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Capitolo V: gli aspetti naturali.

LE VARIAZIONI STAGIONALI

La lettura paesaggistica di un territorio comporta, oltre ad che distingue un oggetto dall’altro e le parti di un oggetto dalle
un’interpretazione culturale e storica dei suoi elementi, anche altre”3.
un’analisi percettiva dell’insieme e delle parti che lo compongo- Alla luce di queste premesse, un paesaggio non appare mai
no. uguale a sé stesso ogniqualvolta si osserva. La Via Amerina, inol-
Ciò che noi vediamo ci appare dapprima sotto forma di quanti- tre, presenta già di per sé accentuate differenze di carattere morfo-
tà, poi, dopo una serie d’operazioni di distinzione e ricomposizio- logico lungo il suo percorso. Ciò per la caratteristica
ne, riusciamo finalmente a impartire un ordine alle cose viste1. d’attraversamento in perpendicolare delle forre che produce una
La prima percezione di un paesaggio dipende dalla superficie successione di saliscendi mutando la nostra percezione anche in
che lo delinea (linea retta, superficie aperta, superficie conchiusa) maniera drastica: dal pianoro coltivato (superficie aperta) passia-
e dai colori che lo compongono. I colori in particolare ci trasmet- mo all’interno di un bosco (superficie chiusa che tende, a volte, al
tono diverse sensazioni, prime tra tutte quelle di caldo o di freddo punto), per trovarci, poi, lungo una tagliata (superficie rettilinea).
che condizionano poi le nostre emozioni: gli stati di quiete, ansia, Insieme a tali diversità di conformazione del territorio, anche
tensione, stabilità, precarietà, ecc. che noi proviamo di fronte a le mutazioni stagionali trasformano a loro volta il paesaggio,
paesaggi diversi tra loro2. “L’occhio non vede nessuna forma, in spesso irriconoscibile. Le nostre sensazioni, la possibilità di vi-
quanto sono solo chiaro, scuro e colore a stabilire insieme ciò sualizzare più o meno quantità dello stesso oggetto, oppure il mo-
to inconscio di soffermarci di fronte ad un elemento del paesag-
1
Goethe J.W., La teoria dei colori., a cura di Troncon R. Milano: 1983 gio, sono molto legati alle variazioni stagionali.
2
“Quando Monet si volse totalmente alla pittura di paesaggio, non dipingendo Abbiamo cercato nel corso di un anno di testimoniare le rela-
più i suoi quadri nello studio, ma all’aperto, a contatto diretto con la natura, zioni che esistono tra la diversità morfologica del paesaggio della
suo oggetto di studio approfondito divennero la mutevolezza della luce e
dell’atmosfera, secondo le stagioni, le ore del giorno e le condizioni meteoro-
Via Amerina, le mutazioni stagionali e il trasformarsi delle nostre
logiche… Osservò che i colori locali degli oggetti sono dissolti dalla luce e
dall’ombra, e che i raggi colorati riflessi si compongono in macchie più ricche
di variazioni di freddo–caldo che di contrasti chiaroscurali.” Itten J., Arte del
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colore. Milano: 1982. Goethe J.W., Teoria dei colori…… op. cit.

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sensazioni. Abbiamo individuato tre ambienti tipo: il pianoro, il quiete è interrotto soltanto dalla curiosità che porta il nostro
bosco e la tagliata, documentandone le trasformazioni. sguardo verso il confine costituito dal bosco di forra 5 (Fig. 1).

Il pianoro in primavera
IL PIANORO
Nei mesi primaverili ed estivi, ma anche all’inizio
dell’autunno, ogni passeggiata lungo i pianori della Via Amerina
Il pianoro ci mostra il suo mutamento stagionale tramite gli può offrirci delle sorprese che stimolano il nostro sguardo.
stadi attraversati dalla vegetazione spontanea e dalle coltivazioni. In primavera i campi coltivati presentano una gamma notevole
In breve: tramite le variazioni di colore e le tessiture del territorio. di colori: vanno dal verde chiaro dei seminativi (grano, orzo, ave-
na, ecc.) al giallo della colza e al rosso cupo dei fiori dell’erba
Il pianoro in inverno medica. Le siepi che bordano i campi, con una fioritura che per-
mane per tutti i mesi primaverili, sono le più appariscenti: in feb-
Per mesi, dall’autunno inoltrato all’inverno, il paesaggio del braio-marzo hanno i colori bianchi del pruno e i gialli dei cornioli
pianoro trasmette una sensazione di uniformità. Ogni suo elemen- insieme al verde chiaro delle prime foglie; in primavera inoltrata
to, infatti, a volte anche il cielo, assume un colore verde di varie s’infiorano del biancospino, del ligustro, della rosa canina e di al-
tonalità (i campi ad esempio sono di solito lasciati a pascolo per tre specie in un tripudio di verde della restante vegetazione. Un
diversi mesi), il tutto delimitato dal color grigio-marrone degli al- infinità di elementi colpiscono la vista e mettono in moto la no-
beri spogli e delle siepi. stra curiosità facendoci addentrare nei particolari.
L’impressione è di abbracciare visualmente uno spazio senza
soluzione di continuità. Lo sguardo non ha punti di riferimento e
vaga in cerca di uno stimolo che trova nell’unica emergenza del
Il pianoro in estate
territorio che è il Monte Soratte, quando anch’esso non è nascosto In estate il pianoro assume fondamentalmente due colori: il
dietro la foschia. verde brillante della vegetazione e il giallo oro dei campi per lo
La sensazione che si prova su di un pianoro nel periodo inver- più coltivati a seminativo. Il paesaggio, più che in ogni altra sta-
nale è quella di calma: una calma dovuta all’ampiezza della vi- gione, presenta un tale contrasto di colori che ci trasmette una
sione e ai colori riposanti che ci circondano4. Il nostro stato di sensazione di “tensione” visiva (Fig. 2).

5
“…consideriamo adesso quegli aspetti del qui e del là in cui il qui è noto e
quello che sta al di là è sconosciuto, è infinito misterioso o è nascosto in un
4
“Una scuderia di cavalli fu divisa in due parti, di cui una venne dipinta di blu, grande “abisso nero”. Primo tra questi è l’anticipazione…(riferimento a foto
l’altra in rosso – arancio. Nella zona blu i cavalli, dopo una corsa, si rilassava- nel testo) fanno chiaramente sorgere la curiosità di chi guarda nei confronti
no assai rapidamente, nella zona rossa rimanevano a lungo eccitati ed irrequie- della scena che si presenterà ai suoi occhi quando avrà raggiunto la fine della
ti.” J. Itten Arte del colore ……. op. cit. strada.” Cullen G., Il paesaggio urbano. Bologna: 1976.

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Il pianoro in autunno Le piantate più frequenti sono noccioli, viti e olivi. Esse hanno
la stessa variazione cromatica stagionale del bosco, ma, per mino-
Nei mesi di fine estate e inizio dell’autunno, in un gioco di ro-
re altezza, ci permettono un campo visuale di alberi, di orizzonte
sa, di rosso e di viola, s’affacciano nelle siepi le prime bacche nel
e di cielo che il bosco invece di solito ci occlude.
mezzo di foglie che s’apprestano a ingiallire. I campi mutano
nuovamente colore e passano dal giallo ocra delle stoppie al colo-
re rosso-tufo del maggese: il paesaggio del pianoro si prepara a L’odore del pianoro
colori simili tra loro in tonalità, riconducendoci a sensazioni di L’odore costituisce un elemento invisibile del paesaggio ma
quiete e di pace (Fig. 3). Oltrepassata Falerii Novi, il “paesaggio anche essenziale nella caratterizzazione dei luoghi.
del seminativo” lascia il posto al “paesaggio della piantata.

Fig. 1. Il pianoro in inverno.

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Fig. 2. Il pianoro in estate

Fig. 3. Il pianoro in autunno.

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Gli odori del pianoro sono maggiormente percepiti in due pe- spoglia e quello chiaro del cielo: colori perfettamente distinti tra
riodi dell’anno: in primavera, con l’esplosione dei cosiddetti fiori loro, a differenza del paesaggio di pianoro.
di campo e di quelli delle siepi che danno una sensazione di deli- La sensazione è di quiete, dovuta al colore “caldo” e uniforme
cata freschezza; in estate nel momento della fienagione. L’odore della vegetazione e alla possibilità di controllo che possiede il no-
del fieno si divide in due momenti: odore di erba appena tagliata, stro sguardo oltre la barriera “trasparente” degli alberi (Fig. 4).
il primo, che si sprigiona immediatamente dopo la falciatura; un
odore più elaborato e complesso, il secondo, dato
dall’essiccazione di alcune piante presenti nel fieno che conten-
gono delle molecole odorose di cumarina come il Paleo odoroso
(Anthoxanthun odoratum), la più fragrante tra gli elementi del
fieno, l’Alisso, i Meliloti (altissima e officinalis) e il trifoglio
(Trifolium incarnatum).

IL BOSCO
Quando ci s’inoltra in un bosco, a seconda della stagione, la
vegetazione, più o meno fitta, ci può nascondere (o rivelare) par-
ticolari diversi di uno stesso paesaggio.
I fattori che determinano le differenze stagionali sono gli stessi
già descritti per il pianoro. Nel bosco predomina la variazione
cromatica della vegetazione associata a un’altra variabile che è la Fig.4- Il bosco in inverno.
“quantità dello spazio visibile”; il paesaggio inoltre viene modifi-
cato dal fattore spaziale, tanto che l’effetto emozionale che ci vie- Il bosco in primavera e in estate
ne trasmesso cambia nettamente (a differenza del pianoro) a se-
conda se noi lo percorriamo in estate o in inverno. In primavera inoltrata e soprattutto in estate, il bosco riacquista
la sua caratteristica di “barriera visiva”. Predomina il colore verde
con una tonalità intensa che, a contrasto con la temperatura “e-
Il bosco in inverno sterna”, ci trasmette una sensazione di refrigerio.
In inverno la visione nel bosco si “allunga” fino a farci vedere Ciò che cambia notevolmente è la quantità di spazio visibile,
chiaramente la strada davanti a noi. Il paesaggio presenta essen- certamente limitata, che produce delle reazioni emozionali diver-
zialmente due colori, quello marrone-grigio della vegetazione se secondo i soggetti che vi camminano all’interno. Lo sguardo è

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limitato in ogni parte dalla vegetazione6, situazione questa che de- Il bosco in autunno
sterà una sensazione di curiosità in alcuni soggetti, spronandoli
In autunno la passeggiata nel bosco è ricca di emozioni: la ve-
alla ricerca di novità nel paesaggio; per altri un bosco in estate
getazione si mostra attraverso una miriade di colori di tonalità
può divenire quanto di più misterioso e abissale possa esistere e la
calda (il giallo acceso degli aceri e dei carpini, il ruggine delle
sensazione di curiosità potrebbe trasformarsi in sospetto e timore7
querce, il rosso e il viola delle bacche). È l’unica stagione in cui
(Fig. 5).
la temperatura “esterna” è perfettamente uguale alla nostra tempe-
ratura “interna”. Il contrasto è quello proprio dei colori caldi:
“…il rosso arancio o rosso di Saturnio è il colore più caldo… Il
giallo, giallo-arancio, arancio, rosso-arancio, rosso e rosso-viola
si definiscono comunemente caldi…”8 e, d’altra parte, il clima dei
nostri autunni è comunemente mite. Lo sguardo, in questa situa-
zione emozionale di perfetto equilibrio è dinamico, a differenza
dell’estate, e pronto a cogliere il paesaggio nei suoi particolari più
nascosti (Fig. 6).

Fig.5- Il bosco in estate.

6
“Nell’enclosure l’occhio reagisce al fatto di essere circondato da ogni parte.
La reazione è statica: una volta entrati in un’enclosure, la scena rimane la stes-
sa finché si resta all’interno o si cammina verso l’esterno, dove una nuova sce-
na si rivela all’improvviso.” Cullen G., Il paesaggio…, op. cit. Fig.6- Il bosco in autunno.
7
“Nero, immobile e silenzioso come un grande animale, dotato di infinita pa-
zienza, l’abisso osserva indifferente la gente camminare avanti e indietro nella
8
luce del sole. Questo è l’ignoto creato dal buio più profondo.” Ibidem. Itten J., Arte del colore, op. cit.

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L’odore del bosco LA TAGLIATA
Il bosco si contraddistingue anche per il caratteristico odore
dove gli aromi dei singoli elementi si compongono in un’armonia La tagliata, ai fini di una sua descrizione attraverso le stagioni,
capace di intense sensazioni. Ciò avviene soprattutto nel periodo si può assimilare a un sentiero nel bosco percorso durante la sta-
autunnale e primaverile in quanto d’inverno, con il freddo, e nelle gione estiva. La ricca presenza di specie della macchia mediterra-
estati asciutte gli odori diminuiscono d’intensità. nea ai bordi delle tagliate, come lecci, eriche, corbezzoli e gine-
L’elemento che produce i profumi è il sottobosco di caducifo- stre9, rende la vegetazione in gran parte sempreverde. Ci trovia-
glie quando l’humus si compone di foglie morte, di funghi, di le- mo, anche per la quantità di spazio visibile, nella stessa situazione
gno e di muschio. di un bosco d’estate dove, però, ad avvolgere lo sguardo non è so-
In primavera invece è dominante l’odore dei fiori di ligustro. lo la vegetazione, ma anche le pareti della tagliata forate dai var-
chi delle tombe che producono sensazioni di abisso e mistero.
Ciò che varia notevolmente nel corso delle stagioni è l’effetto
che la luce dà al percorso: in autunno e in inverno questo è nitido
e chiaro e permette, data la scarsa presenza di ombra, una visione
più approfondita delle preesistenze archeologiche; in estate
l’ombreggiatura rende la visione più confusa e distratta, situazio-
ne questa che distoglie l’attenzione.
Lungo la tagliata le stagioni influiscono sui giochi chiaroscura-
li producendo i diversi livelli di interesse dei vari elementi: in au-
tunno e in inverno le preesistenze archeologiche appaiono in pri-
mo piano; in estate vi appare invece la vegetazione (Figg. 7-9).

L’odore della tagliata


Caratteristica della tagliata tufacea è di avere le pareti esposte
al sole dove, come per la rupe, vengono a svilupparsi le piante
mediterranee. Tra queste alcune hanno un forte elemento aromati-
co che si sprigiona nel momento in cui vengono calpestate o stro-
picciate. L’“aromaticità” della tagliata è data dal timo,
dall’origano, dalla mentuccia e dal potente odore di liquirizia del
selfino selvatico (Helichrysum stoechas).
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Cfr. cap. IV.

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LA VIA AMERINA E LA NEVE

La neve non è un fenomeno consueto del territorio


dell’Amerina, tuttavia, a causa della sua estraneità, è quello che
produce maggiori sorprese. Le immagini qui riprodotte (Fig.10-
11) sono state riprese nell’inverno del 1996, dopo un’eccezionale
nevicata. Si è preferito inserirle senza alcun commento.

Un paesaggio può offrirci delle sorprese impensabili e trasfor-


mare uno stato attenzionale di quiete in uno di aperta tensione: Fig. 7. La tagliata in inverno.
“qualche volta una scossa straordinaria è in grado di strapparci
da uno stato di morte a un sentire vivo… L’occhio aperto e
l’orecchio vigile trasformano le più piccole scosse in grandi e-
sperienze”10.

Fig. 8. La tagliata in estate.

Fig. 9. La tagliata in autunno.


10
Kandinsky W., Punto Linea Superficie. Milano: Adelphi, 1991.

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Fig. 10. Il pianoro e la neve.

Fig. 11. Il bosco e la neve.

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