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Decisione n.

6159 del 15 dicembre 2022

ARBITRO PER LE CONTROVERSIE FINANZIARIE


Il Collegio

composto dai signori


Dott. G. E. Barbuzzi – Presidente
Cons Avv. D. Morgante - Membro
Prof. Avv. L. Salamone – Membro supplente
Prof. Avv. G. Guizzi – Membro
Avv. D. Patera – Membro supplente

Relatore: Prof. Avv. G. Guizzi

nella seduta del 31 ottobre 2022, in relazione al ricorso n. 7760, dopo aver
esaminato la documentazione in atti, ha pronunciato la seguente decisione.

FATTO
1. La controversia sottoposta alla cognizione dell’Arbitro concerne il tema della
responsabilità dell’intermediario nella prestazione dei servizi di investimento, in
particolare in relazione all’inadempimento degli obblighi di informazione sulle
caratteristiche degli strumenti finanziari acquistati e sulla omessa rilevazione della
inadeguatezza delle operazioni. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento
e considerati come rilevanti dal Collegio ai fini della decisione.
2. Dopo aver presentato reclamo in data 15 giugno 2020, cui l’intermediario ha dato
riscontro con nota del 30 luglio dello stesso anno in modo giudicato
insoddisfacente, la ricorrente, avvalendosi dell’assistenza di un difensore, si è
rivolta all’Arbitro per le Controversie Finanziarie, rappresentando quanto segue.
La ricorrente premette di intrattenere con l’intermediario resistente, dal 6 febbraio
2009, un rapporto per la prestazione di servizi di investimento, comprensivo del
servizio di consulenza. La ricorrente sostiene che sebbene l’attività di investimento
dovese essere orientata, per sua richiesta, alla conservazione del capitale, in
occasione della profilatura l’intermediario le avrebbe prospettato che sarebbe stato
necessario qualificarsi come investitore con un profilo evoluto, pur non avendo in
realtà specifiche competenza in materia finanziaria, in modo da poter compiere così
qualsiasi operazione. La ricorrente sottolinea di aver seguito tale indicazione,
sicché, ad esito della compilazione del questionario MIFID sottoscritto unitamente
al contratto quadro, le è stato assegnato un profilo “molto alto”.
La ricorrente prosegue esponendo che le operazioni di investimento eseguite sino
al 2014, con l’assistenza del consulente finanziario al tempo assegnatole, non
avevano dato luogo ad alcuna criticità, sennonché nell’ottobre dello stesso anno il
nuovo consulente che le era stato assegnato le rappresentava la non appropriatezza
degli investimenti in portafoglio, che considerava «troppo aggressivi» rispetto alle
esigenze di conservazione del capitale manifestate, e quindi le suggeriva di
procedere ad una modificazione della composizione del medesimo. A dispetto di
quanto rappresentatole, espone ancora la ricorrente, a partire da quel momento e
sino all’inizio del 2019 le operazioni di investimento suggeritele dal nuovo
consulente, e che hanno avuto ad oggetto principalmente fondi, quote di SICAV e
titoli azionari, sono risultate inadeguate alla finalità conservative del capitale e le
hanno causato ingenti perdite.
Oltre a lamentare che tutti gli investimenti eseguiti nel periodo suddetto sono stati
decisi ed eseguiti dal consulente anche quando disposti tramite il canale telematico,
in quanto in tali casi ella si è limitata a perfezionare le operazioni suggerite
inserendo le proprie credenziali, la ricorrente deduce che l’ampia attività di
movimentazione del portafoglio effettuata negli anni 2014-2017, e che si è tradotta
anche in vendite, nuove sottoscrizioni e numerose operazioni di switch e

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conversione in fondi/SICAV, tutti riconducibili all’intermediario, è stata eseguita
tramite modulistica recante firme apocrife che vengono, pertanto, disconosciute.
La ricorrente lamenta, infine, che nel 2016, al fine di realizzare il progetto di
acquisto di un immobile, il consulente l’avrebbe indotta ad accendere un mutuo
fondiario ad hoc le cui rate sarebbero state finanziate, a detta del medesimo, dal
rendimento del portafoglio investito: al contrario, le perdite via via accumulate nel
tempo l’hanno costretto all’estinzione anticipata del mutuo tramite il pagamento di
maxi-rate alimentate con propria liquidità.
Sulla base di quanto esposto, la ricorrente conclude chiedendo al Collegio, in via
principale, previa declaratoria di nullità e/o annullamento e/o risoluzione di tutte
le operazioni eseguite nel periodo 2014-2019, di dichiarare l’intermediario tenuto
alla restituzione del capitale perduto, che quantifica in € 144.240, 97 (di cui €
29.904,06 sofferte per investimenti in quote di fondi e SICAV, € 99.733,71 per
investimenti in altre tipologie di titoli ed € 14.603,20 per il mutuo), ovvero, in
subordine, di dichiararlo tenuto al risarcimento del danno sofferto in dipendenza
dell’inadempimento da parte dell’intermediario degli obblighi inerenti la
prestazione del servizio di consulenza, danno che quantifica sempre in misura pari
alle perdite sofferte.
3. L’intermediario si è regolarmente costituito, eccependo l’inammissibilità del
ricorso per indeterminatezza dell’oggetto, e comunque chiedendone il rigetto.
Il resistente eccepisce in primo luogo l’incompetenza dell’ACF a conoscere delle
domande di annullamento e risoluzione delle operazioni contestate, in quanto
sarebbero basate su circostanze estranee alla corretta prestazione dei servizi di
investimento, e della domanda di risarcimento del danno derivante dal mutuo,
perché gli eventuali suggerimenti del consulente al riguardo esulerebbero dalla sua
attività caratteristica e comunque involgerebbero la competenza dell’ABF. Sempre
in via preliminare l’intermediario eccepisce il proprio difetto di legittimazione
passiva rispetto alle domande di nullità, annullamento e risoluzione delle predette
operazioni, che andrebbero indirizzate nei confronti delle rispettive controparti
contrattuali nonché il difetto di legittimazione attiva della ricorrente, sottolineando

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che quest’ultima non è l’unica titolare degli investimenti che sono in parte
cointestati con altri soggetti.
Nel merito, il resistente sottolinea in primo luogo che la ricorrente ha sottoscritto il
contratto quadro in regime di contestazione con il coniuge, dichiarando nel
questionario MIFID, rilasciato in pari data, di conoscere la totalità degli strumenti
finanziari, di avere una finalità di investimento volta alla crescita del capitale,
accettando il rischio di perderlo in parte, con una propensione al rischio “media”.
Il resistente rileva che analoghe dichiarazioni sono state rese in tale occasione anche
dal cointestatario del contratto.
L’intermediario ripercorre, quindi, l’operatività riferibile alla ricorrente a partire
dalla fine del 2014, data in cui, come indicato anche nel ricorso, è stata affidata a
un nuovo consulente. Il resistente sostiene che per tutto il periodo in cui ha prestato
la propria attività in favore della cliente, il consulente ha sempre provveduto a
renderla edotta circa le caratteristiche degli strumenti finanziari e dei relativi
soggetti emittenti e/o collocatori, fornendo altresì indicazioni circa la ricorrenza di
eventuali conflitti di interesse e verificando, di volta in volta, l’adeguatezza e/o
l’appropriatezza dei singoli investimenti, perseguendo un obiettivo di maggiore
prudenza rispetto alla precedente gestione.
Il resistente segnala che alcune delle operazioni di investimento in azioni oggetto
della contestazione, realizzate tramite adesione ad aumenti di capitale, e che la
ricorrente lamenta essere stati produttivi di perdite particolarmente ingenti, si
riferiscono a titoli già acquistati prima del 2014, dunque nel periodo in cui la
ricorrente era assistita dal precedente consulente e che non ha formato oggetto di
contestazione, sicché si tratta evidentemente di investimenti in continuità con quelli
precedentemente effettuati.
Il resistente contesta la quantificazione del danno contenuta nel ricorso. Al riguardo
l’intermediario osserva che le perdite non corrispondono a quelle effettivamente
registrate dal momento che per l’operatività in fondi e SICAV sono pari solo €
12.399,00 (e non ad € 29.904,06) mentre quella per gli altri investimenti sarebbe
inferiore a quella indicata in ricorso; tale somma non viene, peraltro, indentificata
dal resistente che rinvia genericamente alla documentazione contabile (per vero

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assai copiosa) allegata. In ogni caso, il resistente ritiene che nessuna somma possa
essere riconosciuta per gli investimenti realizzati con capitali di competenza dei
cointestatari, né per gli investimenti avviati prima dell’ottobre 2014, né per quelli
disposti tramite l’utilizzo del canale telematico, giacché se anche si ritenesse
rispondente al vero l’affermazione della ricorrente che gli stessi sono stati decisi
dal consulente essi sarebbero comunque da imputare causalmente, ex art. 1227 c.c.,
al concorso della stessa ricorrente che li ha poi disposti.
4. La ricorrente si è avvalsa della facoltà di presentare deduzioni integrative di cui
all’art. 11, comma 5, Regolamento ACF.
La ricorrente replica, in primo luogo, all’eccezione di inammissibilità delle
domande di annullamento e risoluzione sottolineando che sono comunque
finalizzate all’accertamento della violazione da parte dell’intermediario degli
obblighi di condotta in tema di prestazione di servizi di investimento. La ricorrente
replica, quindi, all’eccezione relativa alla indeterminatezza della domanda,
sottolineando che nel ricorso sono state partitamente elencate tutte le operazioni
oggetto di doglianza, sia con riguardo agli investimenti in fondi e SICAV, sia con
riguardo a quelli in titoli azionari e tenuto conto che ciò che viene lamentato non è
genericamente la perdita di capitale subita nel corso degli anni, ma l’omessa
informativa in ordine a ciascun investimento realizzato, il carattere non adeguato
delle operazioni, e ancora, con specifico riguardo agli investimenti in fondi e
SICAV, alla ingiustificata intensa attività di trading che li ha contraddistinti.
5. Anche l’intermediario si è avvalso della facoltà di replicare ai sensi del
Regolamento ACF, senza tuttavia depositare memoria (il resistente introduce nel
fascicolo copia delle deduzioni integrative della ricorrente) limitandosi così ad
allegare nuova documentazione.
DIRITTO
1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso non è fondata.
Seppure con una forma espositiva talora un po’ disordinata, il ricorso offre,
complessivamente, una rappresentazione chiara di tutte le operazioni, eseguite nel
periodo compreso tra la fine del 2014 e il 2019, che si assumono affette da carenza
informativa, non adeguate o comunque realizzate senza la rappresentazione della

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loro coerenza logica rispetto agli obiettivi di investimento espressi. Sotto questo
profilo, dunque, il ricorso mette in condizione l’intermediario di prendere posizione
su tutte le doglianze e di difendersi provando il corretto adempimento degli obblighi
che la ricorrente lamenta essere stati inadempiuti.
2. L’eccezione di incompetenza dell’ACF può essere accolta solo in relazione alla
domanda di risarcimento dei danni che la ricorrente assume di aver sofferto in
dipendenza dell’operazione di mutuo suggeritale dal consulente.
Già nella stessa prospettazione della ricorrente le condotte non corrette del
consulente non ineriscono, infatti, alla prestazione di un servizio di investimento,
esulando dunque dal perimetro di quello conoscibili dall’ACF.
3. L’eccezione di incompetenza non può, invece, essere accolta con riferimento alle
domande volte ad ottenere l’annullamento o la risoluzione delle operazioni di
investimento.
Come il Collegio ha già più volte chiarito, la competenza dell’ACF non si determina
in funzione del rimedio azionato – sicché sarebbe ben possibile astrattamente (e
salvo quanto si dirà tra breve con riferimento all’eccezione di legittimazione
passiva) che il Collegio possa giudicare dell’annullabilità o risoluzione di un
investimento in funzione dell’accoglimento della pretesa restitutoria azionata –
quanto in funzione dei presupposti di fatto e di diritto su cui il rimedio azionato si
fonda, che debbono essere ovviamente attinenti all’inadempimento degli obblighi
concernenti la prestazione del servizio.
Ebbene, nel caso in esame non vi è dubbio che, almeno a livello di prospettazione
(che però è quanto rileva ai fini della verifica dell’esistenza della competenza
dell’Arbitro) anche le domande volte a far deliberare incidentalmente
l’annullamento o la risoluzione delle operazioni di investimento contestate ai fini
della restituzione del capitale perduto individuano la loro causa petendi in
inadempimenti dell’intermediario agli obblighi cui era tenuto nella prestazione del
servizio di investimenti, e che nella prospettazione della ricorrente integrerebbero
o fatti fondativi della risoluzione o comunque, là dove si deduce l’inadempimento
degli obblighi informativi, fatti determinativi di un errore essenziale giustificante
la richiesta di annullamento dell’operazione.

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4. L’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’intermediario rispetto alle
domande volte alla declaratoria di nullità, annullamento e risoluzione delle
operazioni di investimento è fondata.
Nelle azioni di impugnativa negoziale, ossia nelle azioni che mirano a far dichiarare
l’inefficacia di un contratto ovvero a caducarne gli effetti, il legittimato passivo non
può essere altri che la controparte contrattuale dell’operazione la cui inefficacia si
intende far accertare o i cui effetti si intendono rimuovere. Quando abbiano ad
oggetto operazioni di investimento tali domande non possono, dunque, essere
rivolte nei confronti dell’intermediario, che è unicamente il soggetto che presta il
servizio strumentale alla loro realizzazione ma non è invece – salvi i casi in cui
l’operazione abbia ad oggetto la sottoscrizione di strumenti finanziari di propria
emissione (ipotesi che tuttavia non ricorre nella specie) – anche parte della stessa.
Ne consegue pertanto, che l’intermediario è legittimato passivo unicamente in
relazione alla domanda di risarcimento dei danni sofferti dalla ricorrente in ragione
degli inadempimenti commessi nella prestazione dei servizi strumentali alla
realizzazione delle operazioni di investimento oggetto di censura.
5. L’eccezione di difetto di legittimazione della ricorrente ad agire per il
risarcimento dei danni dipendenti dall’inadempimento dell’intermediario è, invece,
infondata.
Secondo il consolidato orientamento del Collegio, infatti, nel caso di un conto di
deposito titoli e di un contratto quadro per la prestazione di servizi di investimento
che siano cointestati a più soggetti, la cointestazione integra una fattispecie di
solidarietà attiva, con la conseguenza che ciascuno dei contitolari del deposito, così
come ciascuna delle parti stipulanti il contratto quadro, è legittimato ad agire per
ottenere il risarcimento dei danni derivante dall’inadempimento dell’intermediario
ai propri obblighi (cfr., tra le molte, decisione del 25 ottobre 2022 n. 5959).
6. Nel merito il ricorso è fondato.
Nel caso non è controverso che l’intermediario abbia prestato alla ricorrente il
servizio di consulenza, il cui svolgimento era del resto espressamente previsto in
contratto. La circostanza non è stata, infatti, contestata dal resistente che, nel
ripercorrere la vicenda, ha confermato che la ricorrente è stata affidata, a partire

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dalla fine del 2014, a un nuovo consulente ed ha soprattutto ribadito, difendendone
l’operato, che complessivamente tutte le operazioni sono state indirizzate dal
consulente nella prospettiva di una ridefinizione del rischio del portafoglio.
La prestazione del servizio di consulenza implicava, dunque, per l’intermediario
l’obbligo di svolgere, rispetto alle operazioni di volta in volta eseguite, la
valutazione di adeguatezza. Dello svolgimento di tale valutazione il resistente non
ha dato però alcuna prova, né in relazione alle singole operazioni né con riferimento
all’attività nel suo complesso, essendosi solo limitato a sottolineare l’operato
diligente del consulente, senza produrre alcunché a sostegno di tale affermazione.
Nessun documento è stato, infatti, depositato che permetta di dimostrare che
l’operatività fosse effettivamente adeguata al profilo finanziario della ricorrente o
che le numerose operazioni di switch fossero effettivamente volte a perseguire le
finalità di rendere meno rischioso il portafoglio, come pure asserito, così come non
è stato prodotto alcun report o documento che valga a giustificare la funzionalità
allo scopo, in termini di costi e benefici, dell’elevato numero di operazioni.
7. Del pari fondata è la doglianza della ricorrente riguardo all’inadempimento degli
obblighi di informazione.
Anche in questo caso il resistente si è limitato ad affermare di averlo assolto, ma
senza illustrare quali siano state le informazioni effettivamente rese alla ricorrente
nella fase prodromica dei singoli investimenti. L’intermediario non ha infatti
allegato né la copia dei KIID dei fondi oggetto di acquisto o switch, né la
dichiarazione della ricorrente di averli ricevuti e neppure altra documentazione
informativa consegnata, essendosi limitato a depositare, a titolo esemplificativo,
solo copia di parte degli ordini di investimento sottoscritti dall’istante, e peraltro in
alcuni casi anche non pertinenti perché riferiti ad operazioni che non hanno formato
oggetto di contestazione.
8. I reiterati inadempimenti – su di un’attività consulenziale oltretutto protrattasi
per diversi anni – ai doveri di corretta esecuzione del servizio sono dotati di sicura
rilevanza causale nella produzione del danno lamentato dalla ricorrente.
Si tratta a questo punto di procedere alla sua liquidazione che la ricorrente ha
chiesto di quantificarsi in misura pari alle perdite sofferte e che secondo

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l’indicazione che si legge nel ricorso ammontano – depurate dalla voce correlata
alla operazione di mutuo, che esula dal perimetro della competenza dell’Arbitro –
ad € 129.637,77.
Tale importo può essere senz’altro preso come termine di riferimento per la
quantificazione del danno, nonostante la contestazione dell’intermediario che
afferma che la perdita sarebbe minore, ma senza tuttavia fornire elementi atti a
consentire una diversa quantificazione. A questo riguardo deve infatti notarsi come
la condotta del resistente nel corso del procedimento non sia stata in linea con i
doveri di leale cooperazione con il Collegio – oggi peraltro espressamente
consacrati dall’art. 11, comma 1-ter Regolamento ACF – avendo prodotto
documentazione inutilmente sovrabbondante e per molti versi anche inconferente,
concernente tra l’altro anche la movimentazione dei rapporti in essere con la cliente
e con i suoi familiari a partire sin dal 1970, senza preoccuparsi di indicare l’importo
delle perdite registrate (né per singolo strumento finanziario, né complessivamente)
o rappresentare in un’apposita scheda riepilogativa l’effettiva operatività riscontrata
nel periodo temporale controverso e le eventuali perdite registrate per ciascuno
degli strumenti finanziari dedotti in lite.
10. La perdita come sopra indicata non può tuttavia farsi coincidere, come tale, con
il danno risarcibile.
Gli è, infatti, che appare meritevole di accoglimento l’eccezione, formulata dal
resistente, riguardo ad un concorso di colpa della ricorrente nella produzione del
danno. Sotto questo profilo appare particolarmente rilevante la circostanza che è la
stessa ricorrente ad ammettere di avere creato condizioni favorevoli alla possibilità
che il consulente sviluppasse un’attività più rischiosa e non in linea con una sua
propensione maggiormente conservativa, accettando di sottoscrivere un
questionario che pure sapeva non riflettere adeguatamente il proprio profilo di
investitrice. Né si può sottacere che altro profilo di poca diligenza della ricorrente
è consistito nell’aver tollerato che questa attività si protraesse per più anni, senza
preoccuparsi di monitorare i propri investimenti e di confrontarsi periodicamente
con il consulente.

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In conclusione, è avviso del Collegio che le perdite come sopra quantificate
debbano essere considerate imputabili all’intermediario unicamente nella misura
del 50%, per la restante parte dovendo ascriversi al concorso di colpa della stessa
ricorrente. Il risarcimento del danno deve pertanto essere liquidato nella misura di
€ 64.818,00, a cui deve aggiungersi, a titolo di rivalutazione monetaria, la somma
di € 9.268,97.

PQM
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara l’intermediario tenuto, per
le ragioni indicate in motivazione, a corrispondere alla ricorrente, per i titoli di cui
in narrativa, la somma complessiva di € 74.086,97 oltre interessi dalla data della
decisione sino al soddisfo. Il Collegio fissa il termine per l’esecuzione in trenta
giorni dalla ricezione della medesima decisione.
Entro lo stesso termine l’intermediario comunica all’ACF gli atti realizzati al fine
di conformarsi alla decisione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del regolamento
adottato dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016.
L’intermediario è tenuto a versare alla Consob la somma di € 500,00, ai sensi
dell’art. 18, comma 3, del citato regolamento, adottato con delibera n. 19602 del 4
maggio 2016, secondo le modalità indicate nel sito istituzionale www.acf.consob.it,
sezione “Intermediari”.

Il Presidente
Firmato digitalmente da:
Gianpaolo Eduardo Barbuzzi

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