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Capitolo VII: gli aspetti antropici.

IL PAESAGGIO DELLA CONQUISTA ROMANA

La dominazione romana costituì una cesura e una profonda Tarquinia che insieme avrebbero potuto creare seri problemi a
trasformazione nel complesso sistema economico e insediativo Roma3.
del territorio della Via Amerina. Falerii ebbe ulteriori scontri con Roma: dal 357 al 351 a.C. (al
L’area controllata da Falerii, al confine con le terre d’Etruria, tempo in cui era alleata con Tarquinia); successivamente nel 293,
condusse i falisci già dal 402 a.C. ad allearsi con etruschi e cape- e infine, dopo l’interruzione di un trattato di pace perpetua, nel
nati (Veio, Capena) per contrastare l’espansionismo romano: pur- 241, una data cruciale nella storia del territorio4.
troppo le continue guerre e saccheggi provocarono nel territorio Roma, a seguito delle vicende legate all’occupazione
gravi situazioni di instabilità politica ed economica. dell’Etruria meridionale, inseguì due atteggiamenti nei riguardi
Prima con la caduta di Veio e Capena (396-395 a.C.), poi con dei territori conquistati. Comportamenti ricollegabili entrambi a
il successivo ingresso di Nepi e Sutri nella sfera romana, Falerii una politica unitaria, basata su due concetti: decentramento urba-
restò isolata nell’Etruria meridionale e fu costretta a un primo no, per annullare i rischi di ribellione e incremento della produ-
trattato di pace nel 394 a.C.1 zione agricola.
L’attestarsi di Roma in posizione avanzata con le postazioni di Il perseguimento di tale politica di conquista, incentrata sullo
Nepi e Sutri, considerate porte d’Etruria perché contemporanea- sconvolgimento delle strutture territoriali, determinò il più repen-
mente barriere e ingressi2, permise ai conquistatori il controllo tino e forte disegno paesaggistico avvenuto in Etruria meridiona-
sull’Agro Falisco, con la posizione strategica di Nepi (che ve- le. Questo disegno fu supportato dalla fondazione ex novo di cit-
dremo consolidarsi nei secoli successivi) e con un baluardo nei tà, dallo sfruttamento massiccio delle risorse naturali e agricole,
confronti di Tarquinia costituito dalla roccaforte di Sutri. Si ven- nonché dalla realizzazione di un diverso sistema stradale.
ne così a interrompere il contatto tra le città alleate di Falerii e I territori di Sutri, Nepi e Veio, quindi le parti a sud-ovest del
territorio, conquistate già nel IV secolo a.C. conservarono in un

3
In seguito a tale fronte Tarquinia conquisterà, nel 389 a.C. Sutri che venne
1
De Lucia Brolli, A.M., L’Agro Falisco …… op. cit. poi subito ripresa dai romani. Morselli C., Sutrium. Firenze:, 1980.
2 4
“…loca opposita Etrurie e velut claustra inde portaeque” Livio 6, 9, 4. Pallottino M., Etruscologia. Milano: 1984.

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certo senso lo status quo. Gli originari siti occupati dalle città dell’80% dei 104 centri agricoli... decaddero al tempo della con-
continuarono (e rafforzarono nel caso di Nepi e Sutri) il ruolo quista romana e il 50% non venne mai più rioccupato”9. Pur tut-
svolto precedentemente; anche grazie all’arrivo di nuovi abitanti tavia quest’applicazione della teoria di conquista si completò an-
gli insediamenti agricoli furono incrementati fino allo sfruttamen- che con la simultanea fondazione di fattorie agricole: in così gran
to dei terreni più marginali e l’inizio del disboscamento della fo- numero che in epoca repubblicana sorpassarono quelle del perio-
resta cimina5. do precedente.
Le analisi polliniche effettuate sul lago di Monterosi hanno La distribuzione e le caratteristiche degli insediamenti agricoli
dimostrato come, fino alla conquista romana, tale area non fosse variavano secondo le dimensioni. C’era una prevalenza di piccole
stata mai toccata dalla presenza umana. Non per nulla la selva fattorie con una superficie media di 1000-1400 mq (43% del tota-
cimina era definita impenetrabile e orrenda, e tale restò fino a le dei siti), una consistente presenza di capanne e ricoveri utiliz-
quando, nel 310 a.C., Quinto Fabio Rulliano non l’attraversò per zati prevalentemente da pastori (35% del totale dei siti) e un buon
giungere fino a Perugia6. Quest’episodio dimostra anche come numero di ville rustiche dotate di terme, porticati, rivestimenti
nella pianura vulcanica i boschi avevano ormai perso, già prima marmorei e stucchi (22% dei siti).
dell’arrivo dei romani, le connotazioni di silva7. Il potenziamento delle attività agricole e la specializzazione
Diversa è la strategia dei romani nei confronti dell’area più a delle colture doverono modificare notevolmente il paesaggio. Lo
nord di Nepi, quella controllata da Falerii. Qui la politica romana sviluppo del sistema del maggese biennale e il piano geometrico
intraprese l’evacuazione di tutti i siti di origine preromana con la dei lotti e dei campi, ereditato dagli etruschi, furono perfezionati
conseguenza di far scomparire città egemoni come Narce e Falerii cercando l’integrazione tra agricoltura e allevamento. Il fine per-
e di avviare a un rapido declino i centri più settentrionali come seguito fu quello di un giusto equilibrio tra sfruttamento delle po-
Corchiano, Grotta Porciosa e Ponte del Ponte8. tenzialità produttive del terreno e il completamento delle stesse
A differenza dei centri dell’area veientana del IV secolo, con sostanze organiche rappresentate principalmente dal letame.
l’abbandono coinvolse anche i siti rurali. Secondo Potter “... più L’agricoltura romana adottò quindi due sistemi che conferirono al
paesaggio forme diverse. Il primo detto a campo aperto, dove tra
5 gli appezzamenti non vi erano segni divisori e dopo il raccolto i
Potter W.T., Storia del paesaggio…, op. cit.
6
Bonacelli R., La Natura e gli Etruschi, in Studi Etruschi, vol.II. Firenze:
maggesi erano lasciati al pascolo promiscuo del bestiame di tutta
1928 (ristampa 1967). la comunità. Il secondo detto dei due campi (alternanza biennale
7
Non dobbiamo dimenticare il valore religioso del bosco che dalla cultura e- maggese-cereali) con un paesaggio a campi chiusi (Fig. 1), deli-
trusca mutua in quella romana e persiste ancora a lungo nei riti ma dal concetto mitato da strade vicinali, siepi e alberate, dove l’integrazione del-
di silva paurosa si trasforma in lucus come quello di Feronia, grande santuario la base foraggiera era assicurata con l’assegnazione di speciali
dove “....all’ombra del bosco sacro, garante la dea della sorgente, si riunivano
nella festività periodica Falisci e Latini, Etruschi, Sabini e Umbri....”Quilici L.,
appezzamenti pubblici al pascolo promiscuo10. Nel territorio in
Il Tevere a nord di Roma in età romana, in: Il Tevere un’antica via per il Me-
9
diterraneo. Catalogo della mostra 21 aprile-29 giugno 1986, Roma: 1986. Potter W.T., Storia del paesaggio..., op. cit.
8 10
De Lucia Brolli A.M., L’Agro..., op. cit. Sereni E., Storia del paesaggio agrario …. op. cit.

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questione è presumibile che siano stati adottati entrambi i sistemi. nicum miliaceum) e il panico (panicum italicum)12. Ma le colture
L’adozione del maggese biennale conferì un’orditura di segni or- che conferirono un’impronta diversa al disegno del paesaggio fu-
togonali al territorio tramite la limitatio (divisione del suolo agra- rono le piantate costituite prevalentemente dall’olivo e dalla vite,
rio) realizzata attraverso il cardo e il decumanus che composero quest’ultima coltivata con il sistema promiscuo sia dell’alberello
non solo la divisione dei campi ma anche la viabilità pubblica e sia del palo vivo13.
vicinale11. Va rammentata la coltivazione del lino (linum usitatissimum),
pianta utilizzata nell’Agro Falisco soprattutto per la fibra dalla
quale si ricavavano abiti, vele, reti da caccia e da pesca14.
Gli arboreti si diffusero relativamente tardi in relazione alla
modifica del sistema proprietario. Questo, verso la fine dell’età
repubblicana, passò dalla piccola proprietà ad una concentrazione

12
L’Etruria fornì a Roma, tramite la via di comunicazione del Tevere, numero-
si aiuti durante le frequenti carestie del V secolo (492, 490, 440, 433 e 411
a.C.). “…ex Tuscis frumentum Tiberi venit” Livio, II, 34.
13
Il sistema di allevamento a palo vivo (albereto gallico), chiamato anche
ramputinum, consisteva nel sostenere i tralci di vite tramite dei sostegni, gene-
ralmente alberi, a differenza del sistema greco (alberello) dove la vite cresceva
senza sostegno. Le piante utilizzate per il palo vivo erano diverse ma quelle
consigliate dagli autori romani dovevano essere dotate di fogliame poco denso
così da non togliere soleggiamento alla vite: opulus (acero campestre ?), cor-
niolo, carpino, orniello, salice, olmo, pioppo nero, frassino, fico, olivo, tiglio,
acero e anche la quercia. Il sistema a “sostegno morto” si basava sull’utilizzo
di semplici pali (pedamenta) o da gioghi (iugatae): il sostegno a palo poteva
essere costituito da palanche, pali, canne; il giogo da pertiche, canne e corde.
Fig. 1. Il paesaggio del “campo chiuso”. Bonacelli R., La Natura....op. cit.
14
Anche se la coltivazione del lino è citata da vari autori come Grazio Falisco
Le coltivazioni di maggiore importanza erano costituite dai ce- “...et aprico Tuscorum stupea campo Messis, contiguum sorbens de flumine
reali: il farro (triticum dicoccum e triticum spelta), il miglio (pa- rorem, qua cultor Latii per opaca silentia Tibris Labitur, inque sinus magno
venit ore marinos. At contra nostris imbellia lina Faliscis …” e Silio Italico IV,
223 “…indutosque simul gentilia lina Faliscos”, la produzione evidentemente
non era di eccellenti qualità (...imbellia lina...) rispetto a produzioni di altre
11
Decumanus e cardo sono gli elementi costitutivi del paesaggio agrario ro- aree geografiche. Ciò anche perché il clima non si addice a questa pianta che
mano, essi determinano una limitatio regolare spesso in centurie, quadrati di richiede suoli alluvionali, limosi e profondi. Probabilmente tali colture si svi-
710 metri di lato equivalenti a 2700 piedi per una superficie di 50 Ha; o in stri- luppavano nei fondovalle più ampi come la foce del Treia e la Valle del Teve-
gae o scama se il lotto risulta rettangolare. re.

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di fondi con l’utilizzo sempre maggiore di manodopera servile. giardini e nei grandi parchi delle ville la vegetazione, spesso eso-
“A questo sempre più largo impiego della manodopera servile, e tica, fu utilizzata con effetti scenografici. Tra le essenze erano
all’entità sempre maggiore delle anticipazioni richieste da comuni l’acanto, la rosa, il lauro (introdotto dalla Grecia), il bos-
un’economia di piantagione, risponde la decadenza delle vecchie so (utilizzato come bordura e nell’arte topiaria), l’edera (dal signi-
forme della piccola proprietà e del piccolo possesso dei coltiva- ficato simbolico di gaiezza), il platano (pianta importata dalla
tori diretti, e la crescente importanza della grande azienda agra- Grecia e utilizzata esclusivamente per uso ornamentale), il cipres-
ria schiavistica, la villa rustica...”15. so (utilizzato per delimitare i fondi rustici e dal I secolo
Questa tendenza ad accentuare la proprietà terriera (latifundia) dell’impero diffuso anche nell’ornamentazione dei sepolcri).
avrebbe ridotto il numero delle piccole proprietà di contadini- Il paesaggio subì un’ulteriore trasformazione e un ritorno, pos-
coloni. La fine del ceto agricolo e l’inizio della decadenza della siamo dire, al disegno paesaggistico del campo aperto. L’antico
coltura granaria si sarebbero accompagnati anche ad una trasfor- frazionamento della proprietà (campi chiusi) e il suo disegno or-
mazione dell’assetto socioeconomico. Diverse zone furono inglo- dinato in lotti si dissolse, infatti, in forme aperte e meno rigide.
bate nei latifondi e lasciate ad un’economia soprattutto pastorale Queste nel Basso impero, con la crisi della manodopera servile,
che si accentuò in età imperiale. portarono il maggese biennale verso un sistema di campi e d’erba
Assunse importanza il trifoglio e le colture prative in generale. con lunghi periodi di riposo a pascolo18.
Queste, con un minore investimento di capitali, consentivano di Fin dall’inizio del III sec. d.C, la situazione economica con-
ottenere il massimo rendimento produttivo16. dusse ad una riduzione del numero dei siti agricoli occupati. Se
La villa rustica, oltre ad essere una grande azienda agraria, fu
anche il luogo dove la cultura romana esibì il proprio senso este-
tico e paesaggistico. Roma sviluppò il concetto di verde legato al natura è stata per così dire organizzata da giardinieri e ingegneri idraulici. Il
gusto del bello e del diletto personale, tanto da arrivare, nelle paesaggio è costellato di siepi e terrazze; i campi coltivati e gli orti, la gran
grandi ville suburbane, alla trasformazione d’intere porzioni di quantità di legna da ardere e il bestiame da latte rendono quasi autonoma ogni
paesaggio con funzioni diverse e legate alle innovazioni architet- villa, ...” MacDonald W.L., Pinto J.A., Villa Adriana. Milano: Electa, 1997.
18
toniche e filosofiche provenienti dall’Oriente ellenizzato17. Nei “Non si tratta qui solo, si badi bene, di un processo di degradazione del pae-
saggio agrario, ma anche di una progressiva disgregazione delle sue forme più
precise. Nel nuovo ordinamento interno della grande proprietà, del saltus si-
15
Sereni E., Storia del paesaggio...op. cit. gnorile o imperiale, in effetti, con la preminenza che in esso vengono assu-
16
Bonacelli R., La Natura...op. cit. mendo le attività dell’allevamento, il riconoscimento del diritto di pascolo dei
17
“La villa era per antonomasia un luogo ove riposare durante il tempo libero, coloni su tutte le terre del saltus stesso (jus pascendi) diviene un’esigenza pro-
o otium, che era il contrario di negotium, cioè attività o non riposo... Grande duttiva, così come un’esigenza produttiva diviene il riconoscimento del loro
rilievo viene dato alla posizione e alle caratteristiche del luogo,importantissime diritto di semina sulle terre salde (jus serendi): da un regime e da un paesaggio
per la riuscita del progetto: il mare e i monti, il tempo e i venti stagionali. Onde di campi chiusi, così, già si rileva la tendenza al passaggio ad un regime di
ottenere un certo effetto complessivo risultano quindi essenziali boschi, prati e campi aperti, nel quale tutte le terre del saltus, appunto sono aperte, dopo il
vedute sia naturali che artefatte. Benché collocate in un sereno scenario rurale, raccolto, al pascolo promiscuo delle greggi.” Sereni E., Storia del paesag-
queste residenze sono perfettamente attrezzate: non manca mai alcunché e la gio...op. cit.

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ne sarebbero avvantaggiati i boschi e la macchia che in alcune a- le20. La Via Cassia (probabilmente dal 154 a.C.) abbandonò
ree avrebbero resistito sino ai nostri giorni19. l’antico centro di Veio e penetrò, rafforzandola, la roccaforte stra-
Le forme del tessuto agrario, che in età repubblicana e alto im- tegica di Sutri. La Via Amerina, come vedremo meglio, collegò
periale rappresentarono il controllo e il dominio geometrico della in modo stabile Nepi alla Cassia, ma senza toccare gli antichi cen-
romanitas sulla natura, furono sostituite da un processo di degra- tri falisci più a nord21.
dazione di quelle forme paesaggistiche e dal ritorno alla naturali-
tas di un territorio che, ancora oggi, conserva i suoi tratti più sel-
vaggi e caratteristici.

LA RETE STRADALE ROMANA


L’applicazione del concetto di decentramento urbano e
d’attrazione dei territori italici nella sfera romana trovò la sua e-
splicitazione materiale nella realizzazione del sistema viario.
Nella conquista dell’Etruria meridionale e nel definitivo as-
soggettamento e controllo delle popolazioni, i tracciati stradali
confermarono la volontà romana di non avere vincoli di carattere
storico o ambientale. Roma pianificò le nuove vie di comunica-
zione con estrema precisione tecnico-politica, adottando solo in
parte tratti stradali precedenti e senza esitare ad abbandonarli qua-
lora non fossero stati idonei alla strategia complessiva di conqui-
sta.
Il primo concetto con il quale furono determinati i tracciati fu Fig. 2. Schema delle strade romane nell’Italia centrale.
quello d’isolamento dei nuclei urbani preesistenti o di rafforza- Il secondo concetto fu la velocità di percorrenza. Questa dove-
mento di quelli funzionali al controllo del territorio. Subito dopo va consentire di raggiungere nel minor tempo possibile le regioni
la conquista di Falerii, fu codificato nel 220 a.C. il tracciato defi- controllate dall’espansionismo romano per ragioni d’ordine mili-
nitivo della Via Flaminia in funzione della conquista della Gallia
20
Cisalpina. Il nuovo tracciato emarginò, di fatto, la capitale falisca Per una descrizione del territorio attraversato dalla Via Flaminia nel tratto da
ponte Milvio a ponte Felice nei pressi di Civita Castellana consultare: Messi-
dagli scambi commerciali e ne svuotò il ruolo di centro territoria-
neo G., Carbonara A., Via Flaminia.Roma: 1993.
21
Per il percorso della Via Cassia, da Roma ai confini con la Toscana, vedere
19
Nell’Agro Falisco il 40% dei siti fu abbandonato nel 300 d.C. e il 50% alla Cavallo D., Via Cassia I Via Cimina. Roma: 1992 e Martinori E., Via Cassia.
fine del IV secolo. Potter W.T., Storia del paesaggio..., op. cit. Roma: 1930.

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tare o amministrativo. Il concetto di velocità fu legato alla razio- utilizzava anche sabbia e pozzolana con calcina per rinsaldare la
nalizzazione del tracciato e al percorso più breve e meno acciden- base. A seguito del compattamento del sottofondo erano disposte
tato. Ciò naturalmente comportava ingenti sforzi economici sia le pietre di pavimentazione (basoli) costituite da materiale molto
nella costruzione sia nella manutenzione di ponti, viadotti, taglia- duro (basalto, leucite) o materiale locale (calcare, arenaria). Le
te, rilevati e pavimentazioni. pietre, connesse con estrema precisione, avevano una forma poli-
gonale, proprio per determinare una maggiore coesione. Per evita-
re che i carri superassero la crepidine e salissero sui marciapiedi,
LA COSTRUZIONE E L’AMMINISTRAZIONE si disponevano ad intervalli regolari dei basoli in verticale (gon-
DELLE VIAE PUBLICAE phi). L’opera si completava con l’apposizione di cippi in pietra
(miliari) che segnavano la distanza progressiva per ogni miglio
I tracciati stradali erano determinati o da ingegneri militari (1478 metri)23 (Fig. 3).
(praefecti fabrum) o, quando la realizzazione era civile, dai men-
sores o dagli architecti.
La realizzazione della strada, dopo un tracciamento eseguito
con la massima precisione, richiedeva l’apertura di trincee, la
formazione di rilevati o l’attuazione di sbancamenti (tagliate): ciò
per dare alla strada una pendenza costante e in ogni modo non ec-
cessiva22. Parallelamente all’asse della strada erano scavati dei
solchi (sulcis) dove si posizionavano delle pietre in verticale
(crepidines) che determinavano i bordi della strada e svolgevano Fig. 3. Sezione tipo della strada (da Carta Archeologica).
il ruolo di contenere sia il sottofondo sia la pavimentazione.
Particolare attenzione si poneva all’irregimentazione delle ac-
que meteoriche e di quelle presenti naturalmente lungo il percor- La dimensione della carreggiata variava secondo l’importanza
so. Le strade presentavano notevoli lavori di drenaggio realizzati e della mole di traffico. Generalmente era di 14 piedi (4.10 me-
con opportune pendenze della massicciata e poi convogliate, at-
traverso canali, verso l’esterno della carreggiata.
Dopo la realizzazione del tracciato e delle crepidini, si badava
a mettere in opera un’adeguata fondazione con materiale di riem- 23
I miliari oltre che a segnare la distanza indicavano il nome del magistrato
pimento (agger), per uno spessore variabile secondo la consisten- che aveva costruito o restaurato la strada e quello dell’imperatore sotto cui
za del terreno e con diversa granulometria degli inerti. Spesso si quell’opera era stata realizzata. Sulla Flaminia, nei pressi di Civita Castellana,
il miliario di Costantino (miglio XXXV) testimonia come ancora nel IV secolo
d.C. tale tratto stradale fosse di estrema importanza per Roma. Mennella G.,
22
Non erano rare le pendenze in rettifilo di 12-13 gradi. Miliari tardo-romani sull’itinerario falisco della Flaminia. Faenza: 1988.

88
tri)24 per le strade di grande comunicazione, ma tale misura non LA VIA AMERINA27
era evidentemente l’unica. Bisogna considerare che l’interasse tra
le ruote dei carri era di 90-110 cm, quindi una tale larghezza per- Subito dopo ponte Milvio, a nord di Roma, si dipartivano quat-
metteva un comodo doppio senso di marcia25. tro strade: Via Flaminia, Via Tiberina, Via Cassia e Via Clodia.
La manutenzione delle strade era affidata ad un curator impe- Al XXI miglio della Via Cassia, al centro della depressione calde-
gnato nella gestione di tutti i problemi legati ad una particolare rica di Baccano, all’altezza della mansio ad Vacanas28, si staccava
via. Spesso tale mandato si estendeva anche alle vie secondarie in direzione nord una delle più importanti e oggi meglio conser-
che si dipartivano dalla principale, come il caso delle vie Cassia, vate strade dell’Etruria meridionale: la Via Amerina che raggiun-
Clodia, Cimina e Annia (Amerina?) sottoposte al controllo di geva l’Umbria29.
un’unica magistratura26.

27
In questi ultimi anni a seguito delle pionieristiche ricognizioni della British
School di Roma, pubblicate nel 1957, e successivamente con gli scavi intrapre-
si nel 1983 dalla Soprintendenza archeologica per l’Etruria Meridionale con la
collaborazione del Gruppo Archeologico Romano, si sono susseguite numero-
se e valide pubblicazioni di carattere storico-topografico sul tracciato della Via
Amerina. Per tali motivi il nostro approccio all’illustrazione del percorso si
sforzerà di analizzare le qualità paesaggistiche della strada romana evitando,
per quanto possibile, considerazioni di carattere storico-archeologico. Per una
approfondita ed esauriente descrizione della Via Amerina dal punto di vista
storico archeologico vedere: Frederiksen M.W., Ward Perkins J.B., The an-
cient road systems of the central and northern Ager Faliscus, in Papers of the
British School at Rome, XXVI, 1957. De Lucia Brolli M.A., La Via Amerina,
in Antiqua, 5-6, (sett.-dic.), 1987. De Lucia Brolli M.A., L’Agro..., op. cit.
28
I resti della stazione di posta della mansio di Vacanas, citati dalla Tavola
Peutingeriana, sono venuti alla luce nel 1979, in seguito a lavori connessi con
l’ampliamento della SS 2 Cassia. Gli scavi hanno messo in evidenza alcuni
ambienti riconosciuti come tabernae e un ambiente termale. Vedi Gazzetti G.,
24
Il piede romano misura 29.56 centimetri ed è di derivazione greca, mentre Le campagne sistematiche di scavo nella Valle di Baccano, in Antiqua, nn 5-6
quello precedente (pes oscus o italicus) era di 27.50 centimetri. Il piede si di- (sett.-dic.), 1987.
29
videva in quattro palmi (7.39 cm); i multipli erano: cubito (1.5 piedi = 44.40 L’appellativo di Amerina deriva dalla città romana di Ameria, meta termina-
cm), passo (2.5 piedi = 74.00 cm), pertica (10 piedi = 296.00 cm) e il miglio le del tratto più conosciuto della strada, ma è controverso se in antico a tutto il
(5000 piedi = 1478.00 metri). Docci M., Maestri D., Il rilevamento architetto- percorso sia stato attribuito questo nome. Alcuni dati epigrafici citano una Via
nico. Roma-Bari: 1987. Annia posta in relazione a Falerii Novi. Gli stessi autori della Carta archeolo-
25
Quilici L., Le strade. Viabilità tra Roma e Lazio. Roma: 1990. gica chiamano Via Amerina soltanto quella che esce dalla porta nord di Falerii
26
Ibidem Novi.

89
La strada fu realizzata a spezzoni: i romani, probabilmente nel nell’attraversare perpendicolarmente i crinali, che sarebbero di-
IV secolo a.C, pianificarono un primo tratto di collegamento con venuti, per molti anni a seguire, dei decumani di collegamento
Nepi.30 Dopo la conquista di Falerii, 241 a.C., fu dato inizio alla trasversale tra le pendici dei monti Cimini e il Tevere.
definitiva realizzazione del percorso che tagliò in linea retta il ter- Tutto ciò fu il segno della volontà romana di ri-creazione del
ritorio falisco, ponendo a latere le antiche città preromane e, di paesaggio non più inteso come ripetizione mnemonica delle sue
fatto, escludendole da contatti con la nuova arteria di comunica- strutture primarie, tipiche dei popoli più antichi, bensì come crea-
zione territoriale. zione nuova, tale da segnare un diverso atteggiamento di possesso
Rappresentativa di questa scelta politica fu la fondazione ex del territorio.
novo della città di Falerii Novi, proprio sull’asse della strada.
Fondazione che tradizionalmente è collegata alla distruzione
dell’antica Falerii e alla deportazione dei suoi abitanti nel nuovo IL TRACCIATO32
sito urbano.
L’Amerina venne quindi a costituire il nuovo asse strutturante Dopo aver superato il monte dell’Impiccato, estrema propag-
del territorio che, insieme alla parallela Via Flaminia, distante ot- gine del cratere di Baccano, l’Amerina scende lungo le pendici
to km, assunse il ruolo di cardine territoriale per una nuova e nord della caldera tenendosi sul lato sinistro del Fosso di Fontana
sconvolgente geometria nell’assetto geografico-politico locale. La Latrona, per giungere, dopo l’attraversamento del Fosso del Pa-
particolarità del tracciato consisteva nella determinazione di un vone, in prossimità di Ponte di Valle Romana33.
percorso “artificiale”, in quanto non fondato su condizionamenti Da qui prosegue con un tratto sostanzialmente pianeggiante,
morfologici e, sostanzialmente, in contrasto con le strutture oro- attraversando Pian delle Rose fino al Fosso dello Stramazzo. Su-
grafiche che hanno governato i percorsi territoriali sino al III se- perato il corso d’acqua a quota 203, la strada sale fino quota 226.
colo a.C. Per questo basta confrontare le scelte effettuate dai ro- Questo è il primo segmento dove si può individuare il basolato
mani per il tracciato della Cassia e della Flaminia. Queste due originario per circa 300 metri che ci conduce, tramite un terraz-
consolari appaiono più naturali, più ubbidienti a regole morfolo- zamento, prima in pendenza poi dolcemente pianeggiante, fino al
giche territoriali per la loro capacità di percorrere i crinali ed evi- torrente che attraversa Valle Larga. Oltrepassato il torrente, i resti
tare, per quanto possibile, attraversamenti fluviali31. L’Amerina della massicciata non sono più individuabili; la strada doveva
invece appare una strada d’ardito ingegno tecnico curvare verso sinistra per attraversare un nuovo corso d’acqua
(Fosso Pasci Bovi) nel punto dove oggi passa l’attuale provinciale
30
Nepi diviene colonia romana nel 383 a.C.
31 32
“Il suo percorso (Cassia) venne infatti scelto con estrema accortezza. Nono- Il tracciato della via è ricompreso nelle tavolette IGM 1:25.000 F°143 II
stante la miriade di corsi d’acqua che lambisce le pendici dei Monti Sabatini, N.E. Campagnano di Roma - F°143 I S.E. Nepi - F°143 I N.E. Civita Castella-
utilizza solo un ponte tra la Tomba di Nerone e Sutri, un’economia di sforzi na-F° 137 II S.E. Gallese - F°137 II N.E. Orte - F° 137 I S.E. Amelia
33
che denota un’attenzione considerevole nell’attuazione del progetto...” Potter Tratto individuato su carta IGM 1:25.000 foglio 143 II N.E. Campagnano di
W. T., Storia del paesaggio..., op. cit. Roma.

90
dell’Umiltà (Fig. 6). L’Amerina, tramite un ponte con unica arca- pianoro di San Marcello dove si stacca il percorso di crinale della
ta34, continua il suo percorso ad una quota superiore rispetto alla Massa38, per poi ridiscendere di nuovo in tagliata verso il fosso
carrabile. La zona, denominata Selciatella, costituisce, fino e oltre omonimo, oltrepassato il quale giunge con un tratto pianeggiante
la località detta il Cascinone, uno dei tratti più interessanti per i a Nepi. I resti della via romana erano ancora visibili ai redattori
resti della pavimentazione rimasta intatta: visibili le crepidini, il della Carta archeologica39. La strada entrava a Nepi nel luogo
marciapiede e i gomphi35. ove oggi sorge una delle porte del Castello Borgiano40 (porta Ni-
L’Amerina corre poi parallelamente alla strada asfaltata per ca): qui, per un tratto di circa 20 metri, sono ancora in posto i ba-
circa 200 metri oltre il Cascinone. Qui è intersecata dalla stessa soli. L’Amerina doveva attraversare l’area occupata dal castello e,
strada per ritrovarsi, sempre in parallelo, sul lato opposto, nasco- tramite un tracciato che scendeva verso la forra sul percorso
sta sotto una fitta siepe fino poco prima di Casale l’Umiltà. Que-
sto tratto era parzialmente conservato fino alla fine dell’‘80036. percepisce l’‘ingresso’ attraverso l’Agro Falisco dove l’incontro tra il sistema
Da Casale l’Umiltà, la strada si avvale della prima tagliata tu- geomorfologico dell’apparato vulcanico Sabatino con quello Vicano determina
facea per discendere verso il Cerreto, prima del fosso. Sulla destra un brusco cambiamento del paesaggio.
38
della via moderna sono ben visibili i basoli sotto la parete tufacea. Il crinale della Massa è uno dei luoghi paesaggisticamente più intensi di tutto
il territorio falisco. Ricco di presenze storiche: i Cavoni, Grotta Arnaro, Castel
Il Fosso del Cerreto era attraversato con una struttura, probabil- d’Ischia; permette una penetrazione all’interno del sistema idrografico della
mente a tre arcate in luogo di quella medievale di Ponte Nepesi- Valle del Treia con panoramiche di eccezionale importanza come: la vista del
no37. Successivamente risale attraverso una tagliata fin sopra il pianoro di Nepi, l’insediamento monastico di Castel Sant’Elia o la lussureg-
giante Valle del Cerreto con l’ ‘isola’ tufacea di Monte Merluzzo.
39
“...Da qui (Cantinaccia) fin presso il monumento sepolcrale in faccia a Nepi,
34
Il ponte è tuttora in piedi anche se la sua fattura non sembra appartenere alla cioè per circa un Km la Selciatella mantiene l’antica struttura. E’ un bellissimo
tipologia delle strutture di scavalcamento presenti più avanti lungo la strada. tratto per metà saliente, conservato con le crepidini e gli umboni al posto ...”
L’estradosso è pavimentato con selci ma le connessioni tra i blocchi lasciano Gamurrini G.F., Cozza A., Pasqui A., Mengarelli R., Carta archeologica ... op.
dei dubbi sull’epoca di realizzazione. cit. Dobbiamo rilevare che parte della strada è andata distrutta con i lavori di
35
“...In questo punto è riconoscibile nella sua integrità la struttura di questa sistemazione degli anni ‘50 come aveva, purtroppo, intuito Ward Perkins: “...Il
via. È composta di un agger incurvato lievemente, largo m.2.75 e formato da giorno prima di scrivere queste parole abbiamo appreso che è stata approvato
selci di basalto palombino, poco cuneate, per lo più di forma pentagona irrego- un progetto di riapertura dell’antica strada che andava da Settevene a Nepi, e
lare e connesse con molta accuratezza. A ciascun lato della via stava un mar- che i lavori stanno per iniziare; è difficile credere che una quantità enorme di
ciapiede rialzato cm.10, largo circa 1.20, costruito a piccole pietre allungate ed ciò che abbiamo documentato non scomparirà tra breve per sempre.” Frederi-
a ciottoli messi per testa. Questo era diviso dalla via per mezzo di una crepidi- ksen M.W., Ward Perkins J.B., The ancient road ...op. cit.
40
ne di pietre rettangolari infisse nel terreno e di umboni arrotondati in cima e L’ingresso attuale della strada attraverso porta Nica è uno dei luoghi più in-
disposti l’uno di fronte all’altro alla distanza di circa m.4.50” Gamurrini G.F., teressanti del percorso, sia nelle sue sequenze di avvicinamento che stazionan-
Cozza A., Pasqui A., Mengarelli R., Carta archeologica d’Italia (1881-1887). do dal terrazzo che si apre sulla Valle del fosso del Ponte. Non a caso numerosi
Materiali per l’Etruria e la Sabina. Firenze: 1972. pittori paesaggisti hanno ritratto queste visuali extra muros primo fra tutti Ca-
36
Ibidem mille Corot. Per la ricerca artistica del Corot, effettuata negli anni venti
37
A Ponte Nepesino l’Amerina si inoltra nella prima forra tufacea, da qui si dell’800 nell’Agro Falisco, vedere: Galassi P., Corot en Italie,. Hong Kong:
dipartiva, verso destra la strada per le acque termominerali. In questo luogo si 1991.

91
dell’attuale Via Nepesina, scavalcare il fosso con un ponte al li- Da questo punto, con un asse perfettamente rettilineo, si dirige
vello di quello attuale, ma poco più ad est41. verso Falerii Novi (Fig. 7).
Superato il Fosso del Ponte di Castello, il tracciato sale in di-
rezione nord verso località San Paolo per raggiungere, dopo un
chilometro, Rio Vicano. Attraversato quest’ultimo, dove non so-
no più presenti resti delle strutture, la strada risaliva parzialmente
in trincea fino alla sommità del pianoro di Selva Iella42 per ridi-
scendere poi, ancora in tagliata, fino al torrente detto Fossitello.
Qui sono ancora visibili i piedritti dell’antico ponte in opera qua-
drata43. Superato il corso d’acqua si inoltra all’interno del bosco
della Tenuta dell’Isola (prima emergenza naturalistica incontrata
sul tracciato) per piegare a destra dirigendosi verso Torre
dell’Isola. Il primo tratto segue uno stretto crinale (punto più
stretto appena 10 metri) per aggirare i due affluenti del Fosso
dell’Isola e poi scendere costeggiando l’antico sito di Torre
dell’Isola44 e attraversare il torrente. Siamo a quota 170: da qui la
strada risale fino a 220 grazie ad una serie di tornanti, quindi va
ad incontrare la Strada Statale Nepesina in località San Lorenzo45.

41
Tratto individuato su carta IGM 1:25.000 foglio 143 I S.E. Nepi
42
Da qui si diparte la strada di crinale che conduce nel sito falisco e altome-
dievale di Pizzo Iella.
43
Il ponte doveva essere ad un unica arcata. Per la tecnica costruttiva del ponte
cfr nota 46.
44
Il sito è conosciuto anche come Isola Conversina o Torre Stroppa e nei do-
cumenti medievali come Castrum Insulae. Vedi Gamurrini G.F., Cozza A., Pa-
squi A., Mengarelli R., Carta archeologica ... op. cit. Frederiksen M.W., Ward
Perkins J.B., The ancient road ...op. cit. Conti S., Le sedi umane abbandonate
nel Patrimonio di S.Pietro. Firenze: 1980. Lucchesi E., Nepi, Filissano, Isola
Conversina, Ponte Nepesino. Roma: 1984.
45
Secondo Ward Perkins la strada per scavalcare il fosso dell’Isola attraversa-
va il suo affluente di destra per due volte. Attualmente non sono più visibili i
resti delle due strutture a monte dell’ultimo ponte. Dal fosso dell’Isola il trac-
ciato originario doveva salire in principio con una rampa ricavata nella parete
Fig. 4. L’Amerina sul pianoro di S. Lorenzo.
tufacea oggi crollata.

92
Il tratto, scoperto recentemente, mostra una pavimentazione all’interno di Falerii Novi50. Qui l’Amerina funge da cardo della
ancora perfettamente conservata sotto circa un metro di terra. At- città e diviene asse strutturante dell’originario assetto urbano. Su-
traversato il pianoro di San Lorenzo appare per tutta la sua lun- pera quindi il foro e si dirige verso la porta nord dove sono ancora
ghezza l’asse stradale, con una prospettiva che giunge sino evidenti tracce di pavimentazione.
all’abbazia di Santa Maria di Falleri. L’Amerina discende, tramite Subito fuori le mura la strada piega ad ovest per portarsi verso
una trincea, verso il Fosso dei Tre Ponti che è attraversato con un il Castellaccio di Rio Cruè51, poi in linea retta attraversa la mac-
viadotto, ancora ottimamente conservato di periodo repubblica- chia del Quartaccio52 fino alla tagliata che permette
no46. La strada risale il crinale per poi ridiscendere sul Fosso l’attraversamento del Fosso delle Sorcelle. Quindi risale in locali-
Maggiore nel tratto più interessante e suggestivo di tutto il trac- tà Fallarese e procede sino alla Madonna del Soccorso53 (Fig. 8).
ciato. Da qui la strada-necropoli, tramite il Cavo degli Zucchi47, si Attraversato il Rio Fratta la strada sale, tramite una tagliata,
lancia attraverso Pian della Badessa, dove sotto una siepe ne re- verso il pianoro settentrionale di Sant’Antonio e, dopo aver attra-
stano consistenti tracce, fino al superamento prima di Rio Calel- versato il Fosso delle Pastine, continua con un tratto eccezional-
lo48 e poi di Rio Purgatorio49, entrando finalmente, da sud, mente pavimentato per circa un chilometro fino alla ferrovia Or-

46
“Il ponte sul Rio dei Tre Ponti si può dire intatto: è il più bell’esempio di cardo e quindi il foro di Falerii Novi. La zona è oggi profondamente modifica-
ponte romano in tutto il territorio falisco.” Gamurrini G.F., Cozza A., Pasqui ta rispetto allo stato originario, sulle pareti della forra, sia a sud che a nord, so-
A., Mengarelli R., Carta archeologica ... op. cit.. La struttura a vista è in opus no imponenti le tracce delle operazioni di estrazione del materiale lapideo uti-
quadratum bugnato con blocchi di tufo disposti con diatoni (conci posti di te- lizzato per la costruzione delle mura.
50
sta) alternati ad una fila di ortostati (conci posti per lunghezza) a rivestire la Su Falerii Novi vedere Di Stefano Manzella I., Falerii Novi negli scavi degli
struttura interna in opus caementicium. Per una descrizione dettagliata vedere anni 1821-1830, in “Rendiconti Pontificia Accademia di Archeologia”, XII, 2,
Frederiksen M.W., Ward Perkins J.B., The ancient road ...op. cit. 1979. De Lucia Brolli A. M., L’Agro…, op. cit. Per la descrizione paesaggisti-
47
L’attraversamento del Rio Maggiore presenta un ‘addensamento’ straordina- ca del tratto entro la città cfr. paragrafo “Falerii Novi”.
51
rio di preesistenze archeologiche di epoca romana relative sia alle strutture via- La confluenza tra il fosso di Castellaccio e il suo affluente di destra dà vita al
rie (basolato, ponte, tagliate) sia alle strutture funerarie (mausolei, tombe a ca- Rio Cruè, primo tributario diretto del Tevere. Al centro dei due corsi d’acqua
mera, arcosoli, loculi, tombe a fossa, colombari). Il quadro paesaggistico si sorge lo sperone tufaceo che ospita i resti di una struttura altomedievale e alla
completa con una vegetazione di insolita varietà e qualità. base di essa numerose sepolture ricavate sulle pareti.
48 52
L’Amerina si avvaleva per l’attraversamento del torrente di un modesto pon- Tratto individuato su carta IGM. foglio 143 I N.E. Civita Castellana.
53
te in opus quadratum con una luce di circa quattro metri, ancora in piedi nel Di rilevante interesse sono le due tombe rupestri a portico ricavate sulla pa-
1887. rete nord della forra per la loro descrizione De Lucia Brolli A. M., L’Agro…,
49
La forra del Rio Purgatorio è l’ultima prima dell’ingresso della strada a Fa- op. cit. A circa 600 metri a valle della chiesa del tardo cinquecento di Santa
lerii Novi e tra quelle attraversate è la più ampia (circa 200 metri). Delle strut- Maria del Soccorso, il Rio Fratta era attraversato da un percorso di epoca fali-
ture del viadotto non restano che la spalla sud e tracce del suo ingresso sulla sca con le vie cave di S. Egidio e della Cannara. Quilici L., La cava buia di
parete nord. Le condizioni morfologiche della zona devono aver dettato la di- Fantibassi e le vie cave del territorio falisco, in: La Civiltà dei Falisci. Atti del
rezione dell’attraversamento e in subordine, anche la struttura urbanistica della XV convegno di Studi Etruschi e Italici, Civita Castellana 28-31 maggio 1987.
città. Bisogna considerare che la spalla nord del viadotto si avvale di uno spe- Firenze: 1990. AA.VV., Contributi allo studio di fattibilità della direttrice via-
rone tufaceo che si protende in avanti e proprio su questo asse si è impostato il ria Civita Castellana-Viterbo. Viterbo: 1985.

93
te-Capranica. Superata quest’ultima, percorre la piana di Mazzo- verso nord (passando a circa 300 metri a est di Podere Totano),
neto e poi scende con una brusca curva verso destra, tramite una fino a raggiungere, dopo due chilometri e mezzo, la strada per
tagliata, entro la forra del Fosso delle Chiare Fontane. Da qui si Penna in Teverina, percorrendo il crinale che arriva ad Amelia58
dirige in linea retta all’attraversamento del Fosso Carraccio e poi Fig. 11).
di quello della Gaetta che delimitano il pianoro di Santa Bruna54. Questo tracciato, pur conservando una direzionalità costante
Sul pianoro di contrada Aliano si perdono le tracce della strada verso nord e affrontando dei punti difficili come gli scavalcamen-
fino alla tagliata che scende sul Fosso di Aliano55. Risalito il qua- ti dei torrenti e ben 36 attraversamenti di corsi d’acqua, non è per-
le, la strada si portava, presumibilmente, ad est dell’abitato di Va- fettamente rettilineo, ma forma un arco del quale la linea diretta
sanello56 per raggiungere Poggio Pelato dove inizia la discesa, at- Cassia-Amelia ne costituisce la corda. La distanza in via retta tra i
traverso Macchia Sparta e tramite il “Passo del Lupo”, fino a Tor- due poli di Baccano e di Amelia misura 48 chilometri, mentre
re Zelli sul Rio Paranza (Fig.9). Da qui individuare il tracciato l’arco formato dalla strada misura 54 chilometri pari a circa 36
dell’Amerina risulta problematico: essa doveva comunque risalire miglia romane59. La scelta di un tracciato con uno scarto di soli
la cresta di Resano per poi scendere, nel punto meno ripido e più sei chilometri dalla linea retta ci illumina sulla capacità dei topo-
morbido, verso il Tevere, passando nei pressi delle Terme di Orte grafi romani: con poche miglia in più l’Amerina riuscì a raggiun-
e arrivando al fiume che superava a Seripola dove non restano più gere alcuni obiettivi, come il passaggio obbligato per Nepi, e ad
tracce del ponte57. aggirare notevoli difficoltà di carattere geomorfologico. La strada
Dall’area portuale, tramite la sella di Castiglioni, la strada evita le profonde forre degli affluenti del Treia e quelle dell’area
scende verso il Rio Grande e, una volta superato, risale la valle del Rio Fratta e, mantenendosi a monte di Orte, supera il Tevere
lungo la riva destra toccando la Solfatara (Fig. 10). Oltrepassa nel punto dove la valle è più ampia e meno ripida (Fig. 5).
nuovamente il rio subito a monte della confluenza con il Fosso Mentre le vie del territorio falisco ubbidiscono ad una matrice
del Campo Antico e, dopo 500 metri, piega a sinistra dirigendosi di origine preromana, che cerca, per quanto possibile, di seguire i
crinali o i fondovalle, la Via Amerina invece opera una rotazione
54
Cerri G., Ferrara A., Grimaldi G., Casale Santa Bruna: un villaggio fortifi- ortogonale ribaltando il senso di percorrenza del territorio. È que-
cato nei pressi della Via Amerina, in Biblioteca e Società, anno X, 3-4, (estrat- sto che la rende unica nel suo percorso.
to). Viterbo: 1991.
55
Tratto individuato su carta IGM 1:25.000 foglio 137 II N.E. Orte.
56
Nardi G., Le antichità di Orte, Roma: 1980.
57
Seripola coincide, presumibilmente, con il Castellum Amerinum indicato
nella Tabula Peuntingeriana. Il sito fu scoperto nel 1962-63 a seguito dei lavo-
ri per la realizzazione dell’Autostrada del Sole ed esso consiste con un com-
58
plesso portuale dotato di ambienti commerciali, magazzini, terme, abitazioni e Nardi G., Le antichità... op. cit.
59
tabernae, la sua frequentazione deve farsi risalire tra il II secolo a.C. e il V La lunghezza della strada è storicamente attestata in 56 miglia secondo Cice-
d.C. Begni Perina G., Il porto sul Tevere in località Seripola, in Il Tevere rone che la percorse da Roma ad Amelia in una sola notte (Pro Rosc, VII,19)
un’antica via per il Mediterraneo, catalogo della mostra 21 aprile-29 giugno in effetti dal XXI miglio della Via Cassia sommando le 36 miglia fino ad Ame-
1986. Roma: 1986. lia si raggiunge la lunghezza totale di 57 miglia. Il che conferma il dato storico.

94
Fig. 5. Il tracciato della strada.

Fig. 6. Primo tratto della Via Amerina dalla Via Cassia fino al Fosso Pasci Bovi.

95
Fig. 7. Secondo tratto della Via Amerina dal Cascinone fino a S. Lorenzo.

Fig. 8. Terzo tratto della Via Amerina dal Fosso dei Tre Ponti fino alla Madonna del Soccorso.

96
Fig. 9. Quarto tratto della Via Amerina dal Fosso delle Pastine a Vasanello.

Fig. 10. Quinto tratto della Via Amerina da Poggio Pelato al Rio Grande.

97
Fig. 11. Sesto e ultimo tratto della Via Amerina dal Rio Grande ad Amelia.

tramite un ponte (Fig. 12). I ponti presenti sulla Via Amerina so-
no per la maggior parte riconducibili a una stessa tipologia co-
L’ATTRAVERSAMENTO DELLE FORRE struttiva. Gli esempi più significativi si ritrovano sul Fosso dei
Tre Ponti e sul Rio Maggiore. La struttura consiste in un’anima in
La forra è un taglio naturale con pareti subverticali all’interno opus caementicium, formata con malta e bozzame di pietra stretta
della pianura tufacea e tale solco costituisce una barriera per chi sui lati da pareti in opus quadratum di possenti blocchi di tufo.60
vuole percorrere il territorio dell’Amerina da nord verso sud e vi-
ceversa. 60
“La tradizione colta è rappresentata... dalla muratura in pietra squadrata,
La particolarità della strada romana consiste proprio nella se- l’opus quadratum dei romani, cioè la muratura isodoma e pseudoisodoma che
quenza di attraversamenti di queste barriere, sequenza che è scan- Vitruvio attribuisce ai costruttori greci. Questo è caratterizzato da due ordini di
pietre: 1) gli ortostati, blocchi parallelepipedi posti con il loro lato più lungo
dita dal ripetersi del saliscendi tagliata-ponte-tagliata. Il concetto
nella direzione del muro (nella terminologia del secolo scorso questa posizione
consiste nel ridurre il dislivello esistente tra la sommità del piano- fu detta di fascia, o di fianco, o in grossezza); 2) i diatoni, blocchi parallelepi-
ro e il fondo delle valli conservando una direzione in rettilineo. Il pedi posti con la maggior lunghezza ortogonale al muro (in chiave o di punta o
sistema è di scavare una trincea con pendenze costanti, attraverso di testa). L’apparecchio dell’opus quadratum è a corsi o filari orizzontali. I
il pianoro, fino a raggiungere la parete tufacea della forra nel pun- giunti verticali sono sfalsati.” Giuffré A., Letture sulla Meccanica delle Mura-
ture Storiche. Roma: 1990. Vedi anche Marta R., Tecnica costruttiva romana.
to più basso possibile e poter scavalcare agevolmente il torrente
Roma: 1991.

98
La larghezza dei ponti è quella strettamente necessaria a una car- zionalmente più ampie del consueto (larghezza circa 12 metri) e
reggiata in grado di superare il corso d’acqua generalmente con all’interno di queste la parte dedicata al transito dei mezzi occupa
un unica arcata61. appena un quinto dello spazio. La tagliata nord ha conservato,
sotto lo strato di terreno, il basolato ancora intatto realizzato con
blocchi poligonali di leucite e in parte di basalto63. La carreggiata,
larga 2.40 metri, leggermente displuviata al centro, presenta anco-
ra la crepidine e i gonphi e, in alcuni tratti, delle piazzole laterali
probabilmente di ausilio alla circolazione. Ma la peculiarità della
tagliata sta anche nell’uso speciale delle sue pareti verticali che
sono svuotate di materiale, erose internamente, scolpite in innu-
merevoli forme domestiche (casa, portico, letto) al fine di creare
delle “architetture in negativo” che hanno come archetipo il ripa-
Fig. 12. Schema di attraversamento della forra da parte dell’Amerina. ro in grotta e il più vicino sistema di sepolture falisco. Ma nella
tagliata sono presenti anche spazi di “architetture in positivo” ri-
Tra gli attraversamenti, quello sul Rio Maggiore presenta delle cavati nei vuoti perimetrali delle pareti dove si manifestano sepol-
vere e proprie caratteristiche monumentali: la trincea sud e quella ture più ricche e scenografiche, ad esempio dei mausolei64. Di fat-
nord (Cavo degli Zucchi) costituiscono, sia per dimensioni che
per ricchezza di testimonianze, un unicum rispetto a tutto il per-
corso stradale62. Nell’area del Rio Maggiore le tagliate sono ecce- Italy 1500 BC to AD 1500. Papers of the fith Conference of Italian Archaeo-
logy”, Oxford, pag.423-425.
63
Gli scavi stratigrafici effettuati dal G.A.R. hanno messo in evidenza come il
61
Sulle tecniche costruttive dei ponti romani e la loro distribuzione nel territo- basolato più antico, in leucite, risalga al I sec. a.C. e successivamente siano sta-
rio si veda: Gazzola P., Ponti Romani. Firenze: 1963. Gamurrini G.F., Cozza ti operati degli interventi di reintegrazione con blocchi di basalto che interrom-
A., Pasqui A., Mengarelli R., Carta archeologica ... op. cit. Frederiksen M.W., pono la continuità dei solchi dei carri. Il primo strato di interro al di sopra della
Ward Perkins J.B., The ancient road...op. cit. Cicognolo M.L., Ponti romani massicciata risale al II sec. d.C. mentre la frequentazione dell’area deve essere
nell’Etruria Meridionale interna, in Informazioni, nuova serie, anno III, n° II, continuata almeno fino al IV secolo. Munzi M., Nuovi dati sulla Via Amerina e
luglio-dicembre 94. note prosopografiche sugli Egnatii di Falerii Novi, in Archeologia Uomo Ter-
62
L’area del Rio Maggiore negli ultimi anni è stata oggetto di una sistematica ritorio, 13, 1994. Innocenti G., Rossi P., La Via Amerina in località “Cavo de-
campagna di scavo ad opera dei volontari del Gruppo Archeologico Romano in gli Zucchi” (VT). Nuovi dati sulla frequentazione, in Archeologia Uomo Terri-
collaborazione con la Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale torio, 14. 1995.
64
che ha condotto ad un approfondimento dei numerosi aspetti dell’area. Vedere “Da una parte, un’azione progettuale intesa a costruire tramite il togliere e lo
in particolare: Caretta L., Via Amerina: complesso funerario romano con se- scavare, il cavare e l’estrarre, l’erodere e il sottrarre materia, un diminuire il
polcro a fregio dorico, in Archeologia della Tuscia II. Atti degli incontri di volume per asporto (reale o fittizio che sia), sintetizzabile con il segno aritme-
studio organizzati a Viterbo (1984). Quaderni del centro di studio per tico del meno. Dall’altra, il comporre spazi per aggiunta, sovrapposizione, con-
l’Archeologia Etrusco-Italica, 13. Caretta L., Innocenti G., Prisco A., Rossi P., trapposizione, distribuzione, legame, unione di elementi, membrature, appa-
La necropoli della Via Amerina a Falerii Novi, in “Settlement and economy in recchi e materiali, un addizionare e un aumentare il volume per combinazione

99
to, la Via Amerina, da luogo di transito, si trasformò col tempo in
una vera e propria necropoli65.
La tagliata è quindi un micro-paesaggio, un luogo artificiale
dotato di caratteristiche uniche e formato dalla presenza di strut-
ture antropiche ed elementi naturali, che possiamo definire come
luogo riassuntivo di un contesto territoriale e paesaggistico più
ampio66.
Ma la tagliata non è un luogo dove la percezione è statica e u-
nivoca, come può essere uno spazio aperto, indefinito nei contor-
ni lontani e non netti (es. il pianoro). Essa, con le sue pareti verti-
cali e rettilinee, con la sua forma che condiziona lo sguardo in a-
vanti, trasmette all’osservatore una sensazione di tensione verso
una direzione frontale.

sapiente di parti, che potremmo sintetizzare con il segno aritmetico opposto del
più.” Polano S., L’architettura della sottrazione, in Casabella, 659.
65
“Negli irrequieti vagabondaggi dell’uomo paleolitico, i morti furono i primi
ad avere una dimora stabile: una caverna, una collinetta segnata da pietre o un
tumulo collettivo. Erano questi i punti di riferimento a cui i viventi tornavano
verosimilmente ogni tanto per comunicare con gli spiriti ancestrali o per pla-
carli. Anche se la ricerca del cibo e la caccia non permettevano di occupare in
permanenza una località, almeno i morti potevano aspirare a questo privilegio”
Mumford L., La città nella storia, vol. I. Milano: 1990.
66
Potremmo individuare la tagliata come un iconema secondo la definizione di
Turri: “Dando agli iconemi questo significato, cioè di elementi della percezio-
ne che si pongono come segni fondamentali del paesaggio, essi sono parago-
nabili ai fonemi, che sono i suoni elementari del discorso. Così intesi, gli ico-
nemi sono come brani di paesaggio, parti significative di esso, parti e sineddo-
che del quadro percettivo d’insieme. Detto in altro modo, sono dei quadri mi-
nimi, elementari, che isolano una porzione di paesaggio, ne incorniciano un
Fig. 13. Sezioni del Cavo degli Zucchi.
elemento rappresentativo, assumendo la funzione denotativa del contesto, di
quelle unità di paesaggio ricercate ansiosamente dagli urbanisti e dai pianifica-
tori”. Turri E., Il paesaggio…, op. cit.

100
La sequenza tagliata-ponte-tagliata determina un’elevata quali-
tà dinamica del percorso; la fruizione percettiva varia sensibil-
mente articolandosi in quattro tipologie visive ( Fig. 14):
1. pianoro: vista illimitata/assenza di margini visivi/esterno;
2. tagliata: vista limitata/margini visivi laterali/ingresso;
3. ponte: vista parzialmente limitata/margine visivo fronta-
le/interno;
4. tagliata: vista limitata/margini visivi laterali/uscita;
Le tipologie visive dell’attraversamento delle forre associano a
una componente quantitativa (illimitato, limitato, parzialmente
limitato) una componente dinamico-sensoriale di movimento e
stasi (esterno/stasi, ingresso/movimento, interno/stasi, usci-
ta/movimento, esterno/stasi).
Gli aspetti percettivi della tagliata sono condizionati anche dal-
la particolare luce che la colpisce. L’immagine delle trincee
dell’Amerina, con direzionalità nord-sud, varia nettamente secon-
do le ore del giorno. La luce le illumina totalmente soltanto per
un ora il giorno, quando il sole si trova allo zenit; per il resto della
giornata, l’illuminamento diretto mette in evidenza prima la pare-
te ovest67 e poi quella est68. In questo modo contribuisce a una
continua variazione di immagine della tagliata con le proiezioni
delle ombre della vegetazione e dei margini superiori della trincea
(Fig. 15).

67
Ore 11-12 solstizio d’inverno; ore 8-12 equinozi; ore 7-13 solstizio d’estate.
68
Ore 12-13 solstizio d’inverno; ore 13-16 equinozi; ore 13-17 solstizio
Fig. 14. Schemi percettivi dell’attraversamento.
d’estate.

101
FALERII NOVI69
Appena superato il Rio Purgatorio, l’Amerina entra
nell’abitato di Falerii Novi dalla porta sud e fuoriesce verso nord
dopo circa 500 metri.
L’incrocio tra la Via Amerina, che costituisce il cardo della
città, e il decumano, rappresentato dalla strada proveniente da
Porta Giove, determina il fulcro della tessitura urbana composta
da insulae di cui soltanto una è attualmente visibile70.
L’impostazione urbanistica, regolata rigidamente da un’assialità
ortogonale, è chiusa invece da un perimetro irregolare materializ-
zato da possenti mura in opera quadrata nelle quali si aprono nove
porte71.
La caratteristica principale del luogo, nel contesto che stiamo
trattando, è il rapporto tra l’asse stradale e l’impianto fortificato
dove la forza di penetrazione rappresentata dalla strada contrasta
con l’azione di pressione esercitata dalla cinta muraria che tende a
chiudere lo spazio e a delimitarlo. La tensione visiva e la linea
retta, costituite dalla Via Amerina nel territorio, si stemperano

69
Su Falerii Novi consultare: Di Stefano Manzella I., Falerii Novi negli scavi
degli anni ….. op. cit.. De Lucia Brolli A.M., L’Agro Falisco... op.cit.
70
La parte visibile degli scavi è stata portata alla luce negli anni 1969-75 in
adiacenza all’incrocio tra il cardo e il decumano. Begni Perina G., Falerii No-
vi, in Studi Etruschi, vol. LI, (estratto). 1983, serie III.
71
Il perimetro è lungo circa 2400 metri e rinforzato da 50 torri difensive. Tra le
porte di maggiore interesse sono da ricordare Porta Giove ad ovest, tramite cui
passa il decumano massimo che, proveniente dai monti Cimini, collegava la
città con la Flaminia e con il Tevere ad est, e Porta Puteana a sud-ovest, en-
trambe con decorazione antropomorfa del concio di chiave dell’arco a tutto se-
Fig. 15. La luce. sto. De Lucia Brolli A.M., L’Agro…, op. cit.

102
all’interno di uno spazio aperto e ampio, ma delimitato da confini
visivi netti che separano il dentro (città) con il fuori (territorio)72.
Falerii Novi è quindi un luogo diverso. Una sorta di estraneità
alle caratteristiche insediative del territorio la rende unica. Ciò si
deve al fatto di essere stata fondata in un sito pianeggiante, natu-
ralmente non sicuro, malgrado fosse fornita di mura e di torri. Fa-
lerii Novi è la proiezione dell’immagine della romanitas, luogo
progettato e costruito come una grande città a immagine
dell’imponenza e del ristabilimento della pace dopo gli sconvol-
genti episodi legati alla conquista. Proprio perché attraversata
dall’Amerina, rappresenta anche il centro territoriale e, come tale,
conferma una sua collocazione diversa e alternativa rispetto ai
modelli insediativi preromani73.
La caratteristica primaria del luogo è il suo aspetto di paesag-
gio di ruderi dai confini chiusi e circoscritti. Questi delimitano vi-
sivamente uno spazio pianeggiante con leggere e armoniose on-
dulazioni, dove l’abbazia cistercense di Santa Maria di Falleri co-
stituisce l’elemento verticale e di riferimento all’interno della cin-
ta muraria.
Diverso è l’aspetto del luogo subito oltre le mura dove è forte
il contrasto tra la parte nord, pianeggiante e completamente colti-
vata a seminativo, e l’area a sud, seminaturale e costituita dalla
forra del Rio Purgatorio.

72
Finocchi S., Significato dei rapporti tra cinta fortificata e piano negli inse-
diamenti preromani, in Studi sulla città antica. Atti del convegno di studi sulla
città Etrusca e Italica preromana. Bologna: 1970.
73
“Nel modello ecologico romano degli insediamenti umani la stretta interdi-
pendenza tra l’urbs e l’annesso territorio che ne garantiva l’esistenza, dichiara-
va che il manufatto urbano era al centro di una civitas-civitatis (da cui civiltà e
città) che era la condizione esistenziale, geoeconomica e politica nella quale il
rapporto città/campagna sembra essere stato organico e non dicotomico”. Ver- Fig. 16. Mausoleo all’esterno della città di Falerii Novi in una stampa del Re-
celloni V., Ecologia degli insediamenti umani. Milano: 1992. inhart del 1796.

103
Fig. 17. Falerii Novi (per le stazioni visive cfr. fig. 18).

104
Fig. 18. L’esperienza visiva nell’attraversamento di Falerii Novi.

105

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