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Anno Accademico 2008-2009

III Teologia

ESEGESI LETTERATURA GIOVANNEA


Don Aldo Martin

Vangelo di Giovanni
S. Agostino: Giovanni come aquila trascende tutte le cose e arriva a contemplare la divinit del
Verbo.
Fin dallantichit stato considerato fuori rango, anche frainteso e inteso come fonte di eresie.
Nello stesso modo per, fin dallorigine stato essenziale per i grandi Concili cristologici dove
stato usato come testo di riferimento. Pi lungo di Mc (21 cap. contro 16) ha un vocabolario pi
povero (1011 termini contro 1350) che per usa dando molteplici significati ai termini ( povert
di linguaggio e ricchezza di semantica). Clemente dAlessandria lo ha definito (=
spirituale) non per ci che evoca nel lettore, ma perch esprime una ricchezza di significato ispirata:
mentre gli altri si fermano alle cose fisiche, concrete, Gv si distanzia tanto che in lui i discorsi di
Ges hanno larga parte (anche pi di Mt).
G. Segalla:la ricchezza spirituale passa attraverso la povert di parole, forse per esprimere anche
letterariamente lumilt dellIncarnazione del Verbo la cui gloria per brilla attraverso la
ricca povert della sua storia e della lingua con cui viene raccontata
AUTORE
Cfr Gv 21,24-25 (2a conclusione) e Gv 20,30-31 (1a conclusione)
Il capitolo 21 stato aggiunto dopo; chi scrive 21,24-25 pare diverso da chi ha scritto il resto del
Vangelo, un giudizio: stata fatta una scelta per uno scopo. Cercando lautore a ritroso:
21,24 questo il discepolo chi costui?
20,21 il discepolo che Ges amava e poi
21,7 colui che dice il Signore e ancora
20,2 e 19,26
13,23 ultima cena, prima di qui ci sono i nomi dei discepoli, ma il discepolo che Ges amava
compare qui
Lidentificazione discepolo che Ges amava Giovanni stata fatta da Ireneo nel 130,
probabilmente per salvare il 4 Vangelo dagli gnostici ( mostrando che lo aveva scritto un discepolo di Ges )
anche se non ci sono prove interne; certo lascia almeno perplessi che un pescatore sia diventato uno
scrittore talmente profondo (cfr At 4,13). Per capire chi allora lautore dobbiamo guardare a 4
livelli: lapostolo Giovanni, il pescatore
la scuola giovannea (cerchia dei seguaci di uno degli apostoli)
lo scrittore, lautore, levangelista
il redattore finale (cap 21)
Il Vangelo non dice perci chi questo apostolo che Ges amava, la Tradizione che lo afferma:
siamo nel fenomeno della pseudoepigrafia.
LUOGO
Efeso, in quanto punto di incrocio di pi culture anche se At 20,18 e Ef non fanno il minimo
accenno alla presenza di Giovanni.
DATA
Alcune tracce mostrano che si era verificato un conflitto che storicamente tardivo: in Gv 9,22 e
Gv 12,42 c scritto che fa riferimento alla rottura con i giudei (scomunica dalla
sinagoga) dell80-90 dC. Ignazio daltra parte lo cita gi nel 110 per cui si ricava che Giovanni
scrive tra il 90 e il 100 dC.
1

SCOPO
1. intento apologetico ovvero difendere la priorit di Cristo verso il Battista, mettendo in luce una
polemica tra i discepoli dei due. Il Battesimo di Ges infatti stato oggetto di imbarazzo per i
primi discepoli (Ges peccatore? Ges meno del Battista?) tanto che in crescendo da Mc a
Gv si cerca di passarlo in secondo piano.
2. contro Cerinto eretico dellAsia minore (secondo Ireneo) o contro Ebione (secondo Girolamo) o
contro il docetismo, insomma contro eresie.
3. contro i giudei increduli: in Gv non compare la polemica contro i farisei in quanto i giudei al
tempo avevano gi preso posizione.
4. una mano tesa proprio verso i giudei.
Lintenzione principale per citata in Gv 20,30-31: la fede.
Marco il primo a proporre un racconto evangelico prendendo detti, miracoli e passione di Ges
e mettendoli insieme. Giovanni in quel perch crediate usa il greco (credere) che
compare per in due modi:
- congiuntivo aoristo = perch iniziate a credere (azione che inizia da un punto)
- congiuntivo presente = perch continuate a credere (azione che continua)
> questa la pi probabile per cui Gv non per il primo annuncio, ma per chi ha gi iniziato a
credere e vuole progredire nella fede; lo scopo quindi quello di formare nella fede i
credenti: se Mc per i catecumeni, Gv per lapprofondimento.
DOPPIO SIGNIFICATO
Giovanni chiede ai suoi lettori un continuo salto nellinterpretazione. In Gv Ges porta o tenta di far
passare dallimmanente al trascendente (es. acqua/acqua viva con la samaritana) suscitando anche a
volte il rifiuto e altre il fraintendimento.
es. Gv 3,3 rinascere dallalto = anothen > dallalto (intenzione di Ges)
> di nuovo (comprensione di Nicodemo)
Gv 7,8 salire> a Gerusalemme (pellegrinaggio umano)
> al Padre (intenzione di Ges): la morte per Gv innalzamento
Questo doppio significato fa scattare dei fraintendimenti:
es. Gv 4,10 acqua
Gv 6,32 pane dal cielo
Gv 2,20 tempio
Anche se non abbiamo la certezza assoluta, non si tratta di un artifizio letterario di Gv ma di parole
di Ges. Ci sono anche alcuni casi di ironia:
es. Gv 4,12 sei pi grande di Giacobbe?
Gv 8,21-22 Ges vuole suicidarsi?
Gv 11,50 meglio far fuori uno che subire le rappresaglie romane
> dal v. 51 per si pu interpretare anche come un morire salvifico: per = a favore
LIBRO DEI SEGNI
E la prima delle due grandi sezioni di Gv e va da 1,19 a 12,50 e in particolare
Gv 2,11 inizio dei segni ( ) inclusione data
Gv 12,37 sebbene tanti segni
> dalla parola (segno)
Il miracolo dei sinottici diverso rispetto al segno di Gv (ne riporta solo 7). Ogni gesto
straordinario di Ges si compone di due elementi: lazione potente di Ges e il significato, il
mistero della persona di Ges. Se i sinottici sottolineano di pi laspetto della potenza, Gv invece
sottolinea di pi laspetto misterico dellidentit di Ges. E una piccola sfumatura che per da il
taglio di lettura del Vangelo.
IL PROLOGO (Gv 1)
Offre al lettore una pre-storia di Ges che nei sinottici presentata tramite i Vangeli dellinfanzia
di Lc e di Mt. Possiamo veder infatti che:
2

Mc dice solo che Ges di Nazareth (Mc 1,9)


Mt risale fino ad Abramo collegando Ges alla storia di Israele e mostrando la sua legittima
discendenza davidica (Messia)
Lc va ancora pi indietro e riporta Ges ad Adamo e a Dio
Gv va oltre il tempo, va , in principio, mostrando a pieno lorigine divina di Ges
La parola che colpisce nel primo versetto non comparir pi per il resto del Vangelo e cos
pure i termini (pienezza) e (grazia): ecco perch il prologo pu presentarsi come un
inno usato dalla comunit e inserito ad apertura del Vangelo.
E stato Girolamo che ha tradotto con verbum, traduzione poi mantenuta diventando in
italiano verbo; quindi letteralmente:
verbum parola/ragione
un termine mai spiegato nel testo, non mai detto che Ges, anzi dal v.6 ci si pu pure
ingannare pensando che sia un profeta (Battista); un termine che Gv da per scontato e che lascia ai
lettori interpretare. Il retroterra di questo termine doppio: ellenistico e biblico.
a) ELLENISTICO: Efeso di cultura greca, come tutto il mediterraneo del tempo. Se oggi dovessimo
usare un termine in sostituzione, tanto per indicarne la portata di significato, useremo energia
nel senso newage o nextage del termine. Gv usa cio un termine caro alla filosofia greca e lo
applica a Ges; ma cosa significa in filosofia?
Eraclito (VI sec. aC): principio interno dellordine delluniverso (cfr Gv 1,3) che da il cosmo
Stoici: mente di dio (visione panteista)
Filone dAlessandria (I sec. aC, ebreo): intermediario tra dio e creature che ha il compito di
reggere e ordinare luniverso; un secondo dio, un dio minore nel creato; il modello dellanima
umana; una caratteristica di dio non autonoma e che non era preesistente al mondo, che cio
ha iniziato ad esistere
Letteratura ermetica: espressione della mente di dio che ha il compito di reggere il mondo
Gnosticismo: qui il senso impastato proprio da Gv
Pur mostrando somiglianze forti Gv non sembra dipendere da queste interpretazioni, ci sono si
punti in comune ma anche evidenti punti di differenza. La principale diversit che mai nella
cultura greca dualista si sarebbe detto che tale principio diventa carne (Gv 1,14) e questo un
punto inconciliabile. Leffetto di queste considerazioni pu essere pericoloso: Ges un grande
uomo cui i suoi discepoli hanno attribuito la divinit e lo dimostra il fatto che Gv usa un
concetto non biblico, non proprio della cultura semitica. Ma gi S. Agostino si era accorto che
Gv non risentiva del retroterra greco.
b) BIBLICO-SAPIENZIALE : debar adonai (parola di Dio) la parola che Dio rivolge al profeta, non si
tratta di pura informazione, ma efficace, una forza dinamica per cui:
= parola e ragione
dabar = parola e azione, fatto (cfr Gn 1-3; Is 55,11; Eb 1,1-5)
le somiglianze bibliche pescano tutte dai libri sapienziali, l che si deve cercare il significato
su cui si basa Gv:
Sir 24,3
la Sapienza la Parola di Dio, ha dimora in cielo, una qualit divina
Pr 8,22-23 la Sapienza creata prima di ogni cosa, creatura ( increato di Gv)
Pr 8,30-31 la Sapienza in intimit con Dio, ma pone la delizia tra gli uomini
Sap 9,1-2 c il parallelo (il primo riferito al creato, la seconda alluomo)
questo lo sfondo di Gv
il cos punto dincontro tra biblico e ellenistico, ma il primo il riferimento di Gv e non
il secondo, anche se permetta al concetto di entrare nella cultura greca
Sir 24,8
la Sapienza pone la tenda fra gli uomini (cfr Gv 1,14)
Sap 7,22
la Sapienza unico ( come in Gv 1,18)
la Sapienza dunque pre-esistente (relazione privilegiata con Dio)
personificata
realt creata
permette la relazione col mondo e con luomo
3

attiva al momento della creazione in mezzo agli uomini


Sap 9,9
la Sapienza presente alla creazione del mondo
In Gv per il non personificazione ma persona: il punto di sviluppo, di non ritorno (non
sapienziale, n ellenistico) lIncarnazione. Il rischio allora di ridurre il tutto a un indebito
processo mentale di Gv stesso, ma non pu essere cos, in quanto la conclusione deriva da una
esperienza esterna allautore: lincontro con Ges. Come il titolo Figlio di Dio re-interpretato
alla luce della passione e resurrezione (non solo quello del re dellAT), cos pure per
essendo debitore dellesperienza biblica e proprio della culture greca, totalmente reinterpretato
alla luce della vicenda Ges.
Potremo allora chiederci perch Giovanni usi e non . Tre possibili risposte:
[1] essendo maschile pi adatto alla figura cui si riferisce: luomo Ges di Nazareth;
[2] la (sapienza) per eccellenza nella Legge per Israele: sarebbe stato un particolarismo, un
esclusivismo giudaico, mentre con Gv apre a un concetto universale;
[3] la per Israele pur essendo personificazione di Dio pur sempre creata, mentre il
divino, increato.
Ogni inno cristologico ha un flusso, uno schema di fondo (Fil 2 discendente-ascendente, Ef 1
temporale), nel prologo di Gv la situazione pi complessa. Anzitutto vediamo che ci sono degli
eventi precisi, quasi databili:
Gv 1,6
avvenne Giovanni
Gv 1,14 venne ad abitare in mezzo a noi
Gv 1,15 Giovanni da testimonianza
Sono state proposte diverse strutture (concettuali, metriche, ecc.) ma vediamo che non c uno
sviluppo lineare, si procede per ripetizione, per riprese, sullo stile del parallellismo biblico dei
Salmi. Una struttura di fondo pu essere:
Gv 1,1-5
il verbo di Dio diventa la luce del mondo
Gv 1,6 compare Giovanni che colui che introduce
Gv 1,6-14 incarnazione del Verbo
Gv 1,15 ritorna Giovanni
Gv 1,15-18 il Verbo il rivelatore del Padre
Analizziamo i primi tre versetti:
v. 1 il riferimento a Gn 1,1 della LXX, in quanto lebraico si dovrebbe tradurre con
quando Dio cominci, ma mentre Gn parte dalla creazione, Gv parte da prima,
specula su una realt previa, quando ancora terra e cielo non esistevano: siamo ancora in
una situazione ad intra il mistero di Dio. Si tratta di una indicazione pi qualitativa che
temporale
compare quattro volte nei primi due versetti, limperfetto indica una condizione continuata nel
tempo, unattivit che perdura. Il dunque fuori da spazio e tempo, perdura. C una preesistenza in forma continuata del rispetto al mondo: non si pu pensare un momento in
cui il non cera. La descrizione di questa sua condizione breve, non si specifica la
relazione, solo embrionale: il perdura nellessere
ma cos questo ?

emerge un concetto di dialogicit, concetto nuovo sia per giudei (Dio creatore e
liberatore) che per i greci: Dio non pi solo creatore ma contiene in s una parola,
da direzione al logos;
si traduce con presso, comunicazione, dialogo. Dio ha in s un logos che sempre rivolto a Lui:
verso, rivolto, volto, siamo in un monoteismo non pi monistico ma dialogico. Il dice insieme la
con, alla presenza distinzione tra logos e Dio e la profonda relazione intima tra i due, una relazione
di ovvero stabilit e che da sempre e che precede quella con la creazione
dinamicit.

quando si presenta con larticolo


indica sempre Dio Padre

dove theos essendo privo dellarticolo lapposizione (non si tratta del


Padre) mentre il logos il soggetto. Si vuole indicare qui la stessa natura,
si potrebbe cio dire ci che era Dio lo era anche il Verbo: anche il logos
divino (questo sar riconosciuto solo da Tommaso in Gv 20,28 quando
non c pi motivo di confusione tra i due). Gv non usa (divino)
perch avrebbe distinto troppo, presentando due cose diverse mentre
sono una cosa sola (Gv 10,30 e Gv 14,9-10). Siamo in una teologia binaria
in quanto lo Spirito qui ancora non c
v. 2 questo versetto sembra essere pura ripetizione del primo ma
c una novit, il costui () che al maschile: il
non unidea, un concetto astratto ma si tratta di una persona.
Il pronome guarda indietro al maschile e apre alla
domanda su chi sia questo personaggio. Si potrebbe essere
portati a pensare questo passaggio:
v. 1 logos v. 2 costui/egli (un uomo) v. 6 il Battista ( lui?)
ma non cos e Gv lo spiegher dopo. Il v. 2 una ripetizione
del primo spiegabile dal fatto che il prologo un inno, un
canto (e nel canto le ripetizioni ci stanno!)

tutto
stato fatto
per mezzo di lui
v. 3
>
chiasmo
e senza di lui
stato fatto
niente
Si tratta di un parallellismo antitetico: due affermazioni contrarie (la prima afferma
e la seconda nega il contrario) che dicono la stessa cosa. C la ripetizione centrale
di che fa da perno al chiasmo (cfr Sal 116 e Mc 8,35) e che attira
lattenzione sul mondo creato. Prima si considerava il logos in rapporto con Dio
ora si guarda al rapporto col mondo creato. I vv. 1-2 guardavano cio ad intra,
mentre il v. 3 sposta lattenzione sul rapporto ad extra. Appare qui un altro
aggancio con la creazione: Gn 1,3 usa (la luce fu / stata fatta). Lidea di
un logos concreatore si trova espressa in altri modi anche in altri testi del NT:
Cristo mediatore della creazione anche in Col 1,16 e 1Cor 8,6.
Di fondo c lidea che il Padre il creatore ma che tutto ci che creato lo per
mezzo del logos (come in Gn Dio usa la Parola) e questo logos non solo uno
strumento di cui Dio si serve, ma un soggetto (mediatore, concreatore). Occorre
ricordarsi che il prologo un canto della comunit greca di Efeso, cultura dove era
il Demiurgo e non Dio a mischiarsi con la materia (visione dualista). Ora il logos
per Gv divino e concreatore: la materia positiva. Poi, se la creazione avviene
tramite la Parola di Dio, allora anche il creato un atto comunicativo, il modo
con cui Dio entra in comunicazione, il modo con cui si rivela.
pu essere inteso come finale del v.3 o come inizio del v.4. La traduzione CEI propone
il primo caso, se fosse il secondo sarebbe tradotto ci che stato fatto in lui era la
vita.
compare il termine vita () e il termine luce. Per vita si intende vita
biologica e spirituale non in alternativa, perch Dio lunica fonte di ogni
forma di vita (luomo biblico non vede la vita biologica priva della spirituale).
Vita quindi non solo conservazione ma relazione; infatti il logos fonte
permanente di vita (Gv 10,10; 14,6; 5,21; 5,26) e la vita esprime la realt di
Dio che si comunica alla realt creata.

La vita viene ora esplicitata come luce degli uomini; i significati di luce sono molteplici: salvezza,
condotta illuminata (morale), conoscenza (Parola di Dio), significato mistico (cfr Sal 27,1 e Sal
36,10); luce e vita sono strettamente legate nel contesto biblico.
v. 5 Gv introduce qui un particolare che differenzia il prologo dalla Genesi: si tratta del verbo
afferrare, comprendere (gli uomini non hanno compreso, intellettuale)
traduzione
accogliere, ricevere, accettare, apprezzare (gli uomini lhanno respinta) vecchia
sorprendere, vincere (gli uomini non sono riusciti ad avere la meglio) traduzione
dominare (gli uomini non sono riusciti a dominarla)
nuova
Lostilit luce-tenebre comprensibile facendo riferimento a Sap 7,29-30: lantitesi nottegiorno sia esteriore, sia interiore, un simbolismo che torna spesso in Gv. In Gn per la tenebra
il buio primordiale, non cattiva, neutra, qui in Gv invece la tenebra cattiva, deriva
dalla libert delluomo. Forse in questo conflitto il prologo anticipa la morte del Logos,
ovvero un momento in cui sembra che la tenebra abbia la meglio, ma non sar la fine.
v.6 prima inserzione di una figura storica: Giovanni. In pochi versetti riassunta tutta lattivit del
Battista, figura di straordinaria importanza, che per correva il rischio di essere confusa col
Messia con conseguenti contrasti tra i rispettivi discepoli (tra laltro dai dati che abbiamo
probabilmente Ges fa parte della cerchia del Battista). Gv afferma sin da qui che il titolo di
luce proprio solo del Logos e non del Battista (Mc 1,7): la vera luce Ges dice al v.9 si
tratta dellincarnazione (cfr v.14). Il riferimento allAT a Is 9,2 e Is 42,6.
v.10 Il Logos nel mondo. C unazione attiva del Logos nella creazione, ma il mondo pur avendo
in s la traccia del Logos, non lo riconosce. E il v.11 precisa: non il mondo, ma la sua gente, la
sua casa, le sue proprie cose. Questi suoi che non lo accolgono possono essere intesi sia
come il suo popolo (connazionali, corregionali), sia tutti quelli creati per mezzo di lui
(lumanit). In Gv 13,1 i suoi sono i discepoli.
v.12 quanti lo hanno accolto
quelli che credono
> accogliere e credere sono quasi sinonimi
Chi si apre a questo riceve un potere (): diventare figli di Dio. Accogliere il Verbo
non solo avere relazione col Logos, ma anche con Dio (il Logos mediatore nella relazione
con Dio).
v.13 lidea fondamentale che si figli di Dio non per volere proprio ma per generazione divina.
In natura si nasce dallunione uomo/donna, ma i figli di Dio nascono in modo diverso, non dal
sangue (sangue, carne, volere di uomo, indicano la sfera naturale). La traduzione letterale
sarebbe non dai sangui: qualcuno pone questo in riferimento allincarnazione.
v.14 il punto centrale del prologo.
: il Verbo si fece carne venendo a porre la sua tenda tra gli uomini,
nella fragilit umana.
il fatto che il culmine sia lincarnazione scandaloso: nessuno, filosofo o gnostico,
vedrebbe nella carne il massimo. NellAT Is 40,6-8 descrive il rapporto carne (che perisce) e
Parola di Dio (imperitura) come tra due cose totalmente diverse. Gv afferma che la Parola di
Dio diventata carne contro lidea che per raggiungere la divinit ci si debba liberare dalla
corporeit e si debba curare solo lo spirito (ascesi). Gv qui e anche in 1Gv va contro la
posizione che vede in Ges solo il Logos rivestito da carne. E, proprio in questo momento
in cui il Verbo ha il massimo nascondimento, qui dove c il punto pi basso, noi vediamo la
sua gloria ( appare qui per la prima volta e la ritroveremo nella croce). E la gloria di
unigenito = (uno-generato) = unico generato = in ebraico yahid il figlio pi amato,
lunico prezioso, il pi desiderato (Isacco per Abramo).
v.15 ritorna Giovanni: il verbo pre-esistente, la precedenza temporale tra il Battista e Ges non
quella ontologica.
v.17 richiamo a Mos: la Legge per Israele il dono pi grande, ma ora ce n uno di ancora pi
grande: la grazia data da Ges.

v.18 si ribadisce linacessibilit di Dio e la continua intenzionalit del Logos verso il Padre. Seno
indica la relazione intima, la stessa che ha Ges col discepolo prediletto.
Il v.17 dice finalmente chi questo Logos: Ges Cristo. Di lui si dice che unigenito e che Dio
( riportato nella maggioranza dei manoscritti antichi e ora anche la nuova traduzione lo
inserisce). E un fenomeno raro: laffermazione esplicita della divinit di Ges. Questo Figlio che
rivela fa una esegesi del Padre, non c pi nulla da aggiungere su Dio dopo Ges. Da qui tutto il
resto del racconto sar proprio questa spiegazione di Dio da parte del Logos. Si passa dal prologo
innico al prologo narrativo (Gv 1,19-51), si lascia la tonalit poetica e si entra in una scansione
temporale,la cui ricostruzione :
Gv 2,1 1,43 1,35 1,29 e il v.19 linizio del 1 giorno
In questa scansione (fittizia) Gv descrive come Ges entra nella storia (i primi 18 vv. erano la
descrizione solenne dellingresso del Logos nella storia) ovvero incontrando persone concrete
(Giovanni, Andrea e Pietro, Filippo e Natanaele, la gente di Cana) e facendo festa. Nel prologo
narrativo le tematiche del poetico vengono riprese non pi in forma astratta ma concreta: come la
luce trova difficolt ad essere accolta, cos la conoscenza di Ges/uomo graduale, nelle relazioni;
si passa dalla solennit alla semplicit della ferialit.
vv. 19-34
Vengono qui ripresi alcuni temi del prologo innico:
Giovanni testimone v. 7-8-15 v. 19-32
Giovanni non il Cristo v. 8 v. 19
identificato dalle parole di Isaia in Mc 1,3 e Gv 1,23 (legame presente in tutti i Vangeli)
Giovanni annuncia v. 7 v. 29
la prima azione venire sia per il Logos sia per Ges
vv. 35-51
Si possono vedere due filoni in base ai quali seguire questa parte
1) lincontro successivo di persone
Anzitutto ci sono due discepoli di Giovani che passano da Ges e il primo Andrea. Le prime
parole di Ges esprimono una ricerca e questa sar la prima domanda di Ges nella passione (Gv
18,24) e la domanda del risorto a Maddalena (Gv 20,15): lincontro con Ges segnato da un
passaggio dal CHE CERCATE generico al CHI CERCATE-CERCHI specifico, e in questa linea
c laspirazione di ogni uomo. La risposta dei discepoli una domanda, dove abiti? (lett. dove
permani in senso terreno di domicilio, casa), una curiosit, che ci rimanda per a quel presso il
Padre dei primi versetti (i discepoli scopriranno questo solo dopo il ritorno al Padre). Ges dice:
venite: un comando (= seguitemi, Mc 1,16-20 e sinottici); per essere discepoli non basta una
testimonianza o una ricerca personale, occorre un incontro, come per il Logos non basta
una conoscenza teorica;
vedrete: al futuro, non dice n cosa n quando, una prospettiva; seguire Ges non vuol dire
sapere dove ci condurr.
Vedere un verbo forte per Gv con un significato crescente che alla fine indicher il credere:
Gv 1,14 vedere la gloria (alla fine, nel risorto)
Gv 1,18 nessuno ha visto (Ges lo rivela nella sua vita)
Gv 1,39 la promessa
Gv 1,50 e 1,51 conoscenza di cose pi grandi
Gv 9,7 e 9,15 e 9,40 (pretesa di vedere) e 9,41
Gv 14,9 vedere il Logos vedere il Padre (iniziano significati pi ampi)
Gv 14,37 tenere lo sguardo su Ges
Gv 20,8 vedere = credere
Gv 20,18 apparizioni
Gv 20,24 e 20,29 vedere e credere ( questultimo che conta ora, il punto di arrivo)
Gv 21,20 il vedere c anche qui ma torna ad essere solo fisico un segno che il redattore finale diverso

Il fatto che il credere passa attraverso il vedere la storia concreta di Ges, questa la
visibilit di Dio, non si pu fare senza (importanza di questo nel contesto ellenistico); Dio
presente in tutta la nostra fragile umanit, non altrove.
Di ci che succede nel pieno pomeriggio dei discepoli non sappiamo nulla, Quando i Vangeli
tacciono dei particolari o perch non interessano allautore, o perch siamo noi lettori a doverli
riempire (cfr vita nascosta a Nazareth). Altri dati:
tutti questi e gli altri incontri concreti indicano che se nel prologo poetico la luce si propaga
automaticamente, ora Ges si rivela attraverso persone con nomi concreti;
le spiegazioni tra parentesi, le traduzioni nei vv. 38-41-42 indicano che i lettori di Gv avevano
perso la familiarit con laramaico e Gv lo sapeva;
Ges fissa Simone: la realt di una persona al di l delle apparenze visibile a Dio; noi
vediamo lesterno, Dio vede in profondit (in Simone la roccia)
Natanaele visto sotto il fico o a dibattere/pregare (il fico indica la dolcezza, la Legge) o a
ammettere i propri peccati (come in Susanna), ma al di l di questo ci che conta che Ges a
conoscenza di cose nascoste, occulte;
il v.51 in rif. a Gn 28: il ponte tra cielo e terra ora non pi una scala ma il Figlio delluomo.
2) la serie di definizioni dellidentit di Ges
Gv dice che Ges lagnello di Dio (v. 29 e 36) ma non spiega i pi; poi Ges il Rabb, il
maestro (v. 38); il Messia, il Cristo (v.41); colui del quale hanno scritto Mos e i profeti, quello
di cui parla lAT (v.45); il Nazaretano (v.46); il Rabb, il Figlio di Dio, il re dIsraele (non
come significato teologico, ma come titolo augurale dato al re). Tutti questi nomi mettono in
questione lidentit di Ges e vengono relativizzati: le categorie dellAT non bastano pi, Ges
non solo una di esse. Ges stesso prende posizione sulla sua identit definendosi Figlio
delluomo (il mezzo di comunicazione tra cielo e terra, al posto della scala di Giacobbe).
LE NOZZE DI CANA (Gv 2,1-12)
Lemerologia lo studio dei giorni. Nella cultura apocalittica la scansione dei giorni indica il
succedersi delle ere e il riferimento la Genesi dove i 7 giorni della creazione indicano una precisa
cognizione del tempo, quindi: 1 giorno = inizio
7 giorno = compimento qui c il segno di Cana
se 3 o 4 giorno occorre guardare cosa successo in Gn
Cana in rapporto sia con la creazione (Dio crea il mondo) sia con laltro fatto centrale per Israele,
lalleanza del Sinai (Dio crea un popolo). Lo schema a 7 giorni usato per leggere tutta la storia
dellumanit: lera 6 quella del Messia che viene a introdurre il 7 giorno, il momento ultimo,
cio lera penultima. In pi il legame con il Sinai (Es 19,16) sta nel fatto che proprio in questo
momento, nell (v.11) dei segni, che inizia a crearsi un gruppo intorno a Ges. Infine le parole
di Maria fanno eco a Es 19,8 (fate quello che vi dir). Ci sarebbe anche una terza allusione che si
riferisce a un fatto che viene dopo: la resurrezione.
La struttura del racconto : vv.1-2 introduzione
vv. 3-5 azione avviata, provocata da Maria
vv. 6-10 azione compiuta da Ges
vv. 11-12 conclusione
Di questo avvenimento abbiamo indicazioni temporali (terzo giorno), geografiche (Cana), di
presenze (Maria) e di contesto (festa nuziale). E lo sposo che organizza la festa e il maestro
attribuisce a lui ci che Ges ha fatto: il vero sposo un altro, Ges, lui che porta il vino buono.
Qui per la prima volta compare la madre (termine che indica un legame stretto, una relazione
intima) e le sue prime parole richiamano Ges a una carenza. Ges prende le distanze da lei dicendo
cosa a me e a te?, cosa abbiamo in comune?, negando quasi questa intimit: Ges sembra non
voler essere coinvolto. Due sono le sfumature possibili di questa frase: una molestia o un interpello
su un affare che non lo/li riguarda (lui e la madre, disimpegno). Ges afferma cos sia che Maria
non pu pretendere nulla, sia che la cosa non riguarda n lui n lei. Il motivo del rifiuto di Ges sta

nel fatto che non ancora il momento giusto. E il tema dellora della gloria, il momento della
manifestazione, che ricorre in tutto il Vangelo:
Gv 2,4
prima comparsa del tema (legato a Maria)
Gv 4,21.23 il vero tempio dove adorare
Gv 5,25.28 rif. a morte e resurrezione
Gv 7,30
rif. a passione, tentativo di eliminare Ges
Gv 8,20
larresto differito
Gv 12,23.27 questa lora, lora legata alla gloria ed lo scopo della venuta di Ges
Gv 13,1
lora il passare da questo mondo al Padre (morte e ritorno)
Gv 19,27
anche lultima menzione del tema legata a Maria (crocifissione)
ora gloria manifestazione di Dio tra il suo popolo
Se nellAT questa manifestazione era la nube (sia nellesodo sia nel Tempio), adesso il corpo di
Ges crocifisso, questo il nuovo segno della presenza di Dio tra gli uomini. La morte,
umanamente il punto pi basso, diventa per Gv il momento pi alto della gloria.
Maria simboleggia la fiducia di Israele verso Dio: pur non sapendo la decisione di Ges, si fida di
lui e dice di fare altrettanto; Maria ottiene la soluzione del problema anche se non sa in anticipo
come Ges la attuer.
Le 6 giare con 2 o 3 barili contengono 100 litri ciascuna, in tutto 600 litri: una quantit smisurata di
vino eccellente che indica la sovrabbondanza messianica. Lacqua contenuta in esse acqua rituale,
per labluzione, e sono giare riempite fino allorlo: giunto il momento del superamento di ci che
rappresentano. Il 6 che nella pratica giudaica rappresenta lincompletezza, superato dal 7 di Ges.
La confusione 6/7 quale giorno della completezza risiede nella diversit delle tradizioni (LXX e
TM) e dal fatto che Ges sia il Messia, sia Dio stesso (Ges Signore a gloria di Dio Padre). Ges
dice ovvero esegue proprio le parole della madre (il Logos agisce con la parola) e i servi fanno
quello che lui dice. Al v.9 abbiamo un fraintendimento giovanneo: il maestro che non sa da
dove viene il vino, ma lignoranza circa lorigine del dono rivela lignoranza circa lorigine del
donatore. Guardiamo ai due piani:
Trascendente
da dove viene il donatore? Ges viene dal Padre
Immanente
da dove viene il dono
dallo sposo
Il maestro attribuisce il vino allo sposo, ed vero, non per lo sposo del matrimonio, ma Gessposo (larrivo del Messia segnato da una festa di nozze): lo sposo Ges e la sposa Chiesa.
Altri dati:
il tema centrale del brano forse lefficacia della Parola di Ges se essa viene accolta
linizio dei segni innescato da Maria
un segno e non un miracolo perch non viene descritto, ma se ne mostrano solo gli effetti (e solo
di passaggio, laspetto potente secondario); si tratta di una sobriet narrativa nella descrizione
dei miracoli (solo leffetto fa presumere sia accaduto qualcosa)
IL TEMPIO (Gv 2,13-22)
Nei sinottici questo episodio preludio alla passione e perci messo alla fine dei Vangeli; Gv lo
mette allinizio ma sempre legata alla passione. Il gesto di Ges va compreso come azione
simbolica (sulla scia dei segni, degli OT dei profeti): di per s il commercio al tempio era lecito
quindi il gesto di Ges subito letto in chiave profetica (ambiguit della parola tempio).
NICODEMO (Gv 3,1-21)
Nicodemo ha una fede parziale, dimostra una certa apertura nei confronti di Ges ma anche tutta la
difficolt a staccarsi dalle categorie giudee. I temi dellincontro:
la notte: richiama le tenebre nelle quali la luce splende senza essere accolta; Nicodemo riconosce
che Ges venuto da Dio, ma per un israelita questa una qualit di tutti i profeti (non ha un
significato forte);

il rinascere dallalto: il greco significa [1] di nuovo, [2] dallalto; Nicodemo capisce il
primo (parto naturale), mentre Ges intende il secondo (acqua e spirito);
chi realizza questa rinascita lo spirito: il greco significa [1] vento e [2] spirito; Ges usa
questo termine proprio per indicare quel dallalto: tiene insieme lorigine trascendente e
il vento che soffia dove vuole (realt nota a tutti ma sconosciuta nellorigine); ci che nasce dallo
spirito spirito, il rinascere non solo per volont umana ma serve liniziativa divina (richiamo al
prologo v.13);
le cose del cielo tutto ci che riguarda Dio e che Ges, venuto dallalto, venuto a rivelarci
(sembra uninterruzione brusca, per capire occorre tener presente i due piani);
Ges deve essere innalzato: vuol dire [1] esaltare e [2] innalzare; linnalzamento fisico (il
parallelo tra il serpente di Mos e Ges sulla croce nellottica della tipologia tra antitipo
veterotestamentario e tipo neotestamentario, un metodo usato per legittimare Ges nei confronti
dei giudei) non solo un esporre alla visibilit di tutti, ma anche un essere esaltato (croce-gloria)
ULTIMA TESTIMONIANZA DI GIOVANNI (Gv 3,22-36)
Giovanni rispetta fino in fondo il suo ruolo di testimone (v.28 come Gv 1,8.15). Ges riprende le
stesse attivit del Battista. Il v.31 pur essendo continuazione del discorso del Battista, staccato; la
domanda: i vv.31-36 vengono detti da Giovanni, da Ges o dallevangelista? E Ges che rivela
ci che in cielo ha visto e udito, cio il Padre (Gv 1,18 e 3,32).
LA SAMARITANA (Gv 4,1-42)
Vedi fotocopie n3-7
MIRACOLO A DISTANZA: FUNZIONARIO REALE (Gv 4,46-54)
Il fatto eccezionale, la sua struttura :
Ges < il funzionario va da ammalato
> incontra i servi che comunicano la guarigione avvenuta a distanza
la distanza sia spaziale che temporale
GUARIGIONE DI UN MALATO IN GIORNO DI SABATO (Gv 5,1-47)
Gv 5,1-18: descrizione dellavvenimento
Il moto dellacqua nella piscina era dovuto alla particolare conduttura a sifone che la alimentava,
riemerge cos in questa pericope il tema cosmico dellacqua: il suo supposto effetto benefico
viene soppiantato dalla potenza di Ges. Nel corso della narrazione riappare anche quella strategia
narrativa che verte attorno alla questione dellidentit di Ges: gli astanti non ne sanno nulla ma noi
lettori lo sappiamo da quanto fornitoci precedentemente.
E importante che si mostri che Ges compie miracoli di sabato. Ai suoi contemporanei non fa
nessun problema che Ges compia miracoli, il problema che lo faccia di sabato: in questo modo
che pone linterrogativo sulla sua identit, perch sono gesti non proprio secondo la Legge. Il v.16
chiaro ma il v.17 enigmatico: sembra dire qualcosa che non centra niente.
Lo shabbat il giorno del Signore; ora c uno che compie dei segni durante lo shabbat. Il segno ha
due livelli dinterpretazione:
- immanente: il visibile che accade
- trascendente: rimando alla fonte dellenergia miracolistica identit divina di Ges
Nellopera di Ges si rivela il lavoro del Padre (i Sinottici avrebbero scritto che Ges il padrone
del sabato). Ecco perch lasprezza dei giudei al v.18 giustificata. Ges afferma che il Padre suo
opera anche ora, di sabato, in merito al miracolo, perch questo rientra nella contemplazione e nel
compiacimento del Padre: riabilitare luomo dalle sue ferite non un lavoro oneroso per il Padre ma
una gioia. I giudei non accettano questo.
Gv 5,19-46: il discorso di Ges riprende questi contenuti e li approfondisce.
Il compito di Ges donare la vita. Viene espressa la sua uguaglianza al Padre e dunque la sua
divinit che per partecipata e condivisa con il Padre ci indica la sua umilt. Connesso al tema
10

della vita eterna quello del giudizio escatologico, funzione ottemperata dal Figlio non
autonomamente ma sempre in comunione col Padre. Ges accenna al pi grande testimone che ha
avuto finora, Giovanni Battista, tuttavia accenna a una testimonianza ancor maggiore, fornitagli dal
Padre stesso nelle opere che Ges compie e che provengono egualmente dal Padre grazie alla
sintonia fra di loro. Una terza testimonianza garantita dalle Scritture.
IL PANE DI VITA (Gv 6)
a) Gv 6,1-15
moltiplicazione
> vedi tradizione sinottica
b) Gv 6,16-21 camminata sul mare
c) Gv 6,22-24 transizione
d) Gv 6,25-59 discorso sul pane di vita
25-34 introduzione > sfondo sapienziale
35-50 il Pane di vita

51-59 il Pane di vita lEucaristia


e) Gv 6,60-71 reazioni al discorso (crisi)
60-61 molti discepoli abbandonano Ges
67-71 confessione di Pietro e predizione del tradimento di Giuda
In questo discorso ci sono molte allusioni alla manna del deserto per cui questo racconto fa pi o
meno esplicitamente riferimento a un antitipo dellAT. Alcuni esempi:
v.3 Ges sale sulla montagna (non specificata) Mos sale sul Sinai
v.5 dove comprare il pane Nm 11,13 dove trovare la carne
v.14 questo il profeta Es 18,18 Dio susciter un profeta
v.31 hanno mangiato la manna Es 16,4; Sal 78,24
v.32 non Mos vi ha dato il pane Mos soppiantato da Ges
v.43 non mormorate Es 16,8 mormorate contro
v.46 solo chi viene da Dio ha visto il Padre (cfr Prologo) Ges pi di Mos
v.50 questo il pane vivo la mia carne Es 16,15 il pane che il Signore vi ha dato...
Il v.51 poi esplicitamente eucaristico (carne pane) e in esso riecheggia lultima cena (cfr.
Brown p.368).
LADULTERA (Gv 8,1-11)
Questo racconto una meteora lucana precipitata nel mondo giovanneo, un episodio appartenente a
Lc che nel canone finito in Gv. Lo si deduce da differenze di linguaggio e di contenuto tra questo
testo e il resto del Vangelo di Gv. Oltre alla critica interna, anche quella esterna lo mostra: i
manoscritti pi antichi infatti non lo riportano. Il motivo dellinserimento forse il desiderio da
parte di qualche copista/redattore di non perdere il racconto. Non si contesta la canonicit ma di
certo questo brano non proprio dellautore del 4 Vangelo.
Il racconto inizia con una disputa (tipica dei sinottici) sulladulterio, ma il tema centrale il
rapporto tra Ges e il peccato, la sua misericordia verso i peccatori. La scena collocata nel Tempio
(nel cortile pi ampio) e con un riferimento preciso alla Legge: per lunit della famiglia e la sua
salvaguardia, ladulterio era da punire severamente. Ma Lv 20,10 precisa che entrambi i colpevoli
dovevano essere puniti, mentre i farisei mettono nel mezzo solo la donna: a loro interessa solo
mettere in difficolt Ges. La domanda del v.5 pretestuosa (e vera a met, non solo la donna
andava messa a morte): se Ges avesse detto si, Mos condanna, egli avrebbe contradetto se
stesso; se invece avesse detto no sarebbe stato un trasgressore delle Legge. Ges non risponde e si
mette a scrivere, tace, gli altri insistono e Ges risponde, poi ritorna a scrivere.
Varie sono state le interpretazioni di questo scrivere:
[1] Ges scrive i peccati degli accusatori (versione fatta risalire a S. Girolamo);
[2] come nella prassi romana il giudice prima scriveva la condanna e poi la leggeva a voce alta, cos
fa Ges, ma stupisce che la sua non sia una condanna;
11

[3] Ges attua Ger 17,13 quanti si allontanano da Te saranno scritti nella polvere;
[4] Ges scrive Es 23,1 non presterai mano al colpevole, ovvero si presume si tratti una
cospirazione del marito (ma Ges non dice che la donna innocente);
[5] in Es 31,18 e Dt 9,10 detto che Dio scrive la Legge con un dito e Ges nel Tempio allora
scrive la Legge nuova (perdono, misericordia); si tratta di unipotesi difficile, Ges non ha mai
parlato di una nuova Legge.
In realt forse la cosa molto pi semplice: la scena inizia con la fretta e la rabbia della folla e Ges
scrivendo per terra, prende tempo, cerca di calmare, si tratta cio di un espediente narrativo. E la
risposta di Ges che conta e non i suoi gesti.
Non messo in dubbio il peccato delladultera (v.3 e v. 11), ma cambia la prospettiva: chi pu dirsi
cos innocente da poter condannare un altro? E un colpo di genio di Ges: non trasgredisce la
Legge ma sposta lattenzione sullapplicazione della stessa (cfr Lc 7,37-50, tutti i debitori sono
condonati), la Legge valida ma chi pu pretendere di applicarla? La reazione dei presenti
(abbandonano la scena) mostra lefficacia della Parola di Ges, ma il racconto non finisce l (v.9).
Se lunico senza peccato Ges, come reagir ora? Se ci si fermasse al v.9, mancherebbe il giudizio
di Ges. Egli per non considera, come i suoi interlocutori, la donna un caso, entra invece in
dialogo con lei ponendo una domanda: ora la donna che deve prendere posizione (e non gli altri su
di lei). Lultima affermazione di Ges insieme un giudizio di misericordia e unapertura al futura
per la donna.
GESU NEL TEMPIO (Gv 8,12-59)
v.12 collegamento col prologo
v.17 due testimoni portano un messaggio valido
v.19 doppia interpretazione di Padre (terreno/celeste)
v.21

luogo
v.24 Io Sono (cfr cap.4)
v.39 rivendicazione della stirpe eletta
v.41 si alzano i toni, i giudei girano laccusa a Ges (non noi casomai tu sei)
v.42 se tutti fossero figli ci sarebbe parentela, quindi riconoscimento
v.44 la vera origine degli ebrei
v.44 definizione di diavolo (omicida dal principio e padre della menzogna)
v.47 tra Ges e i giudei c un vuoto allorigine
v.53 laccusa: chi pretendi di essere?
v.58 Ges pretende una priorit ontologica prima che cronologica
v.59 il desiderio della lapidazione continua
Gli ultimi versetti parlano del verbo vedere che far da collegamento col cap.9
GUARIGIONE DI UN CIECO NATO (Gv 9)
Qui non si tratta di ri-acquistare la vista, perch questo tale non lha mai avuta.
v.6 saliva e terra riferimento ad Adamo
v.14 sabato, ancora una volta il giorno scelto apposta per provocare
v.30 affermazione forte dellex-cieco, si prende gioco dei farisei
v.37 ora il cieco vede davvero, non solo fisicamente ma con la fede
v.41 il peccato non sta nellessere ciechi ma nel presumere di vedere
BUON PASTORE MERCENARI (Gv 10,1-21)
La cecit delle guide (farisei) si scontra con la vera guida (il buon pastore).
Vedi fotocopie n8-9
ACCUSA DI BESTEMMIA (Gv 10,22-42)
Sfondo: il Tempio profanato da Antioco viene ripristinato.
Accusa: i giudei accusano Ges della stessa colpa di Antioco (farsi dio).
12

Alla domanda esplicita dei giudei, Ges risponde rimandando ai segni (miracoli): sono essi che
parlano. C poi un riallacciamento al tema delle pecore: esse stanno nella mano di Ges e del
Padre; i due sono quasi la stessa cosa, Ges manifestazione del Padre e ci possibile solo
perch Padre e Figlio sono la stessa cosa (io e il Padre siamo uno). Non il Tempio a garantire la
presenza di Dio (collegamento con festa della dedicazione) ma Ges che garantisce la custodia
delle pecore, la presenza di Dio tra il suo popolo.
Qal-wahomer: principio equivalente (a fortiori); si afferma qualcosa di una categoria e la stessa cosa
maggiorata di unaltra categoria o di parte della prima (Lc 12,24-28 se i corvi
molto di pi di voi, se erba del campo quanto pi di voi; Rm 5,15-17 se
uno solo morirono tutti molto di pi grazia di uno solo tutti).
Se la Scrittura chiama dei gli uomini, molto di pi pu esserlo Ges.
v.36 il verbo usato per consacrare significa anche dedicare: chiaro il collegamento
col Tempio (laltare consacrato sostituito da Ges). Ecco allora che sono i giudei a voler
profanare il vero tempio.
LAZZARO E LA GLORIA (Gv 11,1-12,49)
v.11,3 il tuo amico colui che tu ami: Lazzaro una possibile identificazione di colui che Ges
ama
La morte e resurrezione di Lazzaro sono propedeutiche per i discepoli per affrontare la morte e
resurrezione di Ges. Ma quella di Lazzaro non lingresso nella vita eterna, un risuscitamento
alla vita di prima (la resurrezione di Cristo totalmente nuova). Non una morte apparente,
altrimenti il segno cade, ma reale (Lazzaro cadavere), solo che una resurrezione minore.
v.11,45 molti giudei credono e si crea una divisione
v.12,3 lunzione il preludio alla morte di Ges
v.12,27 glorificazione di Ges
v.12,28 c ancora una voce dal cielo
LA LAVANDA DEI PIEDI (Gv 13,1-20)
Vedi fotocopie pag. 10-12
Stratificazione del brano a cerchi concentrici.
mangiare v.2
lavanda v.5-10
mangiare v.18

consapevolezza
deporre le vesti
riprende le vesti
v.1.3
v.4
v.12
- lavare = prendere parte -

sapere
v.12.17

LA PASSIONE (Gv 18-19)


Guardando al tema dellora vediamo che ci che non era giunto in Gv 12,23 e in Gv 13,1 arriva in
Gv 17,1: giunta lora della gloria!
In Gv 18,1 si parla di un giardino che ritroveremo in Gv 19,41: un inclusione che comprende tutta
la passione. E possibile un richiamo alla Genesi: dove Adamo caduto, Cristo inizia unumanit
nuova; ma pi probabile il collegamento con Davide (2Sam 15,30-31) che sale nel giardino degli
ulivi triste perch perseguitato dal figlio Assalonne.
E presente anche la contrapposizione luce-tenebre: siamo di notte e ci sono lampade e lanterne.
In questo quadro Ges sa ma invece di sfuggire, si fa innanzi (ha lui il controllo della situazione
e va verso i soldati), si autopresenta sono io, con decisione. Questa affermazione sulla scia delle
rivelazioni divine mostra tutta la potenza di Ges, tanto che gli altri cadono a terra: Ges il pi
forte. Il sono io compare 3 volte (v. 5-6-8) volutamente, segno del progressivo manifestarsi divino
di Ges in tutta la sua forza. E lui che dirige i fatti, lui che da le disposizioni per lincolumit dei
discepoli, quasi comanda le guardie.
13

La frase non ho perduto nessuno molto forte e prende dentro anche Giuda: il 4 Vangelo non
da una condanna definitiva del traditore, anche perch non lunico a non capire, nemmeno Pietro
ci arriva.
Gv 18,1-11 non descrive quindi tanto larresto quanto piuttosto lauto-consegna di Ges e la sua
auto-rivelazione.
In Gv 18,12-27 sono presenti due racconti paralleli: ci che accade dentro, a Ges, e ci che accade
fuori, a Pietro, ed questultimo a uscirne colpevole.
v. 14 le parole di Caifa sono profezia e anche verit: Ges muore per il popolo, non al posto ma in
favore del popolo. Il fatto che un sommo sacerdote avesse parlato cos poteva essere usato a
favore di Ges, tenendo conto che le prime comunit cristiane frequentavano il Tempio e
consideravano le sue autorit (un sacerdote ha profetizzato di Ges)
v.15 compare un discepolo non nominato: difficile sia il prediletto, Caifa lo avrebbe saputo, ma
non escluso
Notiamo che le parole di Pietro sono lesatto contrario di quelle di Ges:
Ges
Pietro
in entrambi c una
(v.5)
(v.17)
sfumatura
(v.6 non detto) [iosono io non sono] (v.25)
dellaffermazione
(v. 8)
(v.27 non detto)
Alla triplice identit di Ges corrisponde la triplice non identit di Pietro che cerca luce e calore
accanto al fuoco (v.18) ma lontano dalla luce vera. La negazione di Pietro non tocca per solo la sua
identit, ma ferisce anche il maestro, negato come tale: negando il proprio legame con Ges,
Pietro non-esiste. Facendo ci, la solitudine di Ges aggravata. Il brano cos si struttura a incastro:
Ges-Pietro-Ges-Pietro.
Il processo davanti a Anna verte sulla dottrina di Ges (v.19) il quale mette a tema il suo parlare
(v.20) e il suo insegnamento (v.20): non c niente di nascosto, tutto pubblico. Lo schiaffo dato
dalla guardia non ben comprensibile, forse per una presunta mancanza di rispetto (biasimo alle
parole). La domanda che ne emerge ora: Ges parla bene o parla male? Una domanda che
riguarda sia ci che ha appena detto, sia ci che ha insegnato e nessuno sa rispondere.
v.27 il canto del gallo importante perch conferma Gv 13,38 (profezia) mostrando che le parole
di Ges si avverano. Il suo dire allora autentico (se questo era il problema).
Alla menzogna di Pietro corrisponde lautenticit di Ges.
Nel processo davanti a Pilato (Gv 18,28-19,16) il tema non pi la dottrina ma la regalit di Ges.
Si tratta di un racconto molto lungo e drammatico, sproporzionato rispetto al resto del Vangelo:
7 scene (con attenzione quasi teatrale al rapporto interno/esterno) in cui Pilato stesso vive un
doppio stato danimo (il dramma anche dentro di lui)
al centro la scena 4 lunica in cui Ges sta in silenzio (le altre sono segnate dal dialogo) ed
trattato come un re da burla, ma anche sotto queste vesti, anzi proprio qui, si manifesta la sua
regalit
nella lotta tra giudei e Pilato, in un clima di sfiducia reciproca, Ges trattato da buffone non perde
mai il controllo e la regalit, invertendo i ruoli su un altro piano (lo sconfitto esaltato, il giudice
giudicato, gli oppositori per ironia proclamano la verit)
Le scene sono:
[1] Gv 18,28-32 esterna accusa dei giudei
il contatto ebrei-pagani era causa di impurit per i primi: fanno attenzione a un particolare e
commettono un peccato gravissimo. C unaltra cosa: i giudei non dicono subito laccusa
(essersi fatto Figlio di Dio) perch Pilato altrimenti non avrebbe nemmeno iniziato il processo
non toccando la sfera civile. Religiosamente ipocriti, falsi nellaccusa (sanno bene che Ges non
un malfattore) e al v.31b emerge che la sentenza gi stata emessa, serve solo ratifica di
Pilato. Al v.32 c unulteriore conferma delle parole di Ges.
[2] Gv 18,33-38a interna regalit di Ges
Pilato non si capisce perch sa che laccusa di Ges di essersi fatto re e gli chiede di
confessare. La regalit intesa da Pilato terrena, ma Ges si distacca, la distingue, tanto che
14

rinuncia a difendersi con la forza (v.36). Pilato sottolinea la sua differenza dai giudei, anzi si
scontra con loro. Ges accetta lattributo di re ma con riserva: Pilato a dirlo! Ges non si
limita a rispondere ma offre a Pilato la sua rivelazione (rif. al Prologo).
[3] Gv 18,38b-40 esterna Ges o Barabba?
il non trovare in Ges alcuna colpa lopposto dellaccusa dei giudei: attestazione di innocenza
(che di per s verit) contro accusa di colpa. Ma per timore di una sollevazione Pilato tenta
una strategia politica: cerca di risolvere linnocenza di Ges con lusanza di liberare un
malfattore. Lerrore per sta nel chiamare Ges re; cos inizia lironia, chiedono la morte di un
innocente e la liberazione di un colpevole.
Bar-abb = figlio di un padre (padre sconosciuto)
Ges Figlio del Padre (conosciuto)
[4] Gv 19,1-3 interna Ges re da burla
Pilato cerca un compromesso, visto che la carta dellamnistia fallita e tenta di soddisfare la
sete di sangue dei giudei (ricordiamo che la flagellazione portava anche alla morte immediata o
per le infezioni causate). Il tentativo di Pilato comunque ingiusto, visto che lo aveva
riconosciuto innocente. Le prese in giro dei soldati sono descritte in modo pi sobrio rispetto ai
sinottici (ci sono solo due dettagli: corona e mantello). Anche qui per lironia mostra la verit:
Ges davvero re, inizia la rivelazione di Ges come re anche se nella forma contraria.
[5] Gv 19,4-7 esterna ecco luomo!
come in 18,38 anche in 19,6 Pilato ribadisce linnocenza di Ges. Al v.5 c Ges che esce (non
portato) con le insegne regali: lincoronazione privata, fatta dentro, viene ora mostrata alla
gente. Dopo luscita c lacclamazione (ecco luomo) che non presenta per Ges come re;
cosa vuol dire questa espressione?
[1] ecco luomo, guardate questo povero disgraziato, solo un uomo, accontentatevi
(fragilit, titolo di disprezzo)
[2] ecco luomo, con tutta la forza dellarticolo, in greco, ecco lumanit nella sua
creaturalit (titolo onorifico)
Al rifiuto di crocifiggerlo, inizia un ricatto psicologico: la pretesa figliolanza divina di Ges urta
la religione locale e se Pilato non riesce a risolvere la questione significa che non in grado di
fare il suo mestiere, cosa che pu essere riferita a Roma.
[6] Gv 19,8-11 interna potere di Pilato
Pilato pone la domanda centrale del dialogo: di dove sei? Prima davanti al silenzio di Ges
(18,38) era uscito, ora invece ricorre alla minaccia. Il silenzio di Ges manifesta che egli aveva
gi dato una risposta e Pilato non aveva capito; chi legge per sa gi di dove viene Ges:
dallalto. Ci si chiede allora chi dei due abbia autorit. Pilato ha ricevuto il potere dallalto:
dallimperatore, ma anche dal Padre che lo permette (Ges ha in mano la situazione). Chi allora
ha consegnato Ges? I giudei, Giuda, Caifa e il diavolo che li ispira. Ges cio si consegna e
insieme consegnato. Ges qui si rivela giudice: il colpevole chi lo ha consegnato e insieme
anche Pilato.
[7] Gv 19,12-16a esterna condanna
nel giudizio formale di condanna chi si siede in tribunale? Il verbo che ha due
significati: attivo (sedersi) e transitivo (far sedere); c ambiguit su chi sia il giudice (Pilato o
Ges), comunque si tratterebbe della intronizzazione di Ges. Al v.13 c unindicazione
geografica e al v.14 una temporale. Siamo nella torre antonia allora sesta della vigilia della
Pasqua, ora in cui al Tempio si sgozzavano gli agnelli per la festa. Ci sono paralleli: Ges e
agnelli Ges il vero agnello. Pilato vuole ancora resistere ai giudei, continua a
punzecchiarli sul fatto del re e i giudei pur di negare Ges-re, si prostituiscono: falsamente
accettano come unico re Cesare. Pilato rischia laccusa di lesa maest e sotto minaccia dei
giudei, cede. Ma la situazione peggiore quella dei giudei che si rinnegano, disconoscono
Jahw come unico re e cos si autoaccusano, pongono fine alle attese messianiche. In questo
momento si creano i presupposti perch Ges sulla croce sia conosciuto re da tutti i popoli
(scritta sulla croce).
15

Anche nella crocifissione sempre Ges il protagonista: lui che porta e che si avvia. Gv descrive
molto velocemente la crocifissione, nessun dettaglio su di essa o sui due altri crocifissi con Ges.
Pilato come da uso, fa scrivere la condanna su una tavoletta: ma ci sono diversit tra i Vangeli, Mc
il re dei giudei, Mt e Lc questo il re dei giudei (formula ostensiva) e Gv Ges il nazoreo re
dei giudei (la pi estesa). Gv chiama questo cartello titlos possibile traslitterazione del latino
titulus che significa iscrizione ma anche titolo donore. Ges proclamato re in 3 lingue,
conoscibile perci in tutto limpero, una proclamazione universale: tutti hanno ora accesso al
Padre (i cartelli in 3 lingue nel Tempio servivano a tenere fuori i non circoncisi).Altro dettagli la
forma permanente della scritta (Pilato non accetta di cambiarla)che da oltraggiosa diventa
autorevole: lintronizzazione. Gv lunico che distingue tra vesti e tunica forse per far aderire il
racconto al Salmo: si tratta di un compimento della Scrittura. I collegamenti tra AT e NT oltre a
quelli tipologici, possono essere di intertestualit (un versetto di un libro riportato pari pari in un
altro testo es. Gv 19,24: da Salmo a Vangelo). Non si tratta solo di citazione ma di dare nuovo senso
alle parole usate che diventano cos, nellorigine, profezia. La tunica inconsutile riprende la lavanda
dei piedi: Ges ha il potere di deporre e di riprendere le vesti, ora le d ma c anche la premessa
per riprendersele. La veste tutta dun pezzo poi era caratteristica del sommo sacerdote (cos descrive
Giuseppe Flavio), c quindi un parallelo col culto giudaico. Infine la veste unica indica lunit
della Chiesa (Gv 17,20-26) che resta tale anche se cade in mano dei nemici.
Gv 19,25-27 la creazione di nuovi legami, una nuova famiglia che va oltre il legame di sangue e
che si fonda sotto la croce: Maria, figlia di Sion, diventa madre dIsraele, cos come la Chiesa
madre dei discepoli; lora giunta e la donna si prende cura dei discepoli (cfr Nozze di Cana; GPII
in RM23). Ci sono ora affermazioni di Ges che indicano ladempimento e il perfezionamento:
lapice del racconto.
v.28 - Ges sa, consapevole e ama sino alla fine (Gv 13,1)
- il tutto incluso tra tutto compiuto del v.28 e del v.30
- ho sete indica bisogno fisico di Ges
Sal 68,22 avevo sete e mi hanno dato da bere aceto
per Israele <

non si tratta di una sconfitta ma di un compimento, il punto darrivo


Gv 4: la samaritana
per la storia di Ges <
- Ges aderisce pienamente alla volont del Padre come in Gv 4,6 (doveva passare) e Gv
18,11 (devo berlo)
v.29 - lattenzione si sposta sul vaso: dare da bere pu significare un atto di piet o di crudelt
(allunga la sofferenza)
- la canna in greco detta issopo, ramo di issopo (riferimento liturgico allaspersione col
sangue dellagnello di Es 12,22-23 e al Tempio)
v.30 - = compiuto; lultima parola di Ges in Gv. Ges, il logos, la Parola di Dio
pienamente consapevole di aver portato a termine lopera che il Padre gli ha dato,
soddisfatto. Se il Ges di Mc come ultime parole dice Dio mio, Dio mio che
unaffermazione di abbandono, di fiducia nel Padre, quello di Gv quasi compiaciuto del
lavoro fatto
- = consegn lo spirito; molto pi del semplice spirare/morire,
lultimo atto di Ges, Ges ancora attivo, prende ancora uniniziativa e dona lo Spirito
Santo: una morte attiva
Il racconto del colpo di lancia presenta due citazioni esplicite della Scrittura e continua il parallelo
con lagnello pasquale: doveva essere sgozzato ma non gli doveva esser rotto alcun osso (Sal 34,2021; Es 12,10-46; Nm 9,12).
v.34 - dalla ferita esce sangue e acqua: scientificamente, biologicamente non strano, ma
davanti a questo fatto levangelista ci tiene a sottolinearne la veridicit. Da un cadavere non
dovrebbe uscire niente, invece stupisce i presenti che esca sangue e acqua: il segno
esplicativo di quella potenzialit di vita che Ges esprime donando lo spirito; non la fine,
non una sconfitta, ma un nuovo inizio, una vittoria (Gv 7,37-39), Ges continua a
16

effondere vita e spirito anche se fisicamente assente. Il tema dellacqua iniziato a Cana
raggiunge qui il suo culmine, come pure il connubio venire-vedere-credere iniziato nel
cap.1: ora tutti possono venire, vedere e credere.
Anche la sepoltura in Gv prende una colorazione particolare, regale, maestosa. Ges viene unto con
una quantit esorbitante di olii aromatici: la preziosit dei doni mostra la preziosit della persona di
Ges; Ges dunque re dallinizio alla fine del racconto della Passione (cfr 2Cr 16,14).
LA RESURREZIONE (Gv 20,1-29)
v.1 = nel (giorno) uno dei sabati; non si tratta del primo giorno della settimana
ma del primo giorno che inaugura un nuovo inizio (Gv forza il linguaggio per indicare una
novit assoluta)
v.2 il sepolcro vuoto non sufficiente da solo a indicare la resurrezione e nemmeno le apparizioni
da sole (il primo lascia il dubbio del furto, le seconde di un fantasma), serve la presenza
contemporanea di entrambe
v.7 il sudario piegato la risposta alla teoria del furto del cadavere: i ladri non avrebbero certo
riordinato il luogo del furto, serve unaltra spiegazione
v.1-8 c una sorta di eco testimoniale (Maddalena, discepolo che Ges amava, Pietro) che ricorre
anche in Gv 1 e Gv 12
v.8 ora vedere = credere
v.15 compaiono due angeli ma solo per chiedere il motivo del pianto; la loro posizione sembra
rappresentare larca dellalleanza, lo sgabello per i piedi di Jahw, dove il vuoto tra le ali non
pi occupato dai piedi ma da Ges risorto
v.19 siamo alla sera dello stesso giorno e i discepoli sono chiusi per paura di essere arrestati,
eppure Ges entra. Il fatto che Ges sta in mezzo risente della prassi ormai normale della
comunit cristiana ai tempi di Giovanni, di ritrovarsi ogni 8 giorni (Gv 20,26). I motivi per cui
Ges mostra i segni della passione sono essenzialmente due:
- il Ges risorto il Ges crocifisso, indispensabile che lo sia! C continuit dellidentit
pur nella discontinuit della condizione (motivo apologetico)
- Ges offre la pace (e non il giudizio) e lo spirito (reduplicazione dopo la croce, come nella
creazione) e nel farlo mostra il modo in cui ha amato
v.27 non si sa se Tommaso tocca o meno Ges, ma lepisodio mostra lo scarto tra il credere-vedere
e il credere senza vedere, aprendo la strada a una nuova beatitudine
CONCLUSIONI (Gv 20,30-21,25)
Con Tommaso si chiude linclusione iniziata nel prologo dellidentificazione Ges-Dio,
affermazione che ora consegnata ai discepoli (1 conclusione).
Ges, poi, stette sulla riva (in 21,4 come in 20,19.26): ci indica che Ges non viene, ma
gi presente al centro della comunit e vi permane. In Gv 21,9-12 vi poi un accenno eucaristico.
Nella scena che segue Pietro chiamato Simone, sottolineandone la sua umanit pi che il ruolo ma
le domande di Ges pi che rinfacciare il triplice rinnegamento (non da Ges farlo), indicano un
modo per stipulare un contratto (dire tre volte significa far essere una cosa) per dare stabilit
allamore di Pietro verso Ges, amore che si visibilizza prendendosi cura delle pecore (che restano
di Ges) ma che comporta anche che una volta pastore non si pu pi andare dove si vuole. Ges
infatti pone un nuovo inizio chiamando Pietro a seguirlo ( lo stesso verbo che i sinottici mettono
allinizio).
Alla fine (come nel cap 20 e nel 21) abbiamo 2 figure: un discepolo che si lascia amare da Ges e
uno (Pietro) chiamato ad amare; sono i due aspetti di cui deve vivere la comunit cristiana. Il
Vangelo si chiude con:
v.24 che richiama le affermazioni fatte sotto la croce
v.25 che rappresenta una conclusione solenne.

Lettere di Giovanni
17

Fanno parte delle Lettere cattoliche cos chiamate perch non indirizzate a comunit precise, ma
ampliamente destinate. Oltre 1-2-3 Gv ci sono Gc, Gd, 1-2 Pt. Nelle prime testimonianze (Muratori,
Ireneo) si parla solo di 2 lettere di Giovanni, forse perch la seconda era un biglietto
accompagnatorio della prima; certo che tra 2Gv e 3Gv c un stretto legame col tema comune
dellospitalit.
AUTORE
Il presbitero Giovanni (non lapostolo) che potrebbe anche inserirsi in uno dei 4 livelli dellautore
del Vangelo (redattore finale o uno della scuola o della cerchia giovannea.
TEMPO
Probabilmente scritte verso la fine degli anni 90 ma non dopo il 120 visto che i Padri del II secolo
gi le citano.
LUOGO
Probabilmente Efeso.
1Gv TEMI
Assomiglia molto al Vangelo di Gv sia per i temi che per il linguaggio, ma presenta anche
differenze - la luce in Gv Cristo, mentre in 1Gv Dio
- in Gv emerge il conflitto Ges-giudei, in 1Gv quello interno alla comunit cristiana tra
gli ortodossi e quelli che negano Ges venuto nella carne (1Gv 4,2) che sfoceranno
nelleresia docetista; lanticristo proprio questa idea sorta dentro la comunit, che
nega lincarnazione.
1Gv STRUTTURA
1,1-4
Prologo
[I] 1,5-2,27 Dio luce
1,5-10
Dio luce
2,1-6
conoscere Dio
2,7-11
comandamento antico e nuovo
2,12-17
avete vinto il maligno e non amate il mondo
2,18-27
lanticristo e il crisma
[II] 2,28-4,6 Dio giusto
2,28-3,10
i figli di Dio praticano la giustizia
3,11-24
amiamo per attuare la verit
4,1-6
lo spirito di Dio e lo spirito dellanticristo
[III] 4,7-5,12 Dio amore (vertice della lettera e del NT)
4,7-21
Dio amore
5,1-12
fede e testimonianza
5,13-21 Epilogo
1Gv PROLOGO
Si ripete la logica de Gv (Dio si reso visibile) ma con una nuova prospettiva: lesperienza
tangibile (sensibile) dei testimoni, lAssoluto si fatto sperimentabile; se in Gv la prospettiva era
teologica, qui c una prospettiva ecclesiale (testimonianza, condivisione).
v.1 il ci/quello in greco neutro (entit) e solo proseguendo lo si identifica col verbo
(maschile) della vita (femminile), ma non si parla subito di Ges (in Gv invece si parla fin da
subito di Logos). Al centro c lesperienza concreta dei testimoni, il soggetto il noi
ecclesiale, un gruppo che si rivolge a un voi, facendosi garante dellesperienza originaria
18

(testimoni oculari, affidabili). Questo possibile perch il Logos diventato carne (Gv 1,14),
uscendo dal nascondimento/trascendenza e entrando nellimmanenza. Si tratta di una presa di
posizione contro i dissidenti (1Gv 4,2; 2Gv 7) che negano che Logos = Ges.
Notiamo che ci sono moltissimi verbi nei 4 versetti con questa coerenza interna:
- era
imperfetto
indica durata, continuit nel tempo, eternit del Verbo
- abbiamo udito, ecc. passato
lesperienza fatta da testimoni del Logos
- annunziamo, ecc.
presente
testimonianza orale e scritta, comunione/gioia
verticale (Trinit)(cristiani) orizzontale
la scansione della missione strutturata sulla scansione dei verbi, si parla di una
comunicazione che gioia (ho sperimentato e non posso tenerlo per me) ed questultima lo
scopo finale. Cos accogliere Ges, prima ancora che portare a credere in lui, porta
lesultanza, la gioia (cfr Gv 15,11: lo scopo di rimanere in Ges; Gv 16,24; Gv 17,13).
Anche per i cristiani di oggi la gioia (e non la felicit) deve essere fondata su una esperienza
diretta che fa capo alle mediazioni (Chiesa e Parola di Dio) e daltra parte lesperienza porta
necessariamente alla gioia.
1Gv DIO E LUCE (1Gv 1,5-2,27)
La luce a differenza di Gv 8,12 qui riferita a Dio e non direttamente a Ges (cfr tutta 1Gv dove
Dio = Padre) ed messa in risalto la netta differenza tra tenebre e luce.
2,1 ad-vocato, para-caleo (chiamare presso) in 1Gv Ges in Gv lo Spirito Santo; contro
laccusatore (diavolo)
2,5 il modo perfetto di amare Cristo osservare la sua Parola
2,10-11 chi nella luce ama il fratello, chi lo odia nelle tenebre; la stessa assoluta separazione tra
le due posizioni in Dio si riflette in noi, nelle relazioni col fratello (non c commistione pena
la menzogna)
2,14 i giovani sono gi forti
2,18 si parla di cristiani usciti dalla comunione perch negano lincarnazione
2,23 per conoscere il Padre, vero Dio, dobbiamo passare attraverso Ges, ma nel suo essere uomo
concreto; negare uno negare laltro
2,24 stessa logica del prologo: testimonianza comunione
1Gv DIO E GIUSTO (1Gv 2,28-4,6)
3,1-2 siamo gi amati e figli, ma c ancora un margine della nostra identit non ancora conosciuto
(ci sar dato nelleternit)
3,18 continuo andirivieni tra credere allinsegnamento e la concretezza nellamore del fratello
4,2 criteri di discernimento per riconoscere i falsi profeti (rif. incarnazione)
1Gv DIO E AMORE (1Gv 4,7-5,12)
4,7 amarsi gli uni gli altri perch lamore dato da Dio; Lui (e non i rapporti umani) il
fondamento dellamore
4,8 stesso concetto in forma contraria: amare = conoscere Dio; Dio si rivelato solo attraverso la
dimensione dellamore (1Gv non descrive la sua essenza filosofica, ma la sua funzione)
4,9 unigenito (monoghenos in greco, hjahid in ebraico) significa il figlio unico, lamato, il
prediletto (cfr Gv 3,11: Ges e Nicodemo)
4,9-10 questo lamore di Dio per noi: Dio ci ama prima e manda il suo Figlio per darci la vita.
eros = amore per attrazione
Dio amore
manda il Figlio
filia = amore per affinit (amicizia)
agape = amore per pura gratuit [cos funziona lamore di Dio] crocifisso per i peccati umani
il segno dellamore e non della crudelt di Dio
cfr Rm 5,8
Ges morto per noi nel momento in cui noi eravamo peccatori e non avevamo nessun
merito, Dio non aveva alcuna attrazione per noi: ci mostra la gratuit del suo amore
19

4,11 la conseguenza dellamore di Dio ( una sua iniziativa che si riflette in noi)
4,13 elemento di riconoscimento di chi nel Padre; il motore dellamore lo Spirito
4,15 reciproca immanenza (Dio-noi) la condivisione con noi di quella immanenza che c tra
Ges e il Padre (lo Spirito)
4,16 chiude linclusione iniziata in 4,8
4,17 amare ci porta ad aver fiducia nel giudizio, perch Dio proprio lamore
4,18 lamore non nasce dalla paura del castigo
4,19 la sintesi: la nostra pura risposta

Apocalisse
C una grande inclusione:
1,3 beato chi legge beati coloro che ascoltano: il libro una grande liturgia (lettore-assemblea)
22,7 beato che custodisce le parole
Lautore attira lattenzione sullimportanza di questo libro per la comunit, chi lascolta ha come
meta la beatitudine, lo scopo quindi quello di conservare e garantire la presenza delle parole di
Ges. Siamo dopo il 4 Vangelo, quindi attorno al 95 e le comunit devono ormai fare i conti col
mondo: levento Ges lontano e serve una nuova evangelizzazione che interpreti lAT alla luce di
Cristo ma anche la storia alla luce di Cristo. LApocalisse ci introduce nel dramma della storia con
cui la Chiesa impatta, non si tratta di una riflessione sapienziale ma di una descrizione attraverso
immagini forti. LApocalisse destinato alla liturgia, l che la comunit ascolta le parole di Ges e
si impegna a leggere la propria realt alla luce di queste; lo scopo del libro quindi di confortare i
credenti, di sostenerli nelle fatiche della loro fede, si suscitare la speranza in Cristo risorto che
conduce la storia, anche se i fatti sembrano smentirlo.
IL GENERE LETTERARIO APOCALITTICO
Apo-calisse = svelamento, rivelazione.
un genere che si sviluppa dal II sec. aC fino al III sec. dC: anche il Battista fa parte di quella
schiera di profeti che annunciano limminenza del giudizio, per questo Ges se ne allontana.
Le caratteristiche del genere sono:
il simbolo che permette di reinterpretare la realt data anche in contesti diversi (cosa che non
pu fare la descrizione semplice)
il sogno che si evolve in visione che a sua volta il modo con cui si entra in contatto con la
trascendenza; non serve che siano visioni sperimentate, possono essere anche immagini (drago,
ecc.): infatti si attribuisce al visionario le esperienze fatte nel corso della storia (una persona non
potrebbe reggere una tale serie di visioni)
pi che di un linguaggio segreto, si tratta di un linguaggio in codice a cui ogni epoca pu fare
riferimento
(+)
[simbolo]
storia

90/100
1900 (nazismo)
attraverso luso del simbolo si trasforma un personaggio storico (Nerone) in una categoria (666)
multiinterpretabile
un riferimento continuo a sconvolgimenti cosmici proiezione di quelli della terra dove tutto
fuori dal normale ordine delle cose non sempre per motivi negativi, a volte anche per
lintervento di Dio
un simbolismo teriomorfo (terio = bestia) per cui ci sono molti esseri mostruosi, sovraumani ma
sotto il livello di Dio (a met tra uomo e divino)
20

un simbolismo aritmetico dove i numeri hanno valore qualitativo (7 = perfezione, 6 =


imperfezione perch 7-1, ecc.)
unottica in cui il cielo la dimora di Dio e labisso, il mare la casa dellavversario, del male
il fenomeno della pseudonomia con cui lautore reale si nasconde dietro grandi figure del
passato per dare autorevolezza allo scritto
la materia la storia ma non intesa come cronaca: certo c una logica che percorre il racconto
solo che non sempre immediatamente comprensibile; c un piano pi ampio che tutto ingloba
e che nelle mani di Dio (per questo i fatti devono accadere)
la storia concepita sul piano dualistico, senza sfumature, e ci si riflette nelle categorie che si
scontrano perennemente: lo scopo mostrare che lo scontro vissuto dentro di s o dentro la
comunit frutto di questo perenne combattimento
la storia ha un esito gi conosciuto perch le forze di Dio vinceranno (escatologia) anche se la
battaglia ancora in corso (esito immediato negativo, ma vittoria finale)
Lapocalittica cristiana ha lo specifico della Pasqua di Ges: non c da attendere (come per gli
altri) un intervento di Dio, c gi stato.
LUOGO E COMUNITA DORIGINE
Probabilmente composto nella provincia romana dAsia (Efeso) dove la comunit del I secolo ha
sperimentato molte situazioni di conflitto esterne (romani) e interne /giudeo-cristiani). Verso la fine
del I sec. infatti Domiziano intensifica il culto dellimperatore esigendo di essere chiamato deus et
dominus e proprio a Efeso viene innalzata un sua statua. I cristiani temono che la loro vita pubblica
influisca su quella religiosa (per lobbligo di bruciare incenso alla statua) ma soffrono anche di un
paganesimo intellettuale (cultura ellenistica) che inserisce magia, ecc. Infine c il rapporto coi
giudei che, caduto il Tempio, si stanno riorganizzando attorno a una pi rigorosa osservanza della
Legge e dei suoi precetti e a una presa di distanza pi netta verso quelle forme di giudaismo
eterodosse come il cristianesimo. I nicolaiti esprimono proprio questo venir meno allidentit
cristiana sotto la spinta di questi influssi.
Lapocalisse attribuita a Giovani imprigionato a Patmos: difficile che un condannato ai lavori
forzati riesca a redarre lopera. Nel testo perci vanno individuati almeno due momenti: quello della
redazione e quello cui si fa risalire lesperienza mistica. Il libro biblico dal quale lApocalisse
maggiormente dipende Daniele anche perch nascono in condizioni simili (persecuzione di
Antioco IV).
STRUTTURA
- prologo liturgico (1,1-8)
- I parte: i messaggi del Cristo risorto (1,9-3,22)
1,9-20 visione introduttiva
2,1-3,22 i messaggi alle sette chiese
- II parte: i tre settenari (4,1-22,5)
Sigilli 4,1-5,14 visione introduttiva
6,1-8,1 apertura dei sette sigilli
Trombe 8,2-6 visione introduttiva
8,7-11,19 suono delle sette trombe
Coppe 12,1-15,8 visione introduttiva (trittico dei segni)
16,1-21 versamento delle sette coppe
17,1-22,5 visioni complementari al settenario
- epilogo liturgico (22,6-21)
inizio

storia

passione-morte-ressurezione

Se nel Vangelo abbiamo una descrizione del tipo


>
nellApocalisse troviamo una descrizione concentrica, che riprende pi volte la
stessa idea di fondo, stile tipico della liturgia: ogni domenica si celebra il
medesimo evento anche se in modi diversi.
21

Nella seconda parte il n7 indica un qualcosa che arriva al suo compimento e poi riparte da capo;
luso dei settenari riflette la religiosit del tempo (settimana): tutto il tempo nelle mani di Dio. In
pi, i primi 5 sono concisi, il 6 un p pi ampio, il 7 il culmine e poi da li si riparte: un
continuo portare il lettore al vertice per poi farlo ripartire con unaltra ottica. Abbiamo infatti:
SIGILLI
6,1=I
6,3=II
6,5=III
6,7=IV 6,9=V 6,12=VI
8,1=VII
TROMBE
8,7=I
8,8=II
8,10=III 8,12=IV 9,1=V 9,13=VI
11,15=VII
COPPE
16,2=I
16,3=II
16,4=III
16,8=IV 16,10=V 16,12=VI
16,17=VII
INIZIO DEL CAP. 1
1,1 lapocalisse di Ges Cristo
> rivelazione che Ges fa (genitivo soggettivo)
> rivelazione su Ges (genitivo oggettivo)
ma Dio che la da: c una soggettualit condivisa per cui Ges viene sempre assimilato a
Dio, vengono attribuite a Ges qualit divine (sul trono stanno entrambi).
oggetto: le cose che devono accadere
destinatario: il servo Giovanni
mezzo: langelo interprete, serve qualcuno che spieghi
1,2 parallelo Dio/Ges, si preannuncia il racconto di visioni
1,3 beatitudini leggere/ascoltare contesto celebrativo
1,4-5a saluto del presidente (simile a introduzione nelle lettere)
sette chiese > circolarit
> lessente =
Colui che , che era e che viene > lera (?) = (intraducibile)
> il veniente =
lautore sta coniando un linguaggio nuovo per descrivere il mistero di Dio
sette spiriti> sette angeli protettori delle comunit
> indica lo Spirito Santo inteso nella sua septiforme attivit (cfr 3,1; 5,6)
solo nel cap. 1 e nel cap. 21 che compare lo stile epistolare, per il resto, il libro tutto di
carattere liturgico.
1,5 descrizione di Cristo con le qualit del re/Messia
fedele: degno di fede, credibile
primogenito dei morti: primo risorto
principe dei re: capo dei capi
nei vv.4-5 compare una formula trinitaria
1,5b-6 dossologia in cui confluiscono i titoli cristologici descritti con i verbi amare, liberare
(=riscattare) e rendere sacerdoti. Il riferimento a Es 19,6 dove Israele uscito dallEgitto
diventato un popolo sacerdotale come Israele allora, cos anche la Chiesa chiamata a dare
culto a Dio, grazie allopera redentrice di Cristo.
C un carattere dialogico nello scritto: dal lettore che parla di voi (v.4) allassemblea che
risponde col noi nella dossologia (v.5).
La lode a Ges: in molti passi di Ap, Dio e Agnello sono affiancati, quasi a pari merito (cfr Ap
7,10; 11,15; 12,10;15,3).
1,7 due citazioni di testi importanti gi per i primi cristiani, Dn e Zc, che compaiono anche in Mt
24,30, segno che i due testi viaggiavano insieme. Qui si parla del crocefisso risorto che torner
nella gloria, allora tutti si pentiranno e lo acclameranno; la conferma sta in quel si, amen due
parole che indicano la stessa cosa: esse possono essere pronunciate sia dalle nazioni (fine del
v.7) sia dal Padre (inizio del v.8) il quale conferma la realizzazione del progetto di salvezza
1,8 Dio Padre che parla, anche se i vv. precedenti riguardavano il Figlio, proprio per quel
parallellismo detto prima. Il Padre si presenta come (cfr. Is 44,6): tutta la realt parte da
22

Lui ed finalizzata a Lui (cfr. Ap 21,6 e Ap 22,13 dove per il Figlio a parlare). In Ap 1,17
inoltre si dice che egli il primo () e lultimo () e il vivente, qualifiche divine del
Padre ma che dal v.18 si capisce essere del Figlio. Se nel NT raramente si attribuisce a Ges il
titolo di , qui lo si sta presentando, dando a Padre e Figlio le stesse qualit. Con queste
parole si chiude linclusione iniziata al v.4 (stesse parole) a cui si aggiunge lultima qualit
onnipotente in Ap riferito a Dio ma che per il parallelo Padre-Figlio ha portato ad attribuirla
anche a Ges nelliconografia (pantocrator).
ESPERIENZA DELLINCONTRO CON CRISTO RISORTO (Ap 1,9-20)
Giovanni racconta lesperienza nella forma di visione, ma ogni elemento non va inteso solo nel
senso visivo, va interpretato nel significato. Lautore da due indicazioni:
- geografica: lisola di Patmos, al largo di Efeso
- cronologica: il giorno del Signore, domenica
Questa visione contiene il comando di scrivere alle sette chiese (v.11), comando che riprende quanto
gi detto al v.4 e che indica il compito di scrivere alla totalit della Chiesa. Giovanni si presenta
come prigioniero, con altri prigionieri che scrive a compagni nella prova; in una sorta di arresti
domiciliari, recluso ma non in carcere (che al tempo equivaleva a una condanna a morte),
compagno nella tribolazione, ma anche nel Regno e nella perseveranza: per i primi cristiani infatti
la sofferenza non contraddice la regalit di Cristo, anzi ne la garanzia, aiuta a essere perseveranti.
1,10 lesperienza spirituale, lautore oggetto recettivo dellazione dello Spirito, tanto che la
prima percezione uditiva (la voce del Risorto come tromba, in Es segno di teofania)
1,11 i destinatari sono 7 ma il libro da scrivere 1: un unico grande messaggio alla totalit delle
chiese. Ma perch proprio queste 7 chiese? Ci sono varie ipotesi:
sono citt in cui i cristiani devono confrontarsi con un culto allimperatore molto forte
partendo da Efeso, sono citt che formano un circolo, che coprono un territorio, citt
principali dalle quali a raggiera si raggiungono le comunit pi piccole
sono sette comunit che hanno in comune una minaccia, sono assediate, patiscono
1,12 lautore si volta per vedere la voce: si tratta di sinestesia (mettere insieme sensi diversi); il
voltarsi poi segno di conversione (Maddalena in Gv 20,14); la prima cosa che vede per non
la voce ma sette candelabri il cui senso spiegato al v.20
1,13 inizia la descrizione del personaggio che sta al centro perch al centro della Chiesa sta Ges
morto e risorto, le lampade/chiese gravitano attorno a Cristo: si tratta di una coerenza non
visiva ma concettuale.
vv. 12-16: descrizione simbolica del risorto prevalenza di elementi visivi
Si tratta di unimmagine particolareggiata del risorto.
uno simile a figlio duomo (Dn 7,13-14)
in Dn al centro c Dio nella sua maest, e compare un altro personaggio che vi si accosta,
divino, trascendente, ma con i tratti umani: sono due persone distinte. Il vegliardo d a costui
tutto il potere. Nel giudaismo questi stato letto come Messia o come angelo; per i cristiani il
legame a Ges lampante ed un immagine usata fin dallinizio; Ges stesso si definisce
spesso figlio delluomo categoria non fraintendibile e preferibile ad altre come Messia, carica di
aspettative.
abito lungofascia doro (Dn 10,5)
alcuni autori insistono sul riferimento allaspetto sacerdotale, ma meglio riconoscere la
sfumatura regale, signorile, nobile. In Dn non si sa se questo tale trascendente o no
capelli bianchi (Dn 7,9)
in Dn una qualit di Dio, del vegliardo, mentre in Ap attribuita al risorto
occhi di fuoco (Dn 10,6)
piedi di bronzo (Dn 10,6)
bronzo incandescente un termine molto raro e difficile, quindi evocativo, si tratta forse
dellelettro, una lega di oro e argento; in pi incandescente, a una temperatura altissima e
quindi molto luminoso
23

voce simile al fragore di grandi acque (Ez 1,24)


la voce di Dio: Ges parla con la stessa voce di Dio
ha in mano 7 stelle
comunica lidea del padrone del cosmo, ma essendo queste gli angeli delle sette chiese, coloro
che le sovraintendono, i vescovi, indica che Cristo ha in mano i vescovi, ha in mano le sorti di
tutta la Chiesa, Cristo regge insieme il cosmo e la Chiesa
dalla bocca esce una spada (Is 49,2; Sap 18,15; Eb 4,12)
la parola profetica un parola tagliente
volto come il sole (Mt 17,2)
vv. 17-20: autopresentazione del risorto prevalenza di elementi uditivi
La reazione tipica a una visione come questa cadere come morto (Dn 8,18)
v.17 con la stessa mano con cui tiene le stelle (cura del cosmo e della Chiesa), Cristo tocca il
veggente (si fa vicino); il non temere che segue un elemento classico delle apparizioni
v.18 lautopresentazione (v.8): sono le stesse qualit di Dio (Gs 3,10; Sal 42,3) ma attribuite a
Cristo morto-vivo (1Cor 15,4; Gv 5,26; Gv 1,4; Gv 11,25) che datore di vita quanto il Padre.
La qualifica di vivente poi esplicitata in vivo per sempre ovvero come colui che ha superato
la morte ( immortalit degli dei): Cristo era divenuto cadavere (), morto davvero e in
modo definitivo, questo il dettaglio che identifica il personaggio misterioso con Ges. C
qui una contrapposizione netta tra un passato (morte) e un presente sempre (vita) che segna
una condizione permanente: questo status che permette a Ges di stare in mezzo alla Chiesa.
Si aggiunge poi il dettaglio che indica Ges come padrone della vita (ha le chiavi), come colui
che pu liberare tutti i prigionieri della morte (potere che i targum attribuivano solo a Dio)
v.19 al veggente viene dato un triplice incarico: scrivere le cose
che ha visto (passato = mistero pasquale in fatti storici)
quelle che sono (presente = attualit del vivente)
quelle che saranno (futuro = desiderio del compimento futuro)
una scansione temporale tipica dellatto liturgico (memoriale, attualizzazione, escatologia)
v.20 spiegazione delle 7 stelle e dei 7 candelabri/lampade indicante un legame forte tra angeli e
chiese. Langelo un intermediario che pu essere:
- un rappresentante divino nella Chiesa
DIO <--- A ---> CHIESA
- un rappresentante della Chiesa presso Dio DIO <--- A ---> CHIESA
gli esegeti propendo per il secondo (vescovo) anche perch langelo il destinatario delle
lettere e non il messo, in ogni caso la presenza di candelabro (aspetto terreno) e lampade
(aspetto divino) nella comunit segno del suo essere impasto, insieme dei due.
LE SETTE LETTERE (Ap 2-3)
I cap. 2-3 sono la ripresa di quanto riassunto nel cap.1 con un annuncio specifico per ogni chiesa.
Anche se appaiono sette lettere distinte, si tratta di un insieme unitario declinato per ogni comunit.
La struttura sempre la stessa:
1. indirizzo: identico per tutte (allangelo della chiesa di)
2. autopresentazione di Cristo: ripresa a una a una delle qualit descritte nel cap.1
3. valutazione/giudizio: valutazione positiva o negativa di Ges
4. esortazione particolare: ricorda, convertiti, ecc.
5. esortazione generale allascolto: valida per tutti
6. promessa di un dono al vincitore
C un problema fondamentale che il risorto deve correggere, uneresia che si sta diffondendo mista
di giudaismo e gnosticismo che vede il materiale come insignificante per lo spirituale e che porta a
conformarsi senza problemi alla mentalit di questo mondo riducendo il cristianesimo a puro fattore
culturale: lapocalisse diventa messaggio penitenziale.
Efeso (2,1-7)
Cristo rimprovera la perdita dellamore con cui la comunit viveva allinizio e minaccia di
toglierla dalla comunione con le altre chiese
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si ricordano i nicolaiti, che contaminano la loro mentalit con quella del mondo, ma a chi vince
Cristo promette la vita (allusione sia a Gn sia al paradiso escatologico)
Smirne (2,8-11)
si parla di povert: materiale - intellettuale
cristologia semplice
ricchezza: spirituale - forza spirituale contro una cristologia complicata (eoni)
la bestemmia dei giudei che accusano i cristiani (rigetto dalla sinagoga) o di quei giudeocristiani che accusano gli altri
i 10 giorni sono un tempo di sofferenza sufficientemente lungo ma determinato
la corona della vita il contrario della seconda morte, la salvezza eterna contro la dannazione o
lannientamento definitivo (questa seconda interpretazione non contemplata dalla dottrina
cattolica)
Pergamo (2,12-17)
si riconosce alla comunit al forza nella prova data dai pericoli esterni, ma la si accusa della
tolleranza verso devianze interne (atti idolatrici, prostituzione a divinit pagane) di cui i nicolaiti
sono espressione
il dono del vincitore una manna nuova, un cibo messianico (eucarestia) e una pietruzza bianca.
Al tempo le pietre avevano vari utilizzi (amuleti, garanzia di innocenza in tribunale, invito a
banchetti ufficiali, premio di gare sportive) ma ci che contava era liscrizione e il colore; ora la
pietruzza in questione bianca (trascendenza, partecipazione alla vita divina) e con scritto un
nome nuovo (persona interamente rinnovata dalla salvezza, perch solo Dio sa chi siamo fino in
fondo)
Tiatira (2,18-29)
lidolatria riferita a Gezabele (culto di Baal, scontro con Elia) ma sono le stesse parole usate per
Pergamo (v.20 = v.14)
dal letto delladulterio si passa al letto del dolore (legge del contrapasso)
le profondit di Satana sono fantasie su Dio inventate dagli gnostici per cui questi si sentivano
immuni da qualsiasi peccato prendendosi licenze morali (il corpo non incide sullanima)
il vincitore riceve la stella del mattino, simbolo messianico (Ap 22,16)
Sardi (3,1-6)
una comunit che solo apparenza (Gc 2,17), uno dei giudizi pi severi delle 7 lettere; per
questo serve svegliarsi, vigilare
le vesti non macchiate sono quelle degli eletti di Dio, il risultato dellopera salvifica di Ges (Ap
6,11), linizio dellesistenza soprannaturale del cristiano, il cui compito di non macchiarle
Filadelfia (3,7-13)
Cristo ha le chiavi, ha potere sulla morte, pu scardinare le porte degli inferi e aprire quelle dei
cieli
la porta aperta pu essere un orizzonte missionario
la comunit debole ma rimasta fedele (v. 8b) e ci merita un dono: conversione degli eretici
(v.9)
immagine nuova: il vincitore come colonna del tempio. In Ap 21 il tempio scompare, Dio
accessibile direttamente: essere colonna del tempio vuol dire allora vivere stabilmente alla
presenza di Dio
apporre il nome indica la propriet (cfr Adamo in Gn); qui di nomi ce ne sono tre:
- del mio Dio propriet di Dio
- della citt cittadino di questa citt (non ospite n straniero)
- del mio nome nuovo di Cristo risorto, la nuova dignit cristiana
Laodicea (3,14-22)
c una mediocrit che peggio di una coscienza erronea

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contrasto forte tra autopresentazione di Cristo ( lamen, stabile, degno di fede, sicuro) e la
situazione della comunit (tiepida, si e no, misto); per uscire da questa incoerenza la chiesa deve
tornare allinizio, a Cristo risorto principio della creazione
la mediocrit conformista genera in Cristo una reazione di rigetto
il v.17 che descrive la realt della comunit: infelice e miserabile (povert spirituale), povero,
cieco e nudo (povert materiale, realizzazione della prima)
per guarire serve comprare da Cristo ci che pu salvare: i laodicesi devono riconoscere che
solo Cristo ad avere questi rimedi (tutti elementi presenti anche nella visione del cap.1); Cristo
non solo da ci che ha, ma anche ci che
Cristo appare ora come viandante che bussa e aspetta di essere accolto per cenare insieme (essere
in comunione, far partecipare alla vita divina)
IL CENTRO DELLA LITURGIA (Ap 4-5)
Le figure predominati in questi capitoli sono il trono e il libro. Per 10 volte ricorre la parola trono
per indicare chi vi sta seduto, intorno abbiamo poi 4 esseri viventi e 24 vegliardi. Gli elementi
preziosi, la mostruosit degli esseri, ecc. vanno decodificati e sono desunti da Ez 1, anche se alcuni
sono semplificati (4 esseri viventi).
4,1 porta aperta nel cielo: comunicazione diretta tra cielo e terra
voce: quella del Figlio
salire in cielo: poter guardare la storia a partire dal punto di vista di Dio
4,2 rapito: per opera dello Spirito
4,3 diaspro e cornalina: in Es 28,17 sono pietre dellabito sacerdotale, indicano lo splendore
divino
arcobaleno: gloria luminosa di Dio (Dio resta non descritto)
4,4 seggi: partecipazione a ci che Dio vive
24 anziani: 12 trib + 12 apostoli (intero popolo di Dio) o 24 ordini sacerdotali (1Cr 24,3-19)
4,5 lampi e tuoni: elementi teofanici (trascendenza)
lampade: 7 spiriti di Dio, natura settiforme dello Spirito
4,6 marecristallo: la acque sopra il firmamento di Gn 1,7
in mezzo intorno: sono emanazioni di Dio, indicano la possibilit di Dio di lasciare la sua
trascendenza e comunicare immediatamente con tutta la variet del creato; vista da noi tutto
il creato presente a Dio, vista da Dio il suo arrivare insieme a tutto il creato
4 esseri: 4 venti maggiori, 4 punti cardinali
occhi: provvidenza, Dio vede in contemporanea tutto il creato
4,8 santo: un autopresentazione di Dio o unacclamazione di tutto il creato
4,10 gettare le corone: riconoscere che lautorit viene da Dio
4,11 tu sei degno: linguaggio delle acclamazioni al re (nel 70 Vespasiano era salutato come vero
principe di Roma, titolo di cui era il solo degno); oppure derivante dalle liturgie dei primi
secoli dove allinizio del prefazio lassemblea rispondeva con degno rendere grazie (ci
che noi oggi diciamo con cosa buona e giusta)
Se il cap.4 si ferma sulla centralit del trono, nel cap.5 la scena diventa dinamica.
5,1 libro-rotolo: il riferimneto a Ez 2,9-10 (questo continuo riferirsi a profeti indica che lAp si
presenta come spiegazione e continuit di quelle visioni); essendo un rotolo, in piccola parte
(quella esterna) leggibile, ma la gran parte del contenuto no, sotto sigillo (ce ne sono 7)
5,2 si tratta di un messaggio che nel suo inizio dunque gi stato fatto conoscere, ma serve
leggerlo nella sua interezza, serve uno che dischiuda la ocmprensione; ricordando che siamo
dentro una liturgia possiamo dire che serve qualcuno che spieghi, una chiave di lettura per i
progetto di Dio sulla storia (lAT) e lassemblea cristiana sa che questa chiave Ges: alla
liturgia terrena corrisponde la liturgia celeste; cos come in Lc 24 (Emmaus), Ges
accompagna la Chiesa spiegando le Scritture, ci che succede ogni domenica
5,5 la vittoria quella della resurrezione e leone e germoglio sono titoli messianici di Cristo: in
base a questa vittoria che egli pu aprire il rotolo
26

5,6

sul trono non c pi Dio ma lagnello (quello che prima era il leone) che porta i segni
delimmolazione, ma che sta in piedi: sgozzato ma in piedi, Ges morto e risorto.
Lagnello ha 7 corna (una forza straordinaria) e 7 occhi che sono i 7 spiriti (completamente
ricolmo dello Spirito Santo, ha tutti i suoi doni): ha le stesse qualifiche di Dio e sul trono
stanno entrambi, distinti come persone ma condividendo la stessa autorit (v.13)

I SIGILLI (Ap 6)
Gli sconvolgimenti cosmici sono tipici dei racconti apocalittici, sono segni che preparano al
momento finale e sono presenti anche nei sinottici in Mc 13, Mt 24, Lc 21. Ma il momento dellira
di Dio diventa nello stesso tempo momento di salvezza e giustizia per i giusti. Come sempr eil
riferimento a un profeta dellAT, nel caso Zac 1,8 e Zc 6 anche se li i cavalli sono messaggeri di
Dio inviati a percorrere la totalit della terra. Qui gli elementi sono:
1 cavallo bianco
arco = ira di Dio; (corona)
ci sono due interpretazioni: se si accentua la possibilit di nuocere alluomo, il cavaliere sarebbe
lanti-Cristo (bianco=stanico); se invece si accentua il servizio divino, sarebbe Cristo stesso
(con corona, vittorioso), visione questa sorretta anche da Ap 19,11-16 e Ap 6,16 (ira
dellAgnello). Larco infine ricorda le frecce dellira di Dio (Dt 32,41-42).
2 cavallo rosso
spada = guerra
il colore del fuoco
3 cavallo nero
bilancia = carestia
in tempo di guerra il cibo va razionato, c un costo enorme del cibo
4 cavallo verde
(calamit, carestie, ecc.)
colore pallido dei cadaveri, ritornano le immagini precedenti; morte e inferi non sono due
personaggi diversi ma la stessa realt
5 anime
il culto dei cristiani strettamente legato ai testimoni (martiri) che continuano nel tempo, il loro
sangue ha valore sacrificale (immolati, v.9); linvocazione dei martiri (v.10) segno che lira di
Dio diventa atto di giustizia nei loro confronti
6 sconvolgimenti cosmici
il cerchio si chiude (v.12) e lo sconvolgimento proiettato in cielo (Mc 13,8.24-25); tutti vanno
a nascondersi dallira dellAgnello (come Adamo e Eva dallira di Dio)
7 al cap.8
INTERLUDIO (Ap 7)
v.4 144.000 = 122 x 1000 (le trib). Al primo posto c Giuda da cui Ges uscito. Essi sono la
Chiesa , il vero Israele, segnato col sigillo (battezzati)
v.9 c il pericolo di interpretare i 144.000 con i cristiani provenienti dal giudaismo e la
moltitudine con quelli provenienti dal paganesimo: in realt sono la stessa cosa, i 144.000
sono la moltitudine, un distinzione solo di tempi diversi nel riconoscimento della salvezza,
infatti tutti cantano, tutti compiono un atto cultuale.
LE TROMBE (Ap 8-9)
Il settimo sigillo non ha ocntenuto proprio, il contenitore delle trombe che hanno il compito di
annunciare larrivo di Dio. Il collegamento alle piaghe dellEsodo: castigo per lEgitto e salvezza
per Israele. In Ap 8,1 il silenzio iniziale forse liturgico, preludio al momento successivo. Il
continuo ripetersi di un terzo dice che per quanto terribili, i disastri non distruggeranno mai tutta la
terra.
9,3 le cavallette oltre allEs, richiamano anche Gl 1,4; 2,4-9 e sono descritte come un esercito. Al
contrario di quanto fatto finora, lautore invece di semplificare, amplifica la descrizione. Tutto
per resta in mano di Dio, anche la manifestazione del male
9,7 sono simbolo della guerra, ricordano un esercito, ma richiamano anche il dominio di uomini
su altri uomini
27

9,8 hanno tratti di seduzione femminile


9,10 hanno veleno, segno di menzogna
9,14 lEufrate era il confine dove finiva la terra santa, da li ci si aspettava invasioni, un esercito che
richiama quello delle cavalette (9,10 = 9,19) ma che non distrugge tutta lumanit (cfr 2Ts
2,3.7-13): nel momento della fine che c la vittoria di Dio, come con Ges (Fil 2; Gv 19)
La settima tromba sar a Ap 11,15.
INTERLUDIO (Ap 10,1-11,14)
Incontriamo qui tre figure:
langelo possente (10,1-7)
anche in Ap 5,2 cera un angelo forte, forse un parallelo con questo, ma le qualit dellangelo
del cap 10 sono divine: arcobaleno (Ap 4,3), sole (Ap 1,16), voce, gambe sembra il Cristo (ma
ci sono anche elementi contro questa identificazione, come ad es. il ruolo sminuito rispetto a
quanto detto di Cristo nei capitoli precedenti)
un librettino ingoiato (10,2.8-11)
in greco troviamo libro =
libretto = (diminutivo)
librettino/libricino = (diminutivo del diminutivo)
in Ap 10 troviamo proprio questultimo per distinguerlo in maniera netta dal libro del cap.5, in pi
questo non ha sigilli, meno solenne. In 10,11 si dice che il veggente deve profetizzare: se il ibro
del cap.5 era la storia della salvezza che giunge a compimento in Cristo, quello del cap.10 si
riferisce ai profeti che hanno il compito di tenere desta lumanit proprio in attesa di quel
compimento, lopera della Chiesa nellattimo prima del giudizio
due testimoni (11,1-13)
sono lincarnazione della profezia (11,6) ed hanno i tratti di Mos e di Elia. Il veggente riceve
quindi lincarico di misurare:
misurazione spaziale (il Tempio, ma non tutto, latrio va escluso)
( la preservazione di un luogo mentre
i 144.000 era la preservazione delle
genti)

> atrio: lasciato ai pagani, profanata


> santo: la parte salvata, garantita, preservata
misurazione temporale
42 mesi = 3 anni e Dn, tempo della persecuzione di Antioco
1260 gg 3 anni e
3 gg e richiama la stessa durata
se 7 indica la perfezione, la met (3) indica il tentativo del male di diminuire la perfezione
divina, che resta per limitato, un tempo infatti resta sempre preservato (come per la misurazione
spaziale). Ci significa che in ununica azione ci sono sempre due risvolti: salvezza per alcuni
e condanna per altri.
La citt invece ha un accumulo di nomi: il Tempio si riferisce a Gerusalemme, ma anche
Sodoma (immoralit) e Egitto (oppressione); lidentificazione per con Roma, nemico di
Gerusalemme (sotto c il solito dualismo tra chi e dentro e fuori la protezione di Dio)
I due testimoni vengono definiti ulivi (Zc 4,3.14 = profeta Giosu e re Zorobabele, i due unti del
Signore) indentificati spesso con Pietro e Paolo. Non si deve per cercare di identificarli, quanto
piuttosto di guardare alla loro funzione (figure esponenziali, rappresentative): sono 2, nessuno
attira a su di s lattenzione, hanno funzione profetica e seguono la sorte di Ges (derisione,
morte, resurrezione).
SETTIMA TROMBA (Ap 11,15-19)
Introduce il canto di adorazione di tutto il creato in cui si riconosce la sovranit di Dio sulla storia,
adorazione che va di pari passo a Dio e a Ges (v.15), due figure che esercitano ununica autorit
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Merismo: figura retorica


in cui si prendono gli
estremi per dire il tutto

(appartiene = singolare; Signore e Cristo = plurale; egli = singolare). Sono i vegliardi che intonano
la lode - ringraziano perch Dio ha compiuto lestensione del suo regno
- i pagani fremono contro Dio il quale per risposta manifesta la sua ira
- lira non condanna ma giudizio e ricompensa
- i servi di Dio sono profeti, santi (i cristiani), piccoli e grandi
- i nemici che distruggono la terra saranno per contrappasso distrutti da Dio
Se a 11,1 cera il tempio della terra, in 11,19 compare quello del cielo: questultimo il prototipo
del primo (secondo lidea giudaica di Es 25,9 ripresa anche in Eb 9,12-24: Cristo offrendo se stesso
porta nel santuario del cielo il suo corpo immolato). Poi c larca (andata perduta) che segno
dellalleanza; essa custodita in cielo, l il centro pi intimo della volont divina: lintenzione di
Dio di essere sempre e comunque fedele a questa alleanza.
LA DONNA, ILDRAGO E LE BESTIE (Ap 12-13)
In Ap il diavolo il nemico di Dio e perci cerca di rubarne e scimmiottarne le prerogative: alla
trinit di Dio si contrappone una trinit del male, una parodia di Dio.
Abbiamo quindi: drago Dio
1 bestia Figlio
2 bestia Spirito (lidea la stessa: la Chiesa soffre ma sempre curata da Dio)
Descrizione del drago:
in 13,2 il drago ha un trono in cielo come Dio e divide la sua autorit con un essere simile a lui
(come fa Dio)
si presenta come mostro del caos (alcuni ne vedono una rilettura cristiana del mito greco)
lautore riprende le qualit descritte in Dn 7,1-8 e le divide tra drago e bestia
le qualit di 12,3 sono: 7 teste = potere molto forte e intelligente;
10 corna = potenza;
7 diademi = regalit
in 12,4 il drago fa guerra alla donna (si dividono il ruolo di protagonista tra gli esegeti): il drago
che perseguita, combatte, precipita (v.9,10,13), continua a perseguitare sulla terra
in 12,9 si parla di drago = serpente = diavolo = satana, per cui il drago non un inviato di satana,
lui stesso. In Gn 3,15 la donna (Eva) indica lumanit e la sua stirpe (in greco termine maschile)
il messia, costui riuscir a sconfiggere il serpente. In Ap la donna Israele (12 stelle, Mos ha il
volto che brilla). Ci sono anche allusioni a Es: rifugio nel deserto, ali daquila (Es 19,4; Dt
32,11), nutrizione straordinaria (manna), il drago come il faraone perseguita Israele (Ez 29,3;
32,2 dice che il faraone un coccodrillo), il fiume lesercito egiziano (Es 15,12) inghiottito
dalla terra
Ma chi la donna? Due sono le risposte possibili:
interpretazione ecclesiologica: la Chiesa
interpretazione mariologica: Maria
(per il resto vedi corso di Mariologia)
La battaglia:
il potere che il drago aveva (in parallelo e contro Dio) viene meno (12,8) ed egli sconfitto e
precipitato sulla terra
inizia cos un epinicio (canto sulla vittoria)
che satana sia precipitato una delle affermazioni pi forti del NT (Lc 10,18; Gv 12,31)
dopo Pasqua (vittoria di Ges) satana non pi lo stesso perch gli tolto il cielo, lambito del
suo dominio solo la terra
satana accusatore (Gb, Zc) perch mette in dubbio la sincerit e la fedelt degli uomini verso
Dio
la vittoria garantita dalla morte di Ges (vittoria-morte)
satana si scatena perch spaventato e continua a far guerra ai cristiani
La prima bestia:
molto somigliante al drago (teste, corna) e sempre riferita a Dn
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sale dal mare, casa delle forze avverse


ha dei titoli blasfemi che permettono di identificarla con gli imperatori romani (divinit)
13,3 sembra far riferimento a Nerone (suicidato) e al ristabilimento dellimpero, ma sempre una
parodia, questa volta di Cristo morto e risorto, ferito ma in piedi
ci si chiede allora chi abbia il potere sulla terra: la domanda di ogni cristiano
gli adoratori della bestia sono tutti coloro che non hanno il nome scritto nel libro della vita; fin
dalla fondazione del mondo pu essere riferito ai cristiani ma anche allagnello immolato
La seconda bestia:
il falso profeta che vuole spingere ad adorare il drago
vv. 16-17 marchia gli uomini (v/s sigillo dei salvati in Ap 7,3; 9,4); il termine greco di marchio
indica il sigillo imperiale (allusione forte) e i marchiati infatti devono dare culto allimperatore; il
marchio poi permette lingresso in un mondo commerciale preciso, quello romano
il nome della bestia simbolico (il 6 un 7 imperfetto) ed limitazione mal riuscita di Dio
(linterpretazione pi diffusa quella dellimperatore Nerone)
ALTRI DATI (Ap 14-15)
14,6 langelo annuncia il giudizio
14,14 lora del giudizio = mietitura al v.16; vendemmia al v.18: la pigiatura lira di Dio
15,2 inizia il cnato di Mos e dellAgnello, un canto di lode, trionfale, perch il giudizio
giunto
15,5 inizia il setteneraio dei flagelli/coppe (molto simile a quello delle trombe)
vedi fotocopia n22
c quasi una ripetizione ma con una differenza: nelle trombe si colpiva , qui invece tutta
la realt a essere colpita. Lallusione resta sempre quella delle piaghe dEgitto.
LE DUE CITTA (Ap 17 e 21-22)
La descrizione di Babilonia in parallelo e antitesi a quella di Gerusalemme:

17,1
angelo
21,9
17,3
monte
21,10
17,4
abbigliamento
21,2
17,1
prostituta
21,2 (sposa fedele)
18,2
caduta = condanna
21,2-10 (scende dal cielo gloriosa)
Che Babilonia fosse caduta lo sapevamo gi da Ap 14,8. Due sono le immagini: la donna e la bestia
(17,1-18). Questa bestia ha le stesse caratteristiche di Ap 12, in antitesi con la divinit perch era
e non pi (17,8), riappare ma va in perdizione (17,11): la negazione del nome di Dio
(lidentificazione sembra con Nerone). La donna che cavalca la bestia si contrappone al logos di
19,11.14 che era sul cavallo bianco: schiere messianiche e sataniche si contrappongono.
bestia e donnna sono rosse, come i paramenti imperiali
la donna tiene in mano una coppa doro contenente i frutti della prostituzione (= idolatria) cui si
contrappongono le coppe dellira di Dio
il luogo presso le grandi acque (Babilonia) ma langelo le spiega come popoli, nazioni (Roma
ha una fiumana di genti diverse)
i 7 colli su cui seduta portano a Roma
i 7 re probabilmente sono quelli contemporanei allautore, non serve elencarli, indica un potere
romano per un lungo periodo cui seguono 10 re che regnano per poco tempo
Al cap 18 c lannuncio della caduta di Babilonia (18,2) con la descrizione delle calamit che si
abbattono su Roma. Ad esso corrisponde il canto di esultanza in cielo del cap. 19: la prima volta
in Ap che si canta alleluja. Sulle rovine della citt non viene annunciata la costruzione di una
nuova, ma le nozze dellAgnello dove la sposa la nuova Gerusalemme. In Ap 19,8 viene descritto
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il suo abbigliamento, la cui preziosit data dalla coerenza dei santi (descrizione che si completer
in Ap 21). Nel cap.20 c la battaglia tra le schiere con la contrapposizione del regno del Messia
(millenario) e quello del drago (molto pi breve). Il destino finale descritto poi nel cap.21 non con
immagini bucoliche (come nellimmaginario greco-romano) ma urbane: Gv parla non ai singoli ma
alla comunit. Con limmagine della citt si sottolinea laspetto delle relazioni, dei mali, della vita
in sintonia: questo il paradiso. Guardando allAT, si vede che tutto teso alla terra promessa e
appena arrivatici si costruiscono citt: da tende a case, dalla Tenda al Tempio. Quella di Ap per
non pi una citt delimitata geograficamente, ma che scende dal cielo, ideale, dove c un
rapporto diretto con Dio senza per questo distruggere la dimensione umana (resta importante il
contributo di ogni singolo). Non nemmeno il ritorno allEden, ma questa nuova citt avr tutti gli
elementi del paradiso terrestre (fiume, bont), sar non un tornare indietro ma un andare avanti,
nemmeno il Tempio e la liturgia serviranno pi. una citt cosmopolita, universale, definita come
sposa, indice di un amore fedele, paritetico, lespressione pi alta per ogni uomo (immagine carica
di riferimenti allAT, rapporto Dio-popolo/sposa). La fine quindi una festa di nozze piena e
prolungata per Dio e per luomo.
La Gerusalemme celeste descritta in tre unit:
21,2 // 21,9 sposa
21,8 // 21,27 condanna, chi non entra
21,23 // 22,5 luce
Possiamo allora vedere che Ap 21,1-8 ripreso in Ap 21,9-27 e poi in Ap 22,1-5 per concludersi in
un epilogo liturgico in Ap 22,6-21.
Ap 21,1-8
il mondo nuovo caratterizzato dalla dimora di Dio stabile tra gli uomini; non c pi il mare; la
tenda (schen) richiama la gloria (scechin); Colui che siede sul trono da lacqua della vita
(Spirito) e luomo ora pu dissetarsi
Ap 21,9-27
la citt ha 12 porte, 3 per lato (apostoli, trib) indice che tutti (eccetto gli impuri, ecc.) possono
entrarvi; universale, non ha bisogno di difendersi; le misure dicono che lunghezza, larghezza,
altezza sono tutte di circa 2000 Km (un cubo) con mura di soli 65 m (non c niente da cui
difendersi); la dimensione cubica (perfezione) richiama il santo dei santi, ora accessibile a tutti e
comprendente tutta la citt (non pi solo una parte riservata del Tempio); la citt preziosissima,
perch ci che Dio tocca diventa esageratamente ricco e bello: l dove abita Dio; la citt non ha
tempio, Dio si incontra ovunque, non ci sono pi recinti sacri. Questa descrizione della
Gerusalemme celeste parla di una gloria di Dio che brilla in essa, tanto che non serve pi la luce
del sole
Ap 22,1-5
al centro della piazza c un albero e la sorgente di un fiume (Ez 47) che hanno propriet curative;
anche se limmagine del v.2 irrealizzabile, ci che si vuole sottolineare la fecondit,
ripresentazione trasfigurata del giardino di Gn. Alcuni vedono in questacqua i sacramenti che
irrigano di Spirito lumanit intera.
Laspetto principale comunque che oramai la relazione con Dio immediata!
EPILOGO (Ap 22,6-21)
Emerge la connotazione liturgica proprio dal v.21.
v.6 riprende Ap 1,1, introduce la conclusione (le cose che accadranno tra breve sono state
mostrate)
v.7 riprende la beatitudine gi vista in Ap 1,3
La connotazione liturgica emerge ora nellinvocazione vieni tipica delle prime comunit, segno che
nella liturgia come nella Gerusalemme celeste c un dialogo con Dio. Ges poi d la garanzia
finale: verr presto.

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