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L.B.G. DALEMA: LA CASTA NON ESISTE Valentino Ballabio CASE ALER: DECENTRARE PER RISANARE Antonio Gelormini TURISMO: RIFLESSI, BAGLIORI, RIVERBERI Lorenzo Sacconi CORRUZIONE: QUALI RIMEDI PER LA SINISTRA? 2 Giuseppe Ucciero RAPPRESENTANZA E CORRUZIONE: CHE FARE? Emilio Vimercati COSTI DELLA POLITICA: 17 MODI PER CAMBIARE Gianni Zenoni BASMETTO: IL PEGGIO SECONDO LE REGOLE Giovanna Menicatti LA DEMOCRAZIA NASCE ALLAREA CANI Marco Romano PIANIFICAZIONE CORROTTA: STORIA Vannino Chiti LISLAM E LA PAURA DELLE MOSCHEE Emilio Battisti EXPO ANCHE A MONZA: PERCH NO? Ileana Alesso PARIT: FARE A PUGNI? VIDEO VITTORIO GREGOTTI CITT, PICCOLO E MEGLIO? LA NOSTRA MUSICA Fabrizio de Andr MORIRE PER DELLE IDEE Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia www.arcipelagomilano.org
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www.arcipelagomilano.org tica. Forse compito delle assemblee elettive (Consiglio Comunale e Consigli di Circoscrizione, poich Sindaco e Giunta saranno inevitabilmente assorbiti da problemi immediati e imminenti) provare a guardare pi in l, avvalendosi dellapporto di una societ civile informata, consapevole e disponibile a recuperare la dignit ed il valore di una politica oggi purtroppo ridotta a mero costo da tagliare.
insieme alle relative problematiche sociali e ambientali, ovvero parte preponderante della condizione delle periferie. Tutto ci per presuppone lo spostamento del centro di gravit, il passaggio da un sistema aristotelico mono-centrico ad uno galileiano poli-centrico (bastava che guardaste nel telescopio!). Ovvero dallorganizzazione verticale e dicasteriale degli assessorati a una orizzontale e territoriale, con esecutivi collegiali e apparati flessibili e fungibili.
Sarebbe dunque possibile, non ostante o forse proprio in forza delle sfide poste dalla crisi presente, avviare una discussione vera sulla ratio dellordinamento pubblico, onde evitare che dopo ventanni di inerzia - in cui la classe politica si trastullata con la favola della governance ed il giochino dei tavoli o peggio con lillusione di un infausto federalismo- lo stesso sistema possa venire stravolto per decreto in pieno ferragosto, per altro sotto la voce fuorviante dei costi della poli-
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Il problema per il PD il suo deficit di ideologia - e il caso Penati lo dimostra (si ricordino la concessione di fondi provinciali per le ronde, la retorica nordista e le polemiche anti anime belle pro-immigrati, il fascino per le societ autostradali, le vacue polemiche a sinistra). Non dico ovviamente che tutte le ideologie siano buone. Quella comunista ad esempio non lo era, e comunque non era pi in grado di svolgere la funzione per cui unideologia concorre alla soluzione del problema di cooperazione e coordinamento dellazione collettiva per la produzione di beni pubblici. Tuttavia nessuno meno che mai il PD - pu fare a meno di unideologia, perch essa risponde al fatto che la razionalit umana limitata e linformazione sul futuro incompleta. Ci richiede di usare concetti (idee) astratti e generali per poter trattate informazioni imprecise su stati del mondo non noti (ad esempio le conseguenze delle politiche), e poterli assimilare a una classe di fatti noti, nel senso che soddisfano (oppure no) un dato principio. Questo fondamentale per la reputazione del partito presso i suoi aderenti ed elettori. E impossibile per un elettore giudicare ogni singolo atto e proposta nei dettagli. Tuttavia nel pi ampio numero di casi in cui la conoscenza limitata - egli pu utilizzare le informazioni di cui dispone per confrontarle con lideologia, e quindi decidere se il partito cui dava fiducia continua a meritarla, cio ha buona reputazione. Ma c un aspetto dellideologia cos intesa che ancora pi importante. Se deriva da un patto costitutivo imparziale tra i membri del partito, essa consente di risolvere il problema della corruzione in quanto fonte di motivazioni che spingono a partecipare allazione collettiva senza bisogno degli allettamenti privati ottenuti mediante la corruzione. In proposito leconomia comportamentale e sperimentale dimostra che (a) se agenti parzialmente egoisti come chiunque altro concordano su un principio etico generale (ad es. un principio di giustizia sociale e di equit distributiva) in modo imparziale, poich astraggono dalla loro posizione immediata, (b) posto che ciascuno di loro si aspetti che gli altri agenti rispondano reciprocamente conformandosi, (c) essi sviluppano anche un desiderio di conformit, bench questo non sia sostenuto direttamente dallinteresse materiale. Insomma, principi ideali
generali e astratti di giustizia, se concordati in modo imparziale e non forzato, e se sostenuti da aspettative di reciproca conformit, generano motivazioni allazione che sono efficaci nel guidare il comportamento. In fin dei conti semplice: se abbiamo unideologia condivisa e ci aspettiamo che tutti gli altri partecipanti facciano la loro parte, allora desideriamo metterla in pratica. Ci fonte di soddisfazione, che pu ripagare (magari solo parzialmente) il costo dellazione collettiva, anche senza che otteniamo alcun incentivo personale. Se tuttavia ci aspettiamo che la reciproca conformit degli altri venga meno, allora questa motivazione intrinseca si annulla (ecco il possibile effetto catastrofico della vicenda di Penati sul PD milanese). Insomma, la debolezza della costituzione valoriale, culturale e programmatica fondamentale del PD un partito che ha saltato la fase del patto costituzionale condiviso pensando che un po di leaderismo e le primarie potessero bastare - insieme causa ed effetto del diffondersi di fenomeni di malcostume nel suo corpo. Una parte della cura sarebbe perci lavorare a una tale piattaforma culturale, valoriale e programmatica condivisa, come fonte di soddisfazione intrinseca per i suoi stessi aderenti. 2. Oltre ai principi occorrono tuttavia le regole. Il PD giustamente fiero di avere adottato un suo codice etico. Ma buono quel codice? Indicher tre difetti principali, che non lo rendono efficace come base da cui derivare comportamenti preventivi contro la corruzione, suggerendo quindi alcuni miglioramenti. Primo: piuttosto che ancorare la discrezionalit dei dirigenti politici a un insieme di principi di etica pubblica, quali limparzialit e limpersonalit, lequit, il benessere generale ecc., si limita ad affermare lautonomia della politica. Se essa intesa in modo equivalente allindipendenza dagli interessi particolari, allora solo un testo mal formulato. Lautonomia la caratteristica dellagente morale in generale (in senso kantiano). Ma ci che dovrebbe caratterizzare il politico non dipendere nelle sue scelte discrezionali da interessi particolari, per essere cos vincolato solo dai principi universali e astratti di unetica pubblica accettabile imparzialmente e impersonalmente (secondo luso pubblico della ragione, e in questo senso capace di garantire lautonomia morale). Inneggiare
allautonomia del politico pu avere un significato pratico tuttaffatto diverso. Secondo. Bisogna saper applicare i principi nelle situazioni critiche in cui il rapporto con i vari interlocutori sociali portatori di interessi (stakeholder) pu mettere in dubbio quellimparzialit, indipendenza ed equit. E inutile fingere che tali situazioni non esistano. Un partito, specie se i suoi rappresentanti accedono a funzioni di governo, avr sempre a che fare con la composizione degli interessi. Il problema che nellesercizio della legittima discrezionalit il dirigente politico o amministratore pubblico metta in pratica principi e regole di equo bilanciamento, che siano preventive contro labuso di autorit, la collusione con interessi nascosti e la mancanza di diligenza nel perseguire gli interessi pubblici. Il codice del PD (per non parlare degli altri partiti che neppure ne hanno uno .) fa finta che questa funzione di equo bilanciamento, e quindi le regole per questi rapporti, non esitano. Analogamente riduce la gestione degli endemici conflitti di interesse potenziali, alla sola dichiarazione ex ante delle possibili fonti di interessi in conflitto. Paradossalmente poi non si occupa del fund raising a favore del partito, e quindi non prevede nulla contro la tendenza a fare raccolta fondi in modo eticamente questionabile da parte di vari singoli dirigenti, che sfocia con grande facilit, se non nella corruzione, nellapparenza di comportamenti impropri. Inoltre, non offre nessuna guida per affrontare essenziali questioni del genere seguente: come pu un amministratore pubblico locale ottenere il sostegno volontario da parte di imprenditori per interventi a favore delle sue politiche di coesione sociale o di sviluppo locale? In che nodo pu evitare che esse appiano o, peggio, abbiamo la natura di do ut des in vista di favori che gli imprenditori otterranno al momento di decisioni dautorizzazione dei loro affari? E se gli imprenditori sono naturalmente interessati a migliorare la loro reputazione nella comunit locale, al fine di facilitare le proprie attivit economiche in relazione con lamministrazione, in che modo tale motivazione strumentale pu essere messa al servizio della comunit locale e non dellillecito guadagno dellamministratore pubblico? La pubblicit e trasparenza delle donazioni alla citt, la loro finalizzazione a precisi interventi pubblici
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dichiarati e verificabili, il non coinvolgimento degli stessi soggetti in parallele contrattazioni. Oppure, nel caso di soggetti interessati a scelte dellamministrazione (autorizzazioni, appalti e concessioni, regolamentazioni), la contabilizzazione esplicita degli impegni presi dallimpresa a sostegno della coesione sociale e della protezione ambientale tra gli oneri che limprenditore disposto a sostenere per rendere eque e dinteresse generale le relative autorizzazioni. Cos da configurare una condivisione dei benefici tra limpresa e la comunit locale (o linternalizzazione da parte dellimpresa dei costi sociali e ambientali che essa produrrebbe) per le attivit che le istituzioni della comunit stessa permettono di svolgere sul proprio territorio. Ebbene tutti questi temi dovrebbero trovare risposta ed essere risolti con proposizioni univoche e chiare.
Rispondendo a queste domande il codice etico del PD sarebbe il contraltare ai codici etici e alle politiche di responsabilit sociale delle imprese. Lidea generale sarebbe favorire la buona cittadinanza di impresa (anche dei costruttori), invece che la corruzione dei funzionari pubblici. Terzo, mancano (anche nello statuto) adeguati criteri di indipendenza e terziet delle commissioni di garanzia che sono chiamate ad attuare il codice etico. In linea di principio dovrebbero essere composte da persone con competenze etiche adeguate, che non vivono di politica, che non hanno nel recente passato ricoperto cariche di partito, e che si impegnano per almeno un certo numero di anni dopo lincarico di garanzia a non accedere a cariche politiche o amministrative, in modo da evitare il fenomeno delle porte girevoli. In compenso dovrebbero avere capacit di iniziativa autono-
ma nella promozione della conoscenza, attuazione e verifica della conformit al codice etico, cui i dirigenti dovrebbero essere tenuti a collaborare, attraverso la realizzazione di attivit di formazione, audit etico periodico, e la redazione di bilanci sociali delle varie organizzazioni, tali da rafforzare laccountability del partito. Purtroppo, mancando uniniziativa autonoma dei garanti, il codice non viene riconosciuto come un documento fondante del partito, e non ha alcuna capacit di prevenzione. Esso resta lettera morta fino a quando il povero Luigi Berlinguer chiamato a chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Senza una specifica attivit di prevenzione (che non pu essere attivata dallazione dei magistrati), per il malcostume pu dilagare anche tra i quadri dirigenti di un partito che si fa inutilmente vanto del proprio codice etico.
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delliscritto e dellelettore e con questo, radicalmente, leffettiva rappresentanza. Gli eletti del PD son uomini suoi! Mentre si grida al porcellum, se ne istituisce una versione peggiorativa interna per scegliere i dirigenti del partito!! E unenormit tale che perfino Bersani se ne accorge, e ipotizza il ritorno a meccanismi di selezione dei gruppi dirigenti espressi dai territori. Da un lato, gruppi autoreferenziali, poco o nulla legittimati, rinchiusi in una logica da guerra per bande, sconnessi da uneffettiva rappresentanza degli interessi sociali di cui dovrebbero invece essere custodi, dallaltro porte aperte a chi vuole fare politica senza iscriversi a questa o quella corrente, stando sui contenuti (i fondamentali) e lasciando sulluscio le logiche di appartenenza. Non ci vuole molto a capire come questa cultura politica vertical - correntizia produca autoreferenzialit, scollegamento sistematico tra base e vertici, selezionando non per meriti e per autorevolezza ma per vicinanza e piaggeria, generando infine il terreno di cultura di comportamen-
ti corrotti, perch slegati dalla rappresentanza degli interessi. Allora tutti i dirigenti del PD sono corrotti o corruttibili? No, ma solo, e non poco, che si creano le premesse perch siano pi esposti alla condizione di cooptazione serva che la via maestra per la caduta etica. Ma la questione non solo targata PD e chi ci marcia si illude di non ritrovarsi a fare i conti con la sostanza del problema, che sempre ricordiamolo una questione di sistema. La vittoria di Pisapia stata accompagnata da una forte tensione partecipativa, ma ora che si preso il potere si pone il sempiterno problema dei vincitori di sinistra: esercitare il potere nel nome di o assieme ai cittadini e con quali forme. Non basta, dovremmo saperlo, esercitare il potere con buone intenzioni, poich di queste sempre lastricata la strada per linferno, da Robespierre in poi, ed sempre diversa la visione del rappresentato e del rappresentante. Occorre che il potere sia condiviso il pi possibile e con forme adeguate al contesto civile, allenorme serbatoio di com-
petenze, conoscenze e soggettivit espressi dalla citt. Non basta azzerare il vertice ATM (mossa eccellente), non basta metterci degli amministratori onesti e capaci (che non neppure poco), ma occorrono forme di partecipazione, elaborazione e condivisione delle decisioni, che pongano il cittadino nelle condizioni di esprimere bisogni, di orientare politiche, di strutturare scelte. In caso contrario, il gioco sar sempre lo stesso: quante rivoluzioni e speranze, ben altra cosa che la timida primavera arancione, si sono mangiate con la separazione dei dirigenti dal popolo la stessa possibilit di cambiamento! Avremmo voluto parlare di Penati, e infine diamocene atto ne abbiamo pur parlato. Non come vorrebbero tanti, dentro e fuori il PD, sollevando la sua vicenda personale per regolare vecchi e nuovi conti, ma per collocarla in un contesto di riflessione che superi i contorni di un caso individuale e si sforzi di collocare diagnosi e terapia su di un crinale pi ampio, capace di dare, con le spiegazioni, anche le speranze.
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9) diminuire anche in Regione Lombardia il numero dei seggi da 80 a 60 visto che nelle altre 19 il massimo di 50, garantendo comunque di coprire tutti i collegi del territorio regionale; 10) soppressione nelle regioni delle figure dei sottosegretari o delegati, a qualsiasi titolo; 11) dimezzamento del numero dei componenti dei consigli di circoscrizione (a Milano attualmente 40 seggi per ognuna delle 9 zone, 360 eletti, parecchi); 12) soppressione di enti, consorzi, commissioni, comunit, moltiplicatori di passaggi burocratici inutili; 13) favorire lunione dei comuni e relativi consorzi senza limiti di popolazione, con facolt e senza obbligo, subordinando, come incentivo, la concessione di finanziamenti regionali e statali per opere e servizi in cooperazione (la proposta contenuta nel DL di eleggere solo il sindaco nei comuni sotto i 1000 abitanti significa mettere le decisioni nelle mani di una persona sola cancellando ogni opposizione, immaginiamo cosa succede se il sindaco decide di realizzare una strada o unopera su un suo terreno!!!!); 14) trasformare le province laddove sono previste le citt metropolitane
creando apposite conferenze vincolanti fra i comuni compresi nellarea stessa; 15) razionalizzazione delle Province e riunificare con le stesse Province le sedi decentrate delle Regioni e le funzioni degli uffici statali, Provveditorati, Prefetture, Opere Pubbliche, ecc.; 16) pareggio dei bilanci, no alla svendita dei patrimoni e delle aziende municipalizzate che non hanno mai prodotto incassi vantaggiosi ma regalie ai compratori ( tutto fumo come la lotta allevasione fiscale); 17) una pi consona gestione delle sedi pubbliche senza manie di grandezza (Pirelloni e Pirellini) e dimagrimento degli uffici che, senza ipocrisie, a partire dalle segreterie, dai gruppi consiliari, dalle rappresentanze, sono ridondanti e sproporzionati, spesso vuoti e senza nemmeno la giacca, vecchio alibi; negli uffici pubblici non mai stata gradita la presenza di figure professionali dedite allorganizzazione del personale e degli uffici o del controllo di resa, meglio ricavarsi la propria nicchia in qualche corridoio sperduto dei piani alti senza alcun controllo; la certezza del posto sicuro deve invece stimolare una pro-
duttivit maggiore considerata peraltro la funzione di servizio: uno sforzo consapevole e responsabile va fatto anche in questo campo. Si tratta ovviamente di proposte tutte perfettibili e meglio declinabili ma che danno il segnale di un rinnovamento strutturale connesso al risparmio dei costi. La gravit della situazione economica mette in discussione la tenuta democratica e quindi occorrono risposte credibili in primo luogo laddove si spendono risorse pubbliche. I comuni pi sensibili diano lesempio. Le decisioni devono essere ben ponderate nel senso che per esempio su Comuni e Province non si pu intervenire allingrosso con un tratto di penna cos come si tracciavano i confini coloniali. Certe situazioni territoriali si possono modificare solo quando esse giungono a maturazione naturale senza inimicarsi realt significative: bisogna saperle pilotare con saggezza. Siccome i cittadini aspettano fatti concreti occorre far conoscere le proposte in fretta e avere il coraggio di non temere ripercussioni elettorali sapendo di agire per un moderno ed equilibrato contesto istituzionale.
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con le regole valide nel 1988 in modo da produrre un edificio conforme al Piano Esecutivo, in alternativa predisporre una variante planivolumetrica al Piano Esecutivo per cercare di inserire il volume in pi in una soluzione urbanisticamente compatibile con le pregevoli caratteristiche del Quartiere. Magari ripetendo il Piano Esecutivo del quartiere Torretta, poco pi a nord, dove tra tutti gli edifici alti nove piani emergeva una torre di quindici piani che staccandosi fortemente dagli altri edifici divent il segnale identificativo del quartiere stesso. Due piani in pi non fanno segnale ma innescano, in un quartiere fortemente omogeneo, la contamina-
zione estetica di unopera abusiva. Rovinando cos lo sky-line del quartiere e lequilibrato rapporto tra edificato e Parco Agricolo. Questo piccolo intervento, anche se in posizione paesaggistica delicata, conferma larticolo del professor Schiaffonati, e d lidea di quanto siano stati indifferenti al concetto del buon disegno urbano tutti i soggetti che hanno reso possibile questa bruttura: progettista, Ripartizione Urbanistica e Commissione Edilizia.
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operato verniva sottoposto al giudizio del consiglio cittadino. Questi podest erano dei veri professionisti che passavano da una citt allaltra e dunque avevano una loro reputazione da mantenere: un bel saggio sui loro compiti e sul loro spirito suggerito dallo schema del suo discorso allatto dellinvestitura tracciato da Brunetto Latini nel Trsor. La durata annuale di una carica era il deterrente pi consueto: a Valencia la Junta dels murs y dels vals quella che si occupava dei lavoro pubblici durava in carica un anno, sicch chi avrebbe liquidato il compenso per unopera eseguita non sarebbe mai stato quello che laveva commissionata. Oltre al campo dei lavori pubblici era venale anche quello della concessione di licenze, e la buccia di banana che fece scivolare sir Francis Bacon fu proprio laccusa di essersi fatto corrompere per assegnare la licenza per aprire trattorie e locande in tutta lInghilterra. La licenza edilizia diventava un problema soprattutto quando su un terreno edificabile cerano contemporaneamente molte giurisdizioni, perch capitava molto spesso che sullIle-Saint-Louis a Parigi lautorizzazione a lottizzare limpresario Marie s, proprio quello che ha dovuto costruire, tra le altre opere di urbanizzazione, anche il ponte che tuttora porta il suo nome dovesse chiederla al sovrano ma anche ai canonici di Notre Dame, che vantavano a loro dire un antico privilegio sullisola. Questo intrico verr tagliato dalla Convenzione, che nel 1789 decret che il diritto di propriet fos-
se assoluto, e soprattutto comportasse il diritto di costruire. Se ogni proprietario di un terreno avesse potuto costruire una casa a suo capriccio, sarebbe stato necessario mettere in campo una procedura che da un lato assicurasse la continuit della futura rete stradale e dallaltro dato che poi la casa era un bene offerto sul mercato dare regole per uniformare lo sfruttamento edilizio dei terreni (che fin dai primi anni del Settecento a Parigi costavano quanto la costruzione) e per imporre uno standard igienico, proprio come la citt lo imponeva alla qualit delle derrate alimentariNel corso dellOttocento le citt maggiori, come Milano, tracciarono piani regolatori che coprivano tutto il territorio, l dove chiunque avrebbe potuto costruire, ed erano costituiti da una rete di strade e di piazze alcune tematizzate, come i boulevard e le passeggiate, e i grandi square come piazza Martini o piazza Frattini sulle quali chiunque poteva costruire rispettando una altezza proporzionata alla larghezza della strada e ovviamente le norme del regolamento igienico: sicch non cera margine per alcuna corruzione. In questo dopoguerra venuta di moda la pianificazione moderna, secondo la quale le citt avrebbero dovuto essere un arcipelago di quartieri tendenzialmente autosufficienti legati da sistemi di trasporto efficienti, efficienti proprio grazie alla razionalit della loro disposizione. Tutti i terreni ancora liberi dove la rete stradale disegnata dal vecchio piano regolatore era stata cancella-
ta diventa cos il campo privilegiato per esercitare la decisione di ammettere o no il loro sfruttamento edilizio, e poich poi nel medesimo tempo quei criteri di pretesa razionalit degli urbanisti moderni sono andati dimostrandosi inconsistenti, e mancando un disegno generale come quello di un tempo, la pianificazione urbanistica espressamente diventata una successione di varianti che di volta in volta consentono a qualche grande operatore immobiliare di proporre un nuovo quartiere, e la relativa decisione stata ricondotta larbitrario campo della sfera politica. Questo meccanismo genera per sua stessa natura tangenti e corruzione, ma il burbero richiamo alla moralit individuale che pure esiste non migliora larbitrariet della pianificazione e dunque laspettativa bilaterale delle tangenti: una faccenda che sappiamo, e che tutti sappiamo non possa venire estirpata se non modificando le procedure di pianificazione. Ma queste procedure sono come la riduzione dei costi della politica: una greppia che dovrebbe venire eliminata da chi vi si nutre. Cose del resto note e non specifiche del nostro Paese, quando le decisioni sulla edificabilit dei suoli abbiano consistenti margini di arbitrariet: Quella Sheppard ha certe perle grosse come uova. Il marito architetto comunale, e quindi prendere una bustarella, per lui, una seconda natura scriveva in uno dei suoi romanzi gialli Edgar Wallace nel 1933, descrivendo lingresso di una signora a una serata elegante.
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invece, nell'incontro tra l'Europa e i cittadini di fede musulmana, il germe di un cambiamento profondo dell'Islam, cos come gi avvenuto nel corso dei secoli per le altre grandi religioni presenti nel continente. Un grande compito spetta alla politica: alla sua capacit di integrare i cittadini, sviluppando politiche di inclusione, garantendo a ognuno i diritti, pretendendo da tutti il rispetto dei doveri, assicurando la libert e il pluralismo religioso e culturale, imponendo il rispetto nel confrontodialogo tra le diverse concezioni. Se non si costruisce una convivenza tra vecchi e nuovi europei, fallisce non solo la politica, ma anche l'incontro tra le religioni. In Europa, Cristianesimo, Ebraismo, Islam possono contribuire a realizzare una societ, che, per le soluzioni di integrazione e pluralismo realizzate, diventi un esempio in grado di contagiare positivamente il mondo. la sfida alla quale dobbiamo saper rispondere: la nostra sfida. Guardando all'Italia, si assiste a fenomeni contraddittori: rifiuti pregiudiziali, mossi da calcolo politico contingente, da parte della Lega Nord e di forze di estrema destra; acritica
accettazione di ogni proposta di nuova moschea da parte di settori della sinistra politica. I Comuni stanno assumendo un ruolo di protagonisti assoluti e solitari: le moschee vengono autorizzate solamente attraverso le valutazioni di ordine territoriale e urbanistico. Lo Stato centrale, che in questo caso dovrebbe avere un compito fondamentale, invece latitante, incapace d'impostare una politica che fissi le regole del pluralismo religioso. Le moschee non sono e non possono essere soltanto un luogo fisico: sono anche una sede di incontro e di preghiera. Oggi, la loro natura spesso determinata dagli imam che orientano con i loro discorsi. A mio avviso invece, gli imam devono essere cittadini italiani. Nelle moschee si deve parlare la lingua del paese nel quale sorgono. Deve essere evitato che gli imam siano formati, selezionati, e inviati dai paesi arabi o islamici: negli ultimi anni essi vengono prevalentemente dall'Arabia Saudita o dalle organizzazioni del fondamentalismo islamico. In Italia e in Europa abbiamo bisogno di formare dei cittadini nuovi, in grado di far vivere nella societ il pluralismo culturale e religioso. So-
no convinto che la strada giusta sia quella di prevedere nella scuola pubblica lo studio delle religioni, come normale materia inserita stabilmente nei programmi. La classica ora di insegnamento religioso di tipo confessionale dovrebbe svolgersi altrove - nelle parrocchie, nelle moschee, nelle sinagoghe - o sempre nelle scuole ma al di fuori dell'orario scolastico obbligatorio. Analogamente ritengo che sia giusto reintrodurre nelle nostre Universit lo studio della teologia. Questa differenziazione tra storia e cultura delle religioni, come materia di studio obbligatorio, e insegnamento religioso facoltativo, organizzato dalle singole confessioni, a me sembra fondamentale. Nel perseguire l'obiettivo di "italianizzare" la figura dell'imam, anche la proposta di creare una scuola islamica, in cui insegnare il Corano in lingua italiana, una proposta coerente con una visione di integrazione inclusiva. Non esiste un'alternativa valida a politiche di inclusione e di integrazione. *vice presidente del Senato
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Avevamo ipotizzato che, stante la crisi in atto, sarebbe stato possibile, con lappoggio degli stati partecipanti, rinegoziare con il BIE la formula e proporre unExpo diffusa a scala metropolitana e regionale. Ne avevamo discusso con Boeri e con Stanca ancora prima che il masterplan della Consulta architettonica venisse presentato, ma non c stata la volont politica di riaprire la trattativa con il BIE. Nel frattempo, gli studi e i progetti per la realizzazione del sito sono andati avanti, nel presupposto che lOrto Planetario potesse essere effettivamente realizzato e rappresentare anche quel rinnovamento della formula di cui lExpo di Shangai ha certamente costituito la pi imponente e auspicabilmente ultima manifestazione della storia pi che secolare delle esposizioni universali. Visto e considerato che la manifestazione nel sito si doveva comunque tenere, abbiamo ritenuto che fosse necessario affiancarla con un Fuoriexpo in analogia a quanto avviene ogni anno con il Fuorisalone in occasione del Salone del Mobile. Lidea stata ripresa un po da tutti i protagonisti, a partire da Lucio Stanca, prima di essere messo alla porta da Berlusconi stesso, in occasione degli Stati Generali dellExpo organizzati da Formigoni nel luglio del 2009, il quale, intervenendo in collegamento, aveva raccomandato di non fare una super fiera campionaria ma di coinvolgere i territori favorendo lincontro delle differenti trib (sic!). Ma anche Giuseppe Sala in una intervista appena insediato aveva espressamente fatto riferimento al Fuorisalone e perfino Letizia Moratti, al termine della sua disastrosa campagna elettorale, si era lasciata sfuggire un Expo Diffusa per tentare di coinvolgere gli imprenditori. Giuliano Pisapia poi, sia nella campagna delle primarie sia in quella vittoriosa che lo ha portato a diventare il nuovo sindaco di Milano, aveva fatto proprio e inserito nel programma elettorale il progetto di Expo Diffusa e Sostenibile, arrivando addirittura a proporlo in occasione dellincontro, a pochi giorni dalle votazioni, con la Giunta di Assolombarda e ricevendone, a quanto pare, lapprezzamento del presidente Meomartini. Si era ipotizzato che potesse essere proprio Pisapia a praticare questo terreno, ma ora con la sua nomina a Commissario per la realizzazione delle opere del sito, sar totalmente assorbito da procedure e scadenze. Pisapia ha con.31 III 14 settembre 2011
munque espresso pubblicamente molti dubbi circa la possibilit che il governo, stante lacutizzarsi della crisi economica, possa far fronte ai propri impegni. Infine, il Corriere del 9 agosto ha riportato che Roberto Formigoni, nuovo Commissario straordinario dellExpo, ha preso atto della necessit di affiancare lExpo ufficiale con un Fuoriexpo affermando: Siamo alla volata finale e dobbiamo cogliere questa occasione. Magari coinvolgendo i privati. Escludo che possano avere un ruolo nella societ, ma potrebbero partecipare a iniziative collaterali con il nostro logo. Come per il Fuorisalone. Ormai, sullopportunit di realizzare una Expo a scala territoriale si sono espressi proprio tutti senza che ci sia stata, a parte il progetto Expo Diffusa e Sostenibile (EDS) del Politecnico, alcuna concreta iniziativa per realizzarla. Che ci sia il pericolo che il BIE possa contestare il drastico ridimensionamento del progetto originario e accusarci di cambiare le carte in tavola non una preoccupazione peregrina, visto che il dossier di candidatura in base al quale la manifestazione fu assegnata al nostro Paese prevedeva un budget per la realizzazione del sito di 3,5 miliardi. Pi realisticamente il masterplan concettuale della Consulta architettonica capitanata da Stefano Boeri si era ridimensionato a poco pi della met, su un importo di 1,8 miliardi, successivamente ridotti a 1 miliardo e 746 milioni lo scorso maggio e attestatosi, non si sa se definitivamente o meno, sul miliardo e 450 milioni con gli ultimi tagli (fig.05). Ma lacutizzarsi della crisi economica planetaria ripropone a pieno titolo le condizioni per rinegoziare la formula con il BIE e, invece di subire le sue probabili contestazioni per i ripetuti tagli al budget, sarebbe opportuno andare al contrattacco proponendo di fare un uso pi appropriato delle poche risorse disponibili sia da parte nostra che di tutti i paesi partecipanti ai quali non infatti ragionevole, in questa situazione di vacche magre, chiedere di spendere milioni di euro per realizzare i propri padiglioni. Perch, visto che, come ha affermato Sala, gli orti non si riescono a vendere e lo stesso Vicente Loscertales, segretario generale del BIE che sembrava aver abbracciato lidea dellorto planetario, ha ironizzato affermando che le melanzane si coltivano in tutto il mondo allo stesso modo, ci ritroviamo proprio di nuovo con unExpo
dei padiglioni e con le prevedibili disastrose conseguenze del dopo manifestazione, come si sono gi avute ad Hannover, Siviglia e, in minor misura, a Lisbona? Lalternativa a questa infausta prospettiva esiste e faccio solo un esempio per mostrare quanto essa sia concreta. Il Parco e la Villa Reale di Monza, rappresentano una realt per la quale stato costituito uno dei Tavoli promossi dal progetto Expo Diffusa e Sostenibile (EDS), gi operante da mesi, che raccoglie tutti i soggetti interessati dal Consorzio di cui fanno parte la Regione Lombardia, i comuni di Milano e Monza, il Ministero dei Beni Culturali, alla stessa Societ Expo SpA, la CCIAA, la Provincia di Monza-Brianza, la Scuola di Agraria alcune e associazioni politico culturali. Il Tavolo si propone di gestire, rispetto alla scadenza del 2015, un patrimonio di enorme valore storico monumentale, che integra alcune produzioni agroalimentari di grande qualit (fig.06) oltre a un repertorio di essenze arboree provenienti da tutto il mondo, messe a dimora nei decenni, perfettamente sviluppate in grado di competere con le programmate costosissime serre per produrre alcuni dei climi caratteristici del pianeta e per realizzare le quali non c ormai pi il tempo necessario. Non varrebbe la pena di utilizzare lExpo per recuperare e valorizzare questa enorme risorsa pubblica, nota a livello internazionale, purtroppo soprattutto per lautodromo, invece di creare ex novo un sito utilizzando, per la prima volta nella storia delle esposizioni universali, aree private e distruggendo, con annessi e connessi, oltre due milioni di metri quadri di suolo agricolo? Il parco si trova inoltre sulla direttrice Milano Monza - Lecco - Sondrio, uno degli undici assi della mobilit su ferro a scala territoriale, dotata di altre straordinarie eccellenze ambientali, paesaggistiche e agroalimentari che sarebbe opportuno valorizzare e mettere a confronto diretto con altre culture dei paesi partecipanti, ospitandole allinterno dei medesimi contesti. (fig.b) Altre situazioni non meno significative riguardano i territori del tortonese e del piacentino, entrambi in regioni limitrofe, che hanno gi avviato specifici progetti per coordinarsi con Expo, mettendo a disposizione contenuti e offrendo ospitalit a moduli della manifestazione che possano far interagire tematiche di loro stretto interesse con il tema generale e 11
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con le culture e le colture di altri paesi. Non c bisogno di essere dei grandi strateghi o fini analisti per comprendere che la situazione, rispetto al momento storico in cui si ottenne la nomination da parte del BIE battendo Smirne, completamente mutata, e ostinarsi a portare avanti lo stesso programma mutilandolo e smembrandolo non pu che portare allinsuccesso. Va fatta una netta conversione di rotta utilizzando le poche risorse per adeguare e valorizzare il molto di cui gi si dispone, piuttosto che creare da zero qualcosa che finir per risultare inutilizza-
bile e quindi produrre un enorme spreco. Sono sicuro che lOrto Planetario, che rappresenta certamente una concezione fondamentale per rinnovare i contenuti dellExpo, ha pi opportunit di essere realizzato nel modo migliore se diffuso nei territori piuttosto che affastellato entro il sito in prossimit della Fiera di Rho Pero. L, nel sito, ci si potrebbe impegnare a organizzare la porta di ingresso allExpo Diffusa e Sostenibile accogliendo e selezionando i visitatori in funzione dei loro prevalenti interessi, organizzando un efficiente servizio di accompagnamen-
to per quelli meno informati, per aiutarli a comprendere veramente i contenuti della manifestazione, favorendo la loro permanenza, evitando una visita mordi e fuggi, in modo da consentire una vera esperienza di vita nel segno della conoscenza e della sostenibilit. Ecco come Milano e il nostro Paese potranno diventare gli artefici del vero rinnovamento della formula delle future esposizioni universali, troncando la sequenza di manifestazioni obsolete che non hanno storicamente pi alcun senso.
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La cronaca sul caso Penati richiederebbe ancora altri commenti che riguardano l'etica e la questione morale. Circola troppo spesso una voce dietro le cucine delle feste democratiche che suona la vecchia musica del cos fan tutti. La questione non tanto "colpevole o innocente", "lo ha fatto per s o per altri", e poi per il partito?, ma come e che cosa ne avrebbe guadagnato il partito inseguendo la destra. Credo che il "costo della politica" non sia soltanto quanto la politica chiede per mantenere i suoi esponenti e i suoi giochi, ma anche quanto questi costano alla politica in termini di perdita di consenso, di credibilit e quindi e di fiducia: come posso votare per coloro che non stimo? La questione di fondo per la politica, e per la politica del territorio, riguarda il modo con cui si ritiene che il territorio e tutte le sue risorse non appartengano a quel complesso di beni comuni, che non debbano essere lasciate a un destino indiscuti-
bile, indicibile, segreto, mentito. L'accentramento decisionale diviene strumento per manipolare i patrimoni comuni e appropriarsene. Le risorse territoriali debbono al contrario appartenere a un processo democratico, trasparente di pianificazione. Gli obiettivi sono o meglio potrebbero essere chiari, se inquadrassimo le trasformazioni territoriali in un'ottica di capacit e di sostenibilit sociale, economica e ambientale. Noi ci siamo abituati con la legge per il governo del territorio alla menzogna e all'ipocrisia, dichiarando che la VAS deve orientare il piano, mentre nei fatti il piano a orientare la Vas, per non dire di come sia riduttivo l'approccio all'ambiente e alle opere pubbliche: altro che quadro unitario della pianificazione. L'urbanistica senza questi orientamenti derivanti da una lettura interdisciplinare delle risorse ambientali e costruita in un'ottica puramente locale, di false e devastanti competi-
tivit, ammette tutto. Basta dichiarare che le sorti saranno magnifiche e progressive, basta ripeterlo fino alla noia e tutti saranno convinti. L'urbanistica non guadagnare. Deve esistere una visione pi ampia che quella implicita del tornaconto, delle mani sul territorio. Dom Franzoni scriveva che la terra di Dio, noi oggi "dovremmo" affermare che la terra di tutti. Noi non deleghiamo eleggendo una persona a carica pubblica (che sia consigliere, assessore, sindaco o presidente non importa) a trattare i beni pubblici come se fossero suoi, noi non "potremmo" ammettere che il territorio sia oggetto di baratti, di scambi, di mercimonio. Esiste una questione etica che chiede che i finanziamenti ai partiti siano dichiarati, trasparenti, perch vogliamo sapere chi sono i finanziatori. Il finanziamento non deve trasformarsi in incaprettamento
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www.arcipelagomilano.org soluzioni, non ci sentiamo dei privilegiati? Non ci emoziona partecipare cos intimamente alla lettura della partitura, alla ricerca interpretativa, in una parola alle scelte del musicista? Ovviamente non possiamo immaginare una totale anarchia, per cui quando andiamo a un concerto non sappiamo che cosa ascolteremo, n tantomeno possiamo rinunciare a letture rigorose e corrette che si attengano il pi possibile al testo e alle pi consolidate prassi interpretative. Forse, per, si potrebbero aggiungere ai concerti formali altre tipologie di eventi musicali, non meno classici che, senza scimmiottare le grandi improvvisazioni di Keith Jarrett, n imitare le jazz session (che partono da tuttaltri presupposti), consentano agli interpreti di proporre ad esempio una serata con Mozart in cui ci trasmettano la loro idea di Mozart, piuttosto che la loro ricerca sulla sua musica, o anche solo il percorso che devono fare ogni volta che la affrontano per risolverne passi complessi o misteriosi o scioglierne apparenti incongruenze, proponendola in modi diversi e magari tra loro contraddittori. Una sera chiedemmo ad Andrea Bacchetti pianista di cui abbiamo pi volte riferito e che mostra una certa insofferenza nei confronti del rito del concerto come mai si era preso tante libert nellesecuzione delle bachiane Variazioni Goldberg, aggiungendovi una considerevole dose dinusuali abbellimenti; felice che qualcuno se ne fosse accorto, ci rispose che non si pu suonare sempre la stessa musica, che bisogna talvolta rinnovarla, che Bach sarebbe stato assolutamente daccordo visto che lui stesso la suonava di volta in volta su diversi strumenti e con tempi diversi, e che era prassi, allora, abbellire liberamente il testo scritto, usarlo quasi come un canovaccio. Unaltra volta Bacchetti esegu una serie di pezzi, in parte di autori diversi, uno dopo laltro senza alcuna interruzione e dunque senza la cesura dellapplauso. Fu una cosa curiosa, non totalmente apprezzata da un pubblico abituato allimmutabile rito del concerto classico, eppure obblig tutti a riflettere su certe contiguit musicali e su certi procedimenti imitativi, propri della musica, che non sono sempre palesi. Ci sembra dunque arrivato il momento di sperimentare nuove forme di concerto, pi libere, fantasiose, personali, forme pi dirette fra artisti e pubblico; abbiamo avuto molte avvisaglie di questa tendenza (ricordate gli ultimi concerti di Friedrich Gulda?), talvolta magnifiche, altre volte anche irritanti (ma basterebbe chiamarli concerti irrituali, e annunciarli come tali, perch il pubblico sia preparato). Limportante introdurre e sperimentare anche nei luoghi pi carismatici nuovi modi di rapportarci con i grandi capolavori musicali e soprattutto mettere in una nuova relazione, pi approfondita e meno scontata, i testi, linterpretazione, e la fruizione da parte del pubblico. Ovviamente senza cadere nella diversa e noiosa dimensione della lezione, ma creando latmosfera curiosa e gioiosa di chi vuole andare un po pi in l del semplice ascolto (di ci, peraltro, che quasi sempre gi conosce) per esplorare alternative possibili e sorprendenti. Musica per una settimana Questa settimana ancora presa dal Festival Mi.To. di cui vi ripetiamo il link http://www.mitosettembremusica.it/p rogramma/calendario/2011-0905.html Ma anche linizio della stagione dellAuditorium dove il 15, il 16 e il 18 settembre lOrchestra Verdi, diretta da Xian Zhang, eseguir dapprima il Concerto n. 5 in mi bemolle maggiore opera 73 per pianoforte e orchestra (il celebre Imperatore) di Beethoven con il pianista Lars Vogt, e poi la Sinfonia Fantastica opera 14 di Berlioz.
ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Fotografie e unUltima Cena per non dimenticare l11 settembre
Dieci anni fa il crollo delle Torri Gemelle ha cambiato il mondo e ha destabilizzato la nostra sicurezza e la realt a cui eravamo abituati. Tante, tantissime le celebrazioni in tutto il mondo; tante, tantissime le foto a cui siamo stati esposti in questi dieci anni. Foto che testimoniano, ricordano, mostrano e ci fanno riflettere sullimmane tragedia di quel giorno. Sono proprio le fotografie le protagoniste di una mostra, visitabile fino al 2 ottobre presso Palazzo Reale, promossa dal Comune di Milano, dalla Fondazione Forma per la Fotografia con la collaborazione del Corriere della Sera. 11.9 Il giorno che ha cambiato il mondo. Dieci anni dopo. Documenti e immagini mostra esattamente questo. Fotografie dal grande formato fatte dai testimoni di quella tragedia in quel giorno che sembrava uguale a tanti. Passanti salvatisi per caso, ma anche fotografi dai n.31 III 14 settembre 2011 nomi importanti, quali James Nachtwey, e i grandi autori della Magnum Photos come Steve McCurry, Alex Webb, Gilles Peress, Susan Meiselas e altri. La mostra, raccolta in poche sale, una testimonianza forte di quello che accadde. Leroismo dei soccorritori, gente comune irriconoscibile, coperta di sangue e polvere che si abbraccia e guarda il cielo con fare impotente, pezzi di edificio, frammenti volati qua e l, un angolo di terreno coperto da fiori e candele, parenti e amici che guardano le foto degli amici appese al muro dei dispersi. Immagini a tutti fin troppo note che, anche a un decennio di distanza, ancora ci fanno emozionare. Anche la stampa stata un mezzo importante in quellevento, ecco perch la prima sala dedicata alle copertine dei principali quotidiani nazionali degli Stati Uniti del 12 settembre, con foto, commenti e titoli altrettanto scioccanti e sconvolti. Ma non ci sono solo fotografie in questo omaggio milanese. Una sala dedicata, con immagini, disegni e fotografie, a spiegare nel dettaglio il progetto di Antonio Paradiso, artista italiano che ha creato una grande scultura, Lultima cena globalizzata, usando proprio alcuni resti degli edifici delle Torri. Dopo l11 settembre artisti da tutto il mondo chiesero alla citt di New York di poter avere e usare pezzi, travi e quel che rimaneva delle due Torri per crearne opere darte. Il comune di New York band allora un concorso affinch gli artisti pensassero e progettassero dei lavori su questi materiali, per riservarsi poi di scegliere solo i pi significativi a cui inviare i resti. Paradiso stato lunico italiano ad aver vinto quel concorso, insieme con una quarantina di artisti, e ne ha creato una nuova versione 15
www.arcipelagomilano.org dellUltima Cena, esposta nella corte interna di Palazzo Reale. Un tavolo contorto, accartocciato, cos come le tredici persone intorno ad esso, simboleggianti tredici nazionalit del mondo. Venti tonnellate di travi, sbarre e lamiere contorte, del colore della ruggine, simili a persone sofferenti, mute, solitarie e senza pi nulla da dirsi, rimodellate secondo il progetto artistico dopo esser giunte in Italia nel dicembre 2010. Sicuramente unopera di grande impatto emozionale. 11.9 Il giorno che ha cambiato il mondo. Dieci anni dopo. Documenti e immagini; Antonio Paradiso Ultima cena globalizzata. fino al 2 ottobre. Palazzo Reale, orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. e sab. 9.30-22.30. Ingresso gratuito. .
www.arcipelagomilano.org Un lavoro giocoso e di grande impatto visivo, ma che riflette, e fa riflettere, sui temi della comunicazione e delle relazioni. Ping-Pong, Panda, Povera, PopPunk, Planet, Politics and P-ArtSurasi Kusolwong HangarBicocca. Fino al 15 settembre Orario: 11.0019.00, giov dalle 14.30 fino alle 22.00, lun chiuso Ingresso: intero 8 euro, ridotto 6 euro
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verso limmaterialit, intesi come luoghi primari della creazione. Ecco perch gli altri due interessanti appuntamenti hanno sempre a che fare con queste tematiche: Dirty Corner, presso la Fabbrica del Vapore, un immenso tunnel in acciaio di 60 metri e alto 8, allinterno dei quali i visitatori potranno entrare, e Ascension, esposta nella Basilica
di San Giorgio Maggiore a Venezia, in occasione della 54 Biennale di Venezia. Opera gi proposta in Brasile e a Pechino ma che per loccasione prende nuovo significato. Uninstallazione site-specific che materializza una colonna di fumo da una base circolare posta in corrispondenza dellincrocio fra transetto
e navata della maestosa Basilica e che sale fino alla cupola. Anish Kapoor - Rotonda di via Besana fino al 9 ottobre Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4 fino all11 dicembre Orari: lun 14.30 - 19.30. Mar-dom 9.30-19.30. Giov e sab 9.30-22.30. Costi: 6 per ciascuna sede, 10 per entrambe le sedi.
Terraferma
Emanuele Crialese [Italia/Francia, 2011, 88] Con: Filippo Pucillo, Mimmo Cuticchio, Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Timnit T.
Io cristiani a mare unnaiu lassati mai, dice nonno Ernesto (Mimmo Cuticchio) difendendo la legge del mare. Il vecchio pescatore ancorato alla tradizione e alla sua storia, e mai le rinnegherebbe. Terraferma [Italia/Francia, 2011, 88] di Emanuele Crialese indugia davanti a questo bivio: tradizione o modernit. Rallenta anche la telecamera quando si sofferma sul mare e sulla terra, li inquadra da vicino, li scruta fino a penetrarli sottopelle; come se fossero vivi, come se fossero morti. E a essere sospeso tra due forze opposte anche il giovane Filippo (Filippo Pucillo), da una parte influenzato dalla saggezza di nonno Ernesto, dallaltra provocato dai vaneggiamenti effimeri dello zio (Beppe Fiorello), che pur di racimolare qualche euro vende lanima al turismo sfrenato. Crialese racconta di unisola siciliana; una terra ferma, appunto, anchessa in stallo tra un passato quasi mitico e un desiderio di novit. Come Giulietta (Donatella Finocchiaro), mamma di Filippo, che serba in cuore il miraggio di un nuovo mondo. Desiderio di un Nuovomondo [Francia/Italia, 2006, 112] osservato da Crialese qualche anno fa era il 2006 raccontando del sogno n.31 III 14 settembre 2011 americano dei migranti italiani di inizio secolo scorso. Ora, quei barconi in mezzo al mare sono colmi di africani, uomini disposti a morire tentando di raggiungere il loro sogno: la Terraferma. Questi che partono sono come semi per terre pi fertile, si diceva allora per rincuorarsi. Allora come ora: tentativo di consolazione che nasconde lincertezza di un viaggio disperato; le paure di un paese forse ostile. Pi che ostile, il paese pauroso. Fermo. Le leggi che lo governano sbattono contro il codice del mare che impone a ogni buon marinaio di tendere la mano al bisognoso. Ed questa la falla che mette in discussione lequilibrio: la mano di nonno Ernesto che raccoglie quei clandestini risucchiati dal mare. Contro la legge, contro la volont di una terra che paralizzata dalla paura del nuovo, del diverso. Il terrore reso bene dal regista quando Filippo, in navigazione notturna, si accorge di quei corpi in mare che, quasi allimprovviso, nuotano verso la sua barca, come fossero zombie (luci, ombre e sguardi ricordano un po gli zombie di Romero o Carpenter). Crialese stesso a rivelare la sua intenzione: negli ultimi anni ho messo in dubbio la nostra presunta civilt, dice a Repubblica [Domenica, 11 settembre 2011]. Ma lesperienza straziante dellabbandonare il proprio paese per rimanere alla deriva in acque sconosciute, non comprensibile soltanto leggendola sul giornale o sentendone parlare in televisione. necessario guardare negli occhi; proprio come quando Giulietta si perde nello sguardo di Sara (Timnit T., che davvero ha affrontato la migrazione dalle coste africane), e raggiunge quel livello di empatia tale da portare a commozione lei e noi in sala. Forse allora, quella Terraferma siamo un po tutti noi, con le nostre paure e la nostra falsa coscienza. Bravi a predicare parole di solidariet, ma ancora pi bravi a ballare Maracaibo godendo degli sfarzi e chiudendo gli occhi, stando ben attenti a non incrociare quello sguardo che potrebbe realmente commuoverci. Ma intanto la mano di nonno Ernesto si tende, Crialese lascia il timone a Filippo che attraversando il mare condivide il sogno di Sara. Fine. Titoli di coda. Noi dovremmo decidere cosa ci sar di qua ad attenderli: un nuovomondo o una terraferma? Paolo Schipani 18
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In sala: Apollo SpazioCinema, Plinius multisala, The Space Cinema Rozzano, UCI Cinemas Bicocca,
Skyline Multiplex, Le Giraffe Multisala, UCI Cinemas Pioltello, The Space Cinema Le Torri Bianche,
This is England
di Shane Meadows [Gran Bretagna, 2006, 101'] con Thomas Turgoose, Stephen Graham, Jo Hartley, Andrew Shim
Questa l'Inghilterra, ci anticipa nel titolo Shane Meadows. l'Inghilterra degli anni ottanta, delle politiche impopolari della Thatcher, del matrimonio sfarzoso di Carlo e Diana, degli scioperi, delle proteste, delle cariche della polizia e della guerra nelle Falkland. proprio nel conflitto su queste isole lontane migliaia di chilometri dalla madre patria che Shaun, ragazzino dodicenne, ha perso il padre soldato. L'adolescenza il periodo pi problematico e il pregiudizio altrui ci colpisce spesso con violenza. Shaun ha bisogno di una figura paterna, di un modello di comportamento e, al tempo stesso, di una guida che gli mostri come schivare le meschinit e i giudizi degli altri. Un gruppo di skinhead, accogliendolo per scherzo come mascotte, prova a raccogliere la sfida. Il ragazzino acquista rapidamente sicurezza nelle bravate che riempiono i pomeriggi altrimenti desolanti. Quello che sembra un gioco si trasforma in qualcosa di serio con l'uscita dal carcere di Combo, nuovo capo della banda. Shaun gli resta vicino perch in questo modo convinto di colpire il sistema, reo di avergli portato via suo padre. La spensieratezza e le fughe goliardiche dal paese lasciano spazio alle riunioni politiche, al nazionalismo, al razzismo manifestato prima a parole contro ragazzi musulmani poi messo in pratica rubando e devastando il negozio di un pakistano. Combo ha capito che gli emarginati e i repressi sono disposti a tutto pur di appartenere al branco, la protezione che ne ricavano li spinge a una accondiscendenza incondizionata. I suoi seguaci, compreso Shaun, hanno perso il potere di scelta e di opinione. Come in ogni dittatura non si pu che seguire il proprio leader fino al delirio. This is England si inserisce nel gruppo di film che ha trattato in questi ultimi anni il tema del neonazismo. I pi noti sono American History X di Tony Kaye, The Believer di Henry Bean e L'Onda di Dennis Gansel. La pellicola di Shane Meadows ha il merito, rispetto alle altre opere, di scavare pi profondamente negli animi dei personaggi. L'azione non frenetica, non c' un eccessivo ricorso alla violenza per mostrarci l'estremizzazione delle idee dei protagonisti, c' per una fine sceneggiatura che grazie a fitti e intensi dialoghi ci porta a comprendere le dinamiche sociali e le pericolose involuzioni psicologiche. grandioso il lavoro svolto dal regista e da Thomas Turgoose. Il giovane attore rende coinvolgente e convincente la pi difficile delle metamorfosi a cui sottoposto Shaun, il suo personaggio, che, in poche settimane, da bambino costretto a diventare adulto. Marco Santarpia In sala a Milano: Cinema Arlecchino
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