XXXIX Corso sullarchitettura palladiana Vicenza, 8-20 settembre 1997 a cura di Pier Nicola Pagliara e Mario Piana
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 231 Negli scorsi decenni varie storie delle tecniche costruttive, nel capitolo sul XV e XVI secolo, si limitavano a trattare di grandi strutture: le cupo- le di S. Maria del Fiore e di S. Pietro, i ponti di fra Giocondo e di Palladio e, tuttalpi, di forti- ficazioni. In quelle pagine, compresse tra le esposizioni pi esaurienti e documentate sul cantiere gotico e quelle sui materiali ed i modi di costruire entrati in uso con la rivoluzione indu- striale, avevano poco spazio le opere murarie e di finitura e, in genere, tutte le strutture delle- dilizia ordinaria rinascimentale. Questassenza, peraltro, rifletteva, aggravata, lesiguit delle co- noscenze in proposito. Ancora di recente le pi interessanti ed innovative sintesi su queste mate- rie, quando descrivono le tecniche costruttive del 400 e del 500, si basano prevalentemente sui trattati del tempo anzich sulle analisi delle pratiche costruttive che pure nellultimo quarto di secolo si sono accresciute notevolmente. For- se non si ancora arrivati ad un livello di cono- scenze pari a quelle che si hanno sulla costruzio- ne greca, romana e gotica, per raggiungere il quale sarebbero necessari studi su tutti i grandi centri italiani equivalenti a quello che Richard Goldthwaite ha dedicato alla costruzione della Firenze rinascimentale; oggi comunque sappia- mo abbastanza di pi su vari aspetti della costru- zione del XV e XVI secolo, e non solo su quello delle grandi cupole. Molti studi su questi argomenti sono legati in modi diversi al restauro. Non solo, infatti, si ripreso luso, che si era affievolito dopo la prima met di questo secolo, di rendere note le insosti- tuibili, preziose osservazioni dirette su materiali e tecniche dellarchitettura del passato che solo durante lavori di restauro si possono effettuare; altre indagini generali su opere murarie e finitu- re superficiali sono nate proprio dallesigenza di basare gli interventi di restauro su una pi com- pleta e profonda conoscenza delle tecniche co- struttive originarie. Contemporaneamente un autonomo rinnovato interesse di molti storici per gli aspetti materiali e la costruzione dellar- chitettura rinascimentale ha indotto ad indagare questultima secondo modelli sperimentati da tempo per larchitettura antica e medievale: dal- lo studio di un tipo di opera muraria o di finitu- ra, alla ricostruzione sotto tutti gli aspetti della produzione edilizia in un luogo ed in un periodo determinato, allesame del cantiere e del proces- so di costruzione di unarchitettura importante. Se quindi, in monografie degli scorsi decenni dedicate a singole architetture e peraltro inecce- pibili da ogni altro punto di vista, ormai si av- verte la mancanza di informazioni fondamentali sulla costruzione, in quelle pi recenti, ed in al- tri studi, di frequente si dedica un capitolo a questi argomenti. Oltre ad analizzare e descrive- re tecniche e finiture, a volte ci si interroga sul perch di quelle scelte, su chi ne sia responsabi- le, sui motivi delladozione di una tecnica pove- ra per imitare opere ricche, della ripresa o della sfortuna di una tecnica antica, sul perch un ar- chitetto adotti una soluzione strutturale almeno apparentemente audace o sulla effettiva realizza- bilit di un progetto grandioso come quello di Bramante per la cupola di S. Pietro. Si tende co- s a mettere a fuoco gli aspetti costruttivi del processo di realizzazione dellarchitettura che interagiscono con quelli da sempre pi conside- rati, affrontando quindi problemi storiografici di interesse non trascurabile e restando ben lonta- ni dallidea di ricreare una positivistica storia della costruzione separata dalle altre. apparso necessario a questo punto ap- profondire anche per le architetture di Andrea Palladio la conoscenza di tecniche costruttive ed usi di materiali e finiture, dedicando a questo tema il XXXIX Corso Internazionale sullarchi- tettura palladiana tenutosi presso il C.I.S.A. nel settembre 1997 a cura di Mario Piana e del sot- toscritto. Si deciso di analizzare a fondo alcu- ne delle opere palladiane pi significative da questo punto di vista, di soffermarsi ad esami- nare direttamente tecniche e materiali durante la visita di molte altre e di paragonarle ad espe- rienze contemporanee in diverse citt italiane. Si sono invitati pertanto studiosi specialisti nel- la costruzione dellarchitettura rinascimentale di varie regioni, cercando, nel caso di questioni su cui aperta da anni una discussione animata, di porre a confronto i sostenitori di tesi oppo- ste, nella convinzione che, specialmente in un settore di ricerca nel quale urgente fare altri passi avanti, i progressi siano molto facilitati gi dalla semplice giustapposizione e considerazio- ne di risultati ottenuti in luoghi diversi con me- todi differenti. La scelta dei temi da trattare stata ispirata Pier Nicola Pagliara Introduzione
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 232 da una serie di questioni che ci sembrava indi- spensabile affrontare riguardo alle costruzioni palladiane. Quanto ladozione da parte di Palla- dio di forme ed elementi architettonici da pi tempo sperimentati lontano dal Veneto aveva portato a riprendere dallantico o da altri usi re- gionali anche le tecniche corrispondenti? Che ruolo, viceversa, hanno avuto nella costruzione palladiana gli usi tradizionali locali e le esigenze particolari dei committenti? Linsieme delle relazioni presentate porta a concludere che le esperienze romane di imita- zione di materiali ricchi con tecniche povere, in- sieme beninteso a quelle equivalenti radicate nellItalia settentrionale, hanno certo influito sugli orientamenti generali di Palladio, ma la tecnica specifica adottata rimasta quella locale. Ci, peraltro, non sorprende. Non ci si aspetta- va certo che nel 500 si pensasse di riprodurre lo stucco alla romana nel Veneto o il marmorino a Roma. Diverso il caso di elementi propri del- larchitettura antica, come gli architravi di pie- tra, per i quali Palladio in terraferma usa ripetu- tamente la scomposizione in conci di piattaban- de, come aveva visto sia nellantico sia nella pras- si romana dei primi decenni del secolo. Ed si- gnificativo che per realizzare queste membratu- re egli ricorra alla soluzione antica anzich agli espedienti di strutture di ferro nascoste nella pietra, spesso realizzate ma anche aspramente criticate nella Milano del suo tempo. Pi in generale si pu notare come la diffu- sione della conoscenza di tecniche diverse non comporti la diffusione del loro uso n leventua- le prevalere di quelle pi apprezzabili in astratto. Verso la fine del secolo ed oltre, quando tutti i trattatisti, da Francesco De Marchi, a Rusconi ed a Scamozzi, descrivono procedimenti co- struttivi diversi in uso in varie regioni ed addi- rittura in varie parti dEuropa rendendoli cos patrimonio comune, di fatto nella pratica per- mangono tutte le differenze. Per primi gli stessi trattatisti, del resto, mostrano piena consapevo- lezza delle ragioni la disponibilit dei materia- li ed altri condizionamenti che rendono local- mente preferibili e quindi non esportabili i di- versi usi. Per rispondere alle numerose questioni che si erano presentate durante il corso, Howard Burns ha proposto di riunire in un archivio la documentazione sui restauri di tutte le architet- ture di Palladio. Questa raccolta consentir di distinguere, mediante la sottrazione delle modi- fiche, le tecniche costruttive sicuramente origi- narie di queste architetture ed offrir, coi risul- tati acquisiti durante i lavori di restauro, una grande massa di informazioni sulle tecniche co- struttive palladiane. La necessit di non procrastinare la stampa di questo numero degli Annali impedisce di edita- re, come si sarebbe voluto, due contributi im- portanti, non pervenuti fino ad oggi.
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