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Corrado Roversi Regolare e costituire.

Sul carattere tecnico delle regole costitutive


N.B.: Il presente articolo in corso di pubblicazione. Si prega di non citarlo senza permesso dellautore. E-mail: (corrado.roversi@unibo.it).

Introduzione
In Italia, il concetto di regola costitutiva ha ricevuto forse pi attenzione che in qualsiasi altra parte del mondo. Mentre altrove, infatti, il lavoro attorno a questo concetto si sviluppato per lo pi in connessione con la teoria di John Searle, concentrandosi dunque in massima parte sullinterpretazione di tale teoria,1 la filosofia del diritto analitica italiana ha prodotto su questo tema un dibattito vivace, consistente sia di proposte teoriche originali sia di un accurato lavoro di critica. Ancora oggi, in Italia, il tema (se sollevato) anima una discussione che spesso si polarizza su due opposti partiti: da un lato, vi sono coloro che ritengono che le regole costitutive abbiano una portata ontologica, siano cio dotate di potenzialit creative di oggetti, stati di cose, propriet, relazioni di natura sociale, o (per usare il lessico di Searle) istituzionale; dallaltro, vi sono coloro che ritengono che le regole costitutive non siano nella sostanza diverse dalle altre regole, e che la loro apparente peculiarit sia in realt riconducibile a fenomeni normativi pi noti e meno controversi. Questo contrasto si ripropone quasi invariabilmente, perch esso nasconde due concezioni del diritto e della realt giuridica che si ritengono opposte. Tipicamente, infatti, coloro che difendono laspetto creativo delle regole costitutive danno particolare rilevanza al diritto come dominio ontologico, vale a dire come insieme di entit dotate di propriet normative peculiari, mentre coloro che minimizzano laspetto creativo delle regole costitutive ritengono che linsistenza sullaspetto ontologico sia foriera di ipostasi incompatibili con un serio empirismo. La medesima polarizzazione si ripercuote su tutte le questioni riguardanti

Fanno eccezione almeno i lavori di Alf Ross e di Georg H. von Wright, nonch, pi recentemente, il lavoro di Andrei Marmor sulle convenzioni costitutive (constitutive conventions): si veda Ross 1968, 53ss.; Wright 1971, 151ss.; Marmor 2009, 3644.

le regole costitutive, la loro natura e funzione. In questo lavoro, affronter il problema del rapporto tra regole costitutive e regole tecniche e cercher di mostrare, con riferimento a questo problema, che il suddetto contrasto di fondo non ha ragion dessere. La struttura del lavoro la seguente. Nella Sezione 1 fornir, con riferimento al pi ampio dibattito giusfilosofico italiano, alcuni chiarimenti sul mio uso del concetto di regola costitutiva. Nella Sezione 2, introdurr pi nello specifico la disputa sulla natura tecnica delle regole costitutive. Nella Sezione 3, proporr due tesi sul modo in cui le regole costitutive costituiscono il proprio oggetto, fornendo contestualmente alcuni chiarimenti sulla natura di ci che esse costituiscono. Infine, nella Sezione 4, avanzer le mie conclusioni sul carattere tecnico e, pi in generale, regolativo delle regole costitutive.

1. Alcune questioni preliminari


Nel parlare di regole costitutive con riferimento al dibattito italiano, necessario sgombrare il campo da possibili confusioni. Alla base del concetto di regola (o norma) costitutiva cos come esso discusso nella filosofia del diritto analitica italiana, infatti, presente una originaria duplicit, gi riscontrabile nelle due monografie di Gaetano Carcaterra Le norme costitutive, del 1974, e La forza costitutiva delle norme, del 1979. In un primo senso, sono state dette costitutive quelle regole (o norme) che, in quanto atti, hanno immediatamente un effetto nellordinamento giuridico. In questo senso, costitutiva una norma abrogativa perch essa, per il fatto stesso di entrare in vigore, appunto abroga. Questo tipo di costitutivit delle regole costitutive , come Carcaterra riconosce a pi riprese, un equivalente della performativit degli atti linguistici, in particolare di ci che Searle ha chiamato atti linguistici dichiarativi (declarative speech acts).2 Come un atto linguistico dichiarativo, se compiuto a determinate condizioni, determina il venire ad esistenza dello stato di cose istituzionale che esso descrive (ad esempio, con il dire questa nave si chiama Giuseppina un pubblico ufficiale attribuisce questo nome alla nave), cos una regola (o norma) costitutiva in questo primo senso, per il fatto stesso di essere stata validamente emanata ed essere entrata in vigore, determina la sussistenza delleffetto

Si veda, ad esempio, Searle 1979, 1620; Searle e Vanderveken 1985, 568. Cfr. anche Di Lucia 1997, 38.

giuridico che essa descrive come suo contenuto. In un secondo senso, sono state dette costitutive quelle regole (o norme) che creano tipi (concetti o, se si vuole, fattispecie astratte) di atti e fatti dotati di un determinato significato sociale. In questo senso, costitutiva la regola degli scacchi sullarroccamento perch essa crea il concetto di un atto che, nel corso di una partita a scacchi, ha una determinato significato. Questo tipo di costitutivit delle regole costitutive, tuttavia, non equivalente alla performativit degli atti linguistici dichiarativi, bens analoga alla capacit creativa di ci che Searle chiama constitutive rules di quegli atti linguistici. Come una regola costitutiva di un atto linguistico, per Searle, determina le condizioni di esecuzione e il fine illocutivo (illocutionary point) tipico di quellatto, cos una regola (o norma) costitutiva in questo secondo senso, per il fatto stesso di essere stata validamente emanata ed essere entrata in vigore, determina le condizioni di esecuzione e gli effetti tipici di fatti (o atti, stati di cose, eventi, ruoli, propriet, relazioni, etc.) che sono resi significanti dalla regola stessa. Sebbene si tenda spesso a sovrapporre questi due sensi di regola costitutiva in un unico concetto, siamo qui di fronte a due fenomeni essenzialmente differenti, distinguibili sotto almeno tre profili. Sotto il profilo del soggetto costituente, una regola costitutiva nel primo senso un atto linguistico produttivo di effetti, mentre una regola costitutiva nel secondo senso piuttosto una regola che rende possibile tali atti produttivi di effetti costituendone il concetto. Sotto questo specifico profilo, tuttavia, la differenza sembra potersi comporre, poich possibile (ed anzi, particolarmente nel contesto giuridico, avviene comunemente) che la regola costitutiva di fattispecie di atti o fatti giuridicamente rilevanti sia a sua volta un atto normativo che produce effetti nel sistema giuridico. Ci pu essere mostrato con riferimento allesempio delle norme abrogative. Si pu certamente sostenere, infatti, che atti immediatamente produttivi di effetti quali sono le norme abrogative (regole costitutive nel primo senso, ovvero atti linguistici dichiarativi) presuppongono regole che rendono possibile il processo di abrogazione delle norme (regole costitutive nel secondo senso, constitutive rules nel senso di Searle): nulla impedisce, tuttavia, di concepire anche queste regole costitutive dellatto di abrogazione come atti linguistici, dunque (anche) come regole costitutive nel primo senso. Una tale reinterpretazione non tuttavia sufficiente a stabilire una equivalenza tra i due tipi di regole: anche se concepite a loro volta come atti linguistici, infatti, le regole costitutive nel secondo senso si differenziano dalle regole costitutive nel primo senso sia sotto il profilo delloggetto che costituiscono sia sotto il profilo del processo tramite il quale costituiscono. Sotto il profilo delloggetto costituito, una regola costitutiva nel primo senso stabilisce immediatamente il sussistere di uno stato di cose, mentre una regola costitutiva nel secondo senso crea piuttosto il concetto (il tipo, la fattispecie astratta) di atti o fatti dotati di significato. La differenza salta agli occhi sviluppando ulteriormente lesempio delle norme abrogative: mentre una norma abrogativa (regola costitutiva nel primo senso) crea il proprio contenuto (labrogazione di una norma) come uno stato di cose immediatamente sussistente, una regola costitutiva (nel secondo senso) dellatto di abrogazione non determina limmediata 3

sussistenza del proprio contenuto (un atto di abrogazione), ma, per cos dire, ne costituisce il concetto (la fattispecie astratta): in altri termini, non determina la sussistenza immediata dellatto, ma la sua possibilit in quanto atto dotato di significato. Sotto il profilo del processo di costituzione, una regola costitutiva nel primo senso ottiene un effetto immediatamente, mentre una regola costitutiva nel secondo senso lo ottiene soltanto a determinate condizioni, e dunque in modo mediato. Di nuovo con riferimento alle norme abrogative: rispetto alleffetto dellabrogazione, una norma abrogativa (regola costitutiva nel primo senso) ha una connessione immediata, poich essa crea questo effetto nel momento stesso della propria entrata in vigore, mentre la regola (costitutiva nel secondo senso) che crea il concetto dellatto di abrogazione ha una connessione mediata, poich ottiene leffetto dellabrogare soltanto se si verificano le condizioni di attuazione dellatto che essa stessa pone (ad esempio, latto di emanazione di una norma abrogativa). Una tale differenza riguarda appunto il processo di costituzione, ed inevitabile se tentiamo di unificare i due sensi di regola costitutiva sotto il profilo delloggetto costituito (mettendo cio in relazione entrambe le regole con uno stesso oggetto, nel nostro esempio leffetto dellabrogazione). Se, invece, tentiamo di ricondurre ad unit i due sensi sotto il profilo del processo di costituzione, notando ad esempio che sia le regole costitutive nel primo senso sia le regole costitutive nel secondo senso possono essere entrambe interpretate come immediatamente costitutive di qualcosa, la divaricazione si riapre, evidentemente, sotto il profilo delloggetto di costituzione: le regole costitutive nel primo senso, infatti, costituiscono immediatamente lo stato di cose corrispondente allabrogazione di una norma, mentre le regole costitutive nel secondo senso costituiscono immediatamente qualcosa di diverso, ovvero il concetto dellatto di abrogazione come atto giuridicamente significante. La differenza tra i due sensi di regola costitutiva sembra dunque, in conclusione, non essere simultaneamente riducibile sotto tutti i profili. Com noto, Amedeo G. Conte ha notato la differenza tra questi due sensi di regola costitutiva collocandola nel quadro di una prospettiva unitaria sul fenomeno della costitutivit. Secondo Conte, i criteri rilevanti per lidentificazione del tipo di costitutivit di una regola costitutiva sono due, e corrispondono a due domande distinte: (a) la prima domanda se la regola sia o piuttosto ponga una condizione al proprio regolato; (b) la seconda quale tipo di condizione la regola sia, o ponga: se necessaria, sufficiente, o necessaria e insieme sufficiente. Una ben nota tassonomia delle regole costitutive sulla base dei due detti criteri stata proposta da Giampaolo Azzoni nel suo Condizioni costitutive, del 1986 (e ripresa pi estesamente in Il concetto di condizione nella tipologia delle regole, del 1988). La ripropongo qui di seguito, brevemente. (i) Sono regole eidetico-costitutive quelle regole che sono condizione necessaria di ci che esse regolano; ad esempio, la regola la situazione di gioco in cui il re non pu essere sottratto allo scacco con nessuna mossa ha valore di scacco matto nel gioco degli scacchi. (ii) Sono regole thetico-costitutive quelle regole che sono condizione sufficiente di ci che esse regolano; ad esempio, la regola la norma X abrogata. (iii) Sono regole noetico-costitutive quelle regole che sono condizione necessaria e sufficiente di ci 4

che esse regolano; ad esempio, la norma fondamentale di un ordinamento, se concepita ( la Felix Kaufmann) come condizione necessaria e sufficiente della possibilit di validit delle norme dellordinamento da essa individuato (Azzoni 1986, 161). (iv) Sono regole anankastico-costitutive quelle regole che pongono una condizione necessaria a ci che esse regolano; ad esempio, la regola il testamento olografo deve essere sottoscritto di mano del testatore. (v) Sono regole metathetico-costitutive quelle regole che pongono una condizione sufficiente a ci che esse regolano; ad esempio, la regola senatore di diritto a vita, salvo rinunzia, chi stato Presidente della Repubblica. (vi) Sono regole nomico-costitutive quelle regole che pongono una condizione necessaria e sufficiente a ci che esse regolano; ad esempio, la regola il riconoscimento del figlio naturale fatto nellatto della nascita, oppure con unapposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo. Leleganza ed unitariet di questa prospettiva indubbia: si tratta, evidentemente, di un framework teorico che rappresenta unoriginale estensione del concetto di costitutivit a fenomeni differenti. Essa tenta di comporre loriginaria duplicit tra i due sensi di norma costitutiva facendo riferimento alla semplice distinzione tra condizione necessaria e condizione sufficiente: in questa prospettiva, le norme costitutive nel primo senso sono thetico-costitutive, poich esse pongono attualmente il proprio oggetto (da cui lespressione thetico), mentre le norme costitutive nel secondo senso sono eidetico-costitutive, poich esse creano in primo luogo un concetto (un tipo, una fattispecie astratta) di atti o fatti (proprio da questo aspetto di costitutivit concettuale discende lespressione eidetico). Ci che mi preme qui sottolineare, tuttavia, che lappello al concetto di condizione non permette di superare la fondamentale duplicit tra i due sensi di regola costitutiva che ho sopra individuato. Come del resto anche Conte ha pi volte notato, le regole theticocostitutive e le regole eidetico-costitutive sono infatti condizione del proprio oggetto in un senso del tutto diverso: le regole eidetico-costitutive, creando un concetto, sono condizione necessaria di possibilit di ci che esse regolano, mentre le regole thetico-costitutive, istituendo immediatamente uno stato di cose, ne sono condizione sufficiente di attualit.3 A

Cfr. ad esempio Conte 1981, 84. Su questo, si veda anche Ferrari 1981, 51920.

dispetto del comune ricorso al concetto di condizione, la differenza essenziale, e pu essere clta anche tramite un semplice formalismo. Se indichiamo con R(x) la regola, e con x il suo regolato, il rapporto di condizione tra regola e regolato che Conte ravvisa nel caso di una regola eidetico-costitutiva pu essere schematicamente espresso come: R(x) x (equivalente a x R(x)), mentre il rapporto di condizione che Conte ravvisa nel caso di una regola theticocostitutiva pu essere espresso come: R(x) x.4 La differenza di posizione relativa tra regola e regolato rispetto alloperatore , nonch la presenza di un operatore modale nel primo caso, indicativa della differenza di concetto che stiamo qui trattando. Questa differenza di concetto anche mostrata dal fatto che, nella tassonomia di Azzoni, pi che mai difficoltosa linterpretazione della regola che dovrebbe combinare thetico ed eidetico-costitutivit, vale a dire la regola noetico-costitutiva intesa come condizione necessaria e sufficiente del proprio regolato. La regola noeticocostitutiva, infatti, pu essere interpretata o come condizione necessaria e sufficiente di possibilit del proprio regolato, o come condizione necessaria e sufficiente di attualit del proprio regolato o, infine, come condizione necessaria di possibilit e condizione sufficiente di attualit del proprio regolato. La prima interpretazione, palesemente, annulla la differenza tra eidetico-costitutivit e thetico-costitutivit privilegiando la prima sulla seconda: la regola condizione necessaria e sufficiente di possibilit del regolato in quanto ne costituisce completamente il concetto. La seconda interpretazione, inversamente rispetto alla prima, annulla la differenza tra eidetico-costitutivit e thetico-costitutivit privilegiando la seconda sulla prima: la regola condizione necessaria e sufficiente di attualit del regolato in quanto, come atto performativo, lo istituisce immediatamente, ed inoltre lunico modo per istituirlo. La terza interpretazione lunica che non annulla la differenza tra eideticocostitutivit e thetico-costitutivit, ma non fa altro che mantenere questa differenza sommando due processi differenti: cos interpretata, infatti, la regola insieme crea il

Si noti che queste formule hanno un semplice valore esplicativo. Ovviamente, la costruzione di un sistema di logica modale predicativa per formalizzare il rapporto di condizione tra regola e regolato va oltre i limiti del presente lavoro.

concetto di un determinato fatto significante Y e lo istituisce come effettivamente sussistente.5 Il concetto di condizione come criterio di inclusione nella categoria del costitutivo, dunque, ripropone la duplicit originaria presente in questa categoria, vale a dire quella tra costitutivo come performativo, da un lato, e costitutivo come creativo di concetti, dallaltro. Dire che sia le regole thetico-costitutive sia le regole eidetico-costitutive sono entrambe costitutive in quanto condizione del proprio regolato, infatti, non fa che mettere in ombra la sostanziale differenza tra i due fenomeni, e dunque perpetuare la gi comune confusione tra essi. In questo senso, lessere condizione del proprio regolato un criterio di inclusione troppo ampio per la categoria delle regole costitutive. Per un altro verso, invece, la tassonomia delle regole costitutive secondo il concetto di condizione distingue fenomeni della costitutivit di regole che sono analoghi e, dunque, fornisce un criterio di inclusione troppo stretto. Ci si pu mostrare facendo riferimento al rapporto tra regole eidetico-costitutive e regole anankastico-costitutive, un rapporto che gi di per s rilevante per la questione del carattere tecnico delle regole costitutive. Lesempio classico di regola anankastico-costitutiva secondo Conte ed Azzoni, infatti, anche un esempio classico di regola tecnica: il testamento olografo deve essere sottoscritto di mano del testatore. Secondo Conte ed Azzoni, la differenziazione tra regole eideticocostitutive e regole anankastico-costitutive risiede nel fatto che, mentre le prime sono condizione necessaria del proprio oggetto, le seconde pongono una condizione necessaria al proprio oggetto. La mia impressione, al contrario, che questa dicotomia concettuale finisca per distinguere tra fenomeni che sono invece, a ben vedere, assimilabili. Da un lato, infatti, le regole eidetico-costitutive pongono sempre una condizione almeno necessaria, ovvero la condizione necessaria (ed eventualmente sufficiente) per realizzare ci che connotato dal concetto che esse creano: ad esempio, la regola la situazione di gioco in cui il re non pu sottrarsi allo scacco con nessuna mossa ha valore di scacco matto nel gioco degli scacchi, oltre ad essere una condizione necessaria dello scacco matto (essa ne costituisce il concetto), pone una condizione necessaria affinch uno scacco matto si possa dare. Daltro lato, una regola anankastico-costitutiva come il testamento olografo deve

Conte ed Azzoni privilegiano con ogni probabilit la prima interpretazione: si veda ad esempio Conte 1981, 85 (in cui viene tuttavia utilizzato il sintagma regola aletico-costitutiva, alethisch-konstitutive Regel, al posto di regola noetico-costitutiva) e Azzoni 1988, 70.

essere sottoscritto di mano dal testatore pu, nel porre questa condizione necessaria, costituire il concetto di testamento olografo, e allora essa equivalente ad una regola eidetico-costitutiva, oppure porre una condizione del tutto estrinseca a qualcosa il cui concetto le pre-esiste, e allora essa una semplice regola tecnica che non ha nulla di costitutivo. In altri termini, il porre condizioni non un fenomeno proprio delle regole costitutive se esso non accompagna la capacit di creare concetti, perch porre condizioni a ci il cui concetto sia gi determinato non altro, in ultima analisi, che disciplinarne lattuazione in senso tecnico. E, se questo vero, la categoria della ipotetico-costitutivit (regole che sono costitutive in quanto pongono condizioni) non pu che dissolversi in quella delleidetico-costitutivit. Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, ho scelto nel corso di questo lavoro di privilegiare il secondo senso di regola costitutiva. Come si visto, infatti, i due sensi di regola costitutiva non sono riconducibili luno allaltro; daltro canto, il concetto di regola costitutiva nel primo senso non fa che connotare un fenomeno gi ben noto nella letteratura filosofica come performativit degli atti linguistici, e non vi alcun motivo, a mio parere, di discostarsi da questo lessico consolidato. Nel seguito, dunque, quando parler di regole costitutive intender regole costitutive nel secondo senso, ovvero regole eidetico-costitutive, ci che per lo pi Searle intende quando parla di constitutive rules. Si tratta di regole che costituiscono il concetto di fatti (o atti, stati di cose, eventi, ruoli, propriet, relazioni, etc.) dotati di un determinato significato sociale. Con specifico riferimento al rapporto tra regole costitutive e regole tecniche, peraltro, nel corso della discussione che segue non utilizzer il concetto di regola anankastico-costitutiva, n far in alcun modo riferimento ad esso. Ritengo infatti che si tratti di una categoria vuota: le regole anankastico-costitutive sono in realt o regole eidetico-costitutive (regole costitutive nel secondo senso, regole che pongono condizioni perch costituiscono concetti) o regole tecniche non costitutive.

2. Tesi dellallonomia e tesi della fondazione


Il problema del carattere tecnico delle regole costitutive non nuovo al dibattito filosoficogiuridico italiano. Esso sorto in relazione a regole costitutive in forma prescrittiva, come ad esempio la regola del gioco degli scacchi lalfiere deve muovere in diagonale. Conte ha chiamato questo tipo di regole regole eidetico-costitutive deontiche, e ha notato la loro relazione con un dovere di tipo tecnico (nella terminologia di Conte, anankastico) nel seguente passo:
Ogni regola eidetico-costitutiva deontica duna praxis (ad esempio, del gioco degli scacchi) ha come epifenomeno una omonima regola anankastica (ossia una regola fondata su un rapporto di condizione necessaria) prescrivente come agire per realizzare quella praxis. (Conte 1985, 358)

Ma, proprio con riferimento a questo passo, Mario Jori ha notato che 8

luso di un termine logicamente oscuro come epifenomeno nasconde, secondo me, quello che non pu che essere un rapporto di implicazione della c.d. regola anankastica da parte della regola eidetico-costitutiva; nasconde che le due regole sono una sola regola. (Jori 1986, 465)

Losservazione di Jori ha una portata pi generale. Egli scrive infatti:


da una parte lanankasticit appare intrinseca alla natura delle regole eidetico-costitutive, e appare alquanto artificiale e precaria la distinzione tra regola eidetico-costitutiva e regola anankastico-non-costitutiva. Dallaltra, una regola anankastica appare implicita anche nelle regole anankastico-costitutive e appare quindi alquanto artificiale e precaria la distinzione tra le stesse regole eidetico- e anankastico-costitutive [...]. (Jori 1986, 465)

Conte ha chiamato tesi dellallonomia la tesi per la quale una regola eidetico-costitutiva deontica e la corrispondente regola tecnica (anankastica) sarebbero in realt la stessa regola. Dal suo punto di vista, questa tesi fallace in quanto non distingue tra il sistema del gioco (ludus) e lattivit del giocare (lusus). Egli scrive a questo proposito:
Dalle regole eidetico-costitutive deontiche le quali costituiscono un sistema ludico (un game, o, come io ho proposto di dire, giocando sullassonanza di ludus e lusus, un ludus) si distinguono le omonime regole (non costitutive, ma) anankastiche, prescriventi come agire per realizzare il gioco: le regole anankastiche dellattivit ludica, del play, del lusus. Questa ovvia distinzione tra regole costitutive del ludus e regole anankastiche del lusus sembra disconosciuta da altri: in particolare, da coloro per i quali una regola eidetico-costitutiva deontica del ludus e lomonima regola anankastica sul lusus sono due stati allotropici di una regola (di ununica e stessa regola), ossia due allonomi: tesi dellallonomia. (Conte 1995, 332)

Secondo Conte, dunque, una regola eidetico-costitutiva deontica del ludus non una regola tecnica, ma piuttosto fonda una regola tecnica del lusus (che egli chiama regola anankastica praxeonomica) sul rapporto di condizione necessaria posto dalla prima.6 Azzoni ha chiamato questultima tesi della fondazione, e lha contrapposta alla tesi dellallonomia. Nel suo lavoro Cognitivo e normativo: Il paradosso delle regole tecniche, del 1991, Azzoni ha sviluppato la tesi della fondazione riprendendo lidea di Giovanni Brunetti secondo la quale le regole giuridiche tecniche, ovvero regole nella forma se vuoi che sia prodotta la conseguenza giuridica B, devi fare A, presuppongono la presenza nellordinamento giuridico di un principio generatore nella forma Il fatto A (positivo o negativo) produce

Sul concetto di regola anankastica praxeonomica, si veda Conte 1985, 358.

la conseguenza giuridica B, in modo analogo a come regole tecnico-strumentali nella forma se vuoi ottenere A, fai B presuppongono la verit del corrispondente enunciato descrittivo A determina causalmente B. Secondo Azzoni, tali principi generatori di regole tecniche possono essere o regole eidetico-costitutive o regole anankastico-costitutive.7 Sembra evidente che, per quanto il problema del rapporto tra regole costitutive e regole tecniche sia qui emerso con riferimento a regole in forma prescrittiva quali lalfiere deve muovere in diagonale, esso si ripropone invariato anche nel caso di regole costitutive in forma non-prescrittiva quali lo scacco matto la situazione di gioco nella quale il re non pu sottrarsi allo scacco con alcuna mossa: anche questa regola, infatti, pu essere letta come una regola tecnica che prescrive come agire se si vuole fare scacco matto. Lopposizione tra tesi dellallonomia e tesi della fondazione non dunque una opposizione relativa ad un particolare tipo di regole costitutive: essa piuttosto una opposizione sulla natura stessa delle regole costitutive e sul loro ruolo regolativo. La differenza tra la tesi della fondazione e la tesi dellallonomia pu caratterizzarsi, sinteticamente, nei termini della relazione logica che sussiste tra (i) la regola costitutiva che stabilisce una connessione tra un fatto A e le sue conseguenze B (nel nostro esempio, la regola lo scacco matto la situazione di gioco nella quale il re non pu sottrarsi allo scacco con alcuna mossa), (ii) la corrispondente regola tecnica che prescrive di porre in essere A per ottenere B (nel nostro esempio, la regola se vuoi fare scacco matto, devi fare in modo che il re dellavversario non possa sottrarsi allo scacco con nessuna mossa), e (iii) lenunciato descrittivo che descrive la connessione tra A e B (nel nostro esempio, lenunciato descrittivo del gioco degli scacchi nel gioco degli scacchi, per fare scacco matto, bisogna fare in modo che il re dellavversario non possa sottrarsi allo scacco con nessuna mossa). Secondo la tesi della fondazione, vi sono qui due regole: da un lato, la regola costitutiva, la quale in quanto principio generatore stabilisce una connessione tra lo scacco matto ed una determinata situazione di gioco e rende analiticamente vero lenunciato descrittivo che descrive la connessione; dallaltro, la regola tecnica che prescrive di realizzare quella situazione per fare scacco matto, la quale regola presuppone la verit dellenunciato descrittivo e di conseguenza lesistenza della regola costitutiva in virt della quale lenunciato vero.

Cfr. Azzoni 1991, 8393.

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Secondo la tesi dellallonomia, vi invece una sola regola: essa, in quanto simultaneamente costitutiva e tecnica, stabilisce una connessione tra lo scacco matto ed una determinata situazione di gioco mentre prescrive di porre in essere la detta situazione per fare scacco matto. Vi qui una inversione della normale relazione logica tra la regola tecnica ed il corrispondente enunciato descrittivo sul gioco degli scacchi, in quanto la verit di questultimo, invece che essere presupposta dalla regola tecnica, posta da essa. Questa opposizione ripropone, in maniera soltanto parzialmente celata, lopposizione classica sulla natura delle regole costitutive di cui si diceva in esordio, vale a dire il contrasto sulla possibilit di una realt istituzionale costituita e resa possibile da regole. La tesi della fondazione, infatti, mantendendo in modo elegante la dipendenza logica tra regole tecniche ed enunciati descrittivi e trasponendo questa relazione nellambito istituzionale come dipendenza tra regole tecniche e principi generatori di natura costitutiva, assume implicitamente che una ontologia giuridica fondata su regole dotate di potere costitutivo sia possibile ed anzi necessaria per lanalisi del fenomeno giuridico: lidea stessa di una regola costitutiva come principio generatore non altro che una elegante metafora vlta ad esprimere questa esigenza. La tesi dellallonomia, invece, tenta chiaramente di mostrare come la verit di enunciati descrittivi di una supposta realt istituzionale sia soltanto il prodotto di regole tecniche che stabiliscono come si svolge una determinata attivit sociale: per coloro che sostengono questa tesi non esistono, dunque, n sono possibili realt alternative magicamente prodotte da regole. Non tutti interpretano lopposizione tra tesi dellallonomia e tesi della fondazione come un dibattito sulla natura essenziale delle regole. Gianmarco Gometz, ad esempio, riprendendo nel suo recente libro Le regole tecniche la questione della relazione tra regole tecniche e regole costitutive (con particolare riferimento alle norme che definiscono le condizioni di validit dei negozi giuridici), ha mostrato di voler spostare la discussione da un piano ontologico ad un piano epistemologico, avanzando lipotesi che la caratterizzazione di una regola come tecnica o costitutiva dipenda pi dal punto di vista o dagli obiettivi dellanalisi piuttosto che da una supposta natura essenziale delle regole. Egli scrive a questo proposito:
Limpressione [] che le categorizzazioni delle norme sullautonomia privata operate in termini di regole anankastico-costitutive o di regole tecniche non dipendano da caratteristiche immanenti allontologia delle norme (qualunque cosa ci significhi), o dalla loro peculiare essenza o natura costitutiva o tecnica; si tratta piuttosto di qualificazioni che rispondono, e sono strumentali, a concezioni delle norme e/o del diritto differenti, sebbene non necessariamente, e non in tutto, incompatibili. Lerrore, allora, non consiste nel ritenere che norme come quella espressa dallart. 602 siano categorizzabili come regole tecniche piuttosto che categoriche, bens nel ritenere, essenzialisticamente, che tali norme siano (qualificabili esclusivamente come) regole tecniche o costitutive, in via del tutto indipendente dagli obbiettivi e dalla prospettiva che informa la categorizzazione. (Gometz 2008, 53)

Nelle sezioni che seguono, proporr una soluzione alla dicotomia tra tesi della allonomia e tesi della fondazione che in buona parte concorda con questa osservazione di Gometz. Cercher di mostrare, cio, che il fatto che una stessa regola possa essere una regola 11

costitutiva o una regola tecnica dipende dalla prospettiva che assumiamo: pu accadere, infatti, che differenti propriet di una stessa regola emergano se la si guarda da punti di vista differenti.

3. Complementariet e dipendenza delle regole costitutive


stato detto, delle regole costitutive, che esse creano la possibilit dellattivit che costituiscono (Searle 1964, 55), che costituiscono forme di attivit la cui esistenza logicamente dipendente dalle regole (Searle 1969, 55) o, ancora, che sono condizione eidetica di concepibilit e percepibilit di ci su cui esse vertono (Conte 1995, 320). Ma questo potere creativo delle regole costitutive avvolto da un alone di mistero: esso spesso guardato con scetticismo da coloro che lo ritengono oggetto di una sorta di superstizione tribale, simile alle antiche credenze sul potere magico delle formule verbali. Che le regole costitutive siano condizione di concepibilit del proprio oggetto non che un modo per dire che esse costituiscono un concetto. Non c nulla di misterioso in questo: un fatto abbastanza frequente della nostra esperienza comune che determinati concetti vengano introdotti sulla base di definizioni convenzionali. Fatti o eventi come lo scacco matto o il fuorigioco, oggetti come lasso di briscola, atti come il dire un rosario, propriet come lessere lungo un metro, relazioni come lessere padrino di battesimo, ruoli come il portiere nel calcio hanno tutti un concetto convenzionale, una regola che semplicemente stabilisce, dal nulla, di che cosa si tratta. Il problema pi serio emerge quando si passa dal concetto allesistenza: quando si dice, cio, che le regole costitutive, oltre a creare un concetto, sono condizione di possibilit del sussistere di ci che esse creano. Sembra configurarsi, qui, una misteriosa relazione tra concetto ed esistenza, come se le regole costitutive avessero il potere di proiettare il concetto che esse costituiscono allinterno della struttura ontologica del mondo. Ed questa capacit di proiezione ontologica ci che, pi di ogni altra cosa, turba lempirista: da dove discenderebbe infatti questo magico potere di modificare i limiti di ci che esiste e che non esiste? Tuttavia, anche lempirista non pu non concedere che vi sono effettivamente, nel mondo, cose che esistono soltanto perch sono gli esseri umani a concepirle come tali. Si tratta degli artefatti: oggetti che, con modalit diverse, vengono creati dagli esseri umani. Questi

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oggetti, quando sono materiali, hanno propriet che non sono riducibili alle propriet della materia bruta che li compone. Ad esempio, sebbene il David di Michelangelo sia fatto di marmo, esso non potrebbe essere ridotto ad una sfera di marmo e rimanere il David. In quanto artefatto, infatti, il David ha propriet relazionali che il marmo di cui esso costituito non ha: propriet dipendenti dalla relazione che un opera darte intrattiene con gli esseri umani in quanto fruitori sensibili al mutamento di forma.8 Per poter esistere, dunque, gli artefatti dipendono da stati intenzionali degli esseri umani, ma le modalit di questa dipendenza possono variare. Artefatti dotati di un substrato materiale, come ad esempio gli strumenti, hanno una dipendenza storica da stati intenzionali (sono cio storicamente dipendenti almeno dagli stati intenzionali dei loro autori), ma una volta creati essi esistono nello spazio e nel tempo al pari degli altri oggetti materiali: un cacciavite, ad esempio, pu continuare ad esistere anche se noi smettiamo di concepirlo come tale, fintanto che il suo substrato materiale non si disgrega (moltissimi artefatti della cui funzione si persa memoria sono tuttora conservati in celebri musei). Altri tipi di artefatti, invece, non hanno propriamente un substrato materiale e sviluppano una dipendenza costante.9 il caso, ad esempio, delle finzioni e dei personaggi fittizi, che popolano opere letterarie ed artistiche e dunque plasmano il nostro immaginario. Un personaggio letterario fittizio, ad esempio, viene creato da uno scrittore (e in questo senso in dipendenza storica da uno stato intenzionale originario), ma esso pu esistere (in modo fittizio, appunto) soltanto come parte degli stati intenzionali di coloro che fruiscono lopera di cui esso fa parte, ed dunque in una relazione di dipendenza costante dallopera e dalla sua fruizione. I cosidetti fatti (o atti, stati di cose, eventi, ruoli, propriet, relazioni, etc.) istituzionali sono anchessi, per la maggior parte, artefatti astratti che hanno una forma di dipendenza costante da stati intenzionali di esseri umani. Per poter esistere, essi dipendono in modo costante dalle regole costitutive che ne definiscono il concetto, e (cosa ancor pi importante) dal fatto che tali regole concorrano alla formazione di stati intenzionali di

Riporto qui, in maniera estremamente sintetica, un punto centrale del dibattito avvenuto nella letteratura filosofica analitica sul concetto di costituzione materiale (material constitution): si veda ad esempio Rea 1997.
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Uso qui la distinzione tra dipendenza storica (historical dependence) e dipendenza costante (constant dependence) cos come essa sviluppata in Thomasson 1999.

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individui concreti, ovvero, dal fatto che tali regole abbiano un ruolo nel contesto di una attivit sociale praticata nel suo complesso. Questultimo punto essenziale. Il concetto di un fatto istituzionale creato da una regola costitutiva deve avere un significato sociale per poter dar luogo ad un fatto istituzionale esistente come artefatto astratto: sistemi di regole costitutive creati in vitro, come semplici giochi formali non giocati da nessuno, non danno infatti luogo ad alcunch, rimangono cio lettera morta. Queste considerazioni non sono in contraddizione con una epistemologia empirista. Non vi nulla di ipostatizzante nel ritenere che artefatti astratti esistano e siano possibili. La questione , piuttosto, come siano possibili, a quali condizioni: si deve cio spiegare come possa una regola costitutiva creare un concetto dotato di significato sociale. A questo fine, intendo proporre qui due tesi. Chiamer la prima tesi della complementariet. Secondo questa tesi, per poter costituire il concetto di un fatto istituzionale in modo completo, una regola costitutiva deve sempre specificare sia le condizioni alle quali il fatto istituzionale sussiste, sia le conseguenze del suo sussistere, la sua valenza.10 Questo punto stato spesso ignorato nella discussione sulle regole costitutive. Si prenda nuovamente lesempio della regola sullo scacco matto: lo scacco matto la situazione di gioco nella quale il re non pu sottrarsi allo scacco con alcuna mossa. importante notare che, sebbene questa regola venga in pi occasioni citata in letteratura come esempio di regola costitutiva, essa non affatto costitutiva, da sola, di un concetto rilevante per il gioco degli scacchi. Supponiamo, infatti, che il gioco degli scacchi contenga soltanto questa regola relativa allo scacco matto. Cosa potremmo dire dello scacco matto? Nulla. Che rilevanza avrebbe per un giocatore di scacchi? Assolutamente nessuna. Lo scacco matto acquisisce limportanza che ha nel gioco degli scacchi soltanto quando a questa regola, che stabilisce le condizioni alle quali si fa uno

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Parler da questo punto in poi, per semplicit, di fatti istituzionali evitando di considerare le differenze categoriali che possono sussistere tra ci che viene costituito da regole costitutive. Una regola costitutiva pu, infatti, costituire il concetto di un fatto, di un atto, di uno stato di cose, di un evento, di una propriet, di una relazione, di un ruolo etc. Chiaramente, con il mutare della categoria, muta anche la natura delle condizioni fornite dalla regola costitutiva: mentre, nel caso di un fatto o stato di cose, la regola costitutiva fornisce condizioni di sussistenza, nel caso di un atto essa fornisce piuttosto condizioni di attuazione; nel caso di un evento, condizioni di accadimento; nel caso di una propriet o relazione, condizioni di attribuzione, etc. Qui, sempre per semplicit, parler perlopi di condizioni di sussistenza, ma alla luce di questo chiarimento le considerazioni svolte nel seguito per i fatti possono essere estese anche alle altre categorie formali.

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scacco matto, si associa una regola che ne stabilisce le conseguenze, la valenza: ovvero, la regola lo scacco matto ha valore di vittoria. Le regole costitutive hanno sempre, dunque, un duplice aspetto: esse sono costitutive sia per condizione sia per implicazione.11 La tesi della complementariet e lidea di costitutivit per implicazione sono molto rilevanti per una teoria delle regole costitutive. Esse mostrano chiaramente che, per poter avere un concetto completo, un fatto istituzionale deve non soltanto avere condizioni, ma anche essere condizione di qualcosa: esso deve essere, per cos dire, lanello di una catena che lo collega ad altri fatti istituzionali in due direzioni tra loro opposte. Il punto, per, se questa catena di fatti istituzionali tra loro in relazione sia tutto ci che necessario affinch una regola costitutiva possa creare il concetto di un fatto dotato di significato sociale. Posto di fronte ad una domanda analoga, Alf Ross, nel suo noto articolo T-T del 1951, risponde affermativamente. Egli sostiene, com ben noto, che termini giuridici quali diritto soggettivo o propriet non sono altro che uno strumento di presentazione della connessione tra un insieme di fatti condizionanti ed un insieme di conseguenze giuridiche.12 Questo problema mi porta alla seconda tesi, che chiamer tesi della dipendenza. Secondo la tesi della dipendenza, per poter costituire un concetto dotato di significato sociale, una regola costitutiva deve sempre collocarsi nel contesto di una pi ampia pratica gi dotata di significato. Se un insieme di regole costitutive non si collocasse entro un contesto di significato pi ampio, tali regole non potrebbero che creare un sistema di concetti vuoti, consistenti in mere relazioni strutturali reciproche ma privi, per cos dire, di una direzione, di un senso. La completezza ottenuta facendo riferimento alla tesi della complementariet non dunque sufficiente, da sola, a fornire ai concetti costituiti da regole un significato sociale in grado di dar luogo a fatti istituzionali.13 Questa tesi si pu argomentare facendo ancora una volta riferimento al classico esempio

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Una tesi analoga alla tesi della complementariet stata formulata da Frank Hindriks in Hindriks 2005, 124, e prefigurata da Joseph Ransdell in Ransdell 1971, 388.

Cfr. Ross 1957. La tesi ripresa pi estesamente nellarticolo Definition in Legal Language (Ross 1958b) e nel capitolo 6 di On Law and Justice (Ross 1958a). Recentemente, la stessa tesi stata sviluppata da Giovanni Sartor in una prospettiva inferenzialista: si veda, ad esempio, Sartor 2007. Posizioni connesse con la tesi della dipendenza sono state sviluppate in Schwyzer 1969, Lorini 2000, e pi recentemente in Marmor 2009.
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degli scacchi. Vi sono due tipi di domande che possono essere poste con riguardo al gioco degli scacchi. Da un lato, noi possiamo chiedere qual il valore di uno scacco matto, o a cosa serve larroccamento, e rispondere a domande di questo tipo facendo semplicemente riferimento alle regole costitutive degli scacchi. Ma non tutte le domande sul gioco degli scacchi trovano risposta nel sistema di regole che lo costituiscono. Potremmo infatti anche chiedere, ad esempio, perch negli scacchi i giocatori devono tentare di vincere, o perch non ammesso barare, e non troveremmo una risposta a queste domande facendo ricorso alle regole degli scacchi. Il fatto che i giocatori di scacchi devono tentare di vincere e che non possono barare non dipende propriamente da una regola degli scacchi, ma piuttosto da una verit concettuale su ci che sono gli scacchi: vale a dire, appunto, un gioco, e un gioco di tipo competitivo. Questa differenza mette in luce la possibilit di almeno due prospettive distinte da cui considerare gli scacchi: una prospettiva strutturale o ristretta, focalizzata sul sistema di regole, ed una prospettiva pragmatica pi ampia, focalizzata sulla pratica sociale nel contesto della quale il sistema di regole si inscrive. La prima prospettiva mostra le mosse, i pezzi, gli eventi, gli atti che costituiscono il gioco; la seconda mostra quali sono le caratteristiche degli scacchi in quanto esemplificazione della pratica ludica generale, una pratica sociale pi ampia gi dotata di significato. importante notare, tuttavia, che le due prospettive in questione possono essere distinte soltanto a fini analitici, in quanto esse rappresentano due modi differenti di guardare la stessa cosa. Il sistema di regole costitutive di un gioco, da un lato, e la pratica del giocare, dallaltro, non sono due cose distinte o distinguibili: seguire le regole di un gioco giocare, e quasi sempre giocare in modo competitivo implica seguire un insieme di regole. Il problema epistemologico pi che ontologico: si tratta cio di stabilire quanto ampia la prospettiva che intendiamo assumere sulloggetto della nostra analisi. Dobbiamo chiederci, dunque, se una tale variazione di prospettiva sia in grado di fornirci maggiori dettagli sulla capacit delle regole costitutive di creare fatti istituzionali dotati di significato sociale. Proviamo ad abbozzare una risposta ad una simile domanda. In una prospettiva strutturale o ristretta, il gioco degli scacchi appare come segue:
Il gioco degli scacchi giocato da due avversari, i quali muovono a turno i loro pezzi su una plancia di gioco quadrata chiamata scacchiera. Il gioco vinto dal giocatore che mette in scacco matto il re dellavversario. I giocatori hanno a disposizione i seguenti pezzi: un re, una regina, due alfieri, due cavalli, due torri, otto pedoni. La posizione iniziale dei pezzi sulla scacchiera come segue: [diagramma esplicativo]. Il re pu muovere o di una casella in qualsiasi direzione, o, una volta per partita, pu compiere un arroccamento. Larroccamento una mossa che coinvolge il re ed una delle due torri dello stesso colore: [diagramma esplicativo].

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La regina pu muovere di un qualsiasi numero di caselle in qualsiasi direzione. Lalfiere pu muovere di un qualsiasi numero di caselle, ma soltanto in diagonale. La torre pu muovere di un qualsiasi numero di caselle, ma soltanto in linee ortogonali, etc. Ogni pezzo pu catturare un pezzo avversario muovendo legalmente su una casella occupata da questultimo. Il re sotto scacco quando un pezzo dellavversario in grado di mangiarlo con la sua prossima mossa. Quando il re sotto scacco, deve muoversi per sottrarsi allo scacco. Lo scacco matto la situazione di gioco in cui il re non pu sottrarsi allo scacco con nessuna mossa.14

In questa prospettiva, gli scacchi non sono altro che un sistema di elementi definiti da regole costitutive in modo coerente con la tesi della complementariet. Tutti gli elementi degli scacchi, dal re allo scacco matto, hanno infatti regole costitutive che ne definiscono le condizioni di sussistenza e la valenza allinterno del gioco. Ogni pezzo dotato di una collocazione iniziale, di una precisa modalit di movimento e della capacit di mangiare gli altri pezzi e di mettere in scacco il re; lo scacco e larroccamento hanno condizioni di attuazione e una precisa valenza (lo scacco preliminare allo scacco matto, larroccamento un modo per muovere il re); lo scacco matto ha, a sua volta, una condizione di attuazione e valore di vittoria. I difetti di tale prospettiva sono, tuttavia, evidenti. Essa, nel mettere in luce la somiglianza strutturale tra i pezzi, non in grado di rivelarne la fondamentale differenza funzionale allinterno del gioco. Visto cos, il gioco poco di pi di un insieme di regole che definiscono elementi tra loro equivalenti, una sorta di sistema assiomatico che produce formule ben formate. Chiaramente, tutti gli elementi sono organizzati in maniera tale che non difficile vedere qual la catena che li collega luno allaltro: il concetto di scacco matto connesso al concetto di scacco e di re, il concetto di re a sua volta connesso con il concetto di arroccamento, e cos via. Ma in questa prospettiva non si riesce a vedere a cosa fissata la catena, vale a dire, non si coglie come queste connessioni strutturali create da regole costitutive possano dar luogo a fatti istituzionali dotati di significato

Faccio liberamente riferimento, qui e in quanto segue, alle FIDE Laws of Chess, rintracciabili su Internet allindirizzo www.fide.com.

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sociale. Facendo riferimento alla tesi della dipendenza, cerchiamo allora di ampliare la nostra analisi passando ad una prospettiva pragmatica, tentando cio di analizzare le caratteristiche della pi ampia pratica nella quale gli scacchi si collocano. Gli scacchi sono un gioco, ed un gioco di tipo competitivo: qual , dunque, la struttura di questa pratica? Si diceva sopra che, in un gioco di tipo competitivo, i giocatori devono cercare di vincere senza barare. Questa una verit concettuale, lelemento fondamentale della pragmatica di questa pratica ludica, una verit che si mostra con particolare evidenza (come nel caso della pragmatica degli atti linguistici) laddove il comportamento di un giocatore diventa paradossale. Proviamo ad immaginare un giocatore di scacchi che tenti fin dallinizio della partita di esporre il proprio re allo scacco matto e che, dopo aver perso, mostri palesemente la propria soddisfazione. Oppure, inversamente, immaginiamo che un giocatore di scacchi metta il re avversario in scacco matto dichiarando di aver mosso lalfiere come si muove il cavallo, e che si mostri chiaramente soddisfatto della vittoria cos ottenuta. Cosa diremmo di giocatori del genere? Che stanno giocando veramente a scacchi? Per quanto si possa insistere sui comportamenti ludici pi disparati ed anomali, difficile rispondere affermativamente a questa domanda. A dire il vero, si tratta quasi di una domanda retorica. Vincere seguendo le regole, tuttavia, non la sola cosa che rileva in un gioco. Come ha ben mostrato Johan Huizinga nel suo ormai classico Homo Ludens, anche forme altamente formalizzate di duelli marziali, o persino di guerre, sono caratterizzati da questi due elementi: vittoria e regole. Ci che differenzia la pratica ludica da altre forme regolate di competizione il fatto che, in essa, laspetto competitivo subordinato a quello pi tipicamente cooperativo.15 I giocatori accettano, tipicamente, che competere sia un modo per ottenere cooperativamente quel piacere di natura peculiare che tipico del giocare. Naturalmente, questo non vale in quei contesti altamente istituzionalizzati in cui giochi e sport diventano forme di attivit professionale: ma proprio in quei contesti rimane sempre lambiguit tra gioco e professione, e questo perch si tratta, in effetti, di pratiche del tutto differenti. In un contesto genuinamente ludico, invece, perfettamente sensato che la comunit isoli o escluda un giocatore che mostri di privilegiare sistematicamente la pura e

Questa peculiare dialettica tra competizione e cooperazione nella pratica ludica di tipo competitivo stata notata, ad esempio, da Aurel Kolnai e Michael Bratman: si veda Kolnai 1966, 116; Bratman 1992, 340.

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semplice vittoria sul fine cooperativo del comune divertimento (ad esempio con modi di fare palesemente ostili, poco sportivi, o semplicemente troppo competitivi). Una prospettiva pragmatica sul gioco degli scacchi mostra dunque che, in quanto gioco, gli scacchi hanno due elementi fondamentali: un obiettivo generale, che ne costituisce lelemento finale, ed un sistema di regole, che ne costituisce lelemento tecnico. Giocare in modo competitivo significa cio, sostanzialmente, tentare di vincere seguendo le regole al fine di trarre piacere dallesperienza cos ottenuta. La relazione tra elemento finale ed elemento tecnico, tra vittoria e regole, dunque, nel gioco di tipo competitivo, una relazione interna: non possibile vincere se non seguendo le regole e, daltra parte, nel seguire le regole si deve tentare di vincere.16 Applicata nello specifico alle regole costitutive del gioco degli scacchi, la prospettiva pragmatica mostra la propria rilevanza. Infatti, incorporando le regole costitutive degli scacchi, oggetto della prospettiva strutturale, nellelemento tecnico della pratica ludica di tipo competitivo si ottiene una struttura ad albero, che pu essere rappresentata pi o meno come segue:

Su questa relazione interna tra lobiettivo della vittoria e le procedure stabilite dalle regole del gioco, si veda anche Suits 1978, 24, and Raz 1999, 118. La stessa relazione tra il fine della vittoria e la necessaria mediazione delle regole emerge chiaramente dalla definizione che lOxford History of Board Games fornisce di un gioco (cfr. Parlett 1999, 3).

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Per vincere, devi fare scacco matto Lo scacco matto ha valore di vittoria. ( FIDE La ws o f Chess, art. 1.2)
Per fare scacco matto, devi porre il re nella situazione in cui esso non pu sottrarsi allo scacco con nessuna mossa La situazione di gioco in cui il re non pu sottrarsi allo scacco con nessuna mossa ha valore di scacco matto. ( FIDE La ws o f Chess, art. 1.2)

Il re nero la pedina che si trova in e8 all'inizio della partita. Il re bianco la pedina che si trova in e1 all'inizio della partita. La pedina che si trova in X all'inizio della partita il re. ( FIDE Laws of Chess, artt. 2.2 2.3)

Per porre il re nella situazione di scacco, devi poterlo mangiare con un pezzo qualsiasi nella successiva mossa. La situazione di gioco in cui il re pu essere mangiato da una pedina avversaria nella successiva mossa ha valore di scacco. (FIDE Laws of Chess, art. 3.9)

Per muovere il re, devi spostarlo di una sola casella in qualsiasi direzione oppure compiere arroccamento Il re deve muoversi di una sola casella in q ualsiasi direzione o per arroccamento. (FIDE Laws of Chess, art. 3.8, punto i)

I pezzi degli scacchi sono: 1 Re, 1 regina, 2 alfieri, 2 torri, 2 cavalli, 8 pedoni. La regina nera la pedina che si trova in d8 all'inizio della partita. La regina bianca la pedina che si trova in d1 all'inizio della partita. Gli alfieri neri sono le pedine che si trovano in c8 ed f8 all'inizio della partita. Gli alfieri bianchi sono le pedine che si trovano in c1 ed f1 all'inizio della partita. ...... La pedina che si trova in X all'inizio della partita il pezzo Y. (FIDE Laws of Chess, artt. 2.22.3)

Per mangiare un pezzo avversario, devi muovere un tuo pezzo sulla casella occupata dal primo. Un pezzo mangiato deve essere rimosso dal gioco. Se un pezzo muove su una casella occupata da un pezzo avversario, lo mangia. L'essere mangiato da un pezzo avversario implica la rimozione dal gioco di quel pezzo. (FIDE Laws of Chess, art. 3.1)

Per compiere arroccamento, devi spostare il re di due caselle verso la torre, e spostare la torre nella prima delle due caselle attraversate dal re Lo spostamento di due caselle del re verso la torre, e della torre nella prima delle due caselle attraversate dal re, ha valo re di arroccamento. ( FIDE Laws of Chess, art. 3.8, punto ii)

Per muovere la regina, devi spostarla in qualsiasi direzione di qualsiasi numero di caselle non occupate. Per muovere l'alfiere devi spostarlo in diagonale di un qualsiasi numero di caselle non occupate. ........ Il pezzo X deve muoversi nel modo Y. (FIDE Laws of Chess, artt. 3.13.8)

In una prospettiva pragmatica cos formulata, 20molte delle domande sorte tradizionalmente

sullo statuto e sulla natura delle regole costitutive ricevono nuove risposte. Nel loro insieme, come si vede, le regole costitutive del gioco degli scacchi formano un sistema che si inscrive nellelemento tecnico della pratica ludica di tipo competitivo. Vi poi una regola costitutiva che connette lelemento tecnico con lelemento finale: si tratta della regola che costituisce lo scacco matto per implicazione, ovvero la regola che recita lo scacco matto ha valore di vittoria. Questa regola certamente costitutiva dello scacco matto, in quanto ne determina la valenza; essa, tuttavia, non costitutiva del concetto di vittoria, perch questultimo, evidentemente, non un concetto costituito dalle regole degli scacchi.17 Non il sistema delle regole costitutive degli scacchi ci che conferisce significato al termine vittoria; piuttosto, il riferimento alla vittoria fondamentale per conferire agli scacchi il loro significato come gioco di tipo competitivo. Come ha scritto Dolores Miller, il concetto di vittoria non un concetto istituzionale specifico di un gioco, ma piuttosto un concetto meta-istituzionale (meta-institutional concept) che qualifica il gioco come forma di competizione.18 Vista in una prospettiva pragmatica, dunque, la regola costitutiva dello scacco matto, nello stabilire le condizioni di vittoria, agisce come una sorta di regola-ponte che effettua la connessione tra il sistema di regole costitutive e la pi ampia pratica nella quale esso si inscrive, conferendo in questo modo significato allintero sistema. Immaginiamo che nel sistema di regole degli scacchi lo scacco matto venga definito non come ci che ha valenza di vittoria bens, semplicemente, come ci che pone termine allattivit. In un tale sistema, praticamente tutti gli elementi tipici del gioco degli scacchi (il re, la regina, lalfiere, larroccamento, lo scacco, etc.) rimarrebbero invariati, e tuttavia la corrispondente attivit, nel suo complesso, non avrebbe alcun significato. Potremmo praticare questa attivit, muovendo i nostri pezzi e mangiando i pezzi avversari fino a giungere allo scacco matto: ma che senso avrebbe? Non avremmo modo di conferire a tale attivit un qualunque significato, perch non sapremmo come collocarla nel contesto della nostra vita sociale. Il riferimento al concetto di vittoria in un contesto ludico, che ha gi un significato sociale, invece uno dei mezzi essenziali tramite cui gli scacchi vengono identificati come una pratica dotata di significato. Tramite la regola-ponte, la rete di

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Il fatto che il concetto di vittoria non costituito dalle regole di un gioco stato notato anche da Joseph Raz e da Giuseppe Lorini. Si veda Raz 1999, 121, e Lorini 2000, 2589; 2003, 299300. Si veda Miller 1981, 188 ss.

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concetti costituiti dalle regole costitutive degli scacchi trova una propria collocazione, si inscrive in una cornice che le d senso. In questo modo, ognuno dei concetti tipici degli scacchi acquisisce un significato che va oltre la mera collocazione strutturale allinterno del sistema. Si prenda, ad esempio, lalfiere. Stando alle semplici relazioni che emergono in una prospettiva strutturale, il concetto dellalfiere consiste semplicemente nellavere una determinata posizione iniziale, una determinata modalit di movimento ed una determinata valenza. Ma in una prospettiva pragmatica, che mostri come lalfiere si colloca allinterno della cornice di un gioco, si vede qualcosa di pi su questo concetto: si vede che lalfiere rappresenta, per cos dire, una sfida. In quanto pezzo di un gioco, laspetto concettuale pi rilevante e centrale dellalfiere che esso pu essere utilizzato per vincere, ma soltanto a determinate condizioni: pu mettere in scacco il re, ma soltanto muovendo in diagonale. Qualsiasi modifica che dovesse mutare questa sfida interna che lalfiere rappresenta (ad esempio, una nuova regola che stabilisse che lalfiere pu muoversi soltanto ortogonalmente) finirebbe inevitabilmente per toccare un aspetto centrale del suo concetto e dunque del gioco; invece, una modifica che lasciasse inalterata quella sfida (ad esempio, una nuova regola che stabilisse che lalfiere deve essere rappresentato con un pezzo di legno a forma di pianoforte) non comporterebbe alcuna modifica sostanziale. Il punto qui fondamentale che questo grado di centralit nelle modifiche concettuali dipende dalla pragmatica degli scacchi: dal fatto che gli scacchi sono un gioco e non, ad esempio, una forma di rappresentazione. Se, infatti, gli scacchi si inscrivessero in una pratica di natura rappresentativa (se, ad esempio, il loro scopo primario fosse quello di rappresentare in modo stilizzato una determinata realt sociale), un mutamento riguardante la forma del pezzo di legno che deve rappresentare lalfiere sarebbe molto pi rilevante di uno riguardante le sue modalit di movimento.19 La prospettiva pragmatica qui proposta sembra falsificare, in conclusione, la tesi per la quale il contenuto di un concetto istituzionale semplicemente il risultato di una somma di condizioni e conseguenze. Come si mostrato, infatti, se la catena delle condizioni e delle conseguenze costituite da regole non trovasse collocazione allinterno di una cornice gi

possibile argomentare che, nel corso della loro lunga storia, gli scacchi abbiano avuto anche una funzione rappresentativa di questo tipo: si veda ad esempio Olivieri 1985, 1678.

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dotata di significato sociale, essa non sarebbe in grado di creare, da sola, un concetto istituzionale dotato di significato. La semplice complementariet di condizioni e conseguenze non basta per dar luogo a fatti istituzionali: la valenza di questo fatto deve, infatti, poter esser messa in relazione con un concetto meta-istituzionale gi dotato di significato sociale.

4. Il profilo tecnico delle regole costitutive


La distinzione tra prospettiva strutturale e prospettiva pragmatica, nonch le tesi della complementariet e della dipendenza, mostrano in maggiore dettaglio in che senso una regola costitutiva pu essere interpretata come una regola tecnica. La tesi della complementariet e la prospettiva pragmatica ci mostrano un primo senso in cui una regola costitutiva pu essere interpretata come tecnica. Poich, infatti, secondo la tesi della complementariet una regola costitutiva costruisce il concetto di un fatto istituzionale stabilendone sempre almeno le condizioni di sussistenza e la valenza, tale regola, se vista nel contesto dellelemento tecnico della pratica in cui essa si inscrive, pu anche essere interpretata come regola tecnica che prescrive di realizzare determinate condizioni per ottenere una determinata valenza. Si consideri nuovamente la regola costitutiva dello scacco matto la situazione di gioco in cui il re non pu sottrarsi allo scacco con nessuna mossa ha valore di scacco matto nel gioco degli scacchi. Come abbiamo visto, la tesi della complementariet stabillisce che questa regola, stabilendo le sole condizioni di sussistenza dello scacco matto, non pu costituire da sola ma soltanto in connessione con la regola che stabilisce la valenza dello scacco matto, ovvero lo scacco matto ha valore di vittoria. Inoltre, si visto come in una prospettiva pragmatica questa connessione tra condizioni e valenza si inscriva nel contesto di una pratica dotata di un determinato fine interno, per il quale la valenza in questione rilevante. In questa prospettiva, dunque, la pi adeguata lettura tecnica della regola costitutiva sullo scacco matto non se vuoi fare scacco matto, devi., quanto piuttosto se vuoi vincere a scacchi, devi; e, pi in generale, lobiettivo specificato nella protasi della regola costitutiva letta come regola tecnica deve contenere, in modo implicito o esplicito, un riferimento alla valenza del fatto istituzionale costituito dalla regola: in una prospettiva pragmatica, infatti, soltanto perch questa valenza rilevante per il fine interno della pratica che tentiamo in quel contesto di realizzare le condizioni stabilite dalla regola. Cos, ad esempio, la regola costitutiva sulle modalit di movimento dellalfiere pu essere letta come regola tecnica nella forma se vuoi muovere lalfiere, con tutto ci che questo comporta, ovvero la possibilit di mangiare altri pezzi, la possibilit di mettere in scacco matto il re, etc., allora devi muoverlo in diagonale. O, ancora, la regola costitutiva sullarroccamento pu essere letta come regola tecnica nella forma se vuoi arroccare, con tutto ci che questo comporta, ovvero la possibilit di sottrarre il re allo scacco, di muovere la torre in 23

modo inaspettato, etc., allora devi procedere cos e cos. La connessione, tipica della regola tecnica, tra dovere specificato nella apodosi e obiettivo specificato nella protasi diventa dunque, nel caso della rilettura tecnica di una regola costitutiva resa possibile dalla tesi della complementariet e dalla prospettiva pragmatica, connessione non tra un insieme di condizioni e la semplice creazione di un token di fatto istituzionale, bens connessione tra un insieme di condizioni e la fruizione della specifica valenza di quel fatto istituzionale. Questo, tuttavia, non tutto. La tesi della dipendenza ci mostra un secondo senso in cui una regola costitutiva pu essere interpretata come una regola tecnica. Linserimento delle regole costitutive allinterno dellelemento tecnico di una pratica, infatti, implica che il dovere tecnico cui tali regole corrispondono sia duplicemente condizionato: da un lato vi la condizione specifica dellobiettivo che si vuole ottenere adempiendo le condizioni di sussistenza del fatto istituzionale (ci che abbiamo appena visto), dallaltro vi la condizione pi generale del voler partecipare alla pratica in cui il fatto istituzionale si inscrive, e di raggiungerne il fine interno. Questa seconda condizione non fa altro che mostrare come, in una prospettiva pragmatica, la regola costitutiva si collochi nellelemento tecnico di una pratica: nel nostro esempio, lelemento tecnico della pratica ludica di tipo competitivo, il quale stabilisce che, se vuoi giocare e vincere ad un gioco, devi seguirne le regole. Si deve notare subito che, in questo secondo senso, laspetto tecnico non appartiene tanto alle regole costitutive di un gioco, quanto a tutte le regole di un gioco (anche a quelle semplicemente regolative, come ad esempio, nel gioco del calcio, non si deve toccare la palla con le mani). Dire, dunque, che le regole costitutive sono tecniche in questo senso non pone una relazione tra regole costitutive e regole tecniche, bens tra regole del gioco e regole tecniche. Ci non toglie per che, in una prospettiva pragmatica, una regola costitutiva degli scacchi, in quanto a sua volta inscritta nel contesto dellelemento tecnico di una determinata pratica, possa essere letta come regola tecnica dotata di due protasi condizionanti innestate, delle quali la seconda logicamente dipendente dalla prima: se vuoi giocare a scacchi, e se vuoi fare scacco matto, allora devi mettere il re dellavversario nella situazione di gioco in cui esso non pu sottrarsi allo scacco con nessuna mossa. Chiaramente, in esempi simili, poich il riferimento alla volont di fare scacco matto rimanda alla volont di giocare a scacchi, la prima condizione generale da cui il resto della regola dipende pu essere interpretata come pleonastica. Non pleonastico per ci che essa mostra: ovvero che lobiettivo di ottenere determinati effetti nel contesto di un sistema di regole costitutive sempre subordinato al pi generale obiettivo di ottenere il fine interno della pratica in cui tale sistema si inscrive. Viste in una prospettiva pragmatica, dunque, le regole costitutive sono regole tecniche. In primo luogo, esse sono regole tecniche in quanto dicono come si ottengono determinati effetti nel contesto della pratica in cui si inscrivono; in secondo luogo, esse sono regole tecniche poich, pi in generale, specificano lelemento tecnico di questa pratica: dato il fine interno della pratica, le regole costitutive sono parte del sistema che stabilisce come si fa a raggiungerlo. Mentre condividono la prima funzione con tutte le altre regole che si 24

inscrivono in una pratica (anche quelle puramente prescrittive), la seconda funzione loro tipica. Ci non toglie, tuttavia, che le regole costitutive siano anche costitutive. Esse, infatti, adempiono alla loro funzione regolativa in modo peculiare, ovvero costituendo concetti di fatti istituzionali dotati di una certa valenza. Questi fatti istituzionali hanno relazioni reciproche, ma soprattutto hanno un ruolo preciso nel contesto della nostra vita sociale, fintanto che la loro relazione con una pratica dotata di significato sociale sia esplicita e comprensibile. Come altri artefatti, ad esempio i cacciavite, i fatti istituzionali costituiti da regole hanno una funzione precisa; ma a differenza dei cacciavite sono per lo pi artefatti astratti, e dunque esistono solo fintanto che popolano gli stati intenzionali degli esseri umani: un concetto significativo dunque il fondamento della loro esistenza. Non vi contraddizione nel sostenere che le regole costitutive sono sia regolative sia costitutive: in realt, lopposizione tra regolare e costituire, a lungo accarezzata, in questo caso illusoria. Lopposizione non sussiste perch il costitutivo ed il regolativo sono due profili diversi e tuttavia compresenti di tali regole: dico qui profili perch, viste in una prospettiva rigidamente strutturale, le regole costitutive sembrano soltanto costituire, mentre, se viste in una prospettiva pragmatica, emerge chiaramente come esse, costituendo concetti, regolino, anche, una attivit. Una prospettiva pragmatica che collochi le regole costitutive nel contesto di una pi generale pratica dotata di significato sociale sembra dunque essere, in conclusione, un fruttuoso punto di partenza per una teoria dei concetti istituzionali. Riferimenti bibliografici Azzoni, G. 1986. Condizioni costitutive. Rivista internazionale di filosofia del diritto 63: 16091. Azzoni, G. 1988. Il concetto di condizione nella tipologia delle regole. Padova: Cedam. Azzoni, G. 1991. Cognitivo e normativo: il paradosso delle regole tecniche. Milano: Franco Angeli. Bratman, M. 1992. Shared Cooperative Activities. The Philosophical Review 101: 32741. Carcaterra, G. 1974. Le norme costitutive. Milano: Giuffr. Carcaterra, G. 1979. La forza costitutiva delle norme. Roma: Bulzoni. Conte, A. G. 1981. Konstitutive Regeln und Deontik. In Ethik: Grundlagen, Probleme und Anwendung. Akten des fnften internationalen Wittgenstein-Symposium, 826. A cura di Edgar Morscher, Rudolf Stranzinger. Wien: Hlder-Pichler-Tempsky. Conte, A. G. 1985. Materiali per una tipologia delle regole. Materiali per una storia della cultura giuridica 15: 34568. Conte, A. G. 1995. Fenomeni di fenomeni. In Amedeo G. Conte, Filosofia del linguaggio 25

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