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STORIA DELLA POSATERIA

Le suppellettili conviviali e soprattutto le posate, non hanno una storia molto antica. Per
millenni l'uomo ha continuato a mangiare servendosi unicamente delle mani, seduto a
terra, su stuoie, utilizzando ciotole di terracotta per zuppe e bevande e, più sporadicamente,
rudimentali cucchiai di legno, e ancora oggi in molte parti della Terra questa è una pratica
conviviale comunemente utilizzata. Si mangiava servendosi delle mani senza preoccuparsi
eccessivamente di imbrattare tovaglie e vestiti, tuttalpiù procedendo a frequenti lavaggi
delle mani con acque nelle quali venivano diluite essenze profumate.
Tuttavia, almeno a partire dalla diffusione della civiltà agricola che vide la nascita dei
primi centri urbani adatti ad una vita stanziale, l'uso di taluni attrezzi da cucina e da tavola
prese lentamente a diffondersi in aree geografiche sempre più vaste, dando vita alle prime
forme di galateo della tavola.
Cucchiaio e coltello furono le prime suppellettili della tavola a fare la comparsa sulla scena della cultura materiale umana. Il
cucchiaio trae la sua forma da quella della mano chiusa a coppa per raccogliere l'acqua della fonte. Non a caso è da sempre
ovale, da usarsi tanto in cucina come a tavola e prevalentemente con pietanze brodose. Per migliaia di anni è stato fabbricato in
legno, sovente profumato, come il ginepro, il bosso. Il nome deriva dal latino cochlea ;che significa "lumaca" in riferimento
non alla forma ma al fatto che originariamente indicava uno strumento per mangiare le lumache, le uova e i molluschi.
Nel Medioevo, per rispondere alle esigenze di lusso e raffinatezza dei signori viene fabbricato in materiali preziosi come
serpentino, cristallo, cornalina, argento, onice e il manico si arricchisce di smalti e pietre preziose. Subisce anche una lieve
trasformazione, arrotondandosi alquanto e crescendo di dimensioni, perchè il cucchiaio era spesso usato come fosse una
coppetta, prendendolo con ambo le mani per portarlo alla bocca, poggiando i gomiti sulla tavola.
In seguito, alla fine del XVI secolo, riprende la sua forma tipica ovale e il manico si allunga e si assottiglia. La moda delle
grandi gorgiere che potevano facilmente essere imbrattate di sughi e di cibo, accelera l'affinamento della posateria da tavola e
nel corso del '600 compaiono diversi tipi di cucchiai, quelli da intingolo, da tè, da caffè, da cioccolato, da minestre, da punch,
cucchiai traforati da zucchero, da olive, tutta una gamma di forme e dimensioni alle quali si aggiunge il grande sviluppo
dell'arte del decoro, soprattutto nel caso delle argenterie che danno luogo talvolta a veri e propri capolavori. Nel corso del XIX
secolo fanno la loro comparsa i cucchiai da fragole e da uova alla coque in genere in osso, avorio o corno, mentre per i bambini
i cucchiai da pappa vengono fabbricati in argento per sfruttare il potere battericida proprio di questo metallo prezioso.
Ad ogni modo anche in epoca storica, tra Minoici e Micenei, Egizi, Fenici, Greci e Romani, fatta eccezione per le coppe da
vino e da acqua, pochi piatti e altri sporadici utensili di servizio, non si registrano particolari attenzioni agli utensili di servizio
e da apparecchiatura e la tavola non presenta la sua immagine di varietà estetica, di fasto e di eleganza, come noi la
conosciamo oggi, sino agli inizi del XVIII secolo.
La storia della posateria metallica e soprattutto quella del coltello è strettamente connessa alle vicende che hanno segnato
l'evoluzione della metallurgia, giacché strumenti che potevano essere in qualche modo assimilabili ad un coltello vennero
confezionati anche in età litica, ma la forma tipica, destinata a mantenersi inalterata attraverso i secoli, si incontra solo a partire
dall'età del bronzo.
La lama del coltello neolitico, munita di un corto manico di osso o legno, è ad un unico tagliente quasi sempre ricurvo. Nei
coltelli di età villanoviana, classificati come "rasoi", l'intero profilo della lama è lunato.
L'epoca greca e romana vede una grande produzione di coltelli di ferro e bronzo con manico metallico o d'osso sovente
decorato con incisioni o inserimento di pietre preziose, e utilizzati in modi diversi, per la caccia, a tavola, per la cucina, a scopo
sacrificale. La "secespita", il coltello sacrificale romano era provvista di una lama molto larga, quasi triangolare e di un manico
cilindrico, corto e grosso.
Nel Medioevo il coltello acquista una grande importanza come arma da caccia e da combattimento e si diffonde l'usanza di
portarlo appeso alla cintura infilato in una apposita custodia, assumendo così un carattere di oggetto molto personale al punto
che nessun ospite avrebbe pensato di proporre coltelli in tavola. Ognuno arrivava a cena recando il proprio coltello personale,
lavorato e ornato nei modi più svariati a seconda dei gusti e delle possibilità economiche del proprietario, col manico d'osso,
d'avorio, di legno, di pietra dura, di tartaruga, di metalli vari, decorato con figure simboliche, grottesche o fantastiche, sovente
con significati rituali, ad esempio era d'avorio per la Pasqua, d'ebano per la Quaresima.
Non di rado i coltelli da caccia e da mensa erano abbinati in un'unica parure . Una splendida serie di coltelli, realizzati nel
1419 per il duca di Borgogna Giovanni Senzapaura e conservati al British Museum, consiste in un grande coltello a tagliente
convesso, probabilmente sia da caccia che da scalco e in due piccoli coltelli da mensa con i manici adorni di intarsi, nielli e
smalti, riuniti in una custodia con coperchio di cuoio rabescato.
Generalmente il coltello venne usato per tutto il Medioevo e nel Rinascimento sia per tagliare che per infilzare le vivande
solide. Solo a partire dal 1630 cominciarono ad apparire i primi coltelli a punta arrotondata, probabilmente per por fine
all'abitudine di stuzzicarsi i denti con la punta.
La produzione di coltelli era molto diffusa tanto in Spagna come in Francia e Germania, ma fino alla fine del Rinascimento
l'eccellenza assoluta di qualità ed estetica venne raggiunta dai coltellinai italiani. Basti pensare agli splendidi esemplari
conservati al museo Poldi-Pezzoli di Milano, come il coltello veneziano del primo Rinascimento col manico d'argento, niellato
e ageminato, di raffinata eleganza o l'altro, fiorentino di gusto celliniano, col manico di argento dorato lavorato in foggia
grottesca.
Il XVIII secolo vide svilupparsi l'uso di coltelli con i manici di madreperla e d'argento, lavorati in fogge così eleganti e
funzionali che ancora oggi vengono utilizzate dalla coltelleria elegante che si ispira alla produzione del Settecento romano,
veneziano e parigino.

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Usare le dita è da "cannibali"
Ben diversa e più complessa è invece la storia della nascita e della diffusione della forchetta. Come si
diceva, le posate più antiche del mondo sono le dita delle mani e a prima vista non appare ben chiaro
perchè a partire da una certa epoca si sia preferito utilizzare la forchetta per portare i cibi solidi alla
bocca, anziché seguitare ad usare la punta del coltello o le dita come si era sempre fatto. Una volta
esclusi motivi igienici, giacché non si è mai trovato niente da ridire sul fatto che si usino le mani per
prendere e spezzare il pane, per mangiare cioccolato, dolci secchi ed altri cibi, non restano che
motivazioni di carattere formale. Si adopera la forchetta perchè usare le dita delle mani è da
"cannibali" osserva nel 1589 l' "uomo alla finestra del club", l'anonimo redattore del The Habits of
Good Society che enfatizza la barbarie e l'inciviltà dell'uso delle mani in tavola. Si tratta di una
inversione di tendenza in linea con le nuove regole della courtoisie per le quali è considerato estremamente sgradevole
mostrarsi in società con le mani sporche e unte di sughi, condizione che solo un secolo prima non avrebbe destato alcun
commento critico. Il Medioevo era intriso di salse e di grassi, l'unto era sui visi e sulle mani dei commensali, compenetrava le
loro vesti, le tovaglie e le salviette. A partire dal Rinascimento tutto ciò è considerato oltraggioso, incivile, barbaro e
condannabile.
Non si trattò certo di una scoperta dell'età barocca. Già in epoca longobarda la forchetta veniva utilizzata alle mense dei nobili
come dimostrato dalla miniatura del Codice delle leggi Longobarde del Monastero della Cava, che mostra re Rotari mentre
mangia servendosi di una forchetta.
Eppure in epoca altomedievale l'uso della forchetta creava a volte tale scalpore che quando intorno al Mille la figlia
diciassettenne dell'imperatore bizantino Cristiano IX venne a Venezia sposa del Doge Giovanni Orseolo II, recando con sé una
"fuscinulis aureis bidentibus", una forchettina d'oro a due rebbi con la quale portava alla bocca il cibo che alcuni servi
personali sporzionavano in piccole parti, si levò dovunque un tale clamore scandalizzato che di lì a poco si trasformò in aperta
condanna della bizzarra e decadente principessa bizantina. Cosicché quando nel 1005 la sfortunata giovane si ammalò di peste
e ne morì, nobili e popolani veneziani s'inventarono che ciò era la punizione divina per tanta aberrante e oltraggiosa
perversione conviviale, frutto certo di peccaminose propensioni derivatele dalle dubbie e sospette usanze della corte Bizantina.
Non che la sventurata fosse la sola principessa dedita all'uso della forchetta, anche la moglie bizantina del Doge Domenico
Silvio, che la sposò nel 1071, era ugualmente viziosa e a tavola si serviva sempre delle sue forchette personali. Né l'ostilità fu
di breve durata se ancora alla metà del Quattrocento nella Firenze medicea percorsa da letterati ed artisti d'ogni parte d'Italia,
l'uso della forchetta veniva guardato con ostilità e considerato in qualche modo "trasgressivo", al punto che le forchette d'oro
erano gelosamente tenute chiuse in forzieri, più come cimeli di famiglia che posate da tavola.
Fino alla fine del XIII secolo non se ne trova traccia ufficiale negli inventari di corte. Ciò avviene per la prima volta nel 1297,
data cui risale l'inventario di Edoardo I d'Inghilterra che contiene la menzione di alcune forchette. Poi nei secoli successivi gli
inventari di re e principi italiani, francesi e inglesi citano sempre più frequentemente forchette d'oro, d'argento, di bronzo con
preziose impugnature di avorio, cristallo, pietra dura. Il formato piccolo della maggior parte delle forchette del Cinquecento ha
fatto pensare che si trattasse di forchette da dessert.
Bisogna addentrarci nel Cinquecento per respirare l'aria nuova che investe tutta la società urbana e determina nuove condizioni
di vita e nuovi stili comportamentali, per trovare improvvisamente diffuso l'uso delle posate a tavola, ivi compresa la forchetta,
anche se permangono alcune forme di ostilità derivate soprattutto da antipatie personali e logiche politiche. Così allorché il
figlio di Caterina de' Medici, futuro re Enrico III di Francia, nel 1574-75 compie un viaggio in Italia viene notato per l'uso
ostinato di posate e soprattutto di forchette, e Arthur Thomas non perde l'occasione di satireggiare questo uso regale nella
Description de l'Isla des Hermaphrodites . nelle cui pagine il piccolo "strumento biforcuto" viene descritto minuziosamente ma
con una vena di sarcastica ironia. "Vennero portati a tavola carciofi, asparagi, piselli e fave sgranate, e allora fu davvero un
piacere mangiare tutto questo con le forchette...".
Nella seconda metà del Cinquecento l'uso della forchetta è ormai generalizzato in Italia. Quando Michel de Montaigne compie
il suo storico viaggio nell'ultimo quarto del secolo XVI, nota l'uso abituale della forchetta individuale. Il 31 dicembre del 1581,
trovandosi a Roma ospite del Cardinale De Sans, lo scrittore francese registra la presenza in tavola di cucchiaio, coltello e
forchetta, sistemati tra due salviette insieme al pane, al posto di ciascun convitato. Siamo ormai in piena regola moderna.
Ma nel resto dell'Europa permangono varie resistenze. Il sospetto che l'uso delle posate conservi un risvolto in qualche modo
condannabile come eccesso di lusso e concessione a qualche peccaminosa debolezza di carattere è ancora presente in chi
osservi costumi di vita particolarmente rigorosi e austeri. Quando Anna Maria d'Austria, figlia di Filippo III di Spagna, sposa
Luigi XIII di Francia instaura a corte una regola di rigidità quasi puritana, vietando tra l'altro l'uso dell'"inutile" forchetta oltre
che dell'argenteria in tavola e nel 1629 con un'ordinanza estende il divieto a tutta la popolazione di Francia. Dal canto suo la
corte di Vienna ha conservato l'abitudine di immergere le dita nel piatto di portata sino al 1651 e in Inghilterra non si registra
l'uso della forchetta sino al 1660. E ancora alla fine del '600 Luigi XIV, il re Sole, caccia dalla sua tavola il duca di Borgogna
reo di dare il cattivo esempio ai bambini perchè aveva tratto dalla tasca una elegante forchettina.
Le trasformazioni dei costumi sociali e della buona educazione sono avvenute con notevole lentezza fino ad una certa epoca e
si sono poi affermate grazie allo sviluppo della civiltà in generale ed all'estendersi delle consapevolezze culturali, grazie alle
scoperte geografiche, scientifiche e tecniche dei secoli registrate a partire al secolo XVI.
Il concetto di civilité nasce in Europa nella prima metà del '500 e su di esso si fondano l'autocoscienza e i caratteri di quella che
diventerà la "civiltà occidentale", manifestatasi nel tempo come unità dell'Europa.

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