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Nr. 119/2023 R.G.A.C.

TRIBUNALE di PALMI
Sezione Civile
All’udienza del Data_1 , innanzi alla giudice, dott.ssa Marta Speciale, sono
comparsi l’avv. Avvocato_1 per parte opponente, nonché l’avv. Avvocato_2 in
sostituzione dell’avv. Avvocato_3 er parte opposta.
Ai fini della pratica forense il dott. GIOSUE’ FONDACARO.
L’avv. Avvo_1 insiste nelle conclusioni rassegnate in atti e nelle note autorizzate, rilevando
l’improcedibilità della domanda di adempimento. Evidenzia che il provvedimento con cui è stato
assegnato il termine per l’esperimento della condizione di procedibilità è stato emesso in udienza
all’esito di una camera di consiglio e non doveva essere comunicato alle parti (v. Cass. Civ. nr.
10539/2007). Evidenzia il difetto della procura e delega per la fase della mediazione.
L’avv. Avv_2 insiste in quanto chiesto, dedotto ed eccepito in atti e nelle conclusioni ivi
rassegnate. Evidenzia che il provvedimento del giudice onerava entrambe le parti per
l’introduzione del procedimento di mediazione e che solamente Controparte_1 si è resa parte
diligente sul punto. Rappresenta che il termine assegnato dal giudice non è stato rispettato perché
il relativo provvedimento non era stato comunicato alle parti. Rileva che, in ogni caso, il termine
per introdurre la mediazione non è un termine perentorio (v. Cass. Civ. nr. 9102/2023).
L’avv. Avvo_1 richiama la pronuncia della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite nr.
19596/2020, che ha posto in capo a parte opposta l’onere di introdurre il procedimento di
mediazione.
La Giudice
si ritira in camera di consiglio.
All’esito della camera di consiglio, viene pronunciata e pubblicata, mediante lettura del
dispositivo e delle relative motivazioni, la seguente sentenza.
Nr. 119/2023 R.G.A.C.
Allegato al verbale di udienza del Data_2

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE di PALMI
Sezione Civile
in persona della giudice dott.ssa Marta Speciale e in composizione monocratica, all’esito
della camera di consiglio del Data_2 , ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del
dispositivo e delle relative motivazioni, la seguente

1
SENTENZA
ex art. 281 sexies c.p.c.
TRA
Parte_1 (c.f. CodiceFiscale_1 ), rappresentato e difeso
dall’avv. Avvocato_1 ;
OPPONENTE
E
Controparte_1 (c.f. P.IVA_1 ), rappresentata e difesa dall’avv. [...]
Avvocato_3 e dall’avv. Avvocato_4 ;
OPPOSTA
Oggetto: opposizione avverso il decreto ingiuntivo nr. 570/2022 del Tribunale di Palmi.
Conclusioni: come da verbale d’udienza del Data_2 , da intendersi qui integralmente
riportate e trascritte.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
1. Con atto di citazione regolarmente notificato, Parte_1 proponeva
opposizione, innanzi a questo Tribunale, avverso il decreto ingiuntivo 570/2022 del Tribunale di
Palmi, chiedendone la revoca per insussistenza del credito azionato.
Controparte_1 si costituiva in giudizio e chiedeva preliminarmente la concessione
della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto; nel merito, chiedeva il rigetto
dell’opposizione, in quanto infondata in fatto e in diritto.
All’esito della prima udienza del Data_3 , la giudice rigettava la richiesta di provvisoria
esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, rilevava il mancato esperimento del tentativo di
conciliazione obbligatorio previsto dalla Delibera ARERA nr. 209/2016/E/com e assegnava alle
parti termine di 15 giorni dalla data dell’udienza per l’attivazione della procedura di
conciliazione.
All’esito della successiva udienza, tenutasi con la modalità c.d. cartolare, la giudice
rilevava che la procedura di conciliazione era stata attivata successivamente alla scadenza del
termine assegnato dal giudice e riteneva la causa matura per la decisione.
All’odierna udienza, le parti precisavano le proprie conclusioni, riportandosi ai propri scritti
difensivi, e discutevano oralmente la causa.
2. La domanda di adempimento proposta da Controparte_1 deve essere dichiarata
improcedibile e, per l’effetto, il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato.
È, invero, pacifico che la procedura di conciliazione obbligatoria non sia stata attivata nel
termine concesso con ordinanza resa a verbale del Data_3 .
Quanto alla obbligatorietà del tentativo di conciliazione, si richiama quanto già evidenziato
nella citata ordinanza, dove si è chiarito come il tentativo di conciliazione obbligatorio debba
essere esperito anche in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, in applicazione analogica della
sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite nr. 8240/2020.
Con specifico riferimento al mancato rispetto del termine assegnato, si rileva che, dalla
documentazione in atti, emerge che l’istanza per l’attivazione della procedura de qua è stata

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proposta tardivamente, solo in data Data_4 , ben oltre il termine di gg. 15 previsto dall’art. 5,
co.1bis d.lgs. n. 28/2010.
Termine, questo, che si ritiene applicabile, in via analogica, anche al tentativo obbligatorio
di conciliazione di cui della Delibera ARERA nr. 209/2016/E/com, in virtù della sentenza nr.
8240/2020 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
In tale occasione, la Suprema Corte ha, invero, chiarito che circa i tempi e le modalità di
esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto in materia di telecomunicazioni
deve farsi riferimento all’art. 5 d.lgs. 28/2010 (e, ciò, “in ragione della eadem ratio”).
Orbene, i principi espressi dalla Corte di Cassazione con riferimento al tentativo
obbligatorio di conciliazione nel settore delle telecomunicazioni si ritengono applicabili anche
alla materia della somministrazione di energia elettrica e gas, considerato:
a) che, da un lato, tale decisione si fonda su principi generali in materia di modalità
alternative di risoluzione delle controversie;
b) che, dall’altro, le finalità del tentativo di conciliazione obbligatoria previsto nel settore
dell’energia sono perfettamente sovrapponibili a quelle della conciliazione in materia di
telecomunicazioni, atteso che entrambi i settori hanno ad oggetto l’erogazione di servizi di
pubblica utilità.
Ciò premesso, non possono, quindi, che richiamarsi le conclusioni della giurisprudenza
circa la natura perentoria del termine di cui all’art. co.1bis d.lgs. n. 28/2010.
Al riguardo va osservato che, seppur nel testo normativo il termine de quo non è indicato
espressamente come “perentorio”, l’elaborazione giurisprudenziale di legittimità ha affermato il
condivisibile principio per il quale il carattere della perentorietà di un termine può desumersi,
anche in via interpretativa e/o sistematica, tutte le volte in cui per lo scopo che persegue e la
funzione che adempie esso debba essere rigorosamente osservato (cfr. Cass. civ. nr. 14624/2000 e
Cass. civ. nr. 4530/2004).
Nella particolare disciplina in esame, l’implicita natura perentoria del termine concesso dal
Giudice alle parti per sanare l’originario vizio di improcedibilità trova conforto:
a) da un lato, nelle conseguenze che potrebbero derivare - anche in punto di lesione del
principio di “giusto processo” - dall’eventuale mancata sanzione della condotta processuale di
colui che non si avvale di una facoltà processuale di sanatoria e, al contempo, impedisce e ritarda
la trattazione nel merito della domanda;
b) dall’altro, proprio dalla gravità della sanzione prevista per la mancanza della condizione
di procedibilità: risulterebbe, invero, distonico un sistema nel quale il legislatore abbia previsto la
“grave” sanzione dell’improcedibilità per il mancato esperimento della mediazione, prevedendo
che la stessa debba essere attivata in un termine assai breve (15 gg.), e contestualmente abbia,
però, voluto negare concreta rilevanza al mancato tempestivo rispetto di quel termine.
Peraltro, anche a voler ritenere di natura ordinatoria e non perentoria il predetto termine di
15 gg. (come sostenuto da parte opposta), la mancata tempestiva proposizione della mediazione
comporterebbe, comunque, la decadenza dalla relativa facoltà processuale in assenza di una
apposita istanza di proroga (v. art. 154 c.p.c.; cfr. Cass. civ. nr. 589/2015, Cass. civ. nr. 4448/13).

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Deve, inoltre, escludersi che sussistano i presupposti per la rimessione in termini di parte
opposta.
Secondo Controparte_1 infatti, il termine assegnato dal giudice non sarebbe stato
rispettato per causa non imputabile, ovvero a causa della mancata comunicazione da parte della
Cancelleria del verbale di udienza con cui il termine stesso era stato accordato.
L’art. 134 c.p.c. prevede, tuttavia, che le ordinanze debbano essere comunicate alle parti
solo se emesse fuori udienza: nel caso di specie, invece, l’ordinanza con cui è stato assegnato il
termine per l’introduzione della conciliazione obbligatoria è stata emessa a verbale all’esito
dell’udienza, di talchè non vi era per la Cancelleria alcun obbligo di comunicazione alle parti
(non ricadendo la fattispecie in un’ipotesi in cui la notificazione è prescritta dalla legge; v. Cass.
Civ. nr. 10539/2007, secondo cui le ordinanze pronunciate dal giudice in udienza ed inserite nel
processo verbale a norma dell'art. 134 c.p.c. si reputano conosciute sia dalle parti presenti sia da
quelle che avrebbero dovuto intervenire e, pertanto, non devono essere comunicate a queste
ultime dal cancelliere, restando a tal fine irrilevante che il giudice si sia ritirato in camera di
consiglio e abbia dato lettura dell'ordinanza al termine della stessa).
A ciò deve, peraltro, aggiungersi che la condizione di procedibilità non risulta comunque
soddisfatta in quanto l’organismo di mediazione adito (InMedio) non risulta iscritto nell'elenco
degli organismi ADR pubblicato sul sito web dell'Autorità di Regolazione per Energia Reti e
Ambiente cui fa riferimento l’art. 3 dell’Allegato A alla deliberazione 209/2016/E/com (come
integrata e modificata dalla deliberazione Data_5 , 383/2016/E/com e dalla deliberazione
355/2018/R/com).
Al mancato esperimento della condizione di procedibilità consegue la revoca del decreto
ingiuntivo opposto.
Come noto, la Suprema Corte di Cassazione si è, di recente, espressa in tal senso (cfr.
sentenza a Sezioni Unite nr. 19596/2020), richiamando a fondamento di tale decisione argomenti
testuali e di carattere logico – sistematico, nonché di rilievo costituzionale (principi, questi,
certamente applicabili anche alla materia de qua, alla luce della già richiamata applicazione
analogica - alla disciplina del tentativo di conciliazione previsto dalla Delibera ARERA nr.
209/2016/E/com - della disciplina della mediazione di cui al d.lgs. 28/2010).
Deve, quindi, ribadirsi quanto già evidenziato dalla Corte di Cassazione con la sentenza nr.
19596/2020, sottolineando:
a) nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di attivazione della procedura di
mediazione (o conciliazione) obbligatoria sorge, come noto, nel momento successivo alla
decisione delle istanze sulla provvisoria esecuzione; orbene, una volta instaurata l'opposizione e
sciolto il nodo della provvisoria esecuzione, il giudizio assume a tutti gli effetti le forme di un rito
a cognizione piena, nel quale le parti riprendono ciascuna la propria posizione sostanziale;
considerato che l'art. 4, co. 2, d.lgs. 28/2010 pone l'obbligo di esperire il procedimento di
mediazione (o conciliazione) a carico di chi intende esercitare in giudizio un'azione, è certamente
più corretto che sia il creditore, quale attore sostanziale, a dover assumere l'iniziativa di
promuovere la mediazione (o conciliazione, cfr. Corte di Cassazione, sez. un., nr. 19246/2010,
secondo cui l'opposizione a decreto ingiuntivo non è l'impugnazione del decreto, ma "ha natura

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di giudizio di cognizione piena che devolve al giudice dell'opposizione il completo esame del
rapporto giuridico controverso, e non il semplice controllo della legittimità della pronuncia del
decreto d'ingiunzione", tanto che il giudice può anche revocare il decreto e condannare
l'opponente al pagamento di una somma minore);
b) inoltre, le conseguenze che derivano dal porre l'onere di introdurre la mediazione (o
conciliazione) a carico dell'opposto sono maggiormente compatibili con l’orientamento – pacifico
- della Corte Costituzionale, secondo cui le forme di accesso alla giurisdizione condizionate al
previo adempimento di oneri sono illegittime qualora all’inerzia della parte interessata consegua
la definitiva decadenza dall'azione giudiziaria; ed infatti, se l’onere di introdurre la mediazione (o
conciliazione) è posto a carico dell’opposto, l’eventuale inerzia di quest’ultimo comporterà
l'improcedibilità e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo, senza alcun pregiudizio
sostanziale, ben potendo essere riproposta l’azione in sede monitoria; viceversa, porre l'onere di
introdurre la mediazione (o conciliazione) a carico dell'opponente comporterebbe, in caso di
inerzia di quest’ultimo, l'irrevocabilità del decreto ingiuntivo e, quindi, la stabilizzazione dello
stesso con efficacia di giudicato.
Per le ragioni esposte, la domanda di adempimento proposta da Controparte_1 deve
essere dichiarata improcedibile e, per l’effetto, il decreto ingiuntivo nr. 570/2022 del Tribunale di
Palmi deve essere revocato.
3. Si ritengono sussistenti i presupposti per la compensazione delle spese di lite, considerata
l’assenza di un orientamento unanime in giurisprudenza sulle questioni poste a fondamento della
decisione.
P.Q.M.
Il Tribunale di Palmi, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e
deduzione disattese, così provvede:
1) dichiara improcedibile la domanda proposta da Controparte_1 nei confronti di
Parte_1 per mancato esperimento del tentativo di conciliazione obbligatoria;
2) per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo nr. 570/2022 del Tribunale di Palmi;
3) compensa integralmente le spese di lite tra le parti.
Palmi, Data_2

La Giudice
dott.ssa Marta Speciale

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