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numero 19 anno VI 21 maggio 2014


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EXPO. IL DANNO ERARIALE E LE FATICHE DI RAFFAELE CANTONE


Luca Beltrami Gadola
Mentre la magistratura indaga e il
governo Renzi nomina un magistrato, Raffaele Cantone come supercommissario anticorruzione allExpo, al drappello degli inquirenti si
aggiunge la magistratura contabile:
la Sezione Giurisdizionale per la
Lombardia della Corte dei Conti
vuole accertare se in tutta la vicenda di Expo qualcuno non sia incappato nel reato di danno erariale.
Nell'ordinamento giuridico italiano
dettodanno erariale il danno sofferto dallo Stato o da un altro ente
pubblico a causa dell'azione o
dell'omissione di un soggetto che
agisce per conto della pubblica
amministrazione in quanto funzionario, dipendente o, comunque, inserito in un suo apparato organizzativo. (Wikipedia)
Alluomo della strada e alla casalinga di Voghera la cosa non pu che
fare piacere, anche se sanno per
triste esperienza che la giustizia
terribilmente lenta e soprattutto che
i buoni avvocati riescono di solito
a trarre dimpiccio i ricchi e i potenti
e che mal che vada c sempre un
pomeriggio ai servizi sociali per pareggiare i conti. Ma la cosa che rende interessante lintervento della
Corte dei Conti invece cosa possa
considerarsi danno erariale nella
vicenda Expo e di conseguenza chi
ne sia responsabile.
Non sono un giurista ma accusare
di danno erariale chi ha corrotto per
aggiudicarsi un appalto mi sembra
arduo perch bisognerebbe dimostrare che altri avrebbero potuto eseguire le stesse opere a condizioni
migliori. Aver invece consentito o
per negligenza o intenzionalmente
che vi siano stati fatti di corruzione,
questo certo costituisce danno erariale. dunque danno erariale an-

che avere in qualsiasi modo ritardato le decisioni concernenti Expo? E


se lo , che entit avrebbe e come
lo si calcola? La stessa cosa vale
per lomessa sorveglianza per i singoli membri del Consiglio di amministrazione di Expo, anche se un
buon avvocato dimostrer che non
si tratta di Ente pubblico e altri simili
cavilli ai quali siamo abituati. Comunque tutte questioni assai intricate.
Se posso modestamente indicare
un danno certo e calcolabilissimo,
oltre a quello di immagine, basta
vedere quali e quante richieste faranno le imprese, soprattutto quelle
estranee alle vicende di corruzione,
per aver dovuto ricorrere al lavoro
straordinario, festivo e notturno. Banale. Siamo di fronte a cifre elevatissime e, salvo qualche eccezione,
non vedo allorizzonte persone fisiche in grado di farvi fronte anche se
alluomo della strada e alla casalinga di Voghera forse basterebbe una
condanna nella speranza, temo vana, di vedere scomparire per sempre dalla scena certi personaggi.
Veniamo alle fatiche di Raffaele
Cantone. Una missione davvero
quasi impossibile. Tenuto conto delle sue pi che legittime precisazioni
(Non sono qui a sostituire la magistratura inquirente) dunque arriva
per controllare che negli appalti ancora da aggiudicare e forse in quelli
in itinere, tutto sia fatto nel perfetto
ossequio dello spirito delle leggi e
della sostanza delle medesime.
Come far e come sia possibile non
so, col breve tempo che ha a disposizione, visto che tutta la lunga filiera dellappalto pubblico pu essere
manipolata da chi vuol commettere
illeciti. Bisognerebbe cominciare a
vedere se i progetti sono completi e

i bandi non nascondano tranelli come la discordanza tra tavole grafiche, descrizione ed elenchi prezzi:
discordanze spesso intenzionali per
favorire la formazione di riserve
contabili. Tanto per citare un esempio. Dato poi che correggere
spesso pi lungo e complicato che
fare ex novo tanto ne avremmo a
ricominciare da zero. Ma non c
tempo. Bisognerebbe andare a riguardare le varie commissioni che
sono previste nei meccanismi di aggiudicazione per accertarsi innanzitutto della loro competenza e poi
della loro indipendenza.
Per il futuro bisognerebbe che ogni
commissario esprimesse il suo parere per iscritto per poterlo valutare
a posteriori. Bisognerebbe che tutti
questi atti (come tutti quelli relativi
allappalto pubblico come ormai si
chiede a gran voce da pi parti) fossero classificati come open data e
dunque accessibili a tutti. Bisognerebbe bisognerebbe bisognerebbe! Un lungo elenco di cose ovvie. Bisognerebbe forse in primo
luogo, come in parte sta raccontando lingegner Maltauro, farsi dire
come si fa, non tanto per saperlo
perch si sa gi, ma per avere una
autorevole conferma: chi da tempo
lo dice non mai stato ascoltato. Il
danno erariale di questa sordit a
chi lo vogliamo attribuire?
Fuori sacco: La Lega dei Ticinesi
(lomologo ticinese della Lega Nord) sta
raccogliendo le firme necessarie (7.000)
per indire un referendum popolare contro
il finanziamento di tre milioni di franchi
svizzeri che il Canton Ticino vuole investire per Expo. Le ragioni? Hanno letto le
cronache delle ultime settimane.

EXPO TRASPARENTE, ARCHITETTI MILANESI: CI ABBIAMO PROVATO. E NON MOLLIAMO!


Valeria Bottelli*
Leditoriale del Direttore di settimana scorsa, relativo al tema Expo, si
chiudeva identificando nelle associazioni di categoria possibili organi
di controllo dei bandi in nome della
trasparenza. Noi architetti ricordiamo quanto tempo ed energia abbiamo investito (cos come lOrdine
degli Ingegneri, le imprese edili milanesi e altre realt) perch Expo si
dotasse di procedure trasparenti e
innovative e sinnescasse da subito
un dibattito sui contenuti di Expo e
del dopo Expo.
n. 17 VI 7 maggio 2014

Tutto ci iniziato contestualmente


allassegnazione dellevento alla citt di Milano. Dal 31 marzo 2008 abbiamo cercato un confronto con Expo SpA, rivelatosi tanto difficile
quanto improduttivo: parliamo di
giorni, mesi e anni di appuntamenti
mancati, colloqui respinti, lettere
senza risposta. Le tristemente note
procedure durgenza, intanto, facevano il loro corso.
Sono progressivamente spariti i
concorsi di progettazione, ridottisi
infine al solo concorso per il Padi-

glione Italia e a quello di idee per le


Architetture di servizio. Delusi, abbiamo proseguito nel nostro lavoro,
con Assimpredil, Ordine degli Ingegneri e CNA, per proporre in tempo
utile uninnovazione procedurale
che permettesse anche allappalto
integrato e complesso ormai estensivamente adottato da Expo - di
consentire la premiazione della qualit architettonica e di un contenimento dei costi per le imprese.
La bozza del nostro lavoro congiunto stata proposta e discussa a pi
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riprese con la societ Expo. Il contenuto avrebbe permesso di operare


sia in trasparenza, sia nel rispetto
dei tempi di realizzazione delle opere con una limitazione di costi. Nella
seduta n. 498 del 21 giugno 2011,
la Camera dei Deputati aveva approvato un ordine del giorno collegato al Decreto Sviluppo che impegnava il Governo ad assumere le
misure idonee affinch il modello
procedurale da noi proposto potesse essere utilizzato per le opere di
Expo 2015.
Sul piano dei contenuti poi, gi dal
2009 abbiamo organizzato una mostra, stampato una pubblicazione e
svolto alcune conferenze aperte sul
tema dellEXPO dopo EXPO affollate, partecipate, dibattute da tecnici e
cittadini con unici assenti, invitati, i
diretti interessati, tra cui alcuni protagonisti delle cronache di questi
giorni.
La mancanza di una volont politica
ha portato a quello che oggi vedia-

mo: senza garanzia di criteri di qualit, trasparenza e concorrenza,


senza valutazioni tecniche corrette
di esigenze progettuali, di tempi e di
costi, senza una gestione adeguata
dellevento da troppi punti di vista,
Expo rischia di diventare solo
lombra di ci che avrebbe dovuto e
potuto essere.
Da parte nostra come Ordine
(12.000 iscritti), negli ultimi mesi,
abbiamo scritto a tutte le ambasciate e i consolati dei Paesi partecipanti, invitandoli a consultare la banca
dati on-line dei progettisti milanesi
per gestire interventi di vario genere
in vista dellExpo; siamo riusciti a far
inserire i nostri iscritti nel Catalogo
Expo rivolto ai partecipanti alla manifestazione; ci stiamo concentrando nella promozione delleccellenza
architettonica milanese con un intenso programma di itinerari, stiamo
progettando una mostra sulle trasformazioni urbane e ci stiamo attivando per dar vita a processi di vigi-

lanza sul futuro di terreni e manufatti del dopo Expo.


Crediamo infatti ancora che EXPO
possa rappresentare unoccasione
unica per la citt e il Paese: ci appelliamo quindi al Governo, al
Commissario Raffaele Cantone e
allAutorit Anticorruzione, mettendo, come sempre fatto, sin dora a
disposizione il nostro bagaglio di
competenze nella valutazione delle
documentazioni tecniche poste a
base delle procedure relative alla
progettazione ancora da bandire.
Il tempo stringe, ma vogliamo poter
contribuire a fare dellEsposizione
Universale un grande evento, perch il danno dimmagine enorme e
la fitta nube che ora avvolgono Expo possano dipanarsi in tempo utile.
*presidente Ordine degli Architetti
PPC di Milano
.

CONSUMO DI SUOLO: MA IL SUOLO NON UN BANCOMAT


Paolo Sinigaglia*
Dalla Milano da bere alla Milano da
consumare. L'ultimo rapporto sul
consumo di suolo in Italia pubblicato
da Legambiente il 13 maggio 2014
dice che Milano , con Napoli, la
citt pi edificata e cementificata di
Italia: oltre il 60% del suolo del comune occupato da edifici capannoni, asfalto. Si tratta dell'altro lato
della Tangentopoli lombarda, quello
forse di cui meno in voga parlare:
vent'anni di speculazione edilizia
culminati nella battaglia per il tasso
di edificabilit dei terreni dell'Expo,
manifestazione nata sotto gli occhi
del mondo come inno all'agricoltura
e diventata altrettanto sotto gli occhi
del mondo simbolo della corruttela e
del sottosviluppo italiano.
Sottosviluppo una parola forte, lo
sappiamo. Ma non la usiamo casualmente. La battaglia per limitare
il consumo di suolo va ben oltre
l'ambientalismo: si tratta di buona
politica con ricadute a cascata e
profonde sulla collettivit.
L'edificazione selvaggia di questi
anni infatti non ha risolto affatto l'emergenza abitativa in cui vivono
650 mila famiglie italiane e decine di
migliaia nel capoluogo lombardo.
Diretta a creare introiti rapidi per i
costruttori piuttosto che rispondere
alle esigenze della comunit, la
speculazione ha al contrario distorto
gli equilibri del mercato immobiliare.
Per arricchire i pochi ha tolto molto,
il suolo pubblico, a molti, la cittadi-

n. 19 VI - 21 maggio 2014

nanza. Ha sottratto risorse collettive, terreno che una volta edificato


non torner pi fertile. Ha modificato
il rapporto di sostenibilit tra la citt
e la campagna circostante. E ha reso molti comuni dipendenti dalle entrate di imprese edili e immobiliaristi
obbligati a pagare oneri di urbanizzazione. Un sistema perverso che
ha portato la pubblica amministrazione a promuovere comportamenti
a sfavore della collettivit e a essere
particolarmente ossequiosa nei confronti di lobby e potentati, esattamente come successo per il gioco
d'azzardo.
In sintesi, la politica attuata finora
ha portato a una diminuzione del
benessere sociale e ha invece aumentato e moltiplicato esponenzialmente i vantaggi di chi adotta
comportamenti che danneggiano la
comunit. quindi non solo un esempio di utilizzo sbagliato delle risorse e di mala politica, ma il contrario dello sviluppo sociale.
E il problema non si limita a Milano,
anzi. L'intera Lombardia una delle
regioni pi urbanizzate e cementificate d'Europa. Negli ultimi anni il
suolo lombardo stato consumato
al ritmo di 140.000 metri quadrati al
giorno, come se sparissero 20 campi di calcio in 24 ore. E nella classifica del cemento la nostra regione
quella pi tristemente rappresentata: Monza, Bergamo, Brescia e si
piazzano tra le citt pi edificate con

oltre il 40% di superficie impermeabilizzata.


La questione per culturale: si
tratta di capire che il suolo non un
bancomat per le casse dei comuni
ma si tratta di una risorsa naturale
non rinnovabile (potremmo dire bene comune) che indispensabile
per consentire la coltivazione di cibo
(il nostro paese non ha pi
lindipendenza alimentare), per assorbire lacqua piovana che altrimenti causa disastri idrogeologici
quando c maltempo, per assorbire
la CO2 e contenere il riscaldamento
del pianeta. In Germania hanno calcolato che il costo per la societ di
un ettaro di suolo cementificato si
pu quantificare in 6.500 : sarebbe
il caso di considerare questi costi in
un conteggio globale quando si
pensano progetti di trasformazione.
chiaro quindi che sul consumo di
suolo si gioca una partita ben pi
ampia di quello che potrebbe apparire a prima vista. Una partita da cui
dipendono tra le tante cose, l'impoverimento delle campagne, la qualit di vita nei nostri quartieri, il costo
dell'affitto per i nostri figli.
Le soluzioni possono venire solo da
un approccio globale al problema.
Le associazioni lombarde, su questo fronte, si sono mosse da tempo.
Legambiente Lombardia ha promosso un Centro di Ricerca sui
Consumi di Suolo a stretto contatto
con Paolo Pileri, uno dei primi ac-

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cademici a occuparsi di questo tema. Il Fai, in particolare, da anni ha
acceso i riflettori su questo tema,
elaborando anche un dossier assieme al Wwf e organizzando decine di tavole rotonde.
Italia Nostra, l'associazione di cui
sono presidente a livello regionale,
sta agendo su un altro fronte, analizzando i Piani paesistici delle regioni italiane e lo stato della copianificazione Stato -Regioni in materia di paesaggio per cercare di ridare dignit alla pianificazione urbanistica che dovrebbe essere un
modo per governare la vita e i bisogni della comunit e non un veicolo
per operazioni speculative di gruppi
di potere che si lanciano alla conquista dei comuni.

E dopo tante pressioni, anche la politica sta finalmente affrontando il


problema. L'8 luglio anche il Consiglio regionale della Lombardia discuter una proposta sul consumo
di suolo. Sul tavolo ci sono ben
quattro proposte: una della giunta,
una della maggioranza di centrodestra, una del centrosinistra preparata dal consigliere Agostino Alloni e
una del M5S. Anche a livello nazionale qualcosa si muove e particolare apprezzamento va alle ipotesi
contenute nella proposta di legge e
negli emendamenti a firma tra gli
altri dei deputati lombardi Giueppe
Civati e Veonica Tentori, elaborate
in collaborazione con alcuni attivisti
democratici che lavorano su questi
temi a livello locale. L'idea sempli-

ce: subordinare il consumo di suolo


alle reali esigenze abitative e favorire il ripristino dei terreni agricoli.
Come? Partendo da un censimento
degli immobili inutilizzati e imponendo che siano sempre verificate
le possibilit alternative all'edificazione di suolo libero. Ma anche favorendo il ripristino delle colture nei
campi abbandonati o inutilizzati,
magari destinandoli a orti didattici
urbani, collettivi. Ci piacerebbe insomma che l'attenzione sulla discussione fosse alta, quanto alta
la posta in gioco.

*presidente Italia Nostra Lombardia

REGOLARE LA FOLLIA FINANAZIARIA. A CHE PUNTO SIAMO


Giuseppe Gario
In marzo Thomas Hoenig, vicepresidente del fondo di garanzia dei
depositi bancari USA (FDIC), ci ha
avvisato che le maggiori banche
mondiali possiedono solo il 4% dei
loro attivi. Per JPMorgan Chase,
Bank of America e Citigroup sono
9.400 miliardi di $, oltre quattro volte
e mezza il nostro prodotto interno
lordo, a garanzia di un debito pubblico che lo supera del 35%. Le tre
banche hanno a debito il 2400% del
loro capitale, la loro garanzia: una
perdita del 4% le porterebbe
sullorlo del fallimento, nel panico
universale e crollo della finanza
mondiale. Ricordate Lehman Brothers? Di recente Citigroup non ha
superato lo stress test di Federal
Bank. Troppo grandi per fallire, inducono i governi del mondo a socializzare le loro perdite, mentre privatizzano i benefici, a debito. Aumenta
cos la propensione al rischio, specie degli hedge funds che ora guadagnano con le commissioni, a prescindere dai risultati, attribuendosi
una ricchezza che non hanno creato.
In questi anni anche le 2.300 maggiori imprese non finanziarie USA
hanno accumulato liquidit per oltre
2.000 miliardi di $, derivanti da profitti esteri non tassati, dal costo del
denaro storicamente basso e da
corsi di borsa invece storicamente
alti grazie alla Federal Bank che inonda leconomia di liquidit a incentivo di investimenti che non creano lavoro, ma alimentano fusioni e
acquisizioni di imprese estere, rafforzando gli oligopoli. Non solo le
imprese americane, ma di loro si sa
di
pi.
Oggi,
ad
esempio,
lamericana Pfizer d la scalata

n. 19 VI - 21 maggio 2014

allinglese Astra-Zeneca, forte nella


ricerca; in quindici anni, ne ha gi
acquisite tre, con 134.000 lavoratori
dei quali 107.000 dismessi e anche
in questo caso Pfizer annuncia riduzioni di posti di lavoro. Sembra si
stiano eliminando i concorrenti scalandoli e addossando loro i costi di
acquisizione.
Cos si distrugge risparmio, lavoro,
ricchezza, e la sovranit economica
degli Stati, che non sanno pi su
che cosa puntare: le sedi legali, coi
profitti da tassare, o gli impianti produttivi, che danno lavoro e introiti
fiscali? La propriet pu trasferirli.
La ricerca, importante quanto
lazionariato? Ma anche la tecnologia si trasferisce con i contratti internazionali. Come ha detto nel
2009 un potente di turno, bisogna
imparare a tollerare la disuguaglianza [Lord Griffiths, vicepresidente di Goldmann Sachs: Learn to
tolerate inequality, The Telegraph,
21/10/2009, cit. in J. de Saint Victor,
Patti scellerati, UTET, 2013, p. 410].
La globalizzazione selvaggia di finanza e economia, guidata da interessi particolari e speculativi, il
motore della crisi, oggetto del forum
OCSE del 5-7 maggio a Parigi sulla
crescita inclusiva. In trentanni i
ricchi si sono accaparrati una parte
sproporzionata della crescita del
reddito (37% in Canada, 47% in
USA) e i poveri (reddito sotto la met della mediana) sono l11% della
popolazione dei 34 paesi OCSE, in
particolare vedove anziane, bimbi e
giovani, distribuiti a macchie di leopardo in regioni e quartieri urbani.
Leducazione fondamentale, assicura in media sei anni di vita in pi,
e estenderla in basso nella scala

sociale indispensabile allo sviluppo economico a medio termine.


Senza il contrappeso della democrazia, siamo preda della pochezza
di una ideologia neoliberista distribuita ovunque per demolire le conquiste culturali del welfare state
smantellato dopo il crollo dellURSS,
come se la giustizia sociale fosse
solo unarma della guerra fredda.
pochezza anche tecnica. Nel
2010 Carmen Reinhart e Kenneth
Rogoff hanno creduto di dimostrare
che il debito pubblico sopra il 90%
del pil condanna uno Stato al declino. Un ricercatore delluniversit di
Massachusetts ha controllato i loro
conti: oltre ad alcuni dati omessi e a
procedure statistiche molto criticabili, avevano fatto un banale errore di
codificazione Excel. I due economisti ammisero lerrore, ma confermarono le loro conclusioni [P. Krugman, The Excel Depression, The
New York Times, 18/4/2013], troppo
in linea con lideologia dominante
per cadere in discredito.
Per pochezza culturale si ignora che
la crisi dello Stato viene ben prima
di quella del Welfare. Nel 1920
Hans Kelsen individu nella sovranit statale il fattore di guerra e ingiustizia in un mondo in rapida unificazione tecnica e economica, ma
frammentato in stati in guerra per
imporre le proprie regole. Kelsen fu
ignorato a vantaggio del mentore
nazista Karl Schmitt, riferimento, nel
nostro piccolo, di Gianfranco Miglio,
che il 20 marzo 1999, su Il Giornale,
si dichiarava apertamente favorevole al mantenimento della mafia e
della ndrangheta al Sud, precisando sibillinamente: Io non voglio
ridurre il Meridione al modello euro-

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peo, sarebbe unassurdit. Esiste
anche un clientelismo buono, che
pu determinare la crescita economica [J. de Saint Victor, pp. 3367]. Il clientelismo locale ci che
rimane di una sovranit statale ormai senza consistenza.
Prima che Miglio scoprisse il buon
clientelismo malavitoso, Paolo Prodi
pose la questione cruciale della cittadinanza come coscienza collettiva, una stessa fede che coinvolga i
gestori del potere e luomo comune. Fascismo, nazismo, comunismo sono stati tentativi di costruzione di una identit collettiva ideologica come surrogato, come falsa risposta a una crisi profonda che ha
investito la forma Stato, come
cresciuta negli ultimi secoli e nel
suo insieme nella realt del mondo
contemporaneo. Per questo la caduta del comunismo non ha avuto
soltanto un aspetto liberatorio, come
ultimo atto della caduta delle ideologie totalitarie, ma sta anche provocando laccelerazione della nostra

crisi: il pericolo che vediamo davanti


a noi quello di regredire non soltanto di alcuni decenni alla religione
della patria, al pro patria mori dei
nostri padri, ma di alcuni secoli, alla
identificazione dello Stato e del potere con il gruppo etnico, la razza, la
confessione religiosa [LEuropa e
la memoria, in AAVV, LEuropa
crocevia, Studium, 1992, pp. 9-10].
Oggi questa la realt. Non ci
caduta addosso, labbiamo costruita
con la nostra mentalit di sudditi di
uno stato nazionale ormai troppo
grande per le cose piccole e troppo
piccolo per le cose grandi [L. Ferrajoli, La sovranit nel mondo moderno, Laterza, 1997, p. 49]. Il mondo
intanto va avanti e sono a buon
punto i negoziati per il trattato di libero scambio tra USA e UE che
prevede tribunali di arbitraggio sulle
possibili controversie tra multinazionali e Stati, togliendo cos a questi
ultimi la residua sovranit sui loro
territori, ad esempio nello sfruttamento dei gas di scisto e nella colti-

vazione di organismi geneticamente


modificati. I governi statali europei
sono ipersensibili alla ideologia neoliberista e alle multinazionali, tanto
da farsene lobbisti in UE, mostrandosi superficiali e inetti come i loro
predecessori che nulla fecero per
impedire la Grande guerra.
Le prossime elezioni europee sono
perci le pi importanti della loro
recente storia, ma anche di tutte le
elezioni nazionali europee del nuovo millennio. La Commissione europea sotto tutela dei capi di Stato,
che prendono le decisioni principali
nel Consiglio europeo; non vuole n
pu opporsi agli interessi onnipotenti e fuori controllo dei mercati globali. ormai tempo di un reale governo europeo, eletto dal parlamento
europeo che voteremo il 25 maggio.
Se saremo anche noi superficiali e
inetti, perderemo la nostra cittadinanza in cambio di un piatto di lenticchie, magari transgeniche.

MILANO: BRIATORE LA PIZZA E LE START UP


Valentina Magri
Non aprite quella startup. Aprite
delle pizzerie. Nei miei locali i camerieri riescono a guadagnare
5mila euro esentasse al mese solo
di mance. Perch lavorare per
1.400 euro inutile. Questo il consiglio dellimprenditore Flavio Briatore agli studenti dellUniversit
Bocconi, dove intervenuto il 7
maggio scorso. Un suggerimento
che deve aver imbarazzato non poco gli organizzatori dellincontro,
considerato che luniversit milanese tra i promotori dellacceleratore
di startup Speed MI Up, insieme
alla Camera di Commercio di Milano e al Comune di Milano, come vi
ho raccontato nel 2013. Briatore
sembra inoltre essere smentito dai
numeri: la Lombardia infatti la
prima Regione italiana per numero
di startup innovative: 1.792 al 17
marzo, secondo un rapporto elaborato da Infocamere. Ma c lo stesso un fondo di verit in quello che
ha detto.
A Milano il settore dellalta tecnologia e delle telecomunicazioni (ICT)
in crisi nera, mentre quello della
ristorazione in espansione. Un
numero su tutti: 2.000. Sono i posti
di lavoro a rischio nella sola Lombardia nel settore dellICT, su un
totale di 3.259 posti a rischio livello
nazionale. I dati sono stati resi noti
il 12 maggio dalla Fim Cisl Lombardia. Secondo il sindacato, le realt
pi in difficolt sono: Micron, Alcatel

n. 19 VI - 21 maggio 2014

Lucent, Nokia Solutions Network


(NSN), Sirti, Agile, Italtel e Bames,
che occupano in totale 18mila persone. Secondo il sindacato, i problemi del settore sono legati
allassenza di politiche industriali
specifiche, investimenti e innovazione dalla banda ultra larga
allagenda digitale.
Mentre il settore dellICT taglia personale, il settore della ristorazione
assume. Nel primo trimestre di
questanno, il profilo pi ricercato
dalle imprese milanesi stato proprio quello di esercenti e addetti
nelle attivit di ristorazione: 23,4%
delle richieste. Per intenderci: camerieri, cuochi, baristi e addetti alla
sala. Emerge da una ricerca diffusa
il
15
maggio
scorso
dellOsservatorio Assolombarda in
collaborazione con le nove maggiori
Agenzie per il lavoro operanti
nellarea milanese (Adecco Italia, Gi
Group, Manpower, Men At Work,
Obiettivo Lavoro, Openjobmetis,
Quanta Risorse Umane, Randstad
Italia, Umana). Le richieste di addetti alla ristorazione sono seguite
da quelle di addetti alle vendite
(8,4%), personale non qualificato
nei servizi di pulizia uffici e alberghi
(5,6%), personale non qualificato
della manifattura (4,2%) e impiegati
addetti alla segreteria e agli affari
generali (3,9%). Insomma, a Milano
sono gli addetti al commercio a farla da padrone, che catalizza il

38,3% delle opportunit di collocamento e che cresciuto del 16%


rispetto allo stesso periodo del
2013. Inoltre, si riscontra un generale aumento delle offerte di lavoro,
salite del 3% rispetto allultimo trimestre del 2013. Questo potrebbe
rappresentare uniniezione di fiducia per le nostre imprese, afferma
Mauro Chiessarino, vicepresidente
Assolombarda con delega al lavoro
e alloccupazione. Lo stesso nota
per che questo un chiaro segno
che il mercato del lavoro milanese
premia i profili professionali pi
tradizionali.
Del resto, Milano la citt di Expo
2015, al cui centro ci sar proprio
lidea di nutrire il pianeta. Allora
ben vengano gli addetti alla ristorazione? S, se fossero allaltezza di
un evento internazionale. Ma una
recente inchiesta di Libero documenta che i nostri addetti alla ristorazione, sebbene molto ricercati,
non sono preparati al grande evento. Molti locali non hanno n la versione inglese del men, n del personale che sappia parlarlo con i
clienti. Un bel problema, considerati
i flussi di stranieri che si prevedono
per visitare o esporre alla manifestazione lanno prossimo. Salvo che
il settore dellICT progetti a tempo
di record dei traduttori simultanei
per i ristoranti.

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QUARTIERE ADRIANO. QUANDO UN PARCO FA SPUNTARE IL QUARTIERE


Eleonora Poli
Ritorno al quartiere Adriano. E come in quelle app 3D dove, dato uno
spazio vuoto, lo si riempie via via di
strade, case, alberi e persone fino a
costruire un ambiente che somiglia
sempre pi a una citt; cos, intorno
ai palazzi dellex area Marelli, quanto mai cattedrali nel deserto, il
vuoto si riempito del verde di un
grande parco. Davvero bello, sorprende al primo sguardo chi da un
po non passava da quelle parti e
pu quindi cogliere a pieno una impressione di necessario, indispensabile completamento. Linaugurazione ufficiale del Parco Adriano
si svolta sabato pomeriggio con la
partecipazione della vicesindaco De
Cesaris.
La prima considerazione, guardando da lontano loasi tra via Gassman, via Tremelloni e via Tognazzi, e attraversandola poi in lungo e
in largo, che quello che non riuscito a fare il progetto architettonico
riesca invece a ottenerlo proprio il
verde: dare coesione a un agglomerato di case privo di un denominatore comune dove, fino a qualche mese fa, i palazzi spuntavano dalla terra nel mezzo di un cantiere infinito.
Non che non ci siano pi montagne
di terra da livellare e buchi da riempire, nei dintorni; ma la loro estensione si ridotta, rendendoli sempre
pi marginali. Ora ci sono i 50.000
mq del parco, a coprire gli abissi
tra un edificio e laltro con vialetti,
prati, alberi, panchine, giochi per i
bambini e anche unarea cani; adesso sembra proprio che stia nascendo un quartiere.
Era ora, dir qualcuno. Oppure: in
fondo cos era previsto da sempre,
perch sorprendersi; o, ancora non
basta. Eppure, chi ha osservato
levoluzione della zona negli ultimi
tre anni, confrontando il prima e il
dopo finisce per non dare cos per
scontato questo seppur parziale risultato e per mettere un attimo da
parte lo spirito critico. Quando leggi
sui libri come dovrebbe essere fatta
una citt e come si possono riqualificate le periferie, quando senti teorizzare sullimportanza del verde
nella costruzione e nella trasformazione dei luoghi: ecco, in un caso
come questo ti rendi conto che non
un modo di dire, e che un parco
non un elemento accessorio, ma
determinante del cambiamento. Non
che al quartiere Adriano abbia risolto le criticit e che la strada non sia

n. 19 VI - 21 maggio 2014

ancora lunga, eppure la sensazione


degli abitanti e anche dei visitatori
- che il passo pi grande sia stato
fatto: il passaggio dal nulla al qualcosa. Qualcosa che si pu migliorare, ma comunque un embrione di
luogo.
Guardandosi intorno viene da immaginare se tra dieci-quindici anni,
cresciute le piante e gli alberi e realizzati i chioschi, questarea somiglier un po alla montagnetta di
San Siro (qui c solo qualche accenno di collinetta, a rendere meno
piatto leffetto dinsieme), o forse al
pi vicino Parco Nord; o si costruir
invece unidentit diversa per fattori
inaspettati, insieme allabitato che la
circonda. Per il momento, restando
al presente, la tentazione quella di
affermare che gli architetti che progettano i parchi nelle periferie urbane sembrano essere pi bravi di
quelli che vi costruiscono le case.
Non fosse altro, perch hanno un
compito pi difficile, di riparare agli
errori degli altri e di contribuire a dare un senso a qualcosa che ormai
comunque c: usando un ossimoro,
si potrebbe dire che qui il parco a
cementare il quartiere, nel senso
di incominciare a tenerlo insieme.
Il parco contribuir a fare vendere
gli appartamenti tuttora vuoti? Non
detto, per indubbio che rappresenta unattrattiva e aggiunge valore, facendo non dimenticare, ma
apparire un po meno grave quanto
ancora non funziona. Ci si chiede
per, una volta che anche gli altri
bisogni primari del quartiere in un
futuro si spera non lontano saranno
soddisfatti - dai negozi, ai trasporti e
alle scuole - che cosa si potr fare
allora per ribaltare (qui come altrove) lidea stessa di periferia e convincere la gente ad andarci, a considerare questi luoghi attrattivi? Eventi, iniziative, manifestazioni:
questa la risposta scontata che si
d di solito, senza sottolineare che,
per quanto si possa fare e inventare, proprio e sempre dalla gente
stessa dipende, in ultimo, il successo di un tentativo. Fino a prova contraria, il sabato e la domenica pomeriggio i pi chi abita in periferia
e chi in centro - vogliono andare a
fare shopping in corso Vittorio Emanuele; e che cosa c di male? Questo non succede soltanto a Milano,
ma in tante altre citt, europee e
non solo. Senza retorica, occorre
tenere conto di questo aspetto e,

anzich cercare mille modi per trasformare le periferie in quel centro


che non saranno mai, lavorare per
farle diventare qualcosa di sostanzialmente diverso ma altrettanto invogliante. E le possibilit offerte dai
grandi spazi verdi ben curati e preservati dal degrado sono una risposta, una reale alternativa.
Ma parliamo del ruolo, fondamentale, che lAmministrazione ha avuto
nella realizzazione del Parco Adriano. Mesi fa avevo scritto su queste
pagine, ponendo dei dubbi sui percorsi partecipativi e sui progetti partecipati in relazione allevoluzione di
questa zona di Milano. Non che oggi abbia risolto tali dubbi ma ho
cambiato, almeno in questo caso, il
punto di osservazione. Perch
lesempio del parco Adriano mi ha
fatto pensare che qualche volta le
cose possono essere semplici. Non
intendo semplici da realizzare.
Semplici in questo senso: quando
esiste una priorit riconosciuta da
tutti, amministrazione e cittadini, occorre soltanto trovare i mezzi per
realizzarla e questo prescinde, va al
di l di dibattiti, confronti, tavoli, magari al di l della partecipazione
stessa. Pur necessari, utili e costruttivi, questi strumenti decisionali o
consultivi in determinate fasi si
scontrano, a un certo punto, con
questa semplice questione: come
arrivare al risultato, come passare
dal progettare un parco al poterci
camminare?
Se il punto di arrivo chiaro, anche
se indubbiamente ci possono essere visioni differenti e mille proposte,
ci che conta il passaggio dalla
teoria alla pratica, dalle parole ai
fatti. Il parco Adriano era, , un progetto irrimandabile e prioritario per
la zona e la citt, e come tale stato affrontato, dai cittadini e dallamministrazione stessa. Le idee su
come portarlo a termine potevano
essere infinite, ma, restringendo alla
pratica occorrevano elementi ben
precisi: il lavoro di professionisti che
tenessero conto dello stato di cose,
delle difficolt, dei costi; linserimento nel piano dei minimi servizi
per gli utenti (i cittadini), e anche qui
c molto poco da inventare; e infine
soldi e risorse, e una amministrazione che prendesse la decisione di
destinarli a uno scopo piuttosto che
a un altro, dal momento che per tutto non possono bastare, si sa.

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Nessuno intende sminuire i processi
partecipativi, soprattutto nel loro obiettivo primario di indirizzare
lattenzione su situazioni e mancanze che, meno appariscenti e note,
rischierebbero altrimenti di non essere conosciute o prese in considerazione. Ci non significa per che
la partecipazione si debba per forza
esprimere nella proposta o nel dissenso; pu anche passare invece
attraverso una forma differente,

quella della responsabilizzazione,


come ha ricordato lo stesso Sindaco
in un incontro pubblico qualche sera
fa. Ci che accadr nel prossimo
futuro al parco Adriano - o agli altri
parchi inaugurati nellultimo anno
dipender, appunto, da quanto i cittadini si sentiranno coinvolti, da
quanto vivranno come proprio, e da
difendere, un progetto che non necessariamente devono avere contribuito a realizzare. Convinzione pro-

fonda che cambiata, sulla partecipazione, o resa? Maturit raggiunta


su quello che si pu chiedere
/ottenere o ritorno a una visione
dellamministrare la citt pi tradizionale, ante-partecipazione? Questo il dilemma. Forse entrambe le
cose, mescolate a un po di pragmatismo derivante dallimpatto, ormai
assorbito, con la realt.

BILANCIO COMUNALE. UN DEFICIT DI SCELTE


Roberto Biscardini
Inizia questa settimana in commissione, e poi sar in aula il dibattito,
e il voto sul bilancio di previsione
2015. Il terzo di questa maggioranza. Unoccasione importante per
fare il punto sulla programmazione
economico-finanziaria del nostro
Comune, in una fase in cui il dibattito in citt su questi temi non certamente dei pi floridi. Per la verit,
non lo mai stato, sia per la solita
aridit e difficolt di lettura dei bilanci
pubblici,
sia
per
effetto
dellincertezza dei riferimenti legislativi entro i quali si dovuto muovere
il Comune di Milano in questi anni.
Prima, nel 2012, il tema sofferto della vendita delle quote azionarie di
SEA e Serravalle per coprire il buco
pregresso. Poi, nel 2013 e 2014, il
delirante dibattito su vecchie e nuove tasse. DallImu a Tarsu, Tares,
Tari, Iuc e ancora Imu. Nella convinzione ormai diffusa che comunque per responsabilit di tutti, responsabilit locali e responsabilit
centrali, i cittadini pagano di pi rispetto al passato. Fino allaumento
eccessivo delle tariffe e degli abbonamenti dei trasporti pubblici approvati dalla giunta nello scorso anno,
che tanto hanno colpito ceti medio
bassi e pensionati.
Ma adesso, a due anni dalla fine
della mandato della giunta Pisapia,
si pu tentare di allargare il campo e
di analizzare la questione da un altro punto di vista, per verificare se ci
sono le condizioni per cambiare
passo, superando criticit storiche e
per collocare anche la politica del
bilancio in una visione strategica pi
generale. Fuori da una logica troppo
spesso solo contabile, su una linea
di tendenziale trascinamento dei
bilanci comunali sulla scia dei consuntivi di quelli precedenti.
In questi anni ho posto alcune questioni che purtroppo non hanno ancora trovato uno sbocco significativo
allaltezza di ci che avrebbe potuto
e dovuto fare un comune importante
come quello di Milano. Alle doman-

n. 19 VI - 21 maggio 2014

de non sono venute risposte soddisfacenti, alle sollecitazioni condivise


non sono seguite azioni coerenti,
alla necessit di cambiare strategia
e introdurre profonde innovazioni si

contrapposta
di
norma
limpossibilit di far le cose in fretta.
Una sorta di rinuncia a intervenire e
unammissione di impotenza della
politica a rinnovare la struttura operativa del Comune, nonostante sia
condiviso il giudizio che questa
struttura sia troppo rigida, statica,
incancrenita e ferma da anni. Ma
queste insufficienze possono ancora essere rimosse, se lintera maggioranza e lintero consiglio riscoprissero oggi il filo di unazione politica che ha il dovere di guardare in
faccia alla realt per rimuovere gli
ostacoli pi grandi, con maggiore
coraggio.
Cito solo tre questioni.
Primo. Nonostante le migliori intenzioni e le pi roboanti dichiarazioni,
non siamo riusciti in questi anni ad
affrontare con energia il tema di una
diversa organizzazione della macchina comunale, coerente a una diversa e pi efficiente politica dei
servizi e a una contemporanea e
diversa politica del personale. Per
una sburocratizzazione della struttura comunale e per un suo efficientamento in rapporto a una politica di
spending review. Che non vuol dire
tagliare in modo lineare le spese dei
singoli assessorati, ma analizzare
dove spendiamo, per cosa e come
spendiamo, per quali servizi utili e
per quali meno utili.
Questione che marcia in parallelo
con quella di una diversa politica
della spesa corrente. Che non in
s solo il problema della riduzione
tout court della spesa, che pur avrebbe dovuto avere una curva discendente rispetto a quella delle
giunte precedenti, ma riqualificazione dellazione comunale, per
rapportare la macchina a una diversa e pi efficace gestione dei servizi. Certo una cosa che non si fa

dalloggi con il domani, come sostengono i rappresentanti della


giunta. Che richiede coinvolgimento
delle strutture e persino partecipazione dei dirigenti e dei dipendenti.
Ma che pu essere avviata anche
oggi, definendo obiettivi precisi e
una traiettoria certa. Recuperando i
ritardi di ci che finora non stato
fatto, per ottenere qualche successo
significativo da qui al 2016, sia in
termini contabili che politici. Si tratta
di dotarci subito di un nostro piano
Cottarelli, fatto di numeri concreti e
risultati da conseguire in tempi definiti.
Nota a margine. Solo qualche mese
fa, nonostante le sollecitazioni e nonostante la legge, il Comune di Milano si dotato di quellorganismo
indipendente di valutazione della
performance che avrebbe avuto
proprio il compito di monitorare in
questi anni il funzionamento complessivo del sistema, compresa la
valutazione annuale dei dirigenti di
vertice e l'attribuzione ad essi dei
premi di produzione, nel rispetto del
principio di valorizzazione del merito
e della professionalit, per incentivare la produttivit e la qualit della
prestazione. Un passo in ritardo, ma
nella direzione giusta.
Secondo. Il tema riguarda gli investimenti, un obiettivo per la crescita
fondamentale per la citt e per la
nostra economia. Questione che
per non stata nelle migliori corde
degli assessori al bilancio e della
giunta. Invece che difendere ed estendere la politica degli investimenti, senza criticare il debito se questo
va nella direzione dei cittadini, si
rischia di andare nella direzione opposta. Si sopportano a fatica gli interventi in conto capitale del passato, non si ha il coraggio di difendere
la politica dei trasporti finalizzata al
potenziamento del trasporto pubblico e alla realizzazione di nuove metropolitane. Non si avviata una vera politica degli investimenti nei settori utili alla citt. Il debito diventa-

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to il diavolo, indipendentemente dal
perch stato contratto. Il debito
una brutta tassa si dice la pagano i nostri figli, la paga il futuro ed
una tassa invisibile, non viene varata con procedimento democratico.
Cosa non vera da nessun punto di
vista e comunque non distinguendo
da debito a debito, da intervento a
intervento, da come stato contratto e a quali costi.
Pu una giunta muoversi su questa
strada? Nel merito vuol dire non avere idea che necessario investire
per il futuro e per le future generazioni, non innovare e soprattutto
non riconoscere, come lo riconoscono tutti, nella politica degli investimenti e nelle infrastrutture una
spinta essenziale per rilanciare
leconomia. Se poi si valuta
lavversione ideologica che questa
giunta ha mosso nei confronti delle
iniziative di project financing, quasi
a impedire anche a risorse private di
poter dare un contributo nella realizzazione di nuove infrastrutture
pubbliche (si veda il caso di quanti
parcheggi interrati per residenti o a
rotazione finanziabili da imprese o
da cooperative sono stati derubricati) potremmo ritenere che la nostra
maggioranza ha paura delle opere
pubbliche e degli investimenti. Al di
fuori di uno sterile piano triennale
non si va. Salvo la difesa, troppo
incondizionata, delle opere attivate
nellambito di EXPO.
Per esempio, pensare che il nostro
bilancio sia in difficolt a causa della
partita del trasporto pubblico un
errore concettuale. Fare investimenti nel settore dei trasporti e della
mobilit, per una diversa qualit della vita, per la riduzione del traffico e
della congestione giusto o sbagliato? Se si drammatizza e se si
criminalizza il comparto del trasporto pubblico, qual viceversa il modello di mobilit che vogliamo realizzare in questa citt? Ci sono solo
tre alternative: andare a piedi, andare in bicicletta o andare in macchina. E se, per giunta, non si vogliono
neppure i parcheggi interrati ci si
arrende allidea che le macchine
siano parcheggiate, quasi stabilmente, ai lati delle nostre strade, sui
marciapiedi e negli altri spazi pubblici disponibili. Non credo che nessuno, sul piano politico, sia disposto
a sostenere a freddo una tale opinione, che pur di fatto viene assunta
quando si discute di bilancio.
Se vogliamo aumentare luso dei
mezzi pubblici bisogna invece avere
il coraggio di dire che vogliamo il
potenziamento del trasporto pubblico e dobbiamo difendere il debito.
Che non uno scandalo il fatto che
ci siano delle voci di bilancio consi-

n. 19 VI - 21 maggio 2014

stenti nel settore dei trasporti, anzi


forse ne mancano alcune, come
quelle che avrebbero potuto essere
messe in campo per avviare la costruzione del Secondo passante ferroviario. Ma lo stesso vale per altre
opere pubbliche strategiche per la
citt. Come quelle che potrebbero
avviare il progetto di riapertura dei
Navigli attraverso lapertura delle
conche dellIncoronata e di Viarenna. Opere di assoluta attrattivit. O
la messa a regime del Seveso. E
molte altre ancora.
Insomma, unoccasione, questo
prossimo bilancio, per definire una
nuova strategia degli investimenti
che adesso sembra muoversi su un
altro binario. Riscopriamo il filo della
buona amministrazione, che faceva
dellinvestimento pubblico una vera
priorit per garantire ai cittadini pi
servizi pubblici e pi equit. Riapriamo la discussione, per affrontare il tema degli investimenti in diversi settori dallistruzione, alla salute,
alla casa, al verde, alla cultura e alla
qualit urbana, per garantire ai cittadini migliori servizi, pi servizi a
minori costi individuali, fuori da una
logica contabile per quello che dovrebbe essere un buon bilancio.
E se ricordiamo che storicamente gli
investimenti in opere pubbliche
hanno sempre avuto un positivo e
forte effetto moltiplicatore sulleconomia cittadina, allora in un momento di difficolt come questo, un piano di investimenti del Comune potrebbe dare un significativo contributo alla ripresa delleconomia. Riscoprendo quellimportante ruolo di
stimolo e guida dello sviluppo che il
Comune di Milano ha avuto nel
passato, quando i Sindaci, dotati di
una visione strategica, programmavano ingenti investimenti nei settori
dellenergia e dei trasporti pubblici
da realizzare anche nel lungo periodo. Ci port Milano ad essere
allavanguardia tra le citt italiane.
Terzo. Questa volta sul terreno delle
entrate e non solo da tasse e tributi.
Se vogliamo portare nelle casse
comunali nuove risorse per nuovi
interventi e servizi, uno strumento
efficace, relativamente nuovo, che i
Comuni hanno a disposizione, il
contrasto allevasione fiscale.
Il consiglio comunale approv nel
2011 un ordine del giorno, votato a
larga maggioranza, nel quale si dava mandato allassessore al bilancio
e alla giunta di organizzare una task
force per attrezzare il Comune di
Milano nellazione di contrasto
allevasione fiscale, al fine di consentire anche al nostro Comune,
attraverso lattivit di segnalazione,
di recuperare per il bilancio il 100%
delle somme accertate. Cos come

la legge consente di fare. Se


levasione fiscale a Milano stimabile intorno ai 4,5 miliardi di euro
annui, laccertamento del solo 10%
di quella cifra, potrebbe portare nelle casse comunali la straordinaria
somma di 450 milioni di euro. 225
se ci accontentiamo del 5%. Inutile
ricordare che levasione fiscale, in
una citt come la nostra, non riguarda solo piccoli evasori, ma la
criminalit organizzata e attivit diverse legate a imprese fittizie e a
patrimoni occulti. Insomma, una
campagna
con
forti
ricadute
sullattivit amministrativa e sulla
nostra politica degli investimenti,
che anche azione politica per il
rispetto della legalit.
I risultati finora non sono confortanti.
Dai dati del Ministero delle Finanze
risulta che nel 2013, per attivit di
accertamento fiscale del 2012, sono
entrati nelle casse del Comune soli
949.268 euro. Cifra ben diversa da
quella prospettata dai nostri conti.
Certo, un modesto segnale di cambiamento rispetto al passato in cui il
dato era ancora peggiore, ma un
dato assolutamente insufficiente
che dimostra almeno tre cose: la
task force non stata impiantata,
lattivit di segnalazione stata debole, il Comune non si attrezzato
come il Consiglio comunale aveva
richiesto.
949 mila euro sono pari a 0,76 euro
per abitante, contro i 25,49 del comune di Formigine, gli 8,07 di Bergamo, 4,47 di Rimini, 4,46 di Cinisello Balsamo, eccetera. Comuni di
piccole e medie dimensioni che
hanno dimostrato come lattivit di
recupero dellevasione non solo sia
possibile, ma anche redditizia.
Dopo due anni di continui solleciti,
le risposte sono sempre le stesse:
non facile farlo dalloggi al domani, la struttura quella che , i tempi
sono quelli che sono. Con una imprecisione in pi fatta dalla stessa
giunta: siamo il primo comune
dItalia con la somma pi alta di 950
mila euro. Un modo strano di leggere i dati. Certo, siamo i primi in
valore assoluto, ma molto pi in gi
nella graduatoria se il calcolo su
base pro capite.
Anche in questo caso, abbiamo ancora due anni davanti per rimediare
e per recuperare il tempo finora
perduto. Ripianare il bilancio recuperando somme dallevasione fiscale cosa ben diversa che vendere
quote azionarie delle proprie aziende partecipate o aumentando tasse
e tributi. Ed cosa ben diversa sul
piano dellequit.
Nessuno esclude che si possono
anche chiedere sacrifici, ma a condizione di non strafare e di offrire

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una prospettiva diversa per il futuro,
sia sul terreno della spesa che su
quello delle entrate, dimostrando
che si sta facendo tutto il possibile
per cambiare le cose in termini
strutturali.

La svolta possibile e si pu cambiare passo. Anche dal versante


delle politiche di bilancio, si pu dimostrare, come ci chiedeva Giangiacomo Schiavi dalla pagine del
Corriere della Sera di qualche gior-

no fa, che Milano rilanci lItalia migliore, evitando che a volte sia afflitta da piccolezza.

RIFORMA SANITARIA REGIONALE. NULLA DI NUOVO


Luciano Balbo
Il progetto del PD per la riforma sanitaria della Regione, che stato
illustrato nel precedente numero di
ArcipelagoMilano, costituisce lennesimo tentativo di proposte sulla
Sanit; il primo commento non pu
che essere: Non c nulla di nuovo
sotto il sole. Questo progetto dopo
alcune proposte di riorganizzazione
delle competenze e della gestione
dei servizi propone, come elemento
essenziale di novit, i Presidi di
Comunit. Tali presidi hanno
lobiettivo di concentrare lofferta di
tutti i servizi sanitari di cui i normali
cittadini hanno bisogno, come: medici di medicina generale, viste specialistiche, diagnostica leggera, cure
non ospedaliere e anche servizi socio sanitari.
Molto gi stato scritto sugli elementi positivi di questa soluzione
che ridurrebbe leccessivo carico
sugli ospedali e che permetterebbe
una presa in carico globale del paziente aumentandone la soddisfazione e riducendo i costi che sono
spesso legati a una duplicazione
delle prestazioni. Questa proposta
ha una lunga storia a partire dalle
Case della Salute dellallora ministra Livia Turco; in seguito riprese
dai governi di centro destra sotto la

sigla UCP, sino ad arrivare al recente Libro Bianco preparato dai saggi
nominati dalla Regione Lombardia.
Poich tutti sono daccordo da venti
anni su questa proposta, ma quasi
nulla successo, la domanda da
farsi non come intervenire sulla
sanit, ma perch non si riesce a
fare neppure ci su cui tutti sono
daccordo.
Le ragioni sono duplici. La prima
la forte resistenza degli attori e degli
operatori; in particolare i medici di
medicina generale non vogliono
perdere la loro autonomia oppure
vorrebbero loro essere gli attori
principali di queste nuove strutture,
senza per avere le risorse imprenditoriali ed economiche per farlo.
Inoltre gli erogatori privati accreditati
con il Sistema Sanitario Nazionale
non sono interessati ad avviare
strutture che hanno una redditivit
bassa e che costituiscono una minaccia alla loro posizione di rendita.
Laltro motivo lincapacit del settore pubblico di avviare i cambiamenti necessari attraverso progetti
innovativi e imprenditoriali. Il settore
pubblico si abituato a gestire
lesistente burocraticamente e si
trova in difficolt rispetto alla necessit di modificare le regole e le mo-

dalit di erogazione dei servizi. I


grandi sistemi di welfare hanno avuto una costante crescita nella seconda met del secolo scorso. Ora
che le risorse disponibili non possono pi aumentare la risposta giusta
modificare i modelli erogativi modificando anche gli assetti contrattuali e intervenendo sulle rendite di
posizione. Inoltre il settore pubblico
deve essere sempre pi un regolatore piuttosto che un erogatore;
questo implica un cambiamento delle competenze di molta parte della
dirigenza pubblica. Nellincapacit di
dare queste risposte lunica strada
che si sta percorrendo quella dei
tagli.
In cima a questo vi la responsabilit dei politici che non hanno capito
la situazione, che non hanno il coraggio di affrontarla e neppure le
competenze per farlo. Essi invece
continuano a giocare con il Lego,
cio costruire dei progetti teorici
senza minimante preoccuparsi di
come realizzarli e senza neppure
domandarsi e assumersi la responsabilit del perch quello che loro o
altri hanno gi proposto non si mai
realizzato.

RENDERE MILANO PI BELLA. NON FACILE, MA PROVIAMOCI


Arturo Calaminici*
Non per ulteriormente accanirsi
sullinconsistenza progettuale (cio
politica) e tecnica (cio giuridica)
della precipitosa legge Del Rio, che
da poco si costituito un Gruppo
che vuole occuparsi della Citt Metropolitana, nella speranza di giungere a un doppio risultato: da una
parte dare un quadro pi ampio e
un fondamento pi consapevole alle
questioni che la nascita del nuovo
ente suscita e comporta; e dallaltro
ricercare le condizioni e i mezzi per
fare, o sollecitare, unopera di concreto riformismo, nonostante le angustie, ribadiamo, della legge.
Il Gruppo prende casualmente, ma
poi non troppo, il nome dal poeta
romantico Sndor Petfi eroe del
Risorgimento ungherese, morto gio-

n. 19 VI - 21 maggio 2014

vanissimo (1849) nel disperato tentativo di contribuire alla liberazione


del suo paese dallImpero austriaco.
Anche noi pensiamo che la nostra
citt, come il nostro paese, abbia
bisogno, e proprio ora, per uscire
dalla crisi, di un qualche nuovo risorgimento, se la parola non ha sapore troppo militar- patriottico. E
crediamo che serva almeno un poco
di poesia per uscire dalla gabbia
dacciaio del totus oeconomicus,
dallopprimente equivoco che fuori
della sfera economica ormai non ci
sia altro, e che quindi si debba ridurre la vita allunica categoria
dellutile, cio a una sorta di partita
doppia.
Noi la pensiamo diversamente. Ovvero, anzi meglio, crediamo che il

successo economico ed anche la


capacit di competere di una metropoli, cosa evidentemente necessaria,
dipenda
non
solo
dallefficienza
produttiva
dellapparato direttamente economico e dallefficienza dei servizi offerti
dalla citt (quelli della nostra non
sempre sono adeguati), ma anche,
e molto, da quella che si chiama,
con locuzione abusata, qualit della
vita, che mescolanza di tante cose, materiali e morali, di cose concrete e pure di cose ineffabili, e che
tutte assieme concorrono alla piacevolezza di una citt, al senso di
una sua complessiva dignit. Ed
forse giusto la mancanza di queste
cose che contribuisce alla perduta
magnificenza civile di Milano (per

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citare Carlo Cattaneo, ricordato
spesso da Giancarlo Consonni), citt che invece una volta traeva da
ci la sua cifra distintiva, la connotazione della sua bellezza riservata (Alberto Savinio).
La grande citt. Oggi, oltre la met
degli uomini vive nelle citt. Ed
soprattutto in esse che si d forma
allattuale condizione umana. Tale
condizione segnata, soprattutto
nellOccidente capitalistico, cio nei
paesi
sulle
due
sponde
dellAtlantico, Europa e America, da
esasperati processi di divisione sociale e dalla esclusione crescente di
grandi masse dai benefici dello sviluppo economico e tecnologico.
Le citt, nella loro stessa fisicit,
nella forma e organizzazione degli
spazi, sono sempre state testimoni
della separatezza sociale. Ma ora lo
sono di pi. La citt dei ricchi e la
citt dei poveri (Bernardo Secchi)
sono segnate pi rigidamente, e sono pi distanti, pi diverse ed estranee, tra loro pi incomunicanti. Popolo e borghesia - diciamo cos, per
tagliar di grosso - una volta, ma non
troppo tempo fa, a un di presso fino
a quando la societ ruotava attorno
alle grandi fabbriche, erano pi mescolati, sempre diversi e separati,
ma contigui e comunicanti, necessariamente interdipendenti. La polarizzazione delle ricchezze, le diseguaglianze sempre pi sfrontate sono allorigine della grande crisi, ma
vengono accuratamente nascoste e
perci fanno poco scandalo. Anzi, la
favola che si racconta che la crisi
sia dovuta al debito pubblico, e che
il debito sia cresciuto per un eccesso della spesa per la protezione sociale. Per cui occorrono sempre
nuove riforme (strutturali, naturalmente!), tagli e tasse.
In Italia, il 10 per cento pi ricco della popolazione possiede il 50 per
cento della ricchezza nazionale.
Negli USA, il paese pi potente del
mondo, lo 0,6 pi ricco della popolazione si accaparra il 39% del reddito annuo, cio del PIL. Ma le cose
vanno sempre peggiorando. Nei 15
paesi Ocse, tra il 76 e il 2006, la
quota dei salari (compresi quelli del
lavoro autonomo) rispetto al valore
aggiunto, cio al Pil, scesa dal 67
al 57%, di 10 punti. In Italia, nello
stesso periodo scesa di 15 punti,
dal 68 al 53%. Il che vuol dire che
anno dopo anno un fiume di soldi
corso dal basso allalto, dai salari ai
profitti e quindi alle rendite. Calcolati
nei termini del Pil di oggi sono 240
miliardi di euro lanno! (dati tratti da
L. Gallino) In otto anni il ceto medio
si ristretto, scrive Piero Ignazi. Nel
2006 si ritenevano appartenenti a
quella fascia sociale il 60% degli

n. 19 VI - 21 maggio 2014

italiani, mentre oggi sono il 40%; e


coloro i quali si considerano in fondo alla scala sociale sono passati
dal 28% al 52%.
Una s tale distorta e rovinosa sciagura in tempo di pace non si era
mai vista nella storia. Come potremmo pensare che questa tremenda caduta non colpisca anche
la nostra citt, anche Milano, ripercuotendosi sul suo aspetto e sul suo
carattere, sulla sua forma e sulla
sua struttura, su i suoni e i colori,
sulla lingua e sullanima? Ne rester
un profondo segno indelebile, e
quando fra due secoli si dir di Milano comera, cio com oggi, allora forse la si racconter con gli
stessi termini usati dal Manzoni per
descriverne la decadenza sotto gli
spagnoli nel Seicento.
La crisi ci costringe a guardare il
volto di Gorgona del neocapitalismo. Esso, con cura coltiva il grande giardino delle iniquit e rivela la
sua intima vocazione alla produzione incessante delle diseguaglianze
e del dis-prezzo degli uomini. Il capitalismo vede tutto in termini di
prezzo e di valore di scambio! Perci, nessun facile ottimismo ci pu
salvare. Forse, anzi, solo un imperterrito pessimismo pu armare la
nostra debole volont di salvezza.
La coscienza (deve essere!) infelice: ecco il paradossale e fragile
appiglio e punto di risalita. Ma cos
la riscossa nasce, se mai nascer,
non dal canto, ma dal lutto del canto. E come potevamo noi cantare,
alle fronde dei salici
Ritorno alla natura. Larchitetto
Francesco Borella, dallalto della
sua esperienza di padre del Parco
Nord, ci invita a usare lo strumento
del parco per riqualificare, rigenerare e ridare dignit ai luoghi, per
frammentare e separare parti della
citt costruita e, attraverso i corridoi
ecologici, dare continuit al territorio
biotico dentro la citt cementificata
e abiotica. Torniamo alla natura, ma
non certo per fuggire dalla citt,
bens, visto che ci occupiamo proprio di essa, per tentare di darle
maggiore urbanit e maggiore forza, anche competitiva. La natura di
cui parliamo natura abbastanza
addomesticata e disciplinata, parte
di un organismo pi grande e artificiale, la citt. Ma, nello stesso tempo, essa istituisce con la citt, di cui
pur fa parte, un rapporto duale, di
consonanza e dissonanza assieme.
Parlano lingue diverse che per si
possono armonizzare e comprendere. Il Parco, dicevo in un vecchio
depliant del Parco Nord, , rispetto
alla citt, controcanto e canone inverso. Il parco ci libera lo sguardo
allorizzonte, ci assegna tempi e rit-

mi diversi, ci incoraggia a una socialit pi spontanea e cordiale, ci restituisce almeno un poco al piacere
della contemplazione o comunque
apre uno spiraglio allesercizio della
nostra sensibilit estetica. Insomma,
il parco infrange almeno un poco la
dittatura delleconomia.
Luomo economico una specie
recente, creata dal capitalismo, e
portata a esasperazione dal capitalismo di ultima generazione. Riguarda la bazzecola di qualche secolo, ma ha prodotto gi una profonda mutazione antropologica. Ha
forgiato luomo unidimensionale della logica strumentale, solo calcolo e
interesse. Nellepoca postideologica, questa ideologia-religione imperversa, e per essa tutto ha un valore economico, tutto ha un prezzo,
e non c pi tempo per nulla perch il tempo danaro.
Il ritorno -si fa per dire- alla natura
ha, credo, questo senso di parziale
liberazione, di restituzione alluomo
sempre in traffico di un poco del suo
tempo. Col Parco Nord credo che ci
siamo riusciti. Io sono un fruitore
massimo del parco (per via del cane) e naturalmente conosco tante
persone che lo frequentano. Per
mi capita, cosa che fuori non succede, di scambiare talvolta il saluto
con assoluti sconosciuti, come usava una volta tra pellegrini e oggi ancora tra camminatori di montagna. E
non solo il saluto e il sorriso ma anche di scambiare qualche chiacchiera occasionale, breve e leggera. Un
autentico dono. Disponibile e uguale
per tutti.
Il verde, i parchi, valorizzano i luoghi. Il Parco Nord (scusate, ma la
mia unica vera esperienza) ha trasformato il territorio della periferia,
campi di risulta lontani dalla citt, e
ha portato centralit e qualit (ed
anche valore economico). Ha incivilito le comunit gi emarginate
oltre le mura. Il Parco Nord non ha
solo separato, ma ha anche unito.
Non solo ha impedito la saldatura in
un unico agglomerato dei diversi
paesi dellhinterland, ma li ha anche
connessi, resi pi vicini e tra loro
dialoganti.
Andare
da
AfforiBruzzano a Sesto, una volta non
solo era complicato, ma non aveva
senso. Perch, se non costretti dal
lavoro, andare a Sesto? A far che?
Oggi ci riconosciamo nella comunit
del parco, ci incontriamo, semmai
per il puro piacere di sconfinare. Ci
spostiamo facilmente a piedi o in
bici e in un quarto dora raggiungiamo lantipode di un tempo! Siamo diventati pi metropolitani.
Ritorno alla geografia. Milano, la
citt di mezzo. Di mezzo ai monti,
quelli a Nord, le Alpi, e quelli a Sud,

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gli Appennini; di mezzo ai fiumi,
lAdda e il Ticino, per non dire di
molti altri; di mezzo alla pianura vasta, a cavaliere tra quella arida e
quella irrigua. Milano ricca di acque
abbondanti, tra canali e marcite, e
terre tra le pi fertili del mondo. Prima venuta la geografia. Per molti
secoli la fortuna di Milano stata

affidata alla bellezza dei luoghi, alla


fortunata posizione, alla generosit
della natura. Da tempo non abbiamo pi occhi per queste bellezze.
Da tempo il successo economico si
accompagna al sacrificio costante
delle risorse naturali. La metropoli,
dice Consonni, si mangiata la
campagna e ha aggredito assai la

citt. La metropoli, espandendosi a


macchia dolio, senza ordine e
spesso senza ragione, se non quello del profitto immediato che genera
perdita di valore permanente, stata anche il trionfo della grande bruttezza.
* Gruppo Petfi

EXPO E TRASPARENZA. DIMENTICARE QUELLO CHE C GI


Ilaria Li Vigni
Nel maggio del 2012, ben due anni
fa, riferivo ai lettori di ArcipelagoMilano circa la legge approvata dal
Consiglio
Regionale
Lombardo
nellaprile dello stesso anno sulla
corretta gestione degli appalti in occasione di Expo 2015. In particolare, per quanto riguarda la gestione
degli appalti pubblici, la normativa
prevedeva che venisse garantita la
tracciabilit dei flussi finanziari dei
contratti, attraverso appositi e dedicati conti correnti (bancari o postali).
Con riferimento ad Expo 2015, veniva istituito presso la Giunta Regionale il Comitato per la trasparenza degli appalti e sulla sicurezza dei
cantieri, con il compito di monitorare
il rispetto della normativa in materia
di contratti di lavoro, servizi e forniture e degli investimenti pubblici.
Dovevano far parte del Comitato
cinque esperti nominati dalla Giunta, all'inizio di ogni legislatura.
evidente che il complesso meccanismo degli appalti edli e di servizi,
aperti in vista di Expo 2015, un
potenziale rischioso mezzo di infiltrazione di forze criminali in ambito
pubblico e le procedure di controllo
possono essere davvero un utile
strumento di contrasto in tal senso. I
fatti di cronaca di questi giorni sono
davanti agli occhi di tutti e non
sintende in questa sede commentarli, ma solo far rilevare un clamoroso problema politico di gestione di
questo grande evento milanese.
Il premier Matteo Renzi, nei giorni
scorsi a Milano per occuparsi della
patata bollente, ha proposto ladozione della piattaforma informatica

open Expo quale rimedio per assicurare la trasparenza della gestione: tutte le spese, gli appalti, i contratti, i compensi, i bilanci vari dovranno essere pubblicati online, cos da rendere accessibili e trasparenti tutti i passaggi di denaro. Tale
idea sicuramente molto valida,
peccato che se ne era parlato gi
due anni fa ed era stato oggetto della predetta Legge Regionale.
La normativa regionale del 2012,
infatti, aveva previsto il sistema di
gestione informatizzata SI.G.Expo,
mezzo ad altissima sofisticazione
informatica che doveva consentire
di rendere pubblici tutti gli appalti, le
spese e i soggetti coinvolti nelle
singole procedure. Non solo. Il 7
marzo 2012 si insediava presso il
Ministero dellUniversit e della Ricerca lInnovation Advisory Board
(IAB) di Expo 2015, un organismo in
cui sedevano tutti i partner tecnologici che avrebbero dovuto contribuire allavvio dellinfrastrutturazione
informatica e telematica dellevento.
Coordinatore del progetto era Riccardo Luna, primo direttore di Wired
ed erano invitate a partecipare al
comitato anche quattro donne di
grande valore come Flavia Marzano, presidente di Stati Generali
dellInnovazione, la virologa Ilaria
Capua, scienziata di fama internazionale, Loretta Napoleoni, esperta
mondiale di economia e terrorismo
e Lucia Votano, direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Tale organismo di fatto non si mai
riunito e linformatizzazione della

gestione degli appalti Expo stata a


tal punto incompleta da aver consentito le storture contabili che sono
emerse in queste settimane.
Non si entra volutamente nellambito della cronaca giudiziaria, chi
scrive a tal punto convinto del
principio di non colpevolezza sino a
condanna definitiva da non prendere in nessuna considerazione eventuali responsabilit personali, per
ora appena accennate nelle indagini. Ma con riferimento allambito politico non si pu far a meno di notare
che tanto era chiara la consapevolezza del legislatore regionale del
2012 che intuiva i possibili molteplici
interessi economici illeciti nella gestione di Expo e proponeva una soluzione di informatizzazione trasparente quanto la prassi gestoria di
questo grande evento ha di fatto
omesso colpevolmente tale controllo. Auguriamoci che non sia troppo
tardi e che lultimo anno che ci separa dal calcio dinizio di Expo
2015, con le numerose opere ancora da ultimare, possa davvero essere linizio di una svolta di legalit
nella gestione delle opere pubbliche
in Italia, cos spesso legate a doppio
filo da interessi illeciti.
Ritiene chi scrive che ne vada anche del buon successo complessivo
di questo grande evento milanese
che potrebbe diventare, se ben gestito, un esempio virtuoso di un
nuovo modo di occuparsi di grandi
eventi in Italia e, se mal gestito,
leterno ritorno di vecchi problemi.

Scrive Ernesto Giorgetti a Gianni Zenoni


Sottoscrivo tutte le osservazioni di
Gianni Zenoni, purtroppo il pesce
"puzza dalla testa" e i milanesi tutti
hanno da tempo sotto gli occhi lo
scempio della "testa" delle FFSS in
Milano: la Stazione Centrale, total-

n. 19 VI - 21 maggio 2014

mente stravolta nel suo impianto ma


tutta "com'era e dov'era" secondo gli
ipocriti dettami della Conservazione
Monumentale. Dallo sconcio e semiabbandonato antro che da due
anni si offre ai visitatori di Milano

come biglietto da visita e che il


raccordo fra la MM e la FFSS Stazione Centrale si accede alla abbandonata Galleria delle Carrozze.
Qui si toccato l'apice dell'incultura
urbanistica,semplicemente cancel-

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lando quella che era l'invenzione
originale del manufatto Stazione
Centrale,
il
naturale
percorso/accesso coperto della viabilit

alla Stazione, naturalmente rigorosamente "com'era e dov'era". Mi


viene da pensare che con il costo di
3-4 Gates provvisori come quelli al

Castello forse si sarebbe potuto recuperarne uno, assai rimpianto da


tutti e cosi maldestramente sostituito... sar per il prossimo ... evento.

CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
Gigol per caso
di John Turturro [USA. 2013, 98']
con John Turturro, Woody Allen, Sharon Stone, Vanessa Paradis
Succede che a Murray - un irresistibile Woody Allen che calza i panni
di un libraio ebreo in crisi economica e con famiglia numerosa a carico
- venga unidea ardita per procurarsi
facili guadagni e vivere meglio: soddisfare i desideri di alcune sue conoscenti benestanti in cerca di relazioni e emozioni. Non avendo per il
physique du rle per proporre se
stesso, decide di promuovere una
terza persona, improvvisandosi intermediario di un gigol non professionista. Per caso come recita il titolo italiano (sfiorito nelloriginale
Fading Gigol)
E cos, con disinvoltura un po cialtrona, propone laffare allamico Fioravante, uomo interessante, anche
se non bello, fiorista raffinato che si
dedica anche ad altri lavoretti Fioravante diventa Virgil e accetta con
naturalezza e curiosit la proposta,
senza falsi pregiudizi e senza malizie. Gli incontri amorosi, giocati sulla capacit di ascolto e sugli sguardi
di Fioravante e sulla sua cortesia
allantica parca di parole, rivelano
anche a lui di saper essere un seduttore sensibile, capace di creare
atmosfera, di togliere limbarazzo e
di far sentire desiderate - senza cadere in eccessi da macho- le donne
che dopo averlo provato continueranno a cercarlo e anche a contenderselo.
Pi che lerotismo esplicito e gli spiriti bollenti, pervadono il film la naturalezza e il corteggiamento som-

messo fatto di attese e sguardi, che


rivelano inaspettate fragilit di donne che hanno tutto, bellezza, denaro e vite interessanti. Oppure donne
fedeli a valori consolidati e temprati
dal tempo e dalla solitudine, come
Avigail, a cui lincontro con lo spirito
riservato di Fioravante, regala qualcosa di sconosciuto e inusuale.
Comizi damore in lussuosi e freddi
appartamenti di Manhattan, cos diversi dallabitazione sobria dove ogni tanto il maturo seduttore riceve
e dove lavventura si trasforma in
innamoramento quando Murray gli
porta la giovane vedova del rabbino,
a sciogliersi in pianto sotto il tocco
delle sue mani durante un massaggio quasi innocente.
Colpisce e affascina la scelta di Turturro di lavorare per sottrazione sulla recitazione di alcuni protagonisti,
come Sharon Stone, lontana dagli
stereotipi della femme fatale, cogliendone la matura bellezza con
annesso carico di insicurezze. Ma il
lavoro pi profondo sul registro
dattore Turturo lo compie su se
stesso. Lallucinato e gotico commediografo Barton Fink e Jesus
Quintana, personaggi che ha vestito
per i fratelli Cohen, sono lontanissimi da questo gentiluomo cortese,
parco di parole ma che dice e seduce molto con lo sguardo.
A Woody Allen, invece ha cucito
addosso una parte familiare, quella
del protettore pasticcione Bongo
che, fingendo di vergognarsi, ma

non troppo, del ruolo di protettore, ci


ricorda la verve di interprete di suoi
vecchi film, come Hannah e le sue
sorelle, dove anche Turturro recitava. Spalla perfetta e complementare
a Turturro, Woody, di cui si sente il
tocco felice anche nella sceneggiatura, assolutamente a suo agio
diretto dallamico.
Un pensiero per Vanessa Paradis,
bella e malinconica, che ha le scene
pi toccanti con il gigol improvvisato: liniziazione sensuale e intima di
entrambi allamore, primo contatto
fisico senza sesso, e laltrettanto
intensa scena delladdio, a distanza,
per strada, sotto gli occhi del giovane ebreo che sempre a distanza lha
desiderata e seguita a lungo.
Inconsueta New York, ben fotografata da Marco Pontecorvo, alla vigilia del suo nuovo film da regista con
Turturro attore, e di firma italiana
anche il montaggio, invisibile, quindi
perfetto, di Simona Paggi. Colonna
musicale strepitosa e varia che spazia dal jazz con Gene Ammonds al
sax, passando per Dalida (La violetera ), e Sinatra cantato in arabo da
Mbarka Ben Taleb, fino a Tu s na
cosa grande cantata da Vanessa
Paradis.
Molti ingredienti che fanno ricordare
a lungo questo Gigol sfiorito, capace di sedurre lo spettatore con
grazia e ironia leggera.
Adele H.

MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Troppa musica?
Domenica scorsa Milano sembrava
impazzita; con 25 gradi di temperatura e un sole meraviglioso, la citt

n. 19 VI - 21 maggio 2014

era piena di animazione per la concomitanza di Piano City con i Musei


aperti e semigratuiti, una gran quan-

tit di mercati, mercatini (e anche di


miniconvegni preelettorali in sostituzione dei vecchi comizi) e di feste

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varie - o di eventi come si dice per cui era praticamente pedonalizzato lintero percorso che dal Sempione attraverso lArco della Pace, il
Parco, il Castello, via Dante e via
Orefici, il Duomo, corso Vittorio Emanuele, piazza San Babila, corso
Venezia e corso Buenos Aires fino a
Loreto e poi ancora gran parte di via
Padova, un unico stradone lungo
una decina di chilometri!
Mentre impazzavano i 320 eventi
di Piano City che hanno messo in
coda e fatto sgomitare una gran
quantit di persone (lanno scorso
furono 30.000, questanno si ritiene
siano stati ancora pi numerosi) per
ascoltare tutte le possibili contaminazioni fra musica classica, moderna, contemporanea, etnica, leggera,
primitiva, jazz, rock, ragtime, e anche improvvisazioni, conferenze,
laboratori, musiche proprie e originali (i generi sono tutti presi, tali e
quali, dal programma del festival)
con al centro non la musica, ovviamente, ma quello strumento incredibilmente versatile che il pianoforte. Su questo avvenimento ormai
diventato annuale i pareri divergono
radicalmente: da una parte c chi si
entusiasma e gode, dallaltra chi
grida allo scandalo per il timore della volgarizzazione e della banalizzazione di ci che si abituati a
guardare con rispetto e devozione.
Confesso che non so da che parte
stare, so solo dire che in fondo mi
ha interessato poco.
Infatti, a differenza dei pi, in quello
stesso assolato e caotico pomeriggio sono stato preso da una sorta di
ascetico incantamento ascoltando insieme a tre o quattrocento persone (evidentemente fuor di testa come me) nel silenzio e nella fresca
penombra della chiesa di San Fedele, dietro a Palazzo Marino - alcuni
Salmi di Benedetto Marcello e alcuni pezzi per organo di Domenico
Scarlatti. Un concerto di ottima qualit in un ambiente pi che appro-

priato (la navata unica della Basilica


dei Gesuiti dominata come tutti
sanno da un meraviglioso pannello
in ceramica di Lucio Fontana), eseguito da perfetti cultori di quel genere musicale tanto straordinario
quanto poco frequentato.
Benedetto Marcello era un ricco e
aristocratico veneziano (veniva
chiamato principe della musica)
mentre Domenico Scarlatti, figlio di
Alessandro, era un napoletano e
visse fra Roma, Lisbona e Madrid;
ma la cosa curiosa che i due sono
fra loro coetanei e lo sono pure di
Bach e di Hndel essendo nati tutti
e quattro fra il 1685 e il 1686. Metterli insieme in un concerto di musica sacra - soli, coro femminile e
basso continuo - come voler mettere a duro e ruvido confronto la
musica (malamente detta) barocca
italiana con quella tedesca.
Il concerto, penultimo di una piccola
stagione dellAuditorium S. Fedele
che si conclude domenica 15 giugno con alcuni Lieder corali di
Schubert, prevedeva tre Salmi (i
numeri 38, 12 e 8) dellEstro Poetico
Armonico del veneziano - in cui si
alternavano una soprano (Beatrice
Palumbo), una contralto (Marta Fumagalli), un tenore (Matteo Magistrali) e il coro femminile dellAssunta in Vigentino, sostenuti dal
basso continuo a sua volta affidato
allorgano (Francesco Catena) e al
violoncello (Anna Camporini) - e, fra
luno e laltro, la Sonata K.288 e la
Fuga K. 41 per organo solo del maestro napoletano eseguiti dallo
stesso Catena. Un programma dunque di grande raffinatezza e spiritualit che - ascoltato in una chiesa
- sembrava riscattare la volgare
sciatteria di quella musica quasi
sempre propinata ai fedeli durante i
riti post conciliari.
Sappiamo che i testi dei 150 Salmi
compresi nel cosiddetto Salterio
hanno ispirato una gran quantit di
musicisti, da Palestrina fino a Stra-

vinskij, e che ciascuno di essi ha


assegnato a questo genere musicale significati e identit assai diversi. I
50 Salmi di Benedetto Marcello (i
cosiddetti Salmi di Davide) hanno
tuttavia un carattere veramente
speciale, sembrano dare inizio alla
drammatizzazione che sar alla base dellopera lirica - che, non va dimenticato, nascer pochi decenni
dopo proprio in Italia - assai pi di
quanto, a mio giudizio, non abbiano
fatto Bach o Hndel con le Passioni,
gli Oratori, le Cantate. Erano mondi
diversi, ovviamente: Bach ha vissuto tutta la vita in una cultura luterana
mentre gli altri tre, cattolici, sono figli
della Controriforma; Bach fece una
vita molto riservata allontanandosi
ben poco dalla sua Turingia, mentre
Hndel e Scarlatti hanno girato il
mondo; Marcello era un uomo di
mondo, avvocato, politico e magistrato, e frequentava quello stesso
Vivaldi, di pochi anni pi grande di
loro, che Bach ammirava moltissimo
ma non ha mai conosciuto.
I paragoni sono sempre sbagliati
quando si parla di geni cos immensi: ma come non riflettere sullintrigo
dei loro rapporti mentre si ascoltano
capolavori che ci rimandano agli
stessi anni e alle stesse forme musicali?
Finita lestasi, e ritornati sulla terra,
ecco un altro intrigo non da poco:
nel 1873, proprio l in quella chiesa
in cui amava ascoltare il suono del
grande organo, Alessandro Manzoni
cadde battendo la testa e, senza pi
riprendersi, mor pochi mesi dopo
. E pensando al suo curioso destino
mi sono imbattuto, attraversando
piazza della Scala, in una folla accalcata intorno ad alcuni musicisti
del centro o del sud-america che,
con potenti altoparlanti, sparavano
ovunque il suono dei loro inconfondibili strumenti tradizionali (etnici?).
Confesso che sono rimasto perplesso senza sapere bene il perch.

LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
rubriche@arcipelagomilano.org
Leonardo Boff - Luigi Zoja
Tra eresia e verit
Chiarelettere, 2014
pp.146, euro 10
Il libro verr presentato mercoled
21 maggio ore 18,15, presso Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via
F. Sforza 7. Milano, con Luigi Zoja,
Marco Garzonio, Alessandro Zaccu-

n. 19 VI - 21 maggio 2014

ri, Marilena Poletti Pasero, a cura di


Unione Lettori Italiani Milano
A meno di un mese dall'inizio del
Campionato mondiale di calcio in
Brasile, oggetto di vivaci contestazione in loco a causa dell'uso errato

delle poche risorse brasiliane a favore dello sport, invece che delle
ben pi importanti cause della scuola e della salute del paese, giunge
propizio il libro"Tra eresia e verit"

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anche per capire in quale clima si
svolger la competizione.
Il testo affronta il grave problema
della povert in Brasile, causa del
fiorire, 40 anni fa, della Teologia
della liberazione, professata con
grande partecipazione dalla Congregazione dei vescovi latinoamericani: il libro si modula in forma
di intervista da parte dell'eminente
psicanalista junghiano Luigi Zoja
(gi presidente della Associazione
internazionale degli analisti junghiani) a Leonardo Boff, eminente teorico della Teologia della liberazione,
francescano, brasiliano di origine
italiana, anch'egli grande cultore di
Jung: dal 1984 al 1992 (anno in cui
abbandona l'ordine) Boff fu obbligato a un "silenzio ossequioso" dalla
Chiesa romana del futuro Papa Ratzinger, autore del documento Libertatis Nuntius, che esprime una condanna senza appello nei confronti di
quella Teologia , a causa delle presunte "eresie" contenute nel suo
libro "Chiesa:carisma e potere".
Quel testo una summa degli ideali
della Teologia della Liberazione secondo Boff, che mette al centro la
strenua difesa dei poveri, e che mira
non gi alla loro rassegnazione ma
alla loro ribellione nella speranza
della liberazione dalla oppressione
della povert, nella consapevolezza
che si tratta di una questione sociale, non solo personale, dalle profonde implicazioni politiche. Tacciata di
ammiccamenti con il comunismo,
anche Papa Woytila sconfess la

Teologia della liberazione, vietando


ogni pubblicazione in merito. E non
avrebbe forse potuto fare altrimenti,
se solo si pensa alla situazione geopolitica di quell'area geografica,
considerata il cortile di casa dagli
arroganti americani del nord.
Dall'intervista emerge che Boff aveva capito che lo scandalo della povert in America latina, alimentato
dalla distruzione della foresta amazzonica a vantaggio di un capitalismo rampante predatore delle terre
necessarie per la coltivazione della
soia e dell'allevamento dei bovini,
era di una dimensione ciclopica, diversa da quella dell'Europa. E se
anche in Brasile oggi le differenze di
reddito sono diminuite, (v. BRIC) a
livello globale le disuguaglianze sociali sono in crescita.
Sta si fatto che in Brasile la povert
una condizione endemica, soprattutto per gli indios, rimasti alcuni
come stile di vita a 20.000 anni fa,
sradicati come erbacce dalle loro
foreste e condannati allo sterminio
per la perdita del loro habitat, nel
silenzio della comunit internazionale. Fino agli anni '60, uccidere un
indio non era considerato omicidio.
Mentre per quanto riguarda la povert urbana, non raro incontrare
ancora oggi nelle favelas bambini
abbandonati che si contendono un
pezzo di pane con i cani.
Luigi Zoia fa emergere, con le sue
domande incalzanti il pensiero di
Boff, che evidenzia che quelle ingiustizie radicali minano la dignit

dell'uomo e i suoi diritti fondamentali


alla vita e perci teorizza un ritorno
al rispetto della Terra, in una sorta
di unione mistica con il cosmo, cos
come quella in cui solevano vivere
gli indios. A loro Boff riconosce il
merito di avere perseguito l'archetipo junghiano della madre Terra nel
culto ancora vivo di Pacha Mama,
aprendosi al mistero del mondo,
non distruggendo come noi occidentali "quel senso di totalit, che contraddistingue ogni visione spirituale
della vita". Tutti temi, questi, trattati
da Luigi Zoia anche in "Utopie minimaliste".
Boff, brasiliano di seconda generazione, figlio di un colono italiano
veneto, un illuminato insegnante
che regalava radio agli indios, perch familiarizzassero con la lingua
portoghese e che aveva contribuito
a fondare Concordia, in Brasile,
come molti altri coloni tedeschi e
polacchi, che si trovavano a operare
in un paese senza un'idea chiara di
Stato. Dal seminario dei francescani
a Petropolis, Boff si trasferisce a
Monaco di Baviera per quattro anni,
per conseguire la laurea in Teologia, e il destino volle che fu proprio il
futuro papa Ratzinger a finanziare la
stampa della sua tesi, per la stima
che aveva in lui. Poi tutto cambiato e Boff , ridotto al silenzio, ha preferito proseguire da laico il suo percorso umano, sempre vicino ai poveri, con a fianco sua moglie Mascia
e i loro sei figli adottivi.

SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org
Amore Morte, Roland Petit
Almeno fin dai tempi della tragedia
greca il tema di amore e morte
(eros e thnatos) ha sempre riempito le pagine di scrittori, poeti, drammaturghi e riempito i palchi e le sale
di pubblico. La domanda che si pone sempre la stessa: amore e
morte, come un bipolarismo che
bilancia la vita degli uomini, oppure
amore morte, come lineludibile
contrappeso che schiaccia gli uomini.
Roland
Petit
nel
1946,
nellimmediato dopoguerra, finora
lultimo grande esegeta di eros e
thnatos e risponde arrivando autonomamente alle stesse antiche e
pessimistiche conclusioni dei grandi
tragici greci: Eros Thnatos.
Dalla prossima settimana (28 maggio) fino al 20 giugno alla Scala di
Milano andr in scena Serata Petit
con il dittico Le Jeune homme et la
mort (1946) e Pink Floyd Ballet
n. 19 VI - 21 maggio 2014

(1972), di produzione del Teatro alla


Scala. I due balletti non sono legati
sul piano semantico, Petit non li aveva pensati cos e si percepirebbe
uno stridore forte se a teatro si cercasse di trovare una connessione di
significato. Il dittico assume significato se si collega alla tradizione
scaligera e alla storia di Petit alla
Scala di Milano: infatti, nel 2009 Roland Petit ancora in vita ha potuto
ancora vedere e curare le riprese
scaligere di entrambi i balletti, scrivendo delle lettere in cui spera nel
successo di queste due opere a Milano.
Sul palco scaligero torneranno
dallAmerican Ballet Theatre gli jeunes hommes Roberto Bolle e Ivan
Vasilev, che danzeranno rispettivamente con le morts Marta Romagna e Nicoletta Manni (prime ballerine del balletto del Teatro alla Sca-

la). Forse Roberto Bolle vestir per


il ruolo la tradizionale salopette allacciata sul torso nudo da una bretella sola, come gi aveva fatto nel
2009 e come era il costume originale, mentre se Vasilev vestir i costumi che aveva indossato per la
rappresentazione di Kings of the
Dance, lascer il torso interamente
nudo, facendo esplicita citazione del
connazionale Nuriev, quando nel
1966 registr il balletto insieme a
Zizi Jeanmarie, la moglie di Petit,
sotto la regia dello stesso Petit.
La storia de Le Jeune homme et la
mort semplice e intensa, creata
dal grande librettista Jean Cocteau,
esponente letterario dellesistenzialismo francese, sulle note di Passacaglia e tema fugato in do minore
di Bach (1706-1713). Un ragazzo
chiuso nel proprio appartamento
aspetta la ragazza che causa del14

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la propria infelicit. Quando lei entra
(di solito in giallo), lo insulta, schernisce in un contrastato pas de deux
dalle forme spigolose e, nonostante
le suppliche del giovane, la ragazza
esce improvvisamente come era
entrata. Lui minacciava persino il
suicidio e addirittura lei lo aveva in-

coraggiato: allora in preda alla disperazione si impicca nel proprio


appartamento. Nella solitudine del
suicidio consumato entra la morte,
bianca con la maschera in volto,
nella scenografia cha si sposta sui
tetti d Parigi immersa nella notte,
entra la morte. Lei prende con s il

giovane e lo porta sui tetti in una


dimensione onirica e intangibile, poi
toglie la maschera e la pone sul viso
del ragazzo, che esce di scena salendo sempre pi sui tetti. La morte
bianca la ragazza in giallo, amore morte.
Domenico G. Muscianisi

ARTE
questa rubrica a cura di Virginia Colombo
rubriche@arcipelagomilano.org
TCI: 120 anni al servizio del turismo italiano
Una grande mostra festeggia i 120
anni di storia e successi del Touring
Club Italiano. In viaggio con lItalia
il titolo della mostra promossa da
TCI e Comune di Milano per celebrare lattivit pionieristica del Touring, che, si potrebbe dire, pi di un
secolo or sono invent il turismo in
Italia.
Nelle belle sale del Palazzo della
Ragione, il progetto, curato da Studio Azzurro, racconta la nascita di
questo Club, nato dalla volont di
cinquanta amatori velocipedisti, tra
cui spiccano Luigi Vittorio Bertarelli
e Federico Johnson, che nel 1894
fondarono il Touring Club Ciclistico
Italiano. Una mostra che racconta il
Touring attraverso il viaggio, fisico e
simbolico e lungo pi di un secolo
dei suoi fondatori e associati. Attraverso installazioni multimediali e interattive Studio Azzurro racconta il
percorso svolto finora, i primi passi
mossi da questa associazione e gli
importanti risultati oggi raggiunti.
Tema della mostra il viaggio, ecco
allora che si parte dalla bicicletta,
simbolo di progresso alla fine
dell800, con fotografie e testimonianze provenienti dallarchivio Touring, che raccontano di unItalia che
oggi sembra distante mille anni: le
prime biciclette dalle ruote imponenti, gli attrezzi per ripararle, sistemati
dal Touring in punti pubblici e di
passaggio; la prima bicicletta sbar-

cata in Sardegna, le prime gare


amatoriali.
Il viaggio continua con il treno, la
macchina e laereo, mezzi che permettono un concetto di viaggio diverso, diventando col tempo non
solo mezzi di trasporto ma anche
strumenti per scoprire paesaggi e
territori. Si scopre allora la grande
importanza avuta dal Touring
allinizio del concetto di viaggio,
quando avendo diminuito la preminenza dellelemento ciclistico, si occupa di venire incontro alle necessit reali del viaggiatore e del turista,
occupandosi della sua sicurezza ma
anche degli aspetti pi piacevoli.
il Touring, mentre lItalia unita si
muove ancora a rilento, a mettere in
strada i primi cartelli stradali, a occuparsi di una rete di distributori di
benzina, ma anche a segnalare luoghi di interesse turistico ed enogastronomico, su segnalazioni dei
viaggiatori soci. Una sorta di TripAdvisor ante litteram. Ecco anche le
prime cartine stradali, i primi pieghevoli, i primi rilevamenti orografici, fino ad arrivare al primo grande
atlante italiano, frutto di un monumentale lavoro durato 10 anni.
Dopo La strada in viaggio, ecco
arrivare la seconda sezione, quella
dedicata alle Guide Rosse del Touring, strumento essenziale di studio
e lavoro per chi si occupa di arte,
viaggi e turismo. Un grande totem
rosso ne celebra i 100 anni, accom-

pagnato da schermi con immagini


darchivio che mostrano unItalia
che in molti casi, non esiste pi.
Lultima sezione dedicata ai sensi
del viaggio, un momento per fare il
punto sullItalia delle tradizioni e delle eccellenze di ieri e di oggi. Due
grandi tavole virtuali apparecchiate
si trasformano nel bancone di lavoro
di cuoche e artigiani per evidenziare, attraverso le materie prime tipiche di diverse regioni, le peculiarit
che sostengono ancora oggi il made
in Italy.
Sulle pareti, in ultima battuta, gli
scopi e i numeri del TCI oggi, tra
soci, responsabili e soprattutto volontari, essenziali per il prezioso lavoro di custodia e apertura di luoghi
e monumenti di interesse storicoartistico altrimenti non fruibili dai turisti e dai cittadini stessi.
Il TCI come strumento indispensabile, ieri come oggi, per promuovere il
turismo e le eccellenze italiane. Dalla bicicletta allaereo dei viaggi low
cost, dalle prime cartine stradali alle
Guide Rosse, il TCI si prepara per
altri 120 anni di supporto al turismo
e ai viaggi responsabili.
In viaggio con lItalia Fino 25
maggio 2014 - Ingresso gratuito Palazzo della Ragione - piazza
Mercanti 1, Milano

Fragilit, equilibrio e critica per Meireles alla Bicocca


Ancora una volta lHangar Bicocca
non sbaglia un colpo. La mostra dedicata a Cildo Meireles, Installations
tutta da vedere e provare. Coinvolgente, poetica, critica e polisensoriale, la mostra la prima manifestazione italiana dedicata allartista
brasiliano, considerato fin dagli anni
60 un pioniere di quellarte intesa
soprattutto come uno scambio attivo
e vitale con il pubblico, come un
rapporto vivo e attivo in grado di co-

n. 19 VI - 21 maggio 2014

involgere lo spettatore in una esperienza multisensoriale.


La personale, a cura di Vicente Todol, comprende 12 tra le pi importanti installazioni realizzate dallartista tra il 1970 e oggi, ed un percorso ricco di suggestioni che portano lo spettatore ad essere parte
dellopera darte, a farla vivere, ma
anche a mostrargli una realt concettuale nascosta e su cui riflettere.
Cildo Meireles affronta da sempre

tematiche sociali e culturali attraverso opere che rivelano pienamente il


loro significato solo nel momento in
cui sono attraversate e vissute,
coinvolgendo oltre alla vista, anche
ludito, il tatto, lolfatto e addirittura il
gusto.
Il percorso spiazzante, poich si
passa da opere di ridottissime dimensioni ad altre decisamente monumentali. Si inizia con Cruzeiro de
Sul, un cubo di legno di 9 mm, che

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rimanda per a concetti e credenze
sacre nella cultura dei Tupi, popolazione india del Brasile con cui Meireles entr in contatto.
Si arriva poi ad Atravs, labirinto
trasparente lastricato da frammenti
di vetro rotti, che fa percepire allo
spettatore una sensazione di instabilit e di potenziale pericolo, dovendosi districare lentamente tra filo
spinato, tendaggi, superfici vetrate
(persino due acquari), attraverso le
quali sembra di vedere una via
duscita, resa difficile per dai materiali che creano il percorso. Lattraversamento del titolo simboleggia
dunque un percorso interiore accidentato, ogni passo spezza sempre
di pi il vetro sotto ai piedi, simbolo
della fragilit umana, ed sempre
pi difficile andare avanti.
Passando dalla torre fatta di radio
antiche e moderne, Babel, per arrivare ai cubi bianchi e neri sporcabili di Cinza, quello che colpisce la
variet dei materiali usati, scelti
dallartista solo in base alle loro caratteristiche simboliche o sensoriali,
mettendo insieme elementi contrastanti anche dal punto di vista semantico o visivo.
E in effetti Olvido, un tepee indiano
costruito con 6.000 banconote di
diversi paesi americani, circondato
da tre tonnellate di ossa bovine contenute da 70.000 candele, espressione di questo concetto. Mentre gli occhi sono impegnati a distinguere i diversi elementi, le ossa
emanano un odore difficile da sop-

portare e dal centro della tende fuoriesce un rumore continuo di sega


elettrica. Opera con una critica di
stampo post-colonialista, spesso
presente nei lavori di Meireles, non
affronta per lo spettatore direttamente, imbarazzandolo, ma suggerisce il suo messaggio accostando
elementi dal valore simbolico.
Una delle opere pi amate e fotografate sui social, sicuramente
Amerikka, un pavimento fatto di
22.000 uova di legno dipinte, su cui
troneggia un soffitto fatto da proiettili
sporgenti. Mentre lo spettatore
invitato ad attraversare scalzo lo
spazio bianco delle uova, in una situazione di instabilit, la minaccia
ulteriormente rimarcata da migliaia
di proiettili rivolti al suolo. Opera s
di spaesamento ma di incredibile
impatto visivo e percettivo.
Meireles lavora con tutti e cinque i
sensi. Ecco perch con Entrevendo,
un enorme struttura di legno a forma di imbuto, lo spettatore invitato
ad entrare in questo cono, da cui
esce aria calda, mettendosi prima in
bocca due cubetti di ghiaccio per
sperimentare, man mano che ci si
avvicina alla fonte di calore, lo sciogliersi del ghiaccio in pochi istanti,
per un coinvolgimento completo dei
sensi.
E poi si arriva allopera pi poetica
della mostra, Marulho, la simulazione di un pontile circondato dalle onde del mare, nella luce delicata del
tramonto. Solo ad una visione pi
attenta si scorgono i dettagli, ovvero

che le onde sono fatte da immagini


di acqua rilegate in migliaia di libretti
disseminati sul pavimento, giocando
sulla ripetizione e laccumulo, con
un effetto non solo visivo ma anche
simbolico.
Mentre ci si perde a osservare le
immagini, ecco che voci, tutto intorno, ripetono allinfinito la parola acqua in 85 lingue diverse, creando
una nenia simile allo sciabordio delle onde. Solo allora si scopre che,
ovviamente, un fondo c, la parete
lilla che delimita lorizzonte. Quello
che si crea allora nello spettatore
una curiosa sensazione alla The
Truman show, accorgendosi che in
realt tutto finto e costruito. Di naturale, non c nulla. Lopera vive
inoltre di riferimenti ad artisti del
passato che hanno giocato sulla
monocromia, come Piero Manzoni,
citato anche in unaltra opera della
mostra, Atlas, e Yves Klein.
Tra suoni, attraversamenti e sensazioni, la personale di Meireles intende mostrare come lo spazio sia
una componente fondamentale
nellenfatizzare i paradossi e le metafore, elementi chiave nella sua
arte, espressi da queste dodici
coinvolgenti installazioni.
Cildo Meireles, Installations fino al
20 luglio 2014 HangarBicocca / via
Chiese 2, Milano / Orario: gioved
domenica 11.00 23.00 Ingresso
libero

Munari politecnico
Il genio di Bruno Munari ha spaziato
in diversi campi: dalla grafica
alleditoria, dalla pedagogia al design, passando per larte pi pura.
La mostra Munari politecnico, allestita nello spazio mostre del Museo
del 900, propone un percorso affascinante su alcune delle sperimentazioni/invenzioni progettate dallartista.
I pezzi in mostra provengono tutti
dalla Fondazione di Bruno Danese
e Jacqueline Vodoz di Milano, che
nella molteplice veste di amici, collezionisti, editori e industriali, per
decenni hanno sostenuto e incentivato Munari a sperimentare linguaggi diversi. Lobiettivo della mostra dunque rivelare la propensione artistica di Munari, compito
che idealmente prosegue lesposizione allestita nel 1996 nelle sale
della Fondazione stessa, rileggendone per la collezione e aprendola
a un dialogo con una generazione di
artisti, presenti in mostra, che con

n. 19 VI - 21 maggio 2014

Munari hanno avuto un rapporto


dialettico.
La mostra divisa in sezioni, attraverso le quali appaiono gli orientamenti artistici di Munari attraverso il
disegno e il collage, con un modo di
intendere larte vicino alle pratiche
delle avanguardie storiche; ma dalle
quali emerge anche il suo rapporto
con la ricerca scientifica, come supporto di intuizioni plastiche e meccaniche; per arrivare poi alla produzione artistica vera e propria.
Soprattutto queste opere vivono di
corrispondenze e influenze, citate
da Munari nei suoi libri quali quelle
di Mary Vieira e Victor Vasarely; ma
in mostra ci sono anche pezzi di artisti che hanno esposto e condiviso
ricerche con lui come Enzo Mari,
Max Bill, Franco Grignani e Max
Huber; e di artisti che lo hanno frequentato come Getulio Alviani e Marina Apollonio. Senza dimenticarsi di
coloro che hanno condiviso momenti importanti del suo percorso, come
Gillo Dorfles e Carlo Belloli, e suc-

cessivamente il Gruppo T. Infine,


questa stessa sezione include figure
che con Munari hanno mantenuto
un rapporto ideale in termini di capacit e ispirazione, come Giulio
Paolini e Davide Mosconi.
Le opere degli artisti selezionati discutono, dialogano e si relazionano,
oggi come allora, con limmaginario
estetico di Munari, anche grazie a
un sistema di allestimento fatto di
strutture e supporti legati tramite
incastro e gravit, ma con aspetto
leggero. Quella stessa leggerezza
di cui Munari fece vivere le sue opere, tra cui le famose Sculture da viaggio, le 10 forchette impossibili e
i libri illeggibili, tutti esposti in mostra.
Accanto alla mostra principale il Focus dedicato allopera fotografica,
in parte inedita, realizzata da Ada
Ardessi e Atto, autori che per decenni hanno lavorato a stretto contatto con Munari, testimoniando i
principali momenti della vicenda
professionale e umana dellautore.

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Lesposizione ha come titolo Chi
s visto s visto locuzione molto
amata da Munari e che racchiude
tramite immagini, lartista e luomo a

tutto tondo.
Munari politecnico fino al 7 settembre Museo del Novecento

lun.14.30 - 19.30 mar. mer. ven. e


dom. 9.30 - 19.30 gio. e sab. 9.30 22.30

Bernardino Luini e figli: una saga lunga un secolo


Dopo un silenzio durato quasi cinquantanni, Bernardino Luini torna
protagonista di una mostra, e lo fa
in grande stile. Il pittore di Dumenza, chiamato per da tutti di Luino,
il centro di una esposizione come
da tempo non se ne vedevano, con
200 opere esposte per chiarire a
tutto tondo una personalit significativa ma discussa, soprattutto per la
mancanza di dati certi che caratterizza la biografia dellartista.
Da gioved 10 aprile sar possibile
scoprire Bernardino, i suoi figli e la
sua bottega, le influenze illustri che
lo ispirarono (Leonardo, Bramantino, i veneti, persino un certo che
di Raffaello) e pi in generale cosa
succedeva a Milano e dintorni agli
inizi del 500.
Quello sviluppato in mostra un
percorso ricco e vario, che oltre a
moltissime opere del Luini, presenta
anche il lavoro dei suoi contemporanei pi famosi, Vincenzo Foppa,
Bramantino, Lorenzo Lotto, Andrea
Solario, Giovanni Francesco Caroto,
Cesare da Sesto e molti altri, che
spesso giocarono un ruolo chiave

nel definire lestetica artistica milanese.


Un percorso lungo quasi un secolo,
che dalla prima opera di Bernardino,
datata 1500, arriva a coprire anche
le orme del figlio Aurelio, vero continuatore dellattivit di bottega, se
pur gi contaminato da quel Manierismo che stava dilagando nella penisola.
La mostra occuper lintero piano
nobile di Palazzo Reale, e si concluder in maniera scenografica nella sala delle Cariatidi, presentando,
in alcuni casi per la prima volta, tavole, tele, affreschi staccati, arazzi,
sculture, disegni e prove grafiche.
Oltre a prestiti milanesi, con opere
provenienti da Brera, dallAmbrosiana e dal Castello sforzesco, si
affiancano importanti contributi internazionali provenienti dal Louvre e
dal museo Jacquemart-Andr di Parigi, dallAlbertina di Vienna, dal
Szpmvszeti Mzeum di Budapest, dai musei di Houston e Washington.
Il progetto, curato da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, oltre a essere
la pi grande retrospettiva mai dedi-

cata a uno dei protagonisti dellarte


del Cinquecento in Lombardia,
una saga famigliare in dodici sezioni, ognuna dedicata allapprofondimento di un momento della vita
dei Luini e delle loro commissioni
pi importanti. Degni di nota sono
gli straordinari affreschi per la Villa
Pelucca di Gerolamo Rabia, mirabile ciclo decorativo tra sacro e profano; e la casa degli Atellani, con una
rassegna di effigi dei duchi di Milano
e delle loro consorti, ricostruita
dallarchitetto Piero Lissoni, responsabile dellallestimento.
Dopo tante mostre dedicate ai contemporanei, la mostra un tuffo in
unepoca che per Milano fu davvero
doro, un momento in cui la citt ma
anche la stessa Lombardia, regalarono un apice artistico in seguito
difficile da eguagliare.
Bernardino Luini e i suoi figli Palazzo Reale, fino al 13 luglio 2014
Orari: Luned 14.30_19.30 da Marted a Domenica 9.30_19.30 Gioved e Sabato 9.30_22.30 Biglietti Intero 11,00 Ridotto 9,50

Quel provocatore di Manzoni


Ironico, irriverente, scandaloso, incompreso. Piero Manzoni questo
e molto altro. A 50 anni dalla morte
dellartista, scomparso prematuramente allet di 30 anni, Milano propone una grande retrospettiva con
pi di 100 opere per celebrare il genio di questo surrealista mancato,
che ebbe solo sette anni di attivit
artistica. Una parabola fulminante
che, dalla originaria Soncino, lo porta a legarsi a doppio filo alla Milano
di met anni 50, ponendosi a fianco
di artisti quali Lucio Fontana e il
gruppo degli spazialisti.
In mostra si potr ripercorrere il breve cammino di Manzoni, dai lavori
desordio, nella sezione dedicata
alle opere nucleari, fino alle serie
pi note. Immancabili i tre grandi
filoni tematici su cui Manzoni oper
e che sono ormai immediatamente
associati al suo nome: gli Achrome,
le Linee e la famosa Merda dartista.
In particolare degli Achrome la mostra ben nutrita: sono tanti e fatti
di materiali diversi, dai sassi al polistirolo, dalla pelle di coniglio alla
carta, dal peluche ai panini. Sono le
opere forse pi interessanti di Man-

n. 19 VI - 21 maggio 2014

zoni, in cui, attraverso la neutralit


del colore bianco, sempre prevalente, Manzoni cerca uno spazio totale.
Secondo la definizione stessa data
dallartista, sono "superfici acrome",
senza colore, aperte a infiniti significati possibili. Inizialmente fatti di
gesso, colla e caolino, gli Achrome
non sono manipolati, ma lasciati asciugare naturalmente, affidando la
trasformazione del materiale in opera darte a un processo che avviene
da s. Se per Fontana o Pollock il
gesto dellartista era fondamentale,
costruiva o distruggeva lopera, per
Manzoni quel potere creativo
bloccato, congelato, lasciando questo dono allopera stessa.
Altro filone affrontato quello della
linea: strisce di carta di diverse lunghezze prodotte in maniera meccanica, misurate, inscatolate e pronte
per la vendita, cos come pronte
per il consumo erano le uova sode
che Manzoni cre per un happening
in galleria dal titolo Divorare larte,
del 1960: uova sode, simbolo di rinascita, erano offerte ai visitatori per
essere mangiate. Lo scopo era
quello di rendere lo spettatore opera

darte, renderlo partecipe della performance, dargli un ruolo attivo nella vita artistica. Le uova rimangono
poi protagonista dellopera di Manzoni, quando in quello stesso anno
decise di contrassegnarle con la
sua impronta digitale, creando
unidentit inequivocabile tra lopera
e lartista stesso.
Manzoni non era nuovo a questo
tipo di exploit, tanto che lanno dopo
decise di firmare i corpi di spettatori
e curiosi, con tanto di autentica e
bollini riconoscitivi. Lo spettatore
diventa arte vivente.
In mostra completano la panoramica anche i celebri fiati dartista, i
corpi daria (palloncini gonfiati che
sembrano sculture) e le basi magiche per le cosiddette sculture viventi.
Certo lopera che tutti si aspettano
la serie delle Merde dartista, in cui
Manzoni polemizza contro il nuovo
mercato dellarte, sempre pi attento ai meccanismi economici e sempre meno alloggetto artistico in s.
Ecco perch con unoperazione
quasi duchampiana, Manzoni insegna che, ai giorni nostri, tutto pu

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ormai essere considerato arte, a
discapito della qualit e del contenuto . Ecco perch decise di
vendere queste confezioni a peso
doro (700 lire al grammo, indicandolo in trenta grammi doro).
Artista che ammicca mentre bacchetta, con le sue opere ha decontestualizzato e ribaltato il senso

dellopera darte. Lallestimento non


brilla per inventiva, ma almeno ha il
pregio di presentare fotografie
dellartista allopera e citazioni dello
stesso, attraverso le quali si potr
comprendere pi a fondo luniverso
di questa meteora dellarte italiana
che ebbe per un ruolo di rottura
con larte del suo tempo.

Piero Manzoni 1933 1963 Palazzo Reale Fino al 2 giugno 2014 Orari: luned 14.30-19.30 da marted a
domenica 9.30-19.30 gioved e sabato 9.30-22.30 biglietti: Intero
11,00 - Ridotto 9,50

Klimt, Beethoven e la Secessione Viennese


Gustav Klimt il maestro indiscusso
della Secessione viennese, movimento artistico sviluppatosi tra la
fine dell800 ed esauritosi alla fine
degli anni 10 in Austria e che dilag
anche in citt come Monaco e Berlino. uno degli artisti pi amati,
ammirati e idolatrati di sempre, bench il corpus delle sue opere sia relativamente esiguo, 250 lavori circa.
Nulla a confronto della prolificit di
artisti come Picasso, Warhol o Kandinsky, per citare solo alcuni degli
artisti ospitati di recente a Palazzo
Reale.
Ed proprio qui che da mercoled
12 marzo sar possibile scoprire e
ammirare anche i capolavori del
maestro viennese. Klimt. Alle origini di un mito lultima mostra promossa dal Comune di Milano e dal
Sole24 Ore.
bene dire fin da subito che non
una monografica su Klimt, ma piuttosto una panoramica su Klimt, sui
fratelli Georg e Ernst e su alcuni
degli artisti pi significativi della Secessione. Di lavori puramente klimtiani ce ne sono una ventina. Piuttosto quella proposta da Palazzo Reale una mostra, con un allestimento
molto accattivante e suggestivo, con
opere notevoli e lavori che faranno
capire il senso di quella straordinaria rivoluzione artistica che va sotto
il nome di Art Nouveau, Art Dec o,
appunto, Secessione.
Il motivo presto spiegato. I capolavori di Klimt non sono pi assicurabili, spiega il curatore della mostra, Alfred Weidinger, che cura
lesposizione insieme a unaltra
grande esperta klimtiana, Eva di
Stefano. I premi assicurativi sono
altissimi, le opere troppo significative perch i musei se ne possano
separare con facilit. Retrospettive
importanti a livello numerico sono
ormai rarissime. Per gli amanti dei
numeri basti ricordare che 'Il ritratto
di Adele Bloch Bauer' fu acquistato

nel 2006 da Ronald Lauder per 135


milioni di dollari, diventando uno tra
i quadri pi costosi di sempre.
Nonostante tutto le opere in mostra
sono comunque tante, un centinaio,
divise in sezioni. Si inizia con la sezione sulla famiglia Klimt, significativa perch mostra qualcosa di forse
poco noto, lorigine della vocazione
artistica del maestro. Il padre, orafo,
passa ai tre figli maschi la passione
e la pratica dellarte, che i ragazzi
portano avanti studiando presso la
Kunstgewerbeschule (scuola d'arte
e mestieri), dove si esercitano in
pittura e in svariate tecniche, il tutto
ancora seguendo uno stile storicista
ed eclettico. Particolare attenzione
stata dedicata all'opera giovanile,
alla formazione di Klimt e ai suoi
inizi come decoratore dei monumentali edifici di rappresentanza
lungo il nuovissimo Ring di Vienna.
La sezione successiva dedicata
alla Kunstler-Compagnie, la Compagnia degli Artisti che Klimt cre
con i fratelli Ernst e Georg insieme a
Matsch, e alla quale vennero affidate prestigiose commissioni ufficiali e
onorificenze, riprendendo e portando avanti lo stile pomposo del loro
maestro Hans Makart.
Ma il nuovo stava per arrivare. Abbandonato lo stile storicista Gustav
Klimt e compagni, nel 1898, dopo lo
scandalo causato con i dipinti per
luniversit di Vienna (bruciati in un
incendio ma riproposti in mostra
tramite incisioni) inaugurano la prima mostra della Secessione viennese, con la pubblicazione della rivista ufficiale, Ver Sacrum. lanno
in cui larchitetto Otto Wagner crea il
famoso Palazzo della Secessione,
decorato internamente dagli stessi
artisti.
in questo ambito che nascono alcuni dei capolavori esposti, come la
bellissima Giuditta II. Salom, prestito della veneziana Ca' Pesaro,
Adamo ed Eva, Acqua Mossa, Fuo-

chi fatui (una chicca di collezione


privata difficilmente prestata in mostra) e altre opere preziose, ricche
di decorazioni eleganti e sinuose, in
cui il corpo femminile diventa protagonista. La donna prima madre poi
femme fatale, intrigante e sensuale,
portatrice di estasi e di tormento il
soggetto prediletto da Klimt.
Paesaggi (con lincredibile Girasole)
e ritratti sono altre sezioni della mostra, disseminate qua e l dagli
straordinari disegni su carta. Opere
che mostrano tutta labilit del grande maestro che con un solo tratto di
matita riusciva a creare un languido
corpo femminile.
Ma varrebbe il costo del biglietto
anche solo la straordinaria ricostruzione del Fregio di Beethoven, a
met percorso, ispirato dalla nona
sinfonia del musicista e creato per il
Palazzo della Secessione di Vienna.
Copia dell'originale, irremovibile e
danneggiato, realizzata durante il
complesso lavoro di restauro compiuto negli anni 70-80, stato ricostruito cos come Klimt laveva allestito nel 1902, con 7 pannelli di 2
metri di altezza per 24 di lunghezza.
Tributo a un musicista considerato
leggendario dagli artisti viennesi, il
Fregio rappresentata leterna contrapposizione tra il bene e il male, il
viaggio delluomo - cavaliere e
laspirazione al riscatto e alla salvezza possibili solo attraverso larte,
rappresentata dalla donna; unopera
forte di quel messaggio allegorico
sempre presente nelle opere di
Klimt. Maestro indiscusso di eleganza e raffinatezza.
Klimt. Alle origini di un mito Palazzo Reale, fino al 13 luglio Aperture e costi: Luned dalle ore 14:30
alle ore 19:30, da marted a domenica dalle ore 9:30 alle ore 19:30,
gioved e sabato orario prolungato
fino alle ore 22:30 Biglietto intero 11
euro, ridotto 9,50.

105 disegni di grandi artisti per il Museo Diocesano


Una nuova collezione arricchir il
gi nutrito percorso artistico del Museo Diocesano di Milano. Da venerd 24 gennaio sar infatti possibile

n. 19 VI - 21 maggio 2014

ammirare un nuovo lascito, esposto


insieme alla collezioni vescovili e
della diocesi, donato al Museo dal
grande collezionista e uomo daffari

Antonio Sozzani. Centocinque disegni, perlopi inediti, saranno esposti


in maniera permanente dopo un
lungo restauro che ha visto prota-

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gonisti non solo queste preziose e
delicate opere, ma anche le loro
cornici originali.
Sozzani, uomo di spicco della finanza milanese e grande collezionista
di arte dellOttocento francese, su
consiglio di Giovanni Testori, amico
e consigliere, inizia a comprare e
collezionare disegni su carta di molti
significativi maestri, italiani e non,
mettendo insieme una ricca collezione di cui Testori stesso assunse
la guida scientifica.
Forse fu su consiglio di un altro amico, quellAlberto Crespi gi donatore dellomonima collezione Crespi
di fondi oro italiani, depositata presso lo stesso Diocesano, che Sozzani decise di donare anche i suoi disegni al Museo. Con delle clausole
ben precise: i disegni dovevano essere esposti tutti e tutti insieme, con
le loro cornici, e mai conservati o
esposti diversamente.

La raccolta Sozzani costituita da


disegni databili dal XV al XX secolo,
eseguiti da artisti principalmente italiani e stranieri, soprattutto francesi,
offrendo una ricca variet di fogli
riconducibili a scuole diverse, per
epoca e geografia. Tra questi, per la
sezione antica, spiccano i nomi di
Matteo Rosselli, Luca Cambiaso,
Bartolomeo Passarotti, Ludovico
Carracci, Guercino, Elisabetta Sirani, Gian Lorenzo Bernini, Carlo
Francesco Nuvolone, Francisco
Goya, e altri ancora.
Cospicuo anche il nucleo di disegni attribuiti a maestri dellOttocento
francese e dellImpressionismo,
come Jacques Louis David, JeanAuguste-Dominique Ingres, Camille
Corot, Eugne Delacroix, Thodore
Gericault, Gustave Courbet, douard Manet, Auguste Rodin, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir,
Camille Pisarro, Paul Gauguin, Vincent van Gogh.

Per il Novecento sono presenti alcuni lavori di autori quali Lucio Fontana, Jaques Lipchitz, Marcello Dudovich, Jean Cocteau, Balthus, Toti
Scialoja, Graham Sutherland.
Lapertura di questa nuova sezione
sar accompagnata da un catalogo
scientifico, a cura di Paolo Biscottini
e Giulio Bora, che propone, oltre ai
saggi introduttivi sulla storia e sullo
studio scientifico della collezione
Sozzani, la pubblicazione integrale
dei disegni, quasi tutti inediti, corredata da una documentazione fotografica e da schede scientifiche.
La collezione Antonio Sozzani Museo Diocesano di Milano (Milano,
c.so Porta Ticinese 95)
Dal 24 gennaio 2014 Orari di apertura: marted - domenica, 10.0018.00 (la biglietteria chiude alle ore
17.30) Ingresso: intero: 8.00, Ridotto: 5.00, marted 4 euro

Perch il Museo del Duomo un grande museo


Inaugurato nel 1953 e chiuso per
restauri nel 2005, luned 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto
le sue porte e le sue collezioni il
Grande Museo del Duomo. Ospitato
negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo
del Duomo si presenta con numeri e
cifre di tutto rispetto. Duemila metri
quadri di spazi espostivi, ventisette
sale e tredici aree tematiche per
mostrare al pubblico una storia fatta
darte, di fede e di persone, dal
quattordicesimo secolo a oggi.
Perch riaprire proprio ora? Nel
2015 Milano ospiter lExpo, diventando punto di attrazione mondiale
per il futuro, cos come, in passato,
Milano stata anche legata a doppio filo a quelleditto di Costantino
che questanno celebra il suo
1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la
Veneranda Fabbrica ha scelto di
inserirsi in questa felice congiuntura
temporale, significativa per la citt,
dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.
Il Museo un piccolo gioiello, per la
qualit delle opere esposte cos
come per la scelta espositiva.
Larchitetto Guido Canalico lo ha
concepito come polo aperto verso
quella variet di generi e linguaggi
in cui riassunta la vera anima del
Duomo: oltre duecento sculture, pi

n. 19 VI - 21 maggio 2014

di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da
monumentali gargoyles - doccioni,
tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto
e il calice in avorio di san Carlo; si
possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso

un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture


che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potr gustare
il Paliotto di San Carlo, pregevole
paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto,
con bozzetti e sculture in terracotta;
per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che pi che
un congegno in ferro del 1700,
sembra unopera darte contemporanea. E al contemporaneo si arriva
davvero in chiusura, con le porte
bronzee di Lucio Fontana e del
Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.
Il Duomo da sempre il cuore della
citt. Questo rinnovato, ampliato,
ricchissimo museo non potr che
andare a raccontare ancora meglio
una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della
prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in
quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che il Duomo
stesso.
Museo del Duomo Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero
6 euro, ridotto 4 euro Orari: MartedDomenica: 10.00 -18.00.

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GALLERY

VIDEO

CURZIO MALTESE : UN GRANDE PIANO PER IL LAVORO EUROPEO


http://youtu.be/DoXIw2H5HtM

n. 19 VI - 21 maggio 2014

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