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H

HACELDAMA. - Campo venduto da un vasaio (perché era finita l'argilla?) al Sinedrio


gerosolimitano per le 30 monete d'argento che Giuda aveva ricevuto per il suo tradimento
e che poi, disperato, aveva restituito gettandole nel santuario. Dal Sinedrio fu destinato a
sepoltura dei pellegrini che morivano a Gerusalemme (Mt. 27, 3,10; At. 1, 18 s.), a
compimento della doppia profezia di Geremia e di Zaccaria (Ier. 32, 6-15; 18, 2.12; 19, 1-
15; Zc. 11, 12 ss.). Denominato "campo del vasaio" (Mt. 27, 7) fu chiamato dagli abitanti di
Gerusalemme "campo del sangue" (haqeldema in aramaico; tradotto in greco con
l'aggiunta della consonante finale: solo At. 1, 19; in Mt. 27, 8 il termine è spurio, attestato
dalla Volgata e da pochi codici della latina pregeronimiana), a ricordo del sanguinoso
effetto prodotto dal denaro d'acquisto, più che non del suicidio di Giuda, avvenuto in
località sconosciuta. L'ubicazione di questo podere non ha costante tradizione: molti
autori, tuttavia, seguendo s. Girolamo che corregge Eusebio (III, 38, 21; 39, 26) lo
localizzano nel versante meridionale del monte Sion, a sud di Gerusalemme, sulle pendici
del monte del Mal Consiglio alla confluenza delle valli del Cedron e Hinnon.

[A. R.]

BIBL. - H. VINCENT F. M. ABEL, Jérusalem nouvelle. II, Parigi 1926. p. 864 ss.: G.
PERBELLA. I luoghi santi, Piacenza 1936, pp. 297-302.

HAGGADAH. - v. Apocrifi V. T.

HALAKAH. - v. Apocrifi V. T.
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HALLEL. - Sotto questo nome (ebr. = lode, inno), è compreso il gruppo dei Ps. 113-118
(Volg. 112-117), a contenuto laudativo. Era cantato nelle tre grandi solennità (Pasqua,
Pentecoste, Capanne, v.), nella festa della Dedicazione e nelle neomenie. Caratteristico
però della Pasqua, era detto "H. egiziano" (H. misri) perché cantato nel tempio durante
l'immolazione dell'agnello pasquale in ricordo della liberazione d'Egitto. Lo si cantava
anche in famiglia durante la cena pasquale, suddiviso in due parti: la prima (Ps. 113-114)
all'inizio della seconda coppa, l'altra (Ps. 115-118) alla fine quando si beveva l'ultima (40)
coppa rituale. Chi voleva prendere una quinta coppa recitava il Ps. 136, chiamato "il
grande H." (H. haggadhol), nome esteso pure al gruppo Ps. 120-136. Accanto all'H. per
eccellenza (egiziano) e all'H. haggadhol, v'era il "piccolo H."; Ps. 146-50, inni di lode
contraddistinti dal doppio alleluja e facenti parte della preghiera mattutina. L'uso dell'H. è
molto antico. Forse si cantava già al tempo di Iosia (2Par. 35, 15) e di Ezechia (ibid. 30,
21); ad esso si accenna in Sap. 18, 9, dove *** (lodi) traduce H. Gesù lo cantò con gli
Apostoli nell'ultima cena (Mt. 26, 30; Mc. 14, 26).
[S. R.]

BIBL. - F. VIGOUROUX, in DB, III, col. 404; H. SIMON - G. DORADO, Novum


Testamentum, I, 7a ed., Torino 1947, pp. 877 s.

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HAMMURAPI. - Figlio di Sinmuballit e sesto re della prima dinastia babilonese. Regna


43 anni e non è da confondersi con altri due omonimi che si riscontrano nelle tavolette di
Mari. È di origine amorrea e porta la sua dinastia e la città di Babilonia al centro e alla
direzione di un vasto impero che non ha precedenti nell'Asia Anteriore. H. infatti è il primo
despota che, con abile politica, capacità organizzativa e forza di conquista, abbia saputo
riunire i piccoli regni della Mesopotamia meridionale

Dopo la pubblicazione della lista di Khorsabad e il sincronismo tra H. e Shamsi-Addu I di


Assiria risultante dai documenti di Mari, la maggior parte degli studiosi si orienta per
situare H. a cavallo dei secoli XVIII e XVII. La data sarebbe confermata dal sincronismo tra
la vita di Mari e la XIII dinastia egiziana, dai livelli archeologici dell'Alta Mesopotamia e dai
dati delle tavolette di Venere del regno di Hatnmisaduqa. Inoltre attualmente si scarta la
identificazione tra H. e Amraphel di Gen. 14. Né si può stabilire con precisione se Abramo
e H. siano contemporanei poiché manca una indicazione esatta e sicura del tempo di
Abramo.

Nel 6.70 anno di regno, H. conquista Uruk, Isin. Quindi si trova di fronte a sé i re di Mari,
di Assiria, di Larsa, di Esnunna, di Qatanum e di Aleppo. L'Assiria crea una coalizione di
stati ad est del Tigri contro Babilonia, Mari e Larsa. H. sfrutta prima l'alleanza con Larsa e
Mari per demolire la coalizione capeggiata dall'Assiria, in seguito, nel 300 anno del suo
regno fa forza contro un largo numero di nemici; nel 310 toglie l'indipendenza a Larsa e
dà, nel 320 anno, battaglia decisiva contro gli Assiri e conquista Mari che verrà distrutta
definitiva mente nel 350 anno di regno. Quindi demolisce Esnunna. Si ignora il motivo che
ha arrestato la conquista di H. a Mari sull'Eufrate e a Ninive sul Tigri, ma sembra che già
allora gli Hittiti da una parte e i Hurriti dall'altra abbiano tamponato con la loro presenza
l'espansione del monarca babilonese. Comunque H. alla fine del suo regno può dirsi non
solo "re di Sumer e Accad", ma "re delle quattro regioni", "re dell'universo". La lingua
accadica diventa la lingua del paese e lingua internazionale.

L'attività di H. non si esaurisce nella politica e nella guerra. La sua corrispondenza con il
governatore di provincia Sin-idinnam e col gerente del demanio Shams-hasir e con altri
grandi funzionari rivela un complesso di preoccupazioni e mette in rilievo la saggezza
nell'amministrazione dell'economia e della giustizia. Prova della sua tendenza a conciliare
e a rendere giustizia è la raccolta di leggi che va sotto il nome di H.

L'esemplare principale del codice di H. è costituito da un blocco di diorite nera a tronco


di cono, di m. 2,25 di altezza, con 51 colonne da destra a sinistra. La stele era stata
trasportata nel sec. XII dagli Elamiti a Susa e scalpellata nelle sette colonne di fondo. A
Susa fu scoperta in tre pezzi nel 1901-1902 dalla missione francese diretta da de Morgan
e decifrata in pochi mesi dal P. domenicano V. Scheil, ed è attualmente conservata al
Louvre di Parigi. Il testo è stato copiato in epoche e paesi diversi: i frammenti delle copie
hanno permesso di ricostruire approssimativamente le parti danneggiate e fornito delle
varianti di un certo interesse. Fino a pochi anni fa H. era considerato il primo grande
autore di una raccolta di leggi. Dal 1947 in poi sono stati scoperti tre codici anteriori a
quello di H.: nel 1947, a Tell Harmal due tavolette contenenti una raccolta, divisa in 59
paragrafi dagli studiosi, fatta da Bilalama di Esnuuna, anteriore di 235 anni ad H.; nel
1947-48 fu pubblicato il codice di Lipit-Istar della dinastia di Isin, anteriore di 185 anni ad
H. e diviso in 37 paragrafi ; nel 1952-53 fu reso di pubblica ragione il codice di Ur-nammu,
fondatore della III dinastia di Ur, di pochi paragrafi e anteriore di 350 anni ad H. Il codice di
Esnunna e di Ur-Nammu affermano l'anteriorità, nel bacino mesopotamico, della
composizione legale al principio del taglione. L'originalità della raccolta di H. consiste forse
nel promulgare le varie leggi di un impero, nel completare le tradizioni, nell'armonizzare i
costumi con l'estensione a tutti i sudditi dell'impero.

Il codice ha un prologo e un epilogo in stile e lingua poetici, un corpo di leggi che si


può dividere in 282 paragrafi. La parte legislativa comprende tre sezioni: diritto alla
proprietà, diritto familiare, diritto sociale (criminale e civile). Profonde sono le differenze tra
il codice di H. e il codice dell'Alleanza (Ex. 20, 22-23, 19). H. consacra lunghe colonne alla
famiglia, soggetto nel quale per principio il legislatore ebraico non entra. H. tratta
abbondano temente dei problemi relativi alla proprietà, nozione ancora molto semplice e
poco evoluta nel codice ebraico che ignora i beni di natura speciale, le proprietà
commerciali, tutta la legislazione babilonese sui contratti. Dal § 196 H. si avvicina al codice
dell'Alleanza: la parte delle obbligazioni penali. Tuttavia nel codice di H. intervengono
considerazioni di classi, di professioni, di tariffe di cui l'ebraico si preoccupa solo in modo
secondario. La causa delle divergenze dipende dalla struttura economica e sociale diversa
dei due popoli. La società babilonese è evoluta e ha un passato, è ricca ed è su una base
economico-commerciale. La società ebraica, alla quale detta legge il Codice dell'Alleanza,
è appena costituita, ed è su una base di pastorizia con un inizio di agricoltura. Rimane una
decina di accostamenti di interesse: i casi sono raramente identici, le soluzioni quasi
sempre diverse e i testi senza parallelismo.

I due codici si avvicinano riguardo lo schiavo (Ex. 21, 2-11; §§ 117-118), i danni corporali
in seguito a una rissa (Ex. 21, 18; § 206), il taglione (Ex. 21, 33-25; §§ 196, 197, 200),
l'aborto (Ex. 21, 22; § 209 s.), il bue che colpisce col corno (Ex. 21, 28-32; §§ 250-252), il
furto di bestiame (Ex. 21, 37; 22, 2b·3; § 8), il furto con breccia nel muro (Ex. 22, 1-2a; §
21), il pascolo illegale (Ex. 22, 4; §§ 57, 58), i depositi di beni (Ex. 22, 6-8; §§ 124-126), la
guardia del bestiame (Ex. 22, 9·12; §§ 262.267). V. Genesi.

[F. V.]

BIBL. - A. DEIMEL, Codex H. Transcriptio et versio latina, ed. A. Pohl - R. Follet, Roma
1953; F. M. TH. BOHL, King H. of Babylon in the Betting of his time (about 1700 B. C.),
Amsterdam 1946; M. CRUVEILHIER, Introduction au Code d'H., Parigi 1937;
Commentaire du Code d' H., Parigi 1938; H. CAZELLES, Etudes sur le code de l'alliance,
Parigi 1946, pp. 147-56; R. nE V A UX, Les patriarches hébreux et les découvertes
modernes, in RB, 53 (1946) 328-36; CH.-F. JEAN, Six campagnes de fouille à Mari, in
NRTh, 84 (1952) 493-517. 607-633.

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HARRAN. - Città del nord-ovest della Mesopotamia, sulle rive del Balih, affluente
dell'Eufrate. È la città nella quale Abramo, proveniente da Ur e diretto in Canaan, sostò
lungamente con l'intera famiglia (Gen. 11, 31 s.; 12, 4 s.), mentre Nahor vi prendeva sede
stabile per sé e per la sua discendenza (Gen. 24, 10; 27, 43); da questa, più tardi
Giacobbe verrà a scegliersi la moglie (Gen. 28, 10; 29, 4 s.). All'epoca dei Patriarchi, H.
era una città assai fiorente, punto d'incontro delle grandi vie commerciali di Siria, Assiria e
Babilonia: la designazione assira Harranu (espressa con l'ideogramma d'un crocevia)
significa appunto "via", significato mantenuto anche dalla più tardiva denominazione
Paddan-Aram (Padanu = via, strada). Nei documenti di Mari, H. è spesso menzionata.
Pure mantenendo il suo fondamentale carattere sumero-accadico, la città era allora sotto
l'influenza preponderante di Amorrei e Hurriti: ai tempi della la dinastia Babilonese
un'alleanza tra Amorrei viene conclusa nel tempio della divinità lunare Sin; divinità
importata probabilmente da Ur. Nell'epoca Assira, Teglatfalasar I, Sargon e Sennacherib
ricordano "nelle loro iscrizioni sia come meta di cacce sia come obiettivo di conquista.
Caduta l'Assiria sotto i colpi di Nabopolassar, Asur-Uballit tenterà in H. l'estrema
resistenza. Verso la fine dell'epoca babilonese, Nabonid fa ricostruire in H. il tempio di Sin
dopo una presunta visione degli Dei che gli predio cono la vittoria di Ciro su Astiage. Al
tempo dei Romani H., detta Charrae, resta famosa per la sconfitta di Crasso e più tardi per
l'uccisione dell'imperatore Caracalla.

Ai nostri giorni è ridotta a un piccolo villaggio tra ruderi.

[G. D.]

BIBL. - R. T. O'CALLAGHAN, Aram Naharaim, Roma 1948; S. MOSCATI, L'Oriente


Antico, Milano 1952.

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HEBRON. - Città nelle montagne di Giuda (Ios. 15, 54), 37 km. a sud di Gerusalemme,
anticamente chiamata Qiriath 'Arba' ("città dei quattro") ed oggi el-Halil ("l'amico" di Dio)
per l'appellativo dato ad Abramo già nell'antichità (Iubil. 19, 9). Fu costruita sette anni
prima dell'egiziana Tanis (Num. 13, 22) da Hurriti, sedentari non semiti, discesi dalle
montagne dell'Armenia dopo il 2000 a. C.: hurriti, ed attestati in Nuzu, sono infatti i nomi
dei clan di Hebron, Anac e i suoi tre figli (Num. 13, 22; Ios. 15, 14; Iudc. 1, 10) (cf. R. De
Vaux, in RH, 55 [1948] 325 s.). Divenne residenza del patriarca Abramo, dopo
l'abbandono di Bethel (Gen. 13, 18): quivi il patriarca ebbe mutato il nome (17, 5), ospitò i
tre angeli (18, 1 ss.), gli nacque Isacco (21, 3), morì Sara e fu sepolta nella grotta di
Macpelah, acquistata dagli abitanti del luogo e destinata a sepolcreto di famiglia (49, 30-
31; 50, 13). Fu residenza temporanea anche di Isacco (35, 27) e Giacobbe (37, 14): di qui
Giacobbe discese coi figli in Egitto (37, 14; cf. 46, 1). Ad H. Mosè inviò gli esploratori
(Num. 13, 23). Nell'occupazione della Palestina, diretta da Giosuè, H. fu presa, il suo re
Oham ucciso e la popolazione sterminata o dispersa (Ios. 10, 3-39; 11, 21; 12, 10) e
ripopolata con Caleb (Ios. 14, 13). Divenuta poi città di rifugio (Ios. 20, 7) e di sacerdoti
(Ios. 21, 11.13; I Par. 6, 55.57), vi si rifugiò David, perseguitato da Saul, che la fece
capitale provvisoria per sette anni é mezzo (2Sam. 2, 1.3.11.32; I Reg. 2, 11; I Par. 29,
27). Quivi David fu riconosciuto ed unto re su tutto Israele (2Sam 5, 1.3; I Par. 11, 1.3; 12,
2.3.38), gli nacquero sei figli (2Sam 3, 5; I Par. 3, 1.4); quivi Abner fu ucciso da Ioab e
sepolto (2Sam 3, 27.32) accanto a Baana e Recab, uccisori di 18baal, giustamente puniti
per ordine di David (2Sam 4, 12). Absalom fece di H. il centro della rivolta contro il padre
(2Sam 15, 7-10) e Roboam la fortificò (2Par. 11, 10). Durante l'esilio cadde in mano agli
Edomiti, da cui la riprese Giuda Maccabeo (I Mach. 5, 65). Trasformata in covo di ribelli
durante la guerra giudaica fu incendiata da Cereale, luogotenente di Tito (F. Giuseppe,
Bell. IV, 9, 7.9). Di poca importanza durante il periodo bizantino, dopo l'occupazione araba
del 634 divenne una delle loro quattro città sacre per il ricordo di Abramo.

Il sito primordiale di Qiriath 'Arba' sussiste nelle rovine di el-Arba'in, nella collina di er
Rumeideh, non scavate sistematicamente ma con evidenti tracce del Bronzo II
(2000.1600) e del Ferro Il (600-300 a. C.).

[A. R.]

BIBL. - H. VINCENT - F. M. ABEL, Hébron, Le Haram el- Khalil. Parigi 1923; F. M. ABEL,
Géographie de la Palestine, II. Parigi 1938, p. 345 ss.

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HITTITI. - Gente nominata, fino a ca. 40 anni addietro, soltanto nel Vecchio Testamento,
tra gli abitanti di Canaan fin dall'epoca di Abramo (cf. Gen 23), e che gli scavi iniziati nel
1906 a Boghazkoy (Asia Minore), insieme a quelli di Ugarit e Mari, han restituito
pienamente alla storia, confermando, ancora una volta, la storicità e l'antichità delle fonti
bibliche.

Comunemente gli H. venivano finora così classificati:

1) i Proto-H., considerati autoctoni dell'Anatolia orientale, di razza e lingua asianiche;


loro capitale Hatti, da cui deriva il loro nome;

2) gli H., indoeuropei di razza e lingua che provenienti dall'est si installano nella
Cappadocia all'inizio del 20 millennio a. C.

Affermano la loro potenza con l'Antico (1600-500) e Nuovo Impero (1400-1200);

3) Neo-H., abitanti della Siria dal 1100 a.C., composizione etnica che non avrebbe
rapporto razziale né coi Proto-H. né con gli H. Parlano o il fenicio o l'aramaico. Sono
distrutti dagli Assiri nel VII sec. a. C.

Veniva considerato come un anacronismo l'attestazione biblica della presenza di H.,


propriamente tali, in Palestina al tempo di Abramo, perché si diceva, il regno degli H. fu
fondato definitivamente più tardi.
Ma L. Woolley (A Forgotten Kingdom, Londra 1953, pp. 31-35), dalla diffusione della
ceramica, denominata da Khirbet Kerak, spiega come questi possono discendere da
antenati Hittiti, immigrati simultaneamente in Asia Minore (la maggior parte) e nella
Palestina (agli inizi del 2° millennio). Tale ceramica infatti è frequente e in forme più
semplici nel Caucaso meridionale, nell'età neolitica.

S'incontra improvvisamente a nord dell'Oronte e verso ovest, dove dura a lungo (ca.
3500-3000). In Asia Minore nei sepolcri dei re hittiti Alacahuiuk, e dopo il 2000 nella
regione di Kultepe.

In vari posti della Palestina, dove appare improvvisa e perfettamente evoluta, sopra uno
strato distrutto dal fuoco, dunque importata dagl'invasori che poi si mescolarono con la
popolazione.

La ceramica segue ed attesta la migrazione degli H.; originari dal Caucaso, immigrati in
Asia Minore e in Palestina, in sul finire del 3° millennio e dal 1900 a. C. incominciarono da
qui ad espandersi. In Palestina pervenne una corrente minore; mentre da quella
principale, in Asia Minore, derivò l'impero hittita.

Questo inoltre è confermato dall'uso della legislazione hittita (la quale scomparve con la
caduta dell'impero, nel 1200 a. C.), tra gl'H. contemporanei di Abramo, come rileva con
mirabile precisione la narrazione di Gen 23, confrontata con gli artt. 46 e 47 di quella (cf.
Rivista Biblica, 2 [1954] 130-35).

Fonti per la conoscenza degli H. sono le migliaia di testi religiosi trovati in uno dei templi
e nella cittadella di Boghazkoy, la antica Hattusa, e che risalgono al 1400/1200 a. C.; le
tavolette di Kultepe in assiro (sec. XIX), le iscrizioni fenicio-geroglifiche di Karatape, che
sopravvivono per 500 anni all'impero H.; infine, i dati archeologici.

La scrittura e In gran parte cuneiforme, ma anche geroglifica soprattutto nella zona di


Kizzuwatna. L'interpretazione dei geroglifici hittiti ha dato buoni risultati, ma non è
completa. Le lingue usate nel mondo hittita sono la hattili o protohittita, agglutinante, non
bene compresa finora; la palaita nella Paflagonia a nord-ovest di Hattusa; la luvia,
indoeuropea, a sud ovest dell'Anatolia; la ne sia o hittita e infine la hurrita, asianica.

Il nucleo principale abita una regione, il cui centro è il gomito del fiume Halys. Sono
ricordati come primi loro re, Pithana e Anitta, padre e figlio, commercianti di prodotti assiri,
contemporanei alle tavole di Kultepe. Piccole città-stato esercitano il loro predominio con
alterne vicende: Zalpa, Nesa, Kussar. Solo Labarna le unifica in un impero che ha per
confini il Mediterraneo. Labarna resta titolo dei successori come Cesare per gli imperatori
romani. Il figlio Hattusili I (1580 ca.) domina l'est dell'Asia Minore e giunge fino alle porte di
Aleppo, espugnata da Mursili I (1560 ca.) che compie una razzia su Babilonia e inizia la
lotta con i Hurriti.

Nel sec. XV gli H. sono forse oscurati dai Hurriti. Tudhalia incomincia il nuovo impero.
Shuppiluliuma (1375-1335) sconfigge i Mitanni a Qades. Mursili II (1330-1300) fatica a
tenere sottoposti gli stati vassalli. Muwattalli deve lottare con la risorgente potenza
egiziana e viene sconfitto a Qades. Hurhi-Tesub e Hattusili In continuano la lotta contro gli
Assiri e l'Egitto. L'impero riceve il colpo di grazia dalla migrazione dei popoli del nord e del
Mare (verso l'inizio del sec. XII).

Religione. - Il pantheon hittita è un miscuglio. Il fondo è di origine proto-hittita. Al tempo


dell'impero hittita si innestano divinità luvie e palaite che non sono che l'assimilazione delle
divinità anatoliche. Quindi doppioni di dèi. Infima, sebbene caratteristica, la parte degli dèi
di stampo indoeuropeo. Si aggiunga l'influsso dei Hurriti con l'introduzione del loro
pantheon gerarchicamente organizzato e della tecnica cultuale, e degli Assiro-Babilonesi
con divinità astratte come le incarnazioni del destino, legate all'idea del testo scritto, della
tavoletta fissata da un ordine di Ea o di Marduk.

Il dio principale degli H. è il dio-Tempo, chiamato Taru in proto-hittita, Datta in luvio,


Tarhunt in geroglifico, Tesub in Iturrita. Il nome è espresso con gl'ideogrammi del dio
mesopotamico Hadad. Il concetto di un dio supremo che regola la pioggia e le tempeste è
molto appropriato ad una zona come l'Anatolia, il nord della Siria e Mesopotamia. Come re
degli dèi si accosta a Zeus, ma presenta molti altri aspetti. L'animale sacro è il toro;
secondo una concezione antica il dio-Tempo è egli stesso un toro come nel mondo
mesopotamico il dio Anu.

La dea solare di Arinna,- Wurusemu in proto-hittita, è la regina del cielo e del paese di
Hatti, la dea suprema dello stato e protegge il re in guerra.

Istar, la grande dea babilonese, è conosciuta in Anatolia come Anu, Ea e molti altri. È la
divinità dell'amore e della vita sessuale, ma anche della guerra.

L'adorazione degli dèi nello stato è della massima importanza. Il re stesso vi partecipa.
La volontà degli dèi è consultata mediante le varie forme di divinazione importate dalla
Mesopotamia. La religione hittita considera gli dèi come padroni, gli uomini schiavi.
Handadatur è il termine col quale gli H. esprimono la forza speciale divina che dirige il
mondo (cf. sumerico nig. si. sa.; acc. Mesaru).

Sono state trovate sepolture negli scavi dell'antico e nuovo impero. Nel nuovo è usata la
cremazione. Si conserva il testo di un rituale di cremazione del re o della regina nel quale
le donne estinguono il fuoco con vino e birra.

Tra i miti, quello del dio che scompare e riappare è il più famoso ed ha riscontro nelle
vicende di Dumuzi-Tammuz, Adone (v.), Attis, ecc. Il nome del dio morente è Telepino (cf.
Telephos licio), in una versione conservata in 4 recensioni, il dioTempo, il dio-Sole in altre
versioni. Telepino scompare per malcontento. Cessa la vita della natura. Vana è la ricerca
dell'aquila, del dio della tempesta. La signora degli dèi invia l'ape. Il testo è interrotto.
Telepino è trovato. Due incantesimi lo decidono a ritornare. La vita riprende il ritmo
normale.

Diritto. - Due raccolte di leggi conservate in due tavolette della prima metà del sec. XIV
trasmettono gli elementi giuridici che presentano punti di contatto con le leggi
mesopotamiche ed ebraiche. Il codice hittita è più umano dell'assiro: non conosce la legge
del taglione (ammette le compensazioni), limita la pena di morte. Le disposizioni hittite
tendono più a risarcire i danni delle vittime che a colpire i rei. I contatti col codice
dell'alleanza (Ex. 20, 22-23, 19) sono numerosi e dimostrano che la tradizione israelita ha
conosciuto il codice hittita per quanto riguarda l'omicidio, il furto, i danni causati alle
persone, ai raccolti ecc., ma essa è pienamente autonoma (H. Cazelles, Etudes sur le
Code de l'Alliance, Parigi 1946, pp. 158-64).

Nella Bibbia, l'etnico hitti, LXX ***, Volgo hethaeus e benè Heth indicano i discendenti di
Heth, secondo figlio di Canaan (Gen. 10, 5). Gen 15, 19-21 pone gli H. tra i popoli di
Canaan anteriori alla conquista Israelita e in mezzo ai quali gli Ebrei devono stabilirsi (cf.
Ex. 3, 8.17; 13, 15; 23, 23.28; ecc.). I re di questi popoli si coalizzano contro Giosuè (9, 1)
e lottano contro di lui presso le acque di Merom (Ios. 12, 8); riappaiono nel discorso di
Giosuè morente (Ios. 24, 11) e all'epoca dei Giudici (Iudc. 3, 5). Sotto Salomone (I Reg. 9,
20; I Par. 8, 7) i loro discendenti costituiscono minoranze che non scompaiono né per le
guerre né per le deportazioni (Esd. 9, 1, cf. Iudc. 3, 36). Num. 13, 39 s. e Ios. 11, 3
pongono gli H. nella regione montagnosa. Hebron è una città degli H. dai quali Abramo
(Gen. 23, 7) acquista il campo e la caverna di Macpelah, per esservi sepolto (Gen. 40, 29
s.) come Giacobbe (Gen. 50, 13).

Si menzionano le figlie di Het che Rebecca (Gen. 27, 46) e Isacco non gradiscono. Ez.
16, 3 dice a Gerusalemme: «La tua origine e la tua generazione sono dalla terra di
Canaan; tuo padre è l'Amorreo e tua madre una hittita» (cf. Ez. 16, 45). Tutti questi testi
biblici considerano gli H. come presenti in Canaan prima dell'arrivo degl'israeliti, e ancora
al tempo della migrazione di Abramo. Sappiamo ancora dalle lettere di el-Amarna che gli
H. erano numerosi ed intriganti in Canaan nel sec. XIV a. C.

In vari punti figurano principi hittiti, accettati o imposti dall'Egitto, alla testa dei clan
cananei... Naturalmente tale scelta sarebbe incomprensibile, data la frequenza dei casi, se
non si ammettesse la presenza di H. nella popolazione.

Il loro carattere intraprendente, a noi noto dalle fonti, dava presto ad essi, anche se di
numero limitato, una certa preponderanza.

È pertanto un fatto ormai constatato questo miscuglio delle popolazioni hittite: son
quelle che noi abitualmente si è soliti chiamare cananee.

Ora la testimonianza delle lettere di el-Amarna per i sec. XV-XIV, già fondava la più
grande probabilità per la presenza degli H., in periodi precedenti, e fin dal tempo della
migrazione di Abramo (L. Desnoyers, Histoire du peuple hébreu, I, Parigi 1952, p. 30; A.
Clamer, La Ste Bible, ed. Pirot, II, ivi 1940, pp. 322.562). Discendenti degl'H. sono
Abimelec (I Sam 26, 6) e Uria (2Sam 11, 9 ss.; ecc.) sposo di Bethsabea.

[F. V.]

BIBL. - Numeroso materiale in Revue Hittite et Asianique (RHA) e Journal of Cuneiform


Studies (JCS): A. GOETZE, Hethiter, Churriter und Assyrer, Oslo 1936; L. DELAPORTE.
Les Hittites, Parigi 1936: ID.. Hittites, in DBs.; F. SOMMER, Hethiter und Hethitisch.
Stoccarda 1947: G. CONTENAU, La civilisation des H. et des Hourrites..., Parigi 1948; E.
CAVAIGNAC, Les H., ivi 1950; O. R. GURNEY, The H.. Londra 1952: R. DUSSAUD. Les
religions des H. et des Hourrites, in Mana II. Parigi 1945: F. M. ABEL, Géographie de la
Palestine. I, ivi 1933, pp. 23943; G. FURLANI, La religione degli Hittiti, Bologna 1936; A.
ROMEO, in Enciclopedia del Sacerdozio, Firenze 1953, pp. 336-43; C. W. CERAM. Il libro
delle rupi. Alla scoperta dell'impero degli Ittiti. Torino 1956; cf. Rivista Biblica, 4 (1956)
282-85.

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HURRITI. - Popolo non semita che documenti dalla fine del 30 millennio segnalano in
avanzata dalle regioni dello Zagros verso la Mesopotamia e lungo il Tigri. Cf. ancora alcuni
documenti anteriori alla terza dinastia di Ur (2070-1960) quali la tavoletta di Samarra e
specialmente dalla nomenclatura dei primi Re della dinastia stessa. Vero so il 1700 a. C. ci
informano dell'attività hurrita testi religiosi di Mari, dove per la prima volta Hur-ri ricorre
come designazione di popolo. Tra il 1700 e il 1500 l'influenza hurrita deve aver registrato
la massima pressione: dopo questa epoca infatti, i H. dominano in Mesopotamia e Assiria
dove hanno fondato il grande impero di Mitanni (v.) e ridato vita all'antico centro di Nuzu
(v). Anche in Asia Minore (Boghazkoy), in Siria (Ras Shamra), in Palestina (Tell-Ta'annek),
la presenza dei H. è abbondantemente documentata.

In Egitto all'epoca della 18a dinastia la designazione Retn.w per la Palestina e Siria
viene sostituita dal vocabolo H'rw.

Per quanto non sia evidente una stretta relazione tra H. e Hyksos, è però degno di nota
il fatto che dopo l'invasione di questi, i territori a sud di Karkemis fino all'Egitto sono
inondati da nomi hurriti e indoeuropei.

Quanto alla loro razza, antiche raffigurazioni egiziane (19a dinastia) ce li presentano di
tipo armenoide brachicefalo; ovunque però tra i H. è notata la presenza di elementi
indoeuropei rappresentanti ordinariamente la classe dirigente.

Rilevanti sono le tracce della cultura hurrita. Una caratteristica lingua di tipo ago
glutinante, scritta in cuneiforme accadico ci ha dato una letteratura veramente
abbondante: a scongiuri, incantesimi (doc. di Mari), testi religiosi di vario genere (doc. di
Boghazkoy), documenti d'affari (scoperte di Nuzu), vocabolari (scoperte di Ras Shamra)
ecc. si uniscono opere di traduzione specialmente all'epoca d'El-Amarna. Tra queste
ultime vanno soprattutto ricordati frammenti dell'epos di Gilgames con vari miti e leggende
sumero-accadiche. Nell'epoca d'el-Amarna la cultura hurrita serve mirabilmente a
trasmettere all'occidente cultura e religione mesopotamiche: è attraverso i H. che il culto di
Etar raggiunge l'Asia Minore e l'Egitto.

La religione hurrita è caratterizzata da un grande sincretismo: i H. che diedero presto al


pantheon babilonese il loro Dio Kumarbi, presero a loro volta dèi, miti, leggende ed eroi
sumero-accadici. Divinità tipicamente hurrite restano: Tessub, Dio del temporale,
raffigurato spesso sul dorso dei due tori Sheri e Hurri; Hepa e Simike, rispettivamente Dio
e Dea del sole. Non va poi dimenticata la presenza di divinità indoeuropee adorate dalla
classe dirigente.
Il grande influsso culturale e religioso dei hurriti continuò fino a quando l'avanzata
dell'Assiria specialmente con Salmanassar I ne bloccò il centro propulsore: l'impero
Mitannico; restarono per molto tempo centri hurriti, nella regione nordica dei laghi Urmia e
Van.

É stata da tempo agitata la questione se i H. siano in relazione con i Horites della


Bibbia (Gen. 14, 6; 36, 20.29 s.; Deut. 2, 12.22). Dopo gli studi dello Speiser, rileva W. F.
Albright, va ormai ritenuto certo che la lingua hurrita fu la primitiva lingua dei Horites biblici.

BIBL. - R. T. O'CALLAGHAN, Aram Naharaim, Roma 1948, pp. 37-92; G. CONTENAU, La


Civilisation des Hittites et des Hurrites du Mitanni, Parigi 1948; ID., in DBs, IV, coll. 12838;
G. FURLANI, La religione degli Hurriti (Subarei, Mitannici), in Storia delle Religioni, P.
Tacchi-Venturi, 1, 3a ed., Torino 1949, pp. 241-51.

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