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Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to
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Chi si accosti per la prima volta ai Gesta Friderici, rimarra forse stupito notando
una certa disorganicita nell'insieme, quasi che Fautore, trattando i diversi episodi,
abbia voluto fermare la narrazione sopra uno di essi, abbia interrotto, seppur mo
mentaneamente, il racconto per poi riprenderlo e focalizzare, questa volta, Fatten
zione su un nuovo episodio. Tale, infatti, si configura quella che e solitamente defi
nita una lunga parentesi filosofica in un terreno prettamente storico. Ottone, infatti,
mentre sta della seconda crociata, fa alcune osserva
inaspettatamente, parlando
zioni, che riprendera piu avanti, sul vescovo Gilberto Porretano; quindi apre il
discorso su Abelardo1; fornisce alcune informazioni essenziali sulla sua vita, sul
concilio di Soissons e puntualizza la definitiva condanna del magister a Sens.
Arricchisce il contenuto presentando anche alcuni documenti, la lettera che i vescovi
e Fabate di Chiaravalle inviarono al Pontefice per richiedere la condanna del filo
sofo, la risposta di Innocenzo e Finizio delYApologia di Abelardo stesso. Si sofferma,
quindi, diffusamente a parlare di Gilberto2, del quale individua le caratteristiche sa
lienti; concentra Fattenzione sul concilio di Parigi indetto da Bernardo per condan
nare il filosofo, come era precedentemente accaduto ad Abelardo; mette quindi in
luce la successiva assoluzione ed espone le convinzioni dottrinali di Gilberto stesso,
avendo cura di far trasparire la limpidezza e veridicita delle sue asserzioni. Non
solo: all'interno di questo racconto particolareggiato, Ottone inserisce un'altra pa
rentesi o excursus circa le sue convinzioni in relazione al problema degli universali.
In esso, ripropone quasi integralmente e fedelmente la concezione filosofica di Gil
berto, che ammira molto. Simpatizza notevolmente con le sue idee e di cio da prova
in numerose occasioni. II libro, poi, si conclude con i preparativi di Corrado III
per la spedizione in Italia troncati dalla morte. Gia alFinizio, al 5? capitolo, Ottone
aveva introdotto un excursus filosofico e teologico, anticipato dalla ribellione dei
Sassoni e seguito dalla guerra condotta contro di loro3. Anche in ambito squisita
mente storico, Ottone non sembra seguire un discorso unitario: egli, nei primi ca
pitoli, narra lo svolgersi degli avvenimenti dalla scomunica di Enrico IV alle gesta di
Corrado III, nel 1146; contemporaneamente, di tanto in tanto, inserisce nella nar
razione capitoli tesi a sottolineare il progressivo prestigio conseguito dalla casa di
Svevia.
Ci possono, dunque, stupire tali abbondanti inserti, sopra tutto quelli filosofici,
in una trattazione storica. Se, tuttavia, Pocchio cade piu in profondita, ci si rende
subito conto che quelle sopra citate sono solo apparenti antinomie. Ottone segue,
infatti, un disegno preciso e preordinato fin nei particolari. Impiega volutamente
cio che si puo definire la tecnica del frammento: espone un argomento e, attraverso
Fintroduzione di un personaggio, di un fatto o anche solo di un'idea che ne richiami
un'altra, si collega all'avvenimento appena introdotto che costituisce, cosi, una pa
rentesi nella parentesi. Procede quasi in modo circolare, a cerchi concentrici. Una
situazione richiama Paltra come, nel prologo a Federico, Ottone stesso sembra dire:
? sed antequam tuorum gestorum seriem attingam, de avo, patre patruoque tuo
quedam summatim prelibare cogitavi, ut, sic quasi quodam filo narrationis descen
dens, per clara clariora, quae de tua persona dicenda fuerint, appareant ?4. Introduce
un inserto, quasi che il filo del discorso lo porti li, per un altro fine, per fare emergere
ancora di piu la grandezza di Federico.
Sempre nel prologo, Ottone stesso si preoccupa di sottolineare che, se parlera
incidentalmente di altri regni, cio non e alieno dalla materia trattata, dal fine che
si prefigge: glorificare l'lmpero.
Inserisce, dunque, nella sua trattazione diversi argomenti, che appaiono come
parentesi all'interno della narrazione. Si tratta, in effetti, del tentativo di dilatare
la realta, perche essa e elastica, concatenata; un argomento chiama l'altro, perche
la realta emultiforme. Certo, Ottone sceglie ad hoc i suoi argomenti, ha un programma
ben definito e lo rispetta pienamente. Non c'e ne una parola in piu, ne una inmeno;
nulla e casuale, come nella storia. del resto.
E possibile individuare una linea direttrice sulla quale gli altri innumerevoli
episodi si innestano e trovano la loro giustificazione. Ottone, infatti, lo abbiamo ac
cennato, comincia il suo racconto dalla scomunica di Enrico IV da parte di Gregorio
VII; cio, nella concezione di Ottone, segna ilmomento piu triste e di maggior avvili
mento: le due autorita, corresponsabili della pace nel mondo e del trionfo della giu
stizia, ora camminano su binari opposti, quell'equilibrio e quell'armonia fra i due
poteri, indispensabile perche il disegno di Dio sul mondo si realizzi, sembra essersi
irrimediabilmente incrinato. Da qui affiora una visione del mondo solitamente de
finita pessimistica; in effetti, Ottone continua il suo racconto mettendo in rilievo
tutte le conseguenze negative che da quel gesto sono derivate: polemiche, ribellioni,
ostilita all'interno dell'Impero; egli accentua altresi Pafflorare di forze nemiche, che
ledono e minano alia base la stabilita dell'Impero stesso. Fra esse, Ottone mette in
primo piano iNormanni. Tuttavia, nel primo libro sono presenti alcuni elementi che
si proiettano e trovano la loro piu ampia giustificazione nel secondo libro. Ottone,
? e cio e
fin dagli inizi, fa velatamente supporre che, se Funita e stata infranta
causa di divisioni e di odi ? un altro momento si sta avvicinando, piu aureo, piu
radioso; Flmpero potra conoscere il suo primitivo splendore e, forse, brillare di una
luce ancor piu viva. E Favvento al trono di Federico Barbarossa che segna, nella
concezione ottoniana, la fine delle inimicizie e Finizio di una pace vera e duratura
per Flmpero. Tale esaltazione del nipote e della casa sveva sara argomento privile
? ?
giato del secondo libro.Ma gia nel primo quello che a noi interessa piu da vicino
abbiamo accenni significativi alia casa di Svevia e alle imprese stesse del giovane
Federico. Ottone, insomma, vuol dirci che, se con la scomunica crollo un'alleanza,
nn momento piu ricco e piu fecondo e sopraggiunto. A Federico spetta il com
piu sopra, a proposito dei popoli dei quali incidentalmente parlera, sebbene siano
fuori dalla visuale ?tamquam ad fontem recurrat narratio ?7.
romano-germanica
Occorre, inoltre, notare che il discorso filosofico tocca contemporaneamente
l'altezza e la profondita del reale (? acumina ?-? secreta ?); e un movimento dinamico,
dal basso verso l'alto e vice versa, che tende a scoprire e a fare emergere il vero
significato delle cose. II discorso storico si sviluppa invece in linea orizzontale, e
sempre uguale a se stesso, a meno che non intervenga la filosofia a dotarlo di senso.
Tali accenni si chiarificano meglio considerando raffermazione conclusiva di
Ottone: ? Sic enim non solum hi, quibus rerum gestarum audiendi seriem inest
voluptas, sed et illi, quos rationum amplius delectat subtilitatis sublimitas, ad
oiusmodi legenda seu cognoscenda trahuntur ?8.
Si possono, dunque, avere due piani di lettura, dei quali il piu valido e com
pleto e senz'altro il secondo (? amplius delectat?); l'uno, presuppone il solo ascolto
delle imprese, si ferma a questo livello iniziale e di cio si appaga; l'altro, invece,
scava in profondita, cerca le cause, i motivi dei fatti, collega un avvenimento al
l'altro. Non si parla piu espressamente di filosofia,ma non e difficile comprendere
che e direttamente chiamata in causa da quel (... rationum ... subtilitatis su
blimitas ?, e piu sotto, da ? cognoscenda ?, che presuppone la funzione intellettiva
del conoscere. Siamo proprio in ambito speculativo. Ecco riconosciuta la funzione
indispensabile che la filosofia assolve in un discorso storico.
Ottone, inoltre, nella prassi, conferma e mette in atto tali presupposti: non
si ferma mai alia sola notizia, ma si sforza di legare quest'ultima al tutto, cerca le
ragioni di un comportamento o le cause di un avvenimento. In cio egli e senza dub
bio un innovatore, e uno storico a pieno titolo. Infatti, cio che particolarmente spicca
nella personality di Ottone e la sua acutezza storica, fatto tanto piu singolare quanto
piu si pensi che di rado un uomo del Medio Evo ha saputo immergersi totalmente
nolle vicende del suo tempo e, insieme, staccarsene, per far risaltare il piu possibile,
nella loro giusta luce e dimensione, i diversi fatti narrati o i
personaggi rappresentati,
come Ottone ha saputo fare. Un autentico storico, infatti, e sempre inserito negli
eventi del suo periodo, fa esperienza di cio che vive, ma, al contempo, se ne distan
zia, quasi volesse individuare il filo conduttore, il nesso che collega un evento ad
un altro.
Nel Medio Evo non sempre e possibile trovare una effettiva coscienza storica,
perche l'uomo medioevale vive in una dimensione che, nelle sue linee generali, si
pud definire simbolica ed escatologica; e proteso verso 1'infinito, considera ogni
particolare sempre e solo in relazione all'universale che gli da vigore. La storia e
per lui storia di salvezza, ha sempre una funzione pedagogica, serve da ammaestra
mento. Le diverse vicende non sono concepibili se non in relazione ad un ben de
finito contesto. La storia, insomma, e strettamente legata alia teologia e di essa si
sostanzia; o meglio, serve come esemplificazione e ridondanza di verita di fede
inconfutabili. Per tale motivo, lo storico segue una traccia gia prefissata, procede
inmodo lineare, vede uno sviluppo progressivo che si concludera, dopo l'inevitabile
lotta fra bene e male, con la Parusia, la seconda e definitiva manifestazione di Cristo.
Lo schema universalmente seguito e quello agostiniano delle due citta, di Dio e
degli uomini, e ogni opera comprende una parte conclusiva dedicata alia fine dei
tempi.
7
Ottonis Gesta Friderici, p. 12.
8
Ottonis Gesta Friderici, p. 12.
A tal riguardo, sara utile richiamare alcune osservazioni del Le Goff sull'argo
mento9. Egli individua, a partire dal cosiddetto agostinismo politico, da Gelasio a
Gregorio Magno a Icmaro, una progressiva assimilazione della sfera temporale nel
Peterno. Infatti, mentre per la storia conservava una ? ambivalenza ?10,
Agostino
ovvero era contemporaneamente frutto dell'intervento di Dio e delPazione degli
uomini, durante il periodo successivo essa subisce una sorta di regressione: nel
FAlto Medio Evo, infatti, quel felice equilibrio si affievolisce, sino a scomparire;
la storia, allora, non e piu vista come dinamico svolgersi degli eventi, seppure legati
ad una prospettiva escatologica, ma si dissolve totalmente, per cosi dire, nella sfera
eterna; in tal modo, perde i connotati della temporalita per divenire esemplifica
zione e ridondanza della verita. II Bloch11, citato anche dal Le Goff, scorge nell'Alto
Medio Evo ?una vasta indifferenza nei confronti del tempo ? che conduce alia
? negazione della storia ?12.
Saranno i secoli XI e XII a porre in una luce piu adeguata il rapporto fra eter
nita e temporalita. E questo, d'altro canto, il periodo che maggiormente riprende la
visione agostiniana della storia nella sua duplice dimensione. Ottone stesso e un
seguace di Agostino e intitola la sua maggiore opera Historia de duabus civitatibus,
riecheggiando, in tal modo, il titolo di un famoso libro del dottore di Ippona. Infatti,
senza togliere nulla alia ricchezza di altri secoli precedenti, si puo affermare che
in tale periodo avviene un dilatarsi di interessi e di orizzonti in ogni campo del
sapere che non conosce precedenti nella storia Medioevale: siamo proprio di fronte
al fenomeno della rinascita, la cui importanza e il cui valore sono stati a buon diritto
ampiamente evidenziati13.
E ilXII secolo ilmomento cruciale, l'anello di congiunzione tra passato e futuro;
anche in campo storico avviene, dunque, un considerevole mutamento: comincia
ad afflorare il cosiddetto senso storico. Si fa propria, dunque, e talora si dilata la
concezione agostiniana che prevede, da un lato, Fimmissione dell'ambito metastorico
alPinterno della dimensione spazio-temporale; dall'altro, la decisa volonta di dare
risalto agli svariati particolari che compongono Pinsieme e che cominciano ad as
sumere connotati propri.
Ci si puo chiedere se gli autori di questa epoca avessero coscienza di tutto cio
e fossero delle loro scelte. Ottone, infatti, non e il solo fautore di tale
consapevoli
svolta, sebbene possa essere annoverato tra i piu accreditati protagonisti; altri autori
si possono menzionare: Ruperto di Deutz, Gerhoh di Reichersberg, lo stesso Ugo di
San Vittore, o Anselmo di Havelberg, per citare le personality piu eminenti.
Ora, Ottone da corpo agli individui e ai fatti storici; non mortifica il particolare,
anzi, lo esalta, gli conferisce il suo giusto rilievo accentuandone le diverse caratte
ristiche. In altre nelle sue la storia e viva, non e un edificio, una co
parole, opere
struzione mentale, ma racconta la vita stessa, della realta.
parla
14P. ?Bullettino
Brezzi, Ottone di Frisinga, dell'Istituto Storico Italiano per il Medio
Evo ?, 54 (1939), pp. 129-328.
15P. dello schema agostiniano nella storiografia medioevale, in Forma
Brezzi, II superamento
futuri. Studi in onore del Card. Michete Pellegrino, Torino 1975, pp. 954-960.
16M. II risveglio della coscienza nella civiltd medievale it. I. Biffi),
D. Chentj, (trad.
Milano 1982.
17
Bloch, La societa, pp. 126-128.
18R. La nascita Sec. V-XIV, ed. it. riveduta e Torino
S. Lopez, deWEuropa. ampliata,
1966 (Biblioteca di cultura storica, 90).
19A tal e rilevante afferma Constable, Past and Present: nel XII secolo
riguardo, quanto
assistiamo alia riscoperta dello stile autobiografico che si collega alle Confessioni di S. Agostino.
Le lettere diventano ? lo specchio ? e numerosi lavori autobiografici ? si pensi agli
dell'anima
scritti di Guibert di Deutz ?
de Nogent, Ruperto e, sopra tutto, di Abelardo rivelano questa
attitudine a penetrare il proprio io. Lo studioso inglese aggiunge che tale riproposta si lega bene
anche con la scoperta del senso del patriottismo e, dunque, di una individuality a carattere na
zionale. La storia di Milano di Landolfo, la storia dei Danesi o quella dei re di Britannia, per
citarno solo alcune, ne sono esempi (p. 141).
20
Brezzi, II superamento, p. 956.
21
Brezzi, Ottone, p. 293.
22
A. Frugoni, Arnaldo da Brescia nelle fonti del secolo XII, Boma 1954 (Tsfcituto Storico
Italiano - Studi
per ilMedio Evo Storiei, fasc. 8-9), p. 50. L'insigne studioso afferma che Ottone
? si attardava ? in un modo di concepire 1'Impero ormai superato dagli avvenimenti: il Papato
infatti, dopo la riforma, stava elaborando la dottrina teocratica; 1'Impero cominciava a cereare
fondamento e legittimazione nel nascente diritto romano, cosi, dalla tradizione
sganciandosi,
della Chiesa romana.
23
Ibid., pp. 41-77.
24
Constable, Past and Present, pp. 159-163.
25
Ibid., pp. 161-162; p. 168.
Ora, messa in luce la sua acutezza di storico, aperto alle istanze di rinnovamento
del presente, pur nel solco della tradizione, occorrera vedere nello specifico la for
mazione culturale di Ottone. allo scopo di dare ulteriore conforto a quanto siamo
andati sin qui dicendo. In tal modo, evidenzieremo da dove nasca la spiccata in
clinazione di Ottone per il discorso filosofico e in che cosa essa consista.
Innanzi tutto, egli studio a Parigi26. Li ebbe occasione di mettere a punto le sue
capacita tecniche e letterarie; in quell'ambiente ebbe modo di entrare a contatto con
la filosofia del periodo e di respirare il ?nuovo ? clima culturale, al quale le ?nuove ?
scuole davano note vole impulso. Cio che a noi interessa da vicino e il fatto che, di
rettamente o indirettamente, egli venne a contatto con i grandi intellettuali del
tempo27: Ugo di San Vittore, Teodorico di Chartres, Giovanni di Salisbury, Gil
berto de la Porree ... Studio le loro opere e valorizzo gli apporti positivi presenti
nei loro scritti. In particolare, avverti una note vole consonanza con le idee di Gil
berto Porretano, tanto da fare propria la posizione di quest'ultimo in relazione al
problema degli universali.
Gilberto fu un realista moderato; ricordiamo che egli studio e divenne poi can
celliere a Chartres; elaboro, tuttavia, una soluzione diversa da quella dell'ambiente
circostante riguardo al problema degli universali.
Non e questa la sede per esporre la visione dottrinale del Porretano; faremo,
ad essa, dunque, solo rapidi accenni, tesi a mettere in luce l'apporto offerto da
tale visione al pensiero filosofico e, sopra tutto, storico di Ottone.
Secondo Gilberto, ogni individuo e tale per che ha in se la forma che lo fa essere;
in altre parole, le sostanze individuali ricevono l'essere dalle forme intrinsecamente
legate ad esse e caratterizzate dal fatto di possedere una effettiva esistenza reale.
Le sostanze individuali, dunque, hanno l'essere dalle forme reali inerenti ad esse e
non sussisterebbero da sole: si perderebbero nella molteplicita del senza senso, se
non fossero alia loro forma. se ci nell'ambito co
legate Analogamente, spostiamo
noscitivo, possiamo distinguere due momenti: la ? perceptio ? e P? attentio ?. Con la
prima, si ha un'impressione sensitiva dell'oggetto; nel secondo momento, interviene
l'intelletto che ordina e caratterizza i singoli elementi, giungendo, cosi, ad una co
noscenza razionale piu sicura della realta materiale. E molto importante sottolineare
questo aspetto della sua dottrina. Infatti, per Gilberto esistono le singole individua
lity che sono poste in essere dalla forma nativa; non vivrebbero, non sarebbero, se
non grazie alia forma che le fa essere.
Anche solo da queste sommarie osservazioni non sembra difficile comprendere
per che Ottone abbia aderito proprio alia dottrina di Gilberto: essa, infatti, sem
bra corrispondere alia sua stessa visione della vita e della storia. Non e possibile
scindere il singolo elemento dalla totalita. Gli innumerevoli particolari della storia
sono alimentati da questo legame continuo con il tutto. Nulla puo essere spiegato
al di fuori di questo rapporto. Cio non presuppone una mortificazione delle singole
entita, ne una riduzione del peso degli episodi. Ottone, infatti, e alia ricerca di un
^quilibrio che possa valorizzare il particolare e l'universale; certo, e consapevole
che il secondo dei due termini ha una priorita rispetto all'altro; tuttavia, sa che per
far risaltare l'evento in se lo si deve ricondurre, per cosi dire, alia sua genesi, alia
sua fonte; e questa la natura delle cose; diversamente, tutto ci risulterebbe incom
prensibile. La visione del Porretano gli sembra la piu adeguata, in quanto permette
che ogni singolo episodio non sia analizzato separatamente, ma sia inserito in una
piu ampia visione d'insieme, cosi che, in relazione agli altri particolari e al tutto,
trovi la sua piu adeguata collocazione.
Ottone ci appare cosi riflettere alcune fra le caratteristiche tipiche del XII
secolo: la sua visione cristiana del mondo trova alimento e si salda con l'esperienza
mistico-simbolica e con la mentality filosofica.
Ora, la concezione di Gilberto gli deve essere parsa la piu adeguata ed equili
brata, in quanto garantiva, istante per istante, l'inscindibile unione del ? quod ?, la
28 278-279.
Brezzi, Ottone, pp.
materia, con il ? quo ?, cio per cui una cosa e quello che e, del particolare e dell'uni
versale. Se, d'altro canto, tutto tende ed e proiettato verso l'universale, lo storico
ha il compito di individuare tali linee generali anche nelle singole esperienze, grazie
alle quali il progetto di Dio simanifesta e si palesa agli uomini.
Nei Gesta Friderici, Ottone riflette la posizione di Gilberto anche a proposito
del problema degli universali. Non vi e posto nella storia per la casualita o la disper
sione; l'universale interviene a garantire un legame, un'unione tra le singole indivi
duality, imomenti che, in caso contrario, non avrebbero alcuna consistenza e non
sarebbero neppure pensabili o concepibili, perche si dissolverebbero nella caoticita
dell'informe materiality. Se, allora, si pone l'accento sopra tutto sull'insieme, al
contempo non ci si dimentica di conferire valore al particolare.
Occorre, tuttavia, fare una precisazione circa la notevole affinity di vedute
intercorrente tra il filosofo e lo storico. Infatti, sebbene da piu parti si sia messo in
rilievo l'identico modo di pensare, il Goetz, confortato dagli studi dello Schmidlin
e del Fellner, sottolinea anche una certa diversity tra i due pensieri, che sfocerebbe
addirittura in opposizione, quando si tocchino problematiche legate al discorso tri
nitario29. Ottone, allora, fedele al maestro per quanto riguarda la posizione filosofica
? assume
quest'ultima, infatti, si lega bene alia concezione che egli ha della storia?,
un atteggiamento molto piu cauto rispetto a Gilberto, quando si trova di fronte alia
teologia. Infatti, sebbene entrambi siano convinti che esiste un limite imposto alia
conoscenza, in Gilberto l'esperienza dialettica appare piu forte, piu presente, sopra
tutto nella disciplina teologica.
Per cio che riguarda il vescovo di Frisinga, si pud senz'altro affermare che egli
e inserito nel solco della prima scolastica inglese e francese ? si pensi ad Anselmo
di Canterbury, o alia scuola di Laon, di Chartres, di San Vittore ?. In questo periodo
ci si sforza di affrontare le problematiche teologiche percorrendo una nuova strada:
impiegando i metodi filosofici. Ottone, dunque, e favorevole ad avvicinarsi, con la
ragione, alle verita di fede. Questo e un punto nodale, in quanto concerne da vicino
il rapporto ratio-fides, cosi attuale e dibattuto fra l'XI e ilXII secolo. Per Anselmo,
la cui concezione e ripresa anche da Gilberto, la fede precede la conoscenza razionale
e, contemporaneamente, la fa procedere, la porta avanti. Occorre, inoltre, osservare
che ? come bene ha messo in evidenza lo Chenu ?, anche l'opera di Boezio ha
conosciuto una considerevole fioritura in questo periodo30. I maestri piu illustri del
XII secolo connotano il filosofo con l'espressione ? subtilissimus fait?, che sta ad
indicare la volonta di Boezio di fondare ogni discorso su basi solide e sicure, im
piegando i dettami della logica. Non solo: nel De hebdomadibus si valorizza un tipo
di teologia in cui la struttura logica serva da supporto e sostenga il contenuto di que
sta disciplina; in altre parole, si intende dotare il discorso sulle realta divine di
rigore razionale.
?
Questa preoccupazione e condivisa da Ottone, per il quale la "ratio" come
sostiene il Goetz31 ? e legata alia evoluzione della storia salvifica: Dio ha fatto dono
all'uomo di questa facolta, affinche egli potesse conoscere il Creatore. Ora, l'intelletto
diviene un mezzo privilegiato grazie al quale giungere a Dio. Compito dello storico
?ara quello di cercare le ? rationes ?, ovvero, le spiegazioni razionali dei fatti per
29 Das
Goetz, Geschichtsbild, p. 40.
30M.
D. Chentj, La theologie au douzibme siecle, Paris 1957 (fitudes de philosophie me
dievale, 45), pp. 142-158.
31
H. W. Goetz, Ratio und Fides. Scholastische Philosophie und Theologie im Denken Ottos
won Freising, ?Theologie und Philosophie ?, 56 (1981), p. 237.
arrivare, fin dove e possibile, a individuare cio da cui l'agire umano e mosso, le linee
direttrici della storia, che corrispondono, d'altra parte, al progetto salvifico di Dio.
II fine, dunque, e la conoseenza della verita; lo strumento del quale ci si serve e
Fintelletto. II vero trova cosi fondamento anche nella "ratio" e, in certo senso, si
palesa, si rende riconoscibile nella storia. Per questo, come bene rileva il Goetz32,
Ottone non solo scrive, ma interpreta la storia, scopre il significato nascosto dei
fatti e di essi da una spiegazione razionale.
A questo punto, pero, seguendo lo svolgimento del discorso del Goetz, occorre
fare una importante precisazione: se, da un lato, il vescovo di Frisinga valuta posi
tivamente la filosofia e i suoi metodi di indagine, egli, tuttavia, e ben consapevole dei
rischi che un impiego eccessivo di tali strumenti puo comportare. In altre parole,
Ottone teme che l'uomo possa essere condotto a dare assoluta priorita all'intelletto
nell'atto del conoscere e possa cadere, inevitabilmente, in errore. Egli scorge, infatti,
la radice del male proprio in questa attitudine, tesa a conferire valore esclusivo alia
facolta raziocinante. La conseguenza di questa errata disposizione e che, in tal
modo, non solo non ci si avvicina alia verita divina, unico fine della conoseenza, ma,
addirittura, ci si allontana da essa, si cade in eresia.
II Goetz avanza l'ipotesi che Ottone fosse divenuto consapevole di questo peri
colo in un momento successivo al soggiorno parigino, quando, entrato in mona
stero, ebbe modo di condurre una esperienza diversa da quella scolastica. Lo sto
rico di Frisinga e, infatti, convinto che la ? ratio ?,nel suo procedere, si trova di fronte
al mistero: a questo punto, dopo avere portato alia luce tutto cio che all'uomo e
possibile conoscere, essa deve cedere il posto alia Grazia divina che, sola, puo per
mettere di intuire Vineffabile. Ma, allora, abbiamo superato l'ambito conoscitivo
e speculativo: ci troviamo di fronte all'esperienza religiosa. Cio che caratterizza
Ottone e il fatto di avere attinto all'una e all'altra componente: come fu ammiratore
di Gilberto, che difese dalle accuse di eresia, cosi condivise alcune prese di posizione
di San Bernardo, al cui ordine si era votato. In particolare, fece sua la preoccupazione,
cosi viva nell'abate di Chiaravalle, circa i pericoli che una della
sopravvalutazione
ragione poteva comportare33. Alia luce di cio che abbiamo detto, risulta allora chiara
la forza negativa dell'espressione usata da Ottone per delineare un lato del carattere
di Abelardo. II dialettico e definito ?tarn arrogans ?; ha, dunque, un atteggiamento,
nei confronti del sapere, in se scorretto.
Non sappiamo se i due si siano mai incontrati: il Goetz34 esclude un contatto
personale, sebbene ritiene si debba considerare certa la conoseenza di alcune opero
abelardiane da parte di Ottone e, di conseguenza, del suo modo di pensare. II vescovo,
d'altro canto, non nutri mai ammirazione nei confronti del dialettico; stando al
breve ritratto offertoci dai Gesta Friderici, possiamo dire che lo considero sempro
con un certo distacco e anche con sospetto. Senz'altro disapprovo le sue idee, ri
32
Ibid., p. 237.
33A tal
riguardo, e possibile scorgere una certa influenza dell'abate di Chiaravalle sul modo
di pensare di Ottone; in realta, come Goetz, Das Geschichtsbild, p. 41, rileva, il rapporto con
deve essere visto in modo e meno di come sia stato
San Bernardo piu articolato unidirezionale
sinora concepito. Infatti il giudizio di Ottone sull'abate e duplice: il vescovo di Frisinga non
condivide le critiche di Bernardo a Gilberto, ma elogia 1'abate come predicatore. D'altro canto
e scorretto affermare che tra Bernardo e Ottone vi fosse estraneita; e vero: non intercorsero
tra loro stretti rapporti; cio e forse dovuto all'ostilita nutrita da San Bernardo nei confront*
della filosofia razionale, prediletta, invece, da Ottone. Tuttavia essi si incontrarono piu volte;
inoltre, avevano in comune un elemento che li legava inmodo determinante: l'ideale cisterciense..
34 Das
Goetz, Geschichtsbild, pp. 39-40.
Proporremo per intero la testimonianza del vescovo, dal momento che costituisce
per noi una delle fonti essenziali.
?Petrus iste ex ea Galliae provincia, quae mine ab incolis Brittannia dicitur,
? est enim predicta terra clericorum acuta ingenia et artibus appli
originem trahens
cata habentium, sed ad alia negotia pene stolidorum ferax, quales fuerunt dua
?
fratres Bernhardus et Theodericus, viri doctissimi is, inquam, litterarum studiis
aliisque facetiis ab ineunte etate deditus fuit, sed tarn arrogans suoque tantum
ingenio confidens, ut vix ad audiendos magistros ab altitudine mentis suae humiliatus
descenderet. Habuit tamen primo preceptorem Rozelinum quendam, qui primus
nostris temporibus in logica sententiam vocum instituit, et post ad gravissimos
viros, Anshelmum Laudunensem, Guillelmum Campellensem Catalaunensem episco
pum, migrans ipsorumque dictorum pondus tamquam subtilitatis acumine vacuum
iudicans non diu sustinuit. Inde magistrum induens Parisius venit, plurimum in
inventionum subtilitate non solum ad phylosophiam necessarium, sed et pro com
movendis ad iocos hominum animis utilium valens. Ubi occasione quadam satis nota
non bene tractatus monachus in monasterio sancti Dyonisii effectus est. Ibi die
noctuque lectioni ac meditationi incubans de acuto acutior, de litterato efficitur
litteratior, in tantum, ut post aliquod tempus ab obedientia abbatis sui solutus ad
vocum
publicum prodiret docendique rursus officium assumeret. Sententiam ergo
seu nominum in naturali tenens facultate non caute theologiae admiscuit. Quare de
sancta trinitate docens et scribens tres quas sancta aecclesia non vacua
personas,
nomina tantum, sed res distinctas suisque proprietatibus discretas hactenus et pie
credidit et fideliter docuit, nimis adtenuans, non bonis usus exemplis, inter caetera
dixit: Sicut eadem oratio est propositio, assumptio et conclusio, ita eadem essentia
est pater et filius et spiritus sanctus. Ob hoc Suessionis provinciali contra eum
et nominatis
synodo sub presentia Romanae sedis legati congregata, ab egregiis viris
magistris Alberico Remense et Letaldo Novariense Sabellianus hereticus iudicatus,
libros, quos ediderat, propria manu ab episcopis igni dare coactus est, nulla sibi
eo pericia ab omnibus suspecta habe
respondendi facultate, eo quod disceptandi in
retur, concessa. Haec sub Lodewico seniore Francorum rege facta sunt35.
Osserviamo subito che, per quanto riguarda i dettagli della vita di Abelardo,
Ottone sembra aver seguito laHistoria Calamitatum , la lettera che ilmagister scrivo
a un amico fittizio, presumibilmente attorno al 1131, raccontandogli le sue disgrazie.
Infatti, fra i due testi esiste una stretta vicinanza dal punto di vista della succes
sione degli avvenimenti. Senza dubbio, la notevole somiglianza e unicamente rela
tiva ai fatti accaduti; il giudizio sulle vicende o sui personaggi presi in esame, al
contrario, appare molto diver so e talora volutamente opposto, quando si raffrontino
le due testimonianze. Possiamo comunque affermare che la lettera di Abelardo costi
tuisce la fonte da cui lo storico di Frisinga trae le sue notizie. II rapporto si inverti
rebbe solo se laHC non fosse autentica, ma opera di uno o piu falsari che, in un mo
mento successivo alle vicende narrate, avrebbero ricucito i frammenti, componendo
l'attuale racconto; in questo caso, Ottone diverrebbe la fonte. Cio, pero, sembra
piuttosto improbabile. Torneremo piu avanti sull'argomento; per ora, vorremmo
sottolineare alcune caratteristiche della personalita di Abelardo.
Anche l'autore della HC ci ricorda che la Bretagna e terra fertile di ingegni let
terari e che egli si era dedicato, sin da piccolo, alia filosofia37.Grazie alia prima forma
zione, dunque, e portato a combattere con le armi della dialettica. Ottone, dal
canto suo, presenta Abelardo sotto una luce negativa: cio b tanto piu evidente, se
si accosta il ritratto del magister a quello di Gilberto, offertoci dal vescovo di Frisinga
poco dopo. Infatti, l'antitesi e condotta inmodo addirittura letterale e fa risaltare i
tratti peculiari dell'uno e delPaltro. Una sola circostanza accomuna i due filosofi:
il tentativo di condanna da parte di San Bernardo ai danni di entrambi. Solo Abe
lardo, pero, a Sens, verra riconosciuto colpevole; Gilberto, al contrario, vincera la
sua battaglia. D'altronde, non ci saremmo potuti aspettare epilogo diverso, pare
sottintendere Ottone, giacche: ?nec eadem causa nec similis erat materia ?38.
Lo storico di Frisinga della personalita di Abelardo sottolinea, come abbiamo
detto, l'arroganza e l'eccessiva flducia nel proprio ingegno, caratteristiche che ben
si collegano alia inclinazione per le dispute: ?is litterarum studiis aliisque facetiis ab
ineunte etate deditus fait, sed tarn arrogans suoque tantum ingenio confidens, ut
vix ad audiendos magistros ab altitudine mentis suae humiliatus descenderet ?39.
Gilberto, al contrario, ? ab adolescentia magnorum virorum disciplinae se subiciens
magisque illorum ponderi quam suo credens ingenio (...), non levem ab eis, sed
doctrinam hauserat ... ?40.
gravem
L'atteggiamento di Gilberto viene contrapposto a quello di Abelardo: il dialet
tico mostrava di avere flducia solo nelle sue abilita logiche; Gilberto ha l'umilta di
imparare dai maestri. II primo, poi, si era dedicato ad attivita frivole, leggere; il
secondo si applica da subito ad argomenti seri e di valore (?non iocis vel ludicris,
sed seriis rebus mentem applicarat ?)41.Dal veloce quanto incisivo ritratto scaturisce,
dunque, la fisionomia di Abelardo come persona intellettualistica e orgogliosa.
Ottone passa poi in rassegna i maestri che il dialettico aveva avuto. Innanzi
tutto, il nostro storico ci informa che il primo maestro di Abelardo fu Roscellino, il
fondatore del nominalismo logico. La sottolineatura acquista ai nostri occhi un par
ticolare rilievo, sopra tutto se confrontiamo questa testimonianza con la HC. Nella
lettera di Abelardo, infatti, il nome di Roscellino non compare mai.
Gli altri due maestri presentati sono Guglielmo di Champeaux, che flno al 1109
insegna dialettica, e Anselmo, insegnante di teologia a Laon.
Mentre Abelardo sferra, nella sua HC, un attacco violento, sopra tutto contro
Anselmo del quale non ha la minima stima, Ottone emette sui magistri un giudizio
morale e anche scientiflco molto favorevole; li connota, infatti, come ?gravissimi
viri ?; implicitamente li contrappone, dunque, al loro ex discepolo, che si era dedicato
? aliis facetiis?. Del resto, la storiografia piu recente, confortata da manoscritti ve
37
HC, p. 2.
38Ottonis Gesta Friderici, p. 74.
39Ottonis Gesta Friderici, pp. 68-69.
40Ottonis Gesta Friderici, p. 74.
41Ottonis Gesta Friderici, p. 74.
nuti alia luce42, tende a rivalutare l'insegnamento di entrambi sui quali, fino a
non molto tempo fa, gravava il giudizio del loro discepolo.
Dopo qualche considerazione relativa all'insegnamento parigino di Abelardo,
all'mcontro con Eloisa, alia monacazione e alia ripresa
dell'insegnamento, Ottone
introduce il discorso circa il concilio di Soissons e la conseguente condanna del dia
lettico. Su questo ci dobbiamo fermare, perche costituisce il punto principale della
nostra trattazione.
Prima, pero, sara necessario fare una breve digressione su un problema che, a
intervalli costanti, riaffiora: si tratta di stabilire se la HG e, con essa, YEpistolario
siano autentici, oppure no.
Non e nostro compito soffermarci a considerare l'intera questione: ci limiteremo
a proporre un quadro sommario d'insieme, puntando l'attenzione solo su
quegli
aspetti piu interessanti per noi, perche legati alia nostra indagine. Pertanto, riassu
meremo inmodo molto schematico le diverse posizioni emerse in questi ultimi anni,
a partire dal Colloque tenutosi a Cluny nel '72, che ha segnato una svolta nelPam
bito della ricerca43.
Innanzi tutto, gli studiosi convinti della autenticita dell5Epistolario ? fra essi,
il Gilson44, lo Zerbi45, il Dronke46 ? mettono in luce la coerenza e l'unita profonda
42 Si veda M. Grabmann, Die Oeschichte der Scholastischen Methode, II, Freiburg 1911
[= Graz 1957], pp. 136-168. Per un quadro sintetico degli studi e delle scoperte si veda anche
E. Bertola, Le critiche di Abelardo ad Anselmo di Laon ed a Guglieimo di Champeaux, ?Bivista
di Filosofia neo-scolastica ?, 52 (1960), pp. 499 ss.
43Gli atti del il titolo: Pierre Abelard-Pierre le Venerable.
congresso portano Les courants
philosophiques, litteraires et artistiques en Occident au milieu du XIIe siecle, Abbaye de Cluny,
2-9 juillet 1972, Paris 1975 (Colloquies Internationaux du Centre National de la Becherche
scientifique, 546). Fu, quella di Cluny, una tappa senza dubbio fondamentale per cio che riguarda
il problema in esame. Infatti, l'alta qualita degli interventi e, in particolare, la sorpresa suscitata
dal contributo del Benton, tenace assertore, allora, della non autenticita delYEpistoiario, ebbero
ilmerito di riproporre in tutta la sua ampiezza una questione che sembra destinata ad affiorare
ciclicamente. Per una visione piu puntuale del problema, cosi come e andato svolgendosi dal
Gilson e, sopra tutto, dal Colloque in avanti, giovera consultare la tesi di laurea di C. Ferrari,
Le lettere di Abelardo e Eloisa nella storiografia dopo il Gilson, dell'TJniversita Cattolica del
Sacro Cuore di Milano, Facolta di Lettere e Filosofia, anno acc. 1984-1985.
44E. Heloise etAbelard, Paris 19643. Possiamo senz'altro affermare che l'autore, gra
Gilson,
zie al suo libro, pubblicato per la prima volta nel 1938, aveva nooevolmente contribuito a far pre
valere la tesi dell'autenticita. La lettura penetrante delle lettere in discussione, compiuta dall'in
terno, aveva infatti permesso di dissipare molti dubbi precedentemente emersi.
45 Si in particolare, P. Zerbi, Un recente dibattito suW autenticita
veda, della ?Historia Cala
mitatum ? e della corrispondenza fra Abelardo ed Eloisa, in Studi di letteratura e di storia in memoria
di Antonio Di Pietro, Milano 1977 deH'Universita Cattolica del Sacro Cuore -
(Pubblicazioni
Scienze e Letteratura, 8), pp. 3-43; dello stesso autore: Abelardo ed Eloisa: il
filologiche problema
di un amore e di una corrispondenza, in Love and Marriage in the Twelfth Century, edd. W. Van
Hoecke-A. Welkenhuysen, Leuven 1981, pp. 130-161. Lo studioso italiano ha ricostruito in
modo limpido ed equilibrato l'intera problematica sorta negli anni '70, a partire dal Colloque,
apportando, nel medesimo tempo, personali argomentazioni in favore della autenticita.
46Nel
convegno di Treviri (gli atti sono stati pubblicati sotto il titolo Petrus Abaelardus (1079
1142). Person, Werk und Wirkung, Hrsg. B. Thomas, Trier 1980 (Trierer Theologische Studien,
38), l'autore, nel suo contributo, attraverso un'analisi formale e contenutistica, ha esaminato da
vicino l'unico scritto pervenutoci di Eloisa, i Problemata, e lo ha accostato alle lettere che la
badessa del Paracleto invio ad Abelardo. Nell'83 e nuovamente tomato (P.
sull'argomento
Dronke, Women writers of theMiddle Ages, Cambridge 1983), giungendo ad affermare che esiste
una notevole affinita fra le due opere. Si veda anche T. Janson, Schools of Cursus in the Twelfth
Century and the Letters of Heloise and Abelard, in Retorica e poetica tra i secoli XII e XIV. Atti
del secondo Convegno Internazionale di studi delVAssociazione per il Medioevo e VUmanesimo
latini (AMUL) in onore e memoria di Ezio Franceschini. Trento-Rovereto, 3-5 ottobre 1985, a c.
di C. Leonardi-E. Menesto, Firenze-Perugia 1988, pp. 171-200. L'autore svedese, studiando
del cursus nella corrispondenza fra Abelardo e Eloisa, alia conclusione che,
l'impiego perviene
eon ogni probability, le lettere siano o di entrambi gli autori di cui portano il nome, o di uno dei
due. Cfr., sopra tutto, pp. 195-196.
Segnaliamo altresi l'interessante lavoro di H. C. R>. Laurie che accosta 1'opera di Chretien de
alle Epistole, mettendo in luce 1'interdipendenza fra questi scritti. Cio porterebbe a modi
Troyes
ficare il punto di vista di chi ritiene che le Lettere, circolanti al Paracleto, fossero conosciute fuori
dal monastero solo a partire dal XIII secolo. Si puo infatti supporre che nel 1169 Chretien posse
desse un manoscritto delle Lettere. Cio costituirebbe, dunque, un'importante prova a favore del
l'aubenticita dell'Epistolario. Cfr. H. C. R. Laurie, The ?Letters ? of Abelard and Heloise: a
source for Chretien de Troyes?, ? Studi Medievali ?, s. 3a, 27 (1986), pp. 123-146; soprattutto,
pp. 141-145.
47 J. Le probleme de Vauthenticity de la correspondance d'Abelard et d^Helmse,
Monfrin,
-Pierre le Venerable,
in Pierre Abelard pp. 409-424.
48Lo studioso svizzero e tornato piu volte, fra il '72 e il '76, ad analizzare l'intera corrispon
denza, sempre in una prospettiva letteraria. Solo in occasione del gia citato Convegno di Treviri,
nel '79, si e dichiarato apertamente favorevole ad attribuire il carteggio ad Abelardo ed Eloisa.
P. Von Moos, ?Post festum ?, in Petrus Abaetardus (1079-1142), pp. 75-93. Per un esame piu
dell'evoluzione degli studi compiuti dal Von Moos in questi ultimi anni, rimandiamo al
dettagliato
fine saggio di I. Pagani, Epistolario o dialogo spirituale? Postille ad unHnterpretazione della cor
rispondenza di Abelardo ed Eloisa, ? Studi Medievali ?, s. 3a, 27 (1986), pp. 241-318.
49 Su del congresso
questa linea si situa il secondo Benton. Lo studioso, infatti, in occasione
di Treviri, e ritornato su alcuni punti che, nel lavoro presentato a Cluny, costituivano prove di
contro 1'autenticita. In seguito a quest'opera di revisione, si e mostrato
primo acchito rilevanti
incline ad accettare la fondamentale autenticita della HC; non ha, pero, esteso questa sua con
vinzione all'intera corrispondenza, ritenendo le lettere una finzione composta da Abelardo per
e fare accettare una Regula diversa sia da quelle benedettine, sia dalle Institutiones
giustificare
seguite al Paracleto. Cfr.: J. F. Benton, Fraud, Fiction and Borrowing in the Correspondence of
Abelard and Heloise, in Pierre Abelard-Pierre le Venerable, pp. 469-506; dello stesso autore,
A reconsideration of the authenticity of the correspondence of Abelard and Heloise, in Petrus Abac
lardus (1079-1142), pp. 41-52.
In questa linea simuove il Silvestre50, il quale ntiene che il falsario abbia attinto ad
opere di Abelardo per comporre l'insieme. Prima di lui, il Benton, a Cluny, aveva
messo in discussione l'autenticita delYEpistolario, sebbene abbia in seguito mitigato
la sua decisa presa di posizione.
Sara necessario soffermarci su alcune fra le piu interessanti obiezioni mosse dal
Benton, e ora dal Silvestre, per sostenere la non autenticita delYEpistolario. Pren
deremo in considerazione solo la HC, l'opera che a noi interessa da vicino. Diciamo
subito che una grave perplessita nasce proprio dal silenzio della HC su Roscellino.
II Benton di Cluny, ripreso dal Silvestre, aveva ravvisato tre ostacoli principali che
si collegano all'antico maestro di Abelardo.
Una prima discrepanza affiora tra le fonti e riguarda l'accusa mossa ad Abe
lardo in occasione del Concilio di Soissons; nella HC si parla di triteismo51; il testo
di Ottone52 e la lettera di Roscellino53, invece, dichiarano esplicitamente che il dia
lettico e caduto nelPeresia sabelliana. Ora, poiche le ultime due testimonianze sono,
per il Benton, sicure e attendibili, in errore e Fautore della HC; questi e, infatti,
male informato e, dunque, non puo essere Abelardo, il quale, ovviamente, conosceva
bene cio che gli si contestava.
Inoltre, il Benton ritiene contraddittorio che Abelardo non nomini mai nella
HC Tex maestro, in particolar modo quando ricorda gli insegnanti presso i quali
54 II veemente di accuse
scambio immediatamente precedente il concilio lo attesta. Si ve
dano, in particolare, Der Brief, pp. 62-80, e la lettera XIV, in Peter Abelard, Letters IX-XIV.
An edition with an Introduction, ed. E. R. Smiths, Groningen 1983, pp. 279-280.
85 Un recente dibattito, sopra tutto, pp. 28-35.
Zerbi,
56J. Sur quelques critiques de la theologie d'Abelard, ?Archives
Jolivet, d'Histoire doctrinale
et litteraire du Moyen Age ?, 38 (1963), p. 12 n. 19.
57
Zerbi, Un recente dibattito, p. 30 n. 67.
s8
HC, p. 58, rr. 7-8.
59
HC, p. 54, rr. 15-16; p. 58; p. 60.
60 Un recente dibattito, p. 32.
Zerbi,
II dialettico risponde di essere pronto ad addurre tutte le ragioni necessarie per pro
vare la veridicita di quanto asserito; poiche Alberico, per principio, rifiuta le dimo
strazioni perche vuole attenersi esclusivamente all'autorita dei Padri, Abelardo esau
disce la implicita richiesta e, voltando pagina, mostra la citazione autorevole. A
questo punto Tex condiscepolo, ribattendo un po' confusamente, manifesta la neces
sity di comprendere adeguatamente il passo: cade cosi in contraddizione con quanto
aveva affermato poco prima, poiche aveva seccamente rifiutato qualsiasi ipotesi
interpretativa sorretta da ragionamenti.
Fra la data d'inizio del concilio e il giorno della decisione non sembrano esserci
stati fatti di rilievo o degni di nota. L'attenzione di Abelardo si concentra ora sul
Tultimo giorno. Sembra, infatti, che i giudici non riuscissero a formulare un'esplicita
accusa, confortata da valide argomentazioni69. Per queste ragioni Goffredo, vescovo di
Chartres, che simpatizzava per Abelardo, interviene nel dibattito e cerca di indurre
l'assemblea a non condannare Fimputato. Probabilmente egli riteneva, oltre che
controproducente, ingiusto processare un uomo il cui prestigio sembrava non cono
scere limiti; molti, nel mondo scolastico, affascinati dal suo insegnamento, lo avreb
bero difeso e, in particolar modo, non avrebbero mai accettato una condanna im
motivata. Se cio fosse accaduto, la sua fama, lungi dal diminuire, sarebbe per cio
stesso aumentata. Ma, dopo l'esortazione a operare con giustizia, Goffredo chiede
cio che al magister non sara concesso: che egli replichi liberamente alle accuse, in
modo che lo svolgimento del processo sia imparziale e la decisione finale equa. II
vescovo non vedra esaudita la sua richiesta, e allora gioca la sua ultima carta:
propone una piu approfondita riflessione sui passi dubbiosi del Tractatus, da con
durre non piu a Soissons, ma a San Dionigi, dove Abelardo era monaco, alia presenza
di numerose e dotte persone70. Dapprima il legato acconsente; successivamente pero,
persuaso dalla parte avversa, ritratta, e fa proseguire sul posto le ultime battute del
Conone e come una di mediocre cultura e senza ca
processo71. presentato persona
pacita decisionale; infatti, benche non ne fosse del tutto persuaso, condanna il Trac
tatus e ordina che venga gettato nel fuoco72. Queste sono lemotivazioni ufflciali del
l'accusa: il dialettico aveva osato leggere in pubblico l'opera teologica senza pre
ventiva autorizzazione ecclesiastica73; si colpiva cosi la presunzione del maestro;
al contempo, questo esempio avrebbe scoraggiato altre simili arditezze e cio costi
tuiva di per se un vantaggio74.
? ?
Dunque, la causa della condanna secondo l'autore della HC non inerisce
alia dottrina abelardiana in se,ma e esterna ad essa. Abelardo riferisce che il vescovo
69
HC, p. 60, rr. 5-12.
70
HC, p. 60, rr. 12-22; p. 62; p. 64, rr. 1-3.
71
HC, p. 64, rr. 2-14.
72
HC, p. 64, rr. 14-17.
73 di Cluny aveva come prova contro la paternita
Osserviamo che il Benton addotto delle
lettere il fatto che solo nel XIII secolo la censura preventiva dei libri teologici diventa obbliga
toria; per ilXII secolo assistiamo solo ad episodi di volontaria sottomissione ad un controllo da
parte dell'autore delPopera. Cfr.Fraud,Fiction, p. 484, in particolare n. 37. E probabile che quanto
asserito dal Benton a verita. Tuttavia, lo studioso americano, a Treviri, ha rivisto
corrisponda
questo aspetto, sostenendo che il punto in questione non e da considerare necessariamente anacro
nistico. Certo, la procedura seguita al concilio appare anomala; pud darsi, pero, che l'autore della
HC abbia sottolineato un siffatto modo di fare per mostrare che i giudici non si sono attenuti alle
non fosse
consuetudini. D'altra parte, e anche probabile che il punto centrale della controversia
la precensura, ma la presunzione mostrata da Abelardo di insegnare il Tractatus, invece di uti
lizzarlo come semplice supporto per le lezioni. Cfr. A reconsideration, p. 43.
74
HC, p. 64, rr. 17-23.
Nostro scopo e ora quello di esaminare da vicino alcuni aspetti della concezione
filosoflca e teologica di Abelardo, per poter quindi valutare il giudizio di Ottone.
Dunque, riprenderemo solo quegli aspetti della narrazione che meglio mettano in
risalto il pensiero del dialettico.
Innanzi tutto, Abelardo ci informa che fu condannato per avere scritto la Theo
logia ?Summi Boni?. Le argomentazioni addotte da parte degli avversari per giu
stificare la condanna, tuttavia, riguarderebbero ragioni estrinseche e poco motivate,
quali l'atteggiamento presuntuoso del magister che aveva osato leggere in pubblico
la sua Theologia senza autorizzazione, e la necessita di una punizione esemplare,
che avrebbe scoraggiato altri simili tentativi.
Certo Abelardo, lo abbiamo osservato, persegue il fine di screditare i suoi ne
mici; dunque, si sforza di rendere inconsistente la loro posizione.
In realta, pero, prima di iniziare il racconto relativo agli avvenimenti di Soissons,
Abelardo ci offre un'ulteriore informazione: i suoi cospiratori tentano di promuovere
un concilio contro di lui, perche mossi dall'invidia per l'arguzia e le sottigliezze con
le quali egli sa risolvere questioni teologiche profonde.
Ora, questo secondo accenno reca implicita una obiezione ben piu motivata:
non si accetta il fatto che Abelardo si inoltri con tanta arditezza speculativa negli
argomenti di fede. E questo un rimprovero piu consistente: in Abelardo molti con
temporanei scorgono l'emblema di chi voglia sondare con la ragione ilmistero divino.
Pero, a questo punto, affiora una perplessita: si tratta di sapere in quale cir
costanza Abelardo abbia accondisceso a una simile pretesa. Effettivamente, lascia
75
HC, p. 64, rr. 26-30; p. 66, rr. 1-5.
76 rr.
HC, p. 66, 6-9.
77 rr.
HC, p. 66, 9-12.
78 rr.
HC, p. 66, 12-15.
79
HC, p. 66, rr. 15-17.
80
HC, p. 66, rr. 18-25; p. 68, rr. 1-2.
81
HC, p. 68, rr. 3-7.
82
HC, p. 68, rr. 10-16.
83
HC, p. 68, rr. 17-20.
stupiti scorgere nei suoi scritti affermazioni opposte a quelle citate: non solo il
magister non si lascia tentare da una simile posizione, ma, in linea di principio,
la respinge categoricamente. Infatti, nella Theologia, come nelle opere successive,
egli ha attenta cura di mostrare Fincapacita del pensiero umano a comprendere
pienamente il mistero divino84. Abelardo, dunque, avverte fortemente Fesigenza di
mantenersi nel campo delPortodossia; ma i suoi antagonisti lo condannano. Occorrera,
allora, introdurci piu nello specifico all'interno di queste problematiche, per capire
in quali termini si ponga il divario fra Abelardo e gli avversari. Prendiamo lemosse
dal Tractatus. In esso, ilmagister esterna un'altra preoccupazione, che si lega al ca
tegorico rifiuto di addentrarsi nelle profondita del mistero: egli, scrivendo la Theologia
?Summi Boni ?, intende combattere gli pseudodialettici85.
E questa una categona di persone che abusa del procedimento dialettico e ac
cetta le verita di fede solo se gli argomenti della ragione sono abbastanza convincenti.
Costoro minimizzano o addirittura trascurano il riferimento alPautorita della Sacra
Scrittura e dei Padri e si lasciano persuadere unicamente dalla forza dell'intelletto;
per questo Abelardo li definisce avversari della fede. Emerge, dunque, la ferma
condanna da parte di Abelardo, ora esplicita, ora piu velata, verso la pretesa della
? lo abbiamo rilevato ?
ragione di esaurire il mistero. Su questo punto egli non
Tuttavia ? ci interessa da inerisce al metodo
transige. questo vicino, perche impie
? sa che, per riuscire vincitore su di un avversario, occorre dapprima situarsi
gato
sul suo stesso piano. Gia con Anselmo di Laon aveva agito in questo modo: facendo
uso del medesimo procedimento seguito dal maestro, lo aveva poi sconfitto.
Nei confronti di Roscellino, suo acerrimo nemico, il meccanismo non cambia:
intende combatterlo con le sue stesse armi, dunque impiegando ilmetodo dialettico86.
Non e possibile. d'altra parte, una diversa scelta: per affrontare Pantagonista occorre
capire i suoi presupposti, metterli in luce e quindi confutarli. Se cambiassero i criteri,
non ci si potrebbe piu misurare con l'avversario, in quanto le due tesi? dell'assertore
e del confutatore ? procederebbero parallelamente, senza avere elementi in comune.
Dunque si rischierebbe di non pervenire ad alcun risultato positivo e nessuno po
trebbe ritenersi vincitore, perche non vi sarebbe alcun vinto.
Questa accorata lotta contro i nemici della fede si collega a un importante
aspetto della personalita di Abelardo: il magister e, per natura, incline alPanalisi
linguistica e sa che la parola ha una notevole potenzialita espressiva; infatti, di
essa si awale per scavare e penetrare i concetti. In tal modo il linguaggio diviene
strumento di indagine conoscitiva.
Questa tendenza, tipicissima in Abelardo, permea tutti i suoi scritti, filosofici
e teologici87. Egli conduce la sua ricerca a livello del linguaggio e in questo ambito
si mantiene, quando intende chiarire un testo teologico.
La volonta di combattere ad armi pari trova cosi la sua ragione d'essere non solo
in una necessita esterna ? non e possibile un altro modo di affrontare il
problema,
se si vuole abbattere la dottrina awersaria ?, ma anche in una caratteristica del
suo ingegno: propno perche egli stesso e eminente dialettico, si propone di
rispon
dere ai dialettici. Ama la disputa e da essa e pienamente appagato; la conduce, in
fatti, con somma maestria.
A tal proposito, lo Jolivet88 osserva che Abelardo, nel passo della HC in cui
accenna ai tratti essenziali della sua opera teologica89, impiega due volte il termine
? quaestio ? e una volta la parola ? solutio ?. Dunque, anche il procedimento usato
in campo teologico e dialettico; solo in questo modo e possibile awicinarsi alia ve
rita e, sopra tutto, "dare ragione" di cio che si crede. Egli spiega, infatti, che i suoi
scolari? potremmo estendere l'esigenza all'intero mondo scolastico parigino
? non
si accontentavano di una semplice esposizione del dato di fede, ma richiedevano
spiegazioni umane e filosofiche razionalmente convincenti90.
Dunque il Trattato e un'opera innovatrice, e non solo per il contenuto teologico:
e il metodo e i suoi presupposti che fanno scalpore: ?nec credi posse
aliquid nisi
intellectum ... ?91. E la nuova sorretta da di versa conce
primitus cultura, questa
zione del sapere, della quale Abelardo e l'emblema piu nitido92; anche per
questo
sara
perseguitato.
Abelardo: a Soissons si forma una effettiva, anche se non estesa, solidarieta attorno
al magister.
Due persone prestigiose, il vescovo Goffredo di Chartres e un maestro di scuola,
Teodorico di Chartres, hanno infatti il coraggio di levare la loro voce in favore del
l'accusato. II primo costruisce la sua difesa obiettando alia prassi giuridica che il
concilio segue; non entra nel merito delle questioni dottrinali, ma esige per l'accusato
eio che gli sara negato: la possibility di parlare liberamente.
E questo un punto rilevante: si cerca in tutti i modi di far tacere Abelardo,
sa e tende a ricondurre imo
perche si teme la sua superiority dialettica. Goffredo lo
menti del concilio nell'ambito della legality, affinche la decisione finale sia inoppu
non abbia nulla da temere perche
gnabile. Egli sembra infatti convinto che l'accusato
la sua dottrina e in sintonia con l'insegnamento della Chiesa: la possibility di spie
gare in pubblico la propria posizione avrebbe, dunque, costituito, di per se, gia
una vittoria.
Teodorico di Chartres sembra intuire meglio la differenza di piani su cui Abe
lardo e gli accusatori simuovono. Egli e cancelliere a Chartres e insegna le sette arti
liberali. Possiede, pertanto, un ampio orizzonte culturale. E possibile che Abelardo
sia stato suo alunno per le discipline matematiche e abbia avuto modo di conoscerlo
prima del concilio. Ripensando, inoltre, alia cospicua fama di cui Chartres nel XII
secolo godeva, comprendiamo che la presenza di Teodorico a Soissons acquista un
note vole significato. II maestro dilata i limiti di un conflitto solo in apparenza di
natura personale, destinato, invece, ad assumere sempre piu i caratteri di un mo
vimento generale. Nella figura di quest'uomo riemerge, seppur ancora sopito, quel
l'iniziale senso di solidarieta precedentemente intravisto con Goffredo: egli non rap
presenta piu solo se stesso, ma la forza delle scuole nascenti. Infatti, Teodorico
interviene a proposito di un problema teologico, sollevato sul finire della seduta:
e legato dopo la stupefacente prova di ignoranza offerta da
replichera al cardinal
quest'ultimo, e citera il simbolo di Atanasio: ?Et tamen non tres omnipotentes,
sed unus omnipotens ?93.Quest a risposta fa intuire che il magister aveva compreso
la posizione ortodossa dell'accusato; Abelardo, infatti, senza negare la Trinita divina,
intendeva sondare gli argomenti di fede con il metodo dialettico. Anche Teodorico
avverte l'esigenza di attingere ad altre discipline per avvicinarsi al testo sacro. In
particolar modo, il suo pensiero e intriso di matematismo, tanto che, per com
prendere la Scrittura egli sostiene sia indispensabile conoscere lematerie del quadri
vium. Queste ultime si fondano sopra un elemento comune: il numero; esso, d'altra
e l'unita,
parte, ricorre frequentemente nella Bibbia. Poiche fondamento del numero
egli istituisce un rapporto tra l'ambito fisico e quello metafisico, in quanto l'unita
e principio dell'essere e della verita.
Le affinitametodologiche tra i due magistri ci inducono, dunque, a credere che
Teodorico avesse compreso su quali presupposti il dialettico fondasse le sue afferma
zioni. L'intervento del maestro di Chartres si colloca, infatti, sul piano dottrinale e
inerisce ad uno dei punti piu controversi del pensiero del grande dialettico: la dot
trina delle appropriazioni. Nella HO si riporta l'insinuazione di un partecipante se
condo la quale Abelardo avrebbe sostenuto che solo il Padre e onnipotente. Questa
accusa, posta nella HG quasi tra parentesi, verte non tanto sul metodo, quanto sul
contenuto del pensiero teologico abelardiano e sara rinnovata a Sens94. Tuttavia,
93 Enchiridion et definitionum,
Symbolum "Quicumque" (in H. Denziger, Symbolorum
Freiburg 1932, p. 17).
94 II rilievo e di Sur 11 n. 13.
Jolivet, quelques critiques, p.
95Peter
Abaelards, Theologia uSummi Boni?, p. 36, rr. 15-17; rr. 24-26.
96 a tal proposito,
Rimandiamo, allo studio di J. Reiners, Der Ncrninalismus in der Frvh
scholastih. Ein Beitrag zur Geschichte der Universalienfrage imMittelalter, Munster 1910 (Beitrage
zur Geschichte der Philosophic des Mittelalters, 8, 5).
siderando il clima realista die in campo filosofico allora si respirava. Pero, se dal
punto di vista logico-speculativo qualsiasi deduzione poteva essere aecettabile e
lecita, nel momento in cui si discuteva sopra gli argomenti di fede, occorreva la
massima cautela.
L'errore di Roscellino fu appunto quello di non essersi fermato alia dialettica,
ma di aver dedotto le conseguenze della sua tesi in sede teologica. Applicando il
? e questa la precisa accusa di Abelardo ?
nominalismo in teologia ha dato un'in
?
terpretazione triteista del dogma della Trinita. Infatti, come l'universale l'uma
? ha consistenza reale solo negli individui, cosi unica vera realta
nita, ad esempio
della Trinita, per Roscellino, sono le tre Persone singolarmente considerate.
La Trinita risulta cosi composta di tre sostanze distinte; comuni alle tre Persone
divine sono unicamente gli attributi di potenza e volonta.
Purtroppo, non potendo disporre di suoi scritti, e difficile stabilire una linea di
demarcazione fra cio che egli effettivamente pensava e insegnava, e cio che gli altri,
in particolar modo i confutatori della sua dottrina, ritenevano insegnasse. Pud darsi
che il problema sia principalmente linguistico: il dialettico avrebbe fatto uso di una
terminologia insolita, che si prestava a interpretazioni ambigue. E possibile che
proprio l'iniziatore del nominalismo abbia dato impulso a quella analisi del lin
guaggio, cosi tipica in Abelardo, per la quale il pensiero di quest'ultimo sara inter
pretato male. Tuttavia, il grande logico, pur avvicinandosi alia posizione nominalista
di Roscellino, elabora soluzioni piu equilibrate. Infatti, sebbeno entrambi attribui
scano 1'universale alle parole, per l'antico maestro ogni proposizione, corretta dal
punto di vista grammaticale, e valida anche dal punto di vista logico: non si preoc
cupa del legame con l'ambito del sensibile.
Per Abelardo, invece, il punto di riferimento e sempre la realta concreta97; da
essa parte per poi spiegare la validita logica di quanto predica. II riferimento alia
realta esistente e imprescindibile, in quanto solo in un momento successivo, attra
verso un induttivo, si potra fare uso di convenzioni ed etichettare, con
processo
uno stesso nome, impressioni, situazioni, individui, avvenimenti e sensazioni simili.
Ci muoviamo, pero, ancora nelPambito umano, in cui i presupposti filosofici
di entrambi i dialettici attingono ad un'unica fonte. Al contrario, cio che piu net
tamente sembra diversificare i due, e l'atteggiamento in sede teologica. A tal pro
posito, abbiamo sottolineato le aspre critiche di Abelardo circa le indebite deduzioni
teologiche di Roscellino. Quest'ultimo, da parte sua, si scagliera contro l'antago
nista tacciandolo di sabellianismo. Se dunque anche l'ex discepolo, Abelardo, cade
ganise a Voccasion du 9e centenaire de la naissance de Pierre Abelard (14-19 mai 1979), Paris 1981,
175-195. Lo studioso connotare la dottrina abelardiana come ?non realista ?.
pp. preferisce
Ritiene eccessiva per Abelardo la definizione di nominalista.
In effetti, il magister, nella Dialectica (Petrtjs Abaelardus Dialectica, ed. L. M. De Rijk,
Assen 1956, pp. 286-287), asserisce la necessita di partire dalle cose; una proposizione e definita
vera quando cio che afferma trova riscontro nella realta concreta; pero, quello che essa dice non
e una realta oggettiva.
Infatti, e ormai avvenuto quel procedimento astrattivo grazie al quale delle cose si coglie il loro
modo d'essere. In un secondo momento, dunque, attraverso un processo di astrazione dal par
sua materialita e vivra come parte del
ticolare all'universale, l'oggetto rimarra spoglio della
? dictum propositionis ?. L'oggetto, e definito dal legame che lo mette in relazione con
dunque,
gli altri oggetti. La sua vera essenza altro non e che il suo ? stato ?. Cosi la cosa, divenuta ormai
funzione e inserita in un contesto di nessi logici, puo trovare la sua giusta definizione e sussistere,
quindi, per sempre.
Occorre un'indagine piu approfondita per capire su quali basi Abelardo simuova.
II suo pensiero e costantemente impegnato in un tentativo di ? dereification ? della
realta oggettiva.
Questo acuto rilievo dello Jolivet" interessa non solo la dottrina filosofica,
ma anche quella teologica. Abelardo tende ad analizzare, in dialettica, non le cose
in se, ma ilmodo in cui gli enti appartenenti alia medesima specie istituiscono re
lazioni fra loro: sottraendoli al tempo, coglie cio che di essi rimane immutabile, e
giunge, cosi, alia sfera delle pure essenze. In questa luce deve essere letto il suo no
minalismo: egli intende dematerializzare cio che e contingente e per questo mute
e
vole, porsi cosi su un piano atemporale, In cio il suo pensiero e molto vicino a quello
platonico: la materia assume una connotazione negativa, perche soggetta alia de
gradazione; solo oltrepassando l'ambito del sensibile e possibile comprendere a fondo
quanto e attorno a noi. E il medesimo procedimento induttivo, di astrazione dal
particolare, cui precedentemente, in sede linguistica, si e accennato.
Anche il pensiero teologico di Abelardo e fortemente infhienzato da questa
affermazione di principio; e necessario oltrepassare la pura fenomenicita per tentare
di intuire ilmodo in cui Dio e, al contempo; uno e trino. Abelardo non mette in dubbio
il dogma trinitario; anzi, lo pone a fondamento del suo pensiero e da esso parte per
giungere alia verita. Dunque, tanto la posizione filosofico-nominalista, quanto quella
teologica scaturiscono dal medesimo principio: guidare le proprie riflessioni nella
sfera di cio che e eterno e, dunque, incorruttibile, in quanto solo cio che ha il carat
tere delPimmutabilita ha anche quello della verita. Siamo cosi giunti al punto prin
cipale della questione. Esamineremo ora, da vicino, la testimonianza di Ottone.
98Come
sappiamo, Ottone, a proposito di Abelardo, afferma: ?Sententiam ergo vocum seu
nominum in naturali tenens facilitate non caute theologiae admiscuit ? (Gesta Friderici, p. 69).
99J. Art du langage et theologie chez Abelard,
Jolivet, Paris 1969 (fitudes de philosophie
medievale, 57), pp. 351 ss.
100Ottonis Gesta Friderici, p. 69, r. 29.
101Ottonis Gesta Friderici, p. 69, rr. 30-33.
velatamente supporre che la sentenza sia stata troppo drastica rispetto all'errore
commesso; inoltre, lascia una scarsa di esattezza e
trasparire preoccupazione pre
cisione da parte delPassemblea, che viola apertamente una prassi consolidata, quella
di lasciar parlare liberamente l'accusato.
II concilio, dunque, sa di non poter tener testa alle argomentazioni abelardiane;
probabilmente, infatti, non riusciva a capire a fondo il pensiero del dialettico. E la
difficolta di tutti o quasi i contemporanei. Ottone stesso, pur avendo a riguardo
alcune intuizioni corrette, rifiuta di accogliere pienamente il punto di vista di Abe
lardo.
Ma, piu che giustificare affermazioni ambigue sulla base di lodevoli intenzioni,
e proficuo domandarsi se il dialettico sia effettivamente sconfinato nell'errore sa
belliano.
II punto focale della questione e da rinvenire nella discrepanza, in alcuni casi
molto profonda, che contrapponeva due diverse mentalita. Scopo del Tractatus e
battere gli pseudodialettici con le loro proprie armi, attenendosi, dunque, al piano
linguistico-argomentativo. Abelardo e conscio di fornire argomentazioni logico-spe
? rileva lo Jolivet ?
culative, e da quel piano non deborda. Ma i contemporanei
non potevano comprenderlo: e impossibile, per la loro mentalita, scindere l'essere
da cio che dell'essere si predica; qualsiasi discorso di metodo non poteva non legarsi
alia sostanza109. Per queste ragioni Ottone collega il sabellianismo di cui Abelardo
e tacciato al suo nominalismo: per lui, come per i contemporanei, il dialettico aveva
svuotato di senso l'essere per renderlo parola e aveva cosi stravolto la realta, ca
dendo in eresia.
L'esempio che lo storico riporta per rendere palese l'errore di Abelardo, avva
lora questa constatazione. L'accusato si sarebbe servito ?non bonis (...) exemplis ?110
per sondare il rapporto trinitario. Avrebbe, infatti, indebitamente istituito un legame
fra i due campi, il teoretico e il divino, indagando quest'ultimo con gli strumenti
propri del primo: ? Sicut eadem oratio est propositio, assumptio et conclusio, ita
eadem essentia est pater et films et spiritus sanctus ?m. La frase, dopo quanto e
stato detto, puo stupire; ma un interrogativo si impone subito: si tratta di scoprire
dove Abelardo abbia paragonato il sillogismo alia Trinita. Prima pero, occorre sta
bilire se la relazione sia logicamente accettabile. Osservando il sillogismo, notiamo
infatti che e costituito da tre proposizioni che, assieme, formano un tutto. Ciascuna
delle tre parti e compiuta in se stessa e, dunque, l'intero sillogismo non e riconducibile
ad un'unica proposizione. Tutto questo contraddice cio che l'eresia sabelliana so
stiene: qui nessuna delle tre Persone divine basta a se stessa, e l'una non si diversi
fica sostanzialmente dall'altra, perche tutte scaturiscono dalla medesima essenza.
Inoltre, lascia perplessi che nel Tractatus l'esempio cosi formulato non compaia mai,
ne alcun altro libro teologico pervenutoci vi accenni, E, d'altra parte, infondato
ipotizzare che la suddetta frase si trovi in un'edizione a noi ignota; lo Jolivet112,
infatti, rileva che essa discorda troppo dalle tesi di Abelardo e implica una scarsa
conoscenza del suo pensiero e insegnamento. E poco credibile che il dialettico si sia
potuto avvalere di un paragone cosi poco calzante e contraddittorio, oltre che asso
lutamente inadatto a scrutare la natura del rapporto trinitario. Abelardo impiega
nel Tractatus alcune delle parole riportate da Ottone, ma con una accezione ben
diversa113. Infatti, egli si mantiene sul piano del linguaggio perche sonda i diversi
significati formali di una stessa proposizione: non pone, dunque, un discorso sull'es
senza, ma sulla diversa funzione logica di una struttura grammaticale. Inoltre, non
vi e alcun riferimento alia Trinita. Dunque, Ottone si e sbagliato, ha riportato una
notizia falsa, e potremmo chiederci se la colpa sia da addossare a lui stesso, male
109
Ibid., p. 14.
110Ottonis Oesta Friderici, p. 69, rr. 24-25.
in Ottonis
Gesta Friderici, p. 69, rr. 25-27.
112
Jolivet, Sur quelques critiques, p. 15.
113 ?Et hanc nos docet, ubi cum dicat
quidem differentiam Boethius in / Topicorum idem
esse conclusionem, dicit tamen ea differre, cum videlicet
propositionem, quaestionem, pro
positio possit esse, si non sit quaestio sive conclusio, et quaestio, si non sit conclusio, cum hoc
non exigat illud, et singula diffinitionibus terminentur ? (Theologia ? Summi Boni ?,
propriis
p. 59, rr. 13-17; cfr. Boetii Be differentiis topicis, 1. I, PL 64, 1174 C).
Neppure Ottone, dunque, sebbene sia andato molto vicino, ha compreso sino in
fondo la forza speculativa di tale procedimento. Questa ci sembra la ragione: per
capire Abelardo ed affermare che egli era stato ingiustamente accusato, sarebbe stato
necessario spogliarsi delle proprie categorie mentali e abbracciare totalmente le con
vinzioni del dialettico. Ma lo storico di Frisinga, pur sapendo penetrare acutamente
le lmee di sviluppo del pensiero di Abelardo, non le fa proprie, anzi, se ne distacca,
non le condivide. Certo, egli, forse piu di altri contemporanei, si e avvicinato alle con
vinzioni dottrinali del magister, giudicando il suo operato, per cosi dire, dalPinterno,
con la preoccupazione di cogliere la mentality dell'autore. Questo solo fatto, d'altro
canto, serve ad attestare la carica innovativa di Ottone: egli, fra le righe, quasi in
sordina, sa delineare le caratteristiche principali del filosofo e da prova di sapere
ricostruire la genesi del supposto errore abelardiano; manifesta in cio notevole luci
dity e capacity critica; nulla sfugge al suo occhio indagatore. Non possiamo preten
dere di piu da lui. Infatti, solo chi avesse compreso a fondo e, sopra tutto, condiviso
tutti i passaggi che sorreggono l'edificio reale e mentale di Abelardo, avrebbe potuto
difendere il dialettico.
Anche San Bernardo, il grande accusatore di Abelardo, si opporra alia "arro
ganza" del magister e lo incolpera di eresia. Tuttavia, egli dimentichera o non si
cm-era delle premesse di Abelardo: per lui il dialettico e un eretico, perche non ha
rispettato i limiti all'uomo nell'atto del conoscere. L'abate di Chiaravalle
impost!
manifesta la sua vena irruenta; non ha studiato la logica e i suoi strumenti di attacco
sono retorici e letterari.
FlORELLA VERGANI
117 277.
Brezzi, Ottone, p.