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numero 29 anno IV - 5 settembre 2012


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L.B.G. EXPO: A CHI RESTA IN MANO IL CERINO Giacomo Marossi PD: GENERAZIONI, POTERE, POLITICA Riccardo Lo Schiavo VECCHI POLITICI E INUTILI ECONOMISTI Pietro Mezzi PARCO SUD: LA POLITICA DEGLI URBANISTI RODITORI Valentino Ballabio SE ORA IL GATTOPARDO CI LASCIASSE LO ZAMPINO? Mario Brianza e Alessandro Sinatra MALPENSA: STUCK IN THE MIDDLE? Giovanna Menicatti LA VITA SI ALLUNGA: CAMPIAMO TROPPO E MALE? Ilaria Li Vigni PISTE CICLABILI A MILANO: PEDALARE, PEDALARE Massimo Cingolani ASSICURAZIONI, ISLAM E FINANZA ETICA Carneade PAROLE IN LIBERT: LA LUNGA ESTATE CALDA Giovanni Cominelli CL E IL NOSTRO BENE COMUNE Oreste Pivetta EX-PAOLO PINI, MA NON NORMALE VIDEO UN RICORDO DI CARLO MARIA MARTINI COLONNA SONORA Amazing Grace canta LeAnn Rimes Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia www.arcipelagomilano.org

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EXPO: CHI RESTA COL CERINO IN MANO Luca Beltrami Gadola


Qualche mese prima di levare il disturbo, siamo ai primi di agosto del 2011, il Cavaliere presidente del Consiglio ha regalato la sua ultima chicca a Milano con un decreto nel quale, approfittando delle dimissioni di Letizia Moratti da Commissario straordinario del Governo per lExpo, di commissari ne nominava due, come pare preveda il regolamento del BIE e precisamente: Commissario straordinario del Governo il sindaco Giuliano Pisapia e Commissario generale per lExpo Roberto Formigoni. Leggendo il decreto si nota che le funzioni e i poteri dei due commissari in parte si sovrappongono ma per altri versi sono assai diverse: alluno vengono assegnate responsabilit e funzioni prevalentemente legate alla realizzazione del sito, allaltro la gestione dei contenuti e dei temi dellExpo. Per questa seconda funzione, ossia lesplicitazione del motto Nutrire il pianeta, energia per la vita, la scelta felice e stata quella di puntare su Formigoni. Luomo giusto al posto giusto. Certo di nutrizione se ne intende, la tavola imbandita e le bottiglie di annata sono la sua passione e il suo interesse per la nutrizione lo conoscevamo: nella vicenda Oil for Food vediamo ben presente, non certo a sua insaputa, qualche amico del cuore. Giuliano Pisapia se la deve vedere con problemini da nulla, come lattivazione degli strumenti necessari per il reperimento delle risorse per la completa realizzazione delle finalit di cui allart. 1 (la realizzazione dellExpo) (lettera i del Decreto), o il rispetto dei termini previsti, mentre il pi fortunato Formigoni (lettera b del decreto) vigila sullorganizzazione di Expo 2015, con potere di indirizzo e controllo generale sui contenuti e temi dellevento.. Un modo sicuro per non restare col cerino in mano nel caso Expo non riesca a partire in tempo o faccia fiasco. Forte invece di questo mandato, Formigoni va in giro per il mondo a illustrare il suo documento strategico per lExpo, documento del quale al momento della sua partenza per la prima tappa del giro dei partecipanti a Expo 2015 - in Corea nessuno sapeva nulla, nemmeno il Comune di Milano. E nemmeno noi, modesti cittadini milanesi che dovremmo essere infiammati dal sacro fuoco dellExpo come lorsignori sperano e pretendono, dimenticando che il sacro fuoco non arde per decreto. Ma non finisce qui. Interpellato da una soccorrevole stampa, il nostro dichiara che il documento diviso in tre parti tra le quali un ruolo importante rappresentato dal codice etico contro gli sprechi alimentari che verr lanciato da Milano. Ci sentiamo ben rappresentati, sia sul versante etico (ormai predicar bene e razzolar male una prerogativa del potere), ma anche sul versante della competenza (e non gioco sulle facili ironie) che deve essere sorrette e guidata da una vera fede e passione per le sorti, non solo alimentari dellintero pianeta, essenzialmente basate sulla parsimonia nel cibo. Quando Formigoni parla di questi problemi lo fa da orecchiante, da scaltro politico pi attento allefficacia di uno slogan che ai veri contenuti. Labbiamo visto allopera sulla proposta leghista della macroregione del Nord: lansia di non restare a terra dal treno in corsa e laspirazione al ruolo di mosca cocchiera. Poteva e potr perdere loccasione di andare allestero a farsi bello con le penne del pavone? Non credo. Dopo la pubblica confessione al Meeting di CL (non tutti lhanno assolto) si sente purificato e persino esente da qualunque penitenza. E allora via! per il mondo. Un brand per Milano. Detto questo, possiamo almeno conoscere questo documento strategico? Tutti quelli che fino a oggi hanno partecipato ai moltissimi dibattiti su Expo, fuori Expo, no Expo, tutti quelli che hanno dedicato attenzione ed energie allevento forse ne hanno diritto. Si vuole evitare il confronto? Si teme? Una pessima premessa per qualunque aspettativa di successo.

PD: GENERAZIONI, POTERE, POLITICA Giacomo Marossi


Cos com la politica indifendibile diceva Veltroni sul classico paginone-intervista di Repubblica domenica scorsa. Mi rincresce dirlo ma ha ragione da vendere. Breve riassunto: Grillo d a Bersani dello zombi piduista. Il segretario si difende e gli rid a sua volta del fassista e dice: esci dalla rete e vienicelo a dire!. I grillini puntuali arrivano alla festa di Reggio Emilia e succede quel che succede. Poi la vexata quaestio Vendola o Casini: Bersani che dice scelgo Vendola, Vendola ringalluzzito che manda a quel paese Casini, Casini che parla male di Renzi, Renzi che a sua volta attacca Bersani. E poi i lettiani che danno lultimatum al segretario. Lagenda Monti che i liberal vogliono e i giovani turchi no. I rinnovatori che non sono rottamatori e non si sa con chi stanno e perch. I t/q (che poi sono i suddetti rinnovatori pi qualcuno e meno qualcun altro) che tirano fuori Barca (non Annibale, ma Fabrizio, per chi lo ignorasse, Ministro della Repubblica). I GD che fanno la candidatura per gioco. Il buon Boeri che se lo sono gi dimenticati tutti. Tabacci che tra uno spritz e laltro decide di candidarsi. Tutti si riuniscono in kermessine varie, fanno foto insieme e twittano quello che gli pare. Ha ragione Bersani quando dice che qui si stanno sbagliando primarie: si corre per la premiership, per il resto c il congresso tra un anno. Il nostro paese vive sotto lombra maligna dello spread, eternamente sospeso tra il terrore di finire come la Grecia e le timide approvazioni di Frau Merkel. La benzina costa 2 euro al litro. Le sigarette in media 5 euro. Siamo arrivati a tassare persino le vincite del Totocalcio e dellEnalotto. La scuola alle cozze e la sanit quasi. Sul tavolo del governo ci sono crisi industriali per circa 15.000 posti di lavoro e almeno 1 mld di euro. I minatori sardi minacciano di farsi saltare in aria e noi invece di dire qualcosa sulle politiche industriali che faremo una volta vinte le elezioni parliamo di uninominale. Oramai i giornali parlano di crisi, provvedimenti del governo ed esteri; poi dedicano un paio di pagi-

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ne alla politica tanto per: di questo passo finir che ci sar una sezione per gli appassionati tra lo Sport e la Cultura dedicata ai partiti politici. Tra qualche anno poi, finalmente, scomparir anche quella, sostituita dal Sudoku o dai Necrologi. Forse la verit che lo spread tra i partiti e il mondo reale oramai fuori da qualsiasi tentativo di recupero. Forse che i nodi ignorati fino a oggi sono arrivati al pettine della storia. O forse no. Di certo c che il mio partito allo sbando e un qualche esamino di coscienza il patto di sindacato che lo regge dovrebbe farselo. A questo punto, sarebbe facile per me fare il rottamatore e dire: andatevene a casa e non fatevi pi vedere. Ma poi? Si fa presto a dire rinnovamento generazionale. Ma chi rinnova cosa e perch? La questione generazionale nel PD (e nella politica tutta) uno specchietto per le allodole. La vera questione, che nessuno ha il coraggio di sollevare, quella dellinade-

guatezza della politica nel suo complesso. La speranza che i trenta/quarantenni allevati sotto le calde ali dei nostri dirigenti attuali siano meglio di loro in me sempre pi fragile. Se vero il detto che i figli si fanno i denti sulle ossa dei genitori, beh allora avremo una generazione di mandarini e cortigiani peggiore dellattuale, oppure di vampiri, per seguire la metafora odontoiatrica. Per non parlare degli under 30, tra cui mi inserisco mio malgrado, che si massacrano per cariche inesistenti in altrettanto inesistenti organigrammi immaginari, contenti di contare meno di un tafano per una mucca al pascolo. La verit che serve un rinnovamento radicale dellidea di Politica e di tutti i memi che questa sottintende: il linguaggio, le modalit, gli strumenti, lorganizzazione, il rapporto con la cosa pubblica e con il potere, il ruolo dei cittadini e, soprattutto, una diversa concezione etica. Certo, un grande contributo non pu non venire dai giovani e giovanissi-

mi: nel PD abbiamo un disperato bisogno di ragazzi normali che facciano politica per passione e vivano le loro vite senza pensare alla frizzante carrierina nella nomenclatura ultra locale del partito. Gente che non abbia paura di esporsi perch senn poi perde il posto da portaborse a Strasburgo o a Roma o chiss dove. Conosco vecchi al mio circolo PD che sono pi rivoluzionari di tanti giovani con cui mi scontro quotidianamente. Da combattere c una casta eterna. Una casta che si autoriproduce identica, vecchia, giovane, renziana o bersaniana: un DNA sbagliato da cambiare, che il DNA di un modo di fare politica fuori dal mondo e dalla storia. Io credo che il nostro PD possa essere il vero strumento del cambiamento, ma va cambiato, strapazzato, occupato con nuove energie. Chiunque crede che una politica diversa sia possibile deve darci una mano a cambiare le cose. E tutti i vecchi e i giovani che se la sentono, sono i benvenuti.

VECCHI POLITICI E INUTILI ECONOMISTI Riccardo Lo Schiavo


PREMESSA - A che cosa servono gli economisti? Io non lho ancora capito: ci spiegano in termini economici cosa successo in passato. A cosa servivano i politici invece lho capito guardando quelli attuali confrontati con quelli del primo dopoguerra. I politici dovrebbero guidarci nel futuro non sulla base dei risultati delle analisi di putride interiora o di oracoli stracolmi di vapori d'incenso ma sulla base dintuizioni, di idee. La crisi di oggi una crisi didee. Ci troviamo di fronte a persone che pur professionalmente di altissimo livello, non fanno il loro mestiere, persone che sulla base dei loro studi economici relativi al passato governano la cosa pubblica ma non osano, non immaginano . Mancano i Politici quelli con la P maiuscola. Monti un uomo del passato, sta facendo quello che si doveva fare ai tempi di Fanfani. L'avvento di Monti al governo ha automaticamente posto il problema della sua successione per quanto concerne i requisiti minimi dei futuri governanti italiani e quindi ci vuole una generazione di nuovi politici con dei fondamentali ben diversi da quelli degli attuali. Politici si nasce. Superata questa fase in Italia, si pone il problema di chi apra una nuova fase morale culturale prima che politica ed economica, chi governi il barcone, chi brandisca lo stellone, chi metta le mani nelle tasche degli italiani e in che modo: allo stato attuale non si vede n il candidato n la cosiddetta piattaforma. Gli Stati Uniti negli anni sessanta hanno eletto alla Casa Bianca un playboy del New England figlio di un contrabbandiere di alcolici e sono andati sulla luna, negli anni ottanta un attore di film western di serie B che ha attuato la reaganomics, entrambi non erano altro che comparse dietro le quali si celava un blocco sociale con idee ben precise. Ma in Italia? Che in Germania ci sia una modesta e triste ragioniera un fatto grave per l'Europa e per la politica. Il suo predecessore Kohl che, intervistato, storce il naso rispetto allattuale cancelliera, si rivelato un gigante nelle scelte di politica ed economia. LA CRESCITA - Tempo fa mi capitato di ascoltare le parole di un noto banchiere italiano di sinistra che in modo molto zelante spiegava tutte le possibili strategie di crescita e dava la sua come unica soluzione ai problemi attuali, mi verrebbe da ricordarlo come un campione degli anni ottanta, quelli della Milano da bere. Mi domandavo, mentre questo banchiere parlava, ma possibile che questo signore non abbia capito che forse la crescita non c' pi e che questa una parola che ci dobbiamo al momento dimenticare, per lo meno con le tecnologie attuali e sopratutto in Italia. Mio nonno era un piccolo industriale e negli anni cinquanta e sessanta con il PIL che cresceva del 5% annuo (talvolta), era pieno di debiti come un uovo ma tanto l'economia tirava, la popolazione cresceva, c'era la ricostruzione e poi ci furono le svalutazioni competitive. Fu un successo. Ecco oggi a nessuno verrebbe in mente di fare quello che ha fatto mio nonno, chi pu gioca con i derivati, non fa impresa o compra BTP. La popolazione italiana cresciuta dall'unit d'Italia sino a oggi, ora cresce solo perch nascono i figli degli immigrati. Ascoltando le parole di un politico tecnocrate di sinistra che ci erudiva sulla necessit di far pi figli, riflettevo sui numeri: se l'Italia oltre i 60 milioni di individui non va, evidentemente ci saranno dei motivi biologici e dei motivi economici. Un tale, forse pi di sinistra dei nostri, ha detto unitevi e riproducetevi. Prima la cosa aveva un grande senso, oggi vista la scarsit di risorse direi molto pi modestamente, adelante pedro cum juicio (Promessi sposi, cap. XlI). E se immaginassimo un paese a 40 milioni di individui nel 2150? Cosa ci sarebbe di male?

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LE RISORSE un fatto incontrovertibile che la terra sia un sistema a entropia negativa, che alla fine finir, e che in mancanza di nuove tecnologie pulite ed energeticamente parche le prossime generazioni vivranno in condizioni molto pi difficili delle nostre. L'attuale crisi economica prima o poi verr superata. Ma nessuno pensi che spremendo un poco il limone con l'Imu e con tagli alla spesa il problema sia risolto. Al momento attuale il sistema economico basato sulla teoria capitalistica che l'unica pi o meno funzionante, applicabile: ce la teniamo cara con tutti suoi difetti, le sue mostruose diseguaglianze, il suo gradiente tanto odiato dalla sinistra. Almeno nell'ottocento e nel novecento c'erano idee diverse su cui discutere scontrarsi. Oggi non c' nessuno che ha proposto una teoria economica alternativa, e quindi non c' un politico che la possa attuare. IL PASSAGGIO CHIAVE - Oramai una quindicina di anni fa un cono-

scente mi raccont che iniziava a occuparsi degli HEDGE FUND lasciando la finanza tradizionale, meravigliosi strumenti finanziari che possono generare ingenti ricchezze, io non capii. Si tratta di strumenti finanziari non collegati direttamente all'economia reale. Nascono negli USA nel 1949 e proliferano dagli anni '90. nella natura umana ciclicamente generare fenomeni finanziari degenerativi, vedi la crisi dei bulbi dei tulipani del '600. Eppure non impariamo, eppure ci facciamo trascinare nel vortice. Questi fenomeni degenerativi si manifestano non solo nella finanza ma anche nell'industria dove talvolta si fanno piani di sviluppo oltremodo grandiosi solo per simulare veloci ritorni finanziari. Eventi simili ci sono stati anche in agricoltura e in particolare nell'allevamento, vedi la crisi della mucca pazza dove si alimentarono i bovini con farine animali provocando l'alterazione degli equilibri biologici negli animali e sta avvenendo qualcosa di simile in agricoltura con

gli OGM. Gli equilibri raggiunti in natura vengono copiati dall'uomo nel suo mondo artificiale. Il problema che l'armonia e l'efficienza del Sistema Naturae sono difficilmente emulabili. LA PAURA - La societ umana dopo secoli di sviluppo sta cogliendo i primi segnali che il suo modo di stare sul pianeta non del tutto congruo con i principi generali della natura e iniziano ad aversi esiti assolutamente nocivi. La finanza creativa non altro che uno dei fenomeni che nascono per gestire mal funzionamenti del sistema umano. Riconsiderare tutto il sistema capitalistico e vedere dove c' il buco, credo sia necessario e non procrastinabile. Sicuramente agganciare l'economia alle risorse naturali fondamentale, se hai tot suolo tot acqua tot minerali oltre certi limiti non puoi andare, non puoi vendere allo scoperto la vita.

PARCO SUD: LA POLITICA DEGLI URBANISTI RODITORI Pietro Mezzi*


Ci siamo lasciati a luglio con un tema caldo per il territorio metropolitano milanese che ritroviamo in tutta la sua urgenza e attualit. Mi riferisco al futuro del Parco agricolo sud Milano (Pasm), il cui destino strettamente intrecciato con quello dellarea vasta milanese. Serve ricordare che la nascita del Parco Sud nel 1990 ha segnato una tappa fondamentale sia per la crescita della sensibilit ambientale sia soprattutto per l'azione di riequilibrio territoriale. Il Parco infatti il pi grande parco agricolo urbano europeo, uno dei rari esempi di sostenibilit ambientale realizzata, un baluardo contro lespansione urbana indiscriminata, grazie al quale lo sviluppo del sud Milano ha caratteri ancora profondamente differenti rispetto al nord del capoluogo. Proprio per le sue caratteristiche fondanti, il Parco Sud rappresenta il territorio ideale per una sperimentazione legata allevento di Expo 2015. Il tema della nutrizione a livello planetario, dellalimentazione e soprattutto dellagricoltura e delle sfide che la riguardano in questo secolo sembra fatto apposta per aprire un grande scenario di approfondimento e, appunto, di sperimentazione in questo ambito. Il rapporto tra larea urbana consolidata e lintorno agricolo, le nuove forme che va assumendo la domanda di prodotti alimentari legata ai concetti di filiera corta, stagionalit e contenimento dei prezzi, le scelte strategiche verso lagricoltura biologica e biodinamica: sono temi di grande attualit e di forte presa su un vasto pubblico, oltre a investire in profondit scelte di politica economica centrali per il futuro dellintero paese. Per il Parco Sud si apre quindi una interessante opportunit in questa circostanza; questo polo pu diventare un elemento di attrazione e, soprattutto, un ambito di studio, confronto, sperimentazione e proposta di grande rilievo, ben al di l della nostra area metropolitana. Se per questi motivi il Parco va tutelato, occorre uscire dalla fase difensiva per definire una proposta di ampio respiro. Ma di difesa c comunque un gran bisogno, perch negli anni, e anche molto recentemente, sono stati siglati accordi di programma che hanno permesso deroghe per realizzare insediamenti di varia natura allinterno dei confini del Parco (Cerba, Rosate, Vignate). Ma il vero problema - e la vera minaccia - rappresentato dalla volont della Provincia di Milano che, ormai da qualche tempo, ha avviato la procedura di variante generale al Piano territoriale di coordinamento (Ptc) del Parco. Un percorso che presto subir un'accelerazione, anche a fronte delle numerose richieste di Comuni e privati di modificare i confini e le destinazioni per proporre nuove espansioni e nuovi insediamenti. E qui arriviamo allintreccio che davvero complesso. Lo scorso giugno la Provincia di Milano ha adottato il nuovo Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) e si appresta, nei primi mesi del 2013, ad approvarlo definitivamente. Nel piano adottato, la maggioranza di centrodestra non ha voluto individuare gli ambiti strategici sulle aree agricole ricomprese nei parchi (gli ambiti agricoli strategici, cos come prevede la legge regionale 12, una volta individuati nei piani territoriali, hanno prevalenza sui singoli Pgt comunali e su queste aree non possibile fare la perequazione urbanistica). La scelta operata dal centrodestra in Provincia ha immediate conseguenze sul Parco Sud e sulle aree del parco ricomprese nei confini del comune capoluogo. Come noto, il nuovo Piano di governo del territorio (Pgt) approvato dal consiglio comunale di Milano ha modificato positivamente la precedente impostazione del centrodestra

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www.arcipelagomilano.org e ha eliminato gli indici di edificabilit nel Parco Sud, mettendo un punto fermo molto importante. Milano e gli altri 133 Comuni della provincia hanno di fronte una scadenza importante: proporre le aree agricole da inserire nel Ptcp provinciale. La procedura, infatti, prevede che tutte le realt interessate - comuni, organizzazioni imprenditoriali, associazioni, cittadini singoli e organizzati - possano presentare le loro osservazioni al piano adottato entro la data del 9 settembre. In questo contesto, la stessa Provincia, grazie a una mozione bypartisan, sta preparando una sua proposta di definizione di ambiti agricoli: una parziale marcia indietro rispetto all'impostazione data al Piano stesso. Il rischio che si corre - con buona probabilit - di trovarsi di fronte a una proposta accomodante della Provincia, capace forse di trovare il consenso dei Comuni, ma che, per effetto della variante generale al Ptc del Parco, potr prefigurare un Parco Sud ridimensionato nei confini, nelle superfici e nelle destinazioni. Un intreccio complesso, ma con una sua logica stringente. Quindi, da Milano che ci dobbiamo aspettare uno scatto di progettualit e di capacit di visione strategica. La giunta guidata da Giuliano Pisapia pu giocare un ruolo importante, strappando alla Provincia quella sorta di esclusiva nei rapporti con tutti gli altri Comuni, soprattutto in termini di pianificazione territoriale: sullo stesso Ptcp, sulla variante generale del Ptc del parco e sui Piani di cintura urbana (altra importante partita territoriale). Milano quindi, proprio in questa fase, pu costruire una nuova alleanza attorno a una proposta che sappia disegnare una vera prospettiva politica di gestione del territorio e non unaccettazione delle nefaste logiche di consumo del territorio in nome del recupero di disponibilit finanziaria. Una tentazione cui cedono molto spesso anche Comuni guidati da giunte che dovrebbero fare della sostenibilit una solida bandiera. Come sempre, la politica che deve guidare le scelte e Milano pu mettersi alla testa di una presa di coscienza che pu maturare allombra di due occasioni importanti: il gi citato Expo e limminente creazione della citt metropolitana. La nascita di questo nuovo ente, con capacit di programmazione di area vasta, dimensione strategica e reali poteri, pu essere lelemento catalizzatore per costruire una nuova politica del territorio provinciale milanese. Che abbia al centro il futuro, nuove opportunit di creazione di lavoro, un rapporto equilibrato tra costruito e spazi liberi, una mobilit davvero sostenibile pensata sullo sviluppo del trasporto pubblico. Iniziamo a discuterne. Prima possibile. *Capogruppo di Sinistra Ecologia Libert della Provincia di Milano

SE ORA IL GATTOPARDO CI LASCIASSE LO ZAMPINO? Valentino Ballabio


A garanzia dell'efficace ed efficiente svolgimento delle funzioni amministrative, in attuazione degli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le Province di Roma, Torino, Milano (ecc.) sono soppresse, con contestuale istituzione delle relative citt metropolitane il 1 gennaio 2014 (art.18 legge n.135 del 7 agosto 2012). Il Governo ha dunque imposto come poteva, con tagli lineari, lobiettivo di razionalizzare e ridurre la spesa, in alternativa a un paventato rovinoso aumento dellIVA. Ora la palla passa alle realt locali: province da accorpare, competenze da ridistribuire, citt metropolitane da istituire entro termini ravvicinati. Su questultimo punto tuttavia pesa un serio interrogativo, posto che tale disposizione apparsa vanamente nella legislazione della Repubblica a partire dal 1990 (legge 142) almeno cinque o sei volte compresa la modifica costituzionale del 2001 con la cadenza delle grida manzoniane. Linterrogativo dobbligo: chi infatti possiede il know how per fare in poco pi di un anno ci che TUTTA la classe politica milanese e lombarda ha snobbato per ventidue anni, oltre a irriderne ed emarginarne i pochissimi sostenitori? Oltre a assistere passivamente o peggio partecipare attivamente alla frattura dellarea metropolitana mediante la fallimentare secessione monzascobrianzola? Lesperienza dimostra che le riforme e le innovazioni passano se conquistano le intelligenze e le coscienze, altrimenti restano sulla carta - fosse pure quella titolata e bollata della Gazzetta Ufficiale - o peggio si rovesciano in regressioni e controriforme. Giova intanto recuperare le poche ma forse preziose elaborazioni di chi, fuori dal coro, non ha cessato di riflettere e approfondire la materia: basti per ora citare tra gli altri contributi la proposta di statuto del 2005 su http://arcoresiste.minlab.org/ nuovo statuto, lappello per una citta(dinanza) metropolitana su www.forumcivicometropolitano.it /documenti, nonch richiamare il controcanto del direttore di questa testata dallesplicito titolo come dare concretezza alla citt metropolitana (La Repubblica, 5/7/2005). La saggezza popolare un tempo suggeriva di imparare larte e metterla da parte, in questo caso non per s ma per una elite politica e istituzionale che appare abulica e in affanno, restia a mettere le mani in una pasta finora relegata a giuristi e burocrati. Infatti non si tratta di ingegneria istituzionale bens di una vera e propria rivoluzione copernicana riguardante il modo di vedere e di pensare la politica e la pubblica amministrazione, nellorbita dei principi costituzionali di sussidiariet, differenziazione e adeguatezza. Esempio a prova contraria: se anche un ottimo ambientalista come Fedrighini invoca (ArcipelagoMilano, 18 luglio) un Piano urbano del traffico, quando qualsiasi Piano del traffico (superata da circa un millennio leconomia curtense) o interurbano o non , si dimostra la distanza rispetto a una coscienza metropolitana che preliminare a ogni legge, deliberazione o determinazione in proposito. Guardare dallalto e nella giusta scala la dimensione dei problemi (cosa possibile dalla prima mongolfiera fino ai fotogrammi satellitari di Google Maps) significa mettersi in condizione di poterli affrontare e forse risolvere. Altrimenti, da terra, il buio oltre la siepe. Per altro la scure di Monti e dei suoi tagliatori di teste agisce inevitabilmente per via lineare, e non potrebbe essere diversamente da parte di ogni governo centrale, tecnico o non. evidente che per ciascuna delle dieci citt metropolitane previste occorre una elaborazione e una normativa ad hoc, risultando i problemi dellarea metropolitana milanese ben diversi da quelli di Venezia o di Reggio Calabria. Dunque la possibile Citt Metropolitana milanese potr camminare solo reggen-

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www.arcipelagomilano.org dosi su entrambe le gambe. Luna: coincidere il pi possibile con larea, amalgamando il Comune di Milano con la Provincia, compresa ovviamente la ex Monza e Brianza; mettendo in comune strategie e sinergie nonch i patrimoni (risolvendo tra laltro alla radice la curiosa vicenda dello scambio di figurine tra enti pubblici!). Laltra: operare un deciso decentramento del capoluogo in autonome Municipalit, dotate di organi esecutivi snelli e collegiali, personale e bilancio propri a somma zero rispetto allattuale mastodontica struttura verticale e dicasteriale, accentrata negli Assessorati (*). Naturalmente con una netta ripartizione delle competenze e delle responsa-

bilit per eliminare doppioni e rimpalli, sprechi e giri a vuoto. Si tratta allora di aprire, ridando la parola a una politica rinnovata e riqualificata, una vera e propria FASE COSTITUENTE regionale e metropolitana. Diversamente assisteremmo allennesimo espediente gattopardesco di cavarsela cambiando i nomi a un assetto amministrativo statico e obsoleto. Ma il trucco non inganna pi merkel e mercati che sprangano con lo spread. Dunque a sistema economico-finanziario globale invariato lasciare ai ragionieri la manovra sulleuro necessario ma non sufficiente. Occorre che la politica (a casa nostra dove non siamo pi tanto padroni

quanto dobbiamo farci i compiti!) recuperi al pi presto modelli etici, normativi e organizzativi compatibili con gli standard europei. (Altra cosa sarebbe riconsiderare il sistema medesimo, foriero di una crisi epocale, ma allora sarebbe richiesta una politica di livello teorico e ampiezza internazionale degna di ben altra Storia).

(*)"Talora si ha limpressione che la citt sia troppo grande per sentirsi una" (Carlo Maria Martini, Prolusione agli "stati generali" di Milano, 11 Giugno 1998)

MALPENSA: STUCK IN THE MIDDLE? Mario Brianza e Alessandro Sinatra


Un progetto strategico per il futuro di Milano, della Lombardia impantanato in mezzo a un guado. Questa limmagine dellaeroporto identificato nel progetto presentato al Christophensen Group come lHub per il sud Europa, finanziato dalla comunit europea, avviato tra mille polemiche, e dopo dodici anni di nuovo al punto di partenza. La situazione attuale dell'Area Metropolitana di Milano come livello di connessione con il mondo certamente debole. Se fino alla fine degli anni 90 era terza in Europa, oggi potrebbe definirsi di serie B se confrontata con le Aree Metropolitane di Londra, Parigi, Monaco e Copenhagen. Confrontare le cifre davvero inquietante ma soprattutto confrontare le destinazioni che c'erano e che ora non ci sono pi. Questa situazione che riguarda i passeggeri ma anche le merci figlia di scelte contraddittorie, spesso determinate da logiche di breve periodo, orientate al consenso di gruppi di interesse limitati, (ad esempio propensione degli utenti business a sceglier Linate per comodit, resistenze delle comunit locali che hanno determinato il contenimento eccessivo del sedime di Malpensa etc.) spesso assai poco interessati al successo a lungo termine e alla crescita economica della comunit allargata. Ora a consuntivo, leggendo i risultati quantitativi degli aeroporti Hub e degli aeroporti Point to Point, possiamo dire che le ipotesi e le previsioni che hanno originato il progetto Malpensa erano corrette: gli Hub si sono sviluppati nettamente di pi, il successo legato alla presenza di transito e alla sua gestione nella sua dimensione intermodale. A nostro avviso la situazione attuale di stallo potr essere risolta soltanto se si riconosceranno le caratteristiche del progetto Malpensa, la sua reale complessit e non si percorreranno delle scorciatoie che otterranno il solo risultato di procrastinare lattuale situazione di stallo. I termini del problema: Secondo lassetto attuale risulta evidente che Malpensa Terminal 1 Malpensa Terminal 2 Linate Bergamo sono sicuramente una configurazione antitetica a una facile gestione del transito, qualsiasi cambiamento rispetto allassetto attuale comporta profondi cambiamenti di ruolo di Linate e Bergamo. Le merci sono trasportate via camion su Parigi o Francoforte per proseguire per il mondo, intasando le autostrade con le conseguenze di inquinamento e di incidenti stradali nonch di inefficienza complessiva della movimentazione dei prodotti della nostra industria Le connessioni stradali e ferroviarie (cio l'intermodalit).devono essere migliorate e completate. Deve essere migliorata, a breve, la connettivit tra i nodi del sistema; deve essere elaborata una soluzione che tenga conto del nostro contesto specifico. Ci tanto pi necessario in quanto il sistema aeroportuale milanese fortemente interconnesso tanto che variazioni anche minori in un nodo si ripercuotono amplificate sugli altri. Si evidenzia quindi che: - deve essere perseguito un nuovo assetto del sistema aeroportuale per aumentarne lefficienza e la competitivit. Ci pu avvenire solo gradualmente attraverso un processo che permetta alle diverse unit del sistema di costruirsi un nuovo equilibrio. In altri termini la nuova configurazione del sistema pu essere trovata solo nel medio termine concedendo ai diversi nodi il tempo per costruirsi un nuovo ruolo. - nessuno oggi in grado di imporre una specifica soluzione, anche se economicamente razionale, che comporti la gestione di forti discontinuit di ruolo in uno dei nodi; - indispensabile ottenere un consenso allargato sullo stato di equilibrio del sistema a regime, identificare il percorso per raggiungerlo utilizzando lo spazio creato dallo sviluppo continuo del traffico e creare le condizioni che attraggano i singoli nodi verso i nuovi ruoli. Si delineano quindi tre condizioni necessarie che, rispettate contemporaneamente, rendono possibile una gestione corretta del problema Malpensa: 1) il raggiungimento di un accordo solido tra i diversi stakeholders economici, politici e sociali sui ruoli che dovranno essere assunti a regime dai tre aeroporti milanesi; 2) lo sviluppo di un programma operativo poliennale che consenta di avviare gradualmente i tre aeroporti verso il nuovo assetto e che rispetti nello stesso tempo lobiettivo di medio - lungo periodo e che non crei discontinuit nel breve periodo; 3) lidentificazione di un responsabile, stabile nel tempo, garante della realizzazione del programma che abbia anche il compito di informare sistematicamente gli stakeholders degli stati di avanzamento o delle

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eventuali necessit di adeguamento del piano originario. In altri termini ci sembra che dovrebbe essere data maggiore enfasi al processo di gestione del cambiamento del sistema aeroportuale milanese lasciando ai diversi stakeholders lo spazio sufficiente per definire un assetto soddisfacente per tutti, escludendo ipotesi avveniristiche e difficilmente realizzabili come ad esempio la specializzazione delle troppo numerose piste presenti al Nord che per richiederebbe di realizzare un modello intermodale assai evoluto di improbabile realizzazione. L'Area Metropolitana di Milano ha in s le potenzialit per esprimere passeggeri e merci e deve essere in grado di offrire a terzi le sue facilities. Il traffico passeggeri cresce solo con le compagnie low cost che

con la loro politica di marketing non solo rispondono alle normali e scontate esigenze di connessione ma creano traffico anche per destinazioni poco probabili. Esse hanno la caratteristica di offrire connessioni Point to Point a breve medio raggio, non gestiscono il transito ma offrono un volume ingente di voli sia a Malpensa che a Bergamo. Sarebbe utile concentrare, nel tempo, a Malpensa tutto questo traffico di apporto e, gestendo il transito, incentivare connessioni intercontinentali o connessioni est-ovest che oggi sono gi presenti sul mercato mondiale. In questo quadro, Milano potrebbe diventare l'Aeroporto cheap d'Europa. Non un Hub di Compagnia ma un Hub d'Aeroporto intermodale che gestisce le connessioni anche per le merci, evitando traffico su strada.

Nel lungo periodo, raggiunto il nuovo assetto, potrebbero essere affrontati grandi problemi come quello del consumo del territorio con impianti aeroportuali poco coerenti con lo sviluppo. Sappiamo bene quanto sia importante questo territorio ormai in mezzo alla citt. Possono essere immaginate molte alternative sul suo riutilizzo, ad esempio, nel caso di Linate, collegandolo con l'Idroscalo e con il Parco Forlanini per la creazione di un parco di dimensioni cospicue di cui Milano nella sua globalit di cittadini avrebbe gran bisogno. Post Scriptum: questo articolo stato elaborato nelle settimane precedenti alle dichiarazioni del Ministro Passera che peraltro non tendono a risolvere i problemi evidenziati.

LA VITA SI ALLUNGA: CAMPIAMO TROPPO E MALE? Giovanna Menicatti


Gli italiani vivranno quattro anni di pi. Baster arrivare fino al 2040 e percepire una pensione per avere buone probabilit di superare i 90 anni, in particolare 88 anni gli uomini e 92 le donne. Il dato attuale si ferma rispettivamente a 84 e 88. Lo studio La mortalit dei percettori di rendita in Italia, presentato a Roma dallOrdine nazionale degli Attuari, stabilisce che i beneficiari di rendite vivono pi a lungo della media generale della popolazione e che gli italiani si confermano uno dei popoli pi longevi del pianeta. La ricerca ha analizzato quasi dieci milioni di posizioni, praticamente pi di tre quarti degli italiani dai 65 anni in su, per oltre 142 miliardi di euro di pensioni e rendite annue erogate. I dati Istat relativi al 2012 avevano gi evidenziato che la speranza di vita alla nascita si era allungata a 79 anni per gli uomini e 84,1 per le donne. Su questo trend si innestano le rilevazioni attuariali da cui emerge che negli ultimi trenta anni la speranza di vita a 65 anni dei percettori di rendite si allungata mediamente dell1% allanno, attestandosi nel 2009 a 84 anni per gli uomini e 88 per le donne. Per quanto riguarda le previsioni sulla mortalit dei pensionati per il periodo 2010 - 2040, lo studio stato condotto su diversi gruppi, in particolare dipendenti privati, lavoratori autonomi e il totale dei due, scelti perch numerosi e dalla disponibilit e regolarit di dati storici. Spesso questi ultra pensionati sono anche non autosufficienti. Infatti le famiglie di persone con disabilit si trovano oggi ad affrontare diversi problemi; da un lato la contrazione delle risorse statali per i programmi di welfare, dallaltro la crescente difficolt a dotarsi autonomamente di piani finanziari relativi allaccumulo e alla gestione dei propri risparmi. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Elsa Fornero, ha recentemente affermato che per quanto riguarda il sostegno alla disabilit non si pu pi pensare che lo Stato sia in grado di fornire tutto sia in termini di trasferimenti sia di servizi, inoltre, ha precisato che la sinergia tra pubblico e privato sia necessaria per superare i vincoli di risorse e per sviluppare nuovi prodotti che aiutino concretamente i disabili e le loro famiglie. Certamente non sar un percorso facile perch mancano dati statistici relativi alle persone con disabilit, un gap che rende difficile predisporre prodotti adeguati. Spesso lassistenza delegata ad associazioni di volontariato e qualche volta anche a pseudo onlus, ma una cosa certa nessuno ha la capacit di fornire dati aggregati con un minimo valore scientifico. Un primo passo potrebbe essere quello di formare gruppi dacquisto, coordinati dalle varie associazioni, per stimolare la commercializzazione di prodotti specifici di previdenza, che andrebbero incentivati con detraibilit o deducibilit dei versamenti, con la parziale esclusione dallIsee delle somme percepite dalle persone con disabilit, ecc. Longevit e non autosufficienza impongono di trasformare il nostro sistema di welfare, previdenza, salute e assistenza, in un meccanismo funzionante e sostenibile. Si tratta di un problema con forti ripercussioni di carattere sociale e culturale, che la politica non ha percepito, tant vero che si continua con slogan di difesa acritica del welfare. Bisognerebbe invece ragionare in termini rigorosi sullevoluzione della speranza di vita, con analisi capaci di entrare nel dettaglio della nostra societ attuale e in particolare di quella futura. Partendo dalla conoscenza di dati e informazioni sar possibile analizzare e prevedere come cambieremo e intervenire con i necessari correttivi. Sar necessario per la politica fare lo sforzo di crescere culturalmente, per poter dare delle risposte alle criticit della nostra societ, prima che sia troppo tardi.

PISTE CICLABILI A MILANO: PEDALARE, PEDALARE Ilaria Li Vigni


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Indubbiamente, in tema di piste ciclabili, la nostra citt non in alcun modo al livello delle capitali europee, quali Amsterdam, Berlino, Vienna, n per quanto riguarda leffettiva presenza delle piste ciclabili nella rete cittadina n per una cultura di rispetto del ciclista e un conseguente incentivo alluso della bicicletta. una questione certamente di abitudine sociale, ma anche, direi, di configurazione architettonica della nostra citt. Milano ha pochissime aree verdi rispetto agli edifici e al numero di abitanti e ha soprattutto una ristrettezza di spazi fisici (viali, controviali, marciapiedi) che rende davvero complesso pensare a un circuito di piste ciclabili completo in tutta la citt. Ci detto, occorre, pur con i limiti fisici evidenziati, fare molto di pi a livello di indirizzo politico e lattuale Giunta, quantomeno sul piano programmatico, mi sembrata molto sensibile al tema. Poi, dovremo valutare i risultati. stato elaborato, nei primi mesi di azione della Giunta Pisapia, un Piano per la mobilit ciclistica 2011-2016 che prevede la costruzione, nei prossimi anni, di 95-100 nuovi chilometri di percorsi riservati esclusivamente ai ciclisti. Con una scaletta molto dettagliata di priorit (si parte dall'itinerario centrale Castello Sforzesco Duomo Corso Monforte, gi finanziato dalla precedente amministrazione comunale) e nuovi criteri per favorire la

mobilit delle biciclette verso luoghi di lavoro e scuole. La stima dei costi, come sempre in questo periodo, rappresenta il punto critico del progetto: serviranno poco pi di 30 milioni di euro da qui al 2016, ma saranno certamente soldi ben spesi e soprattutto fonte di risparmio sia da un punto di vista della qualit della vita e della sicurezza dei cittadini, sia per quanto riguarda la velocit dei mezzi pubblici e il congestionamento del traffico. Oggi i chilometri di piste/corsie ciclabili a Milano sono 135 (110 su strada, il resto nei parchi), ma pongono degli evidenti problemi di funzionamento e gestione che spesso inducono i ciclisti a utilizzare la carreggiata tradizionale per i loro spostamenti. Molte piste ciclabili, infatti, sono poco segnalate ed essendo radenti allarteria urbana non sono particolarmente sicure; inoltre, in alcuni casi, sono ostruite dalle auto in sosta, rendendo cos davvero vano il concetto di pista riservata alle biciclette. Occorre quindi, anche in questo caso, predisporre piste protette, ad esempio da marciapiedi o da alberi, che possano davvero rendere tranquillo il percorso del cittadino ciclista ed anche abbellire la configurazione urbanistica della nostra citt. Non solo. Sempre nellottica della diffusione della cultura ciclistica, a oggi molto poco presente in Italia, necessario implementare la possibilit

di trasporto della bicicletta sui mezzi pubblici: in alcune carrozze della metropolitana oggi possibile, ma a condizioni particolari e con grandi difficolt per lutente che spesso si trova rallentato in una complessa burocrazia organizzativa e preferisce lasciar perdere. Altra questione: i parcheggi per biciclette nei punti nevralgici della citt spesso sono assenti, molto limitati e poco sicuri. Anche queste strutture dovranno essere potenziate, sempre nellottica di quella sensibilizzazione alla cultura ciclistica che poi cultura ambientale- di cui si parlava in precedenza. Insomma, gli spunti di lavoro sono moltissimi, ma io credo che valga fortemente la pena investire su tale forma di mobilit, oggi in particolare considerando il traffico cittadino, la crisi ambientale, il costo del carburante e la crisi economica. Lo chiedono quelle migliaia di cittadini (soprattutto giovani e donne) che ogni giorno utilizzano la bicicletta per recarsi sul posto di lavoro o di studio, spesso accompagnando anche bimbi piccoli e che rischiano ogni giorno la propria sicurezza per colpa di un traffico senza scrupoli, di automobilisti irrispettosi delle regole e di strade mal manutenute. Credo, da ciclista appunto, che la politica locale debba davvero prendersi a cuore tale problematica che coinvolge da vicino tutti e ciascuno di noi.

ASSICURAZIONI, ISLAM E FINANZA ETICA Massimo Cingolani


In Francia sta per essere venduto il primo contratto di assicurazione sulla vita ispirato ai principi della finanza islamica che, come noto, si presenta come finanza virtuosa che si basa su due principi: il divieto di interesse e la responsabilit sociale degli investimenti. Questo particolare contratto di polizza vita, a differenza di uno tradizionale, composto solo di unit di conto islamici deliberati in euro. quindi simile a un fondo di fondi islamici. Il denaro raccolto viene, infatti, investito in fondi che soddisfino le regole della Sharia, che vieta l'usura. Il lancio di questa polizza vita sul mercato avverr dopo che un ente indipendente, un "Sharia Board" o un comitato di conformit, convalider che il relativo portafoglio rispetta tale legge. Innanzi tutto gli elementi che compongono il contratto devono rispettare alcuni principi tra cui, ad esempio, il fatto che si basino su azioni di societ con un debito basso, al massimo un terzo del valore economico dei loro fondi propri. I sostenitori della finanza islamica sono al lavoro per mettere in evidenza il suo carattere etico, rilevando che gli investitori sono sempre pi sensibili a questo problema sullo sfondo della crisi finanziaria. "Riteniamo che la gente voglia posizionarsi sull'etica. Hanno perso la fiducia nel sistema finanziario", ha affermato il leader della societ francese di consulenza e dinvestimenti, distributore non esclusivo di questa assicurazione sulla vita. Il contratto potr essere acquistato da tutti, anche da chi non musulmano. Sono diversi i prodotti finanziari che il risparmiatore musulmano non pu utilizzare, come per esempio i prodotti derivati e i futures che non essendo dei beni reali, n dei servizi, non sono conformi alla Sharia. Il governo francese aveva annunciato gi dal 2008 la sua volont di incoraggiare la finanza islamica nel Paese e ha pubblicato diverse istruzioni fiscali per favorire lo sviluppo di prodotti di investimento e conti correnti. Se questa la situazione francese, in Italia siamo ancora fermi alle discriminazione per gli stranieri in ambito Rca. LAssociazione per gli studi giuridici sullimmigrazione ha pubblicato recentemente una ricerca dal titolo: Relazione sul monitoraggio delle polizze RCauto proposte a clienti italiani, comunitari e di paesi terzi. I risultati della ricerca sono a dir poco preoccupanti: sei tra le principali Compagnie italiane di assicurazioni usano il parametro della cittadinanza come discriminante per il calcolo del premio. Questa situazione ha gi creato nel recente passato non poche tensioni tra Compagnie e Associazioni dei consumatori, ma sembra che anco-

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ra non si trovi una soluzione concreta che allontani i dubbi di una discriminazione etnica. La ricerca ha messo in luce come in Italia alcune aziende assicurative come parametro non usano nemmeno quello della nazionalit, ma si limitano semplicemente a verificare il luogo di nascita, attraverso il codice fiscale. Tant vero che spesso vengono inviate lettere di recesso del contratto a cittadini italiani nati in paesi extracomunitari o ex colonie, probabilmente, figli di emigranti.

Ma tornando alla finanza islamica, possiamo senzaltro valutarla positivamente come fattore di integrazione e di multiculturalit finanziaria, ma sulla sua possibile maggiore eticit sono abbastanza perplesso. Proprio nel nostro paese la finanza cattolica e quella espressione del mondo cooperativo, avevano gli stessi presupposti e la stessa retorica, ma alla prova dei fatti hanno dimostrato di non essere molto diverse dallaltra. Basti pensare alla gestione deviata di opere assistenziali, alla bancarotta Sindona e

Banco Ambrosiano, per non parlare dello IOR, con i depositi vaticani offshore, tutte gestioni disinvolte che con la fede hanno poco a spartire. Comunque, anche il mondo cooperativo non se la passa bene, come diceva Bruno Trentin: le coop hanno perso lanima, ma non la vocazione al profitto. Le cronache sono su tutti i giornali di questi mesi, le vicende Unipol-FonSai rappresentano bene questa mutazione.

PAROLE IN LIBERT: LA LUNGA ESTATE CALDA Carneade


Vado o non vado? Tabacci vuole andare in Regione, no scusate vuole andare a Roma e partecipare alle primarie, no scusate vuole restare a Milano per continuare il suo lavoro, no scusate vuole partecipare alle primarie per portare lesperienza milanese a Roma ma restare a Milano,. tutto questo nel solo mese dagosto. E se stesse un po fermo? Nettamente pi chiaro Boeri che dichiara ad Affaritaliani Non mi ritiro dalle primarie nazionali. E due righe sotto L'ho gi detto e lo ribadisco: io non andr a Roma. Io sto a Milano. Abbiamo un moto di umana comprensione per Pisapia Umana comprensione che aumenta leggendo laltro assessore, Bisconti: La mania anticasta rischia di far apparire come ingiuste anche cose ragionevoli: i consiglieri sono eletti dai cittadini (lEspresso). Ben detto! Trattasi del diritto a manifestare? a parlare? a scrivere? a dissentire? etc? None, trattasi del diritto dei consiglieri di avere biglietti gratis allo stadio. Autogol cos manco Comunardo Niccolai. Finalmente una parola chiara da Sel: il seggio mio e me lo gestisco io dice Chiara Cremonesi parlando della regione, condannando lipotizzata lista arancione. Ai pi sfugge perch avere una lista vendoliana e una pisapiana ma ai pochi non sfugge che o luna o laltra segner il passo e lascer a casa qualche aspirante consigliere. I pi in ambasce sono i sanguemisto un po vendoliani un po arancioni; non c pi, forse, neanche il listino! Pisapia il testimonial della lista Vendoliana. Anzi no. Pisapia il testimonial della lista Vendoliana che per non c perch va nel PD quindi testimonial PD. Anzi no. Pisapia il testimonial della lista arancione di DAlfonso. Anzi no . Pisapia il testimonial della lista arancione movimentista che guarda a sinistra e serve a contenere i grillini. Anzi no. Pisapia il testimonial della lista dei sindaci di Emiliano/Bersani. Anzi no... Pisapia uno e trino Invece di preparare le valigie e cercare di ammanicarsi uno spesino per la prossima detenzione. Formigoni si lancia nella costruzione delle macroregioni e si fa sbeffeggiare financo da Maroni. Fa quasi tenerezza anzi macrotenerezza Sacri confini. La chiesa abbandona la sua stessa tradizione finendo per perdere loccidente, il baluardo europeo, la chiesa dimentica luniversalismo per passare al dio unico della globalizzazione, al sincretismo illuminista. Il popolo contro il palazzo illuminista. Il nostro paese non sa difendere i propri confini Alfred Rosemberg? No Alessandro C alla Camera (seduta giugno 2003), quello che pass dagli scontri carnascialeschi con i carabinieri allassessorato alla sanit, quello che quando fu cacciato dal Celeste minacci chiss quali rivelazioni che stiamo ancora aspettando, quello che diceva Lui la nostra guida e la nostra Speranza. Non posso pensare a una Lega senza Bossi. (Corsera 12.3.2004). Forse il PD nellaffanno di aprire dialoghi a destra e a manca, qualcuno potrebbe tralasciarlo. In molti si affanno ad affibbiare Bussolati e quindi Maran a Renzi. Carit pelosa. Serve a poter dire domani che Penati non con Bersani ovvero scurdammoce u passato. Infantile. Curiosit elettorali. 1) Mentre a Roma lIdv e il PD litigano su tutto in regione no. Sar mica perch senza lapparentamento al candidato forte a presidente lIdv resterebbe fuori dal consiglio?; 2) Improvvisamente si torna a parlare di abolizione del listino. Cos mentre a Roma il PD fa barriere contro le preferenze e vuole un premio di maggioranza pi alto in Lombardia fa il contrario; 3) con lapprossimarsi delle elezioni nazionali e regionali e con poteri di scelta del lelettorato aumentati, si intensificano cene, meeting, incontri. Ma anche caccia ai web sponsor; quello che va per la maggiore lintervista su AffariItaliani (anche se a volte lintervistatore sembra sadicamente compiaciuto di sottolineare le cazzate dellintervistato), quello pi temuto lattacco di Biraghi, passati i tempi quando bastavano 12 moduli su Repubblica. Il Festival dellUnit (o come cavolo si chiama) a Milano non si fa pi. Si trasferisce a Sesto. La spiegazione ufficiosa che volendo rinnovarlo e ridurlo il PD aveva chiesto una piazza pi centrale, ma le richieste di plateatico del comune sono state giudicate eccessive. Nella sua relazione di bilancio il tesoriere Fabrizio Evangelista aveva scritto: La Festa Democratica provinciale esister ancora ma sar gestita finanziariamente da soggetti privati (la privatizzazione della festa di partito lo candida automaticamente al Nobel per leconomia). Deduciamo: 1) il PD milanese senza soldi 2) i militanti si sono stufati di fare i camerieri, 3) nessun privato si fatto avanti, 4) gli arancioni oggi riescono dove ieri fall Scelba DAlfonso sullUnit di met agosto, dimentica Pericle e passa ad argomentare della sinistra come di un mix tra Alcatraz e Macondo. Alcatraz sarebbe il piccolo mondo exPCI / sinistraDC egemone nella nomenclatura PD attenta solo a se

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www.arcipelagomilano.org stessa e al suo potere; Macondo sarebbe la macchina da guerra dei puri di spirito che rifiutano ogni compromesso e che si gloriano di tutte le battaglie rigorosamente perse. Insomma o rincoglioniti o fanfaroni. Gli evasi da Alcatraz e i guariti da Macondo hanno dato vita a larancionismo: un'altra via, nuova e antica allo stesso tempo, per essere di sinistra tessuta di volont di lavorare assieme, scelte di cambiamento molto pi pragmaticamente radicali di quelle sognate e mai realizzate, di volti di uomini e donne che decidono di dare e non di chiedere. DAlfonso conclude se questa volta si provasse a cambiare metodo, oltre che ricercatore, una occhiata non superficiale ai municipi arancioni potrebbe essere utile. Non pi Pericle ma Parmenide: Pisapia come la via della verit. Chiesto a Civati se fa il ticket con Boeri in Regione; risposta: Fossi matto. Chiesto a Civati se fa il ticket con Tabacci; risposta: Fossi matto. Chiesto a Civati se fa il ticket con Cavalli; risposta: Fossi matto. Civati ha letto Verga: Suocera e nuora nella stessa casa sono come due mule selvatiche nella stessa stalla, ma non Publio Sirio: Mentre si perde tempo a decidere, spesso si perde loccasione favorevole. morto Martini, rifiutando le cure. Capita a volte che le lezioni migliori si diano in punto di morte.

CL E IL NOSTRO BENE COMUNE Giovanni Cominelli


Pier Vito Antoniazzi apprezza il passo autocritico di Julian Carron, presidente della Fraternit di Comunione e Liberazione, ma lamenta il blocco della discussione pubblica sulla condizione attuale di CL, proprio nel momento in cui il suo principale uomo di riferimento politico, Roberto Formigoni, stato ruvidamente richiamato da Carron stesso a una maggiore sequela rispetto a Don Giussani. Il vaso di Pandora ciellino stato scoperchiato, ma frettolosamente risigillato. molto probabile che si svolgano allinterno delluniverso ciellino delle discussioni molto serrate e sanguigne, ma il tutto appare secretato. La politica, che per definizione pubblica, viene cos privatizzata. In realt, il rapporto di CL con la politica vario e stratificato, corrispondentemente allarticolazione interna di CL in movimento ecclesiale - formalmente riconosciuto come Fraternit, indipendente dallorganizzazione ecclesiastico - amministrativa delle diocesi vero e proprio - in movimento socio - culturale e in movimento politico. Nellinterpretazione di CL ecclesiale del rapporto tra fede e politica, la politica uno strumento per la difesa della presenza cristiana nel mondo, non una sfera ontologicamente originaria dellagire umano individuale. Perci non esiste primariamente la res publica, bens la res christiana, di cui quella publica ancella. Siamo alla teoria del SoleChiesa e della Luna-Impero di papa Gelasio (+496), esposta nella Lettera allimperatore bizantino Anastasio. Il rapporto primario quello tra il credente e Dio, tramite Ges Cristo. Perci non esiste nella cultura ciellina il concetto di etica pubblica, alla quale peraltro vengono imputate tendenze riduzioniste e totalitarie. Il discorso di Ratzinger al Bundestag il 22 settembre 2011, che parla esplicitamente di etica pubblica, non ancora stato recepito. Questa concezione della politica praticata spregiudicatamente dallala politica, dallala sociale e dallala culturale del Movimento, che si vivono qual falange di Cristo redentore. Naturalmente si parla di Bene comune, che coincide, si intende, con il bene di CL e, per proiezione eccessiva, con quello della Chiesa. Ma che il contenuto del Bene comune possa essere la risultante possibilmente condivisa di un conflitto plurale tra varie ipotesi di Bene comune unidea imputata di relativismo. La prima conseguenza di quella visione ancillare della politica il disinteresse reale per le questioni pubbliche. Nel militante ciellino di base la retorica della presenza, realizzata attraverso le Opere, convive schizofrenicamente con una riduzione intimistica della fede al rapporto personale con Cristo, con un disinteresse di fondo rispetto al destino della sfera pubblica e con la delega totale allala politica del Movimento. I volantini diffusi alla vigilia delle elezioni politiche o amministrative parlano chiaro. Lordine di voto parte dallalto, fluisce per i canali interni, con santini di preferenze al seguito, raggiunge la base, che si allinea senza discussione esplicita e pubblica. Il Movimento ecclesiale, a onta delle affermazioni contrarie, segnala ai ciellini i propri uomini e li fa votare. Esattamente come fanno i partiti e le lobbies. Limpressione netta che la saldatura del movimento ecclesiale con la sua ala politica sia netta: non solo Formigoni, democristiano andreottiano, ma lintera CL coinvolta in questa visione e in questo metodo. Suona, pertanto, opportunistica e persino ingenerosa la separazione dei destini di CL da quelli di Formigoni e dagli amici politici di CL. Ma, giunti a questo punto, insorge inevitabile qualche domanda: questa deriva solo ciellina? I cattolici italiani, tramontati i fasti del cattolicesimo liberale di Sturzo e De Gasperi nei primi anni 50, non hanno forse praticato lo stesso modello di rapporti tra fede e politica, approdato, alla fine, allasservimento della politica e del Bene comune agli interessi privati? Le correnti Dc che hanno attraversato il cielo della politica italiana non hanno forse, tutte quante, praticato la sottomissione dello Stato alle clientele? Il deficit di etica pubblica, in forza del quale solo il 55% dei contribuenti paga le tasse, non , in primo luogo, un deficit del cattolicesimo politico italiano, che ha tenuto la scena politica e il potere per cinquantanni? Discorso che si farebbe lungo, perch richiederebbe una discussione storica del rapporto tra cattolicesimo e Stato, almeno a partire dallOttocento. Non certo una domanda nuova o peregrina quella che chiede perch il luteranesimo - nato come religione nazionale - statale, nelle sue principali espressioni, di cui il calvinismo stata la pi significativa - alla fine abbia generato unetica pubblica, mentre il cattolicesimo ha sottoprodotto unetica privata del peccare facile e dellassoluzione facilissima. Resta, intanto, la tenaglia di due fatti, in cui sono stretti i cattolici italiani, non solo CL: lItalia un Paese senza la spina dorsale delletica pubblica, un groviglio inestricabile di corporazioni, senza Bene comune; il Cristianesimo ormai esposto anche in Italia a un violento processo di esculturazione - che sta mettendo a rischio i fondamenti della civilizzazione europea - mentre si diffonde un sacro selvaggio di religioni la carte. Quale possa essere il contributo dei credenti alla costruzione delletica pubblica assente dellItalia pi che mai questione

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www.arcipelagomilano.org aperta. Ma incomincia ad affiorare il dubbio che forse nella scatola degli attrezzi dei cattolici italiani ne manchi qualcuno.

EX-PAOLO PINI MA NON NORMALE Oreste Pivetta


Immagino sia difficile di questi tempi pensare a un ex manicomio come a una risorsa, se non, forse, in termini volumetrici: quanti metri cubi si potrebbero costruire su unarea di tanti metri quadri, per di pi raggiunta dalla metropolitana, in una periferia che si avvicinata al centro, per di pi lambita da una linea ferroviaria con tanto di ammodernata stazione. Ovviamente ho in testa un esempio concreto, quello del Paolo Pini, lex manicomio di Milano, tre ettari alla Bovisa, tra edifici e parco, parte utilizzati, parte no, diviso tra varie propriet pubbliche, a ridosso di quartieri popolari. Ne scrivo perch per ragioni varie mi capitato di percorrere pi volte i viali che dividono le diverse palazzine, un tempo padiglioni che ospitarono fino a mille e duecento malati e dove lavorarono centinaia tra medici, infermieri, inservienti, una citt racchiusa da alte mura dove dormire, mangiare, morire, con la chiesa, il convitto delle suore, con lobitorio. Camminando, la prima sorpresa venuta dallo scoprire uno dei rari luoghi di Milano, forse lunico, da cui non si scorge il profilo della citt, labitato insomma, le case, neppure i celeberrimi ultimi grattacieli. Come si diceva una volta di uno scorcio di via o di un cortile alberato: non pare dessere a Milano. Solo qualche malmesso ufficio dellAsl, non peggiore di altri, ma tristemente consegnato a compiti di assistenza agli anziani per lo pi inabili, ci riporta alla nostra citt e a una sensazione di malinconica impotenza. Poche decine di metri pi in l, costeggiando il muro di cinta, una sorta darco dingresso in legno tinteggiato di giallo annuncia, per fortuna, qualche cosa di diverso. I cancelli dingresso sono spalancati. Una volta saprivano solo per lasciar passare le bare dei matti defunti l dentro. Appena l cera lobitorio, che diventato cucina e ristorante e i tavoli destate sallineano anche sotto gli alberi e sotto un breve portico. La chiesa mi pare sia riservata al culto cristiano copto. Lex convitto delle suore diventato ostello, per chi stava dentro e non ha trovato altra possibilit o per chi arriva da fuori, magari turista dal Giappone. Cos. Avanti qualche decina di metri una breve rampa conduce al teatro. Avanti qualche decina di metri ancora e ci si ritrova nel Giardino degli aromi, dove biologicamente si coltivano verdure che si ritrovano poi a tavola. Questo e altro (una stagione teatrale tra le pi vive a Milano, musica, dibattiti, libri, eccetera) merito della cooperativa Olinda, nata sulle macerie metaforiche dellospedale psichiatrico, pensando ai matti senza casa e senza lavoro, cresciuta aprendosi di fronte a tanti segni di disagio o semplicemente di fronte a una domanda di cultura, di partecipazione, di comunit. Olinda unimpresa sociale, unisce capacit imprenditoriale e accoglienza, nel segno dellimperfezione. Da vicino nessuno normale, lo slogan di Olinda. Da vicino nessuno perfetto. La storia dellimperfezione me lha spiegata Thomas Emmenegger, presidente di Olinda, psichiatra svizzero, rispondendo a una mia domanda a proposito del ristorante. Ingenuamente gli chiedevo una volta perch il ristorante, dottima qualit, non giocasse qualche carta ambiziosa, non si mostrasse pi elegante, ridisegnato da un architetto, risistemato dai giardinieri non fosse insomma perfetto. Ecco la spiegazione: la perfeziona esclude, alla perfezione non si adatterebbe il lavoro di tanti ragazzi e ragazze che cucinano, servono ai tavoli, puliscono, dirigono, appassionati, gentili, premurosi, efficienti, quanto sinceramente, liberamente, imperfetti. Limperfezione un valore, la verit di questo mondo. Molti conosceranno il Paolo Pini e Olinda. Di sicuro arrivo in ritardo. Se scrivo di Olinda perch mi piacerebbe aiutare Olinda. Aiutare non mi piace: ogni aiuto rischia di scivolare dallalto verso il basso. Forse lunico aiuto lecito vivere le proprie idee dentro quella realt. Non so ovviamente se tutti condivideranno le mie impressioni rispetto a una impresa che tiene assieme miracolosamente costi e vantaggi economici, costi e vantaggi sociali, cultura, lavoro, sostegno, solidariet, comunit, che ha creato in una quindicina danni una piazza dove lo scambio continuo, le relazioni si intrecciano, malati e sani, giovani e vecchi, e leconomia complessa. Scrivo di Olinda, ai tempi dello spread, perch mi sembra un modello daltra economia contro quella dei liberi e voraci mercati finanziari, del consumismo diventato anche a sinistra motore essenziale dogni benessere (considerando quello materiale lunico benessere possibile), un modello che conosce il senso del limite (limperfezione). Chiedo, banalmente, se il Comune di Milano e altre istituzioni non debbano discutere queste esperienze anche per riprogettare le proprie politiche (sociali, assistenziali, urbanistiche, culturali); se chi organizza cultura non debba pensare a questi spazi e quindi a un pubblico diverso di quello distrattamente in transito nelle librerie del centro; se lExpo, che si voluta sul tema dellalimentazione, non potrebbe mostrare come esempio milanese il Giardino dei sapori o, pi ambiziosamente, se il tema dellimperfezione cio del limite per unumanit che deve temere per la propria sopravvivenza non sia divenuto il primo, fondamentale degli argomenti. Se mi sta a cuore la storia e il presente del Paolo Pini e di Olinda, se mi piace credere che qualcun altro ne possa ragionare, perch mi sembra che il Paolo Pini e Olinda possano rappresentare lopportunit di immaginare una citt diversa, una citt che sappia vivere apertamente i propri conflitti e che apertamente ne sappia dibattere, senza nascondere le proprie imperfezioni sotto il tappeto, immaginando invece un nuovo catalogo delle proprie risorse.

Replica Pier Angelo Tosi ad Andrea Bonessa

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www.arcipelagomilano.org Larticolo di Bonessa probabilmente indotto dalla impossibilit da parte di qualche suo amico di farsi il giardinetto davanti al proprio condominio, non si giustificherebbe, altrimenti, tanto livore nei miei confronti. Le affermazioni gratuite dimostrano lassoluta ignoranza, da parte di Bonessa, dei ruoli delle Commissioni e dei Consigli di Zona e del vissuto politico/legislativo del sottoscritto. La cultura dellauto, Milano ha raggiunto un tasso di motorizzazione elevatissimo (55 auto ogni 100 abitanti contro una media europea ben al disotto delle 40 auto su 100 abitanti), non si inverte dalla sera alla mattina, eliminando con la bacchetta magica le auto, ma con azioni graduali prima persuasive e dopo punitive. Dopo la premessa vengo alle risposte. Nelle commissioni istruttorie non si decide, si illustrano e si discutono gli argomenti, che verranno portati in Consiglio per le delibere conseguenti. Nello specifico il Consiglio decise di escludere via Bronzetti per due precisi motivi: evitare una riqualificazione a spizzichi e bocconi, con un risultato estetico pessimo; consentire unulteriore alternativa di sosta ai residenti, che soffrono attualmente i disagi dovuti ai cantieri per la preferenziale del filobus 92 e del teleriscaldamento. Per quanto riguarda i parcheggi interrati, pi che sul carro dei comitati sono salito sul carro del buon senso, che mi ha suggerito, nei dieci anni passati in consiglio, di approvare diversi parcheggi in Zona 4 e di contrastare tenacemente altri, che avrebbero devastato piazze dal valore estetico immenso (Libia, Grandi) o creato danni irreparabili ai residenti circostanti (Venosa, Cipro). Bonessa pu verificare presso gli uffici di Zona 4. A quel salto nella politica retribuita ha gi provveduto Bonessa, facendosi nominare in una partecipata comunale per soli 15.300 annui, come dire predicare bene e razzolare male. (*Vicepresidente di Zona 4 e Presidente Commissione Mobilit /Ambiente)

Scrive Michele Monte a Roberto Camagni


Ho molto apprezzato il contributo del professor Camagni che costituisce una delle rarissime proposte di riflessione critica rispetto a quella che sembra una ineluttabile deriva verso l'applicazione di un meccanismo, quello appunto della perequazione "indiscriminata", sicuramente iniquo e potenzialmente pericoloso rispetto al governo delle trasformazioni urbane. Auspico una generale rivitalizzazione dell'attenzione su questo tema, magari estendendo la riflessione anche alla "genesi" dei Diritti Edificatori in un paese in cui sembra che la regola generale sia "che vale tutto".

Scrive Pietro Vismara ad ArcipelagoMilano


Sempre sul tema dell'edificabilit prevista dal PGT (e dei conti che non tornano), volevo segnalare l'intervista apparsa sul sito dell'Ordine degli Architetti ai componenti della Consulta per la revisione del Piano: e in particolare questo punto: "Inoltre, i lotti inferiori ai 5.000mq non dimentichiamo che si tratta di dimensioni pari a met dellisolato del piano Beruto, tiene a specificare Vitillo, dunque non un piccolo intervento- sono numerosissimi, milioni di mq di slp. " Ma come? Se i soli interventi a permesso di costruire semplice sono stimati in "milioni di mq di slp" (e quindi, essendo il termine al plurale, almeno 2 milioni) come possibile che sull'intero tessuto urbano consolidato (e quindi contando anche i lotti di superficie superiore) siano previsti solo 2,6 milioni di mq di slp? (come da dato della VAS). A mio parere, ripeto, c' qualche conto che non torna.

Scrive Vito Antonio Ayroldi a Luca Beltrami Gadola


Desidero farle sapere di concordare con lo scorso suo crepuscolare editoriale letto, approvato e sottoscritto, per quanto vale. Finalmente qualcuno che le canti chiare. La vita fatta di priorit ma chiss perch a sinistra "ci si vesta di carattere" (espressione idiomatica barese) solo quando si tratta di diritti civili. Io un'idea l'avrei e gliela la porgo: magari perch sempre pi spesso tra gli interessati alligna il giornalista che ti far il titolone. Uno perch c'ha la compagna che per solo separata; poi c' chi ha saputo che il figlio gay; l'altra ha una "storia" ma lei c'ha due figlie, mettice quelli che.... vogliono Mario e la spiegazione si tiene. Sono cose che succedono, a Milano direbbe Memo Remigi. Io sono tra quelli che la pelliccia se l' fatta ecologica, ma scalder lo stesso. Sono proprio curioso di vedere l'effetto che fa. C' un libro di Hallberg Lo sguardo del flaneur, appena terminato, che pu ispirare molte riflessioni socioeconomiche sulla condizione urbana contemporanea.

MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org La Carmen in forma di concerto
Con un esperimento difficile e coraggioso lAuditorium ha concluso la scorsa settimana la sua prima stagione estiva. Una stagione anchessa molto rischiosa, nella Milano usualmente deserta di agosto, premiata dal fedele pubblico dellOrchestra Verdi e un po anche dal turismo straniero che ha dato un buon contributo a riempire la sala trovandovi - oltre alla buona musica - un prezioso refrigerio al terribile caldo delle ultime settimane. Esperimento coraggioso, dicevamo, perch ha affrontato - con mezzi necessariamente limitati - una delle opere pi note e amate dal pubblico

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www.arcipelagomilano.org e anche perch dare unopera in forma di concerto, con i cantanti schierati sul palcoscenico senza costumi e senza scena, vuol dire denudarla, scarnificarla, rivolgersi a un pubblico maturo o almeno molto attento e curioso; difficile perch se c unopera che pretende di essere incarnata nei suoi personaggi, di sedurre il pubblico anche con la recitazione, questa proprio Carmen con le sue atmosfere cariche di sensualit e i suggestivi ambienti di Siviglia e dei Pirenei. Ci premesso abbiamo assistito a un bello spettacolo e soprattutto a una magnifica prestazione di Tiziana Fabbricini, soprano famosa per le innumerevoli interpretazioni nella Traviata verdiana (fin dal 1990, con Muti, quando nei panni di Violetta debutt trionfalmente alla Scala) che si cimentata nellopera di Bizet - salvo errore per la prima volta in una parte dunque da mezzosoprano; non solo stata vocalmente bravissima per non dire perfetta, una grande professionista, ma ha anche recitato la parte (e si capito quanto fosse imbarazzata, allinizio, nella sensualissima Habanera e come si sciolta subito dopo, tanto che nella Sguedille era gi unattrice a proprio agio). Fa piacere vedere come Jader Bignamini, che in giugno aveva realizzato molto bene lAndrea Chnier di Giordano nella stessa forma di concerto, si sia confermato un ottimo e completo direttore dorchestra; vorremmo rimproverargli unouverture eccessivamente veloce, come purtroppo oggi duso, ma si fatto presto perdonare per lintensit con cui ha eseguito le altre pagine dellopera e in particolare per la grazia con cui ha accompagnato i cantanti. Fra questi Alberto Gazale stato molto convincente nella parte di Escamillo, un po meno - nonostante la magnifica voce - la giovanissima Aurora Tirotta in quella di Micaela. Pi difficile il discorso sulla voce tenorile di Don Jos. Sappiamo quanto siano rari oggi i tenori potenti ed eleganti insieme, soprattutto le voci duttili, capaci di adattarsi a personaggi e caratteri molto diversi fra loro. In Carmen il problema del tenore quello di essere letteralmente schiacciato da una parte dalla potenza dellavversario-torerobaritono, dallaltra dalla forza delle due donne da cui parimenti dominato: lamante, carica di femminile e sconvolgente aggressivit, e Micaela dolce ma ferma portatrice del ricatto affettivo familiare. Se Don Jos ha una voce con poco volume, morbida e sottile come quella di Marco Frusoni, non potr mai mettersi in competizione con gli altri protagonisti dellopera. Perder, come noto, la testa e s stesso, ma cos perde in partenza e non c pi storia. Vorrei aggiungere alcune considerazioni, innanzitutto sul problema della pronuncia delle parole e della chiarezza della dizione da parte dei cantanti. un argomento su cui molto stato detto e scritto e per fortuna negli ultimi tempi sono stati fatti anche molti passi avanti. Ma nel caso di Carmen, a maggior ragione perch al pari dellinglese e dello spagnolo il francese una lingua poco adatta allopera lirica (che infatti produce il meglio di s in italiano e in tedesco, si pensi solo a Verdi e a Wagner), il problema della pronuncia cruciale. In questa occasione stato veramente imbarazzante ascoltare un francese tanto approssimativo da parte di alcuni cantanti; ti fanno perdere il piacere dellascolto. Poi c il problema del pubblico dellAuditorium che come si detto fedele e affezionato, un pubblico molto caldo e oserei dire affettuoso nei confronti della sua orchestra, che esprime sempre passione ed entusiasmo. Ma spesso esagera assumendo toni da stadio, esprimendosi con urli selvaggi che fanno pensare pi al fiancheggiamento da tifo sportivo che non al consenso maturo e riflessivo; e non si pu a ogni concerto, qualunque ne sia la riuscita, battere ritmicamente i piedi sul pavimento. Nel caso dellopera lirica in concerto la cosa assume particolare rilevanza perch - trattandosi di pagine scelte - gli applausi scrosciano dopo ogni pagina e diventano decisamente molesti. Manifestazioni pi sobrie e composte, e segnali di approvazione pi graduati, gioverebbero sia al teatro che ne guadagnerebbe in autorevolezza - sia agli artisti, ai quali fa sicuramente piacere sentirsi amati, ma certamente preferirebbero avere un consenso consapevole e reale.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Linquietante normalit delle immagini di Lassry
Elad Lassry un giovane artista israeliano che si fatto conoscere in Italia durante lultima Biennale di Venezia. Il PAC di Milano gli ha dedicato questa estate una prima grande retrospettiva, visitabile fino al 16 settembre, curata da Alessandro Rabottini. Il mondo di Lassry fatto di immagini, fotografie e video, dove niente cos facile come sembra. Le sue fotografie, spesso unite a creare collage e composizioni, sono pi finte delle immagini pubblicitarie. Niente qui lasciato al caso, tutto studiato, costruito e pensato. Perfino le cornici sono dipinte tono su tono rispetto ai colori delle immagini. Il concetto su cui bisogna insistere nello spiegare il lavoro di Lassry quello di riappropriazione dellimmagine. facile vedere come i suoi lavori siano composti da fotografie fatte dallartista stesso ma anche di immagini vintage, recuperate da vecchie riviste o vecchie cartoline. A Lassry interessa lavorare e far lavorare lo spettatore sui tanti significati che unimmagine pu avere, sulla multiformit di unimmagine, che non mai univoca ma ogni volta pu essere investita, da chi la guarda, di nuovi, diversi e contrastanti significati. Unimmagine potr avere tante forme e sensi nuovi, quanti saranno i suoi spettatori. Ecco perch queste immagini sono riprese indiscriminatamente da diverse fonti, tagliate e adattate alle nuove necessit formali senza fornire alcuna indicazione sul loro passato. Il lavoro di Lassry una riflessione sullatto del vedere, su come noi guardiamo le immagini e su come le immagini stesse sono costruite. Rappresentazioni a prima vista familiari, come uomini, donne, animali e nature morte dicono molto di pi, guardando sotto la loro superficie patinata. Da qui nasce il sottile senso ambiguo e straniante che proviamo nel vedere i lavori di Lassry. Un lavoro studiato e meditato, con tanti riferimenti alla storia dellarte,

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www.arcipelagomilano.org dalla Pop Art, al Minimalismo alle composizioni di Moholy-Nagy. Con anche, perch no, un riferimento ai pittori rinascimentali, nellopera Woman (Green Bow), in cui un mezzo busto femminile risalta su un fondale verde. Unici oggetti presenti una bottiglia, un tavolo e uno strano copricapo in testa alla donna nuda, che con quel viso aperto e delicato ricorda le antiche madonne cinquecentesche. Se tutto si basa sulla visione, non pu mancare il cinema tra gli interessi di Lassry, di cui in mostra ci sono quattro pellicole. Film in 16 mm, proiettati in un formato simile a quello delle fotografie, proiezioni che sono unanalisi lenta e inesorabile dei soggetti ripresi, che sono coreografati e quasi a disagio davanti alla cinepresa, che li fissa imperterrita. In mostra anche unopera site specific, Untitled (Wall, Milan Blue), 2012, che unisce architettura, oggetti in ceramica e fotografie, in un succedersi spaziale che rende tutto uguale, ma che in realt cos non . Piccole, ma significative, le variazioni tra luno e laltro. Un percorso tra immagini perfette e patinate, in una narrazione che unisce pubblicit, glamour e ritratto, ma che non fa mai dimenticare allo spettatore lambiguit e la falsit di tutte le immagini, anche di quelle allapparenza pi naturali. Elad Lassry. Verso una nuova immagine PAC, ingresso gratuito. Fino al 16 settembre ORARI luned 14.30 - 19.30, da marted a domenica 09.30 19.30, gioved 09.30 22.30

Bramantino: una mostra autoctona


Promossa e auto - prodotta dal Comune di Milano, quella di Bramantino potrebbe essere la prima di una serie di mostre rivoluzionarie, non tanto per la novit dei temi quanto per la modalit di produzione. A cura di Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi, Bramantino a Milano unespo-sizione quasi monografica dei capolavori milanesi di Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino (1480 - 1530), da Vasari, che gli diede questo soprannome in qualit della sua ripresa dei modi di Donato Bramante, pittore e architetto al servizio di Ludovico il Moro. Che cosha di speciale questa mostra, nel cortile della Rocchetta, Castello Sforzesco, fino a settembre? Innanzitutto la gratuit dellingresso, il fatto che sia munita di due mini guide gratuite, complete di descrizione e dettagli storico - critici sulle opere in esposizione, e infine, il fatto che una mostra a chilometro zero. Tutte le opere presentate al pubblico provengono infatti da musei e collezioni milanesi: lAmbrosiana, Brera, la pinacoteca del Castello e la raccolta di stampe Bertarelli. Questa la grande novit. In un momento di crisi, in cui spesso le mostre sono di poca sostanza e si soliti attirare il pubblico con nomi di grandi artisti, senza presentarne per i capolavori, ecco che si preferito rinunciare ai prestiti esteri, impossibili per mancanza di fondi, e si voluto puntare e valorizzare solo pezzi cittadini di qualit. Compito facile visto che Milano conserva il nucleo pi cospicuo esistente al mondo di opere del Bramantino: dipinti su tavola e tela, arazzi, disegni, affreschi e lunica architettura da lui realizzata, la Cappella Trivulzio nella chiesa di San Nazaro in Brolo. Lesposizione si articola nelle due grandi Sale del Castello Sforzesco che ospitano gi importanti lavori dellartista. Nella Sala del Tesoro dove domina lArgo, il grande affresco realizzato intorno al 1490 e destinato a vegliare sul tesoro sforzesco, sono esposte una trentina di opere, dipinti e disegni, che permettono di capire lo svolgersi della carriere dellartista bergamasco: dalla Stampa Prevedari, un'incisione in rame che il milanese Bernardo Prevedari realizz su disegno di Bramante e che influenz per spazi e monumentalit lopera di Bramantino, allAdorazione del Bambino della Pinacoteca Ambrosiana, alla Madonna e Bambino tra i santi Ambrogio e Michele Arcangelo, con i due straordinari scorci dei corpi a terra. La soprastante Sala della Balla, che accoglie gli arazzi della collezione Trivulzio, acquisiti dal Comune nel 1935, presenta un allestimento completamente nuovo, che dispone i dodici grandi arazzi, dedicati ai mesi e creati per Gian Giacomo Trivulzio, in modo che si leghino tra loro nella sequenza dei gesti e delle stagioni. Un filmato documenta ci che non stato possibile trasportare in mostra: dalla Cappella Trivulzio alle Muse del Castello di Voghera, di cui Bramantino fu responsabile dei dipinti. Una mostra davvero a costo zero, come dichiara lo stesso Agosti. Gratis l'allestimento di Michele De Lucchi, Francesco Dondina ha realizzato gratuitamente l'immagine e il fotografo Mauro Magliani ha lavorato con fondi universitari. La promozione curata gratuitamente; il Fai e gli Amici di Brera hanno dato una mano per gli incontri e la struttura del Comune si rimessa ad agire in proprio in maniera eccellente. Una mostra tutto sommato facile, si gioca in casa, ma che proprio per questo ha un merito in pi: promuovere quello che sotto i nostri occhi tutti i giorni, valorizzarlo e dargli nuovo lustro. Bramantino a Milano - Castello Sforzesco, Cortile della Rocchetta, Sala del Tesoro - Sala della Balla fino al 25 settembre orari: da marted a domenica dalle ore 9.00 alle 17.30. La Sala della Balla, al fine di consentire lo svolgimento di iniziative in programma, il 26 maggio e il 9 giugno chiuder alle ore 14.00, il 15 giugno rester chiusa tutto il giorno, mentre il 14 settembre chiuder alle ore 15.00.

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Ti dico che non ho sognato
di Carmelo Pistillo Edizioni Bietti, Milano, 2012 pp. 137, euro 16,00

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Cosa nasconde la nostra anima, sempre in bilico tra bene e male? Anche luomo pi virtuoso tentato dal male, che sinsinua tra le pieghe della pelle e penetra nelle narici come un alito freddo. La natura umana segnata dal peccato sin dalla sua origine, unombra che ci accompagna tragicamente durante la vita. A differenza di altri testi scritti con uno stile basso e volgare, il filosofo Carmelo Pistillo ci presenta il peccato con eleganza poetica, senza per privarlo di quel piccante sapore che ci lascia a bocca aperta. Una domanda sosta sulla punta della lingua: Io cosa avrei fatto? Pare di smarrirsi nei gironi infernali della Divina Commedia, insieme a Didone, a Francesca, a Pier delle Vigne, che la ragione sommettono al talento. Le figure perdenti e in malafede, che esplodono dallopera di Pistillo, sono vittime delle loro passioni con un exemplum negativo, che, tuttavia, seduce il lettore.

Questultimo non chiamato in causa per declamare una condanna senza appello, e nemmeno per nutrirsi della vita daltri, che si dipana tra le righe del libro, ma per riflettere di fronte ai drammi a cui inevitabilmente soggetto. Linferno di Carmelo Pistillo diviso in sedici episodi, da leggere uno alla volta: un viaggio tra la miseria umana, che pesca nel pozzo profondo delle esperienze individuali. In almeno una di quelle storie, ci si ritrova scoperti con le mani nel sacco, come ladri al mercato degli specchi. La nostra immagine riflessa si sovrappone a quella dei personaggi descritti: Thrse, Vinciguerra, Abigaille, che per lungo tempo hanno sottomesso sentimenti e compresso pulsioni sino a giungere, quasi inconsciamente, a progettare un piano di fuga da loro stessi. Noi non siamo diversi da loro. Le loro storie, che di primo acchito giudichiamo severamente e distanziamo per di-

fesa, non sono molto lontane dalle nostre, da quello che non vogliamo mostrare agli altri. Nondimeno, la vergogna della nostra natura ci rende riluttanti verso lunica verit: siamo creature fragili. Bruno, che non mai stato un campione fra le lenzuola, n in seno alla vita sociale, deve arrendersi di fronte al suo limite, e Bionda, la moglie adultera, spera di uccidere la voce della coscienza con una punta di fiamma, ma vede solo un anticipo dinferno. Cos anche lex venditore di auto, nellamarezza degli ultimi giorni di vita, sputa lava rancida. il giaciglio coniugale a ricevere gli avanzi delluomo che ha lottato col niente. il letto, lultimo domicilio di chi rimasto fedele a se stesso, di chi ha esibito i denti solo a difesa dei propri averi e della grazia ricevuta lungo la strada terrena. (Cristina Bellon)

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org la rubrica riprender nel numero del 12 settembre

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org La kryptonite nella borsa
di Ivan Cotroneo [Italia, 2011, 96] con Valeria Golino, Luca Zingaretti, Cristiana Capotondi, Libero de Rienzo, Luigi Catani
Gli occhi di Peppino (Luigi Catani) sono limmagine che apre La kryptonite nella borsa, opera prima di Ivan Cotroneo, autore dellomonimo romanzo che si messo dietro la macchina da presa per adattare personalmente il proprio testo. Gli occhi ingenui e spaesati di Peppino sono nascosti da occhiali troppo grandi per il suo viso ma le lenti, spesse come fondi di bottiglia, sono lunico strumento che gli permette di osservare nitidamente il mondo che lo circonda. Questi occhi guardano la sua famiglia unita dallamore come sentimento dominante ma nel pieno di una tempesta a causa dei tradimenti del padre e dei suoi zii, Titina (Cristiana Capotondi) e Salvatore (Libero de Rienzo), ribelli e disinibiti, in continuo conflitto con dei genitori tradizionalisti. Nonostante lammirevole ma sterile sforzo di suo padre (Luca Zingaretti), leducazione di Peppino in mano alle donne della famiglia. I suoi occhi fotografano il genere femminile dellItalia dei primi anni settanta espresso dal regista attraverso il confronto generazionale tra la madre Rosaria (Valeria Golino), la zia e la nonna. Nonna Carmela rappresenta tenacemente la vecchia generazione, parla poco ma comanda con lo sguardo. Titina, la zia irrequieta, alla continua ricerca di nuove esperienze. Infine, c mamma Rosaria, la sua apparente fragilit sembra racchiudere ogni stereotipo del genere ma colei che riesce a compiere unevoluzione, impersonando il prototipo della donna che combatte e sgomita per la propria libert. In questa burrasca, Peppino rimane spesso senza degli appigli affettivi. Solo grazie alla sua fantasia e alla mitizzazione di un cugino che si crede Superman riesce a creare un modello che lo aiuti a comprendere limportanza di trovare la propria identit. Lomologazione e lemarginazione sono la vera kryptonite. Marco Santarpia I n sala a Milano: AriAnteo Conservatorio 5 settembre 2012

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Quasi amici di Olivier Nakache ed Eric Toledano [Intouchables, Francia, 2011, 112] con: Franois Cluzet, Omar Sy
Andiamo a respirare un po, chiede Philippe (Franois Cluzet) a Driss (Omar Sy). Driss, ragazzone di colore dal fisico scultoreo, il nuovo badante di Philippe, aristocratico francese costretto a passare il resto della sua vita su una sedia a rotelle. Uno un ai margini della societ: da poco uscito di galera, disoccupato e affondato nelle bassezze della banlieue parigina; laltro ricco, colto e dai modi eleganti e ricercati. Philippe, da quando rimasto tetraplegico, trattato coi guanti: gesti e parole sono ponderate in maniera da non turbarlo, ma producono leffetto esattamente opposto; si sente diverso, inutile. Driss quei guanti non li vuole infilare: la sua superficialit si trasforma in pragmatismo estremo, i suoi modi diretti e un po rozzi trasmettono a Philippe un nuovo senso di libert. Olivier Nakache ed Eric Toledano scrivono una favola che ha le sue radici nella vita reale: Quasi amici [Intouchables, Francia, 2011, 112] tratto dallautobiografia di Philippe Pozzo di Borgo [Il diavolo custode, Ponte alle Grazie] che percorre la sua esistenza fino allincidente del 1993 che lo paralizza quasi totalmente. Alla ricerca di un nuovo badante, Philippe incontra (o, meglio, scontra) Driss (Abdel, in realt) e grazie a lui va a sbattere contro un mondo completamente opposto al suo. La contrapposizione tra i due personaggi il cemento che i registi utilizzano per dare forma a una commedia il cui leitmotiv un tema delicato che mai in questo caso scivola nel piagnisteo o nel perbenismo. Certo, la commedia degli opposti e una buona parte della sceneggiatura di Nakache e Toledano non profumano di nuovo, cos come non stupisce la popolarit raggiunta dal film in Francia (e fuori), grazie alla leggerezza attraente. Ma lessere leggero non per forza da vedere in maniera negativa; la leggerezza la marcia in pi di Quasi amici: e questa leggerezza proprio ci che serve a Philippe per rompere la sua gabbia immobile e respirare un po. Paolo Schipani In sala: UCI Cinemas Bicocca, UCI Cinemas Certosa, Palestrina, UCI Cinemas Lissone, UCI Cinemas Como.

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UN RICORDO DI CARLO MARIA MARTINI http://www.youtube.com/watch?v=kRkBT0IhT4o

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