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Z

ZABULON. - Ebr. zebulun, decimo figlio di Giacobbe (avuto da Lia) e capostipite


dell'omonima tribù (Gen. 30, 20; 35, 23 [24]). Il significato etimologico ci sfugge
completamente, e i tentativi dei dotti di cavar qualcosa da Gen. 30, 20 che mette il nome in
relazione coi verbi zabad (= donare) e zabal (= abitare?) sono rimasti sterili. Ebbe tre figli
(Sared, Elon, Ialel), capi di altrettanti gruppi parentali (Gen. 46, 14; Ex. 26, 26 s.).

Nella divisione della Palestina, la tribù di Z. (Ios. 19, 10-16), a nord della Palestina
cisgiordanica, confinava: ad ovest, con la tribù di Aser, che raggiungeva il Mediterraneo; ad
est, con la tribù di Neftali che si estendeva fino al lago di Genezaret; a nord, con le tribù di
Aser e Neftali, e a sud con la tribù di Issachar. Fl. Giuseppe (Ant. V, l, 22), Eusebio, s.
Girolamo, cui aderiscono F. de Hummelauer e M. Hagen pensano che Z., ad est,
raggiungesse il lago di Genezaret. Tra le città menzionate, con certezza oggi è solo
identificabile Bethlelem (diversa da quella dove nacque Gesù, nella tribù di Giuda) a circa 10
km. a nord-ovest di Nazaret. Anche Nazaret, che ebbe l'ambito privilegio di ospitare per 30
anni Gesù (Lc. 2, 51.52) appartiene a Z., ma come è noto, essa non è mai menzionata nel
Vecchio Testamento, in Fl. Giuseppe e nel Talmud. Alcuni (Fernandez, Gelin, Baldi)
identificano pure Sarid (Ios. 19, 10) con l'odierna Tell-Sadud, a 10 km. a sud-ovest di Nazaret.

Per quanto la tribù di Z. non si estendesse fino al Mediterraneo i suoi membri, tuttavia,
come era stato predetto da Giacobbe sul letto di morte (Gen. 49, 13) e poi da Mosè (Deut. 33,
18-19), esportavano i prodotti verso le città marittime, arrivano do così, praticamente, a
insediarsi in qualche porto del litorale; del resto, i confini tra le 12 tribù, come oggi tra le
nazioni, presentarono sempre caratteri di instabilità.

Nella storia, Z. non ebbe compiti importanti. I suoi guerrieri, assieme a quelli della tribù di
Neftali, si distinsero nella guerra di Debora-Barac contro Sisara (Iudc. 4, 6-10; 5, 14-18), e di
Gedeone contro i Madianiti (Iudc. 6, 35). Z. diede i natali ad uno dei 12 Giudici (v.), Elon
(Volg. Ahialon) che stette in carica per 10 anni (Iudc. 12, 11 s.).

Per le sue infedeltà al Signore, la tribù di Z. fu molto umiliata, ma Dio misericordioso la


rese poi gloriosa, per esser stata teatro dell'attività dell'Uomo-Dio nella restaurazione
messianica: cf. Is. 8, 23-9, 1; Mt. 4, 13 ss.

BIBL. - F. M. ASEL. Géogr. de la Palestine. II, Parigi 1938, passim: D. BALDI. Giosuè, Torino-
Roma 1952, nel commento ai passi cit.

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ZACCARIA. - (Zekarjah = Iahweh ricorda), profeta, penultimo del canone del Vecchio
Testamento. Figlio di Berekjab, figlio di Iddo (1, 1); ben distinto dallo Z. nominato da Is. 8, 2
che non è profeta, né figlio di Iddo; e dallo Z. (v.), di cui 2Par. 24, 20 ss. Secondo Neh. 12,
1.4.12 Iddo era una famiglia sacerdotale con a capo uno Z., però non è designato come
profeta né Z. si dice sacerdote come per es. Ier. l, l ed Ez. 1, 3. Fu chiamato al ministero
profetico lo stesso anno di Aggeo, il 520, il 2° di Dario, però due mesi dopo (mese 8°);
secondo alcuni, cf. Zach. 2, 4 e lo stile letterario, in età giovanile. L'a. 4° di Dario ancora
profetava e forse durò fino alla costruzione ultimata del tempio (Zach. 7, 1; Esd. 6, 14 s.).

I critici ammettono comunemente l'autenticità di Zach. 1-8; mentre la negano ai cc. 9-14.
Concordi in questa negazione generica, divergono per il resto, frantumandosi in ipotesi
molteplici e per di più contrastanti, segno palese dell'infondatezza dei loro argomenti, e indice
non trascurabile del poco valore della loro posizione negativa nei riguardi dei cc. 9-14. Basti
accennare che molti li rimandano a prima dell'esilio; e altri, con argomenti egualmente desunti
dalla critica interna, a dopo l'esilio; molti li attribuiscono ad un solo autore; altri a diversi, a
due, e financo a quattro. Né si accordano sul genere letterario; c'è chi parla di apocalittica
recente (secondo una mania in voga).

Ora, la negazione dell'autenticità dei cc. 9-14 suppone come dimostrato che questa parte
del libro sia anonima e che per un puro caso sia stata unita ed attribuita a Z. Ma ciò è una
semplice ipotesi che urta contro la prassi dei profeti e non spiega la sua recezione nel canone
nonostante le gravi difficoltà di ordine esegetico che contiene e la recente età che gli si
assegna. Le obiezioni sono tutte di critica interna e come si può vedere, anche
superficialmente, contrastanti, e perciò di scarso valore. Al contrario la caratteristica delle
visioni che predomina nella I Parte non si smentisce, ma si sviluppa nella III Parte attestando
una stessa personalità. Nel c. 14, il più bistrattato, si raggiunge l'apice.

La stessa disposizione dei vaticini 1.6; 7-8; 9-14 suppone un piano ben determinato e non
fortuito, e, quindi, unità di autore.

Le difficoltà sono risolte in modo soddisfacente dagli autori cattolici (cf. presso
Knabenbauer). Siamo nel genere profetico: tutto il libro illustra il futuro del rinato Israele;
futuro prossimo e futuro messianico, ché il rinato Israele, erede delle promesse divine ad
Abramo, erede del patto sinaitico (v. Alleanza), è la preparazione immediata del regno del
Messia, dal quale sarà assorbito ed elevato. Egitto-Assiria, Damasco-Filistei sono i classici
tipi degli imperi ostili a Iahweh (del resto Zach. 14, 21 parla anche dei Cananei, e di Babilonia
in 5, 5-18; 2, 7). Si indicano, perciò, le loro regioni (cf. Esd. 6, 22; Ier. 49, 23). Idolatria,
indovini, pseudoprofetismo (non esclusi nel periodo postesilico: Neh. 6, 14) spariranno col
trionfo di Iahweh; 13-14 indicano due aspetti diversi dello stesso attacco a Gerusalemme;
Zorobabele e Giosuè non sono che figure imperfette del Messia.

L'orizzonte della III Parte è solo parzialmente locale, ma prevalentemente universale. Il


ritorno degli esuli è in senso messianico. Iavan può intendersi anche degli Ioni, oppure della
Grecia, ma per il futuro. Non è da esagerare la differenza di stile.

Il libro, dunque, vien diviso in tre parti: 1) 1-6; II) 7-8; III) 9-14.
1, 1-6: Titolo: invito alla penitenza; non imitare l'ostinazione dei padri.

I rimpatriati son l'oggetto della "gelosia di Iahweh"; vengon chiamati "la figlia di Sion" (1,
14); "il popolo di Iahweh" (8, 8.12); sono il "resto" d'Israele (8, 6.11) oggetto delle benedizioni
divine. Iahweh risiede in mezzo a loro, pone la sua dimora, ancora una volta, in
Gerusalemme (2, 9.14: Volg. 2, 5.10).

Nella prima visione (1, 7-17) è data la formale assicurazione del rinascere della nazione e
della punizione delle genti pagane. «Mentre i vicini stan bene e prosperano, Israele è tra i
disagi e le più gravi difficoltà». Dov'era il compimento delle profezie sulla rinascita prosperosa
del nuovo Israele sui colli della Palestina e la punizione di Edom e degli altri popoli, che,
gioiendo della rovina di Giuda, han disprezzato il Signore? (cf. Ez. 35; 36, 1-5. 33-36; ecc.).

Iahweh risponde: «Provo una grande gelosia per Gerusalemme e per Sion; e provo un
grande sdegno contro queste nazioni ora tranquille, le quali quand'io ero un po' indignato
contro il mio popolo, contribuirono ad accrescere la sua disgrazia».

È giunta l'ora, assicura il Signore, della mia benevolenza per Giuda: il nuovo Israele ecco
che sorge; il Tempio s'avvia alla ricostruzione e sta n per essere ricostruite Gerusalemme e le
altre città di Giuda. «Iahweh consolerà ancora Sion, e di bel nuovo farà di Gerusalemme la
sua città prediletta». Mentre è certa la punizione degli altri popoli (2, 1-4: Volg. 1, 18-21).

Israele avrà in Iahweh il suo difensore ed abbraccerà una moltitudine sterminata (cf. Ez. 36,
10 s., 37). Perciò Z. invita gli esuli, ancora in Babilonia, a ritornare in patria, per partecipare
alla gloria straordinaria della nuova comunità, che «abbraccerà molte nazioni» e avrà il
Signore al suo centro (2, 5-17: Volgo 2, 1-13).

L'accenno alla moltitudine sterminata, alla conversione delle genti (cf. Is. 2, 3 s.; Mi. 4, 2),
richiama il regno del Messia, termine ultimo e definitivo del risorto Israele. Strumenti di
Iahweh ed elementi della nazione che risorge sono: il sacerdozio e il principe del casato di
David.

Il sacerdozio giudaico (c. 3) ormai purificato curerà tutto quel che riguarda il culto (v. 7):
Giosuè e i suoi sacerdoti sono segno e pegno della ricostruzione del Tempio e della
restaurazione del culto (v. 8), parte essenziale del risorto Israele. A Giosuè è associato
Zorobabel (v. 8 b); insieme porteranno a termine l'opera incominciata, cui il Signore si riserva
di dar l'ultima mano (v. 9).

Zorobabel (c. 4) preposto all'edificazione materiale del Tempio, Giosuè al culto; il primo
particolarmente deve contare unicamente sull'azione di Dio, non su mezzi umani. Iahweh
supererà tutte le difficoltà che appaiono umanamente insormontabili.

Nel c. 5 vien messa in evidenza l'indole spirituale del rinato Israele, che viene purificato.
Suo elemento essenziale è infatti la santità. Come l'efa è trasportata in Babilonia, così
l'iniquità sta per esser bandita per sempre dalla giovane comunità dei rimpatriati. Come per la
ricostruzione materiale le difficoltà van pazientemente superate, e lo saranno per l'azione del
Signore, così per la perfezione spirituale Iahweh procede gradatamente, operando, mediante
i profeti e gli altri suoi rappresentanti, la progressiva realizzazione della santità d'Israele. Ma
l'azione divina raggiungerà lo scopo; la pienezza sarà solo raggiunta nel regno del Messia.

Segue nel c. 6 l'esaltazione di Giosuè (v. lì ss.) e quella di Zorobabel (vv. 12-15). Questi
realizza la speranza messianica in quanto è la radice dalla quale nascerà il Messia (Buzy, pp.
392-405; Ceuppens, pp. 456-465). Emerge ancora il legame tra il nuovo Israele, che vien su,
e il regno del Messia, che gli succederà; il primo è temporaneo e preparatorio. Inoltre è
messo in evidenza lo scopo dell'alleanza del Sinai, ormai ristretta alla sola tribù di Giuda;
alleanza concretizzata nella promessa fatta a David (o alleanza di Iahweh con David) e che
ripiglia il suo corso a Gerusalemme appunto con i rimpatriati.

Questa rinascita dell'alleanza, quest'opera mirabile (la nuova teocrazia) è frutto esclusivo
dell'amore di Dio (8, 2) e della sua onnipotenza (8, 6 ss.). Vien con essa realizzata l'essenza
del patto: «Ecco io salvo il mio popolo; lo riconduco dalle terre di levante... perché dimori in
Gerusalemme; esso sarà il mio popolo e io sarò l'Iddio suo con fedeltà e con giustizia», (8, 8).

Perciò i rimpatriati si rianimino; sono l'oggetto delle più elette benedizioni da parte di
Iahweh (8, 14 s.): «Come io pensai di farvi del male quando i vostri padri mi provocarono ad
ira... e non ebbi compassione, così, al contrario, ho pensato in questi giorni di far del bene a
Gerusalemme e alla casa di Giuda; non temete»! Come contropartita, Iahweh esige, oltre al
culto (3-, 1-8), la pratica della giustizia (8, 16 s.).

Gli stessi temi nella III parte; con prevalente sviluppo delle profezie messianiche.

9, 1-7: Oracolo contro Hadrac, Emath, Tiro, Sidone, la Filistea, che si convertirà. 9, 8-12:
Ingresso del re a Gerusalemme su un asino e suo dominio universale e pacifico: liberazione
di Israele dalla fossa.

9, 13-17: Giuda-Efraim, arma di Dio contro Iavan; prosperità.

10, 1-12: Iahweh punisce i cattivi pastori e visita il suo gregge (Giuda-Efraim) che fortifica e
riconduce in patria; punizione dell'Assiria e dell'Egitto.

11, 1-3: Grande calamità.

11, 4-17: Azione simbolica: Z. deve pascolare il gregge (di Dio) destinato al macello)
Prende due verghe con nomi simbolici: "Favore", "Vincoli". Stermina 3 pastori in un mese.
Spezza la verga "Favore", ma licenziandosi, gli pesano il salario di 30 sicli d'argento (prezzo
di uno schiavo, Ex. 21, 32), che con disprezzo getta nel tempio. Poi spezza l'altra verga.
"Vincoli" (divisione di Giuda da Israele). Infine simboleggia il pastore insensato a sua volta
punito.
12: Vaticini escatologici. Gerusalemme-Giuda diventano «coppa di stordimento», «pietra
che schiaccia» per le nazioni che l'attaccheranno: protezione di Giuda-Gerusalemme.
Esaltazione della casa di David. Effusione di spirito di grazia e supplicazione e ritorno a
Iahweh trafitto e cordoglio grandissimo (casa di David, Nathan, Levi, Scimeiti).

13, 1-6: Fonte purificatrice per Gerusalemme e la casa di David. Sterminio degli idoli e del
mestiere di profeta.

13, 7-9: Percussione del pastore, dispersione del popolo; purificazione del «Resto».

14: Attacco delle nazioni contro Gerusalemme. Saccheggio, cattività della metà degli
abitanti. Intervento di Dio che crea la via di scampo; il giorno del Signore; fonte scaturiente da
Gerusalemme che sarà elevata e popolata e sicura: Dio, re di tutta la terra; punizione delle
genti e del loro bestiame (consumazione, guerre intestine); i loro superstiti celebreranno la
festa dei Tabernacoli a Gerusalemme. La pioggia non cadrà sui riluttanti (Genti-Egitto); tutto
sarà santo (sonagli dei cavalli, caldaie) a Gerusalemme.

Il libro di Z. è citato in Mt. 21, 4 s.; Io. 12, 15 = Zach. 9, 9 (ingresso di Gesù a
Gerusalemme, su di un asinello nel giorno delle Palme); Mt. 26, 31 =Zach. 13, 7 (uccisione
del Pastore, dispersione degli apostoli); Io. 19, 37 (cf. Ap. 1, 7) = Zach. 12, 10 «guarderanno
a Colui che han trafitto»); Mt. 27, 9 (Zach. 11, 12: Gesù venduto per 30 sicli d'argento)
nomina Geremia perché ricorda anche la compera del campo del vasaio che è di Geremia.

Z. allude a profezie anteriori, per es. Zach. 9, 2 s. = Ez. 28, 4 s.; Zach. 9, 5 = Soph. 2, 4;
Zach. 9, 10 = Mi. 5, 9; Zach. 9, 12 = Is. 40, 2; Zach. 10, 3 = Ez. 34, 17; Zach. 11, 4 = Ez.34, 4;
Zach. 13, 8 s. = Ez. 5, 12; Zach. 13, 9 = Os 2, 25; Zach. 14, 8 = Ez. 47, 1·12; Zach. 14, 10 s.
= Ier. 31, 38.40; Zach. 14, 16-19 = Is. 60, 12 s. ecc.

L'oscurità di Z. è nota a motivo delle visioni e simboli, cf. s. Girolamo PL 25, 1525. [B. M. -
F. S.]

BIBL. - D. Buzy, Les symboles de l'A. T., Parigi 1923, pp. 323.405; J. KNABENBAUER - M.
AGEN, Comm. in prophetas minores, II. ivi 1923; F. CEUPPENS. De prophetiis messianicis in
A. T., Roma 1935, pp. 449-78; H. HOPFL - A. MILLFR, Intr. specialis in V. T., Roma 1946, pp.
258-62; cf. Bibl. pp. 497-502; M. DELCOR, in RB, 58 (1951) 189-99; ID., in RB, 59 (1952)
385-411.

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ZACCARIA (figlio di Barachia). - Nella requisitoria di Gesù contro gli Scribi e i Farisei
(Mt. 23, 35), viene rinfacciata ai Giudei l'uccisione di Z. figlio di Barachia avvenuta fra il
Tempio e l'altare. L'identificazione di quest'ultimo è stata oggetto di varie ipotesi fin
dall'antichità (cf. Girolamo, In Mt. 23, 35; PL 26, 180). Alcuni vi vedevano jl profeta scrittore Z.
(v.), precisamente figlio di Barachia. Destituita di ogni fondamento e in contrasto con la data
della composizione di Mt. è l'identificazione, avanzata da qualche moderno, con Z. figlio di
Baris, ucciso dagli Zeloti nel Tempio durante l'assedio romano (cf. Flavio Giuseppe, Bell. IV,
335-344).

Si tratta del profeta Z., ucciso nell'atrio del Tempio (2Par. 24, 20-22) dal re Ioas (799-784),
per le sue aspre rampogne contro l'idolatria. In 2Par. Z. è detto figlio di Ioiada; in Mt. le parole
figlio di Barachia perciò san considerate una glossa (manca nel luogo parallelo di Lc. 11, 51)
suggerita dal ricordo del profeta scrittore; oppure Barachia è un personaggio di scarso rilievo,
tralasciato nella genealogia di Par., ove si ricollegherebbero direttamente i due nomi più
famosi, il profeta ucciso ed il suo nonno Ioiada, protettore e stimato consigliere del re Ioas
(2Par. 23, 1 ss.).

[A. P.]

ZACCARIA, padre del Battista. - v. Infanzia (Vangelo dell').


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ZELOTI. - (Gr. *** = zelante). In origine il termine fu applicato ad ardenti osservanti della
Legge e nemici della denominazione straniera (I Mach. 2, 50), ma in seguito contrassegnò
solo i nemici di tale dominazione. Come partito politico gli Z. erano seguaci di Giuda Galileo,
che guidò una rivolta antiromana al tempo del procuratore Quintilio Varo (cf. At. 5, 37). Anche
al tempo del procuratore Tiberio Alessandro, che fece uccidere Giacomo e Simone figli di
Giuda, gli Z. dovettero mostrarsi molto attivi. Essi ebbero una parte di primo ordine nella
rivolta del 66-70, sotto la guida di Eleazaro, che dopo la valorosa e crudele difesa del Tempio
(cf. Flavio Giuseppe, Bell. V, 5-7) tenne la fortezza di Masada sino alla primavera del 73.
Flavia Giuseppe spesso chiama gli Z. sicari dalla piccola sica (= pugnale), con cui compivano
le loro vendette contro soldati romani isolati e contro Ebrei filo-romani.

L'apostolo Simone da non pochi esegeti è considerato un ex-zelota. Egli, infatti, è chiamato
ora *** (Lc. 6, 15; At. 1, 13) ed ora *** (Mt. 10, 4; Mc. 3, 18) ritenuta la trascrizione
dell'aramaico qan'ana, che significa precisamente "zelante". Ma in tal caso l'aggettivo
andrebbe preso piuttosto nel suo significato di diligente osservante della Legge (cf. At. 21, 20;
22, 3; Gal. 1, 14). [A. P.]

BIBL. - G. RICCIOTTI. Storia d'Israele. II, 5a ed., Torino 1938, p. 437 ss.; A. STUMPFF, ***,
in ThWNT. II. pp. 884-90.

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ZOROBABEL. - Discendente di stirpe davidica, figlio secondo Esd. 3, 2 (cf. 5, 2; Agg. l,


1.12.14-) di Sealtiel, figlio invece di Phedaiah secondo I Par. 3, 8: forse, se i testi citati non
sono alterati come taluno pensa, Z. fu per la legge del Levirato figlio legale del primo e
naturale del secondo. È l'uomo che vicino al sommo sacerdote Giosuè figlio di Ioseder, guida
il popolo eletto nel ritorno dall'esilio e ne anima la ripresa religiosa e civile in Palestina. Il fatto
più importante cui è collegato il nome di Z. è la ricostruzione del Tempio: immediatamente
dopo l'arrivo dei reduci, tra tanto fervore di ricostruzione, egli ne getta le fondamenta. Interrotti
i lavori per difficoltà interne e per l'opposizione di popoli vicini, specialmente Samaritani, il
lavoro viene ripreso ancora da Z. ai tempi di Dario I (521-486) per pressante invito dei profeti
Aggeo e Zaccaria (Esd. 5, 11) e portato a termine nel breve volgere di quattro anni (515 a.
C.). Compiuta la ricostruzione del Tempio la figura di Z. d eclissa: secondo una tradizione egli
sarebbe poi morto a Babilonia.

Con funzioni analoghe a Z. nel libro di Esdra appaiono un certo Shesbassar (Esd. 1, 8.11;
5, 14·16), cui, come al nome di Z., è unito il titolo di Pehah (Agg. 1, 1), e un certo Tirsatha
(Esd. 2, 63; Neh. 7, 65-70); con ogni probabilità si tratta di nomi riferiti allo stesso Z.

Esd. 4, 6 s. sembra trasferire l'azione di Z. in tempi vicini ad Artaserse Longimano; in


realtà, l'autore allude non alla ricostruzione del Tempio, ma delle mura ai tempi di Nehemia.
L'allusione ad Artaserse in Esd. 6, 14 è un'interpolazione posteriore o comunque una pro
lessi intesa a mettere in evidenza le benemerenze di Artaserse Longimano nei confronti del
Tempio cui il monarca persiano elargì ricchi doni (Esd. 7).

Zaccaria (Zach. 3, 6-10; 6, 10-14) considera Z. quale figura e tipo del Messia.

[G. D.]

BIBL. - G. RICCIOTTI, Storia d'Israele, Torino 1947, II, pp. 99-120; A. MÉDEBIELLE. Esdras-
Néh. (La Ste Bible. ed. Pirot, 4). Parigi 1949. pp. 278. 285 s. 289. 294. 298. 307.

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