche tendono verso stati pi probabili per il sistema e per il suo ambiente
circostante e che lo stato pi probabile sempre quello con un grado di disordine pi alto. Tutto ci si riflette nella
formula per lentropia a livello microscopico trovata da Boltzmann: = , dove W il numero di microstati
associati ad un macrostato la cui entropia S (e la costante di Boltzmann).

Poich lentropia una misura del disordine e i sistemi fisici tendono verso macrostati disordinati, possiamo affermare
che lentropia dellUniverso aumenta in tutte le trasformazioni naturali. Questo un altro enunciato del secondo
principio della termodinamica (il cosiddetto enunciato entropico), spiegabile attraverso una semplice considerazione:

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nel caso di trasformazioni irreversibili, lentropia totale di un sistema isolato aumenta; nel caso di una trasformazione
reversibile, lentropia totale di un sistema isolato rimane costante: essa non pu, quindi, in alcun caso, diminuire. Per
calcolare la variazione di entropia per una trasformazione finita, dobbiamo tenere presente che T generalmente non
costante. Se dQ lenergia trasferita reversibilmente tramite il calore quando il sistema si trova a temperatura T, allora

la variazione di entropia in una trasformazione arbitraria reversibile fra uno stato iniziale ed uno finale = =

. La variazione di entropia di un sistema dipende solo dalle propriet degli stati iniziale e finale, poich lentropia,

come lenergia interna, una funzione di stato.

Nel caso di una trasformazione adiabatica, nessuna energia viene trasferita tramite il calore fra il sistema e lambiente
circostante, quindi = 0. Tale trasformazione , per questo motivo, detta anche trasformazione isoentropica. In una
macchina di Carnot che funzioni fra le temperature e , = 0 allinterno di un ciclo.

Forze Elettriche e Campi Elettrici


Un certo numero di semplici esperimenti dimostrano lesistenza delle cariche elettriche. Gli esperimenti dimostrano pure
che esistono due differenti specie di cariche elettriche, chiamate da Benjamin Franklin positiva e negativa. Cariche dello
stesso segno si respingono, mentre cariche di segno opposto si attraggono. Unaltra importante caratteristica della
carica elettrica che la carica netta in un sistema isolato si conserva sempre. Esiste anche un principio di conservazione
della carica elettrica per un sistema isolato: quando due oggetti inizialmente neutri vengono caricati strofinandoli
insieme, nel processo non vengono create cariche, ma gli oggetti divengono carichi in quanto elettroni vengono trasferiti
da un corpo allaltro: un oggetto guadagna una certa quantit di carica negativa, mentre laltro perde la stessa quantit
di carica negativa e quindi rimane con una carica positiva. Unaltra propriet della carica elettrica la seguente: la carica
elettrica posseduta da un oggetto dovuta ad un eccesso di elettroni oppure ad una mancanza di elettroni, per questo
motivo la carica elettrica complessiva di un oggetto quantizzata in multipli della carica elementare dellelettrone =
1.60 1019.

possibile per una carica elettrica muoversi da un posto allaltro allinterno di un oggetto: tale moto delle cariche si
chiama conduzione elettrica. conveniente classificare i materiali secondo la capacit delle cariche di muoversi al loro
interno: conduttori sono i materiali in cui le cariche si muovono relativamente libere ed isolanti sono i materiali in cui le
cariche elettriche non si muovono liberamente. Quando un isolante (es. vetro, bachelite, leucite) caricato per strofinio,
soltanto larea strofinata si carica e la carica non si muove verso altre zone del materiale. Quando, invece, carichiamo,
anche in una zona piccolissima, un conduttore (es. rame, alluminio, argento), la carica si distribuisce rapidamente
sullintera superficie del materiale. Una terza classe di materiali sono i semiconduttori, con propriet elettriche a met
fra quelle dei conduttori e quelle degli isolanti: le cariche possono muoversi in un semiconduttore (es. silicio, germanio)
piuttosto liberamente, ma vi sono molte meno cariche in un semiconduttore che in un conduttore.

Quando un conduttore collegato alla Terra per mezzo di un filo conduttore, si dice che esso messo a terra; la Terra
pu, quindi, essere considerata un serbatoio infinito per gli elettroni, nel senso che pu ricevere o fornire un numero
illimitato di elettroni: in elettrostatica la Terra si comporta in modo analogo a come i termostati si comportano in
termodinamica. Tenendo presente ci, possiamo comprendere come un conduttore possa essere caricato mediante il
procedimento noto come carica per induzione. La carica di un oggetto per induzione non richiede alcun contatto con
loggetto che induce la carica, diversamente dalla carica per strofinio.
Un processo simile al fenomeno dellinduzione avviene negli isolanti: nella maggior parte degli atomi e delle molecole
neutre, la posizione media della carica positiva coincide con la posizione media della carica negativa. Tuttavia, in
presenza di un oggetto carico, queste posizioni possono spostarsi leggermente, a causa delle forze attrattive e repulsive
dovute alloggetto carico. Questo fenomeno chiamato polarizzazione.

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Le forze elettriche fra oggetti carichi furono misurate quantitativamente da Charles Coulomb, che conferm che la forza
elettrica fra due piccole sfere cariche proporzionale al reciproco del quadrato della loro distanza. La legge di Coulomb,
in simboli, afferma che =

|1 ||2 |
2

, dove 1 e 2 indicano due cariche puntiformi separate da una distanza r e la

costante di Coulomb, uguale a 8.99 109 2 2 , che si pu anche scrivere come

40

, dove 0 la costante

dielettrica del vuoto, che ha il valore di 8.8542 1012 2 2 . Questa equazione fornisce soltanto il modulo della
forza, mentre la direzione ed il verso si devono trovare considerando dove si trovano le particelle ed il loro segno. La
legge di Coulomb valida esattamente solo per cariche puntiformi o particelle (o per oggetti estesi purch si possano
assimilare a punti materiali).

agente su una massa


Il campo gravitazionale in un punto dello spazio stato definito come la forza gravitazionale
di prova 0 diviso per la massa di prova. Analogamente, un campo elettrico in un punto dello spazio pu essere definito
in funzione della forza elettrica agente su una carica di prova 0 posta in quel punto. Poich la carica pu avere due
diversi segni, dobbiamo scegliere una convenzione per la nostra particella di prova. Scegliamo per convenzione che una
particella di prova trasporta sempre una carica elettrica positiva. Il campo elettrico in un punto dello spazio definito

come la forza elettrica agente su una carica di prova posta in quel punto diviso per la carica 0 della particella di

prova. In simboli,

. Quindi, un campo elettrico esiste in un punto se una particella carica di prova posta a riposo in

quel punto subisce una forza elettrica. Poich la forza un vettore, anche il campo elettrico lo . Si noti che il campo
elettrico prodotto da una carica (o pi) diversa dalla particella di prova, detta sorgente (cos come il campo
gravitazionale non prodotto dalla carica di prova, ma da un oggetto massivo, come la Terra). Pertanto, il campo
elettrico esiste indipendentemente che si introduca o no una carica di prova nel campo, che viene usata solo per misurare
lintensit e rivelare lesistenza del campo. Dobbiamo, quindi, assumere che la carica di prova sia sufficientemente
piccola da non perturbare la distribuzione di carica responsabile del campo. Il vettore ha le unit SI di newton su
coulomb () e direzione orientata identica a quella di (poich abbiamo detto che, per convenzione, la carica di
prova ha carica positiva).

Una volta noto il campo elettrico in un punto dello spazio, la forza su qualsiasi particella con carica q posta in quel punto
si pu calcolare a partire dalla formula = . Il campo elettrico totale in un dato punto dello spazio, generato da un
insieme di particelle cariche, uguale alla somma vettoriale dei campi elettrici in quel punto generati da tutte le
particelle. Questo principio di sovrapposizione deriva direttamente dalla propriet di sovrapposizione delle forze
elettriche.

In molti casi pratici, la distanza media di separazione fra le cariche piccola rispetto a quella dal punto in cui si vuole
calcolare il campo; in questi casi, il sistema di cariche pu essere considerato continuo, cio si immagina che il sistema
di cariche molto vicine sia equivalente ad una carica totale distribuita con continuit in un dato volume o su una data
superficie. Per calcolare il campo elettrico in una distribuzione continua di carica si opera come segue: si divide la
distribuzione di carica in piccoli elementi , assunti puntiformi; poi, si calcola il campo elettrico nel punto P dovuto
ad uno di questi elementi; infine, si calcola il campo elettrico totale in P, sommando vettorialmente i contributi di tutti
gli elementi di carica (ossia applicando il principio di sovrapposizione). In formula, un generico campo elettrico di un

elemento dato da = 2 , dove lindice i si riferisce alli-esimo elemento della distribuzione, la distanza

dellelemento dal punto P ed il versore diretto dallelemento di carica verso P. il campo elettrico totale nel punto P ,

quindi, uguale a 2 . Considerando gli elementi di carica infinitesimi, il campo elettrico nel punto P, nel limite

0, diventa =
0

a tutta la carica che crea il campo.

, dove dq una quantit infinitesima di carica e lintegrazione estesa

Pi semplicemente, conveniente utilizzare il concetto di densit di carica; se una carica Q uniformemente distribuita

in un volume V, la carica per unit di volume definita da ; se Q uniformemente distribuita su una superficie
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di area A, la densit superficiale di carica definita come ; se, infine, Q uniformemente distribuita lungo una

linea di lunghezza , la densit lineare di carica definita come .

Una rappresentazione grafica conveniente consiste nel tracciare delle linee che hanno in ogni punto la direzione
orientata del campo elettrico; queste linee, chiamate linee di campo, sono legate al campo elettrico in qualunque
regione dello spazio nel seguente modo: il vettore campo elettrico tangente alle linee di forza in ogni punto ed il

numero di linee di forza per unit di area che attraversano una superficie perpendicolare alle linee stesse proporzionale
allintensit del campo elettrico in quella regione. Quindi, E intenso dove le linee sono fitte, debole dove si diradano.
Le linee di forza che rappresentano il campo di forza generato da una carica puntiforme positiva sono dirette dalla carica
in tutte le direzioni: nella raffigurazione, si mostrano solo quelle che giacciono nel piano che contiene la carica, ma nella
realt dovrebbero essere come gli aculei di un porcospino. Nel campo elettrico generato da una carica puntiforme
negativa, invece, le linee di campo hanno la stessa direzione, ma sono entranti, cio rivolte verso la carica. Le linee di
campo nel caso di due cariche puntiformi uguali, ma di segno opposto (dipolo elettrico) sono uscenti dalla carica positiva
ed entranti in quella negativa; in questo caso, il numero di linee di forza che hanno origine dalla prima deve eguagliare
il numero di quelle che terminano sulla seconda; lo spazio compreso fra le due cariche ha unalta densit di linee di
campo, il che indica una regione in cui il campo elettrico intenso. Nel caso di due cariche puntiformi positive ed uguali,
le cariche sono quasi radiali nelle vicinanze delle due cariche, tuttavia la natura repulsiva della forza elettrica fra le due
particelle fa s che le linee di forza siano tutte dirette verso lesterno: nessuna linea di campo collega le particelle, bench
il numero di linee di campo che esce dalla prima sia uguale a quello che esce dalla seconda, e nello spazio compreso fra
le due cariche le linee di campo si incurvano. A grande distanza, il campo approssimativamente uguale a quello
generato da una singola carica puntiforme positiva.
Quando una particella di carica q e massa m posta in un campo elettrico , la forza elettrica che agisce sulla carica
data da = ; se questa lunica forza agente sulla particella, essa la forza risultante, che causa laccelerazione
della particella. Applicando la legge di Newton, otteniamo che = = . Laccelerazione della particella , quindi,

data da =

. Se uniforme, laccelerazione costante; se la particella ha carica positiva, la sua accelerazione sar

nel verso del campo elettrico; se la particella ha carica negativa, la sua accelerazione sar nel verso opposto. Il campo
elettrico pu dirsi uniforme nello spazio racchiuso fra due piastre metalliche cariche di segno opposto; supponiamo che
un elettrone di carica e venga sparato orizzontalmente in questo campo con una velocit iniziale
: poich il campo elettrico nel verso positivo di y, laccelerazione

dellelettrone sar nel verso negativo di y, ovvero, in simboli, = . Poich

laccelerazione costante, possiamo applicare le equazioni della cinematica:


= =

= 0 e = 2 =
2

2 . Sostituendo il valore = 0, vediamo che

y proporzionale ad 2 , quindi la
traiettoria una parabola. Inoltre, dopo aver abbandonato il campo
elettrico, lelettrone continua a muoversi di moto rettilineo, seguendo la prima legge di Newton.
da notare che abbiamo trascurato la forza gravitazionale, poich per un tipico campo elettrico di
4
10 , il rapporto fra il modulo della forza elettrica eE ed il modulo della forza gravitazionale mg, per lelettrone
nellordine di 1014 e per un protone di 1011 .

Introduciamo ora un nuovo concetto, quello di flusso elettrico, una grandezza proporzionale al numero di linee di campo
che attraversano una determinata superficie. Consideriamo un campo elettrico uniforme (in modulo ed in direzione e
verso) E, le cui linee di campo attraversino una superficie rettangolare di area A, perpendicolare al campo. In questo
caso, il numero di linee di campo proporzionale al prodotto dellintensit del campo elettrico per la superficie, chiamato
appunto flusso elettrico . In simboli, = . Lunit di misura del flusso, , quindi, 2 . Se la superficie
considerata non perpendicolare al campo, il numero di linee che la attraversano deve essere minore di questo prodotto.
La formula, infatti, diventa = , dove langolo formato dalla normale alla superficie di area A con la
direzione del campo elettrico uniforme. Da questa formula vediamo come il flusso sia massimo quando la superficie
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perpendicolare al campo (per cui la normale parallela al campo: = 0 = 1), mentre esso nullo quando la
superficie parallela al campo (per cui la normale perpendicolare al campo: = 0 = 0). Nel caso pi
generale, il campo elettrico pu variare sia in modulo sia in direzione e verso sulla superficie in questione; quindi,
suddividiamo la superficie in un gran numero di piccoli elementi, ciascuno di area (se lelemento sufficientemente
piccolo, la variazione di campo elettrico nellelemento pu essere trascurata). Definiamo, quindi, un vettore , il cui

modulo rappresenta larea delli-esimo elemento e la cui direzione , per definizione, perpendicolare alla superficie: il
flusso elettrico dato da = (usando la definizione di prodotto scalare). Il flusso totale ,
quindi, dato dalla somma di tutti gli elementi. Facendo tendere larea di ciascun elemento a zero ed il numero degli

elementi ad infinito, la somma sostituita da un integrale. In formula, = . Poich


0

ci interessano soltanto superfici chiuse, possiamo riscrivere la formula come = = , dove


rappresenta la componente del campo elettrico normale alla superficie.

Il flusso elettrico totale attraverso una superficie chiusa in relazione con la carica contenuta allinterno di questa
superficie tramite il teorema di Gauss. Consideriamo una carica puntiforme positiva q posta al centro di una sfera di
raggio r; le linee di campo sono radiali ed hanno verso uscente, per cui sono normali alla superficie in ogni punto. Cio,
in ogni punto parallelo al vettore , che rappresenta lelemento locale di area . Quindi, per tutti i punti della

superficie, = = ed il flusso totale uguale a = = = = , poich E


costante sullintera superficie. Poich lintensit del campo elettrico ovunque sulla superficie della sfera uguale ad =

2 e poich la superficie di una sfera uguale ad = 4 2, il flusso totale diventa: = = 2 (4 2 ) =


1

4 . Ricordando, poi, che = 4 , possiamo scrivere questa relazione come = . Questo risultato ci dice che il
0

flusso totale attraverso una superficie sferica proporzionale alla carica allinterno della superficie, indipendentemente
da r. in effetti, il flusso totale che attraversa una qualunque superficie chiusa (non per forza una sfera) che circonda una
carica puntiforme q dato da 0 ; inoltre, poich potremmo scegliere anche una superficie sferica che circonda una
carica che non posta al centro della sfera, possiamo dedurre che il flusso attraverso la superficie indipendente dalla
posizione della carica allinterno della superficie. Considerando, invece, una carica posta al di fuori di una superficie
chiusa, poich il numero di linee di forza che entrano nella superficie identico al numero di quelle che ne escono, il
flusso elettrico totale che attraversa una superficie chiusa che non circonda alcuna carica nullo. Dunque, il teorema di
Gauss, che una generalizzazione della discussione precedente, afferma che il flusso totale attraverso una qualunque

superficie chiusa dato da = = , dove rappresenta la carica totale interna alla superficie. In linea di
0

principio, il teorema di Gauss pu essere utilizzato sempre. In pratica, per, la tecnica utile solo in un limitato numero
di casi in cui vi sia un alto grado di simmetria: in particolare, le superfici per cui il teorema valido, dette superfici
Gaussiane, prevedono simmetria sferica, cilindrica o piana. Ad ogni modo, la superficie gaussiana una superficie
matematica e non necessario che corrisponda ad una superficie fisica.

Potenziale Elettrico e Capacit


Poich la forza elettrostatica o di Coulomb conservativa, i fenomeni elettrostatici possono essere convenientemente
descritti in termini di una funzione energia potenziale elettrica, che ci permette a sua volta di definire una quantit, detta
potenziale elettrico, che una funzione scalare della posizione. In particolare, quando una carica puntiforme 0
immersa in un campo elettrico , la forza elettrica agente su di essa 0 . Questa forza la somma vettoriale delle
singole forze esercitate dalle cariche che generano il campo. Poich le singole forze, governate dalla legge di Coulomb,
sono conservative, lo anche la forza 0 . Quando, quindi, la carica 0 si muove allinterno del campo, sollecitata dalla

forza elettrica allinterno del campo elettrico, il campo compie lavoro sulla carica. Per un infinitesimo spostamento ,
il lavoro compiuto dal campo elettrico sulla carica = 0 . Il lavoro svolto dal campo elettrico sulla particella
carica varia lenergia potenziale del sistema isolato carica-campo di una quantit = = 0 . Per uno
spostamento finito della particella di prova di carica 0 fra i punti A e B, la variazione di energia potenziale del sistema
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carica-campo = = 0 . Questo integrale non dipende dal cammino seguito per andare da A a

B, poich la forza 0 conservativa.

Poich lenergia potenziale dipende sia dalle cariche che generano il campo sia dalla carica di prova 0 , pi conveniente
introdurre una nuova grandezza che sia indipendente dalla carica di prova. Questa grandezza il potenziale elettrico,

corrispondente allenergia potenziale elettrica per unit di carica di prova. In simboli, . Poich lenergia potenziale
0

uno scalare, lo anche il potenziale. Inoltre, esso non una propriet del sistema carica-campo, poich abbiamo diviso
per la carica, bens una propriet soltanto del campo.

La differenza di potenziale (chiamata anche tensione o voltaggio) = fra i punti A e B definita come la
variazione di energia potenziale del sistema carica-campo, quando la carica di prova 0 si muove fra i due punti, divisa
per la carica 0 della particella di prova. In simboli, =

= . da notare che questa formula definisce

soltanto la differenza di potenziale: la funzione potenziale elettrica spesso presa uguale a zero in un punto conveniente,
chiamato terra o massa. Abitualmente, fissiamo il potenziale dovuto ad una o pi cariche sorgenti uguale a zero in un
punto posto allinfinito. Con questa scelta, diciamo che il potenziale elettrico di un punto arbitrario uguale al lavoro
per unit di carica necessario per portare una particella di prova dallinfinito al punto, diviso per la carica della particella

di prova. In questo modo, se prendiamo = 0 allinfinito, il potenziale in ogni punto P sar uguale a = ,

essendo , in realt, la differenza di potenziale fra il punto P ed un punto allinfinito. Lunit di misura del potenziale
il volt (V), equivalente ad 1; cio, se poniamo una particella con carica di 1C in un campo elettrico ed essa si muove
da un punto a potenziale pi alto ad uno a potenziale pi basso attraverso una differenza di potenziale di 1V, il campo
avr svolto 1J di lavoro su di essa ed essa raggiunger unenergia cinetica di 1J. Inoltre, la differenza di potenziale ha
anche le dimensioni del campo elettrico moltiplicato per una distanza; da questo consegue che il campo elettrico, oltre
che in , si pu anche esprimere come , il che suggerisce che il campo elettrico pu essere interpretato come la
derivata spaziale del potenziale elettrico. Un intenso campo elettrico corrisponde ad un potenziale che varia rapidamente
nello spazio, mentre un debole campo elettrico rappresenta un potenziale che varia lentamente.
Ununit denergia comunemente usata in fisica lelettronvolt (eV). 1 = (1)(1) = (1.60 1019 )(1 ) =
1.60 1019. Un eV lenergia cinetica guadagnata da una particella con carica e accelerata attraverso una differenza
di potenziale di 1V. Nonostante il nome possa trarre in inganno, quindi, lelettronvolt non ununit di potenziale
elettrico, ma di energia potenziale.
In un campo elettrico uniforme, diretto lungo lasse y negativo, la differenza di potenziale fra due punti A e B separati da

una distanza d, misurata parallelamente alle linee di campo, uguale a = = 0 =

. Ma poich E costante, pu essere portato fuori dal segno di integrale: = = , in cui il segno

meno deriva dal fatto che il punto B si trova ad un potenziale minore del punto A: in generale, le linee di campo elettrico
sono sempre dirette nella direzione di un potenziale elettrico decrescente. Supponiamo, ora, che una particella di prova
con carica 0 si muova da A a B; la variazione dellenergia potenziale elettrica del sistema carica-campo si pu calcolare
come = 0 = 0 . Da questo risultato vediamo che se 0 positivo, negativo. Quindi, quando una carica
positiva si muove nel verso del campo elettrico, lenergia potenziale elettrica del sistema carica-campo diminuisce,
analogamente ad un oggetto che cade da unaltezza d in un campo gravitazionale (uniforme). Inoltre, se una particella
carica positivamente 0 abbandonata in un campo elettrico uniforme , essa subisce una forza elettrica 0 nella
direzione (e verso) del campo elettrico, guadagnando energia cinetica. Poich la particella guadagna energia cinetica, il
sistema carica-campo perde una uguale quantit di energia potenziale. Questo risultato anchesso analogo al caso
gravitazionale ed laffermazione del principio di conservazione dellenergia meccanica nel caso di un sistema isolato
costituito da una carica immersa in un campo elettrico. Viceversa, se 0 negativa, positiva e, se abbandonata in
quiete nel campo , essa viene accelerata nel verso opposto a quello del campo elettrico ed il sistema carica-campo

perde energia potenziale elettrica (questo caso non ha un analogo nel campo gravitazionale, poich la massa sempre
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positiva). Infine, questi risultati dimostrano che tutti i punti che giacciono in un piano perpendicolare ad un campo
elettrico uniforme si trovano allo stesso potenziale; una qualunque superficie costituita da un insieme di punti allo stesso
potenziale elettrico detta superficie equipotenziale.
Una carica puntiforme positiva isolata q produce un campo elettrico radiale uscente dalla carica il cui potenziale elettrico

a distanza r pari a = . Da ci si deduce che V costante su una superficie sferica di raggio r: infatti, le superfici

equipotenziali per una particella puntiforme isolata sono rappresentate da una famiglia di sfere concentriche alla
carica; si noti che esse sono perpendicolari alle linee di campo, come accade per un campo elettrico uniforme. Il
potenziale elettrico generato da una o pi cariche puntiformi si ottiene applicando il principio di sovrapposizione: il
potenziale in un punto P dovuto a pi cariche puntiformi la somma (algebrica, non vettoriale) dei potenziali dovuti alle

singole cariche. In formula, = , assumendo il potenziale nullo allinfinito. Se 2 il potenziale dovuto alla carica

2 in un punto P, il lavoro necessario per portare una seconda carica 1 dallinfinito a P senza accelerazione dato da
1 2 . Questo lavoro corrisponde allenergia immagazzinata nel sistema, ovvero allenergia potenziale elettrica di una
coppia di particelle cariche, data da = 1 2 =

1 2
12

. Si noti che se le cariche sono di segno uguale, U positiva: ci

consistente col fatto che cariche uguali si respingono, e quindi bisogna compiere un lavoro positivo sul sistema per
avvicinarle. Al contrario, se le cariche sono di segno opposto, si attrarranno e lagente esterno deve compiere un lavoro
negativo per evitare che la carica 1 acceleri su 2 .

Il potenziale elettrico dovuto ad una distribuzione continua di carica pu essere calcolato considerando il potenziale
generato da un piccolo elemento come una carica puntiforme; il potenziale in un certo punto P dovuto a dq

quindi =

. Per ottenere il potenziale totale integriamo lequazione per sommare i contributi di tutti gli elementi

della distribuzione di carica. In formula, =

Quando un conduttore in equilibrio elettrostatico carico, la carica distribuita sulla superficie esterna del conduttore.
Inoltre, il campo elettrico nelle vicinanze immediate della superficie di un conduttore in equilibrio elettrostatico
perpendicolare alla superficie, mentre il campo allinterno del conduttore nullo. Ogni punto sulla superficie di un
conduttore carico, inoltre, si trova allo stesso potenziale, poich per due punti sulla sua superficie sempre

perpendicolare allo spostamento , per cui = 0. Quindi, la differenza di potenziale fra due punti sulla superficie
di un conduttore carico necessariamente zero. Una tale superficie , quindi, equipotenziale. Inoltre, poich il campo
elettrico allinterno nullo, possiamo concludere che il potenziale allinterno costante dovunque ed uguale al suo valore
sulla superficie. Quindi, non necessario compiere lavoro per muovere una carica di prova dallinterno di un conduttore
carico fin sulla superficie.
Un circuito elettrico consiste di un certo numero di componenti elettrici (o elementi circuitali), collegati fra di loro da fili
conduttori, a formare uno o pi circuiti chiusi, che si possono considerare come sistemi che mostrano un particolare
comportamento. Uno degli elementi di circuito pi importanti il condensatore. Un condensatore consiste di due
conduttori di forma qualsiasi, con cariche opposte di segno ma uguali di modulo, tra i quali stabilita una differenza di
potenziale. Il condensatore, dunque, immagazzina cariche (collegando i due conduttori scarichi ai poli di una batteria).
La differenza di potenziale ai capi di un condensatore il modulo della differenza di potenziale fra i due conduttori,
proporzionale alla carica del condensatore, definita come la quantit di carica presente su una delle due armature. La
capacit di un condensatore definita come il rapporto fra la carica del condensatore ed il valore assoluto della
differenza di potenziale ai capi del condensatore, ovvero una misura della quantit di carica che pu essere
immagazzinata in un dato condensatore, per una certa differenza di potenziale. In simboli,

. Per definizione, la

capacit una grandezza sempre positiva; inoltre, per un dato condensatore, la quantit costante, poich la
differenza di potenziale proporzionale alla carica. Lunit di misura della capacit il farad (), equivalente ad 1,
cos chiamato in onore di Michael Faraday. Il farad ununit di misura molto grande: nella pratica, i condensatori hanno
capacit nellordine del o . La capacit di un condensatore dipende dalle caratteristiche geometriche dei
conduttori. Un condensatore piano, per esempio, costituito da due piastre parallele della stessa area A, separate da una
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distanza D, ha una capacit C che dipende appunto dallarea e dalla distanza, cosa che appare alquanto intuitiva. In
simboli, =

. Un condensatore cilindrico, invece, costituito da un conduttore cilindrico di raggio a e carica Q

contenuto in un altro conduttore cilindrico coassiale di raggio b e carica Q. La sua capacit data da =

, dove

la lunghezza del dispositivo. Un esempio di tale condensatore un cavo coassiale, costituito appunto da due
conduttori cilindrici separati da un isolane. Il cavo percorso da correnti di verso opposto nei conduttori interno ed
esterno. Questa geometria viene usata allo scopo di schermare il segnale elettrico da influenze esterne.
Nei circuiti elettrici, due o pi condensatori possono essere collegati in vari modi ed possibile calcolare la capacit
equivalente di queste combinazioni. Due condensatori possono essere collegati in parallelo secondo questo
procedimento: le armature di sinistra di entrambi i condensatori sono collegate mediante un filo conduttore al polo
positivo di una batteria e sono, quindi, al suo stesso potenziale. Analogamente, le armature di destra sono collegate al
polo negativo della batteria e sono quindi al suo stesso potenziale. La tensione applicata ai capi della combinazione e la
tensione applicata ai capi di ciascun condensatore sono, quindi, la stessa tensione dei morsetti della batteria. Le
armature di sinistra diventano, quindi, cariche positivamente, mentre quelle di destra si caricano negativamente.
Quando la tensione ai capi uguale a quella ai terminali della batteria, il flusso di cariche cessa. A questo punto, i
condensatori hanno raggiunto la loro carica massima, che chiamiamo 1 e 2 . La carica totale immagazzinata nei due
condensatori , dunque, pari a = 1 + 2 . Un condensatore equivalente che abbia una capacit equivalente deve
avere sul circuito esattamente lo stesso effetto dei due condensatori in parallelo, cio deve accumulare una carica Q e
la sua tensione deve essere uguale a . Per cui, = e, per i singoli condensatori, 1 = 1 e 2 = 2 .
Sostituendo queste relazioni, si ottiene che = 1 + 2 , ossia, per due (o pi) condensatori collegati in

parallelo, la capacit equivalente pari alla somma algebrica delle singole capacit ed maggiore di quella di ciascuno
dei singoli condensatori. In simboli, = 1 + 2 + 3 + .

Due condensatori possono anche essere collegati in serie. In questo caso, il valore assoluto della carica lo stesso su
tutte le armature. Infatti, subito dopo linserimento della batteria nel circuito, larmatura di destra di 1 e quella di
sinistra di 2 formano un conduttore isolato, per cui qualsiasi carica negativa entri in unarmatura dal filo di
collegamento deve essere uguale alla carica positiva dellaltra armatura, per mantenere la neutralit del conduttore
isolato: ci lequivalente del modello del sistema isolato per la carica elettrica. La capacit di un conduttore equivalente,
che svolga la stessa funzione del collegamento in serie, quindi, deve consentire una carica sullarmatura destra ed
una + su quella sinistra. In formula, =

. Poich larmatura di destra di 1 e larmatura di sinistra di 2 formano

un conduttore isolato, ambedue le armature si trovano allo stesso potenziale . Chiamando il potenziale dellarmatura
sinistra di 1 e quello dellarmatura destra di 2 , la differenza di potenziale tra di loro, poich esse sono
collegate direttamente alla batteria, deve essere uguale a = . Se sommiamo e sottraiamo a
questa equazione, otteniamo = ( ) + ( ) = + 2 , dove 1 e 2 sono le differenze di
potenziale ai capi dei condensatori 1 e 2 . In generale, la differenza di potenziale ai capi di un qualsiasi numero di
condensatori in serie uguale alla somma delle differenze di potenziale ai capi dei singoli condensatori. Poich la
relazione = pu essere applicata a ciascun condensatore, la differenza di potenziale ai capi di ognuno di essi
data da 1 =

e 2 =

. Eliminando e semplificando Q, otteniamo la relazione secondo cui il reciproco della

capacit equivalente la somma algebrica delle singole capacit e, quindi, la capacit equivalente di un collegamento
1

in serie sempre minore delle capacit dei singoli condensatori. In simboli, = + + + .

In tutti i contesti in cui fluisce una carica, si dice che vi una corrente. Supponendo che le cariche si muovano
perpendicolarmente ad una superficie di area (per esempio, la sezione trasversale di un filo), la corrente elettrica
definita come la rapidit con cui la carica elettrica fluisce attraverso questa superficie. In simboli, =

. Se la

rapidit varia nel tempo, la corrente istantanea il limite per tendente a zero dellespressione precedente. In simboli,

. Lunit di corrente nel SI lampere (), equivalente ad 1 , ossia 1 A di corrente equivale al

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passaggio della carica di 1 C attraverso una superficie in 1 s. Per convenzione, si sceglie come verso positivo della corrente
quello in cui fluisce la carica positiva, indipendentemente dal segno reale della particelle in moto. Per esempio, in un filo
di rame, dove la corrente dovuta al moto di elettroni, carichi negativamente, il verso della corrente opposto a quello
del flusso degli elettroni. Viceversa, per un fascio di protoni in un acceleratore di particelle, la corrente ha lo stesso verso
del moto dei protoni.
Per un campo elettrico uniforme in un conduttore di sezione uniforme, la differenza di potenziale ai capi del conduttore
proporzionale al campo elettrico; allora, quando una differenza di potenziale viene applicata agli estremi di un
conduttore metallico, la corrente nel conduttore proporzionale alla tensione applicata, cio . Questa costante
di proporzionalit la resistenza R del conduttore, definita appunto come il rapporto fra la tensione ai capi del
conduttore e la corrente elettrica che esso trasporta. In simboli,

. Lunit di misura della resistenza il volt su

ampere, chiamato ohm (). Ossia, se la differenza di potenziale di 1 V ai capi di un conduttore determina una corrente
di 1 A, la resistenza del conduttore di 1 .
Per molti materiali, inclusi la maggior parte dei metalli, gli esperimenti dimostrano che la resistenza costante su un
grande intervallo di tensioni applicate. Questo comportamento noto come legge di Ohm, da Georg Simon Ohm, il
primo a condurre uno studio sistematico sulla resistenza elettrica. La legge di Ohm non una legge fondamentale della
natura, ma una relazione empirica valida soltanto per certi materiali e certi dispositivi e soltanto in un campo limitato di
condizioni. I materiali o dispositivi che obbediscono alla legge di Ohm e presentano, quindi, una resistenza costante in
un grande intervallo di tensioni, si chiamano ohmici. Un resistore un semplice elemento circuitale che fornisce una
specifica resistenza in un circuito elettrico. La tensione ai capi di un resistore il prodotto della resistenza e della corrente
nel resistore.
La resistenza di un filo conduttore ohmico proporzionale alla sua lunghezza ed inversamente proporzionale alla sua

sezione . Cio, = , dove la costante di proporzionalit chiamata resistivit del materiale ed ha unit ohm per

metro ( ). Ogni materiale ohmico ha una specifica resistivit, parametro che dipende dalle propriet del materiale
e dalla temperatura. Il reciproco della resistivit definito conducibilit . Quindi, la resistenza di un conduttore ohmico

si pu anche esprimere in termini della sua conducibilit come = . La resistenza di un conduttore , quindi
direttamente proporzionale alla sua lunghezza ed inversamente proporzionale alla sua sezione, analogamente al flusso
di un liquido attraverso un condotto.

La resistivit dipende da numerosi fattori, uno dei quali la temperatura. Per la maggior parte dei metalli, in un
intervallo limitato di temperature, la resistivit varia in maniera approssimativamente lineare, secondo la legge della
variazione della resistivit con la temperatura = 0 [1 + ( 0 )], dove la resistivit ad una certa temperatura
T (in gradi Celsius), 0 la resistivit ad una temperatura di riferimento 0 (ordinariamente 20) ed il coefficiente
termico della resistivit, che pu essere espresso come =

. Poich la resistenza proporzionale alla resistivit, la

variazione della resistenza con la temperatura pu essere scritta come = 0 [1 + ( 0 )]. Esiste una classe di
metalli e composti per cui la resistenza diventa zero al di sotto di una particolare temperatura critica . Essi sono noti
come superconduttori.
Quando una carica passa attraverso un resistore, il sistema perde energia potenziale elettrica. Ovviamente, il sistema
riacquista questa energia quando la carica attraversa la batteria, a spese dellenergia chimica della batteria. La rapidit
con cui il sistema perde energia potenziale quando la carica passa attraverso il resistore uguale alla rapidit con cui il
sistema guadagna energia interna nel resistore e rappresenta la potenza elettrica = . Questa equazione si pu
usare per determinare la potenza trasferita da una sorgente di tensione a qualsiasi dispositivo che trasporti una corrente
avente una differenza di potenziale ai suoi capi. Possiamo esprimere la potenza fornita ad un resistore anche come
= 2 =

()2

. Lunit di potenza sempre il Watt (); lunit di energia usata dalle societ elettriche per calcolare

il trasferimento di energia il kilowattora, che la quantit di energia trasferita in 1 ora alla potenza costante di 1 kW.
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30

Lentit che mantiene costante la tensione si chiama sorgente di f.e.m. (abbreviazione di forza elettromotrice, termine
scorretto, poich essa non una forza, bens una differenza di potenziale). Le sorgenti di f.e.m. sono costituite da
qualsiasi dispositivo che aumenta lenergia potenziale di un sistema circuitale mantenendo una differenza di potenziale
tra punti del circuito mentre le cariche si muovono lungo il circuito stesso. Si pu pensare, quindi, ad una sorgente di
f.e.m. come ad una pompa di carica. La f.e.m. di una sorgente esprime il lavoro svolto per unit di carica e, quindi, la
sua unit di misura nel SI il volt. Ma la differenza di potenziale ai capi di una batteria non uguale alla f.e.m. della
batteria, poich una batteria reale contiene sempre una resistenza interna r. Di conseguenza, la tensione ai capi della
batteria data da = . . . ; la f.e.m. , quindi, uguale alla differenza di potenziale a circuito aperto, cio la
tensione quando la corrente zero. Si osserva che la tensione ai capi deve essere uguale anche alla differenza di
potenziale ai capi della resistenza esterna , chiamata resistenza di carico; cio, = . Mettendo a sistema questa
e lequazione precedente, otteniamo la relazione . . . = + , da cui si ottiene la seguente relazione per la

corrente: =

...
+

. Ci dimostra che la corrente dipende sia dalla resistenza esterna alla batteria che da quella interna

. Si pu notare anche che se molto pi grande di , possiamo adottare un modello semplificato in cui trascuriamo
.

Quando due o pi resistori sono collegati insieme in modo che abbiano un solo estremo in comune per ogni coppia, si
dice che sono collegati in serie; importante notare che la carica che passa nei due resistori la stessa, poich la
carica che fluisce attraverso 1 deve essere uguale a quella che fluisce attraverso 2 . Poich la stessa quantit di carica
passa attraverso entrambi i resistori in un dato intervallo di tempo, anche la corrente la stessa in entrambi i resistori.
Quindi, la differenza di potenziale applicata uguale a = 1 + 2 = (1 + 2 ); la differenza di potenziale ,
quindi, applicata anche alla resistenza equivalente: = . Mettendo insieme queste equazioni, vediamo che
possiamo sostituire i due resistori in serie con una sola resistenza equivalente il cui valore la somma delle singole
resistenze: = = (1 + 2 ) = 1 + 2 . La resistenza equivalente di un insieme di resistori collegati in
serie uguale alla somma algebrica delle singole resistenze ed sempre maggiore di ciascuna di esse. In simboli, =
1 + 2 + 3 + .

Consideriamo ora due resistori collegati in parallelo: in questo caso, la differenza di potenziale ai capi dei resistori la
stessa, poich ciascun resistore collegato direttamente ai capi della batteria. Invece, la corrente in ciascun resistore
generalmente diversa. Quando le cariche arrivano al primo nodo, la corrente si divide in due parti, 1 che passa attraverso
1 ed 2 che passa attraverso 2 . Se 1 maggiore di 2 , 1 sar minore di 2 . Naturalmente, per la legge della
conservazione della carica, la corrente che entra nel nodo deve essere uguale alla corrente totale che ne esce. In simboli,
= 1 + 2 . Poich la differenza di potenziale ai capi di ogni resistore deve essere la stessa, dalla legge = si

ottiene: = 1 + 2 =

, dove una singola resistenza equivalente che ha lo stesso

effetto sul circuito; cio, essa fa s che vi sia la stessa corrente nella batteria. Da questo risultato si ottiene che il reciproco
della resistenza equivalente di due o pi resistori collegati in parallelo uguale alla somma algebrica dei reciproci delle
1

singole resistenze e la resistenza equivalente sempre minore della pi piccola resistenza dellinsieme. In simboli,
1

+ .

Come abbiamo visto, circuiti semplici possono essere analizzati usando lequazione = e le regole per i
collegamenti in serie e in parallelo dei resistori. Tuttavia, i resistori possono essere collegati in modo tale che i circuiti
non possano essere ridotti ad un singolo resistore equivalente. Il procedimento per analizzare circuiti complessi
enormemente semplificato con luso di due semplici regole, dette leggi di Kirchhoff: la prima, spesso chiamata legge dei
nodi, afferma che la somma delle correnti che entrano in un nodo uguale alla somma delle correnti che ne escono; in
simboli, = 0. La seconda, invece, detta legge delle maglie, afferma che la somma delle differenze di potenziale
ai capi di ogni elemento allinterno di una maglia deve essere uguale a zero; in simboli, = 0. La legge dei
nodi una conseguenza della conservazione della carica: qualsiasi corrente entri in un dato punto di un circuito, deve
poi lasciare quel punto, poich la carica non pu nascere o scomparire in un punto. La seconda legge , invece, una
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conseguenza della conservazione dellenergia: supponendo che una carica si muova in un qualsiasi percorso chiuso in un
circuito, il circuito deve guadagnare e perdere la stessa quantit di energia.

Forze e Campi Magnetici


Il fenomeno del magnetismo era conosciuto gi dai Greci nell800 a.C. e la bussola, strumento che sfrutta questo
fenomeno, pare fosse utilizzata in Cina gi dal XIII secolo a.C. A differenza delle cariche elettriche, che possono essere
isolate, i poli magnetici si trovano sempre a coppie: ogni pezzetto di magnete permanente, tagliato un numero
grandissimo di volte, sar sempre un dipolo magnetico. I poli sono chiamati Nord (N) e Sud (S). Hans Christian Oersted,
nel 1819, scopr poi la relazione fra elettricit e magnetismo, notando che una corrente elettrica che percorre un filo fa
deflettere un ago magnetico che si trovi nelle vicinanze.
conveniente descrivere le interazioni fra oggetti carichi in termini di campi elettrici che circondano cariche elettriche
stazionarie. Lo spazio che circonda una carica elettrica in moto, invece, sede di un campo magnetico, oltre che di un
in ogni punto la direzione verso cui punta il polo
campo elettrico. La direzione ed il verso di un campo magnetico

nord dellago di una bussola in quel punto. Si pu tracciare il campo magnetico di una sbarretta magnetica con laiuto
di una bussola, definendo una linea di campo magnetico, analogamente a quanto fatto per il campo elettrico. Lesistenza
di un campo magnetico in un certo punto dello spazio pu essere determinata misurando la forza che si esercita su

una appropriata particella di prova (elettricamente carica, per esempio un protone) posta in quel punto. Si trova
sperimentalmente che la forza magnetica proporzionale alla carica ed al modulo della velocit della particella.
Inoltre, quando una particella carica si muove parallelamente al vettore campo magnetico, la forza magnetica che agisce
sulla carica nulla, mentre quando il vettore velocit forma un angolo con il campo magnetico, la forza magnetica
: cio, la forza magnetica perpendicolare al piano formato da e
.
agisce in direzione perpendicolare sia a che a

Inoltre, si trova sperimentalmente che la forza magnetica su una carica negativa diretta in verso opposto a quella che
agisce su una carica positiva che si muova nello stesso verso. Questi risultati mostrano che la forza magnetica agente
su una particella pi complicata della forza elettrica. Queste osservazioni si possono riassumere in una forma compatta:
. Lunit di misura nel SI del campo magnetico il tesla (T), uguale ad 1 . Il modulo della forza
=
; , invece, nulla
magnetica , quindi, uguale a || : , quindi, massima (||) quando perpendicolare a
( = 0 180). La direzione ed il verso si ricavano con la regola della mano
quando parallela o antiparallela a
destra.

La forza magnetica che agisce su una particella carica in moto in un campo magnetico perpendicolare alla velocit
della particella e, di conseguenza, il lavoro svolto dalla forza magnetica sulla particella zero. Consideriamo il caso di
una particella carica positivamente che si muova in un campo magnetico uniforme quando il vettore velocit iniziale
della particella perpendicolare al campo. La particella si muove lungo una traiettoria circolare il cui piano
perpendicolare al campo magnetico. Il raggio della traiettoria pu essere determinato con lapplicazione della seconda
legge di Newton: = = =

; il raggio della traiettoria , quindi, proporzionale alla

quantit di moto della particella ed inversamente proporzionale alla sua carica e allintensit del campo magnetico. Il
periodo del moto uguale alla lunghezza della circonferenza diviso per la velocit della particella. In simboli, =

. Questi risultati mostrano che la velocit angolare della particella ed il periodo del moto circolare non

dipendono dalla velocit traslazionale della particella o dal raggio dellorbita di una data particella in un campo
magnetico uniforme. La velocit angolare spesso indicata come frequenza di ciclotrone, poich particelle cariche
ruotano con questa velocit angolare in un tipo di acceleratore chiamato ciclotrone.
,
Se una particella carica si muova in un campo magnetico uniforme con la sua velocit che forma un certo angolo con
la sua traiettoria elicoidale. Per esempio, se il campo nella direzione , non c alcuna componente della forza nella
direzione . Di conseguenza, = 0 e la componente della velocit rimane costante. Tuttavia, la forza magnetica
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fa variare nel tempo le componenti e ed il moto risultante unelica che ha il suo asse parallelo al campo

magnetico.
Poich su una singola particella carica che si muove in un campo magnetico esterno si esercita una forza magnetica, non
dovrebbe meravigliare che anche un filo percorso da corrente sia soggetto ad una forza magnetica quando venga posto
in un campo magnetico esterno. Tutto ci deriva dal fatto che la corrente non altro che un insieme di molte particelle
cariche in movimento, quindi la forza magnetica risultante sul filo dovuta alla somma di tutte le singole forze
magnetiche sulle particelle cariche. Si pu osservare la forza magnetica che agisce su un filo percorso da corrente
sospendendo un filo tra le facce di un magnete. Il filo si piega a sinistra o a destra quando attraversato da corrente (a
seconda del verso stesso della corrente). Per rendere questa discussione quantitativa, possiamo esprimere la forza

un vettore diretto nel verso della corrente
, dove
magnetica su un conduttore percorso da corrente come =

, il cui modulo uguale alla lunghezza del tratto. Questa espressione si applica unicamente al caso di un tratto rettilineo
di un filo in un campo magnetico esterno uniforme. Per un filo di forma arbitraria e sezione uniforme, lespressione
=
, dove a e b sono due punti arbitrari e un vettore che rappresenta la
diventa =

lunghezza del tratto, con il suo verso uguale a quello della corrente.

Allinizio del XIX secolo, Jean-Baptiste Biot e Flix Savart giunsero ad unespressione per il campo magnetico in un punto
dello spazio in funzione della corrente che genera il campo. La legge di Biot-Savart pu essere espressa, in simboli, come
= 2 , dove lelemento di corrente di lunghezza infinitesima del filo, il versore diretto
segue:

dallelemento al punto P dove si vuole calcolare il campo magnetico, la distanza fra lelemento ed il punto P e

una costante che, nel SI, vale esattamente 107 . La costante viene anche scritta comunemente come 0 ,
4
dove 0 unaltra costante, nota come permeabilit magnetica nel vuoto, uguale a 4 . La legge di Biot-Savart pu,

= 0 2 .
quindi, essere scritta anche nella forma
4

Immaginiamo un filo metallico rettilineo che si trovi in un campo magnetico uniforme entrante nel foglio; allinterno del
filo, vi sono elettroni liberi. Supponiamo, ora, che il filo si muova con velocit verso destra: una forza magnetica (diretta
verso il basso) agisce sugli elettroni del filo. Poich questa direzione lungo il filo, gli elettroni si muovono lungo il filo in
risposta a questa forza: quindi, si produce una corrente nel filo quando esso si muove nel campo magnetico! Un altro
semplice esperimento consiste nel collegare una spira di filo conduttore ad un galvanometro. Se si avvicina un magnete
alla spira, lindice del galvanometro si sposter in un certo verso, mentre quando il magnete tenuto fermo, lago non
si sposter. Se, poi, il magnete allontanato dalla spira, lindice si sposter nel verso opposto. Le stesse osservazioni si
ottengono se il magnete tenuto fermo ed la spira ad essere avvicinata o allontanata da esso. Si pu, quindi,
concludere che una corrente elettrica circola nel galvanometro ogni volta che vi un moto relativo del magnete rispetto
alla spira. Questa corrente, generata senza che vi sia una batteria nel circuito, chiamata corrente indotta ed generata
da una f.e.m. indotta. Michael Faraday concluse da un esperimento effettuato con una bobina che una corrente elettrica
pu essere generata da un campo magnetico variabile nel tempo (e non da un campo magnetico stazionario). Per
rendere questa affermazione quantitativa, necessario definire una grandezza chiamata flusso magnetico,
proporzionale al numero di linee di campo associate al campo magnetico (analogamente alla proporzionalit del flusso
elettrico al numero di linee di campo associate al campo elettrico). Considerando un elemento di area su una
, allora il flusso magnetico
superficie di forma arbitraria, se il campo magnetico in questo punto di questo elemento
, dove un vettore perpendicolare alla superficie, il cui modulo uguale allarea .
attraverso lelemento
. Lunit di misura del flusso nel SI il tesla per metro
Quindi, il flusso totale attraverso la superficie =
quadrato, chiamato Weber (Wb).

Si ha, quindi, una forza elettromotrice indotta in un circuito quando il flusso magnetico attraverso la superficie che limita
il circuito varia nel tempo. La legge di Faraday dellinduzione afferma, infatti, che la f.e.m. indotta in un circuito uguale
alla rapidit con cui varia il flusso magnetico attraverso il circuito. In simboli, . . . =
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, dove il flusso

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magnetico attraverso la superficie che limita il circuito. Se il circuito una bobina di N spire, tutte concentriche e di
uguale superficie, e il flusso concatenato con tutte le spire, la f.e.m. indotta sar uguale a . . . =

: la f.e.m.

aumenta di un fattore N poich tutte le spire sono in serie, cosicch le f.e.m. delle singole spire si sommano a dare la
f.e.m. totale.
Il segno negativo della legge di Faraday espressione della legge di Lenz (una legge espressa a parole, a cui non
associata alcuna equazione): la polarit della f.e.m. indotta nellavvolgimento tende a produrre una corrente il cui campo
magnetico si oppone alla variazione del flusso concatenato con il circuito. Ovvero, la corrente indotta in una direzione
tale che il campo magnetico indotto tende a mantenere il flusso iniziale attraverso il circuito.
Consideriamo un circuito formato da un interruttore, un resistore ed una sorgente di f.e.m.: quando si chiude
linterruttore, la corrente non passa istantaneamente da zero al suo valore massimo . . .; la legge di Faraday
predice il reale comportamento: aumentando la corrente nel tempo, aumenta anche il flusso magnetico concatenato
con il circuito, dovuto a questa corrente. Questo aumento di flusso magnetico da parte del circuito induce una f.e.m. nel
circuito, che si oppone alla variazione del flusso magnetico concatenato con il circuito. Dalla legge di Lenz, il campo
elettrico indotto nel filo deve essere opposto al verso della corrente e la presenza di questa f.e.m. opposta porta ad un
graduale aumento della corrente. Questo effetto detto autoinduzione, perch la variazione di flusso magnetico
concatenato con il circuito ha origine dal circuito stesso. La f.e.m. che ha origine in questo caso chiamata f.e.m.
autoindotta. Dalla legge di Faraday, sappiamo che la f.e.m. indotta data dalla rapidit con cui varia il flusso magnetico
concatenato con il circuito, con il segno cambiato. Quindi, la f.e.m. autoindotta sempre proporzionale alla rapidit con
cui varia la corrente nel tempo. Per una bobina costituita da spire, addossate luna allaltra (solenoide ideale o bobina
toroidale), si trova che . . . =

, dove una costante di proporzionalit chiamata

induttanza della bobina, che dipende dalle caratteristiche geometriche e fisiche della bobina. Da questa espressione,
vediamo che linduttanza di una bobina avente spire data da: =

, assumendo che il flusso attraverso ciascuna

spira sia lo stesso. Possiamo anche scrivere linduttanza come rapporto =

...

, indipendentemente dalla

forma o dalla grandezza del circuito. Lunit di misura dellinduttanza nel SI lhenry (H), equivalente ad 1 .

Le Onde Elettromagnetiche
Nella sua teoria unificata dellelettromagnetismo, James Clerk Maxwell dimostr che i campi elettrici e magnetici
dipendenti dal tempo soddisfano unequazione donda lineare. La pi importante conseguenza di questa teoria la
previsione dellesistenza delle onde elettromagnetiche. Le equazioni mi di Maxwell prevedono che unonda
elettromagnetica consista di campi elettrici e magnetici oscillanti; la variazione dei campi crea reciprocamente il
mantenimento della propagazione dellonda: il campo elettrico variabile induce un campo magnetico ed un campo
sono perpendicolari fra di loro e con la direzione di
magnetico variabile induce un campo elettrico. I vettori e

. La velocit a cui si muovono le onde elettromagnetiche


propagazione, ovvero la direzione del prodotto vettoriale
data dalla relazione =

0 0

= 299792 108 . Poich questa esattamente uguale alla velocit della luce (nel

vuoto), si (correttamente) portati a credere che la luce sia unonda elettromagnetica. Inoltre, in ogni istante, in unonda
elettromagnetica, il rapporto fra il campo elettrico ed il campo magnetico uguale alla velocit della luce. In simboli,

= .

Le onde elettromagnetiche viaggiano nel vuoto con velocit , frequenza e lunghezza donda . Lintervallo di
lunghezze donda e frequenze molto vasto e si distinguono, al suo interno, molti tipi diversi di onde elettromagnetiche.
Le onde radio sono il prodotto di cariche accelerate, per esempio, nel filo conduttore di unantenna radio. Le microonde
sono onde radio di piccola lunghezza donda (tra 1mm e 30cm), utilizzate nei sistemi radar, nella navigazione aerea e
per studiare le propriet atomiche e molecolari della materia, oltre a trovare unapplicazione domestica nei forni a
microonde. Le onde infrarosse hanno lunghezze donda che vanno da circa 1mm alla pi lunga lunghezza donda della
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luce visibile, pari a 7 107 , sono prodotte dai corpi caldi e dalle molecole e sono facilmente assorbite dalla maggior
parte dei materiali; la radiazione infrarossa ha molte applicazioni pratiche e scientifiche: la fotografia allinfrarosso, la
terapia fisica, la spettroscopia vibrazionale, nonch i telecomandi per TV, DVD e videoregistratore. La luce visibile
certamente la pi familiare forma di onde elettromagnetiche, definita come quella parte di spettro elettromagnetico che
locchio umano pu rivelare; prodotta dagli oggetti incandescenti, come il filo di una lampadina, e dalla disposizione
degli elettroni in atomi e molecole; le varie lunghezze donda sono classificate con colori che vanno dal violetto ( 4
107 ) al rosso ( 7 107 ); la sensibilit dellocchio umano una funzione della lunghezza donda ed massima
alla lunghezza donda di circa 5.5 107 (giallo-verde). La luce ultravioletta copre le lunghezze donda che vanno da
circa 4 107 (400 nm) fino a 6 1010 (0.6 nm); il Sole una sorgente importante di luce ultravioletta, la
principale responsabile dellabbronzatura; la maggior parte della radiazione ultravioletta proveniente dal Sole viene
assorbita dagli atomi della parte superiore dellatmosfera, chiamata stratosfera, costituita principalmente da ozono
(3 ), che risulta dallinterazione della radiazione ultravioletta con lossigeno: questo schermo di ozono converte la letale
radiazione ultravioletta di alta energia in innocua radiazione infrarossa. I raggi X sono onde elettromagnetiche con
lunghezze donda comprese in un intervallo che va da circa 108 (10 nm) fino a 1013 (104 nm); i raggi X vengono
comunemente prodotti mediante la decelerazione di elettroni ad alta energia che bombardano un bersaglio metallico;
sono usati come strumento diagnostico in medicina e per il trattamento di alcune forme di cancro, oltre che nello studio
della struttura cristallina, poich hanno lunghezze donda confrontabili con le distanze interatomiche nei solidi. I raggi
gamma, infine, sono onde elettromagnetiche emesse da nuclei radioattivi ed in alcune reazioni nucleari, hanno
lunghezze donda comprese fra circa 1010 e meno di 1014 , sono altamente penetranti e producono seri danni
quando vengono assorbiti dai tessuti viventi.

Ottica
Sebbene incontriamo la luce ogni giorno, non appena apriamo gli occhi al mattino, a questa esperienza associato un
fenomeno fisico davvero complicato. Il modello corpuscolare (capofila del quale era Isaac Newton) vedeva la luce
formata da un flusso di particelle emesse da una sorgente: esso spiegava molti fenomeni, quali la riflessione e la
rifrazione. Nel 1600 Christiaan Huygens propose una teoria alternativa, che vedeva la luce come un fenomeno
ondulatorio, dimostrando che anche un simile modello poteva spiegare riflessione e rifrazione. Tuttavia, per la grande
fama di Newton e per levidenza che la luce, a differenza delle onde conosciute allepoca (onde sonore, onde nellacqua,
etc.), avrebbe dovuto propagarsi nel vuoto (per giungere dal Sole a noi), la teoria non fu accettata. Nel 1801 Thomas
Young dimostr chiaramente la natura ondulatoria della luce, mostrando che, sotto appropriate condizioni, essa dava
origine a fenomeni di interferenza. In seguito, grazie agli ulteriori sviluppi della scienza e, soprattutto, al lavoro di James
Clerk Maxwell, il modello ondulatorio della luce fu accettato dalla comunit scientifica. Tuttavia, alcuni esperimenti
successivi, quali leffetto fotoelettrico, non potevano essere spiegati supponendo che la luce fosse unonda. Considerando
tutto ci, oggi si afferma unanimemente che la luce possiede una doppia natura: in alcuni casi corpuscolare, in altri
ondulatoria.
La natura ondulatoria della luce si basa sul modello a raggi luminosi (o approssimazione geometrica dellottica). Un
raggio una linea retta tracciata lungo la direzione di propagazione di una singola onda che mostra il percorso dellonda
quando essa viaggia nello spazio. Se unonda piana incontra un ostacolo con unapertura circolare, il cui diametro sia
grande rispetto alla lunghezza donda, londa che emerge dallapertura continua a muoversi secondo una linea retta (a
meno di alcuni piccoli effetti di bordo) e lapprossimazione geometrica continua ad essere valida; se, invece, il diametro
dellapertura dellostacolo dellordine della lunghezza donda, le onde (e conseguentemente i raggi che tracciamo) si
diffondono dallapertura in tutte le direzioni: londa entrante subisce diffrazione quando passa attraverso lapertura.
Infine, se lapertura piccola rispetto alla lunghezza donda, la diffrazione cos forte che lapertura pu essere
approssimata ad una sorgente puntiforme di onde: pertanto, leffetto della diffrazione tanto pi pronunciato quanto
pi il rapporto si avvicina a zero. Supponendo che lapertura sia un cerchio di diametro , lapprossimazione dei
raggi luminosi assume che , cosicch non avremo a che fare con gli effetti della diffrazione, che dipendono
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totalmente dalla natura ondulatoria della luce. Lapprossimazione geometrica ottima per lo studio di specchi, lenti,
prismi e strumenti ottici composti, quali telescopi, macchine fotografiche ed occhiali.
Consideriamo dei raggi luminosi incidenti su una superficie: a meno che la superficie sia perfettamente assorbente, una
certa parte della luce riflessa dalla superficie. Se la superficie molto liscia, i raggi riflessi saranno paralleli: tale
riflessione chiamata riflessione speculare. Daltro canto, se la superficie riflettente ruvida, la superficie rifletter i
raggi in varie direzioni: tale riflessione detta riflessione diffusa. Una superficie si comporter come una superficie liscia
fintantoch le rugosit superficiali sono piccole se confrontate con la lunghezza donda della luce incidente. Per esempio,
la luce passa attraverso i piccoli buchi della porta di un forno a microonde, permettendo di guardare dentro, mentre le
microonde, a causa della loro grande lunghezza donda, vengono riflesse dalla porta come se fosse un pezzo di metallo
pieno. Considerato un raggio luminoso che viaggia in aria ed incide con un certo angolo su di una superficie piana e liscia,
i raggi incidente e riflesso formano angoli 1 e 1 rispetto ad una linea tracciata perpendicolarmente alla superficie nel
punto in cui il raggio incidente colpisce la superficie. Gli esperimenti mostrano che langolo di riflessione uguale
allangolo di incidenza. In simboli, 1 = 1 , equazione nota come legge della riflessione. Il cammino di un raggio di luce
, inoltre, reversibile. Unapplicazione pratica della legge della riflessione la proiezione digitale delle pellicole
cinematografiche, spettacoli televisivi e presentazioni al computer.
Una parte dellenergia di unonda incidente su una discontinuit viene trasmessa attraverso la discontinuit. Quando un
raggio di luce che viaggia in un mezzo trasparente incide obliquamente su una superficie di separazione con un altro
mezzo trasparente (per esempio, aria-qcqua), parte del raggio riflessa, ma parte trasmessa nel secondo mezzo. Il
raggio luminoso che entra nel secondo mezzo subisce una variazione di direzione sul confine dei due mezzi e si dice che
rifratto. Il raggio incidente, il raggio riflesso ed il raggio rifratto giacciono sullo stesso piano. Langolo di rifrazione 2

dipende dalle propriet dei due mezzi e dallangolo di incidenza secondo la relazione 2 = 2 = , dove 1
1

la velocit nel mezzo 1 e 2 quella nel mezzo 2. Come nel caso della riflessione, la traiettoria di un raggio luminoso
attraverso una superficie rifrangente reversibile. La luce, passando da un mezzo ad un altro, viene rifratta poich la
sua velocit media diversa nei due mezzi. Infatti, la luce viaggia con la sua massima velocit nel vuoto. conveniente
definire lindice di rifrazione di un mezzo come il rapporto

= . Da questa

definizione vediamo che lindice di rifrazione una grandezza adimensionale maggiore o uguale allunit, poich in un
mezzo minore di . Inoltre, uguale allunit per il vuoto. Quando unonda passa da un mezzo allaltro, la sua
frequenza non varia. Poich la relazione = deve essere valida, e le velocit sono diverse, le due lunghezze donda
sono differenti. Possiamo, quindi, esprimere una relazione nota come legge della rifrazione o legge di Snell (o, in Francia,
come legge di Descartes): 1 1 = 2 2 .

Lindice di rifrazione quando la luce entra in un materiale dipende, effettuando misure molto accurate, dalla lunghezza
donda della luce, poich la velocit dellonda dipende dalla sua lunghezza donda (questa dipendenza nota come
dispersione). Ci significa che la luce viola viene rifratta pi della luce rossa quando passa dallaria ad un materiale. Ecco
perch quando una luce bianca (ovvero una combinazione di tutte le lunghezze donda visibili) passa attraverso un
prisma, i raggi che emergono dalla seconda faccia del prisma si diffondono in una serie di colori nota come spettro
visibile (rosso arancione giallo verde blu indaco violetto). Questo anche alla base del fenomeno
dellarcobaleno, dovuto alla rifrazione della luce solare attraverso le gocce di pioggia sospese nellatmosfera: essa viene
prima riflessa, poi rifratta ed infine riflessa una seconda volta, generando la serie dello spettro visibile. Si pu generare
un arcobaleno secondario, meno intenso del primario e con i colori invertiti, se la luce subisce due riflessioni allinterno
della goccia. In laboratorio sono stati generati anche arcobaleni in cui la luce subisce 30 riflessioni prima di uscire dalla
goccia dacqua.

Un effetto interessante chiamato riflessione interna totale e pu verificarsi quando la luce si propaga da un mezzo di
un dato indice di rifrazione ad uno con un indice di rifrazione minore. Ad un certo angolo di incidenza, chiamato angolo
limite, il raggio di luce si muover parallelo alla superficie; per angoli di incidenza maggiori, nessun raggio rifratto ed
il raggio incidente totalmente riflesso dalla superficie di separazione. Questo raggio riflesso dalla superficie come se
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avesse incontrato una superficie perfettamente riflettente e segue la legge della riflessione: langolo di incidenza, cio,
uguale allangolo di riflessione. Per trovare langolo limite possiamo usare la legge di Snell: se 1 = e 2 = 90,

1 = 2 90 = 2 , per cui = 2 . Si ricordi che questa equazione pu essere usata solo quando la luce si

propaga da un mezzo di un dato indice di rifrazione ad uno di indice minore, ovvero quando 1 > 2 . Langolo limite per
la riflessione interna totale piccolo quando 1 considerevolmente maggiore di 2 , come nel diamante ( = 2.42 e
= 24), il che (insieme con la sua sfaccettatura) fa s che esso scintilli quando si osserva alla luce.

Unapplicazione interessante della riflessione interna totale luso di bacchette di vetro o di plastica trasparente per
guidare la luce da un posto allaltro. Nellindustria delle comunicazioni, impulsi di luce laser si muovono lungo questi tipi
di guide, portando informazioni ad alta velocit. La luce che viaggia allinterno di una bacchetta stretta e trasparente
confinata a propagarsi entro la bacchetta, anche lungo curve dolci, come risultato di successive riflessioni interne. Una
tale guida di luce sar flessibile se si usano fibre sottili, piuttosto che bacchette spesse: tali fibre sono dette fibre ottiche.
Se si usa un fascio di fibre ottiche parallele per costruire una linea di trasmissione ottica, si possono trasferire immagini
da un punto ad un altro. Una fibra ottica consiste di un nucleo trasparente circondato da un rivestimento di un materiale
che ha un basso indice di rifrazione rispetto al nucleo; linsieme deve essere circondato da una guaina protettiva di
plastica per prevenire danni meccanici. Poich lindice di rifrazione del rivestimento minore di quello del nucleo, la luce
che viaggia nel nucleo subisce riflessione interna totale quando arriva allinterfaccia nucleo-rivestimento con un angolo
di incidenza che supera langolo limite. In questo caso, la luce rimbalza lungo il nucleo della fibra ottica, perdendo
pochissimo della sua intensit mentre si propaga. Una singola fibra ottica pu portare un segnale digitale. Se si vuole
trasportare unimmagine, serve un fascio di fibre ottiche: questi fasci sono utilizzati in medicina nel fibroscopio.

Lelemento ottico pi semplice possibile lo specchio piano. Consideriamo una sorgente puntiforme di luce posta nel
punto ad una distanza davanti ad uno specchio piano, indicata come distanza delloggetto. I raggi di luce
provenienti dalla sorgente sono riflessi dallo specchio. Dopo la riflessione, i raggi continuano a divergere (cio, si
allontanano luno dallaltro). I raggi divergenti appaiono allosservatore come provenienti da un punto dietro allo
specchio, chiamato immagine delloggetto posto in . In tutti i sistemi ottici, localizzeremo le immagini con i
prolungamenti dei raggi divergenti, fino al punto immagine in cui tali prolungamenti si incontrano. Le immagini sono
localizzate o in un punto da cui i raggi luminosi realmente divergono o in un punto da dove appaiono divergere. La
distanza tra limmagine e lo specchio chiamata distanza dellimmagine. Le immagini sono divise in reali e virtuali:
unimmagine reale quella in cui la luce passa attraverso il punto immagine e diverge; unimmagine virtuale quella
in cui la luce non passa attraverso il punto immagine, ma appare soltanto divergere da quel punto. Limmagine formata
dallo specchio appena descritto, cos come ogni immagine di un oggetto reale visto in uno specchio piano, virtuale. Le
immagini reali possono essere esposte su uno schermo (come in una proiezioni), le immagini virtuali no. Limmagine che
si forma al di l di uno specchio e loggetto che sta di fronte sono equidistanti dalloggetto: ovvero, usando la convenzione
stabilita precedentemente, = || (usiamo il simbolo di valore assoluto perch, come vedremo fra breve, ai valori di
e associata una convenzione sui segni. Inoltre, nel modello geometrico, laltezza delloggetto, che chiamiamo ,
uguale allaltezza dellimmagine, che chiamiamo . Possiamo, quindi, definire lingrandimento lineare trasversale (o
semplicemente ingrandimento) di unimmagine come:

= . Per uno specchio piano, in cui

= , = 1. Inoltre, come indica il valore positivo dellingrandimento, limmagine dritta. Tuttavia, uno specchio
piano forma unimmagine che ha unapparente inversione destra-sinistra: tuttavia, questa non realmente
uninversione destra-sinistra, bens uninversione fronte-retro, giacch, per esempio, considerando limmagine di una
mano destra, pur vero che essa appare come una mano sinistra, ma il pollice, a sinistra nella mano reale, a sinistra
anche nella mano allo specchio! Essa uninversione fronte-retro causata dai raggi di luce che arrivano allo specchio e
poi sono riflessi indietro da esso.

Consideriamo, adesso, uno specchio sferico, formato, come dice il nome, da una calotta sferica. Se la luce riflessa dalla
superficie interna, lo specchio detto concavo. Un tale specchio possiede un raggio di curvatura ed un centro di
curvatura ; inoltre, il centro della calotta sferica chiamato e la linea tracciata da a si chiama asse principale
dello specchio. Consideriamo una sorgente puntiforme di luce posta nel punto , situato sullasse principale, oltre il
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punto allesterno. Due raggi divergenti originati in , dopo essere riflessi dallo specchio, convergono e si incontrano
nel punto immagine . Poi, i raggi continuano a divergere da come se l vi fosse una sorgente di luce. Se gli occhi rivelano
i raggi divergenti dal punto , si pu affermare che una sorgente di luce posta in quel punto. A differenza di quanto
abbiamo visto nello specchio piano, stavolta i raggi di luce passano attraverso il punto immagine e limmagine , quindi,
reale. Adottiamo, ora, un modello semplificato, assumendo che tutti i raggi divergenti da un oggetto formino un piccolo
angolo con lasse principale. Questi raggi, detti raggi parassiali, si riflettono sempre attraverso il punto immagine; i raggi
che formano grandi angoli, invece, convergono in altri punti sullasse principale, producendo unimmagine sfocata.
Possiamo calcolare la distanza dellimmagine conoscendo la distanza delloggetto ed il raggio di curvatura .
Consideriamo due raggi di luce provenienti dalla punta delloggetto, immaginandolo come una freccia. Uno di questi
raggi passa attraverso il centro di curvatura dello specchio, colpisce lo specchio perpendicolarmente alla superficie
speculare e si riflette allindietro su se stesso. Il secondo raggio, invece, colpisce lo specchio dal vertice e si riflette,
obbedendo alla legge di riflessione. Limmagine della punta della freccia collocata nel punto in cui questi due raggi si
intersecano. I due raggi identificano due triangoli, da cui vediamo che = per il triangolo formato dal secondo
raggio, mentre = per il triangolo individuato dal primo raggio. Il segno meno indica che limmagine

capovolta. Da questi risultati, troviamo che lingrandimento dellimmagine uguale a =

questa equazione e dai due triangoli, possiamo trovare che

, da cui segue che

=
1

= . Da

= + = , chiamata

equazione dello specchio, applicabile solo al modello dei raggi parassiali. Se loggetto molto lontano dallo specchio,
cio la distanza delloggetto abbastanza grande confrontata con , al punto che si possa dire che tende allinfinito,

allora 1 0 per cui , cio quando loggetto molto lontano dallo specchio, il punto immagine in un punto
2

medio fra il vertice dello specchio ed il centro di curvatura. Il punto in cui i raggi (paralleli) si intersecano, dopo la
riflessione dello specchio, si chiama punto focale dello specchio, a distanza dallo specchio, detta distanza focale. In

simboli, = 2 . Lequazione dello specchio, espressa in funzione della distanza focale, diventa: + = .

Uno specchio convesso uno specchio che riflette la luce dalla superficie esterna, anche chiamato specchio divergente
poich i raggi che provengono da qualsiasi punto divergono dopo la riflessione, come se provenissero da un punto dietro
lo specchio. Limmagine prodotta da un simile specchio virtuale, invece che reale, poich la posizione da cui i raggi
sembrano aver origine dietro lo specchio. In generale, limmagine formata da uno specchio convesso sar sempre
virtuale, dritta e pi piccola delloggetto.
In conclusione, per uno specchio concavo, quando loggetto collocato al di l del punto focale, limmagine sar reale
e capovolta (e la sua grandezza varier con la posizione). Se, invece, loggetto collocato tra lo specchio ed il punto
focale, limmagine sar virtuale, dritta ed ingrandita. Per uno specchio convesso, invece, in qualsiasi punto loggetto
sia collocato, limmagine ottenuta sar virtuale, dritta e rimpicciolita.

Dispensa di Fisica Medica

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