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COLLEGIO DI BOLOGNA
FATTO
- Che, a loro dire, l’amministratore pro tempore non abbia correttamente operato
nell’ambito della gestione contabile della Multiproprietà.
- Di aver, quindi, inviato, con pec del 19 maggio 2022, una diffida all’amministratore pro
tempore avanzando, tra le altre, richiesta di consegna di parte della documentazione
bancaria afferente al conto corrente intestato alla Multiproprietà.
- In particolare, di aver richiesto la produzione di copia di tutti gli estratti del conto
corrente e degli estratti conto dei POS, a decorrere dal 1° gennaio 2014, data di
insediamento dell’amministratore.
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Decisione N. 10450 del 31 ottobre 2023
- Che, in violazione dell’art. 1129, comma 7, Codice civile - che stabilisce il diritto di
ciascun condòmino di prendere visione dell’estratto conto condominiale –
l’amministratore non evadeva la richiesta.
- Che l’intermediario, con pec del 30 agosto 2022, chiedeva loro, ad integrazione della
richiesta inoltrata, di trasmettere ulteriore documentazione.
- Che, con mail del 18 ottobre 2022, l’istituto di credito negava l’accesso in ragione del
fatto che l’amministratore si era formalmente opposto.
- Che, come più volte chiarito dall’ABF (cfr., Collegio di Roma, decisione n. 691/2015,
decisione n. 8817/2015 e decisione n. 7960/2016), l’istituto di credito è tenuto a fare
accedere ai documenti bancari il condòmino che dimostri di avere già inutilmente
inoltrato richiesta all’amministratore.
- Pertanto, in data 18 ottobre 2022, comunicava ai ricorrenti che non poteva consentire
loro l’accesso alla documentazione, in ragione dell’opposizione dell’amministratore.
- Tale disciplina è, del resto, coerente con i poteri di disposizione del conto, che non
spettano di certo ai singoli condòmini, ma solo all’amministratore.
- Secondo la Decisione del Coll. Milano n. 3561/2017, “il ricorrente non è legittimato a
chiedere la documentazione relativa al conto del condominio direttamente alla banca.
Se poi l’amministratore non dovesse adempiere ai propri doveri, il tema si sposterebbe
sul diverso piano del rapporto di amministrazione, rispetto al quale però l’intermediario
(e questo Arbitro) deve ritenersi del tutto estraneo (cfr. Coll. Milano, dec. n. 7484 del 7
settembre 2016; Coll. Milano, dec. n. 4284 del 26 maggio 2015)”.
- Sulla natura della multiproprietà, si sono registrati vari inquadramenti, il più rilevante
dei quali ne afferma la diversità rispetto al condominio, osservando che nel
condominio di base vi è una proprietà solitaria cui accede quella comune, mentre nella
multiproprietà vi è una comproprietà dello stesso alloggio. Inoltre, è diversa anche la
fonte regolatrice dei due rapporti: infatti, nella multiproprietà, accanto al regolamento di
condominio che disciplina l’uso delle cose comuni, vi è un regolamento privato per il
godimento turnario. La disponibilità dell’immobile, inoltre, è soggetta a restrizioni di
carattere reale (vincolo di destinazione, divieto di innovazioni, indivisibilità del bene)
riconducibili all’autonomia privata.
- Le norme del Codice civile in materia condominiale (tra cui l’art. 1129) non sono
applicabili alla multiproprietà, definita dall’art. 69 del Codice del consumo “un contratto
di durata superiore a un anno tramite il quale un consumatore acquisisce a titolo
oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernottamento per più di un
periodo di occupazione”.
- La locuzione “anche se aventi diritto a godimento periodico” di cui all’art. 1117, Codice
civile non appare sufficiente a giustificare l’applicazione in via analogica, alla
multiproprietà, di tutte le norme sul condominio. L’articolo in parola, infatti, elenca
solamente quali siano da considerare parti comuni dell’edificio, ma non vi è alcun
espresso rinvio alla multiproprietà in altre norme del Codice civile.
- Non essendo pacifica l’applicabilità, sic et simpliciter, delle norme sul condominio di
cui al Codice civile alla multiproprietà, non sussistono i presupposti per il rimborso
delle spese legali sostenute dai ricorrenti. In primo luogo, perché tale domanda non è
stata avanzata in sede di reclamo; in secondo luogo, perché l’intervento del legale non
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trova giustificazione nella condotta da essa tenuta, priva, difatti, di qualsivoglia intento
ostruzionistico.
- Sono condòmini a tutti gli effetti in forza della previsione di cui all’art. 1117, Codice
civile secondo la quale le parti comuni del condominio “Sono oggetto di proprietà
comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi
diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo […]”.
- Inoltre, l’art. 1117-bis, Codice civile, a sua volta, precisa che “Le disposizioni del
presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità
immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano
parti comuni ai sensi dell'articolo 1117”.
- La norma è stata così modificata con la legge 220/2012, che evidentemente ha voluto
normativamente tradurre il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il
quale le multiproprietà soggiacciono alle regole del condominio. Ciò in considerazione
del fatto che ciascun immobile in multiproprietà è oggetto di comunione tra più
proprietari; i quali, a loro volta, insieme ai comproprietari degli altri immobili, sono
contitolari delle parti comuni di pertinenza dei diversi appartamenti.
- L’art. 1117 va interpretato alla luce del successivo art. 1130 che stabilisce gli obblighi
esistenti in capo all’amministratore.
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condominio [...] basta considerare [...] che in uno stesso edificio, possono ben esistere
più unità immobiliari soggette a proprietà esclusiva ed a destinazioni diverse e che in
questi casi necessariamente insorge il regime del condominio […]”.
- È bene precisare che nel caso di specie si verte in tema di multiproprietà c.d. classica,
ovvero immobiliare, in cui i multiproprietari sono titolari pro quota del diritto di proprietà
sulle unità immobiliari, e quindi non godono di una posizione differenziata rispetto ai
titolari in comunione ordinaria. Per tale ragione, la partecipazione di ciascun
comproprietario al godimento dell’unità immobiliare in multiproprietà è riconducibile
alla comunione e, limitatamente alle parti ed ai servizi in comune a tutti i
multiproprietari, al condominio (in riferimento alla quota di pertinenza di ciascun
comproprietario).
- Inoltre, nei solleciti le richieste sono sempre state di pagamento delle “quote
condominiali”.
- Invero, le decisioni dell’ABF, in merito alla corretta applicazione del settimo comma
dell’art. 1129, Codice civile sono tutte focalizzate al tema dell’inerzia
dell’amministratore. Non si rinviene, difatti, alcuna pronuncia dell’Arbitro che abbia,
invece, riguardato l’ipotesi in cui l’amministratore si sia opposto formalmente
all’istanza di consegna documentale.
- Le censure circa la corretta applicazione delle norme sul condominio devono essere
indirizzate all’amministratore che ne ha escluso l’applicazione.
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DIRITTO
In particolare, parte resistente rileva che: “Non essendo l’Amministratore parte del
procedimento in esame, difetta all’evidenza la competenza dell’Arbitro, sia dal punto di
vista soggettivo, essendo il Collegio chiamato ad esprimersi in merito all’opposizione
formulata da soggetto esterno al procedimento, senza poter neppure instaurare il
necessario contraddittorio. Sia a maggior ragione dal punto di vista oggettivo, atteso che
tale questione esula dal diritto bancario”.
Va, difatti, rilevato che oggetto della domanda è la richiesta di accesso alla
documentazione bancaria ex art. 119, comma 4, TUB (in combinato disposto con l’art.
1129, comma 7, Codice civile) e non, come erroneamente ritenuto dall’intermediario
resistente, “l’opposizione formulata da soggetto esterno al procedimento” (cioè
dall’amministratore).
Piuttosto agevole, dunque, affermare che la domanda spiegata dai ricorrenti è materia di
chiara e pacifica competenza dell’ABF.
Del resto, l’ABF si è sempre pronunciato nel merito in tutti quei casi in cui i condòmini, a
fronte dell’inerzia dell’amministratore, hanno ricorso avverso gli intermediari per
l’ottenimento della rendicontazione bancaria. E di ciò parte resistente ne è pienamente
consapevole, avendo richiamato molti precedenti dell’ABF ed il fatto che, nel caso
concreto, anziché inerzia vi è stata opposizione (per meglio dire, vero e proprio diniego) da
parte dell’amministratore non è elemento che possa incidere sulla competenza per
materia. Va da sé, difatti, che anche l’inerzia è comportamento (sebbene, omissivo) tenuto
“da soggetto esterno al procedimento”.
Venendo al merito, si ricorda che parte ricorrente chiede la condanna della resistente alla
produzione di “tutti i documenti bancari richiesti e segnatamente degli estratti di conto
corrente a far data dal 1° gennaio 2011 o comunque dall’anno di apertura sino a quello
della chiusura del conto intestato alla multiproprietà […], nonché gli estratti conto dei
POS”.
Sul punto, l’orientamento dei Collegi ABF è conforme nel ritenere che, sulla base del
combinato disposto dell’art. 1129, comma 7, Codice civile e dell’art. 119, comma 4, TUB il
diritto del singolo condòmino di ottenere copia della documentazione bancaria relativa al
conto corrente condominiale sia esercitabile, non solo per il tramite dell’amministratore,
ma anche mediante richiesta diretta nei confronti dell’intermediario bancario, purché vi sia
stata, una preventiva richiesta di accesso rivolta all’amministratore, rimasta priva di esito
(si vedano, ex multis, Collegio di Roma, decisione n. 7960/16; Collegio di Milano,
decisione n. 3914/18).
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Orientamento che il Collegio condivide pienamente ma che non risolve il caso concreto,
nel quale si dovrà anche verificare se il diritto possa o meno essere esteso in capo ai
multiproprietari.
Con riferimento alla multiproprietà e alla applicabilità alla stessa delle norme sul
condominio, giova premettere che la multiproprietà non è definita dal Codice civile, né
dalle leggi speciali. Solo l’art. 69 del Codice del consumo ne reca una limitata nozione
definendola come “un contratto di durata superiore a un anno tramite il quale un
consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il
pernottamento per più di un periodo di occupazione”.
Con il termine multiproprietà si designano, quindi, forme di godimento turnario dello stesso
immobile da parte di più soggetti (multiproprietari).
Il contenuto del diritto, dunque, è individuato non solo in base ad un criterio spaziale, ma
anche temporale, atteso che esso attribuisce al titolare il diritto di godere e di disporre del
bene, entro certi limiti, per un determinato periodo dell’anno solare, mediante
l’avvicendamento nell’uso dell’immobile con gli altri proprietari, sulla base di quanto
stabilito nel contratto di time sharing.
Il multiproprietario può disporre del suo diritto con effetto reale e può esercitare le azioni
poste dall’ordinamento a tutela del diritto di proprietà nonché le azioni possessorie e di
nunciazione.
Nel primo caso, il multiproprietario acquista una quota di una specifica unità immobiliare,
facente parte di un maggior complesso condominiale, con attribuzione del diritto di
goderne e fruirne in un particolare periodo dell’anno e della quota millesimale delle parti
comuni dell’edificio.
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Solo in caso di adozione del primo schema, le parti dovranno approvare anche un
regolamento di condominio, contenente l’indicazione degli obblighi relativi alle parti comuni
dell’edificio nel quale è posta l’unità in oggetto ed alle infrastrutture delle quali i titolari
beneficiano, le disposizioni in ordine alle spese alle delibere assembleari ed ai poteri e
doveri degli amministratori.
Il riferimento che l’articolo in esame (il primo del capo rubricato “Del condominio negli
edifici”) fa alla periodicità del godimento autorizza a ritenere che la disciplina del
condominio sia applicabile anche agli edifici con presenza di unità immobiliari in
multiproprietà.
Del resto, non può sfuggire il fatto che ciascun immobile in multiproprietà è oggetto di
comunione tra più proprietari, i quali, a loro volta, insieme ai comproprietari degli altri
immobili, sono contitolari delle parti comuni di pertinenza dei diversi appartamenti.
Tale ultima circostanza pare dirimere ogni dubbio, considerato che l’esistenza giuridica del
supercondominio è prevista implicitamente proprio dal sopra richiamato art. 1117-bis,
Codice civile, che, come già ricordato in punto di fatto, statuisce che “Le disposizioni del
presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o
più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai
sensi dell'articolo 1117”.
Quanto, infine, alla richiesta di refusione delle spese legali, inquadrata dalla ricorrente
come richiesta di risarcimento del danno, non può trovare accoglimento; in primo luogo,
perché non avanzata in sede reclamo, tanto da potersi ritenere violato il principio di
simmetria tra reclamo e ricorso e, in secondo luogo, perché l’intermediario resistente si è
sempre dichiarato disponibile alla produzione della documentazione richiesta, una volta
risoltosi ogni dubbio circa l’esistenza della titolarità del diritto anche in capo agli odierni
ricorrenti.
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IL PRESIDENTE
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