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7 Introduzione
13 Capitolo I
Nozioni generali e premesse esegetiche
1.1. Il concetto di damnum nella letteratura latina. Spunti etimologici, 13 –
1.2. Breve cronistoria delle XII Tavole, 20 – 1.3. La norma decemvirale tra
lex e pax deorum, 22 – 1.4. Il ruolo della giurisprudenza pretoria nel diritto
romano, 24 – 1.5. La colpa. Per un’analisi ragionata del fondamento storico, 25
33 Capitolo II
Premesse di carattere storico
2.1. La responsabilità extracontrattuale prima della lex Aquilia: il concetto di
rupitias sarcito nelle XII Tavole, 33 – 2.2. La lex Aquilia nell’ordinamento
giuridico romano e il problema della datazione, 40 – 2.3. Struttura e contenu-
ti della lex, 45
51 Capitolo III
La lex Aquilia: profili interni e contenutistici
3.1. Osservazioni generali. L’approccio causale: dal danneggiamento al dan-
no, 51 – 3.2. Il capo I: l’uccisione del servo o del quadrupede, 53 – 3.3. Il ca-
po II: l’acceptilatio in fraudem creditori. La scelta contenutistica e la pro-
gressiva desuetudine della fattispecie tra problemi storici e giuridici, 55 –
3.4. Il capo III e le ipotesi di danneggiamento: riflessioni sulla tipicità della
condotta, 66
71 Capitolo IV
I requisiti per agire ex lege Aquilia
4.1. Iniuria e culpa: dal facere contra ius al requisito soggettivo, 71 – 4.1.1.
Le cause di eliminazione dell’iniuria tra ius naturale e ius civile, 78 – 4.1.2.
L’incapacità d’intendere e di volere come causa di esclusione della colpa e
altre ipotesi teorizzate, 97 – 4.1.3. Il principio della compensazione: il con-
corso di colpa e il difficile rapporto con il dolo, 100 – 4.1.4. Responsabilità
extracontrattuale e fatalità: il casus fortuitus, 107 – 4.2. La colpa e
6 Indice
151 Capitolo V
La stima del danno
5.1. L’aestimatio damni: qual è il danno risarcibile? Cenni, 151 – 5.2. Il lucro
cessante e il danno emergente: le nuove frontiere del danno risarcibile, 152 –
5.3. Il pretium doloris: la (non) configurazione del dolore affettivo, 160 –
5.4. Ipotesi particolari: la stima del danno tra problemi pratici ed esigenze si-
stematiche, 162 – 5.5. La repetitio temporis. Il maggior valore risarcibile tra
il primo e il terzo capo della legge, 166 – 5.6. La litiscrescenza: confessio in
iure e infitiatio. Definizione dei concetti e ipotesi particolari, 171
179 Capitolo VI
L’actio legis Aquiliae: aspetti processuali
6.1. L’azione diretta e la rigidità del disposto letterale, 179 – 6.2. L’actio uti-
lis e l’actio in factum: verso la tutela effettiva, 184 – 6.3. La legittimazione
attiva ex lege Aquilia, 190 – 6.4. La legittimazione attiva dell’actio utilis nel-
le ipotesi di usufrutto, possesso e pignoramento. La posizione della giuri-
sprudenza e le divergenze dottrinali sul tema, 193
227 Bibliografia
243 Ringraziamenti
Introduzione
7
8 Introduzione
Art. 2043 c.c.: Risarcimento per fatto illecito – Qualunque fatto dolo-
so o colposo, che cagiona ad altri un fatto ingiusto, obbliga colui che
ha commesso il fatto a risarcire il danno.
5. Invece, come è altrettanto noto, il sistema del Digesto è impostato sul frammento
delle Res cottidianae di Gaio conservato in D. 44, 7, 1 che prevede una tripartizione:
Obligationes aut ex contractu nascuntur aut ex maleficio aut proprio quodam iure ex
variis causarum figuris. Sul problema cfr. ad es. C.A. CANNATA, Sulla «divisio obliga-
tionum» nel diritto romano repubblicano e classico, in Iura, 1970, p. 52 ss.
10 Introduzione
no 1998, in cui l’Autore propone i brocardi della tradizione romana classica più utilizzati.
Capitolo I
1. M. VOIGT, Über den Bedeutungswechsel gewisser die Zurechnung und den öco-
nomischen Erfolg einer That bezeichnender technischer lateinischer Ausdrücke, Ab-
handlungen der Philologisch-Historischen Classe der Kȍniglich Sächsischen Gesell-
13
14 La lex Aquilia
Livio, 1, 24, 5: Foedera alia aliis legibus, ceterum eodem modo omnia
fiunt. Tum ita factum accepimus, nec ullius vetustior foederis memo-
ria est. Fetialis regem Tullum ita rogavit: “Iubesne me, rex, cum patre
patrato populi Albani foedus ferire?” Iubente rege, “Sagmina” inquit
“te, rex, posco”. Rex ait: “Pura tollito”. Fetialis ex arce graminis her-
bam puram attulit. Postea regem ita rogavit: “Rex, facisne me tu re-
gium nuntium populi Romani Quiritium, vasa comitesque meos?”
Rex respondit: “ Q u o d s i n e f r a u d e m e a p o p u -
l i q u e R o m a n i Q u i r i t i u m f i a t , f a c i o ” . Fe-
tialis erat M. Valerius; is patrem patratum Sp. Fusium fecit, verbena
caput capillosque tangens. Pater patratus ad ius iurandum patrandum,
id est, sanciendum fit foedus; multisque id verbis, quae longo effata
carmine non operae est referre, peragit. Legibus deinde, recitatis,
“Audi” inquit, “Iuppiter; audi, pater patrate populi Albani; audi tu,
populus Albanus. Ut illa palam prima postrema ex illis tabulis cerave
r e c i t a t a s u n t s i n e d o l o m a l o , utique ea hic ho-
die rectissime intellecta sunt, illis legibus populus Romanus prior non
deficiet. S i p r i o r d e f e x i t p u b l i c o c o n s i l i o
d o l o m a l o , tum ille Diespiter populum Romanum sic ferito ut
ego hunc porcum hic hodie feriam; tantoque magis ferito quanto ma-
gis potes pollesque”. Id ubi dixit porcum saxo silice percussit. Sua
item carmina Albani suumque ius iurandum per suum dictatorem suo-
sque sacerdotes peregerunt.
Lex Mamilia Roscia Peducaea Alliena Fabia, FIRA, I2, 12: Quo ex
loco terminus aberit, si quis in eum locum terminum restituere volet,
sine fraude sua liceto facere, neve quid cui is ob eam rem hac lege da-
re damnas esto.
XII Tavole, 12, 3: Si vindiciam falsam tulit, si velit is, <prae>tor arbi-
tres tres dato. Eorum arbitrio rei, fructus duplione damnum decidito.
Aulo Gellio, Noctes Atticae, 11, 18, 8: Ex ceteris autem manifestis fu-
ribus liberos verberari addicique iusserunt ei, cui furtum factum esset,
si modo id luci fecissent neque se telo defendissent; servos item furti
manifesti prensos verberibus adfici et e saxo praecipitari, sed pueros
inpuberes praetoris arbitratu verberari voluerunt noxiamque ab his
factam sarciri.
vil- und Criminalrechtes, wie-Processes der XII Tafeln, nebst deren Fragmenten, A. G.
Liebeskind, Leipzig 1883, 1, p. 324, rist. digitale, Nabu Press, USA.
14. O. KARLOWA, Der römische Civilprozess zur Zeit der Legisactionen, Weid-
mann’sche Buchhandlung, Berlin 1872, p. 59 ss.
15. D. 16, 3, 30: Damnari litis aestimatione. Ma questo concetto si rinviene anche
in D. 4, 17, 173: Damnari in id quod facere possunt. In materia testamentaria si può ri-
cordare D. 8, 4, 16: In testamento heredem damnare ut.
20 La lex Aquilia
17. Veniva, cioè, sospeso il diritto del cittadino incriminato di potersi appellare al
giudizio popolare.
18. Livio dice che mutatur forma civitatis, poiché si assistette al passaggio
dell’imperium dai consoli ai decemviri, paragonabile, per certi versi, al passaggio dalla
monarchia alla repubblica.
22 La lex Aquilia
A questo punto, dopo aver visto la storia delle XII tavole, e per
poter rapportare la valenza sistematica del loro contenuto a
quella dalla lex Aquilia, è necessario fare riferimento alla natura
19. Se da un lato non si può dubitare dell’esistenza delle XII Tavole, il racconto di
Livio solleva non poche contraddizioni: risulta strano che il secondo decemvirato abbia
redatto le Tavole iniquae, poiché vi erano dei plebei: risulta strano credere che questi
abbiano voluto riconfermare il divieto del conubium, come sembra altrettanto strano che
i consoli Valerio e Orazio, da un lato promotori della libertà, abbiano provveduto a
pubblicare anche le iniquae. Secondo una diversa costruzione, invece che un secondo
decemvirato si avrebbe avuto un gruppo di arconti, e le Tavole inique sarebbero state
redatte proprio dai consoli Valerio e Orazio, ma tale ricostruzione appare priva di ogni
fondamento, e in più contrastante con le fonti, le quali testimoniano lo scontento popo-
lare verso il secondo decemvirato e il desiderio di ripristinare il consolato.
20. È la norma secondo cui privilegia ne irrogatio (Tav. 9, 1, M.T. CICERONE, De
legibus, 3, 4, 11).
21. L’art. 572 c.c. è espressione del principio nomina hereditaria ipso iure dividun-
tur in Tav. 5, 9 e anche in C. 2, 3, 26 e C. 3, 36, 6.
I. Nozioni generali e premesse esegetiche 23
26. In tal senso, C.A. CANNATA, Sul problema della responsabilità nel diritto priva-
to romano, Materiali per un corso di diritto romano, Libreria Editrice Torre, Catania
1996, p. 6.
27. Sulla massima ora citata cfr. da ult., F. LONGCHAMPS DE BÉRIER, L'abuso del
diritto nell'esperienza del diritto privato romano, Giappichelli, Torino 2013, p. 139 ss.
28. Un’interessante espressione di iniuria oggettivamente si ritrova in G.P. CHIRO-
NI, Istituzioni di diritto civile italiano, Fratelli Bocca, Torino 1888-1889, p. 117.
I. Nozioni generali e premesse esegetiche 27
esercitano. Si può richiamare, fin da ora, quel principio di diritto che si rinviene in Pao-
lo, D. 50, 17, 10: Secundum naturam est commoda, cuiusque rei eum sequi, quem se-
quuntur incommoda. Si tratta del fondamento precipuo della responsabilità per i danni
cagionati dalle cose.
34. Questa affermazione la si rinviene in V. POLACCO, La culpa in concreto nel vi-
gente diritto civile italiano, G.B. Randi, Padova 1894 (Memoria letta alla R. Accademia
di scienze, lettere ed arti in Padova nella giornata del 10 giugno 1894 e inserita nel vo-
lume X°, Dispensa IV degli Atti e memorie della regia Accademia di scienze, lettere e
arti, 10 giugno 1894, p. 7).
35. D. 50, 16, 2, 213; questa nozione è rinvenibile nel manuale di P. BONFANTE,
Istituzioni di diritto romano, Barbera, Firenze 1896, p. 76 ss. (=Istituzioni di diritto ro-
mano, a cura di G. BONFANTE-G. CRIFÒ, Giuffrè, Milano 1987). È interessante la se-
guente citazione, che si trova in E. PACIFICI MAZZONI nelle Istituzioni di diritto civile,
Cammelli, Firenze 1871, p. 184: “colpa lata, grave, quando il debitore trascura le pre-
cauzioni più comuni e omette di fare quello che ognuno farebbe per impedire il peri-
mento o il danneggiamento della cosa, o non intende né prevede ciò che tutti inten-
dono e prevedono, o essendo incaricato di amministrare gli affari altrui, adopera
nell’amministrazione minore accuratezza che né propri”.
I. Nozioni generali e premesse esegetiche 31
1. Per la complessa ricostruzione, di cui si darà conto nel corpo del testo, si riman-
da a P.G. CASTELLARI, Della lex Aquilia ossia del danno dato, Tipografia Fava e Gara-
gnani, Bologna 1879, p. 1-7.
33
34 La lex Aquilia
Festo, v. Sarcito, p. 430 L.: Sarcito in XII Servius Sulpicius ait signi-
ficare damnum solvito, praestato.
2. Si possono vedere alcune voci, presenti in Festo, come ad esempio Navus: Ennio
libro VI…; ningulus, nullus: Ennius libro secundo…; Nuncupata: Santra libro secun-
do…; Sanates: Itaque XII cautum est ut idem iuris esset Sanatibus… Si possono vedere
ulteriori esempi di autori differenti: Gaio 4, 14: Nam ita lege XII Tabularum cautum
erat…; D. 2, 11, 12: Ex causis depositi XII Tabulis in duplum actio datur; G. PLI-
NIO,Naturalis historia, 17, 1: Frugem quidem aratro quaesitam furtim noctu pavisse et
secuisse puberi XII Tabulis capitale erat; P.C. TACITO, Annali, 6, 16: Nam primo XII
Tabulis sanctum… Dall’analisi delle fonti risulta che i Romani non abbiano fatto molto
uso della preposizione in seguita dall’ablativo.
36 La lex Aquilia
3. Questa tesi appare molto accreditata, anche perché la grammatica latina prospet-
ta ipotesi similari: da aequare, amicare, durare, impolire, inimicare, laetere, planare,
saevire e tristari derivano rispettivamente aequitia, amicitia, duritia, impolitia, inimici-
tia, laetitia, planitia, saevitia e tristitia.
38 La lex Aquilia
4. Sull’azione in esame ha scritto, peraltro con non pochi punti discutibili, M.V.
GIANGRIECO PESSI, Ricerche sull'Actio de pauperie dalle XII tavole ad Ulpiano, Jove-
ne, Napoli 1995.
5. Come testimonia Gaio in D. 9, 1, 3.
6. Tav. 8, 7, riportata in D. 19, 5, 14, 3.
II. Premesse di carattere storico 39
7. Si tratta, per lo più, di reati aventi natura agricola: queste due fattispecie, espres-
sione sicuramente di una Roma ancora arcaica, e probabilmente già presenti nelle leggi
40 La lex Aquilia
regie (molte delle quali vennero recepite nella norma decemvirale) sono contenute in Tav.
8, 8a (G. PLINIO, Naturalis Historia, 28, 2) e in Tav. 8, 8b (M.O. SERVIO, Op. cit., 8, 99).
II. Premesse di carattere storico 41
8. D. 9, 2, 1, 1: Quae lex Aquilia plebiscitum est, cum eam Aquilia tribunus plebis a
plebe rogaverit. Ulpiano fa comprendere che, nonostante porti il nome di legge, si tratta
di un plebiscito.
9. Un’importante disamina sul tema, di cui si darà succintamente conto, è riportata
in P.G. CASTELLARI, Op. cit., p. 8-10.
10. La notizia si rinviene in M.T. CICERONE, De natura Deorum, 3, 30; ma anche
42 La lex Aquilia
in De officiis, 3, 14.
11. L’interpretatio di Bruto è riportata in D. 9, 2, 27, 22. Il passo è oggetto di
un’attenta analisi da parte di M. BRETONE, Tecniche e ideologie dei giuristi romani,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1982, p. 72, 258. Che Bruto e Mucio abbiano vis-
suto nella medesima epoca viene testimoniato in D. 2, 39-41. Una simile informazione
la si rinviene anche in A. GELLIO, Noctes Atticae, 6, 15 e 17, 7.
12. J. SUAREZII DE MENDOZA, Commentarii ad Legem Aquiliam, apud Tabernier,
Salmanticae 1640, p. 5.
II. Premesse di carattere storico 43
15. L’argomento è ampiamente trattato da A. BISCARDI, Sulla data della lex Aqui-
lia, in Scritti in memoria di Antonino Giuffrè, Giuffrè, Milano 1967, p. 81, e da G.
VALDITARA, Damnum iniuria datum, Giappichelli, Torino 2005, p. 6, nota 36.
16. Questa teoria è sostenuta da vari autori, tra cui C.A. CANNATA, Delitto e obbli-
gazione, in Illecito e pena privata in età repubblicana, (Atti Copanello 1990), Napoli
1992, p. 34 ss.; A. BIGNARDI, Theof. Par. 4, 3, 15: ancora sulla data della lex Aquilia,
in Annali Università di Ferrara, 3, 1989, p. 1 ss. Tuttavia contrario a questa teoria si è
dichiarato G. VALDITARA, Op. cit., p. 7, secondo il quale è del tutto inverosimile che “il
richiamo storico alla secessione sia stato inventato da Teofilo e dallo scoliaste, prospet-
tando che questo invece affondi le sue radici nella tradizione in tema di commento al
plebiscito”.
II. Premesse di carattere storico 45
della datazione.
Su tale tema si può ricordare una nuova scuola di pensiero17,
secondo cui la legge dovrebbe datarsi tra il 207 e il 195 a.C. La
legge andrebbe inserita all’interno di un programma volto alla
tutela della proprietà: in questo contesto la penalità variabile sa-
rebbe un valido strumento per contrastare il periodo di forte in-
flazione, che si verifica immediatamente dopo la seconda guer-
ra punica.
Nonostante queste ultime teorie siano molto affascinanti, bi-
sogna prendere atto che sono delle mere supposizioni, poiché
non trovano riscontro in nessuna fonte e devono, per ciò solo,
ritenersi meno attendibili rispetto a quella sopra riportata, che
colloca la datazione della lex Aquilia nel 286 a.C.
In conclusione, si può rilevare come il problema della data-
zione possa apparire prima facie poco importante: al contrario
esso riveste un ruolo fondamentale, perché influisce sulla porta-
ta della medesima legge. Collocare la lex Aquilia in un periodo
arcaico vuol dire farla regredire e divenire portavoce di una so-
cietà poco più che rurale, diminuendone, di conseguenza, la ri-
levanza.
Al contrario, collocarla nella seconda metà del III secolo
a.C., a ridosso delle guerre puniche, fa sì che essa esprima le
tendenze di una società in crescita e in forte espansione, sino-
nimo di una Roma finemente evoluta, che inizia a battere mone-
te d’argento e d’oro, a propria volta espressione di un paese che
si affaccia, oramai, al grande commercio internazionale.
17. A.M. HONORÉ, Linguistic and social context of the Lex Aquilia, in The Irish Ju-
rist, 7, 1972, p. 145 ss.
46 La lex Aquilia
Anche sul secondo capo della legge sono state avanzate al-
cune ricostruzioni, così la dottrina ha rilevato che l’espressione
in fraudem stipulatoris debba considerarsi una parafrasi della
parola iniuria. Dunque, la ricostruzione del secondo capo della
legge, dovrebbe essere la seguente:
18. Così C.A. CANNATA, Sul testo della Lex Aquilia e la sua portata originaria, in
L. VACCA (a cura di), La responsabilità civile da atto illecito nella prospettiva storico
comparatistica, Atti congresso ARISTEC, Madrid 7-10 ottobre 1993, Torino 1995, p.
25 ss. Sul problema si veda anche A.M. HONORÈ, Art. cit., p. 140 ss.; D. NÖRR, Causa
Mortis auf den Spuren einer Redewendung, C.A. Beck, München 1986, p. 215 ss.; J.A.
CROOK, Lex Aquilia, in Athenauem, 72, 1984, p. 73 ss.; C.A. CANNATA, Delitto e Ob-
bligazione, in Illecito e Pena privata in età repubblicana, cit., p. 38.
48 La lex Aquilia
Si quis alteri damnum faxit quod usserit, fregerit, ruperit iniuria, quan-
ti id fuerit in diebus triginta proximis tantum aes hero dare damnas
esto.
19. In D. 9, 2, 27, 33 si legge quid ruperit vel fregerit, mentre in D. 36, 1, 70, 1 si
legge: ruperit quid vel fregerit vel usserit.
II. Premesse di carattere storico 49
20. D. 9, 4, 3.
50 La lex Aquilia
placeat, quod Iulianus libro octagensimo sexto scribit “si servus fu-
turum faxit noxiamve nocuit” etiam ad posteriores leges pertinere, po-
terit dici etiam servi nomine cum domino agi posse noxali iudicio, ut
quod detur Aquilia adversus dominum, non servum excuset, sed do-
minum oneret. Nos autem secundum Iulianum probavimus, quae sen-
tentia habet rationem et a Marcello apud Iulianum probatur.
51
52 La lex Aquilia
lo vel quo alio, ut scinderet alicui corpus, vel tumorem fecerit, sed ita
demum, si damnum iniuria datum est: ceterum s i n u l l o
servum pretio viliorem deterioremve
fecerit, Aquilia cessat iniuriarumque
e r i t a g e n d u m d u m t a x a t : Aquilia enim eas ruptiones,
quae damna dant, persequitur. Ergo etsi pretio quidem non sit deterior
servus factus, verum sumptus in salutem eius et sanitatem facti sunt,
in haec mihi videri damnum datum: atque ideoque lege Aquilia agi
posse.
2. D. 9, 2, 21, 1.
III. La lex Aquilia: profili interni e contenutistici 53
3. D. 9, 2, 7, 1.
4. D. 48, 8, 1, 1.
5. D. 9, 2, 30, 4.
54 La lex Aquilia
dicetur actio ex lege XII Tabularum descendit, quae lex voluit: aut da-
ri quod nocuit, id est id animal, quod noxiam commisit, aut aestima-
tionem noxiae offerre.
17. D. 9, 1, 1, 3.
18. H. CANNEGIETER, Observationes iuris Romani, Luzac, Lugduni Batavorum 1772.
19. Questa tesi è stata sostenuta, prima del rinvenimento del manoscritto veronese
delle Istituzioni di Gaio, da Claude Chifflet (1541-1580): C. CHIFFLETII, Disquisitio de
58 La lex Aquilia
secundo capite legis Aquiliae, in E. OTTONIS, Thesaurus Iuris Romani, continens rario-
ra meliorum Interpretum opuscula, Basileae, Impensis Joh. Ludovici Brandmulleri
1744, V, coll. 876-8772. A lui si sono uniti Johann Gottlieb Heinecke, Eugen Huber,
Johannes Voet e G.O. Westenberg. Il passo a cui tale dottrina ha fatto particolare rife-
rimento è D. 11, 3, 5, 2.
III. La lex Aquilia: profili interni e contenutistici 59
Gaio, 2, 95: Ex his apparet per liberos homines, quos neque iuri no-
stro subiectos habemus neque bona fide possidemus, item per alienos
servos, in quibus neque usumfructum habemus neque iustam posses-
sionem, nulla ex causa nobis adquiri posse. Et hoc est, quod vulgo di-
citur per extraneam personam nobis adquiri non posse; tantum de pos-
sessione quaeritur, an per liberam personam nobis adquiratur.
25. È quanto afferma Gaio in 3, 117 e in D. 3, 19, 13. La questione è fatta oggetto
di un’attenta disamina in F. SERAFINI, Op. cit., p. 62. Più di recente cfr. T. FINKENHAU-
ER, Vererblichkeit und Drittwirkungen der Stipulation im klassischen römischen Recht,
Mohr Siebeck,Tübingen 2010.
26. Un approfondimento sul tema in F. SERRAO, Impresa e responsabilità a Roma
nell’età commerciale: forme giuridiche di un’economia-mondo, Pacini, Pisa 1989. Sul-
lo sviluppo economico di Roma, con particolare riferimento al rapporto intercorrente tra
diritto, economia e costumi, si legga ancora F. SERRAO, Diritto privato, economia e so-
cietà nella storia di Roma, Jovene, Napoli 1984. Cfr. anche F. GRELLE, L. FANIZZA,
Diritto e società nel mondo romano, L’Erma di Bretschneider, Roma 2005 e ancora
M.G. BIANCHINI (a cura di), Diritto e società nel mondo romano, New Press, Como
1988, Atti di un incontro di studio: Pavia, 21 aprile 1988; F. DE MARTINO, Diritto, eco-
nomia e società nel mondo romano, con una nota di lettura di Federico D’Ippolito, Jo-
vene, Napoli 1995. Limitatamente agli aspetti finanziari si legga P. CERAMI, Aspetti e
problemi di diritto finanziario romano, Giappichelli, Torino 1997.
III. La lex Aquilia: profili interni e contenutistici 61
27. Sulla delegazione si rimanda alla lettura monografica di S. CUGIA, Indagini sul-
la Delegazione nel diritto romano con cenni di diritto romano comune e moderno,
Giuffrè, Milano 1947 e di G. SACCONI, Ricerche sulla delegazione in diritto romano,
Giuffrè, Milano 1971.
62 La lex Aquilia
28. A. MAIERINI, Della revoca degli atti fraudolenti fatti dal debitore in pregiudi-
zio dei creditori, con note dell’avv. Giorgio Giorgi, Fratelli Cammelli, Firenze 1898, p.
104. Ancora G. IMPALLOMENI, Studi sui mezzi di revoca degli atti fraudolenti nel dirit-
to romano classico, CEDAM, Padova 1958 e da ult. L. DESANTI, La legge Aquilia: Tra
verba legis e interpretazione giurisprudenziale, Giappichelli, Torino 2015, p. 11.
29. A.H. VAN DER KEMP, Dissertatio juridica inauguralis De capite secundo legis
aquiliae, seu ad locum Gai de adstipulatoribus, Lugduni Batavorum, apud Haak et so-
cios 1829, p. 49.
III. La lex Aquilia: profili interni e contenutistici 63
messo in luce nella trattazione, cfr. M.G. ZOZ DE BIASIO, Premesse esegetiche allo stu-
dio del diritto romano, Giappichelli, Torino 1995. Per quanto riguarda invece il ruolo
del pretore peregrino si rinvia a F. SERRAO, La iurisdictio del pretore peregrino, Giuf-
frè, Milano 1953.
32. Sullo sviluppo della nozione di res si legga G. ASTUTI, Cosa: diritto romano
intermedio, Giuffrè, Milano 1962. Si veda ancora G. GROSSO, Problemi sistematici nel
diritto romano: cose, contratti, pubblicazione postuma, a cura di Lelio Lantella, Giap-
pichelli, Torino 1974.
III. La lex Aquilia: profili interni e contenutistici 65
33. Sul rapporto, spesso instabile, tra patriziato e plebe si rinvia alla lettura interes-
sante di F. SERRAO, Classi, partiti e legge nella Repubblica romana, Pacini, Pisa 1974;
IDEM, Legge e società nella Repubblica romana, Jovene, Napoli 1981.
34. Gaio, 3, 111, 117 e 216. Per quanto concerne la revoca degli atti fraudolenti,
avendo analizzato l’ipotesi inerente al secondo capo dell’Aquilia, si può rinviare a S.
SOLAZZI, La revoca degli atti fraudolenti nel diritto romano, Jovene, Napoli 1934; G.
IMPALLOMENI, Op. cit.; L. D’AMATI, Considerazioni in tema di actio utilis rescissa ca-
pitis deminutione, in Diritto@Storia, 8, 2009, visitato il 15 maggio 2016.
66 La lex Aquilia
35. Gaio 3, 217; D. 9, 2, 27, 5 e 15. I passi sono oggetto di un’attenta analisi nello
storico manuale di A. DOVERI, Op. cit., p. 315.
III. La lex Aquilia: profili interni e contenutistici 67
ivi: Cum eo plane, qui vinum spurcavit vel effudit vel acetum fecit vel
alio modo vitiavit, agi posse Aquilia Celsus ait, quia etiam effusum et
acetum factum corrupti appellatione continentur.
36. Per un approfondimento sul dolo cfr. F. CANCELLI, Il dolo nel diritto penale
romano, Giuffrè, Milano 1965.
68 La lex Aquilia
37. F. HOTOMANNI, Observationum iuris civilis libri IX, Lugduni, Vignon 1604, p. 88.
III. La lex Aquilia: profili interni e contenutistici 69
38. Il verbo rumpere può essere riconnesso ad occidere, perché evoca anche l’idea
del processo di decomposizione della materia.
39. D. 9, 2, 27, 17; D. 47, 2, 27, 3; D. 48, 11, 9. Sul significato del verbo rumpere
si può consultare A. PERNICE, Zur Lehre von den Sachbeschädigungen nach rȍmischrn
Rechte, Verlag Böhlau, Weimar 1867, p. 152.
40. D. 9, 2, 27, 18 e 20.
70 La lex Aquilia
41. Sul testamento nel diritto romano una ricerca fondamentale è quella di M.
AMELOTTI, Le forme classiche di testamento: Lezioni di diritto romano raccolte da
Remo Martini, Giappichelli, Torino 1966-1967.
Capitolo IV
71
72 La lex Aquilia
condo il quale «non havvi diritto contro il diritto, ed è assurdo che l’esercizio del diritto
proprio possa condurre alla violazione del diritto altrui, perché la legge non può proteg-
gere in pari tempo l’interesse del danneggiato e l’interesse contrario del danneggiante»
(Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, Cammelli, Firenze 1887, p.
167). Certo è che la violazione del diritto altrui non può mai giustificarsi come esercizio
del diritto proprio, essendo di per sé sempre illegittima, contrariamente a quanto si po-
trebbe dedurre, muovendo i passi da una concezione oggettiva di iniuria. La posizione
dell’autore fiorentino si giustifica con l’osservazione che il diritto moderno ha lasciato un
campo molto marginale all’autodifesa, mentre il diritto romano dava ampie possibilità al
privato di difendersi, anche con mezzi violenti, contro altrui comportamenti illegittimi.
11. Sebbene non molto nota, questa dottrina è bene esemplificata in N. COVIELLO,
La responsabilità senza colpa, in Rivista Italiana di Scienze Giuridiche, 1897, p. 23; ma
per una trattazione più ampia sul tema si può vedere anche in L. BARASSI, Contributo
alla teoria della responsabilità civile, in Rivista italiana di Scienze Giuridiche, 1897, p.
56 ss. e in G. BIANCHINI, Il problema della responsabilità, in Monitore dei Tribunali,
1900, p. 161. Bisogna osservare che non pare che si possa – almeno virtualmente –
scindere nella valutazione dell’iniuria l’elemento personale della colpa, ossia il fatto di-
retto, voluto o non voluto, dell’agente, anche se questo assuma la forma della negligen-
za, dell’imprudenza o dell’imperizia, perché esso presuppone la mancanza di quel grado
di diligenza che ogni uomo deve esplicare, in astratto o in concreto.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 77
eam legem esse everriculum omnis non solum malitiae sed etiam cul-
pae levissimae; eoque fines suos, non ut pleraque solent leges, angusta
innocentia, sed virtute et sapientia metiri; et, cum illae communi fragi-
litati multa indulgeant, quae alioquin non probet ratio, hac nihil, nisi
quod naturae lege absolvatur, innoxium haberi.
Paolo, 64 ad edictum, D. 50, 17, 151: Nemo damnum facit, nisi qui id
fecit, quod facere ius non habet.
23. I problemi giuridici connessi agli incendi sono ora esaminati compiutamente da
L. MINIERI, Exurere Adurere Incendere. Studi sul procurato incendio in diritto romano,
Satura editrice, Napoli 2012.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 85
24. Nullam iniuriam aut damnum dare videretur aeque perituris aedibus – si nullo
incendio id feceris, deinde postea incendium ortum fuerit non idem erit dicendum.
L’attenzione va posta sul nullo incendio e sul deinde postea incendium ortum fuerit.
25. Iusto metu ductus ne ad se ignis perveniret vicinas aedes intercedit, et sive per-
venerit ignis, sive ante extinctus sit, existimat legis Aquiliae actionem cessare. Qui vie-
ne in rilievo soprattutto l’espressione iusto metu, ma anche ad se ignis perveniret.
86 La lex Aquilia
Ulpiano, 57 ad edictum, D. 47, 10, 13, 1: Is, qui iure publico utitur,
non videtur iniuriae faciendae causa hoc facere: iuris enim executio
tra servitutem, rescripsit iure suo posse eum intercidere, et merito: interest enim, quod
hic in suo pretexit, ille in alieno fecit».
30. Si nox furtum factum sit, si im occisit, iure caesus esto (Tav. 8, 12 in F. SERA-
FINI, Op. cit., p. 128).
31. D. 47, 2, 54, 2.
32. D. 9, 2, 4, 1. L’importanza del clamor si ritrova anche in A. GELLIO, Op. cit., 20, 1.
33. D. 9, 2, 29, 7. Si veda anche D. 47, 10, 15, 10.
88 La lex Aquilia
Ulpiano, 57 ad edictum, D. 47, 10, 17, 2: Servus meus opera vel que-
rella tua flagellis caesus est a magistratu nostro. Mela putat dandam
mihi iniuriarum adversus te, in quantum ob eam rem aequum iudici
videbitur, et si servus decesserit, dominum eius agere posse Labeo ait,
quia de damno, quod per iniuriam factum est, agatur. Et ita Trebatio
placuit.
34
). Sul punto, tra l’altro, sembra esservi stato un contrasto giu-
risprudenziale, testimoniato dall’uso del verbo putativo, mentre
Ulpiano sembrerebbe concordare con l’opinione di Fabio Mela,
difatti et ita Trebatio placuit sembra riferito, oltre che al pensie-
ro dei giuristi menzionati, anche all’opinione dello stesso Ulpiano.
Un problema differente ma collimante riguarda la possibili-
tà, per il privato, di citare in giudizio un magistrato. Il problema
era agitato ancora nell’età antonina, quando Aulo Gellio insce-
na una storia nelle sue Notti Attiche, nel cui ambito cita un pas-
so delle Antiquitates di Varrone:
Aulo Gellio, Noctes Atticae, 13, 13, 4: Ego, qui tum adsiduus in libris
M. Varronis fui, cum hoc quaeri dubitarique animadvertissem, protuli
unum et vicesimum rerum humanarum in quo ita scriptum fuit: “Qui
potestatem neque vocationis populi viritim habent neque prensionis,
eos magistratus a privato in ius quoque vocari est potestas. M.
Laevinus aedilis curulis a privato ad praetorem in ius est eductus;
nunc stipati servis publicis non modo prendi non possunt, sed etiam
ultro submovent populum”. 5. Hoc Varro in ea libri parte de aedilibus,
supra autem in eodem libro quaestores neque vocationem habere ne-
que prensionem dicit.
34. Sul passo ulpianeo cfr. ora L. DESANTI, Op. cit., p. 137.
90 La lex Aquilia
37. Il caso in cui si procedesse alla distruzione, per punire il soldato, è ipotesi dia-
metralmente opposta rispetto a quella dell’espropriazione effettuata per pubblica utilità,
analizzata compiutamente e analiticamente da F.M. DE ROBERTIS, La espropriazione
per pubblica utilità nel diritto romano, Istituto di diritto romano, Bari 1936 e più di re-
cente da M. PENNITZ, Der “Enteignungsfall” im römischen Recht der Republik und des
Prinzipats, Böhlau Verlag, Wien, Köln, Weimar 1991.
38. Per un approfondimento della giurisprudenza di Pomponio cfr. E. STOLFI, Studi
sui “Libri ad edictum” di Pomponio, vol. 1, Trasmissione e fonti, Jovene, Napoli 2002.
92 La lex Aquilia
42. Sull’applicazione del principio nel campo della responsabilità contrattuale cfr.
R. CARDILLI, L’obbligazione di praestare e la responsabilità contrattuale in diritto ro-
mano, Giuffrè, Milano 1995.
43. C.A. CANNATA, Genesi e vicende della colpa aquiliana, in Labeo, 1971, p. 66.
Per quanto riguarda l’evoluzione etimologica del termine responsabilità, con particolare
attenzione al momento in cui viene recepito dalla lingua italiana si può fare riferimento
a S. SCHIPANI, Schede sull’origine del termine responsabilità, in Le ragioni del diritto.
Scritti in onore di Luigi Mengoni, I, Milano 1995, p. 885 ss.
44. C.A. CANNATA, Op. cit., p. 55. Ancora sul tema cfr. S. SCHIPANI, Dalla legge
Aquilia a D. 9: prospettive sistematiche del diritto romano e problemi della responsabi-
lità extracontrattuale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2007.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 95
Gaio, 3, 211: Iniuria autem occidere intellegitur, cuius dolo aut culpa
id acciderit, nec ulla alia lege damnum, quod sine iniuria datur, repre-
henditur, itaque inpunitus est, qui sine culpa et dolo malo casu
quodam damnum committit.
51. Le problematiche connesse all’espressione ope nel diritto penale romano sono
estremamente complesse. Per varie posizioni sul punto cfr. ad es. L. WINKEL, “Sciens
dolo malo” et “ope consiliove” : ancêtres des conceptions modernes?, in AA.VV.,
Mélanges Felix Wubbe: offerts par ses collègues et ses amis à l'occasion de son soixan-
te-dixième anniversaire, Editions universitaires, Fribourg 1993, p. 571-585; P. FERRET-
TI, Complicità e furto nel diritto privato, Giuffrè, Milano 2005.
52. D. 4, 1, 18; D. 4, 13, 1 e D. 50, 17, 111 pr.
100 La lex Aquilia
53. D. 9, 2, 28 pr.
102 La lex Aquilia
54. D. 9, 2, 52 pr.
55. D. 1, 15, 3.
56. Sull’interpretazione di Albertario cfr. E. VAN DONGEN, Contributory Negligen-
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 103
ce: A Historical and Comparative Study, Martinus Nijhoff-Brill, Leiden, New York
2014, p. 85.
57. S. SCHIPANI, Responsabilità ex lege Aquilia: criteri d’imputazione e problema
della culpa, Giappichelli, Torino 1969, p. 330 ss.
104 La lex Aquilia
nelle fonti giuridiche il termine natura compare, con una certa fre-
quenza, anche con riferimento al tema del comportamento
dell’animale. In linea di massima – lo ha bene rilevato il Maschi, nella
sua fondamentale indagine sulla “concezione naturalistica” del diritto
romano – la categoria indica, con riguardo agli animali, ciò che è “es-
senza” o “normalità”, da cui il diritto trae conseguenze giuridiche.
(…) Il criterio è stato considerato come un parametro attraverso il
59. D. 11, 6, 1, 1.
60. Il fatto che la comparazione sia limitata agli effetti civili e non alla natura giuri-
dica è messo chiaramente in luce in A. DOVERI, Op. cit., p. 39.
61. Lo si è argomentato citando le seguenti fonti: D. 27, 1, 29 pr.: Dissoluta negli-
gentia prope dolum est; D. 26, 10, 7, 1: Lata negligentia prope fraudem acceditur; D.
36, 1, 22, 3: Culpae, quae dolo proxima est; D. 36, 4, 5, 15: Dolum accipere debemus et
culpam latam; D. 43, 26, 8, 3: Culpa dolo proxima; D. 47, 4, 1, 2: Culpa dolo proxima
dolum repraesentat.
106 La lex Aquilia
cussus esset. Respondi, nisi data opera effodisset oculum, non videri
damnum iniuria fecisse, culpam enim penes eum, qui prior flagello
percussit, residere: sed si ab eo non prior vapulasset, sed cum ei lu-
cernam eripere vellet, rixatus esset, tabernarii culpa factum videri.
salvo però sempre che in tale esercizio non avesse esorbitato da que-
sto limite, così pure si finì per ammettere la irresponsabilità per gli atti
compiuti nell’esercizio della propria libertà, quando di tale libertà si
fosse fatto uso moderato e prudente.
Non si può agire con la legge Aquilia tutte le volte in cui la re-
sponsabilità colposa dell’agente sia esclusa dal caso fortuito66,
descritto attentamente da Gerhard Noodt67:
ubi ius apparet, quia iniuria non est, inhibenda Aquilia est. Idem, si
casus probatur, sed merus: qui necessitatem habet, neque homini im-
putatur sed fato; et, cum ultra humanum modum sit, non humanitate
modo sed et lege Aquilia excusatur.
68. D. 9, 2, 29, 3.
69. D. 9, 2, 9, 4; Sul tema cfr. D. 9, 2, 11 pr; D. 9, 2, 31 e D. 9, 2, 52, 4.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 109
70. Sul punto, C.A. CANNATA, Sul problema della responsabilità, cit., p. 57 e 58.
Si tratta, principalmente, di danni cagionati dalla violazione di specifiche regole. Qual-
che riflessione merita il danno provocato dal conductor mulio, che deriva dalla valuta-
zione di due elementi: «1. la ruptio della zampa è conseguenza diretta del sovraccarico,
quindi della condotta tenuta. (…) 2. La condotta che risulta iniuriosa, perché ha impo-
sto alla bestia un onus eccessivo (plus iusto, appunto), riconoscibile come dannoso da
un mulattiere diligente» (S. GALEOTTI, Op. cit., p. 167).
110 La lex Aquilia
71. Si tratta di un principio accolto, almeno in via generale, anche nel diritto con-
temporaneo in tema di responsabilità medica: cfr. ad es. M. DRAGONE, Responsabilità
medica danni da trasfusione e da contagio, Giuffrè, Milano 2007, p. 3.
72. D. 9, 2, 27, 29.
73. S. GALEOTTI, Op. cit., p. 196.
74. D. 19, 2, 9, 5 e D. 19, 2, 13, 5.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 111
Per gli stessi motivi, è tenuto ex lege Aquilia colui che carica
in maniera imperita la merce su un carro78 e il timoniere che
non abbia saputo governare in modo corretto la nave79. A questi
casi è equiparata la situazione in cui il danno venga cagionato
per colpa del cocchiere, che non ha la forza di frenare l’impeto
75. Sul deposito irregolare si può rinviare alla lettura della monografia di G. SE-
GRÈ, Sul deposito irregolare in diritto romano: nota, in Bullettino dell’Istituto di diritto
romano “Vittorio Scialoja”, 1907, p. 197 ss. Più di recente ha trattato il tema anche F.
BONIFACIO, Ricerche sul deposito irregolare in diritto romano, in Bullettino
dell’Istituto di diritto romano “Vittorio Scialoja”, 1947, p. 49-50; e, con una prospetti-
va inconsueta, A. VALMAÑA OCHAÍTA, The Use Of The Money In The Deposits Bank-
ing. Some Questions Of Roman Law Within The Framework Of The Present Financial
Crisis, in Journal of Business Case Studies, 2010, p. 37-43.
76. D. 13, 6, 5, 10; D. 19, 2, 60, 6 e D. 50, 17, 23.
77. S. GALEOTTI, Op. cit., p. 197.
78. D. 9, 2, 27, 33; D. 9, 2, 52, 2 e D. 19, 2, 13 pr.
79. D. 9, 2, 29, 2.
112 La lex Aquilia
80. D. 9, 2, 8. Nel diritto indiano, si rinviene un testo che sembrerebbe dare partico-
lare rilievo alla culpa: si tratta del Manawa-Darma-Sastra: da un lato si può mettere in
rilievo un aspetto ancora involuto, e cioè che il delitto è ancora intimamente legato al
peccato e all’espiazione; dall’altro si può mettere in luce che nei testi si distingue net-
tamente l’atto commesso inavvertitamente da quello commesso secondo intenzione (9,
sloca 73-75, 90 e 92). Vorrei riportare un caso particolare di un delitto colposo: il coc-
chiere, imperito nel guidare, cagiona un danno al terzo. Questo passo (8, sloca 293, 294,
295.) assume importanza perché vuol dire che anche nell’antico mondo indiano si cono-
sceva la colpa. Nel passo si dice che il fatto colposo deve essere tenuto ben distinto dal
caso fortuito (8, sloca 291 e 292.). Secondo gli scrittori, il caso fortuito lo si ha quando
il veicolo si rovescia a causa dellla via sconnessa oppure nell’ipotesi in cui si rompa la
ruota o l’asse. L’imperizia è tenuta, nel passo, ben distinta dalla negligenza. A mio pa-
rere è distinguibile anche la figura del responsabile civile quando il danno avviene per
imperizia del nocchiere. Da ciò si può avanzare l’ipotesi che il principio che ispirerebbe
i quasi-delicta, affermatosi nella formula (probabilmente interpolata) mala electio est in
culpa, porrebbe le sue radici già nell’antico diritto indiano. Sul punto cfr. E. VOLTER-
RA, Diritto romano e diritti orientali, con una nota dell’autore ed una introduzione di D.
PIATTELLI, Jovene, Napoli 1999. Per avere degli ulteriori riferimenti bibliografici in
materia cfr S. ROMANO, Bibliografia del diritto romano e dei diritti orientali per gli
anni 1924-1930, Industria tipografica romana, Roma 1932.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 113
84. Per un uso in tal senso del termine si leggano D. 9, 2, 5, 1 e 2; D. 9, 2, 11, 6-8;
D. 9, 2, 11, 10; D. 9, 2, 13, 3; D. 9, 2, 15 pr.; D. 9, 2, 23, 1; D. 9, 2, 27, 3; D. 9, 2, 27, 7;
D. 9, 2, 27, 12; D. 9, 2, 30, 1; D, 9, 2, 36, 1; D, 9, 2, 49, 1; D. 9, 2, 54 e 55.
85. Per un approfondimento sulle azioni in tema di gestione delle acque, con parti-
colare riferimento all’actio pluviae arcendae, cfr. M. SARGENTI, L’actio aquae pluviae
arcendae: contributo alla dottrina della responsabilità per danno nel diritto romano,
Giuffrè, Milano 1940; F. SITZIA, Ricerche in tema di “actio aquae pluviae arcendae”,
Giuffrè, Milano 1977; M. BRETONE, I fondamenti del diritto romano: le cose e la natu-
ra, Roma-Bari 1998, p. 100-108, 260-263; F. SITZIA, Aqua pluvia e natura agri. Dalle
XII tavole al pensiero di Labeone, Edizioni AV, Cagliari 1999.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 117
86. Con particolare riferimento alla gestione degli acquedotti, ed estrema chiarezza
espositiva M. FIORENTINI, Struttura ed esercizio della servitù d’acqua nell’esperienza
giuridica romana, in Quaderni del Dipartimento di Scienze Giuridiche, 8, Contributi
romanistici (estratto), Università degli Studi di Trieste, Trieste 2003. Il tema della ge-
stione idrica, caro all’Autore, trova un ulteriore approfondimento in IDEM, Fiumi e mari
nell’esperienza giuridica romana. Profili di tutela processuale e di inquadramento si-
stematico, Giuffrè, Milano 2003. Per un approccio de iure condendo sulla gestione
dell’acqua, in una prospettiva di riforma cfr. IDEM, L’acqua da bene economico a “res
Communis omnium” a bene collettivo, in Analisi Giuridica dell’Economia, 1/2010, p.
39-78. Ancora sulle servitù cfr. G. GROSSO, Le servitù prediali nel diritto romano,
Giappichelli, Torino 1969.
118 La lex Aquilia
Gaio, 3, 219: Ceterum placuit ita demum ex ista lege actionem esse, si
quis corpore suo damnum dederit; ideoque alio modo damno dato uti-
les actiones dantur, veluti si quis alienum hominem aut pecudem in-
cluserit et fame necaverit, aut iumentum tam vehementer egerit, ut
rumperetur; item si quis alieno servo persuaserit, ut in arborem ascen-
deret vel in puteum descenderet, et is ascendendo aut descendendo ce-
ciderit et aut mortuus fuerit aut aliqua parte corporis laesus sit.
94. D. 9, 2, 27, 12; D. 10, 2, 8, 1 e D. 41, 1, 5, 5. Sul tema ha scritto, con precisio-
ne, P. ZAMORANI, Precario habere, Giuffrè, Milano 1968; e cfr. IDEM, Possessio e ani-
mus. I, Giuffrè, Milano 1977.
95. Cfr. anche D. 9, 1, 1, 10.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 127
cit., p. 50.
101. D. 43, 24, 1, 1; D. 43, 24, 15, 7-12.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 129
106. Il rapporto tra il pensiero dei due giuristi è analizzato in P.G. CASTELLARI, Op.
cit., p. 51-54, di cui si riporta, con un debito approfondimento, il pensiero in narrativa.
132 La lex Aquilia
107. D. 9, 2, 7, 8 e D. 9, 2, 9, 1.
108. D. 9, 2, 7, 6.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 135
Paolo, 2 ad Plautium, D. 50, 17, 169 pr.: Is damnum dat, qui iubet da-
re: eius vero nulla culpa est, cui parere necesse sit.
133. Sulla comproprietà in diritto romano cfr. A. DELL’ORO, Le cose collettive nel
diritto romano, Giuffrè, Milano 1963. Si ricorda che il servus viene annoverato tra le
res, motivo per cui non è legittimato ad esercitare l’azione diretta, che compete al padrone.
134. D. 9, 2, 27, 1.
135. Cfr. D. 9, 2, 27, 1 e D. 9, 4, 41.
146 La lex Aquilia
minum aedium: culpa enim penes eum est. Nec adicitur culpae mentio
vel infitiationis, ut in duplum detur actio, quamvis damni iniuriae
utrumque exiget.
136. Sull’evoluzione del diritto romano dall’epoca classica fino a quella giustinia-
nea, con particolare riferimento ai motivi che hanno spinto a tale evoluzione, E. AL-
BERTARIO, I fattori della evoluzione del diritto romano postclassico e la formazione del
diritto romano giustinianeo, Apollinaris, Roma 1935. Sempre dello stesso autore, per
una visione storica sul tema, IDEM, Introduzione storica allo studio del diritto romano
giustinianeo, Giuffrè, Milano 1935 e P. DE FRANCISCI, Sintesi storica del diritto roma-
no, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1962 e S. RICCOBONO, Profilo storico del diritto priva-
to romano, Herbita, Palermo 1976. Ancora sull’evoluzione del diritto romano nel tardo
impero, secondo varie prospettive, ha scritto M. SARGENTI, Studi sul diritto del tardo
impero, CEDAM, Padova 1986 e L. DE GIOVANNI, Diritto romano tardoantico, Jove-
ne, Napoli 2001. Per quanto riguarda le istituzioni, spunti in B. BRUGI, Istituzioni di di-
ritto romano: diritto privato Giustinianeo, UTET, Torino 1926. Per una visione invece
diacronica cfr. B. BRUGI, Diritto romano classico, diritto giustinianeo, diritto romano
comune, Direzione dell’Archivio giuridico, Pisa 1904; L. LANTELLA, E. STOLFI, Profili
diacronici di diritto romano, Giappichelli, Torino 2005.
137. Ricordiamo nuovamente il passo della Collatio: Sed et si qui servi inquilini
insulam exusserint, libro X Urseius refert Sabinum respondisse lege Aquilia servorum
148 La lex Aquilia
Gaio, 3 aur., D. 44, 7, 5, 6138 : Item exercitor navis aut cauponae aut
stabuli de damno aut furto, quod in nave aut caupona aut stabulo fac-
tum sit, quasi ex maleficio teneri videtur, si modo ipsius nullum est
maleficium, sed alicuius eorum, quorum opera navem aut cauponam
aut stabulum exerceret: cum enim neque ex contractu sit adversus
eum constituta haec actio et aliquatenus culpae reus est, quod opera
malorum hominum uteretur, ideo quasi ex maleficio teneri videtur.
nomine dominum noxali iudicio conveniendum: ex locato autem dominum teneri negat.
Proculus autem respondit, cum coloni servi villam exusserint, colonum vel ex locato vel
lege Aquilia teneri, ita ut colonus servos posset noxae dedere et si uno iudicio res esset
iudicata, altero amplius non agendum. Per un approfondimento sulle collezioni bizanti-
ne cfr. S. RICCOBONO, Tracce di diritto romano classico nelle collezioni giuridiche bi-
zantine, Istituto di diritto romano, Roma 1907. Ma la Collatio è stata oggetto di nume-
rosi studi: E. VOLTERRA, Collatio Legum Mosaicarum et Romanarum, in Atti della
Reale Accademia Nazionale dei Lincei, Memorie, VI, 1930; e G. BARONE ADESI, L’età
della Lex Dei, Jovene, Napoli 1992.
138. Corrispondente a quanto si legge in I. 4, 5, 3.
139. In argomento cfr. ora R. FERCIA, Criteri di responsabilità dell’exercitor. Mo-
delli culturali dell’attribuzione di rischio e “regime” della nossalità nelle azioni penali
in factum contra nautas, Giappichelli, Torino 2003.
IV. I requisiti per agire ex lege Aquilia 149
140. D. 47, 5, 1, 6.
Capitolo V
151
152 La lex Aquilia
3. Sono molteplici i passi nei quali viene preso in considerazione il danno risarcibi-
le: per completezza si possono riportare i passi più interessanti nei quali emerge la por-
tata delle regola a cui approda, senza particolari difficoltà, la giurisprudenza pretoria. D.
9, 2, 23, 4: Sed et si servus, qui magnas fraudes in meis rationibus commiserat, fuerit
occisus, de quo quaestionem habere destinaveram, ut fraudium participes eruerentur,
rectissime Labeo scribit tanti aestimandum quanti mea intererat fraudes servi per eum
commisas detegi, non quanti noxa ipsius servi valeat; D. 9, 2, 22, 1: Proinde si servum
occidisti, quem sub poena tradendum promisi, utilitas venit in hoc iudicium. Item cau-
sae corpori cohaerentes aestimantur: veluti si quis ex comoedis aut symphoniacis aut
gemellis aut quadriga pari mularum unum vel unam occiderit. Non solum enim peremp-
ti corporis aestimatio facienda est, sed et eius ratio haberi debet, quo coetere corpora
depretiata sunt. Circa il danno emergente si possono ricordare D. 9, 2, 37, 1: Si qua-
drupes, cuius nomine actio esset cum domino, quod pauperiem fecisset, ab alio occisa
est, et cum eo lege Aquilia agitur, aestimatio non ad corpus quadrupedis sed ad causam
eius, in quo de pauperie actio est, referri debet et tanti damnandus es is, qui occidit, iu-
dicio legis Aquiliae, quanti actoris interest noxae potius deditione defungi, quam litis
aestimatione; D. 9, 2, 10: Illud non ex verbis legis sed ex interpretatione placuit, non
solum peremti corporis aestimationem habendam esse secundum ea, quae diximus; se-
de o amplius, quicquid praeterea peremto eo corpore damni nobis illatum fuerit: veluti
si servum tuum haeredem ab aliquo institutum ante quis occiderit quam is iussu tuo
haereditatem adierit; nam haereditatis quoque amissae rationem esse habendam con-
stat. Item si ex pari mularum unam, vel ex quadrigis equorum unum quis occiderit, vel
ex comoedis unus servus occisus fuerit, non solum occisi fit aestimatio, sed eo amplius
id quoque computantur, quanti depretiati sunt qui supersunt.
154 La lex Aquilia
Gaio, 3, 212: Nec solum corpus in actione huius legis aestimatur, sed
sane si servo occiso plus dominus capiat damni quam pretium servi
sit, id quoque aestimatur, velut si servus meus ab aliquo heres institu-
tus, antequam iussu meo hereditatem cerneret, occisus fuerit, non
enim tantum ipsius pretium aestimatur, sed et hereditatis amissae
quantitas.
7. D. 39, 40: Honestus modus servandus est, non immoderata cuiusque luxuria
subsequenda. Per un approfondimento sul lusso nel mondo romano cfr. A. BOTTIGLIE-
RI, La legislazione sul lusso nella Roma repubblicana, Edizioni Scientifiche Italiane,
Napoli 2002.
158 La lex Aquilia
sandum. Quod non est verum, nam et Marcellus scribit, si servus unius ex sociis socie-
tati a domino praepositus negigenter versatus sit, dominum societati; qui praeposuerit,
praestiturum, nec compensandum commodum, quod per servum societati accessit, cum
damno; et ita Marcum pronunciare, nec posse dici socio: abstine commodo, quod per
servum accessit, si damnum petis.
V. La stima del danno 161
11. Sul tema ha scritto A. MARCHI, Il risarcimento del danno morale secondo il di-
ritto romano, Istituto di diritto romano, Roma 1904.
12. D. 9, 2, 33 pr.
162 La lex Aquilia
13. D. 34, 4, 4. Sul tema ha scritto con chiarezza S. SERANGELI, Studi sulla revoca
del testamento in diritto romano: contributo allo studio delle forme testamentarie,
Giuffrè, Milano 1982.
14. D. 9, 2, 23, 4.
V. La stima del danno 163
15. D. 9, 2, 37, 1.
164 La lex Aquilia
18. Potrebbe sostenersi, al contrario, che il coerede sia obbligato solamente ex par-
te; oppure che l’azione sarebbe indivisibile contro il convenuto ma divisa per quanto
concerne la parte attorea. Tuttavia è necessario rilevare che questa divisione non sembra
ammissibile alla luce di D. 9, 2, 19 e D. 9, 2, 27, 2. Si potrebbe dire che l’azione non sia
ammissibile perché chi agisce non era, al momento del danno, ancora titolare
dell’azione. Sul punto si può vedere Pomponio in D. 9, 2, 43: Dominum lex Aquilia ap-
pellat, non utilique eum, qui fuerit tunc cum damnum daretur; nam isto modo ne ab eo
quidem, cui haeres quis erit, transire ad eum actio ea poterit. Sull’indivisibilità
dell’obbligazione cfr. A. GUARNERI CITATI, Studi sulle obbligazioni indivisibili nel di-
ritto romano, L’Erma di Bretschneider, Roma 1972.
166 La lex Aquilia
19. D. 19, 1, 3, 3.
20. D. 18, 1, 37 e D. 46, 2, 18.
21. D. 13, 3, 3.
22. D. 13, 6, 5, 4.
23. D. 11, 3, 5, 4; D. 13, 1, 8, 1 e D. 47, 2, 50.
V. La stima del danno 167
26. C.A. CANNATA, Delitto e obbligazione, in Illecito e pena privata in età repub-
blicana, cit., p. 36.
27. G. VALDITARA, Damnum iniuria datum, cit., p. 43.
28. P.G. CASTELLARI, Op. cit., p. 75.
V. La stima del danno 169
ne dici possit neminem eorum teneri, quia neminem verum sit eam su-
stulisse.
29. La lex Aquilia deve esser letta tenendo sempre in considerazione la realtà eco-
nomica in cui nasce e si sviluppa. L’analisi del commercio e della sua evoluzione è
messa in luce da M. DUREAU DE LA MALLE, Economie politique des Romains, Vues
générales, in Journal Générale de l’Instruction Publique, 20 mars 1841, p. 2 ss. Il tema
è oggetto di un’attenta valutazione anche in G. BOCCARDO, Manuale di storia del com-
mercio, delle industrie e dell’economia politica ad uso specialmente degli Istituti Tecnici e
delle scuole superiori di Commercio, Roux e Favale, Torino 1886, p.53 ss., 64 ss.
30. Gaio 3, 215.
31. In tal senso C.A. CANNATA, Delitto e Obbligazione, in Illecito e Pena privata
in età repubblicana cit., p. 37.
32. Gaio 3, 210 e 218. Ancora D. 9, 2, 14 e D. 9, 2, 27, 5.
170 La lex Aquilia
Gaio, 3, 218: Hoc tamen capite non quanti in eo anno, sed quanti in
diebus XXX proxumis ea res fuerit, damnatur is, qui damnum dederit.
Gaio 3, 218: Hoc tamen capite non quanti in eo anno, sed quanti in
diebus XXX proximis ea res fuerit, damnatur is, qui damnum dederit.
Ac ne “plurimi” quidem verbum adicitur; et ideo quidam putaverunt
liberum esse iudici ad id tempus ex diebus XXX aestimationem redi-
gere, quo plurimi res fuit, vel ad id, quo minoris fuit. Sed Sabino pla-
cuit proinde habendum ac si etiam hac parte “plurimi” verbum
adiectum esset: nam legis latorem contentum fuisse, quod prima parte
eo verbo usus esset.
38. Per un approfondimento sul tema e la portata della confessione nel processo
romano si legga N. SCAPINI, La confessione nel diritto romano, Giuffrè, Milano 1983.
39. Su questo punto cfr. ad es. U. VON LÜBTOW, Untersuchungen zur lex Aquilia de
damno iniuria dato, Duncker & Humblot, Berlin 1971, p. 26 ss.; N. SCAPINI, Op. cit., p.
136; C. KRUSE, Alternative Kausalität im Deliktsrecht: eine historische und verglei-
chende Untersuchung, LIT Verlag, Münster 2006, p. 13.
V. La stima del danno 173
40. Tav. 3, 1: Aeris confessis rebusque iudicatis XXX diesi usti sunto.
41. Lo si può argomentare dalla lettura di D. 42, 1, 31; ma anche da D. 5, 1, 21.
42. La novazione è fatta oggetto di un’attenta analisi in F. BONIFACIO, La novazio-
ne nel diritto romano, Jovene, Napoli 1959.
43. Sul ruolo svolto dal giuramento in materia di legis actiones si può leggere L.
AMIRANTE, Il giuramento prestato prima della litis contestatio nelle leggi actiones e
nelle formule, Jovene, Napoli 1954.
174 La lex Aquilia
179
180 La lex Aquilia
manum sibi depellere et pro se lege agere, sed vindicem dabat, qui pro
se causam agere solebat. qui vindicem non dabat, domum ducebatur
ab actore et vinciebatur.
Gaio, 4, 21: Sed postea lege Vallia, excepto iudicato et eo, pro quo
depensum est, ceteris omnibus, cum quibus per manus iniectionem
agebatur, permissum est sibi manum depellere et pro se agere.
13. D. 4, 3, 1, 4.
186 La lex Aquilia
14. Cfr. M.F. CURSI, R. FIORI, Le azioni generali di buona fede e di dolo nel pen-
siero di Labeone, in Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano “Vittorio Scialoja”,
2011, p. 146-184.
15. D. 9, 2, 7 pr.
16. D. 9, 2, 39, 1.
17. D. 9, 2, 11, 8 e 10.
18. L. DESANTI, Op. cit., p. 92.
VI. L’actio legis Aquiliae: aspetti processuali 187
19. D. 9, 2, 53: Boves alienos quis in angustum locum coegit, eoque effectum est ut
eiicerent.
20. D. 9, 2, 27, 14: Quis lolium aut avenam in segetem alienam iniecerit.
188 La lex Aquilia
minale cfr. E. VOLTERRA, Intorno alla prescrizione dei reati nel diritto romano, in Bul-
lettino dell’Istituto di Diritto Romano “Vittorio Scialoja”, 1929, p. 57-76.
VI. L’actio legis Aquiliae: aspetti processuali 191
damnum daretur: nam isto modo ne ab eo quidem, cui heres quis erit,
transire ad eum ea actio poterit: neque ob id, quod tum commissum
fuerit, cum in hostium potestate esses, agere postliminio reversus po-
teris: et hoc aliter constitui sine magna captione postumorum libero-
rum, qui parentibus heredes erunt, non poterit. Eadem dicemus et de
arboribus eodem tempore furtim caesis. Puto eadem dici posse etiam
de hac actione quod vi aut clam, si modo quis aut prohibitus fecerit,
aut apparuerit eum intellegere debuisse ab eis, ad quos ea hereditas
pertineret, si rescissent, prohibitum iri.
29. Sul danno qualificato cfr. anche A. CORBINO, Il danno qualificato e la lex
Aquilia: corso di diritto romano, CEDAM, Padova 2008.
196 La lex Aquilia
30. Per un approfondimento delle garanzie reali nel diritto romano cfr. A. BISCAR-
DI, Appunti sulle garanzie reali in diritto romano, Cisalpino-Goliardica, Milano 1976.
31. Sulla questione cfr. L. CAPOGROSSI COLOGNESI, La struttura della proprietà e
la formazione dei “iura praediorum” nell'età repubblicana, I, Milano 1969, p. 421; G.
VALDITARA, Superamento dell’aestimatio rei nella valutazione del danno aquiliano e
estensione della tutela ai non domini, Giuffré, Milano 1992, p. 201 ss., p. 447 ss. Rela-
tivamente alle fonti romane, si confronti invece D. 9, 2, 11, 6; D. 9, 2, 2, 2; D. 9, 2, 5, 3;
D. 19, 2, 13, 4; D. 9, 2, 11, 9; D. 9, 2, 11, 10 e D. 9, 2, 13.
VI. L’actio legis Aquiliae: aspetti processuali 197
mano dal diritto classico al diritto giustinianeo, 1, Giuffrè, Milano 1951. Per
l’evoluzione dell’istituto in epoca successiva si rimanda a T. SPAGNUOLO VIGORITA,
Casta domus. Un seminario sulla legislazione matrimoniale augustea, Jovene, Napoli
2002 e D. GEMMITI, Il concubinato nel diritto romano e giustinianeo: con appendice
sul diritto bizantino, LER, Napoli 1993. Per una visione comparatistica, questa volta
non senza punti criticabili, si veda R.M. MANDIS MEZZETTI, La donna e il matrimonio:
nel diritto islamico e nel diritto romano, Valbonesi, Forlì 1991. Sul divorzio invece cfr.
G. BRINI, Matrimonio e divorzio nel diritto romano, G. Bretschneider, Roma 1975.
200 La lex Aquilia
34. Cfr. A. METRO, L’obbligazione di custodire nel diritto romano, Giuffrè, Milano
1966.
Capitolo VII
201
202 La lex Aquilia
Art. 1383. Chacun est responsable du dommage qu’il a causé non seu-
lement par son fait, mais encore par sa négligence ou par son impru-
dence.
4. Bisogna ricordare come siano state elaborate, nel sistema francese, singole figure
di danno, create in via dottrinale. Ricapitolando, il codice propone una fattispecie atipi-
ca, discostandosi così dal modello romano, tuttavia in letteratura vengono proposte sin-
gole fattispecie di danno, ritornando così alla tradizione romanistica.
5. Il Code civil è ricco di ipotesi di responsabilità per fatto altrui, in particolar mo-
do bisogna ricordare la responsabilità dei genitori, dei padroni e dei committenti, dei
precettori e degli artigiani, per i danni che sono stati causati, rispettivamente, dai figli
minori, dai domestici e commessi, dagli allievi e apprendisti (art. 1384, questa norma,
tra l’altro, ha ispirato gli articoli 1153 del Codice civile italiano del 1865 e 2049 del
Codice civile del 1942). Nell’ipotesi dei padroni e committenti, non è possibile avvaler-
si della prova liberatoria, in tal modo si ritorna alla responsabilità oggettiva, propria del
mondo romano. Si deve peraltro segnalare che, per quanto riguarda i precettori privati,
una legge del 5 aprile 1937 (loi du 5 avril 1937 modifiant les regles de la preuve en ce
qui concerne la responsabilité civile des instituteurs et l'art. 1384 du code civil relatif a
la substitution de la responsabilité de l'etat a celle des membres de l'enseignement pu-
blic) aveva stabilito che le imprudenze, invocate contro costoro, dovessero essere pro-
vate dall’attore, eliminando la presunzione di colpevolezza. È presente anche la respon-
sabilità del proprietario per i danni cagionati da un animale (art. 1385) e la responsabili-
tà del proprietario per i danni derivanti dalla rovina di un edificio (art. 1386). In queste
ipotesi si assiste a un’inversione dell’onere probatorio: spetterà al convenuto, presunto
colpevole, provare la propria diligenza. Si è qui innanzi a una presunzione di colpa, che
potrà essere, a seconda delle varie ipotesi, in eligendo, in vigilando o in educando.
VII. La tutela aquiliana nella sistematica europea 205
9. È quanto dispone il § 1318. È la disciplina del refusum aut reiectum. Si può fare
un cenno, peraltro, al § 1319 che prevede la fattispecie del positum vel sospensum. Si
tratta del pericolo che una cosa, sospesa, possa cadere. In tale ipotesi è stato accordato
solamente il diritto di denunciare il pericolo alla pubblica autorità. Del danno cagionato
da animali, si parla ai §§ 1320 – 1322.
10. Il § 1294 prevede che il danno provenga da un’azione od omissione ingiusta al-
trui, o dal caso fortuito; inoltre il danno ingiusto si cagiona o volontariamente o invo-
lontariamente e il danno volontario si fonda o su una prava intenzione, se è cagionato
con scienza o volontà, o su una mancanza, se è cagionato per imputabile ignoranza, o
per difetto dell’attenzione o della diligenza conveniente; e l’uno e l’altro si chiamano
colpa. Il Codice civile austriaco richiama la dimensione oggettiva dell’iniuria.
11. Il Codice civile austriaco ricalca e recepisce queste soluzioni direttamente
dall’opera di S. PUFENDORF, De jure naturae et gentium libri octo, Amstelaedami,
Apud Joannem Wolters 1704.
12. Tale ipotesi trova diretta disciplina nel § 1325.
VII. La tutela aquiliana nella sistematica europea 207
13. H. GROTII, De iure belli ac pacis libri tres. In quibus ius naturae et gentium, item
iuris publici praecipua explicantur, Parisiis, apud Nicolaum Buon 1625, II, 17, p. 358-366.
208 La lex Aquilia
14. Si tratta, in questo caso, di una colpa presunta, in eligendo e in vigilando, vinci-
bile con la prova contraria.
15. Il Codice civile tedesco, non diversamente da quanto accade nel corrispondente
§ 1309 dell’ABGB, fa riferimento al soggetto genericamente tenuto alla sorveglianza; al
contrario il Codice civile italiano, sia nella sua ultima stesura del 1942 all’art. 2048, sia
nella sua più antica versione del 1865 all’art. 1153, prevede la responsabilità di entram-
bi i genitori.
16. Il danno non patrimoniale non trova spazio all’interno del mondo romano. A
mio parere, ciò si spiega in quanto la società romana dava più importanza alla vita eco-
nomica e alla ristorazione del danno in quanto evento che aveva cagionato una perdita
di valore economicamente suscettibile di valutazione. Insomma, nel mondo romano il
pretium doloris non aveva ragione d’esistere e, anche laddove venisse concessa una ri-
storazione economica a causa della lesione dell’integrità fisica, questa si spiegava sem-
pre alla luce di una perdita di valore del figlio, ad esempio, o dello schiavo, e non in
quanto ristorazione del danno biologico in sé e per sé considerato.
VII. La tutela aquiliana nella sistematica europea 209
art. 1151 c.c. 1865. Qualunque fatto dell’uomo che arreca danno agli
altri, obbliga quello per colpa del quale è avvenuto, a risarcire il dan-
no.
art. 1152 c.c. 1865. Ognuno è responsabile del danno che ha cagionato
non solamente per un fatto proprio, ma anche per propria negligenza e
imprudenza.
17. La bibliografia su questo autore è immensa, si può rinviare alle opere citate in G.
ORRÙ, Lezioni di storia del pensiero giuridico moderno, Giappichelli, Torino 1988, p. 134.
18. Sulla ricezione della romanistica all’interno dell’ordinamento giuridico italiano
ha scritto E. BETTI, Educazione giuridica odierna e ricostruzione del diritto romano, in
Bullettino dell’Istituto di diritto romano “Vittorio Scialoja”, 1931, p. 33-71.
19. La materia viene raggruppata sotto la rubrica comune «dei delitti e dei quasi delitti»:
così facendo il legislatore del 1865 dimostra di essere fedele alla disciplina romanistica.
20. G. ROTONDI, Dalla “lex Aquilia” all’art. 1151 Cod. Civ.: ricerche storico-
dogmatiche, Francesco Vallardi, Milano 1916. Un approfondimento in materia in M.
MANFREDI, Compendio di diritto romano comparato al diritto civile italiano, Gabriele
Regina Libraio-Editore, Napoli 1879.
210 La lex Aquilia
ragrafo de quo.
L’art. 2043 c.c. si pone quale norma cardine dell’intero si-
stema22, il Codice civile italiano dedica all’argomento sedici ar-
ticoli; e anche qui sono presenti le ipotesi di responsabilità og-
gettiva: questa è posta a carico dei genitori, tutori, precettori e
maestri d’arte, per i danni cagionati dai figli minori, dai soggetti
sottoposti a tutela, dai loro allievi e apprendisti, ai sensi
dell’articolo 2048 c.c. È menzionata la responsabilità dei pa-
droni e dei committenti per quanto riguarda i danni provocati
dai domestici e dai commessi, ex articolo 2049 c.c. I danni ca-
gionati da cose in custodia, da animali e dalla rovina di un edi-
ficio sono rispettivamente disciplinati dagli articoli 2051, 2052
e 2053 c.c.
Fatto qualche breve cenno alla sistematica del Codice italia-
no, dobbiamo ricordare ancora una volta che l’articolo 2043 c.c.
prevede una fattispecie cosiddetta aperta o atipica. Se da un lato
tale formulazione avvicina il sistema italiano a quello francese,
la dottrina italiana ha elaborato singole fattispecie di danno, che
– seppur ascrivibili in via generale all’interno dell’articolo 2043
c.c. – sono dotate di propri requisiti, riguardanti le modalità con
cui il danno viene cagionato e il ruolo svolto dal danneggiante.
Ricapitolando quanto trattato, nonostante la lettera della leg-
ge preveda una fattispecie atipica, in tal modo discostandosi
dalla tradizione romanistica, la dottrina ha tipizzato varie figure
d’illecito, ponendosi in linea di continuità con il mondo classi-
co, tra cui il danno biologico, il danno esistenziale o il danno da
vacanza rovinata23:
22. Ai fini non strettamente romanistici, ma per completezza sistematica, si deve ri-
levare come il Codice del 1942 innovi sotto vari aspetti rispetto all’ordinamento previ-
gente. In primo luogo, in materia extracontrattuale, vengono recepiti molti e importanti
orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. Si segnala la novità dell’art. 2044 c.c. sulla
legittima difesa, l’art. 2045 c.c. sullo stato di necessità, la rilevanza assunta
dall’incapacità d’intendere e di volere, così come riportata nelle disposizioni di cui agli
artt. 2046 e 2047 c.c. Gli artt. dal 2056 al 2059 c.c. riguardano i criteri di determinazio-
ne del danno. Inoltre, l’art. 2054 c.c., riguardante i danni derivanti dalla circolazione di
veicoli, prima disciplinato da leggi speciali, viene trasposto nel Codice civile. Alcune
norme vengono inserite per colmare delle lacune esistenti nel previgente ordinamento; è
il caso dell’art. 2050 c.c. circa l’esercizio di attività pericolose.
23. È quanto sottolinea G. ALPA, La responsabilità civile tra solidarietà ed efficien-
212 La lex Aquilia
ecco, già da questi casi emerge come quell’idea in base alla quale il
modello italiano sarebbe informato ad un criterio di atipicità
dell’illecito per effetto della clausola generale di ingiustizia del danno
debba essere corretta: la responsabilità civile oggi ci appare piuttosto
come un aggregato di isole in cui ciascuna figura di illecito obbedisce
a regole proprie.
za (Premessa ad una raccolta di casi), in Rivista critica del diritto privato, 2004, p. 197.
Su questo tema si è sviluppata una bibliografia immensa, soprattutto tra gli anni
Sessanta e Settanta; si può rinviare, per una approfondita analisi del tema, a IDEM, Il
problema dell’atipicità dell’illecito, Jovene, Napoli 1979.
24. È quanto si legge nella Relazione al Re, n° 267. Tralasciando in questa sede
l’importanza che possa svolgere una relazione circa l’interpretazione della legge, è il
caso di ricordare che le affermazioni ivi contenute, a parere di chi scrive, in particolar
modo laddove si afferma che la culpa e l’iniuria sono dei concetti differenti, sollevano
non pochi dubbi: nel mondo romano l’iniuria coincide essenzialmente con la culpa e
rimane assorbita in essa. I due significati del termine iniuria (oggettivo e soggettivo)
nel diritto romano non vivono mai contemporaneamente.
25. Si tratta della legittima difesa, disciplinata dall’art. 2044 c.c., e dello stato di
necessità di cui all’art. 2045 c.c. Secondo l’art. 2044 c.c. “non è responsabile chi cagio-
na il danno per legittima difesa di sé o di altri”.
Tale articolo è espressione del principio vim vi defendere omnes leges omniaque iu-
ra permittunt e cum vi vis illata defenditur. L’art. 2045 c.c. prevede che “quando chi ha
VII. La tutela aquiliana nella sistematica europea 213
compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pe-
ricolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui volontaria-
mente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui
misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice”.
26. Il fondamento della responsabilità per fatto alieno si faccia consistere
nell’obbligo che incombe su ciascuno di scegliere bene e vigilare sulle persone poste al-
la propria dipendenza. Si tratta, insomma, di quelle ipotesi di culpa in eligendo e in vi-
gilando. Contra si può ricordare la teoria della rappresentanza, che si ha tutte le volte
che sia stato affidato a qualcuno l’incarico di compiere un affare nel nome e
nell’interesse del mandante. Sebbene questa teoria oggi non venga più particolarmente
sostenuta, dal punto di vista storico si dimostra di particolare interesse, per cui si ri-
manda, per una trattazione completa sul tema, a G.P. CHIRONI, Colpa contrattuale, F.lli
Bocca, Milano 1897, p. 176 ss.; IDEM, Colpa extracontrattuale, I, F.lli Bocca, Milano
1903, p. 159 ss.; ibidem, II, 1906, p. 273 ss. e passim.
27. Determinate ipotesi di responsabilità oggettiva sono allocate anche al di fuori
del Codice civile. Basti ricordare la responsabilità oggettiva, di certa natura aquiliana,
del produttore di un bene difettoso. Tale regola, che prima veniva desunta in via inter-
pretativa sulla base dell’art. 2043 c.c., oggi trova diretta disciplina negli articoli dal 114
al 127 del Codice del consumo, a seguito del d.p.r. 24 maggio 1988, n. 224, attuativo
della direttiva CE del 25 luglio 1985, n. 374.
28. Fortuitus casus est, qui nullo humano consilio praevideri potest.
214 La lex Aquilia
29. Art. 185 c.p.: Restituzioni e risarcimento del danno. Ogni reato obbliga alle re-
stituzioni, a norma delle leggi civili.
Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga
al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispon-
dere per il fatto altrui.
Secondo la dottrina l’art. 2059 c.c. rinvierebbe, oltre all’art. 185 c.p., anche agli
artt. 89 e 120 c.p.c. e 187, 189 e 598 c.p.; bisogna ricordare come la giurisprudenza, og-
gi, ammetta la risarcibilità del danno non patrimoniale, non solo nelle ipotesi in cui sia
stato compiuto un reato, ma anche tutte quelle volte in cui sia ravvisabile la lesione di
un diritto costituzionalmente tutelato. Il danno non patrimoniale altro non è se non la
lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, e trattasi
di una categoria unitaria che non ammette suddivisioni, e – come già ricordato – è tute-
lato in via risarcitoria, in assenza di reato e al di fuori delle ipotesi di legge sopra men-
zionate, tutte quelle volte in cui si verifica la lesione di diritti specifici della persona,
ossia la presenza di un’ingiustizia costituzionalmente qualificata: è quanto emerge da
Cass. civ., S.U., 11 novembre 2008, n. 26975, in Foro italiano, 2009, con nota di A.
PALMIERI, La rifondazione del danno non patrimoniale, all’insegna dell’atipicità
dell’interesso leso (con qualche attenuazione) e dell’unitarietà, p. 120. La dottrina e la
giurisprudenza hanno cercato di aumentare la tutela risarcitoria anche ai pregiudizi di
natura non patrimoniale, sino a configurare la risarcibilità derivante dalla lesione
dell’integrità psico-fisica, indipendentemente dalla presenza di un danno patrimoniale o
morale. È stato così individuato, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, un ter-
tium genus di danno: quello biologico.
VII. La tutela aquiliana nella sistematica europea 215
30. Si tratta della molto discussa Cass. civ., S.U., 5 luglio 2017, n. 16601, in banca
dati elettronica pluris-cedam.utetgiuridica.it.
31. Si veda C. CONSOLO, Riconoscimento di sentenze, specie USA e di giurie popo-
lari, aggiudicanti risarcimenti punitivi o comunque sopracomprensivi se in regola con
il nostro principio di legalità (che postula tipicità e financo prevedibilità e non coincide
pertanto con il, di norma presente, due process of law), in Corriere giuridico, 2017, p.
1050-1057.
216 La lex Aquilia
32. Si può concludere dicendo che questo profilo sanzionatorio, indiscutibile lascito
del diritto romano, ha aperto la via a prospettive del tutto nuove nell’applicazione
odierna del diritto. Potremmo dire che – de iure condendo – recuperare la funzione san-
zionatoria del risarcimento del danno, in determinate ipotesi, potrebbe significare aprire
la strada a situazioni giuridiche degne di particolare tutela, come, ad esempio, i diritti
della personalità, sopra elencati.
Considerazioni conclusive
217
218 Considerazioni conclusive
to il passante.
Anche le condotte sanzionate dal terzo capo della legge su-
biscono una notevole espansione: il loro ambito di applicazione
naturale, in un momento iniziale, appare molto limitato, e quin-
di urere, frangere e rumpere sono tre verbi che esprimono
l’idea di una sanzione penale disposta però in modo fin troppo
ristretto. I giuristi romani pongono attenzione al verbo finale
(rumpere), che viene pacificamente inteso come corrumpere:
addirittura questo verbo inizierà a ricomprendere i due prece-
denti (e ossia l’urere e il frangere) che ne diverranno delle spe-
cificazioni e non avranno più ragion d’essere grazie alla condot-
ta più generalizzata del corrumpere.
A mio avviso, se si dice che nell’ordinamento giuridico ro-
mano s’impone una fattispecie tipica in materia risarcitoria si
afferma una cosa vera, ma in termini semplicistici1. Questo mo-
do di veder le cose necessita di un nuovo inquadramento: ini-
zialmente l’Aquilia sanziona fattispecie tipiche e ben delimitate
(ponendosi come norma chiusa), successivamente (ed è super-
fluo a questo punto ricordare il prezioso lavoro dei giuristi) di-
verrà espressione di una fattispecie atipica o aperta, volta ad
apprestare tutela a tutte quelle condotte che siano lesive di un
bene giuridico. Ecco che, a seguito di queste osservazioni, pro-
porre delle analogie tra la disciplina civilistica odierna e la lex
Aquilia non è un compito particolarmente semplice: voglio li-
mitarmi al Codice civile italiano del 1942. Questo propone una
fattispecie atipica (avvicinandosi all’elaborazione pretoria
dell’Aquilia), ma la dottrina moderna costruisce singole figure
di danno, riavvicinando la disciplina odierna a quella della lex
Aquilia nella sua applicazione, si faccia bene attenzione, letterale.
Oggi si vuole aumentare l’ambito del risarcibile: la sfera
giuridica individuale tende ad avere una tutela sempre maggio-
re, e lo stesso è ciò che è avvenuto nel mondo romano. Oggi si
allarga l’area di tutela – a mio modo di vedere le cose – non
tanto perché la colpa non assuma più importanza, come pare af-
2. Ibidem.
220 Considerazioni conclusive
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Ringraziamenti
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