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numero 43 anno VI 10 dicembre 2014


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M4, IL COMUNE E IL BENEFICIO DELLINVENTARIO


Luca Beltrami Gadola
Da qualche settimana sulla M4 anche la stampa quotidiana cittadina si
mossa e ha innescato il dibattito
su due fronti: lopposizione dei residenti al cantiere di via Solari da un
lato e gli oneri finanziari per il Comune per la realizzazione delle opere e per la successiva gestione della
nuova linea. Alla delibera di Giunta
sulla M4, per la quale si astenuta
lassessora Balzani e dalla quale ha
preso le distanze lassessore DAlfonso, ha fatto seguito una richiesta
del Presidente del Consiglio Comunale di discussione o quantomeno
illustrazione del provvedimento in
Consiglio. Interpellata, la Segreteria
Comunale ha risposto due cose:
non necessaria una discussione in
aula perch la M4 unopera prevista da un decreto legislativo come
essenziale allevento(!) e dunque
una di quelle per le quali liter di approvazione pu esser derogato e
perch non si poteva correre il rischio di sforare il termine del 31 dicembre per il cosiddetto closing finanziario.
Sono doverose alcune osservazioni
su questa vicenda tipica della way
of life italiana. Derogare a una norma di legge o a parte di esse non
un obbligo ma una facolt e dunque
la scelta di farlo ha un estremo valore politico, soprattutto se si tratta di
evitare una discussione pubblica. Di
questa discussione pubblica se sente la necessit perch oltre a quello
che la Repubblica ha pubblicato venerd scorso, ci sono ancora molti
aspetti della vicenda che vanno
chiariti oltre ai costi dellopera e al
tipo di convenzione sottostante.
Per una Giunta non esiste il cosiddetto beneficio dellinventario nei
confronti delleredit - il diritto di
guardarci dentro prima di accettare leredit che le ha lasciato chi lha

preceduta e non esiste nemmeno la


possibilit secca di rinunciarvi: quel
che c c. Tuttavia non si pu nascondere un certo tardivo rammarico: la nuova Giunta milanese dopo
qualche mese dallinsediamento avrebbe forse potuto far capire alla
citt quale difficile lascito le toccava,
in particolar modo il contratto capestro con il consorzio di imprese per
la M4, per non parlare di Expo
2015, e cominciare ad attribuire
qualche responsabilit prima che il
tempo annacquasse tutto. Non sarebbe stata una prassi consueta?
Forse ma certo un segno di discontinuit col passato.
La vicenda della M4 parte dagli ultimi fuochi della Giunta Albertini,
traversa tutta la Giunta Moratti e i
cittadini ne hanno saputo poco salvo quel che nelle sue campagne
elettorali strillava donna Letizia. Solo chi fosse passato dalle parti
dellaeroporto di Linate nel marzo 2012 si sarebbe accorto che
qualcosa si muoveva vedendo la
demolizione del parcheggio aeroportuale e la comparsa dei primi
cartelli di cantiere. Ci vogliono due
anni da allora perch il 24 marzo
2014, dopo la consegna delle aree
di cantiere nel 2013 lungo la via
Forlanini, vengano finalmente calate
le due frese che dovranno scavare
la prima tratta da Linate a Forlanini
FS della M4. Si festeggia.
Alla cerimonia di allora non poteva
mancare il ministro Lupi che cova
aspirazioni a sindaco e che saltando
di partito in partito ma sempre ministro dei Trasporti, attore di peso in
tutta la vicenda, ingarbugliata sopratutto per lintreccio con Expo 2015
che di pasticci ne colleziona parecchi. Promette soldi - 172 milioni
col governo Letta - ma nel promettere questi ultimi fissa una data fatidi-

ca per la loro concessione: il 31 dicembre 2014 per la chiusura del


closing, ossia laccordo tra le banche e il consorzio di imprese per il
finanziamento dellopera. Vuol portare a casa lopera fin che gli serve.
Lultima boa nella navigazione di M4
in luglio, quando il Responsabile
del procedimento (RUP) segnala
che il consorzio era inadempiente e
che si sarebbe potuto rescindere
questo contratto capestro ma la
Giunta tra un mal di pancia e laltro
decide di andare avanti.
Sono le ragioni di questa decisione
che vanno chiarite fino in fondo con
una illustrazione in aula perch ognuno si assuma le sue responsabilit.
Tra i sostenitori dellavanti a tutti i
costi qualcuno dice che la maggioranza dei cittadini favorevole. Vorrei ben vedere! Chi non lo sarebbe?
Bisogna per anche dire agli stessi
cittadini e con chiarezza, quanto coster e a che cosa saranno chiamati
a rinunciare visto che il bilancio del
Comune non il pozzo di San Patrizio. Tra i sostenitori, poi, c chi
mette in campo nuovi posti di lavoro. Sommessamente ricordo che in
questo genere di opere pubbliche
lincidenza della mano dopera la
pi bassa che in qualunque altro
caso: meglio pensare a rammendare le periferie o proteggere il territorio, opere dove lincidenza della
mano dopera invece molto alta.
So che mi si risponder che i soldi
che arriveranno sono finalizzati esclusivamente alla M4 e qui vorrei
aprire un altro fronte: perch una
citt come Milano, che avrebbe tutti
i diritti di pretendere investimenti
nazionali sul suo territorio, deve avere chi decide per lei sul cosa si
deve fare? Ne parliamo unaltra volta.

MAFIA CAPITALE, RENZI E L'ACCOUNTABILITY


Massimo Cingolani
Non colpa mia, ma di chi ha governato prima, colpa della Regione che non ha consultato il Comune
e viceversa, questo il comportamento bi-partisan di chi amministra
verso gli ultimi eventi catastrofali,
oppure come nel caso di Roma le
affermazioni sono: non mi sono accorto di niente, oppure son qui da
tre mesi, non ho visto chi cera a
tavola.
il contrario dellaccountability che
cos spiegata: nel campo della

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governance, si riferisce all'obbligo


per un soggetto di rendere conto
delle proprie decisioni e di essere
responsabile per i risultati conseguiti.
Il concetto si espanso oltre il suo
significato di base, "essere chiamato a rendere conto delle proprie azioni, e pu essere descritto come
una relazione tra pi gruppi o individui in cui "A" soggetto ad accountability verso "B" quando A: * obbligato a informare B delle sue a-

zioni e decisioni (anche passate o


future); * pu essere chiamato a
giustificarle; * pu essere sanzionato rispetto a queste decisioni".
Si applica a soggetti pubblici o a
soggetti che hanno responsabilit
verso una collettivit. Rimanda al
dovere - dei decision makers - di
rendere conto delle loro scelte, azioni, politiche, e di rispondere delle
conseguenze. Riconosce alla collettivit il diritto di essere informata di
tali decisioni, di criticarle e di avere

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risposte. Oltre agli aspetti di rendicontazione, l'accountability presuppone dunque anche trasparenza (i
decision-makers devono rendere
pubbliche le loro decisioni e motivazioni) e partecipazione (devono esistere spazi pubblici per la comunicazione, la critica, il contraddittorio).
Come affermato nella premessa,
questo concetto per il momento
estraneo completamente alla politica italiana, sia a sinistra come a destra.
Anche nelle aziende, anche in quelle dove sono presenti codici etici,
che impongono di usare carta riciclata e di non accettare neanche un
caff da un fornitore, ma non di
vendere titoli tossici, far produrre da
aziende che sfruttano bambini, dare
tangenti perch si glocal e ci si
deve adeguare al tessuto culturale,
anche se corrotto, c sempre una
deroga per qualcuno, per qualche
amico degli amici; per, se questi

aspetti non rimangono limitati a una


piccola percentuale il mercato punisce. La storia del fallimento di tanta
imprenditoria italiana dato anche
da questo.
La novit di Renzi che, per la prima volta, non si parla di complotti,
non si giustifica ma si commissaria
una federazione dove responsabile chi non si accorto di niente,
proprio per quella motivazione che
in un normale consiglio di amministrazione coinvolge anche gli onesti
per omessa vigilanza, una notevole differenza rispetto a come ci si
comportati a Milano con il caso Penati.
Ritorna il concetto di rottamazione,
che il contrario del riciclo, per le
classi dirigenti che falliscono gli obiettivi, o che, pi semplicemente,
rubano. Non c autocritica o pentimento che possa rimediare agli errori fatti.

Una maggiore credibilit della politica necessaria per poter riportare


la gente a votare, se non lo si far,
molto probabilmente il PD vincer
ancora come in Emilia, per competere alle primarie baster fare come
a Roma, organizzare immigrati e
rom e con il 51% del 30% governeremo. Poi questo paese avr il
rating che si merita, o no?
Per quanto riguarda la destra, che
civile e onesta, sarebbe una ricchezza per il paese, per il momento
non si vedono possibilit, se pensiamo che Alemanno soltanto una
settimana fa era a organizzare manifestazioni contro i campi nomadi
sui quali lucravano i suoi camerati.
Un problema in pi, per il centrosinistra, che, se non trova dei correttivi anticorruzione, rischia di governare senza controllori e di solito, come
le aziende senza concorrenza non
producono novit, si soffoca e si lascia il campo a pericoli peggiori.

FONDI IMMOBILIARI: MIRACOLO A MILANO, SPERIAMO


Giuseppe Bonomi
Circa 30 anni fa nascevano in Italia i
Fondi
di
investimento
chiusi
(l.77/83), che possiamo intendere
come riferimento temporale del pi
ampio processo di affermazione del
mondo della finanza nelleconomia
moderna; inoltre proprio questanno
compiono 20 anni i Fondi Immobiliari chiusi (l.86/94). In questo arco
temporale Milano stata permeata,
condizionata, dalla finanziarizzazione di cui tali Fondi sono stati
uno strumento efficace e sostanzialmente trasparente. Questa duplice ricorrenza avviene in una fase
di mercato che non pu pi essere
considerata congiunturale, e fa intravedere una sorta di cambiamento
strutturale del mercato immobiliare
e pi ancora delle nuove dinamiche
di sviluppo urbano: zero consumo di
suolo (che peraltro in Milano poco
rilevante), recupero edilizio, recupero urbano, recupero delle periferie
(ora quanto mai urgente), recupero,
recupero, recupero.
Come cambiata Milano, quali sono state le dinamiche di trasformazione, tema complesso che provo
(con timore) a sintetizzare: concentrazione di terziario finanziario in
centro (banche, e attivit finanziarie,
loro indotto professionale, servizi),
nuove attivit produttivo - creative
nelle zone di recupero urbanistico,
rafforzamento di pochi assi di terziario commerciale, servizi e tempo
libero in zone interstiziali (sempre di
recupero) e poi zone intermedie

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(semicentro o semiperiferie) senza


indirizzi.
Gli edifici pi rilevanti di questo processo sono sempre pi frequentemente patrimonio di Fondi Immobiliari: questo ventesimo compleanno
riguarda i Fondi di diritto italiano,
certamente predominanti e stabili,
ma le dinamiche di finanziarizzazione del real estate coinvolgono anche fondi (soggetti finanziari) stranieri, che compaiono sul mercato in
fasi cicliche: quindi pi opportuno
parlare di operatori finanziari (di cui i
Fondi sono strumento non pensante) italiani e stranieri.
Come hanno influito tali soggetti
nella trasformazione urbana, sono
stati protagonisti attivi o comparse
di tale processo? Gli investitori predominanti sono fondi core, che per
loro natura hanno un ruolo poco attivo in tali trasformazioni, inserendosi in realt stabili e consolidate:
non sono loro gli attori della trasformazione urbana. Poi ci sono
soggetti opportunistici che sfruttano fasi congiunturali vantaggiose,
ma difficilmente entrano nella trasformazione del territorio. Di fondi
di sviluppo non sembrano pervenute notizie, specie se si parla di
trasformazione urbana.
Oggi la maggiore preoccupazione
della finanza immobiliare sembra
essere, quella di costruire un turnover dei patrimoni posseduti dai loro
Fondi in scadenza: comprensibile
e necessario, ma occorre andare

oltre questa fase di scambio di figurine.


Possiamo volentieri parlare di Porta
Nuova, e forse anche di CityLife,
come esempi di positiva trasformazione urbana, magari anche ricordando Bicocca e Bovisa segnate la
prima da uno sfibrante percorso urbanistico e la seconda da una
frammentariet data da una regia
distratta.
Ma questi sono esempi di progetti
immobiliari economici prima che
finanziari, costruiti da idee che hanno sposato opportunit e hanno
creato progetti prima economici e
poi architettonici e utilizzando la
finanza - necessaria e vitale - per
attuarli. Altri quartieri hanno visto
trasformazioni importanti (esempio
a caso: area di vie Savona - Tortona) che hanno visto la partecipazione della finanza immobiliare e dei
Fondi - strumento, ma con interventi
su opportunit giacenti.
C stata (e persiste) una deformazione nellaccettare che la finanza
immobiliare assumesse una centralit funzionale ben pi pervasiva di
un ruolo di strumentalit a progetti
economici, funzionali alla concretezza delle citt ( leffetto settoriale
della deformazione creata dai mercati finanziari nelleconomia globale).
Se la trasformazione - visibile e
tangibile - di Milano in questi vent
anni, stata solo cavalcata opportunisticamente dalla finanza immo-

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biliare e dai Fondi, quale stato il
rapporto tra questi e lurbanistica (e
amministrazione in genere)? assoluta diffidenza reciproca (e paradossale esempio sono proprio i Fondi
ad apporto del Comune di Milano,
poco brillanti esempi del genere sia
per gli scopi che per i metodi).
I Fondi Immobiliari pubblici sono i
grandi assenti dallo scenario (non
considerando quelli statali o di Cassa Depositi, che seguono altre loro
logiche) che pur sarebbero oggi gli
unici in grado di attuare politiche di
trasformazione del territorio: ma
mancanza di competenza, disinteresse, pastoie burocratiche impedi-

scono perfino di concepire interventi


di questo tipo, con la politica che
vive di breve termine mentre la trasformazione urbana di lungo termine e richiede scelte significative.
Lurbanistica, o meglio, solo una
certa urbanistica dogmatica, ha perso; superando lanarchia dellurbanistica contrattata, oggi forse il suo
principio informatore levoluzione,
tramite il recepimento delle esigenze, delle opportunit e nel riconoscimento degli ostacoli: tutti principi
che animano il concetto stesso di
Piano di Governo del Territorio.
Su questo terreno i Fondi (come
strumento della finanza immobilia-

re), non guidano il cambiamento: lo


seguono e si adattano, senza assumere un ruolo attivo nella crescita
del territorio. Tuttavia sarebbe di
loro competenza, ovvero loro interesse, proporre un dialogo allamministrazione pubblica allo scopo di
costruire processi di lungo termine e
di ampio respiro.
Se i Fondi immobiliari passeranno
oltre la fase dello scambio di figurine con i loro immobili e aiuteranno
la citt a disegnare e guidare la sua
trasformazione, ecco, questo potrebbe essere un bel programma
per i prossimi ventanni.

PIAZZA DARMI IN VIA FORZE ARMATE: LE GIARDINIERE MEGLIO DEL PGT


Patrizia Binda
Le Giardiniere corrono. Siamo nate,
pi di due anni fa, come uno dei Tavoli di donne istituiti dalla Presidente
della Commissione Pari Opportunit
del Comune di Milano, Anita Sonego. Abbiamo scelto come tema la
Salute, distinguendo il termine da
quello di Sanit. Perch colleghiamo la salute alla prevenzione, allo
star bene, cio alle condizioni di vita, a loro volta connesse a terra,
acqua, aria e cibo, elementi fondamentali da cui dipende la nostra esistenza.
Perch Le Giardiniere? Perch abbiamo voluto ispirarci a un gruppo di
donne che nei primi decenni
dell800 si spesero a Milano per la
causa risorgimentale. Noi, come loro, senza enfasi ma con passione,
scommettiamo su una Milano capace di cambiamento e di sguardo al
futuro. Nel nostro caso un futuro libero dai retaggi di un passato urbanistico in cui il suolo stato troppo
spesso oggetto di occupazione selvaggia che ha tolto alla citt respiro
e salute.
Il tema di Expo ci ha sollecitato a
ipotizzare un progetto volto a fermare il consumo di suolo con particolare attenzione al cibo, alle sue modalit di produzione e alla riduzione
della filiera alimentare.
Abbiamo da subito individuato lidea
di un bioparco agro pastorale, cio
di un piccolo ecosistema urbano
che ricongiungesse citt e campagna, una penetrazione della fascia
agricola periurbana dentro i confini
della citt, un sito di biodiversit ma
anche di green economy, una risorsa economica che crei lavoro e servizi, un esperimento per dimostrare
nei fatti come la natura che nutre in
modo sano e a filiera corta possa
coesistere con la citt e darle respiro. Che diventi anche un laboratorio

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di studio e sperimentazione, un
format estendibile ad altre realt urbane.
Abbiamo creato relazioni con associazioni, professioniste/i, residenti,
che sia hanno condiviso idealmente
il nostro progetto sia sono entrati a
farne parte con i loro contributi e
idee.
E abbiamo individuato in citt un
luogo ideale, la Piazza dArmi della
caserma Perrucchetti , una vasta
area di circa 60 ettari, dismessa dal
Ministero della Difesa ,in zona 7.
Era sito di esercitazioni militari, cessate da circa trentanni, e quello che
prima era un campo spoglio, brullo
e pietroso, ha visto una rinaturalizzazione spontanea. Nel corso degli
anni stata riabitata da pioppi, salici, robinie, vegetazione e fauna
stanziale, che costituiscono quel
terzo paesaggio che Gilles Clment
ha definito come il terreno di rifugio
della diversit, respinta dagli spazi
dominati dalluomo.
Questarea attualmente oggetto di
un protocollo dintesa tra il Comune
e il Ministero della Difesa che ne
chiede un piano di riuso, con un ritorno economico, in cambio della
cessione. Il rientro economico deriverebbe dalla edificabilit del 50%
consentita dallattuale PGT.
Ma noi abbiamo trasformato questo
acronimo secondo una filosofia e
una pratica che prevede una diversa visione di citt del futuro, dove i
pochi vuoti rimasti rimangano spazio aperto, dove prevalga la cultura
del riuso, dove un grande terreno
verde non diventi lennesimo giardino condominiale diffuso a servizio di
una nuova lottizzazione. Inutile in un
mercato dellimmobiliare saturo fermo, e dannosa sia perch sottrae
ulteriore suolo rendendolo impermeabile sia perch porta con s

nuovo indotto di traffico cittadino. Il


nostro nuovo PGT acronimo di
Progetto Generativo di Trasformazioni.
Che cosa proponiamo? Che il verde
venga riabitato da funzioni verdi e
che si utilizzi come edificato ci che
gi lo , cio tutta larea dei magazzini, circa 60.000 mq, ristrutturando
o ricostruendo. Perch laddove ci
sono le api, le lucciole, il tritone, il
rospo smeraldino e il germano reale
c un ambiente che produce salute.
Le funzioni individuate sono varie, e
altre ancora sono individuabili, con
una progettazione aperta ad altri
contributi compatibili con il nostro.
Alcuni dei quali gi presentati da
altri al Consiglio di Zona 7. Una
gamma di possibilit attuabili e variabili in funzione dei finanziamenti,
degli sponsor e dei gestori che entrassero in gioco. Alcuni gi individuati.
Abbiamo ipotizzato per larea verde:
il mantenimento dellattuale campo
di polo, da destinare eventualmente
anche a pascolo, un grande campo
agricolo, la regolamentazione degli
esistenti orti urbani abusivi, una zona umida, un orto botanico per specie orticole di particolare natura e un
orto/catalogo della biodiversit delle
diverse specie vegetali alimentari
lombarde, la conservazione e valorizzazione di parte della vegetazione spontanea e non produttiva, come memoria di terzo paesaggio,
con linserimento di altre essenze
arboree, percorsi per renderla fruibile, prevista anche come area di studio botanico/forestale. Per i restanti
18 ettari si svilupperebbe un vero e
proprio Parco Urbano con percorsi
interni e area di sosta e ristoro. Corredato da attivit culturali quali il
Parco Letterario (con lassociazione
Quarto Paesaggio), installazioni di

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Arte sostenibile, percorso didattico
su innovazione ambientale, casa
dellacqua.
Parte degli attuali magazzini, di cui
alcuni sottoposti a vincolo architettonico diventerebbero sede di diverse funzioni e attivit, a seconda degli interessi e delle richieste. Potrebbe esserci agrinido, ostello, caseificio e luoghi di trasformazione
dei prodotti agricoli e pastorali, mercato dei prodotti, officina del riciclo e
del riuso, punto di aggregazione per
anziani. Ma il progetto pi ambizio-

so sarebbe quello di creare un Istituto Tecnico Agrario orientato allo


studio del biologico e della biodiversit, che governi la produzione agricola come azienda.
Tutte queste attivit dovrebbero garantire lautosufficienza del sistema
parco, ma ovvio che per la loro
realizzazione occorrono sponsor e
finanziatori disposti a investire nel
progetto. Il che potr succedere solo quando la volont politica di Comune e Ministero permetter di farlo
accogliendo la proposta.

LExpo del 1906 ha regalato alla citt il Parco Sempione, gi Piazza


dArmi del Castello. Vorremmo che
lExpo 2015 ci lasciasse in eredit
una nuova trasformazione di Piazza
dArmi, inserita in un contesto pi
attuale e futuro di metropoli agricola
e in sintonia con il tema del nutrire
il pianeta. Esercitazioni di guerra
che lasciano il campo a energie di
pace per la vita.
per Le Giardiniere

S AI GRATTACIELI MA ATTENZIONE A NON LASCIARE SMAGLIATURE URBANE


Paolo Favole
Dopo settanta anni di incarichi,
concorsi, varianti, destinazioni (borsa si e no, secondo palazzo della
Regione si o no, ma intanto esposto
anche a Mosca), qualche scandalo, proteste, dibattiti, accelerazioni e frenate, nell'area delle exVaresine (impropriamente Garibaldi) si attuata la previsione del
PRG del '53: centro direzionale con
grattacieli ...! (mio padre, ingegnere, allora mi portava in bicicletta a
vedere le demolizioni e mi diceva
"qui verranno i grattacieli come a
New York dove vivono gli zii").
Negli anni larea diventata il nodo
pi infrastrutturato di Milano, preparando (in modo sotterraneo, forse
sfuggito agli oppositori) una variante con i volumi terziari e residenziali
di lusso che vediamo oggi: era inevitabile.
A opere finite il mio giudizio sull'assetto urbanistico positivo perch
si data forma con tipologie coerenti a una "isola" urbana omogenea identificata e distinta dalle trame urbane circostanti, senza strappi, risolvendo un vuoto che era impresentabile da cinquanta anni. Attuazione dovuta, senza commenti,
a un investitore americano.
Un'isola di concentrazione come mi
sembra sia la miglior soluzione urbana; dal Loop di Chicago, con i
primi grattacieli, a California square
a Los Angeles in una citt per decine di kilometri tutta bassa, alla Dfense a Parigi, che un'isola fuori
dalla compatta citt ottocentesca, a
Dubai che un'isola nel deserto, a
Honk Kong che fisicamente un'isola, a Shanghai sponda destra del
fiume. Non cito New York e Shanghai, sponda sinistra, perch l grattacielo diffuso: 3000 in dieci anni.
Se posso permettermi un'osservazione mi sembra eccessivo il vuoto
verso la Regione e il bosco verticale: avrei preferito una maggiore
densificazione (absit iniuria verbis)

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e una diversa distribuzione degli


spazi di mitigazione. L'altro elemento che apprezzo l'attacco a terra,
per la piazza in quota e i collegamenti pedonali verso i quartieri intorno: un elemento di contestualizzazione raro anche nelle isole citate. Si poteva fare di pi? Seguendo
l'onda di moda si poteva scoprire la
Martesana (che un'operazione
abbastanza facile) rivedendo il sistema del traffico e delle strade (operazione meno facile).
Soprattutto si lasciata immediatamente al margine non progettata
la piazza interrata della stazione
Garibaldi, che conserva laspetto
provvisorio, non finito, irrazionale e
ancora peggio tutto il lato della stazione, con vetrine abbandonate e
muri graffitati malamente: si passa
dal nuovo, lucente, tecnologico, di
lusso, a un impresentabile abbandono. Non so se toccasse provvedere alloperatore privato o a qualche ente pubblico o a una convenzione, ma da rimediare (non per
lExpo, ma per noi cittadini).
Un gruppo anche ridotto di grattacieli modifica il profilo della citt: ma
non mi sembra che quello precedente fosse cos pregevole da non
accogliere varianti e non mi sembra
che le torri preesistenti - Pirelli, Galfa, Velasca, Porta romana - ne abbiano sofferto. Mi sembra una normale evoluzione della citt.
In quanto allarchitettura certo che
il grattacielo un tipo universale e
globalizzato, indifferente al sito, oggetto di esercitazioni formali per
trovare una propria identit, infatti
gli autori sono tutti stranieri: ma
questa la condizione generale
dellarchitettura contemporanea dopo il postmoderno. I grattacieli alle
ex Varesine sono tutti edifici molto
caratterizzati formalmente. Sospendo il giudizio sullo spigoloso
Diamante, che lontano dal mio
modo di pensare l'architettura e che

trova, penso, la sua motivazione


nella posizione di testa a fronte della citt costruita. Trovo molto elegante la torre curva di Pelli, per
conformazione e tessitura della facciata, con dettagli raffinati, anche se
poteva risparmiarsi la guglia. Apprezzo il doppio corpo curvo del
grattacielo della Regione, che di
altri americani, Pei e Cobb, per conformazione, per la piazza coperta a
terra e gli attacchi all'edificato. La
torre molto alta e sottile all'incrocio
di Gioia con Liberazione ha un disegno raffinato, ma mi chiedo se
sar facile abitarla e utilizzare balconi tradizionali a quelle quote. Tutti
edifici in vetro secondo la regola
globalizzata contemporanea. Le
torri di Boeri, con una conformazione semplice, hanno un valore in pi
per l'invenzione e la motivazione
ideologica oltre a quella formale:
sono delicate e speriamo che resistano.
A Londra sono autorizzati 300 nuovi
grattacieli isolati, che stravolgeranno il profilo della citt: ma gli inglesi,
empirici e pragmatici, sembra non
protestino: non so quanti a New
York, dove sono ammessi ovunque
o nelle citt orientali.
La storia dei grattacieli in citt a Milano finisce qui: qualche torre isolata mi sembra di scarso rilievo - come la nuova di via Imbonati malgrado una ricerca sulle facciate a
grigliati - perch i grattacieli isolati
devono avere una forte motivazione
come il "torso" di Calatrava a Malm per la forma e la struttura, il
Landmark a Yokohama di Stubbins
perch il pi alto antisismico in
Giappone o la "scheggia" di Piano a
Londra. Da noi non succede.
Alcune nuove torri si stanno costruendo nell'area Nord - Ovest oltre le autostrade, come una mini
Dfense, di diverso valore formale,
ma soprattutto senza un contesto di
coordinamento a terra per spazi,

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mitigazioni e infrastrutture, che mi

sembra urgente.

DOPO EXPO: COME VOLEVASI DIMOSTRARE, MA FORSE ...


Emilio Battisti
Il
bando
di
Arexpo
per
lassegnazione delle aree di Expo
2015, come era prevedibile, andato deserto; la vicesindaco Ada Lucia
De Cesaris ha successivamente
annunciato lintenzione dellAmministrazione comunale di optare per
una gestione pubblica del recupero
di quelle aree; Pisapia e Maroni si
sono accordati per assegnare a Universit Statale e Politecnico il
compito di elaborare un nuovo piano per quel milione di metri quadri
sul quale si svolger, per la durata
di sei mesi, la manifestazione.
Le problematiche emerse negli ultimi giorni richiamano alla mente la
petizione che avevo pubblicato con
Paolo Deganello nel marzo 2009,
sottoscritta da 1500 cittadini di varia
appartenenza politica e competenza
scientifica e professionale. A partire
dalla situazione di degrado e abbandono delle aree nelle quali si
erano svolte le ultime Expo universali europee a Hannover, Lisbona e
Siviglia, quella petizione affrontava
la questione tenendo conto innanzi
tutto della grave crisi economica,
della quale subiamo ancora oggi le
conseguenze.
Crisi economica che appariva la
condizione per rinegoziare con il
BIE la formula della manifestazione,
per cui si proponeva che Milano,
invece di realizzare lExpo dei padiglioni, potesse investire tutte le risorse in un percorso virtuoso verso
una sostenibilit sia ambientale che
sociale, utilizzando quanto gi esiste di edificato e urbanizzato.
Come ricercatore e autore della voce Grandi Esposizioni dellEnciclopedia Universale dellArte posso testimoniare che da quella di Londra
del 1851, questa la prima e unica
volta che la manifestazione viene
realizzata su aree non di propriet
pubblica.
Di conseguenza Arexpo, oggi gravata da un debito con le banche di
160 milioni oltre ad altri 155 milioni
di costi dinfrastrutturazione e altri
oneri. Per cui il bando per lassegnazione delle aree stato pubblicato con un importo a base dasta di
oltre 315 milioni: fattore che ha certamente contribuito, oltre alle rigidit
del piano urbanistico e alla crisi del
mercato immobiliare, a mandare
deserta la gara.
Il pool di istituti di credito dai quali
stato ottenuto il finanziamento dietro
garanzia ipotecaria sulle aree, ave-

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

va chiesto, come effettivamente avvenuto, di andare a gara entro fine


2014 con il proposito di individuare
lo sviluppatore entro la primavera
del 2015. Ma dato che la gara andata deserta bisogner ora rinegoziare termini nuovi con le banche
perch le scadenze dei pagamenti
non potranno essere rispettate.
Ci comporter altri oneri finanziari
oltre a dover rivedere la struttura
societaria di Arexpo con il supporto
delle banche stesse che potrebbero
scendere in campo come promotori
della fase di riqualificazione visto e
considerato che assumono un ruolo
determinante e bisogna quindi rinegoziare in modo totale la loro presenza e il loro sostegno.
Uno scenario questo che non esito
a considerare fin troppo ottimistico e
che potrebbe facilmente essere sostituito da una prospettiva ben pi
negativa con larea e i padiglioni in
abbandono come avvenuto a
Hannover e Siviglia e in minor misura a Lisbona.
Ma c ancora spazio e modo di
scongiurare tale deriva? S, se si
prenderanno decisioni chiare e univoche per evitare che si generino i
soliti conflitti e lo scaricabarile tra
istituzioni perch chiaro che nessuno senza macchia e che tutti,
indipendentemente dalle posizioni
politiche, hanno specifiche responsabilit.
Responsabilit che hanno origine
dal modo in cui il sito espositivo
stato individuato, da come le aree,
originariamente agricole, sono state
rese edificabili aumentandone fittiziamente il valore commerciale, fino
al modo in cui sono state acquistate
attraverso lindebitamento pubblico
nei confronti delle banche, da parte
della Regione, dei Comuni di Milano
e Rho e della Provincia mentre
lente Fiera di Milano partecipa ad
Arexpo esclusivamente mettendo a
disposizione le aree di sua propriet.
In questo sconfortante scenario
liniziativa pi propositiva senza
dubbio rappresentata dalla call per
presentare manifestazioni dinteresse alla quale hanno partecipato
quindici soggetti di varia natura con
proposte esposte e discusse in occasione del convegno che si tenuto nel novembre dello scorso anno
che sembrava lavvio di una fase di
consultazione condivisa e partecipa-

ta alla quale non si per dato seguito.


Tra le proposte selezionate per una
discussione pubblica vi anche
quella del nostro gruppo di opinione
che comprende un pool di competenze diversificate (oltre a me architetto e urbanista; Marco Vitale, economista dimpresa; Francesca Battisti, architetto; Fiorello Cortiana, organizzatore dei convegni Condividi
la Conoscenza; Giovanni Battista
Costa, responsabile strategia e sviluppo di Costa Edutainment; Gianfausto Ferrari, imprenditore e creatore di imprese, presidente di Superpartes Innovation Campus; Carlo Montalbetti, dirigente dazienda;
Pier Paolo Poggio, direttore generale della Fondazione Musil di Brescia; Giorgio Spatti, ingegnere specialista in trasporti e logistica).
La nostra proposta sottolinea
lesigenza di una forte guida pubblica del progetto per lutilizzo intelligente delle aree in continuit con i
temi dellExpo, affermando: Consegue che la guida strategica
dellintero sito deve essere caratterizzata da questo tema e, perci,
deve rimanere a maggioranza pubblica, anche se singole articolazioni
possano, in una certa misura, essere diverse e debbano essere concesse a privati per la realizzazione,
il finanziamento e la gestione.
Si pone per lesigenza che tale
guida strategica unitaria possa esprimersi con efficienza e flessibilit
e sfuggire alle note rigidit e pericoli
di una gestione pubblica. Perci essa deve, inequivocabilmente, porsi
fuori dal diritto amministrativo pubblico. La forma pi adatta per conciliare le due esigenze (unitariet
strategica ed efficienza operativa)
quella della Fondazione di partecipazione dove gli enti pubblici
principali vengono affiancati da altri
soggetti pubblici e privati (universit,
imprese, altre fondazioni)."
Sarebbe ora opportuno riprendere
le fila di quel discorso, valutare nel
merito le proposte e le potenzialit
imprenditoriali dei soggetti che le
hanno presentate, assegnando
compiti commissariali a un capofila, tra di essi, che abbia dimostrato
competenza ed esperienza nella
gestione pubblica in collaborazione
con il settore privato e che per la
propria autonomia e autorevolezza
sia in grado di sottrarsi alle interfe-

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renze politiche che finirebbero per
perpetuare lattuale impasse.
Gli orientamenti emersi dalle dichiarazioni recentemente rilasciate dal
vicesindaco Ada Lucia de Cesaris
testimoniano della volont di evitare
di limitarsi al puro, ma improbabile,
recupero dellinvestimento in assenza di un progetto che possa produr-

re una eredit positiva per la citt e


il territorio. Ma il rischio che alle parole non seguano i fatti, che
lincertezza della guida pubblica e
che gli interessi economici in gioco
non sempre lucidi e lungimiranti
possano impedire decisioni utili per
la citt e diano vita ad una ennesima distruttiva rissa, molto elevato

Ma credo sia chiaro a tutti che questa una delle questioni che, ancor
pi del successo o meno di Expo,
condizioneranno in modo determinante le scelte degli elettori per il
rinnovo dellAmministrazione comunale e dellarea metropolitana alla
scadenza del 2016.

I TEMPI METROPOLITANI E L'ALBERO DI BERTOLDO


Valentino Ballabio
Palazzo Isimbardi e Palazzo Marino
pur condividendo da alcuni mesi
uno stesso Sindaco ubquo si parlano e si intendono? Non sembrerebbe, posto che il primo si affatica tra
le spoglie dell'ex provincia e una
bozza di statuto farraginosa e fuorviante, mentre il secondo prosegue
nelle proprie scelte separate con
apparente indifferenza per le incerte
sorti metropolitane. Prova ne siano
le recenti decisioni tutte comunali
circa il completamento di M4 per 2
miliardi di euro e l'affido della propria quota di case popolari alla gestione MM. Ma le possibili alternative strategiche (prolungamento in
superficie delle linee verso i comuni
esterni e un complessivo decentramento e risanamento di ALER) non
meriterebbero una discussione e
valutazione nella istituenda Citt
metropolitana? Ma vediamo gli sviluppi del combinato disposto tra arruffata legge istitutiva e difetto di
fabbricazione nel testo statutario
all'esame del Consiglio metropolitano.
In base alla legge condizione necessaria per far luogo all'elezione
diretta degli organi metropolitani che
lo statuto preveda () che il comune capoluogo abbia realizzato la
ripartizione del proprio territorio in
zone dotate di autonomia amministrativa (art. 22) mentre ai sensi
dello Statuto in discussione il consiglio metropolitano che accerta
() la piena sussistenza delle condizioni di tale autonomia, per altro
ben specificate: elezione diretta degli organi delle zone, quota significativa delle decisioni inerenti territorio e popolazione, attribuzione di
autonomia di spesa e di risorse
strumentali e di personale (art. 62).

Senonch l'accertamento che il


comune capoluogo abbia realizzato
pu avvenire evidentemente solo a
posteriori, pertanto l'iniziativa spetta
in esclusiva al comune di Milano.
Ma lasciare a Palazzo Marino di decidere modi e tempi del proprio effettivo decentramento, ovvero della
propria potenziale estinzione, sarebbe come aver affidato a Bertoldo
la scelta dell'albero al quale doveva
essere appeso. Com' noto la vicenda fin con una fragorosa risata!
Il tutto poi subordinato a che l'elezione diretta avvenga con il sistema elettorale che sar determinato
con legge statale (ancora L.56 art.
22). Gi, perch avendo abolito le
province elettive hanno abolito anche la relativa legge elettorale, l'unica per altro fondata sui collegi uninominali: desf e rif l' tut laur!
Pertanto l'annuncio solennemente
proclamato da tutti i partiti e liste
costituenti di voler una Citt Metropolitana democraticamente eletta
e funzionalmente autorevole rischia
di rimanere tale, come molti altri
buoni propositi offerti dalla politica
del giorno d'oggi. Intanto l'insediamento avviene in via transitoria(!)
come ente di livello secondario, con
organi nominati con vizi di illegittimit e presieduto da un sindaco di diritto dal ruolo sdoppiato, brutta copia della ex provincia da cui eredita
funzioni virtuali e debiti sostanziali.
La politica dei due tempi ha vinto
ancora, come da tradizionale riformismo all'italiana!
A confermare la natura centralistica
di tale disposto statutario interviene
inoltre l'art. 66 che subordina la durata in carica dello stesso Consiglio
Metropolitano alla permanenza in
forza di Sindaco e Consiglio del Ca-

poluogo, che dunque assume un


rango anche formalmente distinto e
superiore rispetto agli altri comuni
(verrebbe da dire gli altri comuni
mortali!). Peggio che nella vecchia
provincia laddove Milano era, almeno nella forma, primus inter pares.
Dunque la tentazione di dilazionare
nel tempo e diluire nei contenuti la
portata del cambiamento appare
appena mascherata in questo testo,
effetto di un capitale vizio di origine:
aver scartato di soppiatto - nelle
bozze tecniche preparatorie - l'opzione di scioglimento del capoluogo
in pi Comuni, posta dalla legge in
alternativa (sempre art. 22) anche
per le metropoli sopra i tre milioni di
abitanti. Alternativa politica preliminare e fondamentale che avrebbe
meritato un'ampia discussione pubblica, invece del tutto negata anche
all'interno di Consiglio e Conferenza
metropolitani.
Ora per spetta proprio alla Conferenza, ovvero l'assemblea di tutti i
Sindaci (e Sindache! grande novit),
l'approvazione definitiva dello Statuto. Si pone loro una domanda: se la
sentono di avvallare, dal punto di
vista dei Comuni interessati che
rappresentano la maggioranza della
popolazione e anche indirettamente
i Comuni esterni potenzialmente
aggregabili nell'area metropolitana,
un atto cos concepito? questa la
svolta, dopo tanti anni di ritardi e
incomprensioni, necessaria e improrogabile in favore del territorio
dell'ambiente e della cittadinanza
metropolitana, tanto nei piccoli e
medi comuni esterni quanto negli
stessi quartieri periferici del capoluogo?

CITT METROPOLITANA E MUNICIPALIT: GESTIONE DAL BASSO


Roberto Sarfatti
Le considerazioni di Fabio Arrigoni,
presidente del Consiglio di Zona 1,
nel suo ultimo articolo sullo statuto
della Citt Metropolitana meritano

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

ulteriori approfondimenti. Il punto


dei poteri delle zone attuali mi sembra sia marginale e persino deviante
rispetto ai nodi istituzionali che la

sua costruzione pone e che hanno


assoluto rilievo per il futuro. La singolarit per cui Milano ha dovuto
avere da Roma un impulso per av-

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viare un processo che ha radici profonde temo stia facendo s che la
riflessione non tocchi gli aspetti essenziali.
L'obiettivo di dotarsi di una configurazione che renda la nostra area
capace di competere al meglio con
le altre citt metropolitane europee
sul terreno della dinamicit economica e culturale e della qualit della
vita. Questo riguarda la generale
funzione di programmazione, di cui
peraltro non mi paiono adeguatamente riconosciuto gli obiettivi,
quanto la sua capacit reale di funzionamento e di stimolo agli elementi propulsivi e alle molte eccellenze esistenti.
Oggi, ancora temporalmente lontani
dal momento della definizione degli
strumenti di programmazione, il nodo di fondo quello istituzionale e
riguarda innanzitutto le aree e le
municipalit. Partiamo da qualche
constatazione.
I confini attuali della citt presentano profonde smagliature e intere
aree gravitano sia verso linterno,
cos come un territorio pi vasto della citt metropolitana, ma anche
verso lesterno che presenta punti di
dinamicit spesso maggiori. Le zone di decentramento comunale non
riflettono alcunch di questo. Addi-

rittura non interpretano pienamente


neppure punti di potenziale promozione del territorio. Penso quale esempio emblematico al sistema Navigli suddiviso in due zone pi comuni esterni mentre sarebbe meglio
interpretarlo come un sistema sempre pi capace di sviluppare relazioni e iniziative.
Pi in generale la questione reale
se pensiamo di costruire una citt
metropolitana che contenga elementi di dinamica sostanziale e che
questi non siano soltanto concentrati. Perch ci avvenga o sia almeno
possibile con sufficiente respiro,
lintero territorio della citt metropolitana deve essere articolato in modo
tale da costruire entit capaci sia di
erogazione di servizi sia di dinamismo e queste trovano un ostacolo
non soltanto nelle dimensioni inadeguate dei comuni vicini a Milano o
nella eccessiva dimensione di Milano ma anche nella separazione anacronistica delle aree milanese divise in zone costruite con altri criteri
e in comuni la cui storia li ha portati
a realizzare centri di iniziativa positivamente competitivi.
Senza voler elencare, e certamente
senza completezza, penso ad Assago, a Cologno, a San Donato, a
Cormano e mi chiedo se non sareb-

bero meglio non annessi a Milano,


come rischiamo che di fatto avvenga, ma connessi a parti di Milano
che altrimenti sono due volte periferie e diventino poli di vivacit. Potrebbero essere loro i soggetti forti
della costituzione di nuove municipalit.
In termini storici penso anche al non
pieno successo delle annessioni del
passato, Corpi Santi e comuni entro
la cinta ferroviaria e alla lunga riflessione sui comuni dellhinterland
come luoghi di connessione. Ma
penso anche che oggi siamo oltre a
entrambi questi livelli e che sia possibile ragionare in termini di valorizzazione di risorse costituendo centri
di iniziativa. La gestione dal basso
della realizzazione di nuove municipalit questione non soltanto di
pratica democratica ma anche di
efficacia programmatoria.
Forse ci vorrebbe maggiore fantasia
istituzionale e anche pi attenzione
alla realt. Mi chiedo allora se il
processo che ha sin qui riguardato,
direttamente o indirettamente soggetti interessati al mantenimento di
posizioni attuali o al massimo a volere qualche potere in pi per le zone non sia deviante.

RIGENERAZIONE URBANA E CONSUMO DI SUOLO: OGNI REALT UN CASO


Maria Cristina Treu
Nellurbanizzazione del mondo, dove le citt nelle aree di concentrazione metropolitana continuano a
crescere, lombra lunga della crisi e
delle catastrofi ricorrenti ci mette di
fronte a tre grandi contraddizioni: la
crescita del consumo e il contestuale abbandono di suolo, la sovra produzione edilizia e la mancanza di
abitazioni e di infrastrutture, la ridondanza
di
informazioni
e
lassenza di bilanci ambientali che
orientino le scelte oltre i confini di
ogni singola ripartizione amministrativa.
Daltra parte, per decenni, in ogni
scelta e azione di piano lapproccio
fordista dilagato in ogni direzione
nella convinzione di risolvere fabbisogni e disagi abitativi e di rispondere alla domanda di mobilit costruendo pi case e pi infrastrutture. Anche oggi nonostante la larga
condivisione sul no al consumo di
nuovo suolo e sulla valorizzazione
delle aree agricole, la legge regionale appena entrata in vigore concede tre anni di moratoria dei piani
vigenti che come si sa sono tutti
piani sovradimensionati nei compar-

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

ti della costruzione di manufatti edilizi e di infrastrutture per la mobilit.


In tutti i confronti allargati, anche
agli operatori del settore, il solo no
al consumo di nuovo suolo non
sufficiente: questo obiettivo richiede
di agire su pi versanti, alcuni con
una prospettiva di efficacia pi differita nel tempo, altri con una funzione
di volano per far ripartire il settore.
necessario un forte cambiamento
culturale che promuova un approccio di programmazione che tenga
presenti le priorit e le relazioni pi
significative di ogni contesto territoriale e urbano, facendo conoscere
le buone pratiche della progettazione nelle grandi aree abbandonate
della citt e sostenendo la riqualificazione dei tanti tessuti minori e
degli spazi pubblici e privati della
citt in estensione.
Il no al consumo di suolo deve fare
riferimento per ogni valutazione di
merito a un bilancio di area vasta
per quanto riguarda, da un lato, le
grandi opzioni di tutela della risorsa
suolo e delle scelte infrastrutturali,
tecnologiche e per la mobilit e,
dallaltro, le scelte di piano e di progetto selezionando le situazioni do-

ve sia conveniente intensificare volumi e funzioni da quelle dove necessario rigenerare i tessuti insediativi e sociali.
Listituzione dellarea metropolitana
- come lindividuazione delle aree
omogenee in sostituzione delle province - pu essere loccasione per
sperimentare una pianificazione e
una programmazione che affronti il
rinnovamento del sistema delle reti
contestualmente alla riqualificazione
dei tessuti urbani e dei servizi entro
il perimetro del territorio gi costruito. lipotesi di uno scenario multipolare nella prospettiva di mettere in
relazione i centri urbani storici e
quelli delle nuove polarit e di riorganizzare la frammentazione delle
propriet e la diffusione insediativa.
In tale scenario lobiettivo del no al
consumo di nuovo suolo pu essere
declinato in modo differenziato, in
alcuni casi pi rigidamente - per esempio quando si deve far fronte a
problemi di gestione delle acque e
di presenza di rischi naturali e antropici - in altri con regole pi articolate che incentivino la sostituzione
dellesistente e la sua rigenerazione, anche energetica, a partire dal

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patrimonio pubblico esistente e abbandonato.
Le politiche di sistema richiedono
una programmazione con protocolli
di intesa tra pi centri di investimento e pi livelli amministrativi, non
soggetti ai troppo frequenti cambiamenti di governo, per garantire il
completamento delle opere e
linnovazione tecnologica. La semplificazione delle norme e la chiarezza delle responsabilit nelle fasi
delle procedure, certamente neces-

sarie, richiedono politiche che permettano, rispetto agli obiettivi pi


generali e agli esiti attesi dai bilanci
ambientali, le necessarie verifiche
per lintroduzione di eventuali varianti e per lapplicazione di sanzioni.
Sotto questo profilo diventa urgente
avviare un percorso di accordo tra
tecnici che operano anche con formazioni diverse rispetto alla pianificazione urbanistica sui criteri di stima dei fattori ambientali come rife-

rimento - necessariamente sopra le


parti - rispetto alle scelte politiche
territoriali e di rigenerazione urbana.
Inoltre, in un periodo di grandi cambiamenti istituzionali, i tavoli di confronto, come quello aperto per iniziativa di ArcipelagoMilano, possono essere di grande utilit, oltre che
per innovare il settore delle costruzioni, anche nella ridefinizione delle
funzioni amministrative della citt
metropolitana.

IL FUTURO DEI CIRCOLI TRA SLIDE, INTERNET E COSTI DELLA POLITICA


Emanuele Telesca
Mi riallaccio a quanto scritto nel mio
ultimo articolo su questa rivista
(Circoli politici: le nuove agor milanesi del 19 novembre 2014) per
aggiungere un tassello rispetto
allargomento dei circoli dei partiti
politici quale piccole comunit vive
allinterno di comunit, e spazi, pi
ampi e frastagliati.
Loccasione data dallAssemblea
metropolitana del PD tenutasi lo
scorso 1 dicembre, affollata riunione
presso la Camera del Lavoro (che
qualcuno, ironicamente, ha suggerito di rinominare Jobs Act Hall).
Tra i temi affrontati la nuova Carta
dei Circoli, inserita nel pi ampio
contesto di prospettiva politica del
PD metropolitano e lombardo.
Una slide dopo laltra (PowerPoint
domina la scena politica) si materializzato un enorme punto di domanda: i circoli politici, oggi, sono
davvero la priorit? Interessa mantenere in vita una rete di piccole
comunit sul territorio, aperte e in
contatto costante con la realt fisica
e sociale nella quale sono immerse? Lincursione a gamba tesa del
MoVimento 5 Stelle, con i suoi
dogmi della rete (internet) e della
riduzione dei costi della politica, ha
trasformato i circoli in antichi simulacri della Prima e della Seconda
Repubblica (supponendo di essere
entrati, per davvero, nella Terza
Repubblica)?
La domanda mi pare lecita se la
preoccupazione principale, per chi
gestisce il partito, data dal vile danaro. Perch se encomiabile dimezzare la quota di iscrizione per
favorire linclusione, diviene stucchevole giudicare la buona riuscita
della Festa dellUnit dalla chiusura
in pareggio dei suoi conti. Perch se
lobiettivo raggiungere, entro il

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

2016, i mille tesserati under 30, non


pu poi fissarsi contemporaneamente lobiettivo di dimezzare i costi
del personale.
Tra tutte queste cifre con fatica
scorgo un futuro nuovo per i circoli.
Se questi, difatti, vengono analizzati
esclusivamente come voci di costo,
in unottica puramente aziendale, si
chiudono; fatti salvi i circoli storici o
quelli maggiormente attivi e partecipati. Se invece i circoli sono come
tanti bronchi e bronchioli, atti a far
respirare il PD metropolitano a pieni
polmoni, allora su questi bisogna
investire. L dove sono attivi uomini
e donne, tesserati e simpatizzanti,
giovani e meno giovani, bisogna
guardare con entusiasmo e fiducia.
E il flusso di cassa destinato a queste realt non rientra nei tanto vituperati costi della politica: sono, per
lappunto, investimenti su capitale
umano.
Quanto sta accadendo proprio nel
MoVimento fondato da Beppe Grillo
dovrebbe servire da lezioni per gli
amministratori del PD (e non solo):
bisogna fornire tutti gli strumenti per
permettere la pi ampia partecipazione nella vita democratica di un
partito (e, quindi, della collettivit),
purch questa sia tangibile, toccabile con mano, fatta di volti e occhi da
poter incrociare, e non il freddo materializzarsi dello scorrere un blog.
Senza sottovalutare, ben inteso, il
ruolo fondamentale assunto dalla
diffusione tramite siti e social
network dellattivit politica e istituzionale: con amara ironia si pu
constatare, allora, che il dominio
www.pdcircolami.com, che dovrebbe rimandare ad una pagina dedicata alle idee e ai progetti dei circoli
PD, di fatto in vendita, vuoto e inesistente.

I circoli possono divenire piccole


agor, cuori pulsanti nei propri territori, purch vi sia la capacit di trasformarli in ci di cui oggi c pi
bisogno: luoghi di inclusione, di avvicinamento tra le persone, spazi
aperti per la comunit. Ci vuole coraggio, passione, determinazione.
La stessa che le decine di tesserati
e simpatizzanti investono nel PD
quotidianamente.
La complessit del gestire una
macchina come quella di un partito
sono numerose, chi ha il compito di
guidarla merita il supporto dato anche dalle critiche costruttive. Ecco
perch avere il supporto dei territori
tema centrale; ecco perch poter
contare su circoli dinamici e creativi,
non schiacciati unicamente su problematiche di bilancio, uno dei
principali obiettivi. Per fare della politica sana, lungimirante, che anticipa i problemi e non ne cavalca
londa. In questo senso stimolante
(nonch fonte di fiducia e ottimismo)
il dibattito che si sta sviluppando
attorno ai temi della partecipazione
interna al partito in seno ai singoli
circoli, e che proseguir in sede metropolitana e regionale anche nelle
prossime settimane.
Concludo con le parole di un uomo
illuminato dello scorso secolo quale
fu Adriano Olivetti che, nel suo
pamphlet Il cammino della Comunit, definisce la Comunit come:
[] un movimento che tende a unire, non a dividere, tende a collaborare, desidera insegnare, mira a costruire. [] Noi ci adoperiamo affinch tra di noi aleggi il motto che anim il Concilio di Trento: Nelle cose necessarie unit, nel dubbio libert, in tutte le cose tolleranza.
Niente di pi attuale per il PD, i suoi
circoli e la politica.

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Scrive Gianni Zenoni a Ugo Targetti a proposito del Regolamento edilizio


Condivido la Tua osservazione al
R.E. specie per quanto riguarda la
libert di utilizzazione dellalloggio,
libert negata anche agli operatori

costretti in una ragnatela di adempimenti relativi alle scadenze temporali di PII, Dia, Permessi di costruire, Opere di urbanizzazione a

scomputo, Permessi Convenzionati,


Cial e Scia sui quali il Comune di
una fiscalit ottusa..

Replica Ugo Targetti


Caro Zenoni, l'obbiettivo della semplificazione del rapporto Stato / cittadino non un'operazione tecnica
ma politica ovvero bisogna decidere
di che cosa si deve occupare lo Stato, magari con pi efficienza, e di
cosa non si deve pi occupare.

Nell'edilizia la semplificazione potrebbe essere profonda ma tale assunto non mi pare sia chiaro a chi
decide. Altra necessaria modifica di
cultura giuridica che la norma deve essere considerata un mezzo
non un fine e che l'amministrazione

pubblica ovvero i funzionari devono


avere presente il fine non il rispetto
formale della norma a tutti i costi
anche a dispetto della razionalit
degli esiti. Siamo molto lontani da
una tale concezione della legge.

Scrive Enrica Bonetti a Elena Grandi a proposito di case popolari


Con il nuovo gestore temo che sia
solo cambiata l'orchestra ma la musica sempre la stessa. Infatti circa
un mese fa molti inquilini hanno ricevuto una lettera del Comune senza data e senza riferimenti a cui rispondere, richiedente affitti arretrati
a partire dal 2003. Tale lettera appare una copia conforme di quella
che Aler invi nel 2012, penso
quando subentr alla famigerata
gestione precedente. In molti casi,

come ad esempio nel mio, come


dimostrai documenti alla mano, era
del tutto priva di fondamento.
L'immoralit di tale comportamento
che chi non aveva conservato i
documenti dovette pagare, in diversi
casi il gi pagato. Aggiungo che nel
2012 ricevetti una lettera di Aler che
mi notificava un credito di oltre 500
euro. Alle mie richieste di conoscere
quando il credito sarebbe stato utilizzato, Aler mi ha sempre risposto

che il Comune ancora non ne aveva


ancora autorizzato la contabilizzazione. Debiti si e crediti no? Visto
l'andazzo ho cautelativamente tenuto in sospeso due bollettini corrispondenti all'incirca al credito. Per
concludere, l'ultima richiesta di presunti arretrati una iniziativa del
Comune o il primo atto del nuovo
gestore? Grazie per una risposta.

Replica Elena Grandi


Gentile Signora Bonetti, il Suo caso
solo uno dei tanti che purtroppo
sono stati denunciati in queste settimane dagli inquilini. L'indicazione
del Comune, che stata comunicata anche durante gli incontri con gli
inquilini che nel mese di novembre
si sono svolti in tutte le 9 zone,
quella di sospendere temporaneamente ogni pagamento di affitti arre-

trati fino a quando non sar stata


fatta chiarezza e ordine (il titolo del
mio articolo non era casuale) in quei
1.800 scatoloni di pratiche che nei
passaggi di gestione dai gestori privati ad Aler non sono state aggiornate.
Ovviamente ci saranno i casi in cui
si riscontreranno pagamenti non avvenuti e altri in cui si avr prova di

errori marchiani dei gestori (il Suo,


da come Lei lo descrive, rientra certamente nella seconda categoria).Infine, l'invio di questi bollettini
evidentemente estraneo alla nuova
gestione di MM che ha preso avvio
tre giorni fa (1 dic ndr). Mi auguro
davvero che sia fatta chiarezza su
tutto al pi presto.

Scrive Anita Sonego a Luca Beltrami Gadola a proposito di Cascina Merlata


Innanzitutto la ringrazio per la costante attenzione alle vicende politiche della nostra citt e per lo sguardo critico con cui analizza le decisioni delle amministrazioni cittadina
e regionale che coinvolgono la vita
di tutti noi. Il suo ultimo articolo, relativo all'"Expo 2015 show", puntuale nella denuncia dello spreco di
denaro pubblico per opere la cui
funzione non appare necessaria per
la buona riuscita di una manifestazione nata male e proseguita in maniera poco felice. L'articolo pieno di
passione civile mi ha ricordato i versi di Foscolo quando celebra l'opera
di Machiavelli che "sfronda" gli allori
del potere. Il mio entusiasmo si
per smorzato verso la fine del testo

quando, a proposito degli intrallazzi


per Cascina Merlata scrive: "Alla
presentazione dell'Accordo di Programma in Consiglio Comunale la
sinistra fece una blanda opposizione". "Non possibile!" mi sono detta, conoscendo Basilio Rizzo e gli
altri esponenti della sinistra che facevano parte del passato Consiglio
Comunale. Ho quindi fatto una ricerca scoprendo che nel Consiglio
Comunale del 31 marzo 2011 la sinistra (Rifondazione, Verdi, Lista
Fo, Italia dei Valori, Lista Civica)
non partecip al voto per protesta
(PdCI vot contro). Il PD si astenne
(permettendo cos che si mantenesse il numero legale). Di fronte alla
palese discrepanza tra quanto da lei

affermato e la realt non ho potuto


far altro che dedurre che lei ed io,
quando parliamo di "sinistra", ci riferiamo a gruppi politici diversi! Non
voglio assolutamente polemizzare
col suo concetto di "sinistra". Credo,
per, che indicando con "sinistra"
forze politiche che fanno scelte
quasi sempre diverse, forse si contribuisce all'andazzo, tipico dell'antipolitica, che mette tutti sullo stesso
piano. Poich sono certa che lei non
vuole alimentare l'antipolitica spero
convenga con me sull'importanza di
offrire informazioni utili a distinguere
e giudicare quanto viene fatto davvero nei luoghi delle decisioni politiche.

Replica Luca Beltrami Gadola

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

10

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Faccio ammenda. Qualche volta


quando scrivo per motivi di brevit
unisco tutta la sinistra che stava

all'opposizione in un unico fascio.


Capisco che questo possa provocare qualche reazione. Viste le proba-

bili future vicende del Comune di


Milano sar in avvenire pi pignolo.

Scrive Alberto Lipparini a proposito della campagna a sostegno di ArcipelagoMilano


Vorrei chiedere ad ArcipelagoMilano
quale visione ci sia a monte
dell'immagine intitolata "Che tipo di
milanese sei?". Vediamo: ci sono i
milanesi consapevoli, coi quali evidentemente la testata s'identifica,
tanto da apporvi il proprio efficace
logo. E ci sono gli altri, quelli che
dicono No, no, no e gi cos il fotomontaggio (molto ben congegnato,
bisogna dire) dispiace: parrebbe

che gli "altri" sappiano frapporre soltanto negazioni.


Ma il fastidio che si prova a osservare il testo va pi a fondo e solo
meditandoci su se ne capisce la
causa: i cittadini che non sono
tutt'uno con ArcipelagoMilano, e che
pertanto fanno di tutto per non vedere quali sono le soluzioni ai problemi, basterebbe che non si prendessero il fastidio di nascondere la
testa sotto il prato.

Cio, questi signori dovrebbero


condividere le posizioni della testata, perch altrimenti (attenzione!)
fanno solo del Bla bla bla, insomma
informe chiacchiericcio: in una parola, blaterano. Detto altrimenti, non
possibile essere milanesi consapevoli se non sulla linea di ArcipelagoMilano: il resto sono soltanto, a
seconda dei casi, parole vuote oppure sterili. *Laboratorio Darsena

Risponde ArcipelagoMilano
Gentile Alberto Lipparini, pure avendovi scritto un articolo col quale
ella
si
smentisce
da
s
(http://www.arcipelagomilano.org/ar
chives/22607), lei non un lettore
troppo attento di ArcipelagoMilano
che, ospitando articoli di volta in vol-

ta rappresentativi di opinioni assai


diverse sui singoli temi, si pone come luogo di dibattito. La consapevolezza che indichiamo sta nel partecipare al dibattito, mostrare la
faccia, non compiacere nessuno,
esprimere opinioni. La linea di Arci-

pelagoMilano proprio quella di evitare il chiacchiericcio, da qualunque


parte provenga. Per questo anche
lei non ha che da esprimere nuovamente le sue di opinioni che, se
ben argomentate, troveranno certamente ospitalit.

Scrive Gregorio Praderio a Gianni Zenoni sulle modifiche al PGT


Spiace leggere che Gianni Zenoni
sia rimasto deluso dall'idea dell'Assessora De Cesaris di modificare
l'attuale PGT. Non ero presente al
convegno dell'Assimpredil del 5 novembre, ma ho letto l'intervista sul
Corriere del 12 ottobre e mi sembrano tutte proposte ragionevoli e

largamente condivisibili. Distinguere


gli interventi su aree dismesse da
quelli su aree libere, incentivando i
primi e scoraggiando i secondi; ragionare in un'ottica metropolitana;
porsi il problema di come accedere
alla casa a prezzi abbordabili; semplificare le norme: cosa vogliamo di

pi? E se questo vuol dire modificare un PGT oggettivamente mal fatto,


ben venga! Si tratta pur sempre di
uno strumento, non delle tavole della legge: se non funziona, o funziona male, si cambia.

Scrive Jacopo Gardella a Nicola Rovere a proposito di casa Tognolla


Nel suo articolo lei sottolinea giustamente la "mancanza di attenzione e di strategia" degli Organi preposti alla Tutela Urbanistica e Monumentale; a conferma di ci ci tengo a far sapere che insieme a mia
nipote Edoarda De Ponti ho fatto di
tutto per tentare di attenuare l'azione gravemente lesiva dell'edificio,
ma invano. N la Soprintendenza;
n l'Ordine degli Architetti; n i proprietari della Casa rappresentati da-

gli eredi Tognella; n il loro architetto Belli-Paci ai quali noi non avevamo chiesto di rinunciare all'intervento ma soltanto di apportare alcune
piccole modifiche per ridurne le
dannose conseguenze; n infine la
Facolt di Architettura di Milano,
nessuno di questi organi ci ha sostenuto per raggiungere quel compromesso che poteva salvare almeno i dettagli esterni della casa, pur
sapendo noi con dispiacere che l'in-

terno veniva interamente distrutto


dalle totali demolizioni volute per
miopi fini commerciali.
giusto che si sappia come i nostri
sforzi, anche se intenzionati ad arrivare ad un reciproco accordo e
condotti con spirito di comprensione
per le intenzioni della controparte,
non sono serviti assolutamente a
nulla.

MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Una settimana piena di musica
Molto difficile raccontare le emozioni
musicali di questa ultima settimana:
fortemente contraddittorie, apparte-

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

nenti a generi diversi - un Requiem,


un Quartetto darchi sul tema della
fuga, la prima del Fidelio alla Scala -

fra loro assolutamente non comparabili e tuttavia capaci di riempire

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giornate intere di echi e di riflessioni.
Cominciamo dal Requiem di Mozart
che una (a me) sconosciuta Orchestra dellAssociazione Mozart Italia
di Milano insieme a un coro (a me)
altrettanto sconosciuto Canticum
Novum (ma con molti elementi del
Coro della Verdi, compresa la sua
brava direttrice Erica Gambarini) ha
eseguito gioved 27 novembre nella
basilica di San Marco.
I milanesi sono abituati soprattutto
quando si tratta di musica classica
allo scrupoloso rispetto della puntualit e a un certo rigore nella organizzazione del concerto; sconcertante dunque che alle 20.30, a chiesa mezza piena, si stesse ancora
provando un concerto che doveva
iniziare alle 21. Coro e orchestra
sono poi entrati alle 21.20 e per altri
10 minuti siamo rimasti tutti in rispettoso silenzio ad aspettare il direttore. Ma lirritazione non si fermata l perch lesecuzione stata
letteralmente funestata da fotografi
che andavano, venivano e si agitavano come fossero alla premiazione
di miss Italia. E se disturbavano i
fotografi ancor pi distraeva - e rendeva problematico lascolto un inconsueto e scomposto agitarsi sul
podio dello (a me) sconosciuto direttore, Aldo Bernardi, che sembrava
un ballerino senza averne il fisico e
che lasciava trapelare lo smodato
desiderio di avere almeno dieci
braccia e venti mani al posto della
normale dotazione assegnatagli da
madre natura.
Insomma una serata partita molto
male eppure ( ecco perch ne
parlo)
proseguita
in
modo
nientaffatto negativo perch il Requiem ha rivelato nonostante tutto
un certo fascino; mancava, vero,
quella grazia e quella ironia cui Mozart non rinuncia neanche davanti
alla contemplazione della morte ma
in compenso, grazie alla scelta di
tempi un po pi lenti del solito, toccava momenti di drammaticit e di
tensione molto suggestivi. Belle le
voci di Daniela Bruera e di Laura
Verrecchia, deboluccia quella tenorile di Giovanni Botta, un po troppo
discreto il basso Alessio Cacciamani, nellinsieme si rivelato un
bellesempio di quel magnifico dire
che, a dispetto di qualsiasi malafatta, musica vincet semper!
***

Grande consolazione, il gioved


successivo, con lintrigante e colto
programma presentato al Conservatorio dal Cuarteto Casals, un
ensemble catalano che - dopo una
prima visita a Milano nel 2006 -
tornato a suonarvi per la Societ del
Quartetto dedicando la serata alla
preziosa forma della Fuga attraverso una serie di opere degli anni 70
e 80 del settecento.
La Fuga, si sa, ha avuto in Johann
Sebastian Bach il massimo interprete e creatore; con la morte di Bach
(1750), salvo sporadici interessamenti di alcuni fra i suoi numerosi
figli, era diventata una forma desueta, un po per le intrinseche difficolt
della sua composizione, ma anche
perch veniva considerata un tecnicismo un po arido, adatto pi
allinsegnamento del contrappunto
che alla gioia dellascolto. Pochi
sanno per che sia Haydn che Mozart si sono cimentati nella sua scrittura con mirabili risultati.
Il
programma
prevedeva
lintroduzione dei due tempi del
concerto con le Cinque Fughe per
Quartetto darchi di Mozart dal Clavicembalo ben temperato di Bach
(K.405, del 1782, e cio in et pi
che matura del loro autore), tre prima e due dopo, e il corpo centrale
del concerto costituito da tre Quartetti: uno di Haydn (opera 20 numero 5, del 1771) e due di Mozart
(K.168 del 1773 e K. 387 del 1782) i
cui ultimi movimenti sono costituiti
da altrettante mirabili Fughe (in
Haydn la fuga doppia, con una
indimenticabile ricchezza di voci che
si rincorrono con mirabile fantasia).
Per giunta fra i due Quartetti mozartiani hanno infilato quello straordinario Adagio e Fuga in do minore
(una tonalit magica per Mozart),
del 1788, che una delle pi alte
lezioni di scrittura polifonica della
seconda met del settecento.
Un programma dunque di rara intelligenza se si pensa che la Fuga eseguita da un quartetto darchi permette un ascolto particolarmente
limpido, di gran lunga superiore a
quello che ottengono il pianoforte o
il clavicembalo, in quanto a ogni voce del contrappunto (punctus contra
punctus) corrisponde uno strumento, sicch il processo compositivo si
dipana davanti allascoltatore con
una estrema chiarezza. Bravissimi e
intelligentissimi i quartettisti Vera

Martinez Mehner (violino), Jonathan


Brown (viola) e i fratelli Abel (violino) e Arnau (violoncello) Toms che
speriamo di riascoltare presto e
spesso.
***
Infine come non tornare sul Fidelio,
che ha felicemente invaso la citt e
non solo (si detto che abbia avuto
dieci milioni di ascoltatori fa televisioni, piazze, e sale cinematografiche; ma anche, in forza del suo
soggetto, anche carceri!). La settimana scorsa dissi che la prova generale era stata ottima e che questo
Fidelio nasceva sotto una magnifica
stella. Sono felice di averlo detto
perch la serata inaugurale di
santAmbrogio ha superato ogni aspettativa, a dispetto di quanto hanno sostenuto i soliti tromboni della
critica musicale autorevole.
Barenboim stato capace di traghettare la musica di Beethoven
dalle reminiscenze mozartiane della
prima parte dellopera, quando ancora ha il sapore della commedia,
fino a vere e proprie anticipazioni
wagneriane nel secondo tempo,
quando diventa tragedia. Ha diretto
con una cura, una concentrazione e
una professionalit che ricordavano
i tempi doro, quelli del Tristano di
sette anni fa. Anche la regia e gli
interpreti hanno fatto un ulteriore
passo avanti rispetto alle prove, con
una recitazione pi convincente e
comportamenti pi accurati, in specie alle prese con la complessit
psicologica degli indimenticabili trii e
quartetti che scandiscono lopera.
Deborah Warner ha sorpreso il
pubblico con linatteso e audace bacio fra Leonora e Marcellina mentre
le luci di Jean Kalman, forse anche
grazie alle esigenze della ripresa
televisiva, sono ulteriormente migliorate.
Se qualche cosa pu aver creato
appena un po di perplessit stato
il finale (latteso sauvetage!) apparso leggermente confuso nei movimenti di scena, non perfettamente
controllati, della massa corale. Poca, pochissima cosa per una magnifica edizione della quale si ricorder
con
grande
simpatia
anche
lambientazione moderna (una simpatia raramente concessa dal pubblico italiano!) e soprattutto una orchestra finalmente dignitosa e degna del nome che porta.

ARTE
questa rubrica a cura di Benedetta Marchesi
rubriche@arcipelagomilano.org

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

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La luna ospite al museo di via S. Vittore


Dalla Galleria dedicata a Leonardo
alla luna il passo breve se si
allinterno del Museo della Scienza
e della Tecnologia, anzi brevissimo da quando alla fine di ottobre
stata inaugurata lArea Spazio dedicata allesplorazione astronomica.
In un percorso che comincia con gli
strumenti che dallepoca di Galileo
in poi sono stati utili a osservare,
studiare e misurare gli oggetti celesti, la nuova sezione del museo racconta quattro secoli di ricerca astronomica dagli albori della scienza
moderna ai giorni nostri.
Due le sezioni dellesposizione: Osservare lo Spazio e Andare nello
Spazio; la prima presenta i congegni e gli apparecchi che hanno accompagnato e cambiato losservazione dello spazio dalla Terra, tra
essi i due globi celesti e i due terrestri di Coronelli e Moroncelli del XVII
secolo, il modello di legno
dellOsservatorio Astronomico di
Brera, il settore equatoriale di Sisson del 1774, usato per i primi studi

di Urano e per la scoperta


dellasteroide Esperia, prima scoperta scientifica dellItalia unita ad
opera di Giovanni Virginio Schiaparelli.
Nella seconda sezione il visitatore
entra in contatto con le tecnologie
che permettono di esplorare lo spazio e migliorare la conoscenza del
cosmo e della Terra: si entra in una
riproduzione parziale di Stazione
Spaziale Internazionale con la cupola e una ricca selezione di contenuti,
tra gli altri sugli schermi sono riprodotte immagini (reali e ricostruite)
che ritraggono lItalia vista dallo
spazio. Sono qui esposti limponente Z9 - uno dei tre stadi del lanciatore Vega, il satellite San Marco
per lo studio dellatmosfera, il satellite Sirio per le telecomunicazioni e
alcuni straordinari oggetti legati alle
missioni lunari, tra cui la rarissima
tuta Krechet che avrebbe dovuto
essere indossata dai cosmonauti
russi nel progetto poi abbandonato
di sbarco sulla Luna.

A lasciare senza fiato anche il visitatore meno coinvolto per il piccolissimo frammento di suolo lunare
esposto in una piccola palla trasparente. Nel 1973, come segno di fratellanza e collaborazione da parte
degli Stati Uniti, il presidente Richard Nixon dona al Governo Italiano e poi al Museo il frammento di
basalto portato sulla Terra dagli astronauti dellApollo 17. Proveniva
dallarea chiamata 'Taurus Littrow
Valley', raccolto dal comandante
Eugene Cernan al termine della
missione (7-19 dicembre 1972).
Se anche non si appassionati astronomi, o profondi conoscitori delle vicende del cielo certo che quel
piccolo pezzetto di luna non lascia
indifferenti ma, anzi, il poterla vedere cos da vicino innesca unemozione indescrivibile.
Museo Nazionale della Scienza e
della Tecnologia Leonardo da
Vinci Da marted a venerd 9.30-17
| sabato e festivi 9.30-18.30 Biglietti
dingresso 10,00/7,50/4,50

Nel Blu di Klein e Fontana al Museo del Novecento


Uno straordinario racconto di un
dopoguerra animato da artisti, collezionisti, intellettuali e mercanti lo
scenario che si immagina faccia da
sfondo alla relazione di amicizia tra
Yves Klein e Lucio Fontana raccontata nella mostra in corso al Museo
del Novecento e che immergono chi
vi coinvolto con stimoli visivi e
suggestioni intellettuali.
Due citt, Milano e Parigi, e due artisti, distanti per et anagrafica, provenienza, formazione e stile ma con
in comune la ricerca artistica che si
articola verso nuove dimensioni
spaziali e concettuali. Ripercorrendo
il tradizionale allestimento cronologico del Museo ci si accosta progressivamente al rapporto tra i due:
pi questo si fa intenso e pi aumenta la densit di opere che si incontrano dei due artisti. Lapice del
sodalizio si raggiunge quando si
spalanca la vetrata sopra piazza del
Duomo con la Struttura al neon di

Lucio Fontana sul soffitto e la distesa blu di Pigment Pur di Klein. Un


dialogo straordinario allinterno del
quale il visitatore non pu che sentirsi coinvolto ed estasiato ammiratore.
Cinque sono gli anni cui la mostra
dedicata: dal 1957, anno in cui Yves
Klein espone per la prima volta a
Milano alla Galleria Apollinaire una
serie di monocromi blu, al 1962, anno della morte dello stesso Klein.
Linaugurazione della mostra in Brera loccasione in cui i due artisti si
incontrano per la prima volta e Fontana tra i primi acquirenti di un
monocromo dellartista francese,
diventando poi uno dei suoi pi importanti collezionisti in Italia.
Nellesposizione sono documentati
cinque anni di lettere, incontri, viaggi e condivisione di due artisti che
hanno segnato profondamente, ognuno a modo proprio, la storia
dellarte novecentesca. Laffinit in-

tellettuale e artistica emerge laddove le aperture spaziali di Fontana


(fisiche e concettuali) trovano corrispondenza nel procedere di Klein
dal monocromo al vuoto. Entrambi
perseguono uno spazio immateriale,
cosmico o spirituale, che forse appartiene a unaltra realt.
Una mostra da non perdere Yves
Klein Lucio Fontana, Milano Parigi
1957-1962, che per la ricerca storico-artistica e le scelte curatoriali
non appaga solo la fame conoscitiva del visitatore, ma soprattutto fa s
che venga immerso in un mondo blu
splendente che offre un profondo
godimento emozionale.
Klein Fontana. Milano Parigi
1957-1962 Museo del Novecento
piazza Duomo fino al 15 marzo
2015 luned 14.30 19.30 marted,
mercoled, venerd e domenica 9.30
19.30 gioved e sabato 9.30
22.30 Biglietti :10/8/5 euro

Tra Leonardo e Milano prosegue felicemente il sodalizio


Se in una pigra domenica sera emerge nel milanese unincontenibile
voglia di visitare una mostra, quali
sono le proposte della citt? Intorno
alle 19.30 non molte in realt: Palazzo Reale cos come i grandi musei del centro sono gi in procinto di
chiudere. Una per attira lattenzione, sar per la posizione cos

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

centrale o forse proprio per il fatto


che ancora aperta.
Quella dedicata al genio di Leonardo Da Vinci, affacciata sulla Galleria
Vittorio Emanuele, una mostra in
continua espansione che periodicamente si arricchisce di nuovi elementi frutto delle ricerche dal Centro
Studi Leonardo3, ideatore e orga-

nizzatore della mostra nonch


gruppo attento di studiosi. Se Leonardo produsse durante la sua vita
uninfinit di disegni e schizzi, L3 si
pone come obiettivo quello di studiare a fondo la produzione del genio tostano e renderla fruibile a tutte
le tipologie di pubblico con linguaggi
comprensibile e divulgativi offrendo

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un momento ludico di intrattenimento educativo, adatto sia per bambini
che per adulti.
Quasi 500 mq ricchi di modelli tridimensionali e pannelli multimediali
che permettono realmente di scoprire le molteplici sfaccettature del
pensiero e delloperato leonardesco:
macchine volanti o articolati strumenti musicali possono essere
smontate e rimontate; riproduzioni
del Codice Atlantico e di altri manoscritti sono tutte da sfogliare, ingrandire e leggere; ci sono giochi di
ruolo a schermo nei quali i visitatori
vestono i panni dello stesso Da Vinci. La produzione artistica non dimenticata, anzi: unintera sala de-

dicata ai pi famosi capolavori


dellartista con un grande pannello e
due touchscreen dedicati al restauro
digitale dellUltima cena, alla Gioconda e a due autoritratti dellautore.
Inaugurata nel marzo 2013, prorogata prima fino a febbraio 2014 e
ancora fino al 31 ottobre 2015, la
mostra ha superato le 250 mila visite imponendosi come centro attrattivo per turisti e cittadini. Un buon risultato, ma forse basso considerando lalta qualit della mostra e la
posizione decisamente strategica. Il
successo di pubblico sarebbe stato
migliore (forse) con un maggiore
rilievo dato dalla stampa e dei social

network, e da un costo del biglietto


pi calmierato. Ma c ancora tempo, e loccasione giusta alle porte:
non perdiamola e anzi, dimostriamo
che anche a Milano ci sono centri di
ricerca capaci di produrre mostre
interessanti senza necessariamente
creare allestimenti costosi ed esporre opere o modelli originali.
Leonardo3 - Il Mondo di Leonardo
1 marzo 2013 - 31 ottobre 2015
Piazza della Scala, Ingresso Galleria Vittorio Emanuele II Aperta tutti i
giorni, dalle 10:00 alle 23:00 compresi festivi Biglietti: 12/10/9 euro

Il re delle Alpi conquista anche Palazzo della Ragione


Quella al Palazzo della Ragione non
solo una mostra di fotografia sui
grandi spazi, come riporta il titolo,
unode alle avventure e alle montagne di Walter Bonatti. 97 gli scatti
presentati in quella che si sta imponendo sempre di pi come una sede espositiva di valore della citt di
Milano.
Ma alle grandi fotografie del mondo,
alle riproduzioni audio e video si affiancano alcuni degli oggetti che
hanno da sempre accompagnato
Bonatti: gli scarponi di cuoio oramai
consunti, la Ferrania Condoretta,
una piccola macchina fotografica
che us sul Petit Dru, e la macchina
per scrivere: una Serio, modello Everest-K2, che gli venne regalata
dalla stessa azienda produttrice
perch raccontasse la vera storia di
ci che successe sul K2 nel 1954.
forse grazie a quel dono che Bonatti prese ad affiancare allalpi-

nismo e allesplorazione delle vette


anche la narrazione. Acuto e attento
osservatore del mondo, Bonatti attraverso i suoi reportage dar voce
a realt lontane appassionando i
lettori delle pi grandi riviste italiane,
prima tra tutte Epoca.
Un uomo decisamente in controtendenza rispetto al contesto nel quale
viveva: nellItalia post-bellica del
boom economico Bonatti sceglie
lallontanamento dalla realt per andare a scoprire mondi nuovi e inesplorati. Mai lo sfiora il pensiero di
rimanere, anzi torna sempre a casa
per raccontare il suo vissuto: da
ciascun viaggio porta con s racconti, riflessioni e tante, tantissime
immagini per far sognare chi non
riesce a partire con lui.
Le immagini in mostra raccontano
dei grandi viaggi, della sua capacit
di errare solo e della sua grande
ammirazione per la potenza della

natura. Emerge anche una certa


consapevolezza di s: durante i suoi
viaggi Bonatti escogita una serie di
tecniche con fili e radiocomandi che
gli consentono di essere non solo
parte delle proprie fotografie, ma
romantico protagonista, quasi ultimo
e affascinante esploratore del mondo.
Una mostra che coinvolge il visitatore mescolando avventura, fotografia
e giornalismo, giungendo a delineare il profilo di un grande uomo che
ha contribuito a fare la storia del
Novecento.

Walter Bonatti. Fotografie dai


grandi spazi Palazzo della Ragione
Milano - Orari Tutti i giorni: 9.30 20.30 // Gioved e sabato: 9.30 22.30 La biglietteria chiude unora
prima dellorario di chiusura Luned
chiuso Ingresso 10 euro

Marc Chagall porta la leggerezza a Palazzo Reale


Non si pu essere a Milano
nellautunno 2014 e non aver visitato la grande retrospettiva dedicata a
Marc Chagall, tale stato il battage
pubblicitario che ha tappezzato
lintera citt. Non solo, ma Chagall
anche uno di quegli artisti che rimangono nei ricordi anni dopo la
fine degli studi, che sembra facile
capire e apprezzare e per i quali si
pi predisposti a mettersi in fila per
andarne a vedere una grande mostra. Su questa scia stato pensato
il percorso che ha condotto
allideazione della mostra, che
prende proprio le mosse dalla domanda Chi stato Marc Chagall? E
cosa rappresenta oggi?
Lesposizione, a Palazzo Reale fino
al 1 febbraio, accompagna il visitatore in una graduale avvicinamento
allartista; attraverso 15 sale e 220

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

opere si scopre lartista affiancando


lesperienza artistica alla sua crescita anagrafica. Uomo attento e profondamente sensibile al mondo che
lo circonda, Chagall, figlio ed erede di tre culture con le quali si
confrontato e che nel suo lavoro ritornano spesso: la tradizione ebraica dalla quale eredita figure ricorrenti, come lebreo errante, e immagini cariche di simbologie; quella
russa, sua terra natia dei bianchi
paesaggi e delle chiese con le cupole a cipolla, e quella francese delle avanguardie artistiche, incontrata
pi volte durante i suoi soggiorni.
Queste eredit si manifestano in
maniera eterogenea e armonica in
uno stile che rimarr nella storia per
essere solo suo: colori pieni di forma e sostanza, animali e uomini
coprotagonisti in una sinergia magi-

ca, latmosfera quasi onirica e


lamore assoluto che ritorna in ogni
coppia raffigurata, quello tra Marc e
Bella Chagall e che intride di felicit
e leggerezza ogni altro oggetto raffigurato intorno a loro. Persino il secondo conflitto mondiale e poi la
morte dellamata Belle paiono non
appesantire il suo lavoro, quanto
invece lo conducono a una maggiore profondit e pregnanza di significato.
Limmediato godimento della mostra, che potrebbe essere ostacolata dalla lunghezza e dal corpus cos
importante di opere, dato anche
dalla capacit didattica della audioguida e dei pannelli di mediare tra il
pensiero e il valore pittorico dellartista e locchio poco allenato del visitatore. I supporti presenti in mostra contestualizzano in maniera

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chiara il periodo e i lavori del pittore,
offrendo tal volta una descrizione,
tal volta un approfondimento nelle
voci della curatrice Claudia Zevi o
dellerede dellartista, Meret Meyer.
La mostra racconta anche la poliedricit dellartista: attraverso i costumi, i decori e le grandi scenografie che lartista ha realizzato per il
Teatro Ebraico Kamerny di Mosca
emerge lo Chagall sostenitore entusiasta e attivo protagonista in ambi-

to culturale della Rivoluzione dottobre; nelle illustrazioni per le Favole di La Fontaine e nelle incisioni
per Ma vie (la sua autobiografia) si
incontra un altro Chagall ancora,
che non teme in nessun modo il
mettersi alla prova con qualcosa di
nuovo e diverso.
Uomo e artista che si fondono in
una personalit quasi magica che al
termine della percorso espositivo
non si pu non apprezzare e che

sancisce, ancora una volta, il ruolo


dellartista nella storia dellarte moderna.
Marc Chagall. Una retrospettiva
1908 - 1985 - fino al 1 febbraio 2015
Palazzo Reale, piazza del Duomo
Milano - Luned: 14.30-19.30 Marted, mercoled, venerd e domenica: 9.30-19.30 Gioved e sabato:
9.30-22.30

Il PAC si mostra tra arte e cinema: Glitch


Glitch la distorsione, linterferenza non prevista allinterno di
una riproduzione audio o video.
anche il titolo della mostra, al PAC
fino al 6 gennaio, dedicata alle interazioni tra arte e cinema: attraverso
il video si compie una ricerca molto
soggettiva, indirizzata talvolta a raccontare delle storie, tal altre a documentare accadimenti o performance, altre ancora a sperimentare
tecniche espressive. Il glitch, la fermatura improvvisa della proiezione,
offre una pausa alla visione e
unoccasione per cogliere una sfumatura che altrimenti passerebbe
inosservata. Tra arte e cinema il
confine quasi invisibile, sempre
opinabile e mai definibile laddove
ciascuna voce lecita e autorevole.
La mostra raccoglie 64 video realizzati da artisti italiani che, raggruppati per aree tematiche, vengono proposti in loop nei tre mini-cinema allestiti negli spazi del museo in palin-

sesti ripetuti a giorni alterni. Al fianco delle proiezioni vengono presentate una selezione di opere di artisti
che hanno scelto il video come
mezzo espressivo ma che si avvalgono anche delloggetto come concretizzazione tangibile dellidea artistica.
Tra le opere di maggiore impatto:
Mastequoia Op. 09-013, una lunga
striscia di frame selezionati da un
girato di 54 ore su un viaggio compiuto dai tre artisti tra Rotterdam,
Fs e Tokyo (vero e proprio film,
vincitore del premio Lo schermo
dellarte 2013); attraverso luso del
VHS come supporto la qualit perde
molta definizione acquisendo per
un velo quasi melanconico e onirico,
oltre che di ricordo che si va lentamente sbiadendo.
Per rendere pi esaustivo il tema
stato presentato poi un fitto palinsesto di proiezioni e performance che
vanno ad ampliare ancora di pi la

panoramica sul tema che lesposizione si propone di offrire, dando


la possibilit al pubblico di ascoltare
il contributo diretto che lartista pu
dare.
Alla mostra, per, come se mancasse un collante tra le opere: ciascuna porta con s un valore riconosciuto e condiviso ma sembra
non essere in dialogo con quelle a
fianco, privando di conseguenza il
visitatore di quellaccrescimento dato dallinterazione e dal confronto
con un percorso complesso che
presenti artisti differenti.
Glitch fino al 6 gennaio 2015 al
PAC via Palestro - Orari da marted
a domenica 9.30 - 19.30; gioved
9.30- 22.30 Biglietti Abbonamento
10,00: consente un accesso illimitato alle proiezioni e agli eventi della
mostra, Intero 8,00 Ridotto 6,50
Ridotto speciale 4,00: per tutti i
visitatori ogni gioved a partire dalle
19.00;

Giovanni Segantini tra colore e simbolo


Una retrospettiva come Milano non
ne vedeva da tempo: 18 sale ricche
di ricerca, dipinti e testi che ripercorrono la vita e il lavoro del maggiore
divisionista italiano, Giovanni Segantini. Si tratta di un ritorno ideale
quello di Segantini a Milano, il capoluogo lombardo rappresent infatti il
polo di riferimento intellettuale e artistico per lartista; era la Milano della rivoluzione divisionista che stava
lentamente dimenticando lo spirito
scapigliata per cogliere la sfida simbolista. Al fianco del Segantini maturo delle valli e delle montagne
svizzere si riscopre anche un giovane Segantini che a Milano compie il
proprio apprendistato e ritrae i Navigli sotto la neve o delle giovani
donne che passeggiano in via San
Marco.
La mostra un racconto complesso
sul mondo di Giovanni Segantini
che accompagna il visitatore in un
graduale avvicinamento allartista,
che lo invita ad avvicinarsi attraverso i quadri, alle emozioni, ai pensieri

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

e alle riflessioni che alle opere sono


vincolati.
I grandi spazi, gli animali, le montagne sono elementi non di complemento e non casuali in Segantini ma
anzi, acquisiscono un valore mistico
e quasi panteistico che permea
lintero lavoro, frutto del forte legame tra lartista e la natura.
Questultima, madre spirituale per
lartista (e orfano di quella biologica), spesso resa (co)protagonista
delle opere al punto che giocando
sui titoli e sulla compresenza tra
uomo e animali si arrivi interrogarsi
su quale sia il vero protagonista.
Luso dei colori, che si scopre con il
tempo, sempre pi potente grazie
alla giustapposizione dei colori
complementari e uno dei momenti
culmine si raggiunge nellazzurro
senza eguali del cielo di Mezzogiorno sulle alpi (1891).
La mostra pu essere percorsa e
goduta in diverse maniere: in ordine
cronologico seguendo levoluzione
artistica e personale dellartista ac-

compagnati dallo scandire degli accadimenti della vita dellartista, oppure seguendo le sette sezioni tematiche in cui lesposizione suddivisa: Gli esordi, Il ritratto, Il vero ripensato, Natura e vita dei campi,
Natura e Simbolo attraverso i pannelli chiari e lineari che accompagnano ciascun gruppo di sale; o ancora, lasciandosi trasportare dalluso magistrale della tavolozza dei
colori, che ha reso Segantini il maggiore esponente del divisionismo
italiano. una delle poche occasioni dove le scelte curatoriali e allestitive consentono al visitatore di unire
la vita e il lavoro dellartista creando
un percorso omogeneo dal quale
emerge la complessit del carattere
dellartista, composto, come tutti gli
uomini, da vari ruoli: figlio, padre,
uomo, artista. Qualsiasi modalit si
sia scelta per la fruizione della mostra se ne uscir con appagata la
necessit di bellezza e colore, ma
pi vivida quella di percorrere le

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montagna e le valli tanto amate
dallartista.
Una nota positiva: i toni alle pareti
che vengono giustapposti uno dopo
l'altro, stanza dopo stanza, creando
come una rappresentazione visiva
al sedimentarsi delle conoscenze
dellartista.
Una nota negativa: nessuna segnalazione allingresso della mostra sul

numero di sale e il tempo previsto di


visita, lorario di chiusura sono le
19.30 ma dalle 19 i custodi provvedono incessantemente a fare presente la questione facendo uscire il
pubblico dalle sale alcuni minuti
prima dello scoccare della mezza.
Alla stessa ora chiude anche il bookshop, non una scelta vincente laddove questultimo rappresenta noto-

riamente una delle maggiori fonti di


entrata per mostre e musei.
Segantini fino al 18 gennaio 2015
Palazzo Reale (Piazza Duomo, 12 20121 Milano) Biglietti (con audioguida in omaggio) 12/10/6 Orari
Luned: 14.30-19.30 Marted, Mercoled, Venerd e Domenica: 9.3019.30 Gioved e Sabato: 9.30-22.30

LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
rubriche@arcipelagomilano.org
Jared Diamond
Armi, acciao e malattie
Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni
Introduzione di Luca e Francesco Cavalli Sforza
Einaudi 2014, 4 edizione
pp. 400, euro 13,50
La fortunatissima opera di giunta
alla quarta edizione italiana e appare oggi arricchita di due nuovi preziosi capitoli. Uno dedicato alle vicende del Giappone antico e moderno. L 'altro, in forma di postfazione, dedicato dal grande biologo californiano al dibattito sviluppatosi dopo il 1987 tra gli storici, gli economisti e persino tra i managers, sulle
stimolanti tesi esposte nel volume.
Ne prova la recensione ad "Armi,
acciaio e malattie" che Bill Gates
scrisse nel 1997.
Tutto nasce nel 1972, racconta
Diamond, quando Yali, un giovane
politico della Nuova Guinea gli chiese, durante una passeggiata lungo
le spiagge dell'isola come mai la
sua terra, abitata da almeno mille
popolazioni indipendenti nel corso
degli ultimi sessantamila anni, sia
stata conquistata dagli europei in
meno di due secoli.
"Armi, acciao e malattie" intende
rispondere a quella domanda e alle
molte altre connesse a quella: perch stato un italiano a scoprire il
nuovo mondo? Perch un capitano
spagnolo con 168 uomini si impadronito dell'impero Inca e del suo
imperatore, difeso da un esercito di
80.000 soldati? Perch gli Europei
hanno conquistato almeno due terzi
del mondo in 400 anni e non accaduto il contrario?
Diamond respinge -.come ricordano
nella illuminante introduzione Luca
e Francesco Cavalli Sforza - le tesi
sulla "Ineguaglianza delle razze

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

umane" di de Gobineau, che sosteneva l'esistenza di una "superiorit


intrinseca" (cos nel 1855, oggi si
direbbe biologica) dei popoli di pelle
bianca sugli abitanti del pianeta,
ammonendo i suoi contemporanei
dalla mescolanza con genti di colore, che avrebbe inevitabilmente determinato il declino della civilt occidentale.
In realt, ricordano i Cavalli Sforza,
non esistono sul piano scientifico
fattori biologici che conferiscano ai
bianchi una superiorit innata. La
nozione di razza si applica bene ai
cani e ai cavalli, ma non pu essere
trasferita alla specie umana. Tuttavia, se oggi non pi possibile sostenere, se non per ignoranza o malafede, posizioni razziste sul piano
biologico, rimane un diffuso razzismo di tipo culturale che sostituisce
a una pretesa gerarchia biologica,
una sorta di gerarchia dell'intelligenza, che vede gli europei al primo
posto, almeno nell'ultimo millennio.
Il lavoro di Diamond fa giustizia anche di queste tesi di riserva, dimostrando come le attivit umane di
cui fatta la storia, sono state rese
possibili dalla geografia, dalla climatologia e dall'ecologia in genere, che
hanno conferito alcuni vantaggi di
partenza a particolari regioni rispetto ad altre.
E l'affascinante indagine dell'ornitologo americano si estende anche
alla ecologia umana, sia sul piano
politico, che su quello organizzativo.
Metodo che viene utilizzato per ri-

spondere anche all'interrogativo di


fondo del perch, all'interno dell'Eurasia, gli europei avessero avuto pi
successo dei cinesi negli ultimi secoli. Assistiamo cos a un'inebriante
cavalcata intellettuale sui vantaggi
della maggiore flessibilit della tradizione giudaico cristiana rispetto al
Confucianesimo, sulla conseguente
nascita della scienza moderna, del
mercantilismo e del capitalismo .
Particolarmente interessanti i capitoli dedicati al "principio di frammentazione ottimale" secondo il quale
l'Impero celeste, che, per ragioni
geografiche, aveva raggiunto l'unit
politica molto presto, era troppo poco diviso rispetto all'Europa post
romana, dove la disunit politica ha
favorito la competizione, dando
maggiore possibilit agli innovatori
di sviluppare le loro idee e dunque
consentire
l'avanzamento delle
scienze, della tecnologia e dei
commerci.
Non si tratta, ammonisce Diamond,
di teorie prive di implicazioni. Ad
esempio, una catastrofe come la
Rivoluzione culturale degli anni '60,
'70, durante la quale pochi governanti scriteriati bloccarono di fatto il
sistema scolastico, universitario e
della ricerca, del paese pi popoloso al mondo, non stata un'aberrazione casuale, ma potrebbe ripetersi
in futuro, magari con modalit diverse, se la Cina non diventer meno
politicamente monolitica.
Paolo Bonaccorsi

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SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org
Quando arriva la rvrence: Sylvie Guillem e il suo addio alle scene
Una lezione di danza classica comincia con il riscaldamento e risveglio muscolare, poi alla sbarra si
svolgono esercizi dedicati al rinforzo
e allallungamento di tendini e muscoli graduati per difficolt, partendo
dai plis e arrivando agli adagi in
centro e tutti gli allegri - piccoli e
grandi salti e figure. Alla fine prima
di andare via arriva il momento della
rvrence, il saluto di congedo dalla
lezione e ringraziamento allinsegnante.
La rvrence arriva solitamente dopo il picco della lezione, dopo che si
sono fatti i grandi salti, giri veloci in
centro o in diagonale e i manges.
Se si dovesse descrivere una lezione di danza con un diagramma, si
noterebbe lasimmetria di una linea
crescente che attraversa i vari punti
- esercizi e tra il penultimo e lultimo
punto una vistosa caduta in verticale.
Alla acme della sua carriera, dopo
che il pubblico per oltre trentanni
lha amata e applaudita, qualcuno
lha criticata - ma anche questo fa
parte della vita di palcoscenico -,
Sylvie Guillem ha deciso di fare la
sua rvrence.
Famosa per essere stata la pi giovane prima ballerina toile del mon-

do, quando a soli diciannove anni


lallora direttore artistico dellOpra
di Parigi Rudolf Nureev la nomin
dopo una brillante esecuzione del
Lago dei cigni. Solo lanno prima
era stata scelta da Rudy come solista per il ruolo della Regina delle
Driadi nellatto bianco del Don Chisciotte.
Sylvie Guillem diventata famosa
per essere stata la controparte
femminile della rottura con il precedente stile di danza che qualche
decennio prima aveva fatto il suo
maestro Nureev per la danza maschile. Nella rottura Nureev - Guillem le doti fisiche sono state portate al livello superiore delle doti tecniche e interpretative; il virtuosismo
e il temperamento deciso sono entrati anche nel balletto romantico.
Nel gala per i cinquantanni del maestro Nureev, il pubblico londinese
del Royal Opera House, abituato
alla dolce delicatezza e sensibilit di
Margot Fonteyn, ha assistito a quelle che sono diventate le ammirate/criticate gambe allorecchio nei
relevs lents e arabesques di Giselle.
Dopo una brillante carriera come
toile internazionale di spettacoli di
balletto classico e neoclassico (Ba-

lanchine, Petit, etc.), Sylvie con


Maurice Bjart inizia una carriera
nella introspezione della danza contemporanea, che la porter poi anche a tentativi coreografico - registici, come la sua versione contemporaneggiante di Giselle per il Balletto
Nazionale di Finlandia (1998), in cui
pi vicino al proprio temperamento
lingenua fanciulla del balletto romantica si trasforma in donna decisa e grintosa, cos come le Willi diventano sirene seduttrici, senza pi
vincoli storici n letterari.
Nelle scorse settimane stato annunciato che da marzo a dicembre
2015 Sylvie Guillem voler in tutto il
mondo per la propria beneficiata di
addio. La rvrence della forse pi
famosa ballerina del mondo partir
dallItalia: il 31 marzo 2015 al Teatro
Comunale Luciano Pavarotti di
Modena si assister alla prima
mondiale di Life in Progress. Con
questo titolo Sylvie Guillem vuole
dire addio alla vita entusiasmante
da danzatrice e interprete di rottura
a un nuovo progresso che la sua
vita prender in una nuova direzione.
Domenico G. Muscianisi

CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
Magic in the moonlight
di Woody Allen [USA, 2014, 98']
con Colin Firth, Emma Stone
1928. Stanley Crawford, in arte Wei
Ling Soo a Berlino con il suo spettacolo di magia. Fa sparire elefanti
sul palco e incanta il pubblico elegante con esperimenti di levitazione. Misantropo e colto, ritiene che la
gran parte dellumanit si affidi al
divino e alla magia per tollerare il
pensiero dellinutilit della vita e del
vuoto dopo la morte.
Howard Burkan, suo amico e collega, gli propone di aiutarlo a smascherare i trucchi di una giovane
medium che sta incantando i membri di una ricca famiglia statunitense
che risiede nel Midi francese, con
lobiettivo di farsi finanziare.

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

Lincontro con Sophie Baker, la giovane medium, immediatamente


spiazzante; per quanto Stanley continui a mantenere la propria posizione razionalista, la ragazza lo stupisce perch intuisce cose molto private della vita di lui. Quella che inscena con Sophie, in realt per
Stanley una lotta con se stesso
per non cedere allirrazionalit, che,
egli sente, lo aiuterebbe molto a vivere pi felice, pi leggero in un
mondo che per lui non ha senso.
Durante tutto il film, il mago inglese
strapazzer la giovane medium e
cercher di svelarne i trucchi. Poi,
complici la Provenza, il mare e i
chiari di luna, capitoler di fronte

allirrazionale. Finch la razionalit


riprender il sopravvento, senza per potersi sottrarre alla magia
dellamore nato fra i due.
I temi classici della poetica di Woody Allen: razionalit/irrazionalit;
esistenza di un senso di questa vita
mortale; possibilit di un poi dopo la
vita terrena sono riproposti in questa commedia dai toni pastello.
La leggerezza dei dialoghi, la perfezione nella scelta dei vestiti, dei
gioielli, delle scene e delle ambientazioni; la magia delle musiche giocate tra charleston, jazz e classica;
la bella performance degli attori,
rendono questa commedia molto
piacevole da vedere.
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Sembra quasi che, per quanto riguarda i personaggi, Woody Allen
abbia giocato il registro del clich: il
giovane rampollo americano, ricco
di seconda generazione, un ingenuo nullafacente dedito solo a scrivere serenate per la sua bella; la
mamma di Sophie una scaltra
donna daffari che sfrutta il talento
della figlia per uscire da uno stato di

miseria; la zia di Stanley, ironica e


ricchissima inglese rifugiatasi in
Provenza, ha ovviamente un tragico
amore alle spalle che ha segnato la
sua vita.
I temi sono s le grandi domande
filosofiche, ma anche linvidia per il
successo altrui, il desiderio di migliorare la propria esistenza, il progresso. Credo che Mister Nie-

tzsche abbia sistemato la faccenda


di Dio in modo convincente afferma
Stanley durante una conversazione
in giardino con i suoi ospiti; peccato
che questi non conoscano Nietzsche e non vogliano vivere in un
mondo privo della consolazione di
Dio e in cui assumersi tutta la responsabilit della propria esistenza.
Tootsie

IL FOTO RACCONTO DI URBAN FILE

PIAZZA OBERDAN: IL RESTYLING DI UN'AREA DEGRADATA


http://blog.urbanfile.org/2014/12/09/zona-porta-venezia-partono-oggi-i-lavori-per-piazza-oberdan/

MILANO SECONDO [Ruth]


Andre Ruth Shammah: LA NOSTRA CITT TRA LA SUA ANIMA E IL FIDELIO
http://youtu.be/Mz6aAp9w8nk

n. 43 VI - 10 dicembre 2014

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