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INCHIESTA ITALIANA

Yogurt, verdure e bistecche


Un miliardo in fumo col cibo scaduto
Viaggiano verso la discarica oltre sedicimila tir mentre si potrebbero sfamare
630mila persone. Si fa largo anche in Italia il riutilizzo a fini benefici e i market
cercando di ridurre al minino l'invenduto

di ETTORE LIVINI

L'Italia dei cibi scaduti è una macchina dello spreco che brucia ogni giorno 1.590.142 pasti
completi. Quanto basterebbe ad apparecchiare prima colazione, pranzo e cena per 636.660 persone.
E che fa viaggiare verso gli impianti di smaltimento - o, peggio ancora, verso la discarica -
16.283 tir all'anno stracarichi di yogurt, verdura, fette biscottate, bistecche e formaggi.

Rrei solo di essere rimasti troppo a lungo tra gli scaffali di negozi e ipermercati, superando la soglia
di non ritorno della loro data di scadenza. Che fine fa tutto questo (ex) ben di Dio che vale quasi un
miliardo di euro l'anno? Ed è davvero tutto cibo da buttare? Quanto se ne riesce a salvare in zona
Cesarini per destinarlo a opere di beneficenza? Quali prodotti vanno in discarica e quali (e come)
vengono riciclati? Chi sono e come operano i "pirati" del cibo scaduto?

UNA QUESTIONE DI ETICHETTA


A regolare nascita, vita, morte (e in qualche caso reincarnazione sotto nuove forme) di quello che
mangiamo è un rigido regolamento europeo completato da alcune norme tutte tricolori. La legge -
semplificando - è chiara. Esistono due tipi di etichette per fissare la scadenza: una tassativa - "Da
consumarsi entro" - destinata ai prodotti rapidamente deperibili come latte fresco, carne, uova e
pesce che non possono essere venduti oltre il giorno stabilito. L'altra aggiunge solo un avverbio -
"Da consumarsi preferibilmente entro" (la troviamo per dire su pasta, yogurt, oli e succhi di
frutta) - ma ha caratteristiche completamente diverse.
È un'indicazione "commerciale", tecnicamente il "termine minimo di conservazione", stabilita dai
produttori per indicare la data presunta in cui l'articolo inizia a perdere le sue caratteristiche
organolettiche. Senza essere per questo essere per forza dannoso per la salute. "Prendiamo lo yogurt
- spiega Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria di Bologna e presidente di Last Minute
Market (Lmm), una società creata dall'università emiliana per il recupero (a fin di bene) dei cibi
invenduti - . Cosa succede un secondo dopo l'ora X indicata come termine "preferibile" di consumo
in etichetta? Niente. Semplicemente muore qualche migliaio dei milioni di fermenti lattici vivi
presenti nella vaschetta. Lo yogurt in sé se ben conservato è ancora perfettamente commestibile per
altre due settimane. Io ne ho in frigo uno scaduto a maggio scorso che consumerò a scopo
dimostrativo davanti alle telecamere!".

Un kamikaze? Non proprio, se è vero che paesi avanzati dal punto di vista alimentare come
Svizzera e Gran Bretagna prevedono una doppia etichettatura che separa il giorno "fatale"
dell'inizio del decadimento organico da quello in cui il vasetto o la confezione di pasta o il barattolo
di marmellata diventano (spesso settimane o persino mesi dopo) davvero pericolosi per la salute.

LA HIT-PARADE DEI CIBI SCADUTI


Quanto si conservano in media i cibi una volta arrivati al supermercato? E quali sono quelli che
scadono di più? Risposta (alla seconda domanda) facile: quelli che durano di meno. Negozi,
supermercati e iper tricolori non riescono a vendere, a volte anche per difetti di conservazione, tra
l'1 e l'1,2% del loro fatturato. Qualcosa come 244mila tonnellate di prodotto l'anno. Lo spreco però
è a diverse velocità.
Il re assoluto di categoria - specie nella grande distribuzione - è il pane: tra francesini, baguette,
bocconi al sesamo, michette e filoni ne resta sugli scaffali ogni giorno qualcosa come il 15%. Segue
la verdura con uno scarto secondo i dati Lmm del 10%. Secondo stime interne di Assolatte il reso
del latte fresco ("vita media 6 giorni allungabili a nove con una buona conservazione in frigo",
assicura un esperto di settore) è tra il 2,5% e il 3%. Quello dello yogurt è tra il 3 e il 5% malgrado
una durata tra i 20 e i 30 giorni. "La carne dei banconi di macelleria, tagliata dal dettagliante, dura
attorno ai tre giorni e ha tassi di invenduto sotto l'1,6%", spiega Francois Tomei di Assocarni.
Resiste di più il pollo pre-confezionato in atmosfera modificata (senza ossigeno in vaschetta) che
dura sei-sette giorni nel frigo del negozio. I prodotti a scadenza più lunga - la pasta di grano duri, i
biscotti e i formaggi stagionati come parmigiano e grana - hanno invece resi vicini allo zero.

SALVATAGGI (BENEFICI) LAST MINUTE


Cosa succede al cibo scaduto o quasi? Chi ha la responsabilità di riciclarlo o smaltirlo? E quanto
costa? Anche in questo caso la legge non lascia dubbi: "Il produttore del rifiuto è responsabile della
sua destinazione finale" spiega Paola Ficco, giurista ambientale e docente presso La Sapienza. La
sola industria alimentare, secondo le stime della Fda americana, spende il 4% dei suoi ricavi per
smaltire questo eccesso.

Non proprio spiccioli: il listino prezzi delle aziende specializzate nel trattamento del cibo scaduto
offre servizi di ritiro a prezzi che vanno dai 6 agli 80 centesimi al chilo a seconda del prodotto.
Ridurre al minimo lo spreco, insomma, è pure questione di risparmio. "Noi cerchiamo di lavorare
come padri di famiglia, riducendo al minimo l'invenduto" conferma Renata Pascarelli della
direzione qualità di Coop Italia. Come? Il metodo più semplice è quello dei big della grande
distribuzione inglese: la creazione di aree specifiche nel punto vendita dove concentrare la vendita a
forte sconto - tra il 30 e il 50% - dei prodotti vicini alla scadenza.

Questa specie di saldo last minute sta iniziando a prender piede in Italia solo ora. La via maestra per
ridurre lo spreco nel Belpaese - a dire il vero per ora un sentierino molto stretto - è un'altra:
l'intervento di società organizzate per raccogliere gli alimenti che si avvicinano alla "morte
organolettica" per riutilizzarli a fini benefici. "Una scommessa in cui vincono tutti: il produttore che
risparmia, l'ipermercato che delega la logistica, l'ambiente che elimina i rifiuti e chi riceve in dono il
cibo", dice Segrè. La Coop con il suo progetto "Buon fine" - che coinvolge 380 punti vendita, 1.301
onlus e 123mila beneficiari finali - ha salvato dalla discarica e distribuito nel 2009 oltre 2,4 milioni
di chili di alimenti per un valore di 14 milioni di euro. Esselunga ha firmato una convenzione con il
Banco Alimentare che ha recuperato un milione di euro di prodotti nel 2009. Lo stesso fanno Conad
e gli altri big.

Il Banco Alimentare da solo ha raccolto e redistribuito nel 2009 lungo l'intera filiera dal campo
all'iper merce per 228 milioni di euro (solo 5 però ritirati dalla grande distribuzione). Last minute
market lavora con 40 differenti realtà in tutta Italia. Secondo le stime dello spin-off universitario di
Bologna, il solo recupero del cibo che scade tra gli scaffali consentirebbe di ridurre di 291mila
tonnellate l'anno le emissioni di CO2 in Italia. "Di lavoro da fare ce n'è molto - assicura Segrè - .
Nel 2003, per dare un'idea, abbiamo fatto il primo lavoro con un Conad di 6mila mq. a Bologna. In
un anno abbiamo riciclato 172 tonnellate, 17 tir in meno in discarica e pasti ogni giorno per 350
persone. E oggi quel Conad, grazie al nostro lavoro, ha imparato a "buttare" solo 90 tonnellate
l'anno".

SE LA EX FETTINA DIVENTA DETERSIVO


La percentuale di alimenti quasi scaduti recuperati in tavola è però ancora ridottissima. Cosa
succede a quelli ormai irrecuperabili? Si possono riciclare sotto nuove vesti? Anche qui la
normativa è composita. Pane e verdura, per dire, "sottostanno alle regole dei rifiuti normali", spiega
Ficco. Vanno cioè liberati dagli imballaggi, poi - se le cose sono fatte per bene - finiscono agli
impianti di compostaggio o di biogas. Oppure, gli uomini di settore spiegano che è quello che capita
più spesso, prendono la strada della discarica.

Più complesso l'iter per le carni. Naturalmente (almeno in teoria) non possono finire nel bidone dei
rifiuti così come sono. E devono essere trattati con procedure ben stabilite. "I prodotti non
presentabili ma con caratteristiche di commestibilità finiscono per lo più all'industria per
l'alimentazione di animali da compagnia", spiega Tomei. Il resto viene degradato a "sottoprodotto di
origine animale". Viene ritirato da aziende specializzate che separano il grasso - la parte più
pregiata - in impianti di colatura e bollitura. Gli scarti meno nobili sono indirizzati
all'incenerimento, all'industria dei fertilizzanti e alla termovalorizzazione del biogas ("abbiamo
anche ottenuto certificati verdi per il nostro ruolo nel campo dell'energia rinnovabile", racconta il
direttore di Assocarni).

La parte più pregiata della ex-fettina o della coscia di pollo viene girata all'industria chimica. Che
utilizza i derivati di carne scaduta nella produzione di detersivi, saponi e persino di medicinali.
"Quando le materie prime della chimica hanno prezzi alti questo è persino un business in grado di
rendere qualcosa", conclude Tomei. Il grasso, per dire, può valere diverse centinaia di euro a
tonnellata.

Latte, yogurt e formaggi scaduti - anche loro sottoposti in teoria a regole precise - subiscono due
tipi di processi di trasformazione: l'utilizzo più frequente dopo la scadenza è quello per
l'alimentazione animale (specie suini). E in questo caso ad assorbire i surplus sono gli allevamenti
più vicini agli impianti di produzione. Altrimenti vengono polverizzati e le proteine nobili ottenute
da questo trattamento possono trasformarsi in mangimi o persino in principi per nuovi prodotti
destinati ad alimentazione umana. In alternativa possono essere sversati pure loro in impianti di
compostaggio o biogas o conferiti agli inceneritori oppure (fino al 31 luglio 2011) venir gettati tout
court in discarica "anche se l'elevato contenuto di carbonio organico disciolto, responsabile di
cattivi odori, sconsiglia questo utilizzo", conclude Ficco. Carne, latticini, pane o verdura, resta però
sempre una costante. Lo spreco è enorme. E il costo del cibo scaduto, a fine ciclo, è altissimo per
aziende, comunità e ambiente.

I FURBETTI DELLA SCADENZA


Perché malgrado questa rete normativa di protezione ogni anno leggiamo di truffe sul cibo
scaduto? Quali sono i punti deboli di questa catena? Che responsabilità hanno i produttori e i
responsabili della grande distribuzione? Per dare una risposta, più che alle risposte ufficiali delle
associazioni di settore o dei singoli attori della filiera, bisogna affidarsi in questo casi alle mezze
ammissioni informali che tutti, a patto dell'anonimato, sono disposti a fare. E che dipingono un
quadro abbastanza uniforme per capire come mai in Italia continuino a spuntare esercenti che
cambiano le etichette per allungare la vita dei loro prodotti o si scoprano magazzini clandestini dove
si fanno risorgere come Lazzaro partite di formaggio coperte di muffa e già trasformate in pasto per
vermi.

Le ispezioni - è il parere di molti protagonisti del settore - non mancano. Solo nel 2009 i Nas hanno
operato 34.675 perquisizioni a sorpresa contro i pirati alimentari. E in linea di massima né
l'industria alimentare né le catene di vendita al dettaglio "hanno interesse a favorire fenomeni
illegali di questo tipo, anche perché loro ci mettono la faccia", dice un ufficiale dei Nuclei anti-
sofisticazione. La casistica dei reati scoperti è chiara: a taroccare di più sulla destinazione dei cibi
scaduti sono due categorie: "I piccoli dettaglianti e i supermercati di dimensioni minori (dove
"scade" il 20% delle 244mila tonnellate bruciate nel commercio al dettaglio, ndr) - dicono ai Nas - e
gli smaltitori più spregiudicati".

"I primi molto spesso faticano a farsi carico dei costi, altissimi per loro, necessari per eliminare gli
"avanzi"", dice Segrè. E finiscono così per forzare artificialmente la scadenza ritoccando l'etichetta
o per gettare in pattumiera senza troppo riguardo quello che non si può più vendere. I secondi
invece dopo essere stati pagati per trattare gli ex-alimenti vanno al raddoppio. E invece che pagare
per distruggerli o valorizzarli, finiscono per rivenderli sul mercato nero dell'alimentazione
clandestina "dove si riciclano questi prodotti rendendoli presentabili e immettendoli su circuiti di
vendita paralleli".

Con rischi ovvi per la salute degli italiani. La soluzione? "Ridurre gli sprechi a zero!" è la parola
d'ordine di Segrè. In un paese che dal campo alla discarica, passando per industria e distribuzione,
perde 20 milioni di tonnellate di cibo l'anno (valore 37 miliardi, il 3% del Pil) vorrebbe dire
risparmiare i soldi - oltre ai costi sociali e ambientali - di tre manovre finanziarie.

(07 gennaio 2011) © Riproduzione riservata


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«indietro 1 2 3 avanti»

Pagina 1 di 3, totale messaggi: 29

1. lo scorso ottobre 2010, ho terminato degli yogourt che avevo dimenticato in fondo al frigo
ed erano scaduti dal 27 luglio 2009, cioè 14 mesi prima...non solo non son stato male, ma
come potete vedere son ancora vivo e vegeto. Son nato nel 1965, e son cresciuto in un
mondo dove non esistevano le scadenze sui cibi: il gusto e l'olfatto erano più che sufficienti
per riconoscere se un cibo fosse ancora consumabile o meno...credo che la scadenza sui cibi
sia spesso una trovata delle multinazionali che per tenere competitivi i prezzi, producano di
continuo eccedenze di beni alimentari.

Inviato da henksim il 10 gennaio 2011 alle 10:45

2. SE I CONTROLLI FUNZIONASSERE TUTTO QUESTO NON DOVREBBE ESISTERE ,


NON SI DOVREBBE ARRIVARE AD UNA MOLE ENORME DI ALIMENTI DA
DISTRUGGERE , LA FILIERA ? SI SAREBBE SCOPERTO PRIMA CHE IL MANGIME
ARRIVASSE ALLE STALLE ? SECONDO ME QUEST' EUROPA NON FUNZIONA
TROPPO BENE , LA CASTA E' ANCHE LI !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Inviato da ugolino01 il 08 gennaio 2011 alle 10:30

3. Grazie è una notizia che sapevo da quando esistono i supermercati e gli ipermercati, se ne
parla pubblicamente da almeno 10 anni uu

Inviato da athanasiuskircher il 07 gennaio 2011 alle 20:38

4. Questa è la crisi che ci attanaglia da alcuni anni.....ma quale crisi, l'industria alimentare non
ha mai smesso di produrre, di produrre in eccedenza. I costi di produzione prossimi allo zero
permettono di mettere sul mercato più di quanto richiesto. Da quando si parla di crisi c'è
qualcuno che ha mai visto un supermercato o negozio a corto di prodotti? È la nuova
rivoluzione industriale che stiamo attraversando che ha portato questa situazione di crisi
alimentata da gonfiature in campo finanziario che hanno creato una nuova dimensione del
vivere quotidiano. Gli sprechi vengono direttamente dalla GDO che si approvvigionano in
maniera esagerata per soddisfare una loro politica commerciale gonfiando i prezzi di vendita
e creando moltissimo scarto.

Inviato da lliberoaltomare il 07 gennaio 2011 alle 19:34

5. La grande distribuzione ci obbliga ada acquistare più di quello che ci serve per nutrirci. Ed
inoltre rischiamo di rimanere senza cibo se cessasse l'interesse di investire nei super
mercati...il troppo stroppia

Inviato da marco942 il 07 gennaio 2011 alle 19:16

6. Per favore, che lascino fuori il Banco Alimentare, una truffa che foraggia solo gli enti
ecclesiastici.
Inviato da pierangelo il 07 gennaio 2011 alle 18:43

7. Pazzesco che se ne parli ogni tanto , come se il problema fosse di poco conto e senza
risultati e controlli. non credo nemmeno che il tutto scaduto venga buttato, ma verrà riciclato
ad altre aziende che rivendono con sottomarche e riciclato in market sconosciuti. Piuttosto
che rivenderlo a prezzo di costo, (che ovviamente farebbe qualunque piccolo commerciante,
pur di realizzare, recuperare il costo) loro no. Mister prezzi????????? Forza algerini che
presto vi verremo incontro. La spesa più grossa che subiscono le famiglie italiane,
ovviamente arriva sotto la voce Alimentari, dove ovviamente risiede la più grande
speculazione.

Inviato da falcoitaly il 07 gennaio 2011 alle 18:22

8. 0

 fido chiunque a dire che non abbia visto i bidoni adiacenti ai supermercati pieni di verdure, carne
e generi alimenatri di ogni genere, se non ci avete fatto caso fino ad ora prestateci attenzione da
domani. Le catene dei grossi marchi pur di non abbattere i prezzi buttano la merce (fatevi qualche
amico che ci lavora dentro e sentirete quante ne racconteranno), a discapito di NOI CLIENTI E
ANCHE DEI PRODUTTORI (ultimo anello della filiera, e, primo anello della filiera), costretti a
sottostare a questi "mafiosi legalizzati", io non saprei definirli diversamente.Ma naturalmente chi
dovrebbe vigilare ha la pancia piena e non vede (o non vuole),TANTO ALLA FINE TUTTO CIO'
CHE VIENE BUTTATO I SIGNORI PROPIETARI DEI NEGOZI LO DEFALCANO DALLE
TASSE COME PERDITE D'ESERCIZIO.E noi italiani zitti e proni....E' giustoche chi impiega dei
capitali guadagni dei soldi,ma non lo deve fare affamando il popolo.

Inviato da lisolitano il 07 gennaio 2011 alle 18:05

 é scandaloso buttare tanta roba quando c'è gente che muore di fame, oltre che per fini benefici, i
supermercati potrebbero pure offrire prodotti a prezzi di costo in prossimità della scadenza dei
prodotti.

Inviato da marioski il 07 gennaio 2011 alle 16:46

 sig livini lei si chiede "Perché malgrado questa rete normativa di protezione ogni anno leggiamo
di truffe sul cibo scaduto?" ; perché siamo il popolo che comprò il grano riadioattivo di
chernobyl,che inventò il vino al metanolo,pur essendo tra i primi produttori mondiali di vino,che
miscela l'olio di semi a quello di oliva ( e siamo il maggior produttore mondiale di extravergine ) ;
perché siamo il paese dei fessi più furbetti al mondo ( vedi caso rubbia ,vedi i cervelli in
fuga.....),probabilmente perché per l'italiano è più appagante fregare il prossimo ,alla faccia del
nostro presunto cattolicesimo

Inviato da achillefer il 07 gennaio 2011 alle 16:46

 Ho lavorato 35 anni nelle vendite lattiero caseario lo scaffale deve essere sempre pieno anche
per dei formati di prodotto di cui l'uscita e' molto bassa questo e' quello che chiedono i responsabili
di reparto.Da tenere presente anche i costi per smaltire che sono sempre a carico dei consumatori

Inviato da ramon100 il 07 gennaio 2011 alle 16:42


 Sono i supermercati che devono decidere: dopo le vendite 2x3 o scontate del 50% potrebbero
benissimo regalare i cibi ancora commestibili alle varie mense umanitarie, senza accollarsi i costi
del riciclo. Recuperando poi con un aumento sui prodotti freschi. Tanto gli italiani beoti
comprano..comprano.........

Inviato da veronicarossa il 07 gennaio 2011 alle 16:42

 Oltre allo "spreco da scaffale" cìè quello nei piatti dove mettiamo il doppio del necessario che
immancabilmente finisce parte in "rotolini di ciccia" e parte nel Walter; altri due costi in più:
medicine per l'obesità e maggior necessità di trattamento acque reflue. E dove mettiamo, poi, lo
spreco di quello che è stato prodotto, trasportato ed utilizzato per produrre quello che non riusciamo
ad utilizzare? Altro spreco e CO2 nell'aria in cambio di nulla! Ricordo con nostalgia quando il pane
non si buttava mai, ma proprio mai!

Inviato da phoenicius il 07 gennaio 2011 alle 15:49

 La vergogna è la gestione che fanno i supermercati del loro business! Lavoro in un grande
supermercato francese, non oso immaginare la situazione italiana. Incasso in media 1.000 euro
all'ora di cui percepisco per il mio lavoro lo 0,9% (9 euro netti 6,93). Viene da chiedere allora dove
vada a finire tutto il resto degli introiti! è chiaro che una grossa fetta del capitale viene investito in
marketing, provocando un grande spreco di denaro e non rendendo giustizia ai consumatori e ai
lavoratori. Per rendere appetibili i prodotti, infatti, i maggiori supermercati fanno un uso
spropositato di pubblicità e di elettricità (luci al neon sparate su tutto il supermercato e refrigeratori
al massimo). L'aumento dei prezzi e l'immobilità dei salari hanno per di più provocato una
riduzione dei consumi, fattori collegati che hanno contribuito ad aumentare i resti di magazzino. la
vergogna è che la merce "allo scadere" venga per giunta pagata per minimizzare le perdite degli
imprenditori!

Inviato da asterix82 il 07 gennaio 2011 alle 15:14

 Siamo stati educati a comprare nell'abbondanza... Per comprare un chilo di arance abbiamo
bisogno di sceglierle per lo meno in un quintale di arance esposte. Tutto è iniziato con il libero
servizio, quando c'era la commessa che serviva il cliente non si sprecava niente. Ma è tutto
compreso: meno stipendi per i commessi e qualche euro di merce buttata portano un saldo
economico attivo e un saldo morale da schifo...ma ormai di morale cosa c'è nel settore alimentare?
Non possiamo dimenticarci che un chilo di arance viene pagato a chi lo produce pochi centesimi,
anche se a noi, vengono vendute a due euro.

Inviato da antoniocanne il 07 gennaio 2011 alle 15:14

 Molto interessante questo articolo che approfondisce quanto io avevo spesso osservato nelle
tavole calde, ristoranti e talvolta purtroppo anche nelle nostre case dove tanto, troppo ben di Dio va
a finire nei cassonetti della raccolta differenziata. Mentre, con quegli stessi avanzi, ai margini della
nostra società molti poveri, stranieri o indigenti potrebbero essere aiutati almeno a sfamarsi. La
carne e il pesce per esempio non potrebbero essere congelati, il "nostro pane quotidiano" se avanza
non si può riutilizzare in cucina come si faceva un tempo neanche tanto lontano? Ancora peggio il
latte fresco che venne distrutto perchè in eccesso secondo le direttive comunitarie mentre in molte
parti del mondo tanti bimbi soffrono o muoiono di fame. Davvero meritorie tutte quelle iniziative
che si propongono di salvare quanto più cibo possibile a scopo benefico evitando costi, smaltimento
e inquinamento.
Inviato da sempreasinistra il 07 gennaio 2011 alle 13:40

 I supermercati dovrebbero creare degli spazi appositi e vendere i prodotti vicino alla scadenza a
prezzi ridotti. Il problema va affrnotato anche per querllo che buttiamo nelle nostre case: ci hanno
indotto a comprare, comprare e comprare e i nostri frigoriferi strabordano di cose che scadono o si
deteriorano. Torniamo ai negozi sotto casa dove si compra ogni giorno solo il necessario e alla fine,
anche se non sembra, si spende di meno! Altra questione è per i bar, le pasticcerie e altri luoghi che
vendono prodotti freschi: perchè a partire dalle 19 non vendono le cose al 50%?? l'ho visto da poco
in Inghilterra dove lo fanno i singoli negozi e i grandi magazzini che hanno il reparto gastronomia.

Inviato da aschippa il 07 gennaio 2011 alle 13:40

 I prodotti alimentari son buoni anche dopo scaduti...certo non dopo un mese. Con la tecnologia
moderna nel campo dell'alimentazione il latte fresco scade veramente anche dopo 2-3 giorni dalla
data riportata. Così come molti latticini formaggi ecc. Per non parlare dei prodotti secchi. La colpa è
spesso dei supermercati che sbagliano a fare gli ordini. E la colpa è pure della gente che non si
accontenta mai della varietà proposta. Se uno frequenta un piccolo supermercato e impara a
scegliere e a rinunciare a tante cavolate vedrete che non si butta via mai nulla. In 5 anni di vita da
single non ho MAI buttato nulla! Bisogna solo fare attenzione.

Inviato da gianlucadapistoia il 07 gennaio 2011 alle 13:40

 Ottimo articolo, ben documentato. Sono esterrefatto che da nessuna parte appaia una descrizione
dei "Restos du Coeur" che raccogliendo cibi scaduti d'accordo con le grandi catene di distribuzione,
danno da mangiare a una marea di persone! E fanno pubblicità anche in TV! perché non ci
raccontate anche la loro storia in positivo?? leonardo de Chanaz

Inviato da navtis il 07 gennaio 2011 alle 13:10

 E perchè vanno in discarica meri scadute spesso solo per data burocratica o per precauzione, e
non per avaria vera? se ne potrebbero fare mangimi, o concimi, NO ?

Inviato da silvioonofrio il 07 gennaio 2011 alle 12:47

 Per cotesia, informate bene le persone. I prodotti scaduti "non possono essere venduti", NON
"non possono essere consumati". Se un prodotto perde il suo valore nutritivo o quello del gusto può
tranquillamente essere consumato, anche se per corretteza non può essere venduto perchè "diverso"
dalla etichettatura.

Inviato da gibuizza il 07 gennaio 2011 alle 12:47

 Be' qui (Irlanda) e' adottato il modello Inglese: ogni giorno Tesco (ma anche altre catene di
supermercati, alcune presenti anche in Italia come LIDL) prepara una sezione con prodotti prossimi
alla scadenza a prezzi convenientissimi; La cosa va fatta ovviamente con intelligenza: non ha molto
senso mettere in offerta confezioni-famiglia con scadenza a 2 gg, a meno che il supermarket non sia
nei pressi di una caserma. Mi preme inoltre sottolineare una inesattezza nell'articolo: se e' vero che
alcune date di scadenza possono essere considerate "flessibili", e' vero anche il contrario; Proprio a
proposito dello yoghurt, puo' restare integro per settimane dopo la scadenza ma accade anche che
diventi una schifezza nauseabonda solo 1-2 gg dopo tale data, anche se conservato in condizioni
ottimali...quindi un po' di attenzione non guasta. Ultima nota, in effetti comprare solo cio' che serve
aiuta non poco; Del resto davanti ad un supermarket ci passiamo ogni giorno...
Inviato da h3llr4iser il 07 gennaio 2011 alle 12:45

 Un tempo, i supermercati, il lunedì, regalavano, ai clienti, la merce in scadenza. Ora non più,
tutto finisce in discarica. Ma perchè non aiutare chi ha bisogno? Alla buona, senza burocrazia. Non
è forse bello fare del bene?

Inviato da pierangelo il 07 gennaio 2011 alle 12:45

 Schiaffo alla povertà!

Inviato da pufpix il 07 gennaio 2011 alle 12:21

 negli ultimi due giorni ho mangiato due yogurt scaduti da una settimana. sono vivo e vegeto

Inviato da hermanmunster il 07 gennaio 2011 alle 12:21

 Penso ci siano sistemi possibili, ho visto in germania i frighi con prodotti in scadenza nei piccoli
e grandi supermercati con prezzi convenienti,qui per ora l'ho visto solo alla coop. E poi ci sono le
mense Caritas ecc. certo devono essere prodotti integri ma uno yogurt ad esempio per 1-2 gg se
conservato bene si può usare, insomma se si vuole si può non buttare nulla...basta chiedere alle
casalinghe !!

Inviato da giogiokk il 07 gennaio 2011 alle 12:21

 per me la prima regola e': acquista il minimo indispensabile! Con supermercati dappertutto e con
orari di apertura estesi non ha il minimo senso riempirsi il frigorifero. E' uno dei tanti aspetti
associati allo sviluppo sostenibile: a mio avviso la strategia da seguire nel prossimo decennio (e
oltre), se non si vuole finire in un baratro di crisi

Inviato da mau123 il 07 gennaio 2011 alle 11:22

 Da consumatrice sono preoccupata. Non vorrei che con i tempi di CRISI l'industria alimentare
ritirasse i prodotti scaduti o in scadenza a stretto giro per ri-pastorizzarli / ri-processarli in nuovi
prodotti alimentari, congelati, pronto-cuoci, semi-lavorati. Un conto che IO consumatrice decida di
mettere nel mio congelatore di casa qualcosa che ho acquistato fresco ma che so di non poter
mangiare in tempo utile, altra cosa è che lo faccia l'industria alimentare, A NOSTRA INSAPUTA.
Proprio oggi c'è un articolo di una donna morta a Livorno per "mucca pazza". Possibile che solo
quella donna abbia consumato un po' della carne di quell'animale? Con gli alimenti non si scherza,
nemmeno in periodi di crisi! Facciamoci furbi: compriamo un po' di meno!

Inviato da mammalaura01 il 07 gennaio 2011 alle 11:03

 Vi consiglio di leggere l'articolo uscito qualche giorno fa sul giornale londinese The Evening
Standard, riguardanti diverse iniziative per riutilizzare gli avanzi di supermercati. Chissà che anche
in Italia non si possa fare qualcosa di simile? http://www.thisislondon.co.uk/lifestyle/article-
23904298-join-the-waste-watchers.do

Inviato da anabea il 07 gennaio 2011 alle 11:03

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