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Decisione n.

377 del 13 aprile 2018

ARBITRO PER LE CONTROVERSIE FINANZIARIE


Il Collegio
composto dai signori
Dott. G. E. Barbuzzi – Presidente
Dott.ssa D. Morgante – Membro
Prof. Avv. L. Salamone – Membro Supplente
Prof. Avv. G. Guizzi – Membro
Avv. D. Patera – Membro Supplente

Relatore: Prof. Avv. L. Salamone


nella seduta del 12 marzo 2018, in relazione al ricorso n. 556, dopo aver
esaminato la documentazione in atti, ha pronunciato la seguente decisione.

FATTO
1. L’oggetto della controversia rientra nella casistica dell’autonomia tra nullità
del contratto quadro dei servizi di investimento (qui per mancanza di forma) e vizi
delle singole operazioni (qui per mancata informazione inerente agli strumenti
finanziari derivati sottoscritti al momento in cui l’ordine è stato impartito).
La Ricorrente ha presentato reclamo all’Intermediario in data 17 febbraio 2017. A
fronte dell’impossibilità di comporre per tale via la questione insorta, la stessa ha
presentato ricorso all’Arbitro per le Controversie Finanziarie.
La Ricorrente espone che:

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- Nell’anno 2014 ha acquistato n. 500 SDBN UBI C4.91G per un controvalore di
euro 806,58; in data 14.1.2015 ha rivenduto gli stessi titoli per un controvalore di
euro 263,42 riportando una minusvalenza di euro 543,16.
- In data 28.10.2015 ha acquistato n.50 BNPPARIBAS ARB.ISS-CALL, per un
controvalore di euro 4.912,14; in data 20.11.2015 ha venduto i medesimi titoli
per un controvalore di euro 3.388,42, riportando una minusvalenza di euro
1.523,72.
- In data 30.10.2015 ha acquistato n.50 BNPPARIBAS ARB.ISS-CALL, per un
controvalore di euro 5.623,52; in data 24.6.2016, a scadenza, sono stati
rimborsati i medesimi titoli per un controvalore di euro 1.948,97, riportando una
minusvalenza di euro 3.674,55.
- In data 30.10.2015 ha acquistato n.50 BNPPARIBAS ARB.ISS-CALL per un
controvalore di euro 4.989,79; in data 23.12.2016, a scadenza, le sono stati
rimborsati i medesimi titoli per un controvalore di euro 2.236,35, riportando una
minusvalenza di euro 2.753,44.
La Ricorrente lamenta che:
(i) manca il contratto quadro che disciplina i rapporti tra la Banca e la Ricorrente;
(ii) non esiste dal 2007 un questionario di profilatura della cliente, né una sua
dichiarazione in merito al suo grado di tolleranza al rischio e all’orizzonte
temporale degli investimenti; il questionario risalente al 24/10/1997 non solo non
è mai stato aggiornato, ma addirittura è da riferire ad un altro deposito titoli
esistente presso altra filiale della stessa Banca, ora peraltro estinto;
(iii) le quattro operazioni, realizzate tramite internet, riguardavano prodotti
complessi “certificates bonus cap” della cui natura e rischiosità la Ricorrente non
sarebbe stata informata;
(iv) non aveva e non ha conoscenza, né esperienza, in operazioni aventi ad
oggetto prodotti derivati, né sarebbe stata a conoscenza del fatto che gli strumenti
finanziari oggetto di tali operazioni avevano natura di prodotti derivati;
(v) le operazioni di sottoscrizione dei derivati sopra descritte sono avvenute
attraverso il canale online della piattaforma dell’Intermediario, senza che

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venissero attivati alcun blocco od altra tutela, ad es. una segnalazione del tipo
“investitore non abilitato”.
La Ricorrente ritiene non essere stata effettuata alcuna valutazione di adeguatezza
e appropriatezza degli investimenti e conseguentemente l’Intermediario non avere
adempiuto ai propri obblighi informativi e contrattuali, chiedendo
conclusivamente volersi dichiarare nulle/annullate/risolte le quattro operazioni
contestate e, per l’effetto, la restituzione e/o il risarcimento del danno pari
all’importo totale delle minusvalenze derivanti dalle operazioni medesime, per un
importo pari a euro 8.494,87.
2. L’Intermediario si difende presentando le proprie Deduzioni, nelle quali
chiede il rigetto del ricorso per le seguenti motivazioni.
La principale difesa avverso l’affermata mancanza del contratto e del questionario
di profilatura consiste nell’addotta circostanza che le operazioni oggetto del
ricorso farebbero parte di un’operatività diffusa e abituale della Ricorrente avente
ad oggetto la medesima tipologia di titoli, posta in essere sia prima sia dopo le
operazioni oggetto di contestazione, nonché strumenti finanziari anche più
rischiosi. L’Intermediario allega documentazione a rappresentazione di tale
operatività, posta in essere mediante tecniche di comunicazione a distanza, per le
quali si afferma che la Ricorrente disponesse del profilo Trading.
L’Intermediario articola poi le seguenti, ulteriori argomentazioni difensive.
A) Riguardo all’onere della prova, la Ricorrente non fornirebbe alcuna prova
documentale in ordine al presunto inadempimento da parte della Banca, in ciò
mancando di assolvere, a giudizio dell’Intermediario, all’onere della prova del
danno a carico della Ricorrente stessa. Nel caso di specie la Ricorrente si
limiterebbe a richiedere la rifusione delle minusvalenze prodotte da alcune
operazioni di investimento, senza fornire alcuna dimostrazione del fatto che dette
operazioni sarebbero state inadeguate rispetto a1 suo profilo di rischio né,
tantomeno, che non avrebbe realizzato gli investimenti oggetto di contestazione se
fosse stata correttamente informata ed avesse ottenuto le relative Avvertenze
dall’Intermediario.

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B) In ordine alle domande di nullità o annullabilità delle operazioni contestate,
preliminarmente l’Intermediario solleva una eccezione di incompetenza
dell’Arbitro e per l’effetto chiede di dichiararne l’inammissibilità. Nel merito, poi,
sostiene che la domanda in parola non possa comunque essere accolta, avendo il
ricorso per oggetto una presunta carenza informativa in punto di rischio delle
operazioni di investimento al momento in cui l’ordine è stato impartito. Precisa
che, nella denegata ipotesi in cui tale inadempimento vi fosse stato, esso non
avrebbe comunque determinato né la nullità né l’annullabilità, essendo le censure
mosse relative all’opportunità della singola operazione di investimento e non ad
un vizio del consenso attinente alla natura o all’oggetto del contratto. La nullità
avrebbe dovuto comunque riguardare il contratto quadro di negoziazione e non i
singoli ordini, che di esso costituiscono meri atti esecutivi del mandato a suo
tempo conferito, non aventi alcuna natura contrattuale autonoma.
In ogni caso, secondo l’Intermediario mai potrebbe ammettersi l’uso selettivo
dell’azione di nullità richiesto dalla Ricorrente, al fine di demolire solo gli ordini
di acquisto relativi a strumenti finanziari il cui esito non sia stato ad essa
favorevole.
C) In ordine alla risoluzione degli ordini di negoziazione, con riguardo alle
operazioni contestate avrebbe trovato applicazione il Regolamento Consob n.
16190/2007 che, all’art. 42, prevede che l’Intermediario valuti l’appropriatezza
dell’investimento nel momento in cui la cliente pone in essere le singole
operazioni e, sulla scorta delle informazioni desumibili, tenendo anche conto
dell’operatività posta in essere usualmente dalla Ricorrente. In ordine alle
modalità con cui questa verifica viene eseguita non vi sarebbe alcuna forma
prestabilita, stante il principio della libertà delle forme: a questo proposito,
l’Intermediario afferma di aver adottato tutti i presìdi organizzativi necessari, ai
fini della valutazione di appropriatezza delle operazioni poste in essere dalla
Ricorrente. Le operazioni contestate sarebbero state eseguite non in ragione di
inadempimenti dell’Intermediario, bensì proprio in quanto ritenute appropriate
dopo l’espletamento delle procedure di valutazione obbligatorie. A questo

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proposito, l’Intermediario rileva che la Ricorrente, dopo le operazioni contestate,
ne ha disposte altre della medesima natura, ciò che costituirebbe indizio che le
operazioni per cui vi è ricorso non sarebbero state contestate dalla Ricorrente
qualora avessero generato una plusvalenza.
3. In sede di controdeduzioni la Ricorrente insiste nelle proprie argomentazioni
già rassegnate, soffermandosi in particolare sulla mancanza di contratto quadro e
questionario di profilatura, nonché sull’inadempimento degli obblighi informativi,
affermando che, se correttamente informata, gli stessi non sarebbero mai stati
impartiti.
La Ricorrente conclude precisando le proprie domande:
in via principale, dichiarazione di nullità / annullamento / risoluzione /
dichiarazione di inefficacia degli ordini contestati e, per l’effetto, condannare
l’Intermediario alla restituzione della somma di euro 8.494,87 (importo
complessivo delle minusvalenze subite) più interessi legali e rivalutazione
monetaria;
in via subordinata, chiede la condanna dell’Intermediario a risarcire il danno di
natura contrattuale;
in via ulteriormente gradata, chiede:
in prima istanza, risolvere il contratto quadro e/o le singole operazioni contestate
e, per l’effetto, condannare l’Intermediario alla restituzione di euro 8.494,87
ovvero alla minor somma di euro 7.174,29;
in seconda istanza, condannare l’intermediario a risarcire il danno pari ad euro
8.494,87 ovvero all’importo dovuto in base a valutazione equitativa;
in via ulteriormente subordinata, dichiarare l’Intermediario responsabile in via
pre-contrattuale/contrattuale/extracontrattuale e condannarlo a risarcire il danno
pari ad euro 8.494,87, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

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DIRITTO
1. Il ricorso è meritevole di accoglimento.
2. Il Collegio ritiene assorbente il primo motivo di censura, correlato alla mancanza
del contratto quadro e del questionario di profilatura. Sul punto, invero,
l’Intermediario non si è difeso, nè ha sufficiente pregio affermare che le
operazioni contestate costituissero manifestazione di una “operatività diffusa e
abituale” della ricorrente. Non ha invero prodotto in giudizio alcun documento,
unica modalità idonea a smentire le affermazioni di parte avversa.
3. Converrà di seguito esaminare in punto di diritto le difese dell’Intermediario.
4. In ordine alla nullità o annullabilità delle operazioni contestate, non ha pregio
l’eccezione di incompetenza per materia dell’Arbitro. Va detto, in termini
generali, che questo Collegio ha già avuto modo di esprimersi in materia di
accertamento della nullità di operazioni d’investimento, nel senso di ritenere un
accertamento siffatto certamente rientrante nel potere di cognizione dell’ACF e
ciò anche alla luce del chiaro disposto di cui all’art. 11, comma 9, del
Regolamento n. 19602/2016 che consente persino di rilevare la nullità d’ufficio,
dovendosi allora a fortiori ritenere sussistente in capo all’ACF un potere
accertativo siffatto se fondato su una specifica domanda in tal senso di parte
ricorrente (v. Decisione n. 221 del 26 gennaio 2018). Né condivisibile può
ritenersi la difesa dell’Intermediario secondo cui la nullità è stata eccepita dalla
Ricorrente in ambito non pertinente, cioè con riferimento alle condotte
dell’Intermediario anziché ad un vizio della forma del consenso. Dal ricorso si
evince, al contrario, la volontà della Ricorrente di evidenziare il nesso (anche se
non chiaramente espresso) tra assenza del contratto in forma scritta e
dichiarazione di nullità dello stesso; nesso successivamente chiaramente espresso
dalla Ricorrente in sede di controdeduzioni.
5. In ordine alla eccezione di uso selettivo dell’azione di nullità, al fine di inficiare
solo gli ordini di acquisto relativi a strumenti finanziari il cui esito non sia stato
alla Ricorrente favorevole, trattasi di questione su cui non mette conto

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soffermarsi in punto di legittimità, poiché questo Collegio ritiene non doversi
dichiarare la nullità di singole operazioni contestate.
6. Con riferimento al profilo dell’appropriatezza dell’investimento, l’Intermediario
si difende asserendo di avere effettuato una valutazione in tal senso e di aver
giudicato l’investimento appropriato per l’investitore sulla scorta di alcuni
“indizi” riferibili all’operatività storica della Ricorrente su prodotti della stessa
tipologia. Tuttavia, neppure sotto questo aspetto la difesa dell’Intermediario ha
pregio, non avendo egli prodotto alcun questionario di profilatura; unico modo
per provare di avere raccolto dalla cliente le informazioni relative alle sue
caratteristiche socio-economiche, alla sua propensione al rischio, all’orizzonte
temporale dei suoi investimenti.
7. La Ricorrente lamenta anche l’inadeguatezza dell’investimento e l’Intermediario
nulla replica sul punto, senza quindi offrire elementi tali da indurre a ritenere che
tale valutazione sia stata eseguita.
8. Nulla, infine, l’Intermediario dichiara con riferimento al presunto inadempimento
degli obblighi informativi in merito alle caratteristiche dello strumento
finanziario e alla sua rischiosità (art. 23, comma 6, TUF). Né viene prodotta
evidenza documentale alcuna dell’esistenza e della consegna della scheda
prodotto e delle Avvertenze relative al prodotto o di qualsiasi altro documento
informativo anche di carattere generale.
9. Può così ritenersi nullo (art. 34 c.p.c.) il contratto quadro in quanto privo della
prescritta forma ai sensi dell’art. 23, comma 1, TUF. Ciò assorbe ogni ulteriore
domanda dispiegata dalla Ricorrente (quale la risoluzione del contratto quadro).
La Ricorrente non ha, tuttavia, chiesto a questo Collegio la integrale
dichiarazione di nullità del contratto quadro, avendo invece circoscritto la
domanda demolitoria ai singoli ordini contestati.
10. Sul punto questo Collegio ritiene non meritevole di accoglimento la domanda
della Ricorrente di nullità dei singoli ordini oggetto di contestazione. Per le
medesime ragioni che si vanno ad esporre non possono accogliersi le ulteriori
domande demolitorie, dell’annullamento e della risoluzione dei singoli ordini.

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11. Invero, se il contratto quadro si qualifica come il titolo giuridico dell’affidamento
(dal cliente all’Intermediario) di un’attività giuridica (il servizio o i servizi di
investimento), suscettibile di essere ricondotto sotto la disciplina generale del
mandato e della gestione, deve allora considerarsi il principio dell’art. 1711 c.c.,
secondo cui l’atto eccedente i limiti del mandato resta a carico del mandatario, se
il mandante non lo ratifica. Di conseguenza, i contratti contestati non sono nulli,
né annullabili, né risolubili, ma restano a carico dell’Intermediario nei loro
effetti, stante l’incontestabile nullità del contratto di affidamento del servizio di
investimento. Ciò è quanto dire che i contratti contestati sono inefficaci rispetto
alla persona della Ricorrente.
12. Disattese le contrarie difese e le eccezioni dell’Intermediario, ne discende per
l’effetto una condanna alla restituzione, a carico dell’Intermediario e a beneficio
della Ricorrente, nell’ammontare richiesto in domanda, pari alla minusvalenza
patita (euro 8.494,87), più interessi legali e rivalutazione.
13. Va chiarito che l’inefficacia ex art. 1711 c.c. avrebbe per conseguenza la
spettanza alla Ricorrente dell’intero importo del capitale investito a seguito delle
operazioni contestate. Tuttavia, la condanna per l’intero valore investito
attraverso le quattro contestate operazioni non è pronunciabile perché ultra
petita.
14. Ogni ulteriore profilo evocato dal ricorso rimane assorbito.

PQM
Il Collegio, in accoglimento del ricorso, dichiara l’inefficacia dei singoli ordini
contestati e, per l’effetto, condanna l’Intermediario a corrispondere alla Ricorrente la
somma di € 8.494,87 oltre gli interessi legali dalla data della presente decisione sino
al soddisfo e la rivalutazione monetaria per euro 227,85, fissando il termine per
l’esecuzione in trenta giorni dalla ricezione della decisione.
Entro lo stesso termine l’Intermediario comunica all’ACF gli atti realizzati al fine di
conformarsi alla decisione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del regolamento adottato
dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016.

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L’Intermediario è tenuto a versare alla Consob la somma di € 400,00, ai sensi
dell’art. 18, comma 3, del citato regolamento, adottato con delibera n. 19602 del
4 maggio 2016, secondo le modalità indicate nel sito istituzionale
www.acf.consob.it , sezione “Intermediari”.

Il Presidente
Firmato digitalmente da:
Gianpaolo Eduardo Barbuzzi

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