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(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Della stessa collana:


Vol. 1/3 • Schemi e Schede di Diritto del Lavoro
Vol. 2/3 • Schemi e Schede di Diritto Costituzionale e Pubblico
Vol. 3/4 • Schemi e Schede di Diritto Penale
Vol. 5/2 • Schemi e Schede di Istituzioni di Diritto Privato
Vol. 6/4 • Schemi e Schede di Diritto Commerciale
Vol. 7/2 • Schemi e Schede di Diritto Processuale penale
Vol. 8/3 • Schemi e Schede di Diritto Processuale civile
Vol. 12/2 • Schemi e Schede di Scienza delle Finanze
Vol. 21/3 • Schemi e Schede di Istituzioni di Diritto Romano
Vol. 32/2 • Schemi e Schede di Diritto Ecclesiastico
Vol. 39/2 • Schemi e Schede di Economia Aziendale
Vol. 44/1 • Schemi e Schede di Economia Politica
Vol. 45/2 • Schemi e Schede di Diritto Internazionale Privato
Vol. 46/3 • Schemi e Schede di Diritto Internazionale
Vol. 47/5 • Schemi e Schede di Diritto dell’Unione europea

Coordinamento redazionale e a cura del dott. Dario di Majo

Revisione e aggiornamento di questa edizione a cura delle dott.sse


Anna D’Angelo, Chiara Palladino, Alessandra Pedaci e dell’avv. Beatrice Locoratolo

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.it


PREMESSA

Gli Schemi e Schede di Diritto Amministrativo intendono fornire un moderno supporto didattico ai
tradizionali manuali di diritto amministrativo per coloro che, nella preparazione di esami universitari o
pubblici concorsi, necessitano di un quadro sistematico e riepilogativo della materia.
Il volume, infatti, fa il punto sugli elementi portanti della materia, fornendo una definizione di base
dell’argomento oggetto di studio, che viene poi schematizzato e analizzato nei suoi aspetti principali.
Il lavoro, dunque, attraverso comode slide, consente di mettere ordine nelle idee e nei concetti, di
classificare istituti e argomenti per agevolare anche la memoria visiva nella fase del ripasso, la
sistematizzazione e memorizzazione finale.

Anche questa edizione si caratterizza per tre innovative rubriche, che completano la lettura degli
schemi:

— la rubrica Osservazioni, nella quale vengono puntualizzati concetti, nuovi o problematici, spesso
oggetto di dibattito in dottrina e in giurisprudenza, di approfondimento della materia;
— la rubrica Differenze, che analizza aspetti particolari degli argomenti, stimolando al confronto fra i
diversi istituti;
— la rubrica In sintesi, che offre un quadro riepilogativo, in chiave critica, degli argomenti affrontati
nei precedenti paragrafi o capitoli.

L’opera privilegia gli aspetti istituzionali più frequentemente oggetto di domanda d’esame ed è
aggiornata alle più recenti novità normative, tra le quali si segnala la L. 7 aprile 2014, n. 56 (cd.
Legge Delrio), recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di
comuni, tenendo altresì conto del testo base del progetto di revisione costituzionale adottato dalla
Commissione Affari costituzionali del Senato il 6 maggio 2014 che modifica numerosi articoli della
Parte Seconda della Costituzione.
Vol. 4 • Manuale di Diritto Amministrativo

XXXI Edizione • pp. 832

La stagione di riforme, costituzionali e legislative, nazionali ed europee, che sta conducendo alla definizione di nuovi assetti
istituzionali, fa sì che questa XXXI edizione del Manuale riporti, da un lato, la disciplina tradizionale del diritto amministrativo e,
dall’altro, illustri quanto di nuovo si sta affacciando nel panorama normativo. Il riferimento è al disegno di legge costituzionale
sulla modifica della Parte II della Costituzione nonché alla riforma degli enti territoriali, da tempo prospettata e solo adesso
avviata. Ed infatti, l’assetto di tali enti è stato profondamente innovato dalla L. 7-4-2014, n. 56 (cd. Legge Delrio), che ha dettato
disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni. Altro settore interessato da recenti
innovazioni è quello dei contratti pubblici: anche per tale materia può dirsi aperta una fase di transizione che porterà ad un
radicale cambiamento della normativa vigente. La recente approvazione di nuove direttive europee – nn. 23, 24 e 25 del 2014 –
relative ai settori ordinari, speciali e ai contratti di concessione, condurrà, all’esito del recepimento, ad una sostanziale revisione
del Codice dei contratti pubblici e del relativo Regolamento di attuazione. Il Manuale, dunque, fornisce un quadro completo ed
aggiornato del Diritto Amministrativo, allo scopo di offrire una esaustiva analisi della materia a tutti gli operatori del settore, a chi
si appresta ad affrontare prove concorsuali o ad ultimare gli studi universitari.
PARTE PRIMA

L’ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO

Capitolo 1: Il diritto amministrativo tra l’ordinamento nazionale e quello europeo

1. Il diritto amministrativo: concetto e caratteri • 2. La Pubblica Amministrazione • 3.


Origini ed evoluzione del sistema amministrativo italiano • 4. La dimensione ultrastatale
del diritto amministrativo: la P.A. europea • 5. Le fonti del diritto europeo

Capitolo 2: Le funzioni dello Stato

1. Lo Stato • 2. Funzioni dello Stato • 3. Il potere politico e la funzione politica • 4. Gli atti
politici • 5. Il potere esecutivo e la funzione amministrativa • 6. Gli atti di alta
amministrazione

Capitolo 3: Le fonti del diritto amministrativo

1. Il sistema delle fonti • 2. Le fonti dell’ordinamento costituzionale italiano • 3. La


Costituzione • 4. Altre fonti di rango costituzionale • 5. Fonti di origine europea • 6. Le
fonti primarie • 7. Le fonti secondarie • 8. Le ordinanze • 9. Gli Statuti degli enti pubblici
• 10. Le fonti secondarie dubbie • 11. Testi unici e codici • 12. La consuetudine • 13.
Norme interne della P.A. • 14. La cd. prassi amministrativa • 15. Interpretazione ed
applicazione del diritto amministrativo
Capitolo 1

IL DIRITTO AMMINISTRATIVO TRA L’ORDINAMENTO NAZIONALE E QUELLO


EUROPEO

1. Il diritto amministrativo: concetto e caratteri

Nozione: il diritto amministrativo è la disciplina giuridica della pubblica


amministrazione, della sua organizzazione, della sua attività e dei rapporti tra questa e i privati.

Caratteri

È diritto pubblico interno

deriva dalla volontà dello Stato

È autonomo

si fonda su propri principi e proprie regole

È comune

si riferisce a tutti i soggetti che fanno parte dell’ordinamento

È ad oggetto variabile

i fini da perseguire variano a seconda dei cambiamenti sociali e giuridici

2. La Pubblica Amministrazione

Nozione: «amministrare», in genere, vuol dire, realizzare degli interessi.


Quando tale attività è svolta da un soggetto pubblico, questi agisce sempre per il
perseguimento di un interesse altrui, riconducibile all’intera collettività: il cd. interesse pubblico. È la
realizzazione dell’interesse pubblico che caratterizza l’attività amministrativa, a sua volta posta in
essere da un insieme di organi riconducibili alla nozione di pubblica amministrazione.
Le due principali teorie sulla nozione di pubblica amministrazione, quella soggettiva e
quella oggettiva, pur presentando ciascuna specifiche peculiarità, non possono essere intese in
termini di mera contrapposizione, dovendosi, invece, al fine di avere una visione unitaria della P.A.,
evidenziare la complementarietà delle stesse.

Pubblica Amministrazione

Amministrazione in senso soggettivo: si fa riferimento all’insieme delle strutture


costituite per lo svolgimento di funzioni amministrative
Amministrazione in senso oggettivo: si fa riferimento all’attività di amministrazione
regolata da norme giuridiche e svolta per la soddisfazione di interessi pubblici

3. Origini ed evoluzione del sistema amministrativo italiano

Storia dell’amministrazione italiana

L’Amministrazione pubblica nell’epoca pre-unitaria. Il potere è accentrato nella


persona del sovrano (titolare del potere di governo) e nei ministri che compongono il
governo da lui nominato. L’organizzazione amministrativa è fortemente accentrata.
Principali provvedimenti normativi: Statuto Albertino (1848), che costituisce la prima Carta
costituzionale, dapprima, del Regno di Sardegna e, poi, del Regno d’Italia e la L.
1483/1853 (legge Cavour), con la quale l’Amministrazione è stata riorganizzata ponendo i
ministri alla direzione dei singoli dicasteri
La funzione amministrativa dello Stato dal 1861 alla crisi di fine secolo. Il nuovo
ordinamento si fonda sui principi della responsabilità ministeriale di fronte al Parlamento.
Si rafforza il modello di Amministrazione per ministeri e l’organizzazione amministrativa si
sviluppa secondo un modello gerarchico - piramidale.

Principali provvedimenti normativi: nasce il sistema di doppia giurisdizione (ordinaria ed


amministrativa) con le leggi nn. 2248/1865 sul contenzioso amministrativo, 5992/1889,
istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato con competenza generale sulle
controversie tra le autorità (non si parlava ancora di Pubblica amministrazione) ed i privati,
e 6837/1890, istitutiva delle Giunte provinciali amministrative (G.P.A.)
La P.A. nell’età giolittiana e sotto il regime fascista . Lo sviluppo del sistema
amministrativo segue due principali direttive: meridionalizzazione e sindacalizzazione
della P.A.
L’Amministrazione si accresce di nuove funzioni e servizi d’interesse sociale a carico dei
poteri pubblici e si ha l’accesso nel pubblico impiego della piccola e media borghesia
meridionale.
In seguito, con l’avvento del regime fascista, viene ripristinata un’organizzazione accentrata
e gerarchizzata dello Stato con la contestuale creazione di organismi con funzione di
intervento nel sociale (enti assistenziali e previdenziali; corporazioni).
Principali provvedimenti normativi: L. 290/1908 sul pubblico impiego che, da una parte,
afferma la soggezione del dipendente alla supremazia della P.A. e, dall’altra, introduce
primi elementi di garanzia per il lavoratore; L. 100/1926, sull’organizzazione degli uffici
pubblici; L. 237/1926, con la quale il sindaco elettivo viene sostituito dal podestà, nominato
dal potere centrale
L’amministrazione nell’Italia Repubblicana. Con l’entrata in vigore della Costituzione si
afferma il principio del pluralismo istituzionale. Viene dato ampio risalto alle autonomie
locali e si opera una ridistribuzione delle competenze fra amministrazione centrale e
periferica.
Principali provvedimenti normativi: evoluzione normativa del pubblico impiego, dal T.U.
3/1957 fino alla L. 93/1983, che ha dettato una disciplina uniforme applicabile a tutte le
PP.A.A; introduzione del doppio grado di giurisdizione per il processo amministrativo;
istituzione dei T.A.R. (Tribunali Amministrativi Regionali) con L. 1034/1971.

La svolta degli anni ’90. Cambiano i rapporti tra Amministrazione e cittadino con alcune
importanti riforme ispirate ai canoni di efficienza ed economicità dell’azione
amministrativa. Le parole chiave delle riforme amministrative sono: decentramento,
autonomia, delegificazione e semplificazione, sussidiarietà.
Principali provvedimenti normativi: L. 142/1990, sugli enti locali (oggi, TUEL, D.Lgs.
267/2000) e L. 241/1990, sul procedimento amministrativo; privatizzazione del pubblico
impiego con il D.Lgs. 29/1993 (ora D.Lgs. 165/2001) finalizzata al recupero di efficienza
della P.A; federalismo amministrativo attuato con la L. cost. 3/2001, di riforma del Titolo V
Cost.
Verso una P.A. più efficiente e «sburocratizzata» . Una P.A. agile, snella, scevra da
oneri burocratici e, soprattutto, trasparente: è questa la finalità cui mirano gli interventi del
legislatore moderno, che fa dell’open government il criterio guida della sua azione.

Principali provvedimenti normativi: D.Lgs. 150/2009, recante la cd. riforma Brunetta;


D.Lgs. 104/2010, il Codice del processo amministrativo; D.Lgs. 235/2010, che ha
riformato il Codice dell’amministrazione digitale; L. 183/2011 (legge di stabilità 2012) che
ha operato la cd. «decertificazione» nei rapporti P.A. cittadino; L. 190/2012 (cd. legge
anticorruzione), diretta al recupero della integrità nei pubblici uffici e alla lotta e alla
prevenzione dei fenomeni di illegalità; D.Lgs. 33/2013 (cd T.U. trasparenza 2013), recante
gli obblighi di pubblicazione, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle PP.AA.
sui siti internet istituzionali

4. La dimensione ultrastatale del diritto amministrativo: la


P.A. europea

Nozione: per diritto amministrativo europeo si intende quello avente ad oggetto


l’amministrazione europea, ossia l’insieme degli organismi e delle istituzioni dell’Unione europea.

Applicazione della normativa europea (CASETTA)

Il diritto amministrativo quale complesso di regole comuni ai vari diritti amministrativi degli
Stati membri prodotte direttamente da fonti dell’Unione prevalenti sul diritto interno

in tal caso, è espressione dell’integrazione tra ordinamento europeo e


ordinamento nazionale

Il diritto amministrativo europeo è mediato dal diritto interno di recepimento

in tal caso, è parametro di legittimità dell’attività amministrative. Si tratta, dunque,


di diritto interno

Con l’espressione amministrazione europea si intende l’insieme degli organismi e


delle istituzioni dell’Unione europea cui è affidato il compito di svolgere attività sostanzialmente
amministrativa e di emanare atti amministrativi (CASETTA).
Con lo sviluppo del processo di integrazione europea, il tradizionale sistema dualistico
di amministrazioni — europeo e nazionale — è venuto attenuandosi, lasciando sempre più spazio
alla formazione di un’amministrazione europea integrata, intesa come un sistema complesso di
amministrazioni — comunitarie, nazionali ed a composizione mista — che concorrono a costituire
quella che è stata definita come «amministrazione comune dell’ordinamento europeo» (CHITI).
La difficoltà di individuare una pubblica amministrazione europea è legata alla mancanza,
nell’ordinamento dell’UE, di una chiara ripartizione delle funzioni tra le istituzioni. Ad oggi, può
affermarsi che, sostanzialmente, l’esecutivo dell’Unione viene individuato nella Commissione
europea, la quale agisce con l’ausilio di altri organismi europei.

Amministrazione centrale europea

Commissione europea
Agenzie esecutive
Comitati e Agenzie europee

5. Le fonti del diritto europeo

I l sistema giuridico europeo è costituito dall’insieme di norme che regolano


l’organizzazione e lo sviluppo dell’Unione europea e i rapporti tra questa e gli Stati membri.
Pertanto, le fonti del diritto europeo sono costituite dal diritto europeo originario, che comprende i
trattati istitutivi e gli altri atti successivi che li hanno modificati e integrati, nonché dal diritto
europeo derivato, che comprende le norme emanate dalle istituzioni europee per il raggiungimento
dei propri obiettivi quali regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.

Diritto europeo originario

Trattati dell’Unione
Atti successivi modificativi dei Trattati
Principi generali del diritto

Diritto europeo derivato


Atti vincolanti

regolamento

— ha portata generale
— è obbligatorio in tutti i suoi elementi
— è direttamente applicabile in ciascun Stato membro
direttiva

— non ha portata generale


— non è obbligatoria in tutti i suoi elementi
— non è direttamente applicabile nello Stato membro dovendo essere recepita da quest’ultimo
direttiva self executing

— ha efficacia immediata, producendo effetti diretti negli ordinamenti interni se e nelle parti in cui
imponga obblighi precisi ed incondizionati a carico dello Stato
decisione

— se è di tipo indeterminato è obbligatoria in tutti i suoi elementi


— se indirizzata a particolari destinatari è obbligatoria solo nei confronti di questi

Atti non vincolanti

raccomandazione

— richiede al destinatario un determinato comportamento


parere

— esprime l’orientamento dell’Unione su una determinata questione

Osservazioni

Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht nel 1992 si era creata una situazione di
possibile confusione dovuta alla presenza, nell’ordinamento dell’UE, di due soggetti, la
Comunità europea e l’Unione europea, e di due Trattati fondamentali: quello istitutivo della
Comunità (TCE), risalente al 1957, e quello istitutivo dell’Unione, (TUE), appunto del 1992.
Conseguenza di tale situazione era anche l’utilizzo, in modo indistinto, delle locuzioni diritto
comunitario e diritto europeo.
Con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, la confusione tra la
denominazione di Unione europea (UE) e quella di Comunità europea (CE) è cessata. I
Trattati oggi in vigore sono due ed hanno lo stesso valore giuridico: il TUE, Trattato
sull’Unione europea, ed il TFUE, Trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
che ha sostituito, il (vecchio) TCE. Il soggetto giuridico di riferimento è uno solo: l’Unione
europea.
In sostanza, la vecchia Comunità europea è assorbita dall’Unione europea ed il termine
Comunità è sostituito con quello di Unione. Conseguentemente, oggi è corretto parlare di
diritto europeo o diritto dell’Unione europea.
Capitolo 2

LE FUNZIONI DELLO STATO

1. Lo Stato

Nozione: lo Stato è quella particolare organizzazione del potere politico, che esercita il
monopolio della forza legittima su un determinato territorio e che dà vita ad un ordinamento in grado
di soddisfare i suoi interessi generali. Costituisce un’articolazione territoriale della Repubblica,
insieme a soggetti sovrani e autonomi quali Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni (art.
114 Cost.).

Caratteri

Politicità
Sovranità

Elementi costitutivi

Popolo (elemento personale)


Territorio (elemento spaziale)
Sovranità (elemento organizzativo)

2. Funzioni dello Stato

Funzione politica

Individuazione generale dei fini da realizzare

Funzione legislativa

Positivizzazione del fine da realizzare attraverso la creazione di norme giuridiche

Funzione amministrativa

Concreto perseguimento dei fini dello Stato

Funzione giurisdizionale
Tutela e vigilanza sul perseguimento dei fini dello Stato

Osservazioni

Seppur in linea teorica le funzioni anzidette sono distinte tra loro, di talché non dovrebbe
sussistere alcun tipo di ingerenza e confusione, è comunque opportuno specificare il diverso
ambito di operatività della funzione politica rispetto a quella amministrativa, che nella realtà
quotidiana non è sempre facilmente delineabile.
Ed infatti, il rapporto tra amministrazione, governo e politica è uno dei più controversi
della storia repubblicana.
Già in ambito costituzionale è possibile rinvenire l’idea di amministrazione quale
organizzazione strumentale rispetto al Governo (art. 95).
D’altra parte, il Governo, unitamente al Parlamento, esercita attività di indirizzo politico e
amministrativo: il primo consiste in un complesso di manifestazioni di volontà verso un fine
unico, il secondo, viceversa, nella prefissione di obiettivi per l’azione amministrativa. Di qui
la considerazione che il momento amministrativo non è estraneo all’esercizio
dell’attività di governo e, per converso, il governo, espressione delle forze politiche di
maggioranza, allorquando entra nell’amministrazione, vi introduce elementi di politicità.
Relativamente, poi, all’apparato burocratico, la Costituzione stessa non propende per la
«sterilizzazione politica» della burocrazia (CARLASSARRE), né tantomeno ostacola
l’appartenenza della stessa a forze politiche diverse rispetto a quelle al potere (CASETTA).
L’amministrazione deve, tuttavia, essere leale verso la forza politica e/o coalizione avente la
maggioranza in Parlamento; essa deve, invero, porsi quale strumento di esecuzione delle
direttive del Ministro, il quale, a sua volta, assume la responsabilità degli atti del proprio
dicastero.
La tendenziale distinzione tra politica e amministrazione caratterizza il nostro ordinamento
soprattutto con riferimento al lavoro pubblico, la cui disciplina intende delineare con
chiarezza le attribuzioni della componente politica e quelle della componente non politica
(CASETTA).

3. Il potere politico e la funzione politica

Nozione: il potere politico (seppur non espressamente previsto dalla Costituzione) è


quello cui spetta individuare i fini che lo Stato deve perseguire.
La funzione politica si esplica attraverso l’emanazione di atti politici volti ad individuare i
fini pubblici che devono essere perseguiti dallo Stato e dagli altri enti pubblici sovrani (indirizzo
politico statale).

Caratteri
Libertà dei fini

in quanto tali fini non sono vincolativamente posti da altri soggetti

Libertà delle forme

in quanto tale attività può assumere le forme proprie di atti posti in essere
nell’esercizio di altre funzioni

Titolarità

Corpo elettorale
Parlamento
Governo
Presidente della Repubblica
Regioni
Corte costituzionale

Osservazioni

L’individuazione e la scelta dei fini di interesse generale che lo Stato intende perseguire in
un determinato momento storico costituiscono, dunque, oggetto della funzione politica,
che incontra come unico limite le previsioni della Costituzione. Gli atti emanati dai soggetti
pubblici, nell’esercizio di tale funzione, sono detti politici e sono caratterizzati da una
particolare disciplina (v. infra).
Va considerato che, per la dottrina (SANDULLI), fra i soggetti titolari del potere politico
rientra anche la Corte costituzionale, le cui pronunce rappresentano atti di suprema
direzione della cosa pubblica e sono inquadrabili nel novero degli atti politici.

4. Gli atti politici

Nozione: gli atti politici sono quelli in cui si concretizzano l’attività di direzione
suprema della cosa pubblica e l’attività di coordinamento e di controllo delle singole
manifestazioni in cui la direzione stessa si estrinseca (SANDULLI). Si tratta, pertanto, degli atti diretti
alla formulazione delle scelte politiche, in cui sono individuati gli obiettivi che lo Stato vuole perseguire
in un dato momento storico.

Caratteristiche

Libertà del fine


Numerus clausus
Insindacabilità (art. 7 c.p.a.)

Criteri di classificazione

Profilo soggettivo

atti di indirizzo politico-costituzionale posti in essere da organismi statali super


partes (P.d.R., Corte cost.) preposti a garantire l’osservanza della Costituzione
atti politici di maggioranza posti in essere da organismi statali (corpo elettorale,
Parlamento, Governo) espressione della sovranità

Profilo oggettivo

atti aventi forza di legge


atti aventi forza giurisdizionale (ad es., sentenze della Corte costituzionale)
atti formalmente amministrativi privi di forza legislativa o giurisdizionale

Tutela dei privati

Ricorsi amministrativi

opposizione (inammissibile)
ricorso gerarchico (inammissibile)
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (inammissibile)

Ricorsi giurisdizionali

ricorso innanzi al giudice amministrativo (inammissibile)


ricorso innanzi al giudice ordinario (inammissibile)

Data la loro «latissima discrezionalità» gli atti politici non sono suscettibili di ledere diritti
soggettivi o interessi legittimi, le uniche situazioni alle quali è riconosciuta tutela
giurisdizionale (art. 113 Cost.). Tuttavia, l’insindacabilità di alcuni atti politici risulta sminuita
dalla giurisprudenza comunitaria che ammette la responsabilità dello Stato per mancata
attuazione delle direttive comunitarie (CASETTA)

L’insindacabilità degli atti politici è «attenuata» dalla circostanza che rispetto a tale
tipologia opera, tuttavia, un sistema di controlli e sanzioni di carattere politico, di spettanza del
corpo elettorale e del Parlamento: il primo può, ad esempio, non riconfermare la fiducia agli organi
politici responsabili di un’attività non condivisibile, mentre il secondo può esprimersi con un voto di
sfiducia.

5. Il potere esecutivo e la funzione amministrativa

Nozione: la funzione esecutiva, o amministrativa, è quella che mira alla realizzazione


dei fini dello Stato attraverso statuizioni dirette alla cura concreta dell’interesse pubblico, che
permettono di dare effettiva ed immediata operatività all’astratta previsione legislativa.

Titolarità

Stato-amministrazione
Enti pubblici autarchici

6. Gli atti di alta amministrazione

Nozione: gli atti di alta amministrazione sono particolari atti amministrativi che
svolgono un raccordo tra la funzione politica e la funzione amministrativa. Trattandosi di atti
amministrativi, essi sono in tutto e per tutto assoggettati al regime giuridico di questi, e non possono
ritenersi liberi nei fini, come gli atti politici, ma sono vincolati ai fini ed alla funzione loro assegnati
dalla legge.

Caratteri

Formali e sostanziali dell’atto amministrativo


Ampiamente discrezionali

Fondamento normativo

Art. 95 Cost.

Titolarità

Consiglio dei Ministri


Comitati interministeriali

Esempi

Decisioni dei Comitati interministeriali


Deliberazioni di nomina e revoca dei più alti funzionari dello Stato, dei direttori generali
delle AUSL e più in generale dei dirigenti di livello verticistico
Deliberazioni di nomina o trasferimento dei dirigenti dei maggiori enti statali strumentali
Decisioni con cui il Consiglio dei Ministri risolve i conflitti di competenza
Approvazione dei regolamenti
Nomine dei maggiori dirigenti degli enti regionali da parte del Consiglio regionale
Decreto di concessione dell’estradizione ad un determinato imputato

Annullamento governativo degli atti amministrativi illegittimi, ex art.138 TUEL e art. 2, co. 3,
lett. p), L. 400/1988 (controverso)

Tutela dei privati

Ricorso giurisdizionale amministrativo

proponibile avverso gli atti successivi emanati per dare esecuzione all’atto di alta
amministrazione

Ricorso al giudice ordinario

inammissibile, in quanto il carattere ampiamente discrezionale degli atti di alta


amministrazione fa sì che gli stessi difficilmente possano ledere direttamente
delle disposizioni di diritto soggettivo perfetto

Ricorso gerarchico

escluso, essendo utilizzabile solo avverso atti emanati da organi subordinati


rispetto ad altri, laddove gli atti di alta amministrazione promanano da organi di
vertice dell’amministrazione pubblica

Differenze

L’atto politico realizza una sintesi di tutti gli interessi della collettività ed è da inquadrare
nella funzione di governo. In quanto diretto all’individuazione delle finalità da perseguire
attraverso l’esplicazione dell’attività amministrativa, tale tipologia di atto non rientra nel
novero degli atti amministrativi.
L’atto di alta amministrazione, invece, è caratterizzato dalla settorialità degli interessi
presi in considerazione dall’organo preposto al coordinamento, di talché è la generalità
degli interessi, coinvolgenti più settori pubblici, che vale a connnotare la scelta politica
rispetto a quella amministrativa (GALLI). Tale tipo di atto, quindi, pur non svolgendo una
funzione meramente esecutiva, è da ricondursi agli atti amministrativi in quanto (a differenza
dell’atto politico) vincolato nel suo fine.
È da citare, a conclusione del discorso fin qui svolto, una ulteriore categoria di atto: l’atto
amministrativo legificato o legge-provvedimento. Tale espressione ricorre per
qualificare quegli atti normativi che, pur essendo approvati dalle Camere secondo le
procedure di formazione della legge, hanno perciò la forma della legge, ma difettano del
contenuto generale e astratto della stessa (GUASTINI). Si tratta, difatti, di leggi che non si
limitano a prevedere i casi da regolare, bensì provvedono direttamente e concretamente su
casi e rapporti specifici, attraendo nella propria sfera materie e oggeti normalmente
destinati all’attività amministrativa. Sulla (dibattuta) compatibilità costituzionale delle leggi-
provvedimento, v. in giurisprudenza Corte cost. 8-5-2009, n. 137 e 8-10-2010, n. 289.
Capitolo 3

LE FONTI DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO

Caratteristica fondamentale degli ordinamenti giuridici moderni è la pluralità delle fonti


e il diverso livello delle stesse, ove si consideri la molteplicità dei centri nazionali, sovranazionali
ed internazionali di produzione (cd. fonti multilivello).

1. Il sistema delle fonti

1.1 • Classificazione

Nozione: sono fonti del diritto tutti gli atti o i fatti idonei a produrre norme giuridiche,
innovando l’ordinamento. Sulla base di tale definizione si distingue tra:
— fonti-atto: sono le fonti del diritto rappresentate da atti scritti, espressione della volontà di un
soggetto a cui l’ordinamento attribuisce il potere di emanare norme giuridiche;
— fonti-fatto: sono quei comportamenti umani o quei fatti socialmente rilevanti ai quali
l’ordinamento attribuisce valore normativo;
— fonti di produzione: sono tutti gli atti e fatti abilitati dall’ordinamento ad innovare il diritto
oggettivo;
— fonti di cognizione: sono tutti gli atti che non producono diritto ma si limitano ad agevolare la
conoscenza di norme facenti parti dell’ordinamento giuridico.

Classificazioni delle fonti di produzione

Fonti legali (previste e regolate dalle norme sulla produzione, ossia da atti che
disciplinano i procedimenti formativi delle fonti di produzione) e fonti extra ordinarie
(producono diritto nelle fasi di transizione da un ordinamento all’altro)
Fonti-atto e fonti-fatto
Fonti dirette (previste dallo stesso ordinamento in cui esplicano efficacia) e fonti
indirette (previste da un ordinamento esterno, come l’Unione europea)
Diritto scritto e non scritto

1.2 • I criteri per risolvere le antinomie (1)

Criteri che regolano i rapporti tra le fonti di produzione

Cronologico
si applica quando le norme confliggenti provengano da fonti dello stesso tipo

— viene preferita la fonte successiva per il principio lex posterior derogat legi priori

Gerarchico

si applica quando le norme confliggenti provengano da fonti diverse

— prevale la norma posta da fonte di rango superiore

Di competenza

la separazione della competenza si fonda sulla diversità dell’oggetto e/o


dell’ambito territoriale

oppure:
in alcuni casi, può essere la Costituzione che, per la disciplina di determinate
materie, mostra di preferire una determinata fonte

Di specialità

si applica quando la stessa materia è disciplinata da due norme, una generale e


una speciale

— prevale la norma speciale, anche se antecedente, per il principio lex specialis derogat generali

2. Le fonti dell’ordinamento costituzionale italiano

L’ordinamento repubblicano accoglie una pluralità di fonti del diritto; per questo l’attuale
classificazione delle fonti fa riferimento ai centri di produzione delle fonti-atto del sistema
costituzionale ed operanti in quest’ultimo.

Classificazione delle fonti-atto

Costituzione, leggi costituzionali e di revisione costituzionale

si pongono al vertice delle fonti del diritto

Fonti dell’UE
una volta immesse nel nostro ordinamento occupano una posizione di
preminenza rispetto alla legge statale

Fonti dell’ordinamento statale

vi rientrano le leggi ordinarie, i decreti legge, i decreti legislativi, il referendum


abrogativo e i regolamenti interni degli organi costituzionali; ad un gradino
inferiore si pongono i regolamenti dell’esecutivo, che non possono contrastare
con le leggi ordinarie

Fonti regionali

Statuti regionali, leggi regionali e regolamenti regionali

Fonti locali

Statuti comunali e provinciali e regolamenti approvati dagli stessi enti

Fonti esterne all’ordinamento

vengono recepite nell’ordinamento costituzionale italiano in virtù


dell’appartenenza del nostro Paese alla Comunità internazionale (Trattati e
consuetudini internazionali ex artt. 10 e 11 Cost.)

3. La Costituzione

Nozione: la Costituzione è la legge fondamentale dello Stato che contiene le norme


e i principi generali relativi all’organizzazione, al funzionamento ed ai fini dello stesso.

3.1 • Caratteri delle Costituzioni in generale

La Costituzione può essere

Ottriata: viene concessa dal sovrano

Rigida: la modifica avviene con procedimento aggravato


Votata: viene adottata da un organo democraticamente eletto o comunque approvata dal
corpo elettorale

Flessibile: può essere modificata con procedimento ordinario

Breve: contiene solo norme sull’organizzazione e alcuni diritti

Lunga: contiene anche i principi ispiratori dell’azione dei pubblici poteri

Scritta: consacrata in un testo scritto

Non scritta: basata sulla consuetudine

la Costituzione italiana è

— votata
— rigida
— lunga
— scritta

3.2 • Principi in materia amministrativa sanciti dalla Costituzione

Principi in materia amministrativa sanciti dalla Costituzione

Imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.)

Legalità (art. 97 Cost.)

Riserva di legge (artt. 13, 23, 41, 52 Cost.; in materia di organizzazione dei pubblici uffici:
art. 97 Cost.)

Diritto alla tutela giurisdizionale (art. 113 Cost.)

Decentramento amministrativo (art. 5 Cost.)


Sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (art. 118 Cost.)

Tutela delle autonomie locali (art. 5 Cost.)

Accesso dei cittadini ai pubblici impieghi mediante concorso (art. 97 Cost.)

Espropriabilità della proprietà privata per fini di pubblica utilità e salvo indennizzo (art. 42
Cost.)

Leale collaborazione (art. 120 Cost.)

Programmazione economica (art. 41 Cost.)

Indipendenza dei giudici amministrativi (art. 104 Cost.)

Obbligo di tutti a concorrere alle spese pubbliche (art. 53 Cost.)

Pareggio di bilancio (art. 97 Cost.)

4. Altre fonti di rango costituzionale

Leggi costituzionali

Leggi di revisione costituzionale: sono quelle leggi che in virtù di uno speciale
procedimento legislativo, disciplinato dall’art. 138 Cost., possono modificare le norme
contenute nella Carta costituzionale
Altre leggi costituzionali: sono quelle leggi espressamente definite tali dalla Costituzione
(es.: le leggi che si limitano a derogare una norma costituzionale senza apportare una
modifica definitiva)

5. Fonti di origine europea

Nozione: costituiscono fonti di materia europeistica i Trattati istitutivi, i regolamenti, le


direttive e le decisioni. Per una disamina approfondita si veda retro Cap. 1, par. 5.
6. Le fonti primarie

Nozione: le fonti primarie sono costituite da tutti gli atti aventi forza o valore di legge.
Esse sono soggette solo alla Costituzione.

Tipologie

Leggi ordinarie del Parlamento

Decreti-legge e decreti legislativi

Decreti legislativi di attuazione degli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale

Statuti delle Regioni ordinarie

Leggi regionali

Leggi delle Province autonome di Trento e Bolzano

7. Le fonti secondarie

Nozione: tale categoria comprende tutti gli atti espressione del potere normativo della
pubblica amministrazione statale o di altri enti pubblici. Le fonti secondarie consistono in «atti
soggettivamente amministrativi e oggettivamente normativi» e rappresentano le cd. fonti tipiche
del diritto amministrativo, essendo lo strumento normativo specifico per orientare l’azione della
P.A.

7.1 • Profili generali

Tipologie

Regolamenti

Ordinanze

Statuti degli enti pubblici


non possono derogare né contrastare con le norme costituzionali

non possono derogare né contrastare con tutti gli atti legislativi ordinari

7.2 • I regolamenti

Nozione: i regolamenti sono atti formalmente amministrativi, in quanto emanati da


organi del potere esecutivo, aventi forza normativa (sostanzialmente normativi) in quanto contenenti
norme destinate a innovare l’ordinamento giuridico.

Caratteri

Generalità: indeterminabilità dei destinatari

Astrattezza: capacità di regolare una serie infinita di casi

Innovatività: capacità di costituire o innovare l’ordinamento giuridico

Limiti

Non possono mai derogare o contrastare con la Costituzione

Non possono derogare né contrastare con le leggi ordinarie (salve ipotesi di


delegificazione)

Non possono mai regolare le materie riservate dalla Costituzione alla legge

Non possono mai derogare al principio di irretroattività della legge

Non possono contenere sanzioni penali

I regolamenti emanati da autorità inferiori non possono contrastare con i regolamenti


emanati da autorità gerarchicamente superiori

Non possono regolare istituti fondamentali dell’ordinamento


Disciplina

Non necessitano di specifica motivazione in ordine al loro contenuto

All’iter formativo dei regolamenti non si applicano le disposizioni della L. 241/1990 e s.m.i.
relative alla partecipazione dei privati al procedimento amministrativo

Differenze

I regolamenti esterni sono fonti del diritto espressione del potere di supremazia di cui
l’esecutivo dispone verso tutti i consociati e chiunque si trovi nel territorio statale.
Viceversa, i regolamenti interni sono atti espressione del potere pararegolamentare, nel
senso che dispongono circa l’organizzazione interna di un ufficio, organo o ente; obbligano
solo coloro che fanno parte dell’ufficio (o organo o ente) e non sono fonti del diritto.

Classificazione

Regolamenti di esecuzione: specificano una disciplina di rango legislativo con norme di


dettaglio (art. 17, comma 1, lett. a), L. 400/1988)

Regolamenti di attuazione e di integrazione: completano i principi fissati da leggi e


decreti legislativi (art. 17, comma 1, lett. b), L. 400/1988)

Regolamenti indipendenti: disciplinano materie in cui l’intervento di norme primarie non


si sia ancora configurato (purché non si tratti di materie soggette a riserva di legge) (art.
17, comma 1, lett. c), L. 400/1988)

Regolamenti di organizzazione: disciplinano l’organizzazione e il funzionamento delle


pubbliche amministrazioni secondo disposizioni di legge (art. 17, comma 1, lett. d), L.
400/1988)

Regolamenti delegati o autorizzati: regolamenti che derogano a disposizioni di legge,


abrogando discipline di rango legislativo; ne è un esempio il regolamento di
delegificazione con cui il Governo, previa delega legislativa, sostituisce norme di leggi
vigenti, in materie non soggette a riserva assoluta di legge (art. 17, comma 2, L.
400/1988)
Regolamenti di riordino: provvedono al periodico riordino dalle disposizioni
regolamentari vigenti, alla ricognizione di quelle che sono state oggetto di abrogazione
implicita e alla espressa abrogazione di quelle che hanno esaurito le loro funzioni o sono
prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete (art. 17, comma 4 ter, L.
400/1988)

Regolamenti di recepimento delle direttive europee: ai sensi della L. 234/2012, le


direttive UE possono essere recepite mediante regolamento se così dispone la legge di
delegazione europea e se le stesse riguardano materie non coperte da riserva assoluta di
legge (art. 35 L. 234/2012)

Differenze

Con il termine regolamenti si indicano diversi tipi di atto. I regolamenti emanati da organi
di Governo (v. supra) sono fonti secondarie del diritto, in quanto devono osservare i limiti
previsti dalla Costituzione; in linea di massima non possono derogare o contrastare con le
leggi ordinarie, a meno che non sia la legge stessa ad attribuire loro il potere, in un
determinato settore e per un determinato caso, di innovare anche nell’ordine legislativo
(delegificando la materia).
Profondamente diversi sono, invece, i regolamenti parlamentari. Si tratta di atti con cui
ciascuna Camera, a maggioranza assoluta, detta la disciplina del proprio funzionamento e
della propria organizzazione interna (art. 64 Cost.). Essi, dunque, hanno un ambito di
competenza riservato, e per tale motivo, pur essendo tradizionalmente definiti regolamenti,
sono da considerarsi fonti primarie, subordinate solo alla Costituzione (BIN-PITRUZZELLA).
Per i regolamenti parlamentari (chiamati anche interna corporis), vale il principio
dell’insidacabilità, che consiste nella sottrazione a qualsiasi controllo esterno degli atti e
dei procedimenti che si svolgono all’interno delle assemblee parlamentari. Essi sono,
pertanto, espressione dell’autonomia del Parlamento, e di ciascuna Camera nei
confronti dell’altra.
I regolamenti dell’UE, infine, sono definiti dall’art. 288 TFUE come atti a portata
generale, obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili in ciascuno
degli Stati membri.

7.3 • Titolarità della potestà regolamentare

Organi titolari

Organi statali (tali regolamenti sono emanati dal Presidente della Repubblica: art. 87 Cost.)

Regioni (art. 117, co. 6, Cost.; tali regolamenti sono emanati dal Presidente della Giunta
regionale: art. 121, co. 4, Cost.)

Enti locali (art. 117, co. 6, Cost.)

Autorità amministrative indipendenti

Altri enti od organi (ad es., Camere di commercio, collegi ed ordini professionali)

7.4 • Il procedimento di formazione dei regolamenti statali: governativi, ministeriali e


interministeriali

Regolamenti governativi (L. 400/1988)

Deliberati dal C.d.M.

Sottoposti al parere del Consiglio di Stato

Sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia

Sottoposti a verifica della legittimità costituzionale formale da parte del P.d.R., che li
emana con D.P.R.

Controllo della Corte dei conti

Pubblicazione nella G.U. e vacatio legis ordinaria

Regolamenti ministeriali e interministeriali

Adottati con decreti ministeriali e interministeriali

Adottati previo parere del Consiglio di Stato

Sottoposti a visto e registrazione della Corte dei conti

Pubblicazione nella G.U. e vacatio legis ordinaria


7.5 • Impugnabilità, sospensione e disapplicazione dei regolamenti

Impugnazione

L’impugnativa presuppone un interesse concreto ed attuale di chi la propone; il


regolamento è caratterizzato da astrattezza e generalità per cui, di norma, non è in grado di
incidere sulle situazioni soggettive dei destinatari né di far nascere l’interesse alla sua
impugnazione

Il regolamento necessiterà per la sua applicazione in concreto, di un successivo


provvedimento di attuazione capace di incidere sulle situazioni soggettive dei destinatari

si dovrà, salvo il caso di statuizioni incidenti subito negativamente sugli


interessati, procedere alla cd. doppia impugnativa (del regolamento e del
provvedimento di attuazione)

Tutela cautelare

Con il sistema della doppia impugnativa sarà il provvedimento di attuazione del


regolamento a costituire oggetto di sospensiva innanzi all’autorità giurisdizionale

Disapplicazione da parte del G.O.

Laddove il G.O. ritenga illegittimo il regolamento potrà procedere alla sua disapplicazione
e, quindi, decidere la controversia come se il regolamento non vi fosse (tamquam non
esset)

Disapplicazione da parte del G.A.

L’impostazione tradizionale la ritiene incompatibile con il carattere impugnatorio del


processo amministrativo

La giurisprudenza più recente prevede una disapplicazione normativa, operante sia per
diritti soggettivi che per interessi legittimi, distinta dalla disapplicazione provvedimentale
operante solo per i diritti soggettivi nelle materie di giurisdizione esclusiva del G.A.

La magistratura superiore (C.d.S. e Cass.) ritiene che l’annullamento del regolamento


operi con efficacia erga omnes: il giudicato, dunque, in tal caso, contrariamente alla regola generale,
non esplica la sua efficacia limitatamente alle parti in lite.

8. Le ordinanze

Nozione: per ordinanze si intendono tutti quegli atti che creano obblighi o divieti ed in
sostanza impongono ordini. Per essere fonti del diritto devono avere carattere normativo e cioè
creare delle regole generali ed astratte. L’esercizio del potere di ordinanza da parte delle
amministrazioni pubbliche comporta una deroga al principio di legalità, nell’accezione della tipicità
dei poteri amministrativi, e precisamente confligge con la regola che impone la previa individuazione
degli elementi essenziali dei poteri a garanzia dei relativi destinatari (CASETTA).

Limiti

Non possono contrastare con la Costituzione

Non possono mai contenere norme penali

Non possono di norma contrastare con la legge ordinaria

Ordinanze previste dalla legge per casi eccezionali e di particolare gravità

Bandi militari

Ordinanze emesse dal Prefetto per tutelare la sicurezza e l’ordine pubblico, dopo un
decreto del C.d.M. che ha dichiarato lo stato di pericolo pubblico interno

Ordinanze speciali per le visite e la disinfestazione delle case, per l’organizzazione di


servizi e soccorsi medici e per le misure di prevenzione in caso di epidemie infettive

Ordinanze del Ministero dell’interno in caso di pericolo pubblico su tutto il territorio


nazionale

Ordinanze eccezionali in caso di calamità pubbliche e catastrofi nazionali

Ordinanze cd. di necessità

Sono quelle emanate da autorità amministrative espressamente investite di tale potere per
far fronte a situazioni di urgente necessità

sono atti formalmente e sostanzialmente amministrativi

sono atipiche

presuppongono una necessità di intervenire


hanno un’efficacia nel tempo limitata

sono straordinarie, nel senso che sono possibili solo se la situazione di pericolo
non possa essere fronteggiata con atti tipici

devono essere motivate

vanno pubblicizzate con mezzi idonei

non possono in nessun caso derogare a norme costituzionali, a principi generali


dell’ordinamento e disciplinare materie coperte da riserva assoluta di legge

trovano fondamento esclusivamente nella legge

Differenze

Gli atti necessitati costituiscono gli strumenti tipici che l’ordinamento attribuisce all’autorità
per far fronte a particolari, già individuate, situazioni di pericolo o di urgenza. Le ordinanze
di necessità ed urgenza, invece, provvedono a situazioni eccezionali e sostanzialmente
imprevedibili, alle quali non può adeguatamente farsi fronte con gli strumenti tipici previsti
dalla legge.

9. Gli Statuti degli enti pubblici

Nozione: per Statuto si intende un atto normativo avente come oggetto l’organizzazione
dell’ente e le linee fondamentali della sua attività.

Statuti regionali

Sono approvati con legge regionale per le Regioni ordinarie (art. 123 Cost.), e adottati con
legge costituzionale dello Stato per le Regioni ad autonomia speciale (art. 116 Cost.); si
tratta, dunque, di fonti primarie o addirittura costituzionali
Statuti delle autonomie locali

L’art. 114 Cost. e l’art. 6 D.Lgs. 267/2000 riconoscono espressamente l’autonomia


statutaria alle autonomie locali

Statuti degli altri enti pubblici

Sono adottati dagli stessi enti ed approvati da un ente superiore (es.: lo Stato per le
Università, le Regioni per gli IACP)

Tale approvazione ha la funzione di controllo e condiziona l’efficacia dello stesso

Impugnazione

Regime della doppia impugnativa (dello Statuto e dell’atto esecutivo)

10. Le fonti secondarie dubbie

Tipologie

Bandi militari

Provvedimenti prezzo e tariffari

Piani regolatori generali

Carta dei servizi pubblici

11. Testi unici e codici

Nozione: i testi unici sono atti che raccolgono e coordinano disposizioni


originariamente comprese in atti diversi, al fine di semplificare il quadro normativo.
I codici di settore, invece, danno luogo in singole materie ad un complesso di norme
stabili ed armonizzate (ad es., Codice dei contratti pubblici, Codice del processo amministrativo,
Codice dell’amministrazione digitale etc.).

Testi unici
Normativi

Compilativi

Misti

12. La consuetudine

Nozione: tipica fonte del diritto non scritta, la consuetudine consiste nella ripetizione di
un comportamento da parte di una generalità di persone, con la convinzione della giuridica
necessità di esso.

Struttura

Elemento oggettivo

ripetersi di un comportamento costante ed uniforme per un certo periodo di


tempo (diuturnitas)

Elemento soggettivo

cd . opinio iuris ac necessitatis, cioè convinzione della giuridica necessità del


comportamento

Tipologia

Consuetudine praeter legem, riguardante materie non disciplinate dalla legge

Consuetudine secundum legem, efficace solo se espressamente richiamata dalla legge

Consuetudine contra legem, inammissibile in quanto importa comportamenti contrari alla


legge

13. Norme interne della P.A.

Nozione: sono norme interne quelle dirette soltanto a coloro che fanno parte di una
determinata amministrazione, in quanto si tratta di disposizioni volte a regolare il funzionamento dei
propri uffici e le modalità di svolgimento della propria attività. Tali norme, costituendo una sorta di
«ordinamento amministrativo interno» proprio di ciascuna P.A., non sono fonti del diritto.

Fonti

Regolamenti: atti interni che prevedono regole relative al funzionamento interno degli uffici

Ordini: atti amministrativi emanati da un’autorità gerarchicamente superiore nei confronti


di una inferiore, contenenti un comando ad agire in un dato modo

Circolari (2)

organizzative, contenenti disposizioni sull’organizzazione degli uffici

interpretative, recanti l’interpretazione di leggi o regolamenti

normative, recanti precetti vincolanti per le successive azioni


dell’amministrazione

di cortesia, contenenti auguri, saluti etc.

informative, volte ad informare su determinati atti o problemi

regolamentari, idonee a produrre effetti normativi esterni; trattasi, pertanto, di


false circolari che andranno disciplinate quali regolamenti veri e propri, laddove
posseggano i requisiti previsti dalla legge

cd. circolari intersoggettive: si tratta di una categoria che include quelle circolari
che si rivolgono ad organi ed uffici appartenenti ad un ente diverso da quello
dell’autorità emanante, contradddicendo il carattere interno delle stesse (BASSI;
CATELANI)

Istruzioni: atti contenenti regole di carattere tecnico a chiarimento di altre norme

Fondamento

Potere di auto-organizzazione
Potere di supremazia speciale

Regime giuridico

Non sono fonti del diritto

Non possono essere in contrasto con norme di legge

La loro violazione da parte di un organo amministrativo dà luogo a vizio di eccesso di


potere

Il discostamento immotivato da una norma interna da parte di funzionari o impiegati della


P.A. può dar luogo a responsabilità civili, amministrative, contabili o anche penali

14. La cd. prassi amministrativa

Nozione: la prassi amministrativa si concreta in un comportamento costantemente


tenuto da un’amministrazione nell’esercizio di un potere, ma in difetto della convinzione
della sua obbligatorietà.

Caratteri

Non costituisce fonte del diritto

Può essere utilizzata come referente indiretto per l’interpretazione dell’atto amministrativo

L’inosservanza di una prassi non configura una violazione di legge, ma può essere
sintomo, se non sorretta da adeguata motivazione, di eccesso di potere (CASETTA)

15. Interpretazione ed applicazione del diritto amministrativo

Interpretazione

Attività intellettiva mediante la quale si accerta o si attribuisce un dato significato a tali


enunciati consentendo all’operatore del diritto di ricavare da essi una norma, una regola
che possa essere applicata al caso o alla questione che si intende risolvere
Integrazione

Ragionamento analogico (analogia legis) (3)

Principi generali dell’ordinamento giuridico (analogia iuris) (4)

Il procedimento analogico non può essere applicato alle norme penali ed eccezionali

Applicazione

Principio di irretroattività (limite temporale di applicazione della norma)

Principio di territorialità (limite speciale di applicazione della norma)


PARTE SECONDA

I SOGGETTI

Capitolo 1: Le situazioni giuridiche soggettive di diritto amministrativo

1. Situazioni giuridiche soggettive • 2. I diritti soggettivi: profili generali e classificazioni


• 3. Gli interessi legittimi • 4. Gli interessi superindividuali • 5. La tutela degli interessi
collettivi: l’azione di classe (class action) • 6. Interessi amministrativamente protetti (o
semplici) • 7. Interessi di fatto

Capitolo 2: I soggetti del diritto amministrativo

1. Principi costituzionali in tema di organizzazione della P.A. • 2. L’organizzazione


amministrativa: il pluralismo della P.A. • 3. Gli enti pubblici • 4. I caratteri degli enti
pubblici • 5. Distinzioni tra enti pubblici • 6. Riordino e riduzione degli enti pubblici non
economici • 7. Enti pubblici economici • 8. I soggetti pubblici di origine sovranazionale •
9. La struttura degli enti pubblici. Organi e uffici • 10. Rapporto organico e rapporto di
servizio • 11. La questione della prorogatio degli organi (L. 444/1994) • 12. Rapporti
interorganici • 13. L’esercizio privato di pubbliche funzioni (o munus)

Capitolo 3: La competenza in diritto amministrativo

1. La competenza • 2. Il trasferimento dell’esercizio della competenza • 3. Difetto di


competenza • 4. Segue: L’incompetenza • 5. I conflitti di competenza • 6. L’esercizio di
fatto di pubbliche funzioni (cd. funzionario di fatto)

Capitolo 4: Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni

1. Il pubblico impiego • 2. L’evoluzione storico-normativa del lavoro pubblico: dalla


privatizzazione alla «riforma Brunetta» • 3. Segue: Le attuali prospettive di riforma • 4.
L’ambito di applicazione del T.U. pubblico impiego • 5. Il nuovo sistema delle fonti del
pubblico impiego • 6. La contrattazione collettiva • 7. Accesso al pubblico impiego • 8.
L’organizzazione dei pubblici uffici • 9. Le forme flessibili di impiego presso la P.A. e le
consulenze esterne • 10. La dirigenza pubblica • 11. I doveri-obblighi dell’impiegato e il
nuovo Codice di comportamento • 12. I diritti del pubblico dipendente • 13.
Responsabilità dell’impiegato: profili generali • 14. Segue: La responsabilità
disciplinare • 15. Lo svolgimento del rapporto di impiego • 16. La mobilità • 17.
Estinzione del rapporto di impiego • 18. La giurisdizione in tema di pubblico impiego
Capitolo 1

LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

1. Situazioni giuridiche soggettive

Nozione: le situazioni giuridiche soggettive sono le posizioni che un soggetto riveste


nell’ambito di un dato rapporto giuridico (diritti, poteri, obblighi).
In particolare, si tratta di situazioni sostanziali di interesse che fanno capo ad un soggetto
o ad un ente, tutelate dall’ordinamento giuridico.

Attive

Attribuiscono una posizione favorevole al soggetto che ne è titolare, legittimando la


prevalenza della stessa rispetto a quelle di altri soggetti

diritto soggettivo
interesse legittimo
potere
potestà
aspettativa

Passive

Consistono in posizioni sfavorevoli per il titolare e comportano la subordinazione del


proprio interesse rispetto a quello di altri soggetti

obbligo
dovere
onere
soggezione

Differenze

Il concetto di situazione giuridica va tenuto distinto da quello di status. La situazione


giuridica, infatti, attiene a specifici rapporti mentre lo status si riferisce ad una condizione
da cui deriva un complesso di situazioni giuridiche, attive e passive. In particolare, per
status si intende la posizione di un soggetto rispetto ad un determinato gruppo (così, ad
esempio, l’appartenenza ad una famiglia conferisce al soggetto uno status, ossia un
complesso di diritti ed obblighi riconducibili a tale condizione).

2. I diritti soggettivi: profili generali e classificazioni

Nozione: Il diritto soggettivo è la posizione giuridica di vantaggio che l’ordinamento


giuridico conferisce ad un soggetto, riconoscendogli determinate utilità in ordine ad un bene, nonché
la tutela degli interessi afferenti al bene stesso, in modo pieno ed immediato.
In genere si distingue tra diritti soggettivi perfetti e condizionati.

Diritti soggettivi perfetti

Si ha diritto soggettivo perfetto ogniqualvolta una norma cd. di relazione, rivolta a


disciplinare comportamenti intersoggettivi, attribuisca ad un soggetto un potere diretto ed
imme d ia to p e r la realizzazione di un proprio interesse cui corrisponde
necessariamente un obbligo facente capo a soggetti determinati ovvero alla collettività

Diritti condizionati

Si hanno quando l’esercizio degli stessi è sottoposto a condizione che può essere
sospensiva o risolutiva

diritti sospensivamente condizionati (in attesa di espansione): si hanno quando il


loro esercizio è inizialmente limitato da un ostacolo giuridico per la cui rimozione
è necessario un provvedimento amministrativo

diritti risolutivamente condizionati (fenomeno dell’affievolimento dei diritti): si


hanno qualora il diritto, dinanzi alla potestà riconosciuta alla P.A. di incidere su di
esso, affievolisce ad interesse legittimo

3. Gli interessi legittimi

Nozione: l’interesse legittimo è una situazione soggettiva di vantaggio, costituita dalla


protezione giuridica di interessi finali che si attua non direttamente ed autonomamente, ma
attraverso la protezione di un altro interesse del soggetto, meramente strumentale alla
legittimità dell’atto amministrativo e soltanto nei limiti della realizzazione di tale interesse strumentale
(CASETTA).
Teoria

Dell’interesse occasionalmente protetto (PICARDI)

interesse legittimo viene visto come posizione individuale tutelata solo in quanto
coincidente con la tutela dell’interesse pubblico

Processualistica (GUICCIARDI)

identifica l’interesse legittimo con l’interesse a ricorrere attribuito al soggetto, al


fine di ottenere l’annullamento del provvedimento illegittimo

Dell’interesse strumentale alla legittimità dell’azione amministrativa (CASETTA; VIRGA)

interesse legittimo è inteso come pretesa del singolo alla legittimità dell’atto
amministrativo, ovvero ad un corretto esercizio del potere da parte della P.A.

Normativa (NIGRO; CAIA-NIELLO; GIACCHETTI)

collega l’interesse legittimo ad un bene della vita, attribuendogli, al pari del diritto
soggettivo, una valenza sostanziale. Esso, pertanto, è definito come la posizione
giuridica soggettiva riconosciuta ai privati che consente ad essi di incidere
sull’attività amministrativa condizionandola, anche attraverso la partecipazione al
procedimento, per tutelare un bene pertinente alla loro sfera d’interessi

Osservazioni

La tesi normativa è stata fatta propria dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione con la sentenza n. 500/1999, ove si legge che: «L’interesse legittimo
va quindi inteso (ed ormai in tal senso viene comunemente inteso) come la posizione di
vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita oggetto di un
provvedimento amministrativo e consistente nell’attribuzione a tale soggetto di poteri
idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la
realizzazione dell’interesse al bene. In altri termini, l’interesse legittimo emerge nel momento
in cui l’interesse del privato ad ottenere o a conservare un bene della vita viene a confronto
con il potere amministrativo, e cioè con il potere della P.A. di soddisfare l’interesse (con
provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dell’istante), o di sacrificarlo (con
provvedimenti ablatori)». Tale sentenza, inoltre, ha aperto la strada alla risarcibilità
dell’interesse legittimo (su cui v. infra Parte V, Cap. 4, par. 10).
Detta configurazione è stata seguita anche dal legislatore: alla luce della riforma del
procedimento amministrativo introdotta dalla L. 15/2005 e, in particolare, con l’inserimento
dell’art. 21octies ne lla L. 241/1990, è stata ulteriormente riconfermata la natura
sostanziale dell’interesse legittimo, nel senso che esso si correla ad un interesse materiale
del titolare ad un bene della vita. Ed invero, ai sensi della disposizione menzionata, la
lesione dell’interesse legittimo può dirsi esistente laddove la violazione delle regole, nella
quale la P.A. è incorsa, abbia pregiudicato la possibilità di realizzazione dell’interesse
materiale. Non a caso, ciò che caratterizza l’interesse legittimo, e ne rappresenta al tempo
stesso il principale tratto distintivo rispetto al diritto soggettivo, è la sua inerenza alla
esistenza e, soprattutto, all’esercizio del potere amministrativo: l’interesse legittimo,
difatti, non è mai percepibile su di un piano «statico», senza cioè che la P.A. abbia
esercitato o negato di esercitare, nei confronti del soggetto, il potere del quale essa è
titolare (C.d.S., sez. IV, 7-3-2013, n. 1403).

Peculiarità dell’interesse legittimo

Differenziazione

è titolare di interesse legittimo colui che, rispetto all’esercizio di un potere


pubblico, si trovi in una posizione differenziata rispetto a quella della generalità
degli altri soggetti

Qualificazione

la norma preordinata a disciplinare l’esercizio del potere della P.A. per il


perseguimento dell’interesse pubblico primario ha indirettamente preso in
considerazione — e quindi protetto — un interesse sostanziale individuale
connesso o coincidente con l’interesse pubblico

Differenze

Nell’ambito della categoria degli interessi legittimi è possibile distinguere tra interessi
legittimi pretesivi ed interessi legittimi oppositivi, in base al tipo di interesse materiale
protetto (NIGRO). Gli interessi legittimi pretensivi si sostanziano in una pretesa del
privato a che l’amministrazione adotti un determinato provvedimento o ponga in essere un
dato comportamento; gli interessi oppositivi, invece, legittimano il privato ad opporsi
all’adozione di atti e comportamenti da parte della pubblica amministrazione, che sarebbero
pregiudizievoli per la propria sfera giuridica.
Una diversa dottrina (GIANNINI), seguita dalla giurisprudenza, ha ulteriormente distinto gli
interessi legittimi in interessi procedimentali e interessi sostanziali:
— la nozione di interesse sostanziale considera il momento in cui l’interesse del privato
(ad ottenere o a conservare un bene della vita) viene a confronto con il potere della P.A. di
soddisfare l’interesse o di sacrificarlo;
— l’interesse procedimentale, invece, è l’interesse del privato che emerge nel corso di un
procedimento amministrativo. Tali interessi possono essere fatti valere in giudizio al fine di
eliminare quegli atti e quei comportamenti preclusivi della prosecuzione del procedimento.
Interesse procedimentale e sostanziale rappresentano due aspetti dell’interesse legittimo, in
quanto il primo è strumentale alla tutela degli interessi sostanziali, rappresentandone la
proiezione in giudizio.

4. Gli interessi superindividuali

Nozione: l’espressione interessi superindividuali è utilizzata in dottrina con riferimento a


quegli interessi che sono pertinenti ad una pluralità di soggetti, più o meno vasta e più o meno
determinata o determinabile (si pensi all’interesse alla tutela dell’ambiente o al diritto alla salute). Tali
interessi, pertanto, travalicano la dimensione del singolo individuo, per poi coinvolgerlo in quanto
parte della collettività cui inserisce l’interesse: in sostanza, si tratta di situazioni «caratterizzate da un
debole profilo soggettivo ma da un’accentuata rilevanza sociale» (SCOCA).

Tipi

Interessi collettivi

sono quegli interessi che fanno capo ad un ente esponenziale di un gruppo non
occasionale, della più varia natura giuridica (es. ordini professionali, associazioni
di fatto) ma autonomamente individuabile ed organizzato per le realizzazione dei
fini propri della categoria o del gruppo. Essi sono differenziati e qualificati

— tutela procedimentale (art. 9 L.241/1990): legittimazione partecipativa dei portatori di interesse


collettivi in attuazione del principio del contraddittorio
— tutela giurisdizionale: collegamento tra legittimazione procedimentale e legittimazione
processuale

Interessi diffusi

sono quegli interessi comuni a tutti gli individui di una formazione sociale non
organizzata e non individuabile autonomamente

— non tutelabili giudizialmente

5. La tutela degli interessi collettivi: l’azione di classe (class


action)
Quella della giustiziabilità degli interessi superindividuali è una questione che, solo in
tempi recenti, sembra aver conseguito una sistemazione a livello legislativo.
In passato, il problema si era posto perché se, da un lato, la rilevanza sociale di tali
interessi e la loro sempre maggiore diffusione non consentivano di privarli di ogni forma di tutela in
sede giurisdizionale, dall’altro lato, la mancanza del requisito della personalità faceva venir meno
i parametri propri dell’interesse legittimo – la differenziazione e la qualificazione – e quindi,
conseguentemente, costituiva un ostacolo giuridico al riconoscimento della legittimazione
processuale.
Il legislatore, riprendendo l’orientamento positivo formatosi in sede giurisprudenziale (ove
i giudici erano riusciti, nel tempo, ad allargare le maglie della legittimazione al ricorso, riconoscendola
anche alle associazioni rappresentative di questi interessi giuridicamente più deboli), ha disciplinato
due tipologie di azioni di classe o class action: l’azione collettiva risarcitoria e l’azione per
l’efficienza della P.A.
La class action è, in generale, uno strumento che consente a chiunque sia titolare di un
diritto omogeneo a quello di un numero indefinito di altre persone di agire in giudizio nell’interesse
proprio e di tutti gli altri componenti della classe che vogliano ottenere tutela giurisdizionale.

Azione collettiva risarcitoria ex art. 140bis Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005, come
novellato dal D.L. 1/2012, conv. in L. 27/2012)

Oggetto: tutela di diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti


Ambito di applicazione:

— diritti contrattuali di una pluralità di consumatori che nei confronti di una stessa impresa versano in
una situazione del tutto omogenea
— diritti del tutto omogenei spettanti ai consumatori di un prodotto (pericoloso o difettoso) nei
confronti del produttore a prescindere da un contratto
— diritti del tutto omogenei al ristoro del pregiudizio derivante da pratiche commerciali scorrette o da
comportamenti anticoncorrenziali.

Pronuncia del giudice: in caso di accoglimento del ricorso, il giudice adotta una sentenza
di condanna in cui liquida le somme dovute ai partecipanti all’azione o stabilisce il criterio
di calcolo per la liquidazione del danno
Autorità giurisdizionale: giudice ordinario

Azione per l’efficienza della P.A., ex D.Lgs. 198/2009

Ambito soggettivo: azione esperibile sia da singoli cittadini che da associazioni, in caso
di lesione di interessi omogenei di una pluralità di utenti, nei confronti della P.A. o dei
concessionari di servizi pubblici
Oggetto: correzione di inefficienze della P.A., come il mancato rispetto dei tempi previsti o
d e g li standard di qualità di un servizio pubblico o la mancata emanazione di atti
amministrativi generali obbligatori non aventi contenuto normativo
Pronuncia del giudice: in caso di accoglimento del ricorso, il giudice ordina alla P.A. di
adempiere entro un congruo termine. In ipotesi di mancato adempimento, si può instaurare
un giudizio di ottemperanza
Autorità giurisdizionale: giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva
Differenze

L’azione contro la P.A. differisce dall’azione civilistica sotto molteplici profili.


La più importante differenza è data dal fatto che con l’azione di cui al D.Lgs. 198/2009, a
differenza dell’azione sviluppatasi nel settore consumeristico, non è possibile avanzare
pretese risarcitorie, essendo lo strumento volto esclusivamente ad ottenere il ripristino del
corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio.
Inoltre, diversa è la logica sottesa alle due azioni: quella contro le imprese private protegge il
consumatore dallo squilibrio di posizioni sul mercato, con effetti limitati all’ambito
contrattuale e, in alcuni casi, extracontrattuale, mentre quella verso la pubblica
amministrazione interviene sullo stesso processo di produzione del servizio (C.d.S., sez.
cons. per gli atti normativi, 9-6-2009, n. 1943/09). Infine, diversa è l’autorità giurisdizionale
competente a conoscere delle relative controversie: il G.A. in sede di giurisdizione
esclusiva per l’azione «pubblicistica», il G.O. per l’azione «privatistica».

6. Interessi amministrativamente protetti (o semplici)

Interesse semplice

Consiste nella pretesa a che la P.A., nell’esercizio del suo potere discrezionale, si attenga
a quei criteri di opportunità e convenienza che afferiscono al cd. merito amministrativo e
che sono tutelati dalle norme non giuridiche di azione (cd. norme di buona
amministrazione)

tutela a livello amministrativo (ricorso gerarchico)

tutela giurisdizionale innanzi al G.A. avverso atti viziati nel merito: eccezionale,
per casi tassativamente previsti

7. Interessi di fatto

Nozione: gli interessi di fatto sono quegli interessi non qualificati né differenziati, a che
la P.A. osservi i doveri giuridici posti a suo carico ed a vantaggio della collettività non soggettivizzata.
Secondo SANDULLI sono da ricomprendere nel più ampio genus degli interessi semplici.

Caratteristiche

Essi sono irrilevanti per il diritto e non ricevono alcuna tutela


Non sono interessi giuridici e come tali non possono legittimare la partecipazione al
procedimento o la richiesta di accesso agli atti della P.A.
Tutela

Unica garanzia riconosciuta a tutela di tali interessi consiste nell’obbligo di buona


amministrazione che grava sulla P.A.

mere denunce
in casi eccezionali i cittadini uti singuli possono esperire azioni a tutela di tali
interessi (azioni popolari)

— azioni suppletive (per inerzia della P.A.)


— azioni correttive (di atti illegittimi)
Capitolo 2

I SOGGETTI DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO

1. Principi costituzionali in tema di organizzazione della P.A.

Principi

Art. 5 Cost.

pluralismo autonomistico
decentramento

— dislocazione dei poteri tra soggetti e organi diversi (CASETTA)

Art. 95 Cost.

le attività amministrative spettanti allo Stato sono esercitate, ratione materiae, dai
Ministeri

Art. 97

principio del pareggio di bilancio

— viene esteso alla P.A. il rispetto del pareggio di bilancio e della sostenibilità del debito pubblico (L.
cost. 1/2012)
principio di legalità: organizzazione degli uffici pubblici secondo disposizioni di
legge

— riserva di legge (relativa)


principio del buon andamento

— la P.A. deve agire in modo adeguato, finalizzando l’azione all’interesse pubblico da perseguire
(CASETTA)
principio di imparzialità

— divieto di discriminazione ovvero di privilegiare pregiudizialmente un particolare interesse

Art. 114 Cost.


con la L. cost. 3/2001 è stata ribaltata l’elencazione degli enti territoriali,
evidenziando la profonda radice territoriale del Comune il quale, in base al
principio di sussidiarietà, è l’ente locale più vicino ai cittadini

Art. 118 Cost.

la distribuzione delle funzioni amministrative deve avvenire secondo i principi di


sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza

— sussidiarietà: l’attribuzione di funzioni amministrative avviene al livello superiore di governo


soltanto nell’ipotesi in cui il livello inferiore non riesca a curare gli interessi ad esso affidati
— differenziazione: l’allocazione delle funzioni deve necessariamente avvenire tenendo in
considerazione le diverse caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali e strutturali dei
vari livelli di governo
— adeguatezza: l’amministrazione deve possedere una struttura organizzativa idonea a garantire,
anche in forma associata, l’esercizio delle funzioni

Art. 120 Cost.

principio di leale collaborazione

— postula adeguate forme di raccordo procedurale fra Regione e Stato (accordi ed intese) nelle
ipotesi in cui si verifichino interferenze fra le rispettive competenze (CASETTA)

2. L’organizzazione amministrativa italiana: il pluralismo della


P.A.

2.1 • La P.A. come multi-organizzativa

Dall’insieme delle disposizioni della Costituzione emerge che l’organizzazione


amministrativa italiana si presenta multi-organizzativa, nel senso che la varietà, l’eterogeneità e
l’ampiezza delle pubbliche funzioni hanno fatto sì che essa perdesse il suo iniziale carattere unitario e
che venissero introdotti modelli diversi e differenziati di pubblica amministrazione.
In particolare, i modelli organizzativi prevalenti sono attualmente quattro: quello
ministeriale (P.A. come apparato servente del Governo), quello dell’ente pubblico, quello
dell’autorità amministrativa indipendente (P.A. in senso oggettivo e neutrale, come apparato
separato dal Governo) e quello del soggetto privato controllato.

Modelli organizzativi della P.A.

Ministeriale
Ente pubblico
Autorità amministrativa indipendente
Soggetto privato in controllo pubblico

Osservazioni

La presenza nel nostro sistema amministrativo dei detti modelli organizzativi rappresenta la
più tangibile manifestazione del principio pluralistico, il quale, rapportato all’ambito della
pubblica amministrazione, comporta che accanto allo Stato, che è il primo degli enti
pubblici, «operano altri soggetti dotati di capacità giuridica di diritto pubblico e deputati al
perseguimento di finalità di pubblico interesse» (GAROFOLI-FERRARI).

2.2 • Lo Stato come ente pubblico

Stato-amministrazione

Stato come ente pubblico o pubblica amministrazione che agisce non super partes ma
inter partes, sullo stesso livello degli altri soggetti dell’ordinamento (seppur dotato di un
potere di supremazia) e, al pari di questi, soggetto alla legge

Caratteristiche esclusive

Ente sovrano, cioè sovraordinato a tutti gli altri soggetti che operano all’interno
dell’ordinamento

Ente politico, poiché persegue fini di interesse generale

Ente necessario e ad appartenenza necessaria nel senso che, da un lato, la sua esistenza
è indispensabile per il perseguimento dei pubblici interessi e, dall’altro, tutti i cittadini ne
fanno parte

3. Gli enti pubblici

Nozione: il termine ente indica le persone giuridiche pubbliche e private e i gruppi


organizzati che l’ordinamento considera titolari di situazioni giuridiche, pur non attribuendo loro la
personalità (enti di fatto).
In diritto amministrativo, gli enti pubblici, o persone giuridiche pubbliche, sono quei
soggetti diversi dallo Stato che esercitano funzioni amministrative e che costituiscono nel loro
complesso, la pubblica amministrazione indiretta.
Qualificazione

Espressa: nessun nuovo ente pubblico può essere costituito o riconosciuto se non per
legge (art. 4 L. 70/1975, cd. legge sul parastato)

Implicita: quando nella legge si rinvengono elementi che presuppongono la pubblicità


dell’ente (indici di riconoscimento)

Indici di riconoscimento (SANDULLI)

Sistema di controlli pubblici


Ingerenza dello Stato nella nomina e revoca dei dirigenti nonché nell’amministrazione
dell’ente
Partecipazione dello Stato o di altra P.A. alle spese di gestione
Potere di direttiva dello Stato nei confronti degli organi, in relazione al conseguimento degli
obiettivi
Finanziamento pubblico istituzionale
Costituzione ad iniziativa pubblica

Limiti alla creazione di enti pubblici

È da reputarsi illegittima la qualificazione «pubblica» di un ente che presenta


caratteristiche strutturali e funzionali tipicamente privatistiche

4. I caratteri degli enti pubblici

Regime giuridico

Autarchia: in base alla dottrina più moderna consiste nella capacità degli enti pubblici di
amministrare i propri interessi svolgendo un’attività avente gli stessi caratteri e la stessa
efficacia dell’attività amministrativa dello Stato. Per SANDULLI essa è la caratteristica
degli enti diversi dallo Stato di disporre di potestà pubbliche, esercitando pubblici poteri
mediante l’adozione di atti equiparati agli atti amministrativi dello Stato
Autotutela: complesso di attività amministrative con cui ogni P.A. risolve i conflitti,
potenziali od attuali, relativi ai suoi provvedimenti o alle sue pretese (BENVENUTI). È, in
ogni caso, fatta salva la tutela in sede giurisdizionale

decisoria, attuata con l’emanazione di una decisione amministrativa incidente

— sugli atti amministrativi precedentemente posti in essere dalla P.A.


— sui rapporti giuridici di diritto amministrativo che appaiono non conformi a pretese della P.A.
fondate su disposizioni legislative o su precedenti atti amministrativi
esecutiva, consistente nel complesso di attività volte ad attuare decisioni già
adottate dalla P.A.

Autonomia: capacità della P.A. di darsi da sé le proprie regole

politica: libertà nell’individuazione dei fini da perseguire

giuridica: capacità di agire nel campo giuridico per il raggiungimento dei propri
fini

— aut. normativa
— aut. organizzativa
— aut. finanziaria
— aut. di gestione

Autogoverno: facoltà di alcuni enti pubblici di amministrarsi per mezzo di organi i cui
membri sono eletti da coloro che ne fanno parte

5. Distinzioni tra enti pubblici

Tipologie

Corporazioni e istituzioni: nelle prime prevale l’elemento personale, mentre nelle


seconde l’elemento patrimoniale
Enti territoriali e non territoriali: i primi annoverano fra gli elementi costitutivi anche il
territorio a differenza dei secondi, denominati anche istituzionali
Enti nazionali ed enti locali: i primi perseguono un interesse nazionale mentre i secondi
un interesse pubblico proprio di una determinata circoscrizione territoriale
Enti necessari: la cui esistenza, cioè, è necessaria per l’organizzazione amministrativa
del nostro ordinamento
Enti ad appartenenza necessaria: sono quegli enti di cui si fa parte per il solo fatto di
risiedere sul loro territorio (es.: enti territoriali)
Enti autonomi, ausiliari e strumentali: i primi esprimono esigenze sociali autonome, i
secondi perseguono fini propri dello Stato, ma non esclusivi dello stesso, gli ultimi
perseguono i fini propri dello Stato e sono legati ad esso da vincoli di soggezione
Enti autarchici propriamente detti ed enti pubblici economici: i primi operano in
regime di diritto amministrativo, mentre i secondi agiscono in veste imprenditoriale,
attraverso strumenti privatistici

6. Riordino e riduzione degli enti pubblici non economici


Negli ultimi anni si è assistito ad un processo di dismissione, da parte dello Stato, delle
competenze e delle attribuzioni di numerosi enti pubblici. Si tratta del complesso i t e r di
riorganizzazione e riordino degli enti pubblici non economici (per quelli economici, invece, si
parla di processo di privatizzazione; v. infra), che è stato oggetto di importanti manovre legislative.
Ed infatti, il numero eccessivo e le astruse competenze affidate a tali enti, non giustificate da alcuna
effettiva motivazione, hanno indotto il legislatore a procedere ad un ridimensionamento della pesante
macchina burocratica.
Dopo la famosa L. 70/1975, con la quale il legislatore ha proceduto ad un’ampia opera di
classificazione e riduzione degli enti pubblici, sono intervenute numerose disposizioni legislative (fra
le quali la L. 59/1997, il D.Lgs. 419/1999, la L. 448/2001) che hanno attuato un vero e proprio
processo di razionalizzazione del sistema.
Tappa ulteriore, con riferimento agli enti pubblici non economici statali, è rappresentata
dall’art. 26 D.L. 112/2008, conv. in L. 133/2008 — come a sua volta in seguito novellato — che si è
posto come una vera e propria norma taglia-enti.

Norma taglia-enti

Gli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle 50 unità sono
soppressi al novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della normativa de qua,
salvo quelli confermati con decreto ministeriale da emanarsi nel detto termine

Gli enti pubblici non economici con una dotazione organica pari o superiore alle 50 unità
sono soppressi qualora alla data del 31 ottobre 2009 non siano stati emanati specifici
regolamenti di riordino, di cui alla L. 244/2007

Gli enti pubblici non economici con una dotazione organica pari o superiore alle 50 unità
i cui regolamenti di riordino sono stati approvati in via preliminare entro il 31 ottobre
2009, ma non siano stati adottati in via definitiva entro il 31 ottobre 2010 sono
soppressi, con esclusione di quelli che formano oggetto di apposite previsioni legislative
di riordino entrate in vigore nel corso della XVI legislatura (previsione introdotta dall’art.
10bis del D.L. 194/2009, conv. in L. 25/2010)

Osservazioni

La normativa cd. taglia-enti è stata seguita da una serie di ulteriori interventi normativi con
cui il legislatore ha inteso snellire e semplificare il sistema degli enti pubblici.
Tra questi ricordiamo il D.L. 31-5-2010, n. 78, conv. in L. 30-7-2010, n. 122, il quale, al fine
di ottimizzare le risorse ed evitare duplicazioni di attività, ha disposto la soppressione ed
incorporazione di enti ed organismi pubblici, direttamente individuati dal legislatore (a
titolo esemplificativo si cita la soppressione dell’Agenzia autonoma per la gestione
dell’albo dei segretari comunali e provinciali a cui subentra a titolo universale il Ministero
dell’interno).
Si ricordi, ancora, l’accorpamento di INPAD ed ENPALS nell’INPS, ad opera della cd.
manovra salva Italia (D.L. 201/2011, conv. in L. 214/2011 ), nonché le riduzioni delle
spese degli enti pubblici predisposte dal decreto sulla spending review (D.L. 95/2012,
conv. in L. 135/2012).
7. Enti pubblici economici

Nozione: sono enti che operano nel campo della produzione e dello scambio di beni e
servizi, svolgendo attività prevalentemente o esclusivamente economiche (SANDULLI).

Regime giuridico

Sono soggetti all’iscrizione nel registro delle imprese ex art. 2201 c.c.
Non sono assoggettabili al fallimento
A seconda dell’oggetto sociale dell’impresa stipulano con l’utenza contratti disciplinati dal
codice civile
Operano in regime di concorrenza con gli altri imprenditori privati

Osservazioni

Gli enti pubblici economici hanno subìto negli ultimi anni una fase recessiva, legata anche al
ripensamento delle modalità di intervento dello Stato nell’economia: il passaggio da un ruolo
diretto, come imprenditore, ad uno più “defilato”, come regolatore, è stato, infatti,
accompagnato dall’avvio di quel processo di privatizzazione degli enti che, passando per
un mutamento della forma giuridica di gestione degli stessi, ha condotto alla loro
dismissione.
Il cambiamento dell’assetto proprietario, che da pubblico è divenuto privato, è stato attuato
in modo graduale e realizzato, giuridicamente, attraverso un doppio, ma necessario,
passaggio.
Dapprima, a partire dagli anni’90, è stato realizzato il cambiamento della veste giuridica
degli enti (cd. fase fredda della privatizzazione) mediante la trasformazione degli enti
pubblici economici in S.p.A. ad azionariato diffuso e solo successivamente si è
provveduto alla dismissione delle partecipazioni pubbliche, con la vendita ai privati delle
azioni, costituenti il capitale delle società (cd. fase calda della privatizzazione).

8. I soggetti pubblici di origine sovranazionale

Il concetto di pubblica amministrazione si è venuto delineando nel tempo non solo grazie
alle elaborazioni del legislatore nazionale, ma anche in virtù dell’incidenza sempre crescente del
diritto europeo sul diritto nazionale. È nell’ordinamento sovranazionale dell’UE che, infatti, sono nate
due nuove figure che, ormai, sono entrate a far parte del nostro assetto giuridico come soggetti
pubblici sostanzialmente assimilabili ad una amministrazione: l’organismo di diritto pubblico e
l’impresa pubblica.
Organismo di diritto pubblico (art. 1, par. 9, dir. 2004/18/CE; art. 3, co. 26, D.Lgs. 163/2006)

Parametri di qualificazione

personalità giuridica
fine perseguito, costituito dal soddisfacimento di bisogni di interesse generale
aventi carattere non industriale o commerciale

sottoposizione ad un’influenza pubblica

Possesso cumulativo dei parametri di qualificazione


Irrilevanza della natura giuridica dell’ente

Impresa pubblica (dir. 2006/111/CE; art. 3, co. 28, D.Lgs. 163/2006)

È tale un’impresa nei confronti della quale i pubblici poteri esercitano un’influenza
dominante

perché ne sono proprietari


perché hanno una partecipazione finanziaria
in virtù di norme che la disciplinano

9. La struttura degli enti pubblici. Organi e uffici

Come tutte le persone giuridiche, anche lo Stato e gli enti pubblici hanno una propria
organizzazione interna, costituita da beni e persone fisiche, che agiscono per conto dell’ente.
Nell’organizzazione di un ente è importante distinguere gli organi e gli uffici.

9.1 • L’organo

Organo

Può essere definito come la persona o il complesso di persone preposte ad un


determinato centro di riferimento di competenza amministrativa e che esercita, pertanto,
una pubblica potestà

Elementi essenziali dell’organo

Titolare dell’organo (funzionario)


persona fisica legata all’ente da un particolare rapporto giuridico (rapporto di
servizio, su cui si veda amplius infra)

Esercizio di una pubblica potestà

il titolare o organo in senso tecnico è solo colui che esercita una pubblica potestà

Natura dell’organo

Teoria soggettiva

per organo deve intendersi la persona fisica titolare dell’ufficio

Teoria oggettiva

l’organo si identifica con l’ufficio inteso come la sfera di attribuzioni assegnate al


soggetto che agisce per l’ente ed è legittimato ad adottare atti imputabili all’ente
e rilevanti all’esterno

Teoria mista

per organo si intende la persona o il complesso di persone preposte ad un


determinato centro di imputazione di competenza amministrativa e che, pertanto,
esercitano una pubblica potestà

9.2 • L’ufficio

Ufficio

Complesso organizzato di sfere di competenze, persone fisiche, beni materiali e mezzi


rivolto all’espletamento di un’attività strumentale tale da consentire all’organo di porre in
essere i provvedimenti per la realizzazione dei fini istituzionali dell’ente (SANDULLI)

elemento funzionale
elemento strutturale
Titolarità degli organi e uffici

Preposto all’organo o all’ufficio: è il soggetto autore e responsabile dell’organo o ufficio, in


quanto investito dell’ufficio

titolare è colui che per legge ricopre ordinariamente quella carica


supplente o sostituto è colui che temporaneamente fa le veci del titolare assente

Organizzazioni-persone giuridiche

Titolare dell’ufficio, in alcuni casi, può essere una persona giuridica (cd. organo-ente)

ISTAT
Banca d’Italia
C.N.R.

10. Rapporto organico e rapporto di servizio

Rapporto organico

Esprime la relazione interna tra organo (o ufficio) e soggetto preposto ad esso (rapporto
non giuridico di immedesimazione)

Sorge con un atto di assegnazione

di diritto (nomina o contratto)

di fatto (ad es., funzionario di fatto, su cui infra)

Rapporto di servizio

Relazione esterna tra la persona fisica e l’ente (rapporto giuridico)


Sorge con un atto di assunzione e in casi eccezionali di fatto

11. La questione della prorogatio degli organi (L. 444/1994)

Nozione: con il termine prorogatio si intende un principio generale in forza del quale il
titolare di un organo, quando non venga tempestivamente sostituito allo scadere del suo mandato o
incarico, continua ad esercitare legittimamente le sue funzioni fino alla nomina del sostituto.
Regime giuridico

La prorogatio è limitata a soli 45 gg. dalla scadenza

gli organi scaduti possono adottare gli atti di ordinaria amministrazione nonché gli
atti urgenti e indifferibili
gli atti straordinari e quelli emanati dopo la scadenza dei 45 gg. sono
radicalmente nulli

– da tale disciplina sono esclusi gli organi rappresentativi delle Regioni, delle Province, dei Comuni,
delle Comunità montane nonché gli organi che hanno comunque rilevanza costituzionale

12. Rapporti interorganici

Gerarchia

Subordinazione di un organo rispetto ad altro organo che si manifesta in un potere di


supremazia riconosciuto al secondo sul primo

intercorre solo fra organi individuali di grado diverso


è un rapporto esterno
intercorre solo fra organi appartenenti allo stesso ramo di amministrazione, ma
può in qualche caso ricorrere anche fra organi appartenenti a rami diversi

Gerarchia in senso stretto (MORTATI)

Posizione di supremazia generale


Potere di direzione dell’attività dell’organo inferiore, mediante emanazione di ordini
amministrativi
Potere di delegare all’organo inferiore l’esercizio dei propri poteri nei casi consentiti dalla
legge
Potere di risolvere conflitti di competenza fra organi gerarchicamente inferiori
Potere di vigilanza

potere di sostituzione
potere di avocazione
potere di annullamento d’ufficio di atti illegittimi
potere di riforma di atti inopportuni
potere di decisione dei ricorsi gerarchici

Direzione

Potere autonomo al quale ineriscono meri poteri di propulsione, direttiva e controllo.


L’organo sovraordinato, mediante direttive, indica gli obiettivi da realizzare, lasciando
libertà di azione all’organo sottostante circa l’individuazione delle modalità di
perseguimento degli stessi

Coordinamento

Potere riconosciuto ad un ufficio rispetto ad altri, al fine di coordinarne ed armonizzarne


l’attività, per il raggiungimento di risultati di interesse comune

Controllo

Possibilità che un organo sindachi l’operato di un altro organo a fini di prevenzione o


riparazione

13. L’esercizio privato di pubbliche funzioni (o munus)

Vi sono dei casi in cui un’attività amministrativa di diritto pubblico è esercitata in nome
proprio da soggetti privati estranei all’amministrazione: in tal caso di parla di esercizio privato di
pubbliche funzioni (CERULLI IRELLI parla di munus). Specificamente, tale locuzione è riferibile ad
ogni attività dalla quale derivi l’attuazione di fini pubblici, esercitata da privati (ossia soggetti che
non sono organi dell’amministrazione), che siano titolati all’esercizio della pubblica funzione.

Natura giuridica

La dottrina dominante individua tale istituto nella sostituzione di un soggetto (privato) ad un


altro (P.A.) che sarebbe l’esclusivo titolare della pubblica funzione.

Titolo dell’esercizio privato di pubbliche funzioni

Titolarità di un particolare ufficio (es.: comandanti di navi)


Attività professionale (es.: notaio)
Legge (es.: art. 383 c.p.p.)
Atto di concessione della P.A.
Pareggiamento o equiparazione (es.: scuole private pareggiate alle pubbliche)
Atto volontario di assunzione (es.: azioni popolari)
Caratteri

Attività svolta dal privato come esplicazione di una potestà pubblica


Carattere privato del soggetto agente (persona fisica o giuridica), che esercita l’attività in
nome proprio

Regime giuridico

Gli atti compiuti da tali persone, non essendo soggettivamente atti amministrativi, sono
sottratti alle regole proprie di questi ultimi, compresa l’impugnativa in sede giurisdizionale
Dei danni prodotti ai terzi nell’esercizio della funzione o del servizio, risponde sempre e
soltanto il privato, mentre per i danni provocati dagli organi della P.A. questa è tenuta
solidalmente con l’autore del danno verso i terzi
Sul soggetto che svolge pubbliche funzioni vige il controllo da parte delle autorità statali
I contratti stipulati dai concessionari di pubblici servizi sono soggetti alle procedure
dell’evidenza pubblica
Capitolo 3

LA COMPETENZA IN DIRITTO AMMINISTRATIVO

1. La competenza

Nozione: la competenza di un determinato organo indica il complesso di poteri e di


funzioni che esso può, per legge, esercitare per perseguire fini di pubblico interesse. Essa individua
la misura delle attribuzioni che spettano all’organo.

1.1 • Definizione

Competenza

Esterna: riguarda i poteri e le funzioni che l’organo può esercitare nei confronti dei terzi
destinatari

Interna: attiene all’insieme dei compiti svolti dall’organo all’interno dell’amministrazione di


appartenenza, con efficacia solo nei confronti di quest’ultima

1.2 • Tipologie

Tipi

Per materia

implica una ripartizione delle attribuzioni con riferimento ai singoli compiti, per cui
si formano, all’interno della P.A. vari settori, ciascuno con un proprio compito
specifico
l’attribuzione può avvenire in via esclusiva (competenza esclusiva) o in
concorrenza (competenza concorrente)

Per territorio

presuppone identità di competenza per materia


comporta la ripartizione delle attribuzioni, all’interno dello stesso ramo di
amministrazione, facendo riferimento all’ambito territoriale dell’organo
Per grado

presuppone identità di competenza per materia e per territorio


comporta, all’interno di uno stesso ramo dell’amministrazione, una valutazione del
grado dell’autorità procedente
realizza un’amministrazione a struttura piramidale

Per valore

è prevista dalla legge in relazione alla produzione di determinati effetti


collega direttamente l’attribuzione al valore economico di un bene o all’impegno
economico derivante da un atto per la P.A.

2. Il trasferimento dell’esercizio della competenza

2.1 • Profili generali

La competenza amministrativa è retta dal principio della inderogabilità. Tuttavia,


esistono istituti mediante i quali, con provvedimento amministrativo, nei casi previsti dalla legge, si
determina lo spostamento dell’esercizio di essa.

Spostamento dell’esercizio della competenza

Delega (ad altro organo)


Avocazione (dell’atto di competenza di organo inferiore)
Sostituzione (per inerzia di organo inferiore)

2.2 • La delega di poteri

Nozione: la delega di poteri è l’atto amministrativo organizzatorio per effetto del quale,
nei casi espressamente previsti dalla legge, un organo o un ente, investito in via originaria della
competenza a provvedere in una determinata materia, conferisce ad un altro organo o ad un altro
ente il potere di provvedere in una determinata materia, rientrante nella propria competenza
(GAROFOLIFERRARI).
Principi generali

È ammissibile solo nel caso in cui sia espressamente prevista dalla legge
Deve essere sempre conferita per iscritto

Effetti

Trasferimento al delegato dell’esercizio del potere e non già della titolarità dello stesso

Natura

Atto amministrativo

organizzatorio
discrezionale
essenzialmente temporaneo
ampliativo della sfera giuridica del destinatario

Tipi

Delega interorganica, quando lo spostamento di competenza avviene da un organo ad un


altro della stessa struttura amministrativa

Delega intersoggettiva, quando lo spostamento di competenza avviene fra soggetti diversi

Differenze

L a delega deve essere tenuta distinta dalla concessione. Mentre con la concessione
(traslativa) l’amministrazione si spoglia di certi poteri trasferendoli ad un soggetto, con la
delega l’autorità delegante non si priva dei propri poteri in ordine all’attività delegata, ma
sulla base di una espressa previsione legislativa demanda al delegato soltanto l’esercizio
degli stessi, conservando poteri di ingerenza in ordine all’attività svolta dal delegato.

2.3 • L’avocazione

Avocazione
L’organo superiore attribuisce a sé la competenza a compiere un determinato atto
attribuito all’inferiore, per motivi di interesse pubblico e indipendentemente da un
inadempimento

Presupposti dell’avocazione

Rapporto di gerarchia
Attribuzione di competenza non esclusiva a favore dell’inferiore

2.4 • La sostituzione

Sostituzione

Comporta l’esercizio di un potere da parte di un organo diverso da quello cui il potere


stesso è attribuito, in caso di inerzia di quest’ultimo

Presupposti della sostituzione

Previsione di legge
Rapporto di gerarchia

L’organo inferiore ha ingiustificatamente omesso di provvedere


Provvedimento da emettere è un atto vincolato nell’emanazione
Permane l’inerzia anche dopo la formale diffida ad adempiere

3. Difetto di competenza

Ipotesi

Acompetenza

atti adottati da chi non è organo di un ente pubblico

Incompetenza assoluta

si determina tra organi appartenenti a rami diversi dell’amministrazione


Incompetenza relativa

è ravvisabile fra organi appartenenti allo stesso ramo dell’amministrazione

4. Segue: L’incompetenza

Incompetenza assoluta

L’organo amministrativo emana un atto in una materia del tutto sottratta alla propria
competenza e riservata ad un altro potere dello Stato
L’organo amministrativo emana un atto riservato alla competenza di un settore
amministrativo completamente diverso
L’organo amministrativo emana un atto relativo ad un oggetto che si trova nella
circoscrizione territoriale di un altro organo amministrativo (incompetenza assoluta per
territorio).

Incompetenza relativa

Ravvisabile fra organi appartenenti allo stesso ramo dell’amministrazione

incompetenza per grado


incompetenza relativa per materia
incompetenza relativa per territorio

Difetto di legittimazione

Mancanza dei requisiti soggettivi che abilitano all’emanazione di atti

incompatibilità del funzionario


irregolarità nell’investitura dell’organo temporaneo
irregolarità nella composizione dell’organo collegiale

5. I conflitti di competenza

Nozione: si ha conflitto di competenza quando due o più autorità affermano o negano,


contemporaneamente, la propria potestà di conoscere una determinata questione o materia, o
quando esiste la sola possibilità che sorga tale contrasto.

Tipi

Positivi: quando due o più autorità affermano la propria potestà in merito ad una questione
Negativi: quando entrambe le autorità negano la propria potestà
Reali: quando le diverse autorità si siano già pronunciate circa la propria potestà in merito
alla questione
Virtuali: quando vi sia solo la possibilità che le autorità si pronuncino
Di attribuzione: quando le autorità appartengono a poteri diversi
Di giurisdizione: quando le autorità fanno parte di due diversi ordini di giurisdizione (es.:
T.A.R. e Tribunale civile)
Di competenza: quando le due autorità appartengano allo stesso potere o allo stesso
ordine di giurisdizione (es.: T.A.R. e C.d.S., dirigenti di prima e di seconda fascia o di pari
grado ma di reparti o uffici differenti)

Soluzione

In via preventiva e diretta

spontaneamente
con intervento di altra autorità amministrativa

In via successiva e indiretta

In ogni caso è sempre possibile il ricorso ai mezzi di giustizia amministrativa da parte


degli interessati contro atti che siano stati emanati da un organo piuttosto che da un altro, in seguito
ad una preventiva soluzione di un conflitto di competenza.

6. L’esercizio di fatto di pubbliche funzioni (cd. funzionario di


fatto)

Nozione: si ha funzionario di fatto quando l’atto di investitura del titolare dell’organo


sia viziato o manchi del tutto.

6.1 • Dottrina

Secondo SANDULLI e TERRANOVA, si verifica in tutti i casi in cui una pubblica funzione
Sia stata effettivamente esercitata da un soggetto che non possa considerarsi organo della
P.A.
L’esercizio della stessa sia accompagnata dalla convinzione pubblica della validità ed
efficacia degli atti posti in essere dal soggetto

Per ALESSI, ricorre la figura del funzionario di fatto

Esclusivamente nei casi di prorogatio dei poteri e deve escludersi solo nei casi di

possibilità di sostituzione del funzionario con un supplente


destituzione, revoca, indegnità, incompatibilità ed ogni altra ipotesi in cui la
cessazione sia stabilita per motivi di pubblico interesse
possibilità di interruzione della funzione, senza danno, in attesa del sostituto

Per GIANNINI, ricorre la figura del funzionario di fatto

Se il dipendente non ha l’investitura dell’ufficio (es.: insussistenza atto di nomina)


Se il dipendente ha avuto l’investitura ma l’ha perduta (es.: annullamento della nomina)

sempre che l’atto rientri tra quelli propri dell’ufficio di chi lo compie
sempre che l’atto non sia stato impugnato da chi aveva interesse a farlo

6.2 • Regime giuridico e tutela del terzo

Regime giuridico

Regola del fatto compiuto: decorsi i termini per l’impugnativa dell’atto di investitura (ove
presente), gli atti sono validi, fatta salva la loro impugnabilità per un vizio diverso da quello
dell’incompetenza
GALLI ritiene che tale soluzione non sia applicabile nell’ipotesi di vera e propria
usurpazione

Tutela dei terzi destinatari degli atti

Principio di conservazione: gli atti in questione, ancorché invalidi, devono comunque


ritenersi produttivi di effetti nei confronti dei terzi, eccezion fatta per le ipotesi di
usurpazione (tutela della buona fede)

Rapporto tra funzionario di fatto ed amministrazione


Sussistenza di un atto di assegnazione all’organo

retribuzione connessa alle funzioni esercitate

Insussistenza di un atto di assegnazione all’organo

actio de in rem verso fondata sull’arricchimento senza causa della P.A.

Ammissibilità di una gestione di affari ex art. 2028 c.c.

Esclusione per lo svolgimento di attività pubbliche (prohibitio domini)


Ammissibilità della negotiorum gestio limitata agli atti di diritto privato della P.A.

Spetta alla P.A. il riconoscimento dell’utiliter coeptum (utilità iniziale della gestione)
Capitolo 4

IL RAPPORTO DI LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLE PUBBLICHE


AMMINISTRAZIONI

1. Il pubblico impiego

1.1 • Caratteri e natura giuridica

Nozione: il rapporto di impiego pubblico è quel rapporto di lavoro per cui una persona
fisica pone, volontariamente e dietro corrispettivo, la propria attività alle dipendenze di una
pubblica amministrazione, assumendo uno specifico status con particolari diritti e doveri.

Caratteristiche

Rapporto volontario

Rapporto strettamente personale

Rapporto bilaterale

Rapporto di subordinazione

Soggetti

Dipendente e pubblica amministrazione

Oggetto

Diritti e doveri reciproci

prestazione di un’attività lavorativa con cui il dipendente concorre alla realizzazione dei fini
istituzionali dell’ente
trattamento economico corrisposto dalla P.A. e commisurato al tipo di prestazione richiesta

Natura giuridica

Il rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. per la gran parte delle amministrazioni viene
assoggettato al diritto privato, ma l’intrecciarsi di profili organizzativi di rilevante interesse
pubblico impone un certo carattere di specialità al pubblico impiego medesimo. Nelle
pubbliche amministrazioni coesistono rapporti di impiego pubblico con altri di diritto privato
1.2 • Lavoro pubblico e principi costituzionali

Art. 51 Cost.

Accesso alle cariche pubbliche in condizioni di uguaglianza

Artt. 54 e 98 Cost.

Dovere per il funzionario di adempiere con onore alle pubbliche funzioni e di porsi al
servizio esclusivo della Nazione

Art. 97 Cost.

Riserva di legge inerente all’organizzazione dei pubblici uffici e buon andamento della P.A.

Art. 28 Cost.

Responsabilità diretta dei pubblici dipendenti

Art. 40 Cost.

Diritto di sciopero

Artt. 35, 36 e 37 Cost.

Formazione professionale dei lavoratori

Profilo retributivo

Tutela dei minori e delle donne sul lavoro

2. L’evoluzione storico-normativa del lavoro pubblico: dalla


privatizzazione alla «riforma Brunetta»

La disciplina del lavoro alle dipendenze della P.A. è stata assoggettata, nel tempo, ad un
complesso iter di riforme, che, a partire dalla cd. privatizzazione, arriva fino ai giorni nostri.

Dagli inizi del XX secolo fino agli anni Ottanta

R.D. 11-11-1923, n. 2395


R.D. 30-10-1923, n. 2960
D.P.R. 10-1-1957, n. 3

il rapporto di pubblico impiego è stato oggetto di una disciplina rigorosamente


unilaterale, scandita da atti di natura legislativa e regolamentare, in cui non veniva
riconosciuto alcun rilievo alla fonte contrattuale

Anni Novanta: privatizzazione del pubblico impiego

D.Lgs. 3-2-1993, n. 29 (cd. prima privatizzazione)

assoggettamento, fatte salve alcune determinate eccezioni, dei pubblici impiegati


alla disciplina del lavoro privato e alla contrattazione collettiva

D.Lgs. 31-3-1998, n. 80 (cd. seconda privatizzazione)

maggiore separazione tra fonti pubblicistiche e privatistiche


devoluzione del contenzioso al G.O. in funzione di giudice del lavoro
ulteriore valorizzazione del ruolo della contrattazione collettiva
riorganizzazione dell’assetto normativo della dirigenza pubblica

Emanazione del T.U. in materia di pubblico impiego

D.Lgs. 30-3-2001, n. 165: norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche

disciplina dei rapporti di lavoro con le PP.AA. e organizzazione degli uffici


pubblici, della contrattazione collettiva, della mobilità individuale e collettiva, delle
forme di lavoro flessibile e norme in tema di giurisdizione

Osservazioni

Il D.Lgs. 165/2001 ha realizzato un primo consolidamento del processo di


privatizzazione e le finalità di quest’ultima riguardano:

— l a crescita dell’efficienza delle amministrazioni, in relazione a quella dei


corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell’Unione europea, anche mediante il coordinato
sviluppo dei sistemi informativi pubblici;
— la razionalizzazione del costo del lavoro pubblico, attraverso il contenimento della
spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;
— l a migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni,
assicurando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, applicando condizioni
uniformi rispetto a quelle del lavoro privato e garantendo pari opportunità alle lavoratrici e ai
lavoratori nonché l’assenza di qualunque altra forma di discriminazione e di violenza morale
o psichica.

Riforma Brunetta della P.A e del pubblico impiego

L. 4-3-2009, n.15: cd. Legge delega Brunetta per la produttività nel lavoro pubblico

convergenza degli assetti regolativi del lavoro pubblico con quelli del lavoro
privato
miglioramento dell’efficienza delle procedure di contrattazione collettiva
introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle
strutture
trasparenza nell’organizzazione e attività delle PP.AA.
valorizzazione del merito e riconoscimento di sistemi premiali in base ai risultati
conseguiti
introduzione di strumenti finalizzati ad una più efficace organizzazione delle
procedure concorsuali
definizione di sistemi più rigorosi di responsabilità dei singoli dipendenti e dei
dirigenti

D.Lgs. 27-10-2009, n. 150: attuazione della legge delega n. 15/2009 in materia di


ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche amministrazioni

trasparenza e valutazione della performance


valorizzazione del merito e strumenti premianti
innovazioni in materia di dirigenza e contrattazione collettiva
sanzioni disciplinari e responsabilità dei pubblici dipendenti

Osservazioni
La riforma Brunetta intende sviluppare nelle strutture pubbliche meccanismi meritocratici,
legati ai risultati raggiunti, nonché innovativi profili di valutazione delle performances
lavorative, sia di singoli dipendenti che delle relative unità organizzative.
A tal proposito è introdotto un apposito ciclo di gestione della performance, destinato
all’attuazione di specifici obiettivi, tra cui ricordiamo il miglioramento dello standard dei
servizi offerti dalle amministrazioni nonché la crescita delle competenze professionali dei
lavoratori pubblici, attraverso la valorizzazione del merito e la predisposizione di premi per il
raggiungimento dei risultati stabiliti.
I soggetti coinvolti nel ciclo di gestione della performance sono:
— la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni
pubbliche (tale organimo è oggi anche Autorità nazionale anticorruzione e prende il
nome di A.N.AC.);
— gli Organismi indipendenti di valutazione della performance;
— l’organo di indirizzo politico amministrativo di ciascuna amministrazione;
— i dirigenti di ciascuna amministrazione.
La riforma, in secondo luogo, crea un legame strettissimo tra rispetto del procedimento
di valutazione della performance e attribuzione degli incentivi economici legati a
quest’ultima.
A questo riguardo, è prevista la suddivisione dei dipendenti in tre fasce, a seconda del loro
grado di meritevolezza:
— il venticinque per cento è collocato nella fascia di merito alta, alla quale corrisponde
l’attribuzione del cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio
collegato alla performance individuale;
— il cinquanta per cento è collocato nella fascia di merito intermedia, alla quale
corrisponde l’attribuzione del cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento
accessorio collegato alla performance individuale;
— il restante venticinque per cento è collocato nella fascia di merito bassa, alla quale
non corrisponde l’attribuzione di alcun trattamento accessorio collegato alla performance
individuale.

3. Segue: Le attuali prospettive di riforma

3.1 • Le manovre 2010-2012

Manovra finanziaria d’estate 2010

D.L. 78/2010, conv. in L. 122/2010

imposizione di un tetto al trattamento economico destinato ai pubblici dipendenti


blocco della contrattazione collettiva
blocco delle progressioni economiche e progressioni di carriera (possibili solo a
fini giuridici e non economici)
limiti alle attività di formazione
stretta sugli incarichi di consulenza, studio e ricerca

Collegato lavoro

L. 183/2010

disciplina della mobilità del personale


pari opportunità lavoratrici/lavoratori e lotta alle discriminazioni sui luoghi di lavoro
trattamento dei dati personali effettuato da soggetti pubblici
part-time e aspettativa
novità in tema di conciliazione e arbitrato con riguardo al lavoro privato e pubblico

Manovra finanziaria d’estate 2011

D.L. 98/2011, conv. in L. 111/2011

ulteriori limitazioni alle facoltà di assunzione per le PP.AA.


riduzione dell’utilizzo delle autovetture di servizio (cd. auto blu)
lotta all’assenteismo

Manovra finanziaria bis 2011

D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2011

riduzione delle dotazioni organiche


estensione anche al pubblico impiego della cd. compensazione territoriale
dell’obbligo di assumere soggetti disabili
nuova ipotesi di trasferimento del dipendente per vacanza in organico

Riforma Fornero

L. 92/2012

le disposizioni di tale legge, per quanto da esse non espressamente previsto,


costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei pubblici
dipendenti, soggetti alla privatizzazione
3.2 • Il nuovo volto della P.A. tra spending review e recupero di integrità

Spending review

D.L. 95/2012, conv. in L. 135/2012

ulteriore taglio delle dotazioni organiche


riduzione parco auto e tetti ai buoni pasto
fruizione obbligatoria di ferie, permessi e riposi
abrogazione della norma sulla vicedirigenza
tagli alle spese di Ministeri, enti territoriali e sanità

Legge anticorruzione

L. 190/2012

nuovo codice di comportamento per i pubblici dipendenti (poi approvato con


D.P.R. 62/2013)
prevenzione della corruzione negli uffici pubblici
anonimato per i dipendenti che denuncino fenomeni di malaffare
innovazioni in tema di corruzione, concussione e delitti contro la P.A.

Decreto P.A. (o salva precari)

D.L. 101/2013 conv. in L. 125/2013

ulteriori tagli alle spese delle pubbliche amministrazioni


innovazioni alla disciplina del reclutamento presso le PP.AA. e in materia di
lavoro flessibile
introduzione dei concorsi unici organizzati dalla funzione pubblica (accorpamento
dei diversi concorsi riguardanti medesime competenze)

4. L’ambito di applicazione del T.U. pubblico impiego

Amministrazioni soggette alla privatizzazione

Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, istituti e scuole di ogni


ordine e grado e istituzioni educative, aziende autonome, Regioni, Province, Comuni,
Comunità montane e loro consorzi e associazioni, istituzioni universitarie, istituti autonomi
case popolari, Camere di commercio, e loro associazioni, enti pubblici non economici
nazionali, regionali e locali e amministrazioni, aziende ed enti del Servizio sanitario
nazionale, ARAN, Agenzie e CONI

Eccezioni (art. 3 D.Lgs. 165/2001): disciplina pubblicistica

Magistrati ordinari, amministrativi e contabili


Avvocati e procuratori dello Stato
Personale militare e delle Forze di Polizia di Stato
Personale delle carriere diplomatica e prefettizia (quest’ultima dalla qualifica di vice-
consigliere di prefettura)
Dipendenti che svolgono la loro attività nelle materie di cui al D.Lgs.C.p.S. 691/1947 e LL.
281/1985 e 287/1990
Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco
Professori e ricercatori universitari
Personale della carriera dirigenziale penitenziaria

5. Il nuovo sistema delle fonti del pubblico impiego

5.1 • Legge e contratto

I rapporti di pubblico impiego sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del
Libro V del codice civile, e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte
salve le diverse disposizioni del D.Lgs. 165/2001, che rappresentano disposizioni a carattere
imperativo.

Fonti

Normativa di diritto comune


Normativa specifica
Contratti collettivi nazionali e integrativi
Contratti individuali di lavoro

Nullità di disposizioni contrattuali per violazione di norme imperative o dei limiti fissati alla
contrattazione collettiva

Si applicano gli artt. 1339 e 1419, comma 2, codice civile (meccanismo della sostituzione
automatica delle clausole difformi e conservazione del contratto affetto da nullità parziale)
5.2 • Uno dei corollari della privatizzazione: atti di macro e micro-organizzazione

Atti di macro-organizzazione (atti amministrativi)

Definizione delle linee fondamentali di organizzazione degli uffici


Determinazione delle dotazioni organiche complessive
Individuazione degli uffici di maggiore rilevanza

Atti di micro-organizzazione (atti di diritto privato)

Organizzazione degli uffici


Gestione diretta dei rapporti di lavoro e delle risorse umane

6. La contrattazione collettiva

6.1 • Contrattazione nazionale ed integrativa

Contratti collettivi nazionali

Diritti ed obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro


Materie relative alle relazioni sindacali
Struttura, durata e rapporti dei contratti collettivi nazionali e integrativi
Modalità di ripartizione delle risorse per la contrattazione decentrata tra i diversi livelli di
merito
Modalità di utilizzo delle risorse finalizzate a premiare il merito e il miglioramento della
performance dei dipendenti

Sono escluse dalla contrattazione collettiva le materie riguardanti

L’organizzazione degli uffici


La partecipazione sindacale
Le prerogative dirigenziali e conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali
Le materie di cui all’art. 2, comma 1, L. 421/1992

Contrattazione collettiva negli esclusivi limiti previsti dalla legge

Sanzioni disciplinari
Valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento economico
accessorio
Progressioni economiche e mobilità

Contrattazione integrativa

Adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici

Incentivazione dell’impegno e della qualità della performance


Assegnazione di una quota del trattamento economico accessorio collegato alla
performance individuale

6.2 • I soggetti della contrattazione

Soggetti

ARAN

rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni


esercizio delle attività inerenti alle relazioni sindacali
negoziazione dei contratti collettivi e assistenza delle PP.AA. per l’uniforme
applicazione dei CCNL
intervento nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative ai rapporti di lavoro
pubblico per garantire l’uniforme applicazione e la corretta interpretazione dei
contratti collettivi

Rappresentanze sindacali

organizzazioni sindacali aventi nel comparto una rappresentatività non inferiore al


5% (considerando la media tra dato associativo e dato elettorale)

6.3 • Il procedimento di contrattazione

Procedimento

I comitati di settore emanano gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale prima di
ogni rinnovo contrattuale
L’ipotesi di accordo è trasmessa all’ARAN ed al Governo dai comitati di settore entro 10
giorni dalla sottoscrizione
Acquisito il parere favorevole sull’ipotesi di accordo nonché la verifica da parte delle
PP.AA. interessate sulla copertura degli oneri contrattuali, il giorno successivo l’ARAN
trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti ai fini della
certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio
La Corte dei conti certifica l’attendibilità dei costi quantificati e la compatibilità con gli
strumenti di programmazione e di bilancio entro 15 giorni dalla trasmissione della stessa,
decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente
Se la certificazione è positiva, il Presidente dell’ARAN sottoscrive definitivamente il
contratto collettivo
In caso di certificazione non positiva, il Presidente dell’ARAN provvede alla riapertura delle
trattative e alla sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo, adeguando i costi
contrattuali ai fini della certificazione
Nel caso in cui la certificazione non positiva sia limitata a singole clausole contrattuali,
l’ipotesi può comunque essere sottoscritta definitivamente, ferma restando l’inefficacia
delle clausole contrattuali non positivamente certificate
I contratti e accordi collettivi nazionali nonché le eventuali interpretazioni autentiche sono
pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana oltre che sul sito dell’ARAN e
delle amministrazioni interessate

Efficacia del contratto collettivo

Con la sottoscrizione, il contratto collettivo acquista efficacia sia per le amministrazioni che
per tutti i lavoratori interessati

6.4 • I comparti

I comparti di contrattazione collettiva

Ministeri
Enti pubblici non economici
Regioni e autonomie locali
Sanità
Ricerca
Scuola
Università
Aziende
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Agenzie fiscali
Accademie di belle arti, di danza e arte drammatica
Istituti superiori per le industrie artistiche, conservatori e istituti pareggiati
Enti ex art. 70 D.Lgs. 165/2001

7. Accesso al pubblico impiego

Modalità di accesso

Art. 97 Cost.: agli impieghi nelle PP.AA. si accede tramite concorso pubblico, salvo i
casi stabiliti dalla legge
Procedure selettive (concorso pubblico) (art. 35 D.Lgs. 165/2001, come mod. fal D.L.
01/2013, conv. in L. 125/2013)
Procedure non selettive (chiamata diretta dalle liste di collocamento (quando è
richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo) e assunzioni obbligatorie per
chiamata numerica dei soggetti appartenenti alle categorie protette

Osservazioni

Il quadro normativo in tema di meccanismi assunzionali è stato, da ultimo, fortemente


innovato dal D.L. 31 agosto 2013, n. 101, conv. in L. 125/2013.

Le principali scelte recate dal decreto possono così sintetizzarsi:


— stabilizzazione una tantum dei lavoratori precari già impegnati a tempo determinato;
— rafforzamento dell’obbligo di utilizzazione delle graduatorie concorsuali esistenti, con il
prolungamento della loro validità;
— limitazione del ricorso ai contratti di lavoro flessibili e facilitazioni all’effettuazione delle
assunzioni obbligatorie;
— introduzione dell’istituto del concorso pubblico unico;
— ricorso, per la sottoscrizione di nuovi contratti a tempo determinato, ai vincitori e agli
idonei delle graduatorie vigenti per concorsi a tempo indeterminato;
— programmi di assunzione nelle pubbliche amministrazioni per i testimoni di giustizia, con
chiamata nominativa e diritto al collocamento con precedenza.

Tale razionalizzazione e ottimizzazione dei meccanismi assunzionali è volta a rendere


meno costose, più efficaci e trasparenti le procedure di concorso, anche per arginare
nuovi fenomeni di precariato.
Viene infatti ribadito il principio per cui il contratto a tempo indeterminato rappresenta la
forma di contratto dominante per il pubblico impiego; riformula i limiti all’uso della
flessibilità, con riferimento alle «esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o
eccezionale»; rafforza, poi, le responsabilità dirigenziali in caso di utilizzo non consentito dei
contratti di lavoro flessibile, inasprendo le relative sanzioni.
Requisiti per l’ammissione (D.P.R. 487/1994)

Cittadinanza italiana o europea (salvo il disposto dell’art. 38 D.Lgs. 165/2001)


Età non inferiore a 18 anni
Idoneità fisica all’impiego
Godimento dei diritti politici
Titolo di studio (diverso a seconda della qualifica che si va a ricoprire)
Condotta e qualità morali (richiesti solo in casi limitati)

Costituzione del rapporto di lavoro

Contratto individuale (art. 35 D.Lgs. 165/2001)

Avviamento al lavoro

Periodo di prova (da due a sei mesi, a seconda della qualifica rivestita)

Osservazioni

Si fa presente che il cd. «decreto fare», D.L. 69/2013, conv. in L. 98/2013, ha provveduto
all’abrogazione delle disposizioni concernenti l’obbligo dei certificati attestanti l’idoneità
psico-fisica al lavoro per determinate categorie di lavoratori, tra cui anche i pubblici
impiegati.

8. L’organizzazione dei pubblici uffici

In virtù della riserva di legge di cui all’art. 97 Cost., il T.U. pubblico impiego precisa che
le amministrazioni definiscono, secondo i principi generali stabiliti dalla legge e, sulla base dei
medesimi, mediante gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di
organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento
della titolarità degli stessi e determinano le dotazioni organiche complessive.
Nel rispetto di tali leggi e atti organizzativi, le determinazioni per l’organizzazione degli
uffici sono assunte dagli organi preposti alla gestione (i dirigenti) con la capacità e i poteri del
privato datore di lavoro.

Ruolo organico
Numero complessivo dei posti caratterizzati da stabilità di cui dispone ciascuna P.A.

Dotazione organica

Insieme dei posti assegnati a ciascun ruolo

Pianta organica

Insieme dei dipendenti che effettivamente ricoprono, stabilmente e a tempo


indeterminato, i posti previsti in dotazione

Art. 6 D.Lgs. 165/2001

L a consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione


delle finalità di cui all’art. 2, comma 1, T.U. pubblico impiego, previa verifica degli effettivi
fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative
(quest’ultimo specie in caso di esuberi di personale e di avvio di processi di mobilità). La
variazione delle dotazioni organiche è, inoltre, agganciata anche alla programmazione
triennale del fabbisogno di personale (introdotta dalla L. 449/1997)

9. Le forme flessibili di impiego presso la P.A. e le


consulenze esterne

Art. 36 D.Lgs. 165/2001 (come novellato dal D.L. 101/2013, cnv. in L. 125/2013)

Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni


assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato

Per rispondere ad esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale, le


pubbliche amministrazioni possono avvalersi delle stesse forme contrattuali flessibili
previste dal codice civile e dalle leggi sul lavoro subordinato nell’impresa
La contrattazione collettiva disciplina:

contratti a tempo determinato


contratti di formazione e lavoro
rapporti formativi
somministrazione di lavoro
lavoro accessorio

Non è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l’esercizio di funzioni direttive
o dirigenziali
P e r prevenire fenomeni di precariato, le PP.AA. sottoscrivono contratti a tempo
determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi
pubblici a tempo indeterminato
La violazione di disposizioni imperative concernenti l’assunzione o l’impiego di lavoratori
da parte della P.A. non comporta mai la costituzione di rapporti di lavoro a tempo
indeterminato con la P.A. medesima
Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di
lavoro resa in violazione di disposizioni imperative

Part-time

Rapporto di lavoro in cui l’orario di lavoro risulta inferiore al tempo pieno; può aversi alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche (che hanno la facoltà — e non più il dovere, a
seguiro della manovra d’estate 2008 — di concedere al lavoratore la trasformazione del
rapporto da tempo pieno a tempo parziale)

Telelavoro

Particolare tipologia lavorativa — ammissibile nel lavoro pubblico — caratterizzata da


estrema flessibilità sia nell’organizzazione che nelle modalità di svolgimento, in quanto
permette lo svolgimento della prestazione lavorativa a distanza, al di fuori dei locali
dell’azienda o dell’ente, anche se funzionalmente e strutturalmente collegata ad essa

Apprendistato (D.Lgs. 167/2011)

Apprendistato professionalizzante (conseguimento di una qualifica professionale)


Apprendistato di alta formazione e ricerca (conseguimento di un diplima di istruzione
secondaria superiore, di titoli di studio universitari e di alta formazione e ricerca)

Collaborazioni e consulenze esterne nella P.A. (art. 7, comma 6, D.Lgs. 165/2001)

Le amministrazioni possono conferire incarichi individuali, di natura occasionale o


coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche
universitaria, per esigenze cui non possono far fronte con il personale in servizio

l’oggetto della prestazione deve essere specifico, determinato e coerente con le


esigenze della P.A. conferente
vi deve essere una oggettiva impossibilità di utilizzare le risorse umane interne
la prestazione deve essere temporanea e altamente qualificata. Proroghe sono
ammesse solo in casi eccezionali e ferma la misura del compenso
durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione devono essere
preventivamente determinati
10. La dirigenza pubblica

Principio della distinzione tra politica e amministrazione

Ministro

indirizzo politico-amministrativo

Dirigente

attività di gestione

Disciplina

La dirigenza pubblica è stata

istituita con D.P.R. 748/1972


regolamentata con D.Lgs. 165/2001
riordinata con L. 145/2002
innovata con D.Lgs. 150/2009

Accesso alla dirigenza

concorso indetto dalle singole amministrazioni


corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola Superiore della P.A.
(oggi Scuola Nazionale dell’Amministrazione)

Incarico dirigenziale

è a tempo determinato (3-5 anni)

è conferito mediante un provvedimento che tenga conto degli obiettivi, della


complessità della struttura interessata, delle attitudini, esperienze e competenze
maturate dal dirigente

devono essere previamente individuati oggetto e durata dell’incarico


è rinnovabile

al provvedimento di conferimento dell’incarico accede un contratto individuale


con cui è definito il corrispondente trattamento economico
è ammessa la risoluzione consensuale del rapporto

Ruolo dei dirigenti

prima fascia

seconda fascia

Principali compiti e funzioni (dirigente quale datore di lavoro pubblico)

formulazione proposte e pareri


proposta di risorse e profili professionali necessari ai compiti dell’ufficio
cura dell’attuazione di piani, programmi e direttive generali del Ministro
coordinamento e controllo dell’attività degli uffici dipendenti
adozione degli atti organizzativi degli uffici dirigenziali non generali e degli atti e
provvedimenti amministrativi
esercizio dei poteri di spesa e di acquisizione delle entrate
richiesta di pareri e attività di gestione dei rapporti lavorativi e sindacali

Principali compiti e funzioni

cura dei rapporti con gli uffici dei Paesi dell’UE e degli organismi internazionali
contrasto e prevenzione dei fenomeni di corruzione

Responsabilità dirigenziale

mancato raggiungimento degli obiettivi


inosservanza delle direttive

— impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale


in relazione alla gravità dei casi

— revoca dell’incarico dirigenziale e collocamento del dirigente a disposizione dei ruoli


— recesso dal rapporto di lavoro
colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto degli standard qualitativi e
quantitativi fissati dalle amministrazioni
— la retribuzione di risultato è decurtata, sentito il Comitato dei Garanti, in relazione alla gravità della
violazione di una quota fino all’80%

Osservazioni

L a L. 6-11-2012, n. 190, cd. legge anticorruzione, attribuisce alle pubbliche


amministrazioni il compito di definire un piano di prevenzione della corruzione che
fornisca una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione,
indicando gli interventi organizzativi volti a prevenire tale rischio. Il responsabile della
prevenzione della corruzione viene individuato, in genere, tra i dirigenti di prima fascia
(negli enti locali in genere è il segretario).

11. I doveri-obblighi dell’impiegato e il nuovo codice di


comportamento

Nuovo codice di comportamento per i pubblici dipendenti (art. 54 D.Lgs. 165/2002, sostituito
dalla L. 190/2012)

Obbligo di assicurare la qualità dei servizi e la prevenzione della corruzione


Obbligo per i dipendenti di attenersi ai doveri di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio
esclusivo alla cura dell’interesse pubblico
Divieto di chiedere o di accettare compensi, regali e altre utilità in connessione con lo
svolgimento delle proprie funzioni

Osservazioni

Fonte importante per quel che concerne il sistema dei doveri dei dipendenti pubblici è
sicuramente rappresentata dal Codice etico, attualmente recato dal D.P.R. 16-4-2013, n.
62, emanato ai sensi dell’art. 54 T.U. pubblico impiego, D.Lgs. 165/2001, a sua volta
sostituito dalla L. 190/2012, cd. legge anticorruzione.
Il nuovo codice di comportamento, che sostituisce il precedente, di cui al D.M. 28-11-2000,
definisce i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i
pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare ed enuncia i principi di integrità, correttezza,
buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza cui il
funzionario deve attenersi, agendo in posizione di indipendenza e imparzialità ed
astenendosi in caso di conflitto di interessi. Un sezione è poi appositamente dedicata ai
doveri della dirigenza.
Peculiarità del nuovo codice è quella di trovare applicazione non solo per i dipendenti
privatizzati, ma anche, laddove compatibili, nei confronti del personale pubblico non
privatizzato nonché di tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o
incarico e a qualsiasi titolo, dei titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta
collaborazione delle autorità politiche, nonchè nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo
di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione.
Esso introduce, tra l’altro, stringenti divieti per i dipendenti, che non potranno chiedere o
sollecitare, per sé o per altri, regali o altre utilità, né li potranno accettare, salvo quelli
d’uso di modico valore (ossia di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro)
effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e delle consuetudini
internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca
reato, il dipendente non chiede, per sè o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico
valore, a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio
da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, nè da
soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o
potestà proprie dell’ufficio ricoperto.
L a violazione degli obblighi previsti dal codice integra comportamenti contrari ai doveri
d’ufficio, e ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle relative disposizioni dà luogo
anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente,
essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all’esito del relativo
procedimento, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.

12. I diritti del pubblico dipendente

Diritti patrimoniali

Diritti contemporanei al rapporto di impiego

retribuzione

Diritti successivi al rapporto di impiego

trattamenti pensionistici

Diritti patrimoniali non periodici (premi, assegni occasionali etc.)

Diritti non patrimoniali

Diritto all’ufficio
aspettativa a non essere rimosso dal proprio ufficio, se non nei casi previsti dalla
legge o dai contratti collettivi (inamovibilità in casi limitati)

Diritto alla funzione

esercizio delle funzioni proprie della qualifica posseduta

Diritto al trasferimento

appare più tecnicamente come un interesse legittimo, stante la potestà


discrezionale della P.A. di spostare un dipendente da una sede ad un’altra

Diritto alla riservatezza

particolari cautele soprattutto in caso di trattamento dei dati sensibili dei lavoratori

Diritto alle pari opportunità

garanzia dell’assenza di qualsiasi forma di discriminazione tra uomo e donna sui


luoghi di lavoro e di ambiente lavorativo caratterizzato da benessere
organizzativo nonché contrasto alle violenze morali e psichiche

Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e rappresentatività sindacale ai fini della
contrattazione

possibilità per le organizzazioni sindacali rappresentative di costituire


rappresentanze sindacali aziendali
costituzione di un organismo di rappresentanza unitaria del personale
mediante elezioni a cui partecipano tutti i lavoratori
possibilità di costituire rappresentanze sindacali unitarie comuni a più
amministrazioni o enti di modeste dimensioni ubicate nello stesso territorio
nonché organismi di coordinamento tra tali rappresentanze
ammissione alla contrattazione collettiva delle organizzazioni sindacali aventi nel
comparto una rappresentatività non inferiore al 5% (media tra dato
associativo e dato elettorale)
13. Responsabilità dell’impiegato: profili generali

L’art. 28 Cost. dispone che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici
sono direttamente responsabili, secondo le leggi civili, penali e amministrative, degli atti compiuti in
violazione di diritti. In tali casi, la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.

Responsabilità del pubblico dipendente

Civile: se arreca un danno a terzi, interni o esterni all’amministrazione, ovvero a


quest’ultima
Penale: se tiene una condotta delittuosa con effetti pregiudizievoli per la P.A. di
appartenenza
Amministrativo-contabile: se cagiona alla P.A. un danno di tipo erariale, diretto o
indiretto (cioè quello in cui il pregiudizio non è causato all’ente direttamente dal dipendente,
ma deriva dal risarcimento ottenuto da un terzo danneggato da attività imputabili alla
stessa amministrazione)
Disciplinare: se viola gli obblighi di condotta sanciti direttamente dalla legge, dal codice di
comportamento o dal contratto collettivo nazionale di lavoro

14. Segue: La responsabilità disciplinare

Nozione: la responsabilità disciplinare discende dalla violazione dei doveri inerenti al


rapporto d’ufficio. Essa, insieme alla disciplina della contrattazione, della dirigenza e della
valutazione e misurazione delle performances dei pubblici dipendenti, rappresenta uno degli ambiti
maggiormente incisi dalla riforma Brunetta. Tale materia, infatti, viene quasi completamente sottratta
alla contrattazione collettiva e inserita tra le norme di carattere imperativo; inoltre, la riforma procede
alla semplificazione del procedimento disciplinare nonché alla predisposizione di un articolato e più
rigoroso insieme di ipotesi suscettibili di dar luogo al licenziamento disciplinare.

Art. 55quater D.Lgs. 165/2001 (Licenziamento disciplinare)

Falsa attestazione della presenza in servizio


Assenza priva di valida giustificazione ovvero mancata ripresa del servizio nel
termine fissato dalla P.A.
Ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate
esigenze di servizio
Falsità documentali o dichiarative ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di
lavoro o di progressioni di carriera
Reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive, moleste, minacciose,
ingiuriose o comunque lesive dell’onore e dignità altrui
Condanna penale definitiva
Scarso rendimento
Art. 54 D.Lgs. 165/2001 (sostituito dalla L. 190/2012)

Grave e reiterata violazione del codice di comportamento

Art. 55bis D.Lgs. 165/2001 (Procedimento disciplinare)

Infrazione di minore gravità e responsabile della struttura con qualifica dirigenziale

entro 20 giorni dalla notizia del comportamento punibile con sanzioni disciplinari il
responsabile dell’ufficio contesta l’addebito al dipendente per iscritto e lo
convoca per il contraddittorio con un preavviso di almeno 10 giorni
entro il termine fissato il dipendente, se non intende presentarsi, invia una
memoria scritta o, in caso di oggettivo impedimento, chiede il ri nvi o per
l’esercizio della sua difesa
entro 60 giorni dalla contestazione dell’addebito il responsabile della struttura
conclude il procedimento o con l’archiviazione o con l’irrogazione della sanzione
i l differimento del termine di difesa può essere chiesto per una sola volta
nell’arco del procedimento; la violazione dei termini comporta, per la P.A., la
decadenza dall’azione disciplinare e, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di
difesa

Infrazione di maggiore gravità o responsabile della struttura privo di qualifica


dirigenziale

la procedura è la stessa di quella appena descritta ma, se la sanzione da


applicare è più grave, i termini sono raddoppiati
la P.A. individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, il quale
contesta l’addebito al dipendente, convocato per il contraddittorio a sua difesa,
istruisce e conclude il procedimento secondo le modalità di cui sopra

Osservazioni

Il mobbing (dall’inglese to mob, ossia assalto di un gruppo ad un individuo, ai fini della sua
espulsione dallo stesso) è una forma di forte pressione psicologica o anche fisica,
esercitata nel luogo di lavoro da colleghi, datori di lavoro, o diretti superiori mediante
maltrattamenti verbali o vari altri atteggiamenti. Esso si sostanzia, pertanto, in un abuso di
potere ripetuto, che causa nell’aggredito sentimenti di angoscia e umiliazione.
Ai fini della configurabilità della condotta di mobbing è rilevante: «la strategia unitaria
persecutoria, che non si sostanzia in singoli atti da ricondurre nell’ordinaria dinamica del
rapporto di lavoro (come i normali conflitti interpersonali nell’ambiente lavorativo, causati da
antipatia, sfiducia, scarsa stima professionale, ma che non sono caratterizzati dalla volontà
di emarginare il lavoratore), che ha come disegno unitario la finalità di emarginare il
dipendente o di porlo in una posizione di debolezza, con la conseguenza che la ricorrenza di
un’ipotesi di condotta mobbizzante deve essere esclusa allorquando la valutazione
complessiva dell’insieme di circostanze addotte ed accertate nella loro materialità, pur se
idonea a palesare singulatim elementi ed episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non
consenta di individuare, secondo un giudizio di verosimiglianza, il carattere unitariamente
persecutorio e discriminante nei confronti del singolo del complesso delle condotte poste in
essere sul luogo di lavoro» (C.d.S., sez. IV, 10-1-2012, n. 14; id., sez. IV, 19-3-2013, n.
1609).

15. Lo svolgimento del rapporto di impiego

15.1 • Profili generali

Disciplina

Modificazioni soggettive

riguardano i soggetti del rapporto

Modificazioni oggettive

riguardano il contenuto del rapporto

15.2 • I permessi

Permessi retribuiti

8 giorni all’anno per la partecipazione a esami o concorsi


3 giorni per evento in caso di lutti per coniuge, parenti entro il secondo grado e affini di
primo grado
15 giorni consecutivi per il matrimonio
18 ore all’anno per particolari motivi personali o familiari

Permessi brevi
Esigenze di tipo personale che possono essere concessi nei limiti della metà dell’orario
giornaliero di lavoro

Permessi non retribuiti

Corsi specifici per formazione di figure professionali elevate e/o particolari

Permessi e congedi per handicap

A favore dei lavoratori disabili e dei familiari, lavoratori dipendenti, che assistono un
disabile (L. 104/1992)

15.3 • Assenze e aspettativa

Assenze

Per malattia
Per infortuni sul lavoro o per malattia dovuta a causa di servizio
Per maternità e paternità
Servizio militare
Congedi per studio e formazione

Aspettativa

Per servizio militare


Per comprovati motivi personali o di famiglia
Per mandato parlamentare, amministrativo e sindacale
Per attività presso soggetti o organismi pubblici o privati

15.4 • Modifiche oggettive del rapporto

Luogo della prestazione e modifiche oggettive del rapporto

Comando

quando il dipendente viene chiamato a prestare temporaneamente servizio


presso una P.A. diversa da quella di appartenenza
Luogo della prestazione e modifiche oggettive del rapporto

Distacco

trasferimento della sede di servizio presso un ente diverse da una pubblica


amministrazione

Collocamento fuori ruolo

disimpegno di funzioni dello Stato o di altri enti pubblici attinenti agli interessi
della P.A. che lo dispone e che non rientrino nei suoi compiti istituzionali

Passaggio ad altra amministrazione

a seguito di trasferimento o conferimento di attività, ex art. 2112 c.c.

Temporaneo servizio all’estero

servizio temporaneo presso amministrazioni pubbliche di Stati membri dell’UE,


Stati candidati all’adesione all’UE, organismi internazionali ed europei (art. 32
D.Lgs. 165/2001, sostituito dalla L. 234/2012)

16. La mobilità

Mobilità

Individuale (art. 30 D.Lgs. 165/2001)

passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse


cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in
servizio presso altre PP.AA. che facciano domanda di trasferimento

Collettiva (art. 33 D.Lgs. 165/2001)

riguarda i casi di eccedenza di personale


— situazione di esubero
— il dirigente deve informare ogni anno i sindacati
— decorsi 10 giorni dall’informativa ai sindacati la P.A.:
— o risolve unilateralmente i contratti per il personale con anzianità massima contributiva di 40
anni
— o verifica la ricollocazione, totale o parziale del personale in esubero, presso la stessa o una
diversa P.A.
— trascorsi 90 giorni dall’informativa ai sindacati, la P.A. colloca in disponibilità il personale che
non sia possibile impegnare diversamente, che non possa essere ricollocato presso altre
amministrazioni o che non abbia preso servizio presso la diversa P.A. secondo gli accordi di mobilità

Gestione del personale in disponibilità (art. 34bis D.Lgs. 165/2001)

Prima di procedere a nuove assunzioni, le amministrazioni devono comunicare gli estremi


dei concorsi che intendono bandire alle autorità preposte alla gestione del personale in
disponibilità per verificare l’eventuale esistenza di lavoratori pubblici in disponibilità

17. Estinzione del rapporto di impiego

Disciplina pattizia

Per superamento del periodo di comporto in caso di assenza per malattia


Per superamento del periodo di comporto in caso di assenza per malattia dovuta a causa
di servizio
In seguito a licenziamento disciplinare
Per dimissioni del dipendente
Per decesso del dipendente

Disciplina pubblicistica

Per perdita della cittadinanza italiana


Per avvenuta accettazione di una missione o altro incarico da un’autorità straniera senza
autorizzazione del Ministro competente
Per mancata cessazione della situazione di incompatibilità tra obblighi di servizio e attività
svolte dal dipendente
Per accertata permanente inidoneità psicofisica all’impiego (D.P.R. 171/2011)

Disciplina privatistica

Licenziamento

per giusta causa


per giustificato motivo soggettivo
per giustificato motivo oggettivo

Osservazioni

Osserva la Suprema Corte che, essendo il rapporto di lavoro pubblico ormai ricondotto alla
disciplina del codice civile e delle leggi civili sul lavoro, le dimissioni del pubblico
dipendente vanno considerate come atto unilaterale recettizio, aventi l’effetto di risolvere il
rapporto di lavoro dal momento in cui il datore di lavoro ne acquista la conoscenza. Di
conseguenza, non è più necessario il provvedimento di accettazione da parte della P.A.
come presupposto di efficacia delle dimissioni medesime (Cass., sez. lavoro, 5-3-2013,
n. 5413).

18. La giurisdizione in tema di pubblico impiego

Giudice ordinario

Controversie concernenti

assunzione al lavoro
conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali
indennità di fine rapporto
comportamenti antisindacali delle PP.AA.
procedure di contrattazione collettiva

Giudice amministrativo

Controversie concernenti

procedure concorsuali per l’assunzione


i rapporti di lavoro del personale non privatizzato

Osservazioni
Per «procedure concorsuali di assunzione» si intendono quelle preordinate alla costituzione
ex novo di rapporti lavorativi. Le relative controversie sono attribuite alla Giurisdizione
Amministrativa (C.d.S., sez. III, 25-2-2013, n. 1161).

In sintesi

Il pubblico impiego, inteso quale rapporto di lavoro svolto alle dipendenze di una
amministrazione pubblica, è stato assoggettato ad un articolato iter di innovazioni legislative
che, a partire dalla prima privatizzazione, appare ancora in pieno divenire.
Dagli anni Novanta, il legislatore, infatti, dopo avere ricondotto la disciplina del lavoro
pubblico al codice civile e alle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa (salve
determinate eccezioni), ha portato e porta tuttora avanti un imponente programma di
riorganizzazione e modernizzazione delle amministrazioni pubbliche, nel quale parole-
chiave sono trasparenza, efficienza ed efficacia e in cui, al pari di quanto accade nel
settore privato, le performances lavorative dei singoli dipendenti, dirigenti e non, nonché
delle strutture organizzative, sono sottoposte alla valutazione degli appositi organismi di
controllo (riforma Brunetta, L. 15/2009, e relativo decreto attuativo, D.Lgs. 150/2009).
Il progressivo avvicinamento tra lavoro pubblico e privato — che, tuttavia, non si configura
come assoluto, restando il pubblico impiego comunque connotato da rilevanti profili di
specialità — si rende evidente soprattutto attraverso l’esame del sistema delle fonti e del
ruolo della contrattazione collettiva, avente il compito di determinare i diritti e gli obblighi
direttamente pertinenti al rapporto di lavoro nonché le materie relative alle relazioni
sindacali.
Ai pubblici uffici si accede, in genere, tramite concorso, meccanismo adatto alla selezione
dei più meritevoli; le eccezioni a tale regola sono tassativamente stabilite.
Le amministrazioni pubbliche, a loro volta, definiscono, secondo principi generali di legge e
mediante atti organizzativi, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici,
individuando gli uffici di maggiore rilevanza, i modi di conferimento della titolarità degli
stessi e le dotazioni organiche complessive (cd. macro-organizzazione). Le
determinazioni per l’organizzazione degli uffici e la gestione del personale (atti cd. di micro-
organizzazione), invece, spettano ai dirigenti, i quali – soprattutto alla luce della riforma
Brunetta – assumono le vesti dei datori di lavoro nel pubblico impiego.
PARTE TERZA

L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA

Capitolo 1: L’amministrazione statale

1. Le formule organizzatorie • 2. L’organizzazione amministrativa dello Stato • 3. Il


Governo • 4. Il Consiglio dei Ministri • 5. Il Presidente del Consiglio dei Ministri • 6. I
Ministri • 7. I Comitati interministeriali • 8. I Ministeri • 9. Le Agenzie • 10. Le Aziende
autonome • 11. Gli organi di rilievo costituzionale • 12. Il Consiglio Nazionale
dell’Economia e del Lavoro (CNEL) • 13. Il Consiglio Supremo di Difesa • 14. Il
Consiglio Superiore della Magistratura e i Consigli dei giudici speciali • 15. Il Consiglio
di Stato • 16. La Corte dei conti • 17. Le Conferenze permanenti • 18. L’Avvocatura
dello Stato • 19. Le Scuole della Pubblica Amministrazione • 20. L’organizzazione
periferica dello Stato

Capitolo 2: Le Autorità amministrative indipendenti

1. Le Autorità amministrative indipendenti • 2. Natura delle Autorità e strumenti di tutela

Capitolo 3: Gli enti territoriali

Sezione Prima: Le Regioni -1. Assetto territoriale della Repubblica • 2. Le Regioni:


concetto ed elementi costitutivi • 3. Regioni ad autonomia ordinaria e Regioni ad
autonomia speciale • 4. Il sistema di governo delle Regioni • 5. I controlli sugli organi
regionali • 6. L’autonomia statutaria e le ulteriori attribuzioni delle Regioni • Sezione
Seconda: Comuni, Province e Città metropolitane - 1. Le tappe del processo di
riforma delle autonomie locali • 2. Il Comune e la Provincia • 3. Istituzioni di nuovi
Comuni e Province e altre modifiche territoriali • 4. Altri enti locali • 5. Le Città
metropolitane • 6. Lo status di Roma come capitale della Repubblica • 7. I controlli sugli
organi degli enti locali • 8. Controllo sostitutivo e potere di annullamento
Capitolo 1

L’AMMINISTRAZIONE STATALE

1. Le formule organizzatorie

Forme

Accentramento (1): comporta l’attribuzione delle potestà decisionali solo ad uffici ed


organi centrali

Decentramento: comporta l’attribuzione di potestà decisionali anche agli uffici periferici

autarchico: quando le funzioni vengono trasferite ad enti diversi dallo Stato e


dotati di autarchia, ossia della capacità di porre in essere atti amministrativi che
abbiano stessa natura ed efficacia degli atti statali

burocratico: quando agli uffici periferici vengono trasferite potestà decisionali e


non solo compiti preparatori o esecutivi

funzionale: quando determinate funzioni vengono attribuite a strutture che


godono di una propria autonomia operativa, finanziaria e contabile (es.:
aziende autonome)

2. L’organizzazione amministrativa dello Stato

Amministrazione diretta

Centrale ordinaria

organi attivi

organi consultivi

organi di controllo
Centrale speciale

decentramento funzionale

— attribuzione di funzioni a strutture con propria autonomia (aziende autonome)

Locale o periferica

decentramento burocratico

— distacco di funzioni ad organi amministrativi periferici che sono appendici locali dell’ente centrale

Amministrazione indiretta (decentramento)

È costituita dal complesso degli enti pubblici che si affiancano allo Stato nello svolgimento
di attività amministrative

territoriale: se si attua attraverso enti territoriali minori (es.: Regioni, Comuni)

istituzionale: se si attua attraverso enti istituzionali (es.: Università, Camere di


Commercio)

3. Il Governo

È l’organo di vertice della pubblica amministrazione e, attraverso i ministeri, gestisce


l’attività amministrativa a livello centrale.

È un organo

Costituzionale, nel senso che rientra nell’organizzazione costituzionale dello Stato e


partecipa alla funzione di direzione politica dello stesso

Complesso, in quanto composto da più organi con competenze auto-nome

Di parte, perché esprime la volontà delle forze politiche di maggioranza che lo sostengono
con la «fiducia»

Con funzioni politiche, legislative, esecutive e di controllo


4. Il Consiglio dei Ministri

È un organo costituzionale collegiale con funzioni

Di determinazione dell’indirizzo politico e amministrativo del Paese

Di decisione sulla politica normativa del Governo

sui disegni di legge

sulle comunicazioni, su proposte di legge non governative

su decreti aventi valore o forza di legge e sui regolamenti

Di determinazione dell’atteggiamento del Governo nei rapporti con le Regioni

Di soluzione delle divergenze e dei conflitti di attribuzione fra i Ministri

Altri compiti (tra essi l’annullamento d’ufficio degli atti amministrativi – CASETTA)

Consiglio di Gabinetto

Comitato ristretto del C.d.M. (art. 6 L. 400/1988)

5. Il Presidente del Consiglio dei Ministri

Nomina e durata in carica

La nomina avviene con decreto del P.d.R. da lui controfirmato

Dura in carica finché il Governo è sorretto dalla fiducia del Parlamento

Funzioni

È in posizione di supremazia rispetto ai Ministri


Dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile

Mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo del Governo

Promuove l’attività dei Ministri assumendo, all’occorrenza, anche la direzione ad interim di


un Ministero vacante

Cura i rapporti con gli altri organi costituzionali, con le istituzioni europee e il sistema delle
autonomie

Cura l’alta direzione e la responsabilità generale della politica dell’informazione per la


sicurezza, nell’interesse e per la difesa della Repubblica, nonché della opposizione e della
tutela del segreto di Stato

La struttura amministrativa che assiste il Presidente è la Presidenza del Consiglio dei


Ministri (D.Lgs. 303/1999).

6. I Ministri

Nozione: i Ministri sono organi costituzionali politici di vertice dei vari dicasteri, il
cui numero, attribuzioni e organizzazione sono determinati dalla legge (CASETTA).

Funzioni

Politiche

determinazione e perseguimento dei fini generali dello Stato

Amministrative

gestione e responsabilità del ramo di Governo affidato al Ministero di cui sono al


vertice

Responsabilità

Politica

collegiale
individuale

Giuridica

civile

penale

— per reati propri (nei quali la qualifica rivestita ha un peso determinante)


— per reati comuni

Ministri senza portafoglio

Ministri che non sono a capo di un dicastero di cui siano responsabili e che svolgono
funzioni di collaborazione con la Presidenza del Consiglio

Sottosegretari di Stato

Coadiuvano i Ministri

Sono pubblici funzionari

Non hanno competenze proprie

Svolgono attività delegate dal Ministro con decreto

delega

— temporanea
— speciale

A non più di dieci Sottosegretari può essere attribuito il titolo di Vice Ministro

7. I Comitati interministeriali

Nozione: sono organi collegiali costituiti da più Ministri, istituiti per la cura di
particolari settori dell’amministrazione che esigono un coordinamento dell’attività di più Ministeri;
possono avere composizione rigida oppure elastica, ossia modificabile.
Costituzione

Con decreto

organi interni con funzioni

— preparatorie
— consultive o esecutive

Con legge

organi a rilievo esterno e interno

— a composizione rigida
— a composizione elastica

Comitati interministeriali attualmente operanti

CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica)

svolge funzioni di coordinamento in materia di programmazione e di politica


economica nazionale, nonché di coordinamento della politica economica
nazionale con le politiche dell’UE

CICR (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio)

con funzioni di alta vigilanza in materia di tutela del risparmio, in materia di


esercizio della funzione creditizia e in materia valutaria

CIAE (Comitato interministeriale per gli affari europei)

previsto dalla L. 234/2012, con il compito di concordare le linee politiche del


Governo nel processo di formazione degli atti dell’Unione europea e di consentire
il puntuale adempimento dei compiti derivanti dal loro recepimento nel nostro
Paese

CISR (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica)

l’art. 5 della L. 124/2007 ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei


Ministri, il CISR, attribuendogli funzioni di consulenza, proposta e deliberazione
sugli indirizzi e sulle finalità generali della politica di informazione per la sicurezza.
Ha ereditato le competenze in precedenza esercitate dal CIS

CIPU (Comitato interministeriale per le politiche urbane)

istituito dal D.L. 83/2012, conv. in L. 134/2012, recante misure urgenti per la
crescita del Paese, ha il compito di coordinare le politiche urbane attuate dalle
amministrazioni centrali interessate e di concertarle con le Regioni e con le
autonomie locali, ai fini della crescita e della coesione territoriale

8. I Ministeri

Nozione: Il Ministero è la ripartizione fondamentale dell’amministrazione centrale


italiana. Ogni Ministero è infatti competente per un ramo di attività amministrativa e per determinate
materie e affari spettanti allo Stato.

Art. 95, comma 3, Cost.: riserva di legge

La legge stabilisce il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei Ministeri

D.Lgs. 300/1999: assetto organizzativo

Articolazione in dipartimenti

Uffici dirigenziali generali

— uffici dirigenziali

Uffici di staff, con dirigente anche estraneo all’amministrazione

I Ministeri non articolati in dipartimenti sono divisi in direzioni generali (che fanno capo ad
un Segretario generale), a loro volta divise in direzioni centrali, poi in servizi, poi in
divisioni, fino alle sezioni o uffici

Articolazione dei Ministeri

Affari esteri
Interno
Giustizia
Difesa
Economia e finanze
Sviluppo economico
Politiche agricole alimentari e forestali
Ambiente e tutela del territorio e del mare
Infrastrutture e trasporti
Lavoro e politiche sociali
Salute
Istruzione, università e ricerca
Beni e attività culturali

9. Le Agenzie

Nozione: sono considerate il «braccio operativo» dei dicasteri per le attività a


carattere tecnico. Il D.Lgs. 300/1999 ha generalizzato l’istituto della Agenzia pubblica quale struttura
che svolge attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale di supporto a quelle
esercitate da Ministeri ed enti pubblici (CASETTA).

Caratteri

Sono vigilate e controllate dai Ministeri competenti


Godono di autonomia operativa e di bilancio

Alcune Agenzie hanno personalità giuridica e, dunque, agiscono jure proprio; altre
agiscono come organi delle amministrazioni di riferimento

Tra le Agenzie attualmente operative si segnalano, tra le altre: le Agenzie fiscali, l’Agenzia
industria difesa, L’Agenzia italiana del Farmaco, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle
pubbliche amministrazioni l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati alla criminalità organizzata. Si ricordi, infine, che il D.L. 201/2011, conv. in L. 214/2011,
manovra salva Italia, ha disposto la soppressione dell’Agenzia nazionale per la regolazione e la
vigilanza in materia di acqua e dell’Agenzia nazionale per la regolamentazione del servizio postale,
mentre il D.L. 83/2012, conv. in L. 134/2012, cd. decreto crescita, ha istituito l’Agenzia per l’Italia
Digitale, nel contesto delle misure per l’Agenda digitale e la trasparenza e accessibilità nella P.A.

10. Le Aziende autonome

Nozione: sono organismi atipici privi, di solito, di personalità giuridica, ma dotati di una
propria e distinta organizzazione amministrativa, pur se incardinati nell’amministrazione statale.

Caratteri
Autonomia amministrativa

Autonomia contabile
Autonomia finanziaria

Controllo politico da parte del Parlamento

Controllo gerarchico da parte del Ministro competente


Controllo successivo da parte della Corte dei conti

Il fenomeno della privatizzazione di vasti settori dell’economia pubblica ha investito anche


le aziende autonome; queste ultime, infatti, sono state trasformate in enti pubblici economici e,
successivamente, in società per azioni, con l’intento di metterle sul mercato e di dismetterne
progressivamente la proprietà pubblica.

Tipi

Ex azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, ora Trenitalia S.p.a.


Ex Amministrazione delle poste e telecomunicazioni, ora Poste italiane S.p.a.
Ex Azienda di Stato per i servizi telefonici, ora inglobata nella Telecom Italia S.p.a.

11. Gli organi di rilievo costituzionale

Nozione: sono organi previsti dal Titolo III della Costituzione, ma disciplinati dalla legge
ordinaria. Vengono configurati come organi ausiliari, ossia organi che, in virtù delle funzioni
esercitate e della posizione di indipendenza dei loro membri, godono di particolari prerogative.

Funzioni

Consultive
Di controllo

Sono organi di rilievo costituzionale

Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL)


Consiglio Supremo di Difesa
Consiglio Superiore della Magistratura
Consiglio di Stato
Corte dei conti
12. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro
(CNEL) (2)

Composizione (art. 2 L. 936/1986, come sostituito dal D.L. 201/2011, conv. in L. 214/2011)

10 esperti
48 rappresentanti delle categorie produttive

6 rappresentanti delle Associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di


volontariato
Presidente
Due vicepresidenti

Funzioni

Attività consultiva attraverso l’emanazione di pareri in materia economica, sociale e del


lavoro, nonché di valutazioni e proposte sui più importanti documenti ed atti di politica
economica

Iniziativa legislativa nell’ambito delle materie economiche e sociali


Partecipazione all’elaborazione della legislazione economica e sociale, esprimendo pareri
e compiendo studi e indagini di settore

Attività informativa e conoscitiva attraverso l’esame della relazione previsionale e


programmatica che il Ministro dell’economia e delle finanze presenta al Parlamento;
l’approvazione di rapporti sull’andamento del mercato del lavoro; la valutazione
sull’andamento della congiuntura economica

Ulteriori funzioni previste dalla L. 15/2009

Redazione di una relazione annuale al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei
servizi erogati dalla P.A.
Aggiornamento dell’Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro nel
settore pubblico
Promozione e organizzazione dello svolgimento di una conferenza annuale sull’attività della
P.A.

13. Il Consiglio Supremo di Difesa

Nozione: il Consiglio Supremo di Difesa è l’organo di indirizzo politico settoriale, con il


compito di elaborare le linee generali sulla politica della difesa.

Caratteri
Organo di rilievo costituzionale, ritenuto in dottrina un comitato interministeriale

Collegiale, con funzioni consultive di coordinamento

14. Il Consiglio Superiore della Magistratura e i Consigli dei


giudici speciali

Nozione: il Consiglio Superiore della Magistratura è l’organo apicale del potere


giurisdizionale composto da 24 membri elettivi e 3 membri di diritto (Presidente della Repubblica
che lo presiede, Primo presidente e Procuratore generale della Cassazione) (artt. 104-110 Cost.; L.
44/2002).

Competenze

Assegnazioni di sedi e di funzioni ai magistrati


Promozioni e trasferimenti
Designazioni per l’assunzione in magistratura di professori o avvocati
Nomina e revoca dei magistrati onorari
Pareri al Ministero della giustizia su disegni di legge riguardanti l’ordinamento della
giustizia (se richiesti)
Procedimenti disciplinari

Consigli dei giudici speciali

Consiglio della magistratura militare


Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa
Consiglio di presidenza della Corte dei conti
Consiglio di presidenza della giustizia tributaria

15. Il Consiglio di Stato

Organo complesso

Costituente un potere dello Stato per quanto concerne l’esplicazione delle funzioni
giurisdizionali

Con funzioni consultive generali in materia giuridico-amministrativa

Con funzioni giurisdizionali amministrative di secondo grado e, per determinate materie,


esclusive
Organi interni

Consiglio di Presidenza
Presidente
Segretario generale
Adunanza generale
Adunanza plenaria

Attribuzioni

Consultive

pareri

— facoltativi (quanto alla richiesta)


— obbligatori (quanto alla richiesta)
– atti normativi del Governo e dei Ministri e testi unici
– decisione dei ricorsi straordinari al P.d.R.
– schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni predisposti dai Ministri

Giurisdizionali

giurisdizione amministrativa di secondo grado


giurisdizione esclusiva in un unico grado

— nel giudizio di ottemperanza

16. La Corte dei conti

Nozione: la Corte dei conti è organo a rilevanza costituzionale (art. 100 Cost.),
ausiliario del Governo, articolato in sezioni regionali e sezioni centrali.

Struttura

Sezioni Riunite
Una Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni
dello Stato
Una Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato
Una Sezione di controllo sugli enti
Una Sezione delle Autonomie
Una Sezione di controllo per gli affari comunitari ed interministeriali
Sezioni regionali di controllo
Tre Sezioni centrali d’Appello
Sezioni giurisdizionali regionali

Funzioni

Di controllo

controllo preventivo di legittimità


controllo successivo sugli atti
controllo sul bilancio dello Stato (comprensivo del cd. giudizio di parificazione)
controllo sulla gestione finanziaria degli enti sovvenzionati
controllo sulle autonomie territoriali

Giurisdizionali

giudizi di responsabilità
giudizi in materia pensionistica

Consultive

pareri obbligatori sulle leggi che importino modifiche o integrazioni alle sue
attribuzioni o sulle norme che modifichino la legge sulla contabilità di Stato

17. Le Conferenze permanenti

Nozione: sono organi collegiali con funzioni consultive e decisionali in cui risiedono
i rappresentanti dello Stato, delle Regioni e degli enti locali.
La finalità di tali organi è quella di consentire che le decisioni di interesse regionale e
locale siano «concertate» con gli enti direttamente interessati, realizzando quel momento di
«confronto» fra gli organi dell’amministrazione centrale e le autonomie locali che deve caratterizzare
un ordinamento pluralistico.

Tipi

Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome


Conferenza permanente Stato-Città ed autonomie locali
Conferenza unificata (costituita dai membri delle due Conferenze citate e competente su
materie di interesse comune di Regioni, Province e Comuni)

Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica (art. 33


D.Lgs. 68/2011)

18. L’Avvocatura dello Stato

Nozione: è l’organo avente carattere ausiliario con competenza generale cui sono
attribuite la rappresentanza e la difesa in giudizio delle amministrazioni dello Stato (nelle
controversie di impiego pubblico è possibile tuttavia per le PP.AA. farsi assistere da un proprio
funzionario debitamente incaricato).

Soggetti patrocinati

Amministrazioni dello Stato


Altri enti pubblici
Impiegati dello Stato e di enti pubblici

Altre attribuzioni (art. 13 R.D. 1611/1933)

Tutela legale dei diritti e degli interessi dello Stato


Consultazioni legali
Esame dei progetti di legge, di regolamenti, di capitolati redatti dalle amministrazioni
Predisposizione delle transazioni d’accordo tra le amministrazioni interessate
Formulazione dei pareri sugli atti di transazione redatti dalle amministrazioni
Preparazione dei contratti e predisposizione di provvedimenti su reclami o questioni
sollevati in via amministrativa

19. Le Scuole della Pubblica Amministrazione

L’amministrazione statale ha sempre provveduto in proprio sia alla formazione post-


universitaria delle sue qualifiche più alte che alla fornazione iniziale di tutto il personale.

Sistema unico del reclutamento e della formazione (D.P.R. 70/2013)

Scuola nazionale della Pubblica Amministrazione


Istituto diplomatico «Mario Toscano»
Scuola superiore dell’economia e delle finanze
Scuola superiore dell’amministrazione dell’interno (SSAI)
Centro di formazione della difesa
Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche

Osservazioni

Di rilievo è, inoltre, il FORMEZ PA (non incluso nel Sistama Unico), ossia il Centro servizi,
assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle amministrazioni.
I l D.L. 10-10-2012, n. 174, recante «Disposizioni urgenti in materia di finanza e
funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone
terremotate nel maggio 2012», conv. in L. 213/2012, ha soppresso la Scuola Superiore
per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione
locale. Ad essa subentra a titolo universale il Ministero dell’interno, presso cui è istituito il
Consiglio direttivo per l’Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali.

20. L’organizzazione periferica dello Stato

L’amministrazione dello Stato si avvale dell’opera di numerosi e complessi uffici


amministrativi a livello locale con competenza territoriale limitata. L’amministrazione locale (o
periferica) attua quel decentramento amministrativo (art. 5 Cost.), detto «organico o burocratico», che
costituisce una forma di amministrazione diretta statale

Uffici territoriali del Governo (UTG)

Il D.Lgs. 300/1999 (successivamente modificato dal D.Lgs. 29/2004) ha razionalizzato


l’organizzazione periferica dello Stato, istituendo le Prefetture-Uffici territoriali del
Governo, nelle quali sono confluite le Prefetture e buona parte degli altri organi periferici
dello Stato.
Il nuovo modello di amministrazione periferica assicura l’attuazione degli indirizzi
provenienti dal Governo centrale, il coordinamento con le amministrazioni statali
rappresentate sul territorio da propri organi periferici e non assorbite nelle Prefetture-Uffici
territoriali del Governo e con il sistema delle autonomie locali e l’esercizio coordinato
dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato
La Prefettura-Ufficio territoriale del Governo assicura le funzioni di rappresentanza unitaria
dello Stato sul territorio (D.L. 95/2012, conv. in L. 135/2012, spending review).
Il Sindaco come Ufficiale del Governo

È organo periferico dell’amministrazione statale con competenza limitata all’ambito del


territorio comunale
Dipende gerarchicamente dal Prefetto e, attraverso questi, dal Ministero dell’Interno
Attribuzioni (art. 54 D.Lgs. 267/2000, come sostituito dal D.L. 92/2008, conv. in L.
125/2008)

emanazione degli atti che gli sono attribuiti in materia di ordine e sicurezza
pubblica
svolgimento delle funzioni affidategli in materia di pubblica sicurezza e di polizia
giudiziaria
vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico
tenuta dei registri di stato civile e agli adempimenti in materia elettorale, di leva
militare e statistica
adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare
pericoli per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana

In sintesi

Negli ultimi anni la struttura della pubblica amministrazione italiana è profondamente


cambiata.
È stato avviato un processo che ha portato ad un riordino dei Ministeri, degli enti pubblici
(molti dei quali sono stati trasformati, riorganizzati oppure posti in liquidazione) e del
sistema delle partecipazioni statali, con la vendita ai privati di quasi tutte le società di cui
lo Stato deteneva quote di maggioranza.
Sull’assetto dell’organizzazione amministrativa si è appuntata l’attenzione del legislatore il
quale, soprattutto con gli interventi dell’ultimo biennio, ha portato avanti una decisa azione
di riduzione, snellimento e riorganizzazione della macchina burocratica italiana. A
titolo esemplificativo, è possibile, in proposito, richiamarsi a quanto disposto in tema di
riordino degli enti pubblici: molti di questi sono stati, negli ultimi anni, accorpati o soppressi.
Scopo di ciò è, soprattutto, ridurre le spese correlate alle suddette strutture e anche
semplificare l’apparato amministrativo odierno.
La medesima ratio, si ritiene opportuno anticiparlo, si ritrova alla base anche delle riforme
che hanno interessato e stanno interessando tuttora le autonomie territoriali: anche la
riorganizzazione dello Stato sul territorio e le modifiche alle funzioni fondamentali di Comuni
ed autonomie locali si inseriscono nella prospettiva di semplificazione dell’amministrazione
italiana e nella corrispondente esigenza di riduzione delle spese (sul punto si rinvia amplius
al Cap. 3 di questa Parte).
Capitolo 2

LE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI

1. Le Autorità amministrative indipendenti

Nozione: enti od organi pubblici dotati di sostanziale indipendenza dal Governo,


caratterizzati da autonomia organizzatoria, finanziaria e contabile e nella nomina delle cariche dei
vertici nonché dalla mancanza di controlli e di soggezione al potere di direttiva dell’esecutivo.

Funzioni

Tutoria

interessi di rilievo costituzionale (es.: buon andamento, imparzialità, libertà di


concorrenza)

Di controllo
Di regolamentazione

Caratteri

Autonomia

organizzatoria e d’organico: facoltà di darsi regole per il funzionamento degli


organi e facoltà di articolare e modificare le piante organiche dei dipendenti

finanziaria: possibilità di disporre di entrate proprie

contabile: possibilità di adottare regole proprie nella gestione del bilancio

Garanzie

criteri di nomina dei titolari degli organi


requisiti soggettivi e incompatibilità dei titolari
durata della carica
Rapporti con il Governo

mancanza di controlli e di collegamenti


mancanza del potere di direttiva
obblighi di informazione

Poteri

ispettivi e d’indagine
sanzionatori e di sollecitazione
decisori
regolamentari

Potere regolamentare

regolamenti di esecuzione e di organizzazione


regolamenti delegati

secondo il C.d.S. non possono essere emanati dalle Authorities

Osservazioni

Dibattuto e controverso è sempre stato il problema del fondamento costituzionale delle


autorità amministrative indipendenti, e, in particolare, della loro compatibilità con l’assetto
dell’attuale ordinamento così come tracciato dalla Costituzione repubblicana. Infatti, in un
primo momento, ci si rese conto che l’istituzione di enti ed organismi dotati di poteri incisivi,
come il potere regolamentare, o, ancora di funzioni di tipo sanzionatorio e
paragiurisdizionale, era suscettibile di contrastare con quanto delineato dalla Costituzione
stessa, potendo configurarsi tale concentrazione di poteri «quale sostanziale delega di
sovranità in assenza di controllo democratico inteso in senso tradizionale» (BELLOMO). In
dottrina, si è anche parlato di «quarto potere» e di cambiamento «a Costituzione invariata»
(così DE VERGOTTINI). Per quanto concerne le funzioni di dette autorità, tuttavia la
questione de qua appare superata in virtù di quanto disposto dall’art. 41 Cost., che prevede
la libertà di iniziativa economica, purchè questa non si svolga in contrasto con l’utilità
sociale, e che individua nella legge la fonte normativa a cui far riferimento nella
determinazione dei programmi di attività e dei controlli opportuni affinché l’attività
economica si ispiri a tali scopi; trattandosi di enti che operano prevalentemente in delicati
settori socio-economici, è, pertanto, possibile «legittimare» le loro funzioni proprio in base
alla circostanza che vede tali autorità agire nell’ambito di interessi di carattere generale, di
solito collettivi o diffusi, quali soggetti posti in posizione di neutralità ed imparzialità, di
garanzia di detti interessi, anche nei confronti dell’apparato politico e governativo.

Le Autorità amministrative indipendenti nel nostro ordinamento

Autorità per l’energia elettrica e il gas ed il sistema idrico


Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
Autorità garante della concorrenza e del mercato
Garante per la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati
personali
Commissione di garanzia per l’attuazione della L. 146/1990
Autorità per la vigilanza su contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (D.Lgs. 12-4-2006,
n. 163)
CONSOB
Istituto per la vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS, che ha sostituito l’ISVAP, soppressa ex
art. 13, comma 32, D.L. 95/2012)
Banca d’Italia
Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP)
Garante per la sorveglianza dei prezzi (detto anche Mister Prezzi)
Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza nelle Pubbliche
Amministrazioni (A.N.AC., subentrata, e x D.L. 101/2013, conv. in L. 125/2013, alla
Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle Amministrazioni
pubbliche, a sua volta istituita dalla L. 190/2012)
Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (L. 12-7-2011, n. 112)
Garante per le micro, piccole e medie imprese (L. 180/2011)
Autorità di regolazione dei trasporti
Ufficio parlamentare di bilancio (L. 243/2012)

Osservazioni

Si noti che l’art. 23 D.L. 201/2011, conv. in L. 214/2011, cd. manovra salva Italia, per
favorire il contenimento delle spese, ha ridotto il numero dei componenti di talune Autorità
indipendenti (ad es. quella per la Garanzia delle comunicazioni, quella di vigilanza sui
contratti pubblici e quella per l’energia elettrica e il gas).
2. Natura delle Autorità e strumenti di tutela

Natura giuridica

Amministrazioni indipendenti pure

adibite a funzioni paragiurisdizionali e non amministrative

Autorità indipendenti che svolgono attività amministrativa classica

devono raccordare la loro azione alle linee generali dell’azione amministrativa


stabilita in sede politica dal Governo

Procedimento ed accesso

Applicazione della L. 241/1990

Tutela giustiziale

Ricorso gerarchico

non è esperibile trattandosi di organismi superiorem non reconoscentes

Ricorso gerarchico improprio e in opposizione

non ammissibili perché non previsti da alcuna norma per dette entità

Ricorso straordinario al P.d.R.

prevale la soluzione negativa

Tutela giurisdizionale

Nessun dubbio si pone per la ricorribilità giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo


avverso gli atti delle Authorities ex artt. 119 e 133 del Codice del processo amministrativo
(D.Lgs. 104/2010)
In sintesi

Le Autorità amministrative indipendenti sono nate in risposta ai «fallimenti del mercato»,


così come amministrato dallo Stato, sulla spinta di esigenze occasionali che non potevano
essere soddisfatte dall’apparato amministrativo tradizionale: esse hanno accompagnato il
«difficile passaggio da un modello di mercato amministrato a un modello di mercato
regolato e concorrenziale».
Le motivazioni che hanno supportato la scelta di istituire le autorità amministrative
indipendenti, affidando alle stesse importanti funzioni regolatorie, sono state individuate
dalla dottrina (GAROFOLI-FERRARI):

1. nella crisi della legge, nel senso che i settori di attività ai quali sono preposte le
autorità, in quanto soggetti ad una rapida evoluzione tecnologica e di mercato, «sono
difficilmente regolamentabili con leggi non esposte al rischio di una rapida
obsolescenza». Tale ragione è ancor più evidente, nella ricostruzione autoriale, se
rapportata al potere di regolazione attribuito alle autorità, ossia nella capacità di
emanare regolamenti o atti generali;

2. nella esigenza di neutralizzare il governo di settori sensibili, sganciando la gestione


degli stessi da ogni forma di condizionamento, sia esso politico o economico (in
quanto appartenente ai titolari degli interessi in gioco): di qui le peculiari funzioni,
regolatorie ma anche sanzionatorie, affidate alle autorità in questione, in grado di
assicurare «un esercizio “terzo”, oltre che tecnicamente adeguato»;
3. nell’abdicazione dello Stato dall’intervento diretto in economia mediante l’assunzione
del diverso ruolo di «arbitro e regolatore anziché di giocatore in economia»;
4. nel ruolo del diritto europeo sia nel senso che in molte occasioni è stato il legislatore
comunitario ad esigere l’istituzione delle autorità nazionali di regolazione che in quello
di frenare le possibili spinte stataliste volte alla «riappropriazione dei poteri già
assegnati» alle autorità.
Capitolo 3

GLI ENTI TERRITORIALI

Sezione Prima
Le Regioni

1. Assetto territoriale della Repubblica

Gli enti territoriali sono enti politicamente rappresentativi del gruppo stanziato sui
rispettivi territori e che operano nell’interesse di tutta la comunità (CASETTA).

Art. 114 Cost.

Comuni
Province
Città metropolitane
Regioni
Stato

Osservazioni

L’art. 114 Cost. identifica la Repubblica con l’ordinamento generale, alla cui determinazione
concorrono tutti gli enti esponenziali delle diverse comunità territoriali presenti sul
territorio italiano, dal più piccolo e vicino ai cittadini (il Comune) al livello di governo più
ampio territorialmente rappresentato dallo Stato. Dal dettato costituzionale si evince che il
sistema dei poteri pubblici muove dal basso verso l’alto, dalle istituzioni più vicine ai
cittadini, ai sensi del principio di sussidiarietà (SCOCA - GIANI).
In merito all’articolazione territoriale della Repubblica deve, sin da ora, evidenziarsi che
l’esecutivo sta portando avanti un progetto di riforma della Costituzione che, tra gli altri
profili, intende eliminare dal dettato costituzionale ogni riferimento all’ente Provincia. Per
questo e per gli ulteriori principali aspetti delle riforme che stanno investendo il sistema delle
autonomie territoriali si fa rinvio amplius infra.
2. Le Regioni: concetto ed elementi costitutivi

Nozione: enti territoriali di cui si compone la Repubblica dotati di autonomia statutaria,


legislativa, amministrativa e finanziaria.

Elementi costitutivi

Territorio: ambito spaziale in cui la Regione esercita i suoi poteri e le sue funzioni, nonché
area di riferimento degli interessi che gli organi regionali sono chiamati a perseguire
Popolazione: comunità locale residente nel territorio della Regione
Sistema di governo: insieme degli organi regionali espressamente previsti dalla
Costituzione, o dalle leggi regionali, deputati all’esercizio delle funzioni amministrativa e
legislativa

3. Regioni ad autonomia ordinaria e Regioni ad autonomia


speciale

Classificazione

Regioni ad autonomia ordinaria, disciplinate nel Titolo V della Parte Seconda della
Costituzione: sono in tutto 15
Regioni ad autonomia speciale, cui sono assicurate particolari condizioni di autonomia
in base agli Statuti adottati con leggi costituzionali

Sicilia
Sardegna
Valle d’Aosta
Trentino-Alto Adige
Friuli-Venezia Giulia

Differenze

Per motivi politici, etnici ed economici, l’Assemblea costituente riservò a cinque Regioni
(Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia) una gamma di
poteri e funzioni più ampia, un sistema finanziario diverso e un regime di controllo più
garantista. L’elemento che però segna più marcatamente la differenza rispetto alle Regioni
a Statuto ordinario è costituito dal procedimento di approvazione dello Statuto, adottato con
legge costituzionale.
4. Il sistema di governo delle Regioni

4.1 • Il Consiglio regionale

Nozione: organo rappresentativo della collettività regionale, i cui membri vengono


eletti dai cittadini maggiorenni residenti nella Regione mediante suffragio universale.

Composizione e durata in carica

È composto (nelle Regioni ordinarie) da un numero di consiglieri compreso tra un minimo


di 30, per le Regioni con meno di un milione di abitanti, ed un massimo di 80, nelle Regioni
con oltre 6 milioni di abitanti. L’art. 14 D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2011 ha previsto però
che, a partire dalla prima legislatura successiva a quella in corso dopo l’entrata in vigore
della manovra, il numero dei consiglieri sia compreso tra un minimo di 20, per le Regioni
che hanno fino a 1 milione di abitanti, e un massimo di 80 per le Regioni con popolazione
superiore a 8 milioni

Dura in carica 5 anni ed esercita le sue funzioni fino al 46° giorno antecedente la data delle
elezioni

c’è scioglimento anticipato nel caso in cui il P.d.R. decida lo scioglimento del
Consiglio e la rimozione del Presidente della Giunta o questi, se eletto
direttamente dal popolo, è sfiduciato dal Consiglio stesso

Potestà legislativa

Funzioni

Attribuzioni amministrative conferite dallo Statuto

vi rientrano:

— l’ordinamento degli uffici e dei servizi regionali


— l’istituzione di enti amministrativi dipendenti dalla Regione

Controllo politico sull’operato della Giunta e del Presidente della Regione


Approvazione del bilancio preventivo, del conto consuntivo e dei piani generali concernenti
l’esecuzione di opere pubbliche e l’organizzazione dei servizi pubblici regionali

Partecipazione ad alcuni momenti significativi per il Paese

formulazione di proposte di legge al Parlamento


formulazione di pareri di cui agli artt. 132 e 133 Cost.
elezione dei delegati partecipanti all’elezione del Presidente della Repubblica
richiesta di referendum abrogativo o consultivo

4.2 • La Giunta regionale

Nozione: organo esecutivo della Regione i cui membri sono nominati e revocati dal
Presidente della stessa, salvo che gli Statuti dispongano diversamente

Funzioni

Presiede all’attuazione delle deliberazioni e delle leggi del Consiglio

per motivi di urgenza può sostituirsi al Consiglio, salva ratifica di quest’ultimo


nella prima adunanza

Ha l’iniziativa legislativa
Provvede alla gestione dell’ente, dirige l’attività degli uffici regionali e amministra il
patrimonio
Predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo
Predispone i programmi di sviluppo regionale
Decide, sentito il Consiglio, sui ricorsi di legittimità costituzionale e sui conflitti di
attribuzione

4.3 • Il Presidente della Regione

Elezione

Elezione a suffragio universale e diretto, salvo che lo Statuto regionale disponga


diversamente (art. 122 Cost. come modificato dalla L. cost. 1/1999)

tale modalità di elezione è stata estesa anche ai Presidenti delle Regioni speciali
(L. cost. 2/2001)

Poteri e funzioni

Rappresenta la Regione e quindi è titolare di un potere proprio ed esclusivo ogniqualvolta


la Regione deve esprimersi come ente unitario
Presiede la Giunta, analogamente a quanto fa il Presidente del Consiglio rispetto al
Consiglio dei Ministri
È definito anche Governatore, in quanto detentore di poteri e funzioni amministrative che si
affancano a quelle della Giunta e dei singoli assessori

Cause di cessazione dalla carica

Approvazione da parte del Consiglio, a maggioranza assoluta, di una mozione di sfiducia


presentata da almeno 1/5 dei componenti
Dimissioni volontarie
Impedimento permanente
Morte

Conseguenze della cessazione dalla carica

Dimissioni della Giunta


Scioglimento del Consiglio regionale
Indizione di nuove elezioni entro tre mesi

5. I controlli sugli organi regionali

5.1 • Disciplina

Scioglimento Consiglio regionale (art. 126 Cost.)

Cause di scioglimento riconducibili al controllo statale

compimento di atti contrari alla Costituzione o di gravi violazioni di legge


presenza di ragioni di sicurezza nazionale

— scioglimento del Consiglio regionale e rimozione del Presidente della Giunta con decreto
motivato del P.d.R., previa deliberazione del C.d.M., sentito il parere obbligatorio della Commissione
parlamentare per le questioni regionali

Cause di scioglimento interne

approvazione di una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta
che sia stato eletto a suffragio universale e diretto
rimozione, impedimento permanente, morte o dimissioni volontarie del
Presidente della Giunta che sia stato eletto a suffragio universale diretto
dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti del Consiglio regionale

Regioni speciali

Sicilia

persistente violazione dello Statuto

Altre

sistema di controlli identico a quello previsto per le Regioni ordinarie

5.2 • Il potere sostitutivo

Nozione: potere, riservato al Governo dall’art. 120, comma 2 Cost., di sostituirsi agli
organi delle Regioni o a quelli degli altri enti territoriali nel caso ricorrano determinate circostanze e
secondo la procedura prevista dall’art. 8 della L. 131/2003.

Casi di attivazione del potere sostitutivo

Mancato rispetto di norme e trattati internazionali e della normativa europea


Pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica
Quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica ed in particolare la
tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali

Prospettive di riforma

Il nostro Paese sta vivendo un periodo di grande fermento e molteplici sono le linee d’azione
messe a punto dall’esecutivo in vista di una profonda riforma istituzionale che poggia, da un
lato, sul disegno di legge di revisione costituzionale recante disposizioni per il
superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari e la
revisione del Titolo V, Parte II, della Costituzione, e, dall’altro, sulla legge in tema di Città
metropolitane, Province ed Unioni di Comuni (L. 7 aprile 2014, n. 56) che, nella sostanza,
svuota delle proprie attribuzioni le Province, che cedono il passo alle Città metropolitane, e
promuove le unioni e le fusioni dei piccoli Comuni.
Per quanto riguarda, in primo luogo, il disegno di legge di revisione costituzionale, l’aspetto
saliente di questa riforma si ritrova nel superamento del bicameralismo perfetto —
formula che caratterizza il nostro sistema costituzionale ponendo entrambe le Camere su di
un piano di assoluta parità e in virtù della quale, ai sensi dell’art. 55 Cost., Senato e Camera
dei deputati sono eletti direttamente dal corpo elettorale, svolgono identiche funzioni,
partecipando allo stesso modo alla funzione legislativa, e hanno la medesima durata di
cinque anni — e nella trasformazione del Senato in una Camera di rappresentanza
delle istituzioni territoriali, che assumerebbe la denominazione di «Senato delle
Autonomie», alla quale spetterebbe, essenzialmente, la funzione di raccordo tra lo Stato
e le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni.
Strettamente connesso a questo profilo è quello relativo alla riforma del Titolo V, Parte II
della Costituzione, che, dopo le innovazioni apportate dalla L. cost. 3/2001, si trova a vivere
una nuova fase di rinnovamento.
In particolare la riforma (S. 1429 presentata al Senato l’8 aprile 2014 e adottata come testo
base dalla Commissione affari costituzionali in data 6-5-2014) in esame intende:
— prefigurare una nuova ripartizione delle competenze legislative di Stato e Regioni,
mediante l’eliminazione della legislazione concorrente e, di converso, l’ampliamento del
novero delle materie di competenza statale esclusiva;
— introdurre la cd. “clausola di supremazia”, per cui la legge statale, su proposta del
Governo, può intervenire su materie o funzioni che non sono di competenza legislativa
esclusiva dello Stato, se lo richiede la tutela dell’unità giuridica o economica della
Repubblica o lo rende necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-
sociali di interesse nazionale;
— dare allo Stato la possibilità di delegare alle Regioni, anche temporaneamente, la
funzione legislativa nelle materie di propria competenza esclusiva, salvo alcune eccezioni;
— riordinare i criteri di riparto della potestà regolamentare;
— abolire il riconoscimento costituzionale all’ente Provincia: in altre parole, dal dettato
costituzionale dovrebbe risultare che la Repubblica è formata da Comuni, Città
metropolitane, Regioni e Stato.
Su di un piano diverso, seppure nella medesima ottica di riduzione dei costi degli apparati
di governo, si colloca la legge ordinaria recante «Disposizioni su Città metropolitane,
Province e Unioni dei Comuni» (L. 56/2014, cd. legge Delrio), che riorganizza
completamente il sistema degli enti territoriali e della quale verrà dato conto nel prosieguo
della trattazione.

6. L’autonomia statutaria e le ulteriori attribuzioni delle


Regioni

6.1 • L’autonomia statutaria

Le Regioni possono adottare un proprio Statuto, che abbia ad oggetto la disciplina


dell’organizzazione e del funzionamento dell’ente.

Generalità
L’autonomia statutaria è riconosciuta alle Regioni direttamente dalla Costituzione che ne
determina le funzioni ed i limiti

Statuti delle Regioni speciali

Hanno il loro fondamento nell’art. 116 Cost.


Sono adottati con legge costituzionale
Hanno carattere formalmente e materialmente costituzionale

prevalgono, dunque, sulle leggi statali ordinarie e su quelle regionali

Statuti delle Regioni ordinarie

Hanno il loro fondamento negli artt. 114 e 123 Cost


Sono approvati (e modificati) dal Consiglio a maggioranza assoluta dei suoi componenti
con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi
Hanno natura di leggi regionali

Contenuto

Determinano la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e


funzionamento della Regione, regolano l’esercizio del diritto di iniziativa e del
referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione
delle leggi e dei regolamenti regionali

Gli Statuti non possono regolare

Il tipo e il numero degli organi di governo della Regione, predeterminati dalla Costituzione
La ripartizione della funzione di governo fra tali organi, già operata dall’art. 121 Cost.
Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri
componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali. Essi infatti sono
disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con la legge
2 luglio 2004, n. 165, che fissa anche la durata degli organi elettivi

6.2 • L’autonomia legislativa

Nozione: potestà riconosciuta a tutte le Regioni di emanare atti aventi valore di legge
ordinaria.

Articolazioni
Potestà legislativa piena in tutte le materie non attribuite allo Stato e non rientranti nella
legislazione concorrente (art. 117, comma 2, Cost. da ultimo modif. dalla L. cost. 1/2012)
Potestà legislativa concorrente, in virtù della quale le Regioni legiferano nel rispetto
delle disposizioni di principio dettate dallo Stato

Limiti

Costituzionali: le leggi regionali, siano esse espressione della potestà legislativa


concorrente o di quella piena, sono sempre subordinate al rispetto della Costituzione
Territoriali: le leggi regionali sono volte a soddisfare interessi esclusivamente o
prevalentemente localizzati sul territorio della Regione, che ne costituisce, dunque, un limite
naturale ed invalicabile
Derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali: tali
limiti, posti dall’art. 117, comma 1, si traducono nel divieto di introdurre norme giuridiche
che comportino infrazioni della normativa europea o degli obblighi internazionali. La L.
131/2003 ha precisato che costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle
Regioni quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, da
accordi di reciproca limitazione della sovranità, dall’ordinamento dell’Unione europea e dai
trattati internazionali
Principi generali dell’ordinamento giuridico: si tratta di un limite riferibile alla sola
legislazione concorrente, la quale deve esplicarsi sulla base dei principi dettati, ratione
materie, dalla legge dello Stato
Materie: tale limite sussiste in riferimento agli ambiti oggettivi individuati per la legislazione
concorrente dall’art. 117, comma 3, Cost. da ultimo modif. dalla L. cost. 1/2012
Della riserva di legge: la Corte costituzionale ha affermato che, laddove la Costituzione
operi un rinvio alla legge, si riferisce alla sola legge dello Stato

Controlli

La L. cost. 3/2001, modificando l’art. 127, ha soppresso ogni forma di controllo sulle leggi
regionali

Procedimento legislativo regionale

Fase dell’iniziativa nella quale il disegno di legge viene presentato e sottoposto all’esame
del Consiglio
Fase dell’istruttoria
Fase deliberativa

discussione generale in assemblea


approvazione articolo per articolo
votazione finale
Prospettive di riforma

A conclusione di quanto fino a questo momento esposto, si ritiene di dare un cenno alle
novità predisposte in materia dal disegno di legge costituzionale che riforma il Titolo V,
Parte Seconda, della nostra Carta fondamentale. In particolare, per quanto in tal sede di
interesse, deve evidenziarsi che le competenze legislative dello Stato e delle Regioni
sarebbero completamente riviste (mediante una incisiva novella dell’art. 117 Cost.), a
causa dell’abolizione delle materie di legislazione concorrente.
Di conseguenza:
— alle materie affidate alla legislazione esclusiva statale se ne aggiungerebbero altre e,
sparendo le materie di legislazione concorrente, alle Regioni spetterebbe la potestà di
legiferare con riguardo ad ogni materia o funzione non espressamente riservata allo Stato
(con particolare riferimento alla pianificazione e alla dotazione infrastrutturale del territorio
regionale e alla mobilità al suo interno, all’organizzazione, in ambito regionale, dei servizi
alle imprese, dei servizi sociali e sanitari e, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche,
dei servizi scolastici, non ché all’istruzione e formazione professionale);
— in ossequio alla nuova “clausola di supremazia” accordata allo Stato, a quest’ultimo
sarebbe data facoltà di delegare alle Regioni, previa legge approvata a maggioranza
assoluta dei componenti della Camera dei deputati, l’esercizio della funzione legislativa in
materie o funzioni di competenza esclusiva, anche per un arco temporale definito (con la
conseguente soppressione del terzo comma dell’art. 116 Cost., cd. regionalismo
differenziato).

6.3 • L’autonomia regolamentare

Nozione: facoltà riconosciuta alle Regioni di dettare una normazione di dettaglio a


carattere prevalentemente interno.

Fonti

Art. 121 Cost.


Art. 117, comma 6, Cost.

Ambiti di esplicazione

Materie di legislazione concorrente riservate alle Regioni, ex art. 117, comma 3


Materie residuali di legislazione esclusiva di cui all’art. 117, comma 4
Materie che l’art. 117, comma 2, definisce di legislazione esclusiva statale e per le quali lo
Stato abbia delegato alle Regioni la normazione secondaria
Prospettive di riforma

Dal disegno di legge di revisione costituzionale discenderebbero novità anche per la


potestà regolamentare: infatti, la nuova formulazione farebbe riferimento ad essa come
spettante allo Stato e alle Regioni in base alle rispettive competenze legislative, salva la
possibilità di delega. Comuni e Città metropolitane, ancora, avrebbero potestà
regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni
loro attribuite, nel rispetto della legge statale o regionale. Anche l’art. 118 (vedi infra),
relativo all’esercizio delle funzioni amministrative, è oggetto di modifica attraverso
l’inserimento del rispetto della semplificazione, della trasparenza, dei criteri di efficienza
e di responsabilità degli amministratori.

6.4 • L’autonomia amministrativa

Nozione: ciascuna Regione è dotata di un proprio apparato amministrativo e ha la


potestà di emanare atti amministrativi (cd. autarchia).

Osservazioni

Come osservato da un’autorevole dottrina (BIN-PITRUZZELLA) la riforma costituzionale


recata dalla L. cost. 3/2001 ha dato vita ad una Repubblica delle autonomie, articolata su
più livelli di governo in linea con il percorso avviatosi in Italia negli ultimi decenni e che ha
portato al progressivo affermarsi del federalismo. Con tale espressione si fa riferimento ad
un processo attraverso il quale un ordinamento statale attua al suo interno il più alto grado di
decentramento, compatibile con la sua unità ed indivisibilità proprio attraverso la
previsione costituzionale di enti territoriali autonomi.

Trasferimento delle funzioni amministrative

Prima fase (decreti legislativi del 1972): trasferimento alle Regioni delle funzioni
amministrative statali raggruppate per settori

Seconda fase (L. 382/1975 e decreti legislativi nn. 616, 617, 618 e 619 del 1977): ampio
trasferimento in favore delle Regioni non solo di funzioni ma anche di risorse e personale

Terza fase (L. 59/1997 e D.Lgs. 112/1998): recepimento del principio di sussidiarietà
introdotto dal Trattato di Maastricht con conseguente conferimento della totalità delle
funzioni amministrative in capo agli enti più prossimi ai cittadini
Funzione statale di indirizzo e coordinamento

La L. 59/1997 ha previsto che gli atti di indirizzo e coordinamento, gli atti di coordinamento
tecnico nonché le direttive relative all’esercizio delle funzioni delegate alle Regioni siano
adottati previa intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni

Riforma della Parte II, Titolo V, della Costituzione

La L. cost. 3/2001, elevando a livello costituzionale il principio di sussidiarietà, ha radicato


in capo agli enti più prossimi ai cittadini la titolarità delle funzioni amministrative

Controllo sugli atti amministrativi regionali

La L. cost. 3/2001, abrogando il comma 1 dell’art. 125 Cost., ha soppresso il controllo


generale sugli atti amministrativi regionali
La L. 127/1997 ha assoggettato a sindacato soltanto:

i regolamenti regionali, con esclusione di quelli attinenti all’autono mia


organizzativa dei Consigli re gionali
gli atti costituenti adempimento degli obblighi europei

Differenze

L’art. 118 Cost., nel testo vigente, attribuisce la titolarità generale delle funzioni
amministrative ai Comuni e, in via subordinata, soltanto qualora lo impongano esigenze
unitarie, ne prevede il conferimento a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato.
Ciò è il risultato dell’applicazione del principio di sussidiarietà verticale. In base a tale
principio i compiti di gestione amministrativa della cosa pubblica devono essere affidati alla
struttura più vicina alla cittadinanza, lasciando alle strutture amministrative sovraordinate
soltanto quelle funzio ni che, per la loro natura, non possono essere svolte localmente.
Per sussidiarietà orizzontale si intende, invece, l’esercizio di funzioni pubbliche da parte
dei cittadini stessi e delle formazioni sociali, non solo grazie ad un’eventuale delega
conferita dalla pubblica amministrazione, ma anche attraverso la propria autonoma
iniziativa.
La sussidiarietà verticale comporta un modello decentrato e tendenzialmente federale della
pubblica amministrazione, mentre la sussidiarietà orizzontale porta alla liberalizzazione delle
attività private.
6.5 • L’autonomia finanziaria e l’art. 119 Cost.

Nozione: potestà delle Regioni di stabilire e gestire in modo autonomo le risorse


finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle funzioni loro affidate.
L’autonomia finanziaria delle Regioni, così come quella degli altri enti territoriali, è sancita
nell’art. 119 Cost. (come modif. dalla L. cost. 1/2012), e si concretizza nella potestà, riconosciuta
agli stessi, di stabilire e gestire in modo autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la
realizzazione delle funzioni loro affidate (federalismo fiscale).
Dopo la riforma nel 2001 del Titolo V della Costituzione, principio chiave della finanza
regionale, espresso nella norma, è divenuto quello per cui l’autonomia finanziaria si concretizza in
un’autonomia di entrata e di spesa. Infatti, mentre in passato l’autonomia finanziaria delle Regioni era
intesa essenzialmente come autonomia di spesa, ossia come la capacità di tali enti di amministrare
in modo autonomo le risorse finanziarie messe a disposizione con leggi dello Stato, nella attuale
formulazione del la norma è evidente la volontà del legislatore costituzionale di voler attribuire agli enti
territoriali una reale autonomia nella fissazione dell’entità delle risorse finanziarie e nelle
procedure applicative di riscossione.

Regioni ordinarie

Autonomia di entrata e di spesa

finanza ordinaria

— tributi ed entrate propri


finanza straordinaria

— risorse aggiuntive destinate dallo Stato


finanziamenti dell’Unione europea

— fondi strutturali
fondo perequativo

— istituito con legge dello Stato per i territori con minore capacità fiscale per abitante
patrimonio regionale

Regioni speciali

Autonomia finanziaria di più ampia portata rispetto alle Regioni ordinarie, attribuita dai
singoli Statuti

6.6 • Il sistema fiscale regionale

Con L. 5 maggio 2009, n. 42, il Governo è stato delegato ad adottare uno o più decreti
legislativi aventi ad oggetto l’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.
Punti salienti del provvedimento sono:

— l’abbandono del sistema della finanza derivata. Dal criterio della cd. spesa storica si intende
passare al criterio dei costi standard, in virtù del quale si avranno spese fisse per tutte le prestazioni
in tutta la penisola, facendo riferimento ai costi corrispondenti ad una buona amministrazione;
— la previsione di una effettiva autonomia di entrata e di spesa di Regioni ed enti locali. Le
amministrazioni regionali e locali potranno determinare autonomamente i contenuti dei nuovi tributi,
nella cornice e nei limiti fissati dalla legge. In particolare, le Regioni disporranno di tributi regionali da
individuare in base al principio di correlazione tra il tipo di tributo ed il servizio erogato; i Comuni
disporranno di tributi propri derivanti da tributi erariali; le Province disporranno di tributi propri e tributi
di scopo;
— l’integrale perequazione per gli enti con minore capacità fiscale, permettendo, in tal modo, alle
Regioni di garantire il livello essenziale delle prestazioni finanziando, nel contempo, le funzioni
fondamentali di Province e Comuni.

Il nuovo sistema fiscale regionale è stato ridisegnato prevalentemente mediante i decreti


legislativi nn. 68 e 149 del 2011, emanati in virtù della delega citata.

In particolare:
— con il D.Lgs. 68/2011 sono stati soppressi, a decorrere dal 2013, gran parte dei trasferimenti
statali e, di converso, è stata rafforzata l’autonomia impositiva delle Regioni;
— con il D.Lgs. 149/2011, invece, nell’ottica di rafforzare la responsabilizzazione, la trasparenza e
l’effettività del governo delle autonomie territoriali, sono stati previsti premi per gli amministratori
virtuosi e sanzioni per coloro che hanno responsabilità nel dissesto finanziario dei relativi enti.

Fonti di entrata delle Regioni nel D.Lgs. 68/2011

Tributi propri

autonomi
derivati

Compartecipazioni al gettito di tributi erariali


Meccanismi perequativi
Gettito derivante dall’attività di contrasto all’evasione fiscale

Controllo democratico sulla gestione degli enti, ex D.Lgs. 149/2011

Relazione di fine mandato o fine legislatura

resoconto dell’attività svolta dagli amministratori locali

Sezione Seconda
Comuni, Province e Città metropolitane
1. Le tappe del processo di riforma delle autonomie locali

Enti locali nel nostro ordinamento

Comuni
Province
Città metropolitane
Comunità montane
Comunità isolane
Unioni di Comuni

L. 142/1990

Prima legge generale sull’ordinamento delle autonomie locali

L. 59/1997; L. 127/1997 (cc.dd. Leggi Bassanini)

Ampio decentramento di funzioni e competenze amministrative statali agli enti locali a


Costituzione invariata
Semplificazioni alla struttura e al funzionamento degli enti locali

L. 265/1999 (L. Napolitano-Vigneri)

Riforma della L. 142/1990


Delega al Governo per l’adozione del T.U. degli enti locali

D.Lgs. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento delle autonomie locali)

Legge generale nella quale è contenuto l’apparato normativo fondamentale relativo


all’ordinamento degli enti locali

L. cost. 3/2001 (modifica al Titolo V, Parte II Cost.)

Riconoscimento costituzionale dell’autonomia statutaria di Comuni, Province e Città


metropolitane
Costituzionalizzazione dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa di Comuni,
Province e Città metropolitane
Attribuzione delle funzioni amministrative in base ai principi di sussidiarietà,
differenziazione e adeguatezza
Riconoscimento a Roma di un particolare status in quanto Capitale
Previsione di un intervento sostitutivo dello Stato in ipotesi di gravi inadempienze delle
Regioni e degli enti locali

L. 131/2003 (cd. Legge La Loggia)

Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento ed attuazione la L. cost. 3/2001

L. 42/2009 (Legge delega sul federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 Cost.

Decreti legislativi attuativi

D.Lgs. 85/2010 (cd. federalismo demaniale)


D.Lgs. 156/2010, D.Lgs. 61/2012 e D.Lgs. 51/2013 (ordinamento di Roma
Capitale)
D.Lgs. 216/2010 (costi e fabbisogni standard degli enti locali)
D.Lgs. 23/2011 (federalismo fiscale municipale)
D.Lgs. 149/2011 (meccanismi sanzionatori e premiali relativi agli enti territoriali)

L. 7 aprile 2014, n. 56 (cd. Legge Delrio)

Disposizioni sull’organizzazione e il funzionamento degli enti locali in attesa delle riforma


del Titolo V, Parte II Cost, ed in particolare:

trasformazione delle Province quali enti territoriali di area vasta con funzioni
determinate
istituzione e disciplina delle Città metropolitane quali enti territoriali di area
vasta con finalità istituzionali generali
promozione delle Unioni di Comuni, fusione tra piccoli Comuni e modifica alla
disciplina generale dei Comuni

Osservazioni

La legge Delrio stabilisce che le Regioni a Statuto ordinario sono tenute ad adeguare la
propria legislazione alle disposizioni della nuova legge entro 12 mesi dalla sua entrata in
vigore; mentre le Regioni a Statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Regione
Siciliana) devono adeguare nello stesso termine i propri ordinamenti interni ai principi della
legge.
Alle Province autonome di Trento e di Bolzano e alla Regione Valle d’Aosta non si
applica la disciplina relativa al riordino degli organi e delle funzioni provinciali.
Infine, nelle Regioni a Statuto speciale Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta, le
disposizioni sulle Unioni e sulle Fusioni di Comuni trovano applicabilità compatibilmente con
le norme dei rispettivi Statuti e con le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla
legge costituzionale 3/2001.

2. Il Comune e la Provincia

2.1 • Defnizione

Art. 114 Cost.

Comuni e Province

enti autonomi (con propri Statuti, poteri e funzioni) secondo i principi fissati dalla
Costituzione

D.Lgs. 267/2000 (art. 3)

Comune

ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne


promuove lo sviluppo

Provincia

ente locale intermedio tra Comune e Regione che rappresenta la propria


comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo

L. 56/2014 (art. 1, comma 3)

Province

enti territoriali di area vasta disciplinati dalla L. 56/2014 (art. 1, commi 51-100),
in attesa della Riforma del Titolo V, Parte II Cost. (v. box infra)
Prospettive di riforma

Nell’ambito del disegno di legge costituzionale (S. 1429 presentato al Senato l’8 aprile 2014
e adottato come testo base dalla Commissione affari costituzionali in data 6 maggio 2014)
sulla razionalizzazione della funzione legislativa e la riforma del Titolo V, parte II della
Costituzione, per quanto attiene più direttamente gli enti locali, tale disegno di legge reca
disposizioni volte a ridisciplinare l’assetto costituzionale dei livelli di governo della
Repubblica: Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
Ciò anche a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 220 del 2013 che ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme (cd. riforma Monti) che in
precedenza (dietro la pressante esigenza di un contenimento della spesa pubblica
dell’amministrazione territoriale) avevano disposto il riordino delle Province.
Più specificamente, il disegno di legge costituzionale, dispone la soppressione della
dizione «Province» nei diversi articoli della Costituzione (artt. 114-133) che attualmente
disciplinano questo ente territoriale; in ragione di ciò le Province non sarebbero più un
ente territoriale costituzionalmente necessario.
L a ratio di tale complessiva riforma del titolo V è di procedere ad una modernizzazione
dell’assetto istituzionale decentrato anche alla luce dei limiti e delle criticità evidenziate
dall’entrata in vigore della precedente riforma del 2001 e mai completamente attuata.
All’eliminazione testuale del riferimento alle Province dovrebbe conseguire anche
l’eliminazione del procedimento relativo al mutamento delle circoscrizioni
provinciali e all’istituzione delle nuove Province disciplinato dall’art. 133 della
Costituzione (vedi infra §3).

2.2 • Elementi costitutivi e potestà

Elementi costitutivi di Comune e Provincia

Popolazione
Territorio
Patrimonio

Potestà

Autonomia normativa

statutaria
regolamentare

Autonomia finanziaria (art. 119 Cost.)


risorse autonome
risorse aggiuntive destinate dallo Stato
fondo perequativo
federalismo fiscale (L. 42/2009)

Limiti della disciplina statutaria (L. 131/2003)

Altre materie indicate dal TUEL e da leggi speciali


Deve essere in armonia con la Costituzione
Deve tener conto dei principi generali in materia di organizzazione pubblica
Deve rispettare quanto stabilito dalla legge con cui lo Stato disciplina la legislazione
elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città
metropolitane

Autonomia regolamentare (art. 7 D.Lgs. 267/2000)

Nelle materie di propria competenza


Negli ambiti specifici individuati dall’art. 7 D.Lgs. 267/2000
Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo Statuto

2.3 • Funzioni

Funzioni del Comune

I Comuni sono titolari della generalità delle funzioni amministrative (art. 118 Cost.,
modificato dalla L. cost. 3/2001)

principio di sussidiarietà: le funzioni amministrative devono essere svolte in


primo luogo dal Comune in quanto ente più vicino al cittadino e, in via
subordinata, dalla Provincia, dalla Città metropolitana, dalla Regione e dallo Stato
principio di adeguatezza: le funzioni amministrative devono essere attribuite ad
amministrazioni tendenzialmente idonee a garantirne l’esercizio
principio di differenziazione: nell’allocazione delle funzioni si devono prendere
necessariamente in considerazione le caratteristiche associative, demografiche,
territoriali e strutturali degli enti

Funzioni del Comune


Art. 13, D.Lgs. 267/2000

tutte quelle che riguardano la popolazione e il territorio comunale


settori organici: servizi alla persona e alla comunità, assetto e utilizzazione del
territorio e sviluppo economico

Funzioni fondamentali dei Comuni (art. 14 D.L. 78/2010, conv. con modif. in L. 122/2010, e modif.
dal D.L. 95/2012, conv. con modif. in L. 135/2012)

Organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo


Organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi
i servizi di trasporto pubblico comunale
Catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente
Pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale, nonché partecipazione alla
pianificazione territoriale di livello sovracomunale
Attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei
primi soccorsi
Organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti
urbani e riscossione dei relativi tributi
Progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative
prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall’art. 118, comma 4, Cost.
Edilizia scolastica per la parte non attribuita alla competenza delle Province,
organizzazione e gestione dei servizi scolastici
Polizia municipale e polizia amministrativa locale
Tenuta dei Registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici,
nonché in materia di servizi elettorali, nell’esercizio delle funzioni di competenza statale
Servizi in materia statistica

Scadenze per l’attuazione da parte dei Comuni delle disposizioni relative alle funzioni
fondamentali

1° gennaio 2013 per almeno tre delle funzioni fondamentali

decorsi tali termini, il Prefetto assegna agli enti inadempienti un ulteriore termine
perentorio entro il quale provvede, decorso inutilmente anche quest’ulteriore
termine si procede all’applicazione del potere sostitutivo del Governo ai sensi
dell’art. 8 della L. 131/2003

30 giugno 2014 per ulteriori tre funzioni


31 dicembre 2014 per tutte le restanti funzioni
Funzioni della Provincia

La Provincia è tenuta a svolgere tutte le funzioni amministrative che, in base ai criteri di


sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione (art. 118 Cost.) non possono essere svolte
dal Comune
Art. 19, D.Lgs. 267/2000

difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle


calamità naturali
tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche
valorizzazione dei beni culturali
viabilità e trasporti
protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali
caccia e pesca nelle acque interne
organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento,
disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e
sonore
servizi sanitari, di igiene e proflassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e
regionale
compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado e artistica e alla
formazione professionale, compresa l’edilizia scolasti ca, attribuiti dalla
legislazione sta tale e regionale
raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali
programmazione (art. 20, D.Lgs. 267/2000)

Art. 1, comma 85 e ss., L. 56/2014

pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, tutela e valorizzazione


dell’ambiente, per gli aspetti di competenza
pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e
controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione
regionale, costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della
circolazione stradale inerente
programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della
programmazione regionale raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-
amministrativa agli enti locali
gestione dell’edilizia scolastica
controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle
pari opportunità sul territorio provinciale
2.4 • Organi di governo

Organi di governo del Comune

Consiglio comunale: organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo


Giunta comunale: organo esecutivo
Sindaco

capo dell’amministrazione comunale (art. 50 D.Lgs. 267/2000)

— rappresenta l’ente
— convoca e presiede la Giunta nonché il Consiglio quando non è previsto un Presidente
— sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti
— sovrintende all’espletamento di funzioni attribuite o delegate dallo Stato o dalle Regioni
— nomina i responsabili degli uffici e dei servizi
— esercita ulteriori funzioni attribuitegli dalla legge, dai regolamenti o dallo Statuto
ufficiale di Governo (art. 54, D.Lgs. 267/2000) e successive modifiche

— sicurezza e ordine pubblico


— stato civile
— anagrafe
— leva militare
— servizi elettorali
— statistica

Vicesindaco

nominato dal Sindaco tra gli assessori. Egli sostituisce il Sindaco in caso di
impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso, oppure in caso di
assenza, impedimento temporaneo o sospensione di diritto

Organi di governo della Provincia (D.Lgs. 267/2000)

Presidente della Provincia: organo responsabile dell’amministrazione provinciale


Consiglio provinciale: organo di indirizzo e di controllo politico-ammini-strativo
Giunta: organo esecutivo

Organi di governo della Provincia (L. 56/2014)

Presidente della Provincia: organo responsabile dell’amministrazione dell’ente


Consiglio provinciale: organo di indirizzo e controllo politico
Assemblea dei Sindaci: organo con poteri propositivi, consultivi e di controllo
Osservazioni

La L. 7 aprile 2014, n. 56 (cd. legge Delrio) rappresenta un ponte in attesa della riforma
costituzionale del Titolo V, Parte II Cost. Il passaggio dalle attuali Province alle nuove
Province si avrà con l’elezione degli organi di governo dell’ente che, in sede di prima
applicazione, è così scandita: l’elezione del Consiglio provinciale è indetta entro il 30
settembre 2014 per le Province i cui organi scadono per fine mandato nel 2014. Quindi, il
Consiglio provinciale eletto svolge fino al 31 dicembre 2014 le funzioni relative ad atti
preparatori e alle modifiche statutarie e, entro tale data, l’assemblea dei Sindaci approva le
predette modifiche. Sempre entro il 31 dicembre 2014 si procede all’elezione del
Presidente della Provincia. Per le Province i cui organi scadono successivamente al 2014,
l’indizione dei Consigli provinciali deve avvenire entro trenta giorni dalla scadenza del
mandato (o dalla decadenza o scioglimento anticipato) degli organi provinciali e, nei
successivi sei mesi devono essere approvate le conseguenti modifiche statutarie.
Nelle more, il Presidente della Provincia in carica alla data di entrata in vigore della legge
ovvero, qualora la Provincia sia commissariata, il commissario, assumendo le funzioni
anche del Consiglio provinciale, nonché la Giunta provinciale, restano in carica a titolo
gratuito per l’ordinaria amministrazione e per gli atti urgenti ed indifferibili, fino
all’insediamento del Presidente della Provincia eletto non oltre il 31 dicembre 2014.
La L. 56/2014, inoltre, modifica il meccanismo di elezione degli organi provinciali rispetto al
T.U.E.L., prevedendo che il Presidente della Provincia (che dura in carica 4 anni) e il
Consiglio provinciale (che dura in carica 2 anni) siano eletti dai Sindaci e dai consiglieri dei
Comuni della Provincia (e non più a suffragio universale e diretto) rispettivamente tra i
Sindaci della Provincia e tra i Sindaci e i Consiglieri comunali. La Giunta provinciale lascia il
posto all’Assemblea dei Sindaci, costituita dai Sindaci dei Comuni appartenenti alla
Provincia. I predetti incarichi sono a titolo gratuito.

3. Istituzione di nuovi Comuni e Province e altre modifiche


territoriali

Art. 133 Cost.

L’istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione, oppure il mutamento delle


circoscrizioni provinciali, sono stabiliti con legge della Repubblica, su iniziativa dei Comuni
e sentita la Regione interessata
L’istituzione di nuovi Comuni e la modifica delle loro circoscrizioni e denominazioni spetta
alle Regioni, sentite le popolazioni interessate

Art. 15 D.Lgs. 267/2000

Le Regioni possono con proprie leggi, istituire nuovi Comuni e modificare le loro
circoscrizioni territoriali sentite le popolazioni interessate
Non possono essere istituiti nuovi Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti
In caso di istituzione di nuovi Comuni mediante fusione di due o più Comuni contigui, lo
Statuto deve prevedere che siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di
decentramento dei servizi per le comunità di origine

Art. 1, comma 130, L. 56/2014

Incorporazione di Comuni contigui

Art. 132, comma 2, Cost.

Distacco di Province e Comuni dalla Regione di appartenenza e aggregazione ad un’altra

Approvazione della maggioranza delle popolazioni interessate espressa


mediante referendum
Legge della Repubblica emanata dopo aver sentito i Consigli regionali

4. Altri enti locali

4.1 • Unioni di Comuni

Definizione

Enti locali costituiti da due o più Comuni (di norma contermini) finalizzato all’esercizio
associato di funzioni e servizi
Ogni Comune può far parte di una sola Unione di Comuni

Obbligo di esercizio in forma associata, mediante Unioni di Comuni, della maggior parte
delle funzioni fondamentali per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino
a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane (esclusi i comuni
il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di
Campione d’Italia)

Caratteri

Potestà statutaria e regolamentare


Si applicano i principi previsti per l’ordinamento dei Comuni

4.2 • Altri enti locali


Comunità montane

Unioni di Comuni che si caratterizzano per il fatto che i Comuni partecipanti sono montani
o parzialmente montani ed hanno come fine, oltre ovviamente che l’esercizio congiunto
delle funzioni di propria competenza, anche e specificamente la valorizzazione delle zone
montane

Comunità isolane e dell’arcipelago

Enti locali che possono essere istituiti in ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione
della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più Comuni

5. Le Città metropolitane

L a L. 56/2014 riordina il sistema delle autonomie locali partendo proprio dalle Città
metropolitane, istituite già a partire dalla L. 142/1990 e mai attuate, alle quali vengono
espressamente estese, per quanto compatibili, le disposizioni in materia di Comuni di cui al TUEL,
nonché le norme di cui all’art. 4 della L. 131/2003 relativo alla potestà normativa degli enti locali.

Definizione

Enti autonomi, costituzionalmente riconosciuti, che compongono la Repubblica al pari dei


Comuni, delle Province, delle Regioni e dello Stato (art. 114 Cost.)
Enti territoriali di area vasta, con le seguenti finalità istituzionali generali:

cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano


promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di
comunicazione di interesse della città metropolitana
cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, comprese quelle a livello
europeo (L. 56/2014)

Individuazione e territorio

L a L. 56/2014 individua le città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova,


Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, il cui territorio coincide con quello della
Provincia omonima

Organi di governo

Sindaco metropolitano (è di diritto il Sindaco del Comune capoluogo): organo


responsabile dell’amministrazione dell’ente
Consiglio metropolitano: organo di indirizzo e controllo politico
Conferenza metropolitana: organo con poteri consultivi e propositivi

Funzioni

Funzioni fondamentali delle Province


Funzioni attribuite alla Città metropolitana nell’ambito del processo di riordino delle
Province ex L. 56/2014
Funzioni fondamentali proprie: piano strategico del territorio metropolitano; pianificazione
territoriale generale; organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito
metropolitano; mobilità e viabilità; promozione e coordinamento dello sviluppo economico
e sociale; promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di
digitalizzazione in ambito metropolitano; ulteriori funzioni attribuibili dallo Stato o dalle
Regioni.

Osservazioni

In base a quanto disposto dalla L. 56/2014, le Città metropolitane da essa individuate in


attesa della riforma del Titolo V, Parte II della Cost., sono costituite alla data della sua stessa
entrata in vigore nel territorio delle Province omonime.
Per la prima istituzione delle Città metropolitane è previsto il seguente procedimento:
— entro il 30 settembre 2014 si svolgono le elezioni del Consiglio metropolitano (indette dal
Sindaco del Comune capoluogo) e si insediano il Consiglio e la Conferenza metropolitana;
— entro il 31 dicembre 2014 il Consiglio metropolitano approva lo Statuto;
— il 1° gennaio 2015 le Città metropolitane subentrano alle Province omonime, succedono
ad esse in tutti i rapporti attivi e passivi e ne esercitano le funzioni e il Sindaco del Comune
capoluogo assume le funzioni di Sindaco metropolitano.
Durante tale fase transitoria e fino al 31 dicembre 2014 restano in carica a titolo gratuito
per l’ordinaria amministrazione i Presidenti della Provincia e le Giunte provinciali, ovvero i
Commissari (laddove si tratti di Province commissariate), che siano ancora in carica alla
data di entrata in vigore della legge in esame.

6. Lo status di Roma come capitale della Repubblica

Dettato costituzionale (art. 114 Cost.)

Riconoscimento dello status di Roma come capitale della Repubblica


L’ordinamento di Roma è disciplinato con legge dello Stato

Ordinamento transitorio di Roma capitale (L. 42/2009)


Roma capitale è qualificata come ente territoriale dotato di speciale autonomia
statutaria, amministrativa e finanziaria nei limiti stabiliti dalla Costituzione
Attribuzione di ulteriori funzioni amministrative

Organi di governo (D.Lgs. 156/2010)

Assemblea capitolina
Giunta capitolina
Sindaco

Attuazione del federalismo fiscale

Decreti su funzioni e poteri del Sindaco (D.Lgs. 61/2012 e D.Lgs. 51/2013)

L. 56/2014 (cd. legge Delrio)

Applicazione alla Città metropolitana di Roma Captitale delle norme previste per le Città
metropolitane dalla stessa legge
Restano ferme le disposizioni dei decreti già adottati su Roma Capitale
Statuto della Città metropolitana di Roma Capitale disciplina i rapporti tra quest’ultima,
il Comune di Roma capitale e gli altri comuni.

7. I controlli sugli organi degli enti locali

Scioglimento del Consiglio comunale e provinciale (art. 141 TUEL)

Compimento di atti contrari alla Costituzione


Compimento di gravi e persistenti violazioni di leggi
Gravi motivi di ordine pubblico
Mancata approvazione del bilancio nei termini di legge
Mancata approvazione degli strumenti urbanistici generali nei termini di legge per gli enti
territoriali al di sopra dei mille abitanti
Impossibilità di funzionamento degli organi o dei servizi nei casi di:

dimissioni, impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del


Sindaco o del Presidente
cessazione dalla carica, per dimissioni contestuali o rese con atti separati purché
contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei
membri assegnati, non computando a tal fine il Sindaco o il Presidente
riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei
consiglieri

Scioglimento dei Consigli a causa di infiltrazioni mafiose

I l Prefetto svolge un’attività di accertamento, coadiuvato da una Commissione


d’indagine da lui stesso nominata
Il procedimento si conclude con una relazione prefettizia che viene inviata al Ministero
dell’Interno
Entro tre mesi dalla trasmissione della relazione può essere disposto lo scioglimento con
decreto del Presidente della Repubblica

Altre ipotesi di scioglimento previste dal TUEL

Mancata approvazione del rendiconto di gestione


Situazione di dissesto e inadempimento di alcuni obblighi connessi ad essa
Inadempimenti connessi alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale
Inadempimenti connessi all’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato

Sospensione del Consiglio comunale e provinciale

Disposta dal Prefetto per non più di 90 gg. (60 gg. nell’ipotesi di infiltrazione mafiose)
Avvenuta attivazione della procedura per lo scioglimento
Motivi di grave ed urgente necessità
Sospetto di infiltrazioni e condizionamento di tipo mafioso

Rimozione degli amministratori degli enti locali

Compimento di atti contrari ai principi costituzionali


Compimento di gravi e persistenti violazioni di legge
Gravi motivi di ordine pubblico
Grave inosservanza degli obblighi posti a carico di Province e Comuni in materia di rifiuti
nei territori in cui vige lo stato di emergenza rifiuti ex L. 225/1992 (art. 142, co. 1bis TUEL)

Sospensione degli amministratori degli enti locali

Disposta dal Prefetto nelle more del procedimento di rimozione nei casi di grave e urgente
necessità
8. Controllo sostitutivo e potere di annullamento

Controllo sostitutivo del Governo (art. 120 Cost.)

Mancato rispetto di norme e di trattati internazionali o della normativa comunitaria


Pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica
Quando lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o economica

Potere di annullamento governativo degli atti degli enti locali (art. 138 TUEL)

Incompetenza
Eccesso di potere
Violazione di legge

Controlli sostitutivi eventualmente previsti da leggi statali o regionali

Ad esempio il controllo sostitutivo ed eventuale del Difensore civico regionale

In sintesi

L’art. 5 della Costituzione include il riconoscimento e la promozione delle autonomie


locali tra i principi fondamentali della Repubblica. Solo di riconoscimento, e non di
istituzione, si può parlare dal momento che i Comuni preesistono rispetto allo Stato italiano.
Le norme fondamentali relative all’ordinamento degli enti locali sono contenute nel D.Lgs.
18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
Con la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, attuata con L. cost. 3/2001, i
Comuni sono stati trasformati in amministrazioni a competenza piena e generale, poiché la
titolarità di tutte le funzioni amministrative è stata loro riconosciuta, salvo che, per esigenze
di unitarietà, queste non siano meglio esercitate da livelli di governo più ampi, sulla base dei
principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione.
Salendo verso livelli di governo più ampi di quello comunale, incontriamo la Provincia e la
Città metropolitana.
Proprio con riferimento a tali enti è, da ultimo, intervenuta la L. 7 aprile 2014, n. 56 (cd.
legge Delrio) che detta un’ampia riforma in materia di enti locali, prevedendo l’istituzione
e la disciplina delle Città metropolitane, una nuova disciplina delle Province
(relativamente agli organi, al sistema elettorale e alle funzioni), nelle more della riforma
costituzionale del Titolo V, Parte II, una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di
Comuni ed, infine, ulteriori disposizioni di modifica della normativa relativa agli organi dei
Comuni.
PARTE QUARTA

L’ATTIVITÀ DELLA P.A.

Capitolo 1: L’attività amministrativa

1. L’attività amministrativa: definizione e caratteri • 2. Attività amministrativa di diritto


pubblico e privato • 3. La discrezionalità amministrativa • 4. La discrezionalità tecnica •
5. La discrezionalità mista • 6. I principi dell’attività amministrativa tra Costituzione ed
ordinamento europeo

Capitolo 2: Il procedimento amministrativo

Sezione Prima: L’iter procedimentale: principi, fasi, tempistica e controlli - 1. Il


procedimento amministrativo: nozione • 2. Classificazione • 3. Funzioni del
procedimento • 4. La L. 7-8-1990, n. 241 e la procedimentalizzazione dell’azione
amministrativa • 5. Il procedimento amministrativo disegnato dalla L. 241/1990 • 6. Le
fasi dell’iter procedimentale • 7. Efficacia dell’atto amministrativo • 8. Esecutività,
esecutorietà e coercizione dei provvedimenti amministrativi • 9. Il sistema dei controlli •
Sezione Seconda: L’evoluzione informatica dell’attività amministrativa - 1. E-
government e digitalizzazione della P.A. • 2. Il Codice dell’amministrazione digitale

Capitolo 3: Atti e provvedimenti amministrativi

Sezione Prima: Atti e provvedimenti - 1. Concetto di atto amministrativo: evoluzione


dottrinaria • 2. Criteri di distinzione degli atti amministrativi • 3. Provvedimenti
amministrativi • 4. Elementi e requisiti dell’atto amministrativo • 5. Gli elementi
essenziali dell’atto amministrativo • 6. Struttura formale dell’atto amministrativo •
Sezione Seconda: Il silenzio amministrativo - 1. Il silenzio amministrativo: il cd.
obbligo di provvedere della P.A. • 2. Il problema del provvedimento sopravvenuto

Capitolo 4: Tipi di provvedimenti amministrativi

1. Le autorizzazioni • 2. La segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) • 3. Il


silenzio assenso • 4. Figure analoghe all’autorizzazione • 5. Le concessioni • 6. Le
figure similari alla concessione • 7. Gli ordini • 8. Gli atti ablativi reali • 9. Provvedimenti
che operano su atti amministrativi (cd. provvedimenti di secondo grado)

Capitolo 5: Gli altri atti amministrativi diversi dai provvedimenti

1. Gli atti amministrativi che non sono provvedimenti • 2. Atti consistenti in


manifestazioni di volontà • 3. Atti non consistenti in manifestazioni di volontà • 4. I pareri
• 5. Gli atti propulsivi • 6. Gli accertamenti costitutivi

Capitolo 6: Il principio di trasparenza e il diritto di accesso ai documenti amministrativi

1. Principio di trasparenza e diritto di accesso • 2. Il diritto di accesso ai documenti


amministrativi • 3. Autonomia del diritto di accesso rispetto alla legittimazione al ricorso
giurisdizionale avverso il provvedimento finale • 4. La tutela del diritto di accesso • 5. La
Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi • 6. Uffici per le relazioni con il
pubblico • 7. L’accesso civico • 8. Accesso e riservatezza

Capitolo 7: Patologia dell’atto amministrativo

1. Stati patologici dell’atto amministrativo • 2. L’invalidità dell’atto amministrativo e l’art.


21octies L. 241/1990 • 3. La nullità • 4. L’illegittimità • 5. I vizi derivati - gli atti
presupposti • 6. La cd. invalidità sopravvenuta • 7. Illegittimità dell’atto amministrativo e
violazione di norme dell’UE • 8. Inopportunità dell’atto amministrativo: i vizi di merito • 9.
Il potere di riesame della P.A. e gli atti di ritiro • 10. Convalescenza dell’atto
amministrativo • 11. Conservazione dell’atto amministrativo

Capitolo 8: L’attività negoziale e consensuale della P.A.

1. L’attività contrattuale della P.A. in generale • 2. Il principio dell’autonomia contrattuale


e la realizzazione dell’interesse pubblico • 3. Classificazione dei contratti della P.A. • 4.
Regime giuridico dei contratti stipulati dalla P.A. • 5. Il diritto dei contratti pubblici • 6.
L’ambito di applicazione del Codice: art. 3 D.Lgs. 163/2006 • 7. Procedimento di
formazione del contratto: l’evidenza pubblica • 8. La fase preliminare: la delibera a
contrarre e la lex specialis • 9. La scelta del contraente privato: procedure e criteri • 10.
La conclusione del contratto • 11. L’approvazione del contratto • 12. Le forme di tutela
in materia contrattualistica • 13. «Acquisti» centralizzati della P.A. • 14. Il contratto ad
oggetto pubblico prima della L. 241/1990 • 15. I contratti accessivi • 16. I contratti
ausiliari di provvedimenti • 17. I contratti sostitutivi • 18. Accordi integrativi e sostitutivi
nella L. 241/1990 • 19. Gli accordi di programma tra pubbliche amministrazioni (art. 15
L. 241/1990 e art. 34 D.Lgs. 267/2000)
Capitolo 1

L’ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA

1. L’attività amministrativa: definizione e caratteri

Nozione: l’attività amministrativa è quella mediante la quale i soggetti pubblici (ovvero i


soggetti privati a questi equiparati) provvedono alla cura concreta degli interessi pubblici ad essi
affidati (SANDULLI).
Come si evince dalla nozione, l’attività amministrativa si caratterizza sotto un duplice
profilo: dal punto di vista soggettivo, essa è svolta da una pluralità di soggetti riconducibili alla figura
denominata pubblica amministrazione, mentre dal punto di vista oggettivo-contenutistico si
estrinseca nella cura, diretta ed immediata, degli interessi pubblici ad essa affidati dal legislatore.
L’attività amministrativa, pertanto, a differenza dell’attività politica, si può qualificare come
un’attività finalizzata, in quanto volta al perseguimento dell’interesse pubblico, e mai libera nel fine.

Differenze

Tradizionalmente la dottrina distingue tre tipi di attività amministrativa:


a) amministrazione attiva: ne fanno parte tutte le attività con cui la P.A. agisce
direttamente per realizzare i propri fini: vi rientrano, in particolare, sia le attività deliberative
che esecutive (GIANNINI);
b) amministrazione consultiva: comprende quelle attività dirette a fornire, sotto forma di
pareri, consigli, direttive e orientamenti alle autorità che devono provvedere su un
determinato oggetto;
c) amministrazione di controllo: riguarda le attività dirette a sindacare secondo diritto
(controllo di legittimità) o secondo le regole della buona amministrazione (controllo di
merito) l’operato degli agenti a cui sono demandati i compiti di amministrazione attiva.

2. Attività amministrativa di diritto pubblico e privato

La pubblica amministrazione può perseguire i fini pubblici prestabiliti utilizzando,


alternativamente, sia le modalità tipiche del diritto pubblico che gli strumenti propri del diritto privato,
in primis i contratti.
La possibilità riconosciuta alla P.A. di esplicare la propria attività amministrativa
scegliendo tra il provvedimento amministrativo ed i moduli contrattual-privatistici, trova fondamento
normativo nell’art. 1, comma 1bis, L. 241/1990, con il quale il legislatore ha inteso formalizzare una
piena e generale capacità di diritto privato dell’amministrazione, che trova quale unico limite
quello per cui può essere esercitata «soltanto nei casi in cui vi sia attinenza con le finalità
pubbliche» (CASETTA).
È importante, però, ricordare che i detti atti, siano essi di diritto pubblico o di diritto
privato, hanno rilevanza giuridica e si contrappongono ad altri possibili comportamenti che,
benché posti in essere da una pubblica amministrazione, non producono alcun effetto giuridicamente
rilevante.

Comportamenti della P.A.

Giuridicamente irrilevanti

non producono alcun effetto giuridico

— inviti, messaggi di saluto

Giuridicamente rilevanti

atti giuridici: manifestazioni di volontà, valutazioni o dichiarazioni di scienza


basate su un processo di apprendimento e rappresentazione della realtà

— atti di diritto pubblico


— atti di diritto privato

mere operazioni: attività materiali in esecuzione di atti amministrativi o in


adempimento di doveri, svolte nell’esercizio di un pubblico servizio

Osservazioni

Il passaggio dal regime tradizionale del provvedimento amministrativo al regime contrattuale


comporta, sempre nell’ottica del perseguimento dei fini pubblici e nel rispetto dei principi
fissati dall’art. 97 Cost., conseguenze diverse in ordine al rapporto P.A.-cittadino, soprattutto
con riferimento al regime che caratterizza i relativi atti. Ed invero, qualora la pubblica
amministrazione decida di utilizzare strumenti propri del diritto pubblico, la stessa agisce,
unilateralmente, quale organo titolare di poteri autoritativi nei confronti del privato, ponendosi
in una posizione di supremazia rispetto a quest’ultimo; laddove invece la P.A., nell’ambito
della sua capacità di diritto privato, utilizzi strumenti propri di quest’ultimo (attività negoziale)
si spoglia di ogni prerogativa pubblicistica, ponendosi, in tal caso, su un piano di parità
con il privato cittadino, e divenendo «parte» del relativo rapporto giuridico (ALTIERI). Tale
sostanziale parità trova un unico limite nella natura vincolata dell’attività contrattuale
pubblica: il ricorso a schemi contrattual-privatistici, sebbene comporti che la pubblica
amministrazione dismetta ogni potere autoritativo, non implica una rinuncia tout court a
quelle connotazioni legate alla sua natura «pubblica» che le impongono necessariamente il
perseguimento di quei fini pubblici alla cui tutela essa è preposta.
3. La discrezionalità amministrativa

3.1 • Nozione, elementi, fondamento

Sulla nozione di discrezionalità amministrativa, ovvero sull’esatta individuazione degli


elementi che la costituiscono, esistono diversi orientamenti in dottrina.

Discrezionalità secondo la dottrina

Facoltà di scelta fra più comportamenti giuridicamente leciti per il soddisfacimento


dell’interesse pubblico e per il perseguimento di un fine rispondente alla causa del potere
esercitato (VIRGA)
Ponderazione comparativa di più interessi secondari in ordine ad un interesse pubblico
primario (conseguimento del fine pubblico con il minor sacrificio per gli altri interessi)
(GIANNINI)
Ipotesi nelle quali la P.A., pur essendo tenuta ad ispirarsi all’interesse pubblico generale e
specifico, dispone di una certa possibilità di scelta, in quanto l’ordinamento non determina
dettagliatamente in quale modo l’amministrazione debba orientarsi o regolarsi
(SANDULLI)

Osservazioni

La distinzione fra attività amministrativa discrezionale ed attività amministrativa vincolata è


legata al diverso atteggiarsi del rapporto tra azione amministrativa e legge: ed infatti, può
accadere che la norma attributiva del potere lasci all’amministrazione un certo margine di
operatività nella determinazione contenutistica dell’attività, di modo che questa risulti la più
opportuna ai fini del conseguimento del detto fine pubblico. In tale prospettiva, a seconda
che le venga lasciato o meno un margine di operatività nella scelta delle concrete
modalità operative, si è in presenza, rispettivamente, di attività discrezionale ovvero di
attività vincolata.

Limiti all’attività amministrativa

Negativi: volti a conservare l’attività nei limiti della liceità

Positivi: diretti a mantenere l’attività nell’ambito del fine pubblico da perseguire

Modalità di fissazione dei limiti


Precisi e puntuali

attività vincolata della P.A.

— riserva di legge assoluta

Margine di apprezzamento

attività discrezionale

— riserva di legge relativa

Limiti della discrezionalità

Interesse pubblico (interesse della collettività, concreto, obiettivo e collettivo)

Causa del potere (fine specifico per cui il potere è stato conferito)

Principi di logica, imparzialità, ragionevolezza (principi guida dell’azione amministrativa)

Esatta e completa informazione (istruttoria adeguata, corretta e trasparente)

Osservazioni

Con riferimento all’oggetto della discrezionalità amministrativa, v’è da dire che la facoltà di
scelta della P.A. può inerire vari aspetti del suo operare.
In particolare, essa può afferire all’an della emanazione di un provvedimento, ovvero al
quando, sotto il profilo della individuazione del momento più opportuno dell’intervento
programmato. Ancora, può concernere i due diversi aspetti del quomodo ovvero del quid,
ossia rispettivamente gli elementi accidentali e la forma dell’atto nonchè il contenuto che in
concreto si palesi più opportuno.

Sulla base di questa considerazione, parte della dottrina (VIRGA) addiviene ad una
classificazione degli atti amministrativi nelle diverse seguenti categorie:
— atti discrezionali quanto ad emanazione e contenuto. Tali sono gli atti in cui si
riscontra il massimo grado della discrezionalità amministrativa, quali, ad esempio, i
provvedimenti contingibili ed urgenti del Sindaco, nonché, in genere, tutti i provvedimenti
cd. di alta amministrazione;
— atti discrezionali quanto ad emanazione, ma vincolati quanto a contenuto. Trattasi
di atti che la P.A. è libera di emanare o meno, ma che, ove si risolva in senso positivo, è
tenuta ad adottare con un contenuto predeterminato dalla legge. Ne costituiscono un
esempio le autorizzazioni di polizia;
— atti vincolati quanto ad emanazione, ma discrezionali quanto a contenuto. A tale
categoria appartengono, ad esempio, gli atti di controllo, ovvero quei pareri che non
possono essere rifiutati dall’amministrazione consultiva, la quale è tuttavia libera nella
determinazione del loro contenuto;
— atti vincolati quanto all’emanazione ma subordinati all’accertamento di
determinati presupposti. È il caso degli accertamenti i quali possono essere a loro volta
discrezionali o non discrezionali.

3.2 • La tutela del privato nei confronti dell’esercizio della discrezionalità

Lesione di posizioni giuridiche soggettive a seguito dell’emanazione di un provvedimento


amministrativo viziato

Vizi di legittimità (violazione di legge, eccesso di potere, incompetenza)

ricorso giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo


o, in alternativa, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
ricorso amministrativo

Vizio di merito (inopportunità)

ricorso amministrativo
ricorso giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo, nei casi di giurisdizione
di merito

Differenze

In relazione alla discrezionalità, è necessario distinguere tra legittimità e merito dell’azione


amministrativa.
Tradizionalmente, infatti, il concetto di merito è stato collocato in contrapposizione a quello
di legittimità. Secondo tale impostazione — a tutt’oggi valida — il merito esprimerebbe la
conformità della scelta discrezionale alle regole non giuridiche di buona
amministrazione, ovvero, in definitiva, l’opportunità dell’atto amministrativo in relazione
alla situazione concreta. Tale aspetto atterrebbe, dunque, al profilo dei risultati dell’azione
amministrativa.
Viceversa, alla nozione di legittimità dovrebbe riportarsi tutto quanto concerne la
rispondenza dell’atto stesso alle norme giuridiche che governano l’esercizio del
relativo potere di adozione, senza considerare il profilo dei risultati conseguiti o
conseguibili.
Sulla base di tale distinzione, tra merito e discrezionalità non è riscontrabile alcuna
interferenza, in quanto il primo altro non è che un predicato (al pari della legittimità) della
discrezionalità amministrativa. Più precisamente, si può dire che il merito rappresenta la
sfera libera dell’azione amministrativa discrezionale, ossia l’ambito nel quale la stessa,
rispettati i limiti innanzi evidenziati, può svolgersi, di norma, senza essere soggetta ad un
sindacato giurisdizionale.

4. La discrezionalità tecnica

Nozione: tale tipologia di discrezionalità attiene alle ipotesi nelle quali alla P.A. è rimessa
semplicemente una valutazione dei fatti alla stregua di conoscenze tecniche specialistiche
(SANDULLI).

Caratteri

Esame di fatti o situazioni sulla base di cognizioni tecniche e scientifiche di carattere


specialistico

presenza di una fase di giudizio (il cui margine varia a seconda del minore o
maggiore grado di certezza delle regole adottate)
assenza del momento della volontà

Sindacabilità da parte del G.A.

La discrezionalità tecnica, al di là della valutazione dei fatti, solo entro margini molto limitati
si spinge alla comparazione degli interessi e alla conseguente scelta di quello prevalente

gli atti amministrativi sono sindacabili dal giudice amministrativo attraverso la


consulenza tecnica d’ufficio (c.t.u.)

Differenze

La discrezionalità tecnica differisce dal mero accertamento tecnico.


Mentre nel caso di atti basati sull’esercizio della discrezionalità tecnica la pubblica
amministrazione effettua, in una certa misura, una scelta discrezionale, seppur basata su
aspetti tecnici o scientifici, che, come osservato dalla dottrina, può «esercitarsi su uno o più
elementi della discrezionalità o, quantomeno concretarsi nella individuazione dello strumento
migliore per la realizzazione di un determinato risultato, quando vi siano più alternative»
(MIRABELLA), nell’ipotesi del mero accertamento tecnico, la pubblica amministrazione si
basa sulle cd. scienze esatte, che, per loro natura, escludono qualsivoglia margine di
opinabilità. Pertanto, in presenza di atti adottati sulla scorta di un mero accertamento
tecnico non viene in rilievo alcun margine di apprezzamento da parte della P.A. e gli
stessi sono vincolati, per mancanza di valutazione discrezionale.

5. La discrezionalità mista

Nozione: la discrezionalità mista sussiste tutte le volte in cui la P.A. dispone tanto di
discrezionalità tecnica quanto di discrezionalità amministrativa. In tali ipotesi l’amministrazione è
chiamata prima a valutare, alla stregua di una determinata tecnica o scienza, la sussistenza delle
condizioni necessarie per la sua azione, per poi decidere, secondo criteri di opportunità e
convenienza, il provvedimento da adottare (ad es.: nel caso in cui, dopo aver accertato, in base alle
norme veterinarie, la sussistenza della peste bovina, debba decidersi se ordinare la distruzione o
l’isolamento del bestiame infetto).

6. I principi dell’attività amministrativa tra Costituzione ed


ordinamento europeo

I principi che devono orientare l’azione della P.A. nell’espletamento della funzione
amministrativa sono riconducibili a tre fonti normative su due livelli: mentre nel diritto sovrastatale
sono i principi affermatisi nell’ordinamento europeo che hanno avuto la maggiore incidenza nella
definizione di un vademecum per la corretta gestione della «cosa pubblica», a livello di ordinamento
nazionale il riferimento è alle norme della Costituzione e alle disposizioni della L. 241/1990, quale
legge generale sul procedimento amministrativo.

Fonti

Ordinamento sovranazionale

principi comunitari (richiamo diretto ex art. 1 L. 241/1990)

Ordinamento nazionale

Costituzione
L. 241/1990
6.1 • I principi dell’Unione europea

Certezza del diritto

Le situazioni giuridiche soggettive nonché i rapporti devono essere conoscibili e


prevedibili (CHITI)

Legittimo affidamento

Tutela di situazioni consolidate a seguito di provvedimenti emanati (e illegittimamente


revocati) che hanno ingenerato un ragionevole affidamento nei destinatari

Proporzionalità

Impossibilità per le pubbliche autorità di imporre obblighi e restrizioni alla libertà degli
interessati in misura diversa da quella necessaria per raggiungere lo scopo cui è preposta
l’autorità responsabile

Giusto procedimento

Diritto ad essere ascoltati nel corso del procedimento amministrativo. Esso consente il
rispetto delle prerogative della difesa in qualsiasi procedimento instaurato a carico di una
persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo

Buona amministrazione

Tempestività dell’azione amministrativa anche al fine, nella connessa accezione di


imparzialità, di evitare, in casi analoghi, trattamenti difformi senza adeguata motivazione o
di rispettare criteri di massima fissati in precedenza (CHITI)

6.2 • I principi costituzionali

Principio della separazione tra politica ed amministrazione

La P.A., da un punto di vista funzionale, deve essere orientata in senso politico-governativo


(CARLASSARE), dovendo l’attività amministrativa perseguire le finalità pubbliche
individuate a livello di indirizzo politico, ma deve anche essere libera nel suo agire, ossia
svincolata da ogni condizionamento politico nel perseguimento dei detti fini. La P.A., infatti,
non può essere ridotta a semplice momento esecutivo del Governo (CASETTA)

Lo spoils system rappresenta un ridimensionamento del principio di separazione laddove


crea un vincolo «fiduciario» tra il Governo, quale organo politico, e il vertice dirigenziale
della P.A.

Principio di legalità
Corrispondenza dell’attività amministrativa alle prescrizioni di legge

non contrarietà dell’atto alla legge


legalità formale (atto positivamente fondato sulla legge)
legalità sostanziale (predeterminazione legislativa della forma e del contenuto
dell’atto)

Principio di imparzialità

Obbligo per la P.A. di svolgere la propria attività nel rispetto del principio di giustizia
sostanziale

Divieto di discriminazione (connotazione negativa)


Obbligo di identificare e valutare, da parte della P.A. procedente, tutti gli interessi
coinvolti, cosicché la scelta finale sia il risultato coerente e consapevole della
rappresentazione completa dei fatti e degli interessi in gioco (connotazione
positiva)

Principio di buona amministrazione

Obbligo per i funzionari e gli agenti dell’amministrazione di svolgere la propria attività con
le modalità più idonee a garantire l’efficacia, l’efficienza, la speditezza e l’economicità
dell’azione amministrativa con il minor sacrificio degli interessi particolari dei singoli (art. 1
L. 7-8-1990, n. 241)

dovere (FERRARA, LEVI)


onere (RESTA)
dovere funzionale (ROMANO, FALZONE)
obbligo (dottrina recente)

Principio di ragionevolezza

L’azione amministrativa deve corrispondere ad un canone di razionalità operativa, così da


evitare decisioni arbitrarie ed irrazionali

Principio di finalizzazione dell’attività amministrativa e principio democratico

L’attività amministrativa deve essere preordinata al perseguimento di fini pubblici nonché


alla realizzazione di una società più democratica, rimuovendo, ad esempio, gli ostacoli alla
realizzazione del principio di uguaglianza dei cittadini (CASETTA)
Principio di responsabilità

L’art. 28 Cost. espressamente prevede una responsabilità diretta dei funzionari e dei
dipendenti pubblici per gli atti compiuti in violazione di diritti, secondo le leggi penali, civili
ed amministrative. Tale responsabilità si estende anche allo Stato ed agli enti pubblici

Principio del decentramento amministrativo e di sussidiarietà

Esso si traduce nel trasferimento di competenze e poteri decisionali dagli organi centrali
statali agli organi periferici o ad altri soggetti. L’art. 5 Cost. espressamente sancisce che la
Repubblica attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo. Il processo di conferimento alle Regioni e agli enti locali delle funzioni e dei
compiti amministrativi avviene secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza

La tutela giurisdizionale nei confronti degli atti amministrativi

L’art. 24 Cost. afferma il principio della azionabilità in giudizio delle situazioni


giuridiche vantate dai cittadini nei confronti dell’amministrazione; l’art. 113 Cost.
sancisce il principio della sindacabilità degli atti amministrativi, garantendo la tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi innanzi agli organi di giurisdizione
ordinaria o amministrativa

Principio del pareggio di bilancio

Viene esteso a tutte le amministrazioni pubbliche il dovere di rispettare il pareggio di


bilancio e la sostenibilità del debito pubblico (art. 97 Cost., novellato dalla L. cost. 1/2012)

6.3 • I principi di cui alla L. 241/1990 sul procedimento amministrativo

Nel Capo I della L. 241/1990 sono individuati alcuni principi e criteri direttivi che sono
applicazione delle previsioni costituzionali e che rappresentano le regole sulle quali deve essere
improntata l’azione amministrativa.
Tale normativa, nota come legge generale sul procedimento amministrativo, consente di
inquadrare quest’ultimo, che precede l’adozione di ogni provvedimento amministrativo, come
strumento tipico di formazione della volontà della P.A. Esso è il “luogo” in cui vengono bilanciati
interessi pubblici e privati ed il momento nel quale si assiste ad un progressivo e tendenziale
avvicinamento delle posizioni di governati e governanti, nell’ottica della collaborazione reciproca e
della dialettica, finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico.
I l procedimento amministrativo è, quindi, il principale strumento di realizzazione
dell’azione della P.A.

Principio di legalità

L’attività amministrativa deve perseguire i fini determinati dalla legge


Principio del giusto procedimento

Garantendo la partecipazione degli interessati al procedimento, consacra la dialettica tra


interessi pubblici e privati componendo gli eventuali contrasti

Principio di semplificazione

In forza di tale principio sono stati introdotti alcuni istituti volti a snellire e rendere più celere
l’azione della P.A.

Principio efficientistico

L’individuazione, all’art. 1, comma 1, L. 241/1990, dei criteri di economicità, efficacia,


imparzialità, pubblicità e trasparenza, quali criteri guida dell’azione amministrativa, è la
dimostrazione della volontà del legislatore di improntare quest’ultima secondo principi
efficientistici e manageriali tipici delle imprese private

economicità: ottimizzazione dei risultati in relazione ai mezzi messi a


disposizione

efficacia: raffronto tra risultati programmati e risultati raggiunti

imparzialità: equidistanza della P.A. da rispetto agli interessi coinvolti in una


determinata fattispecie

pubblicità: la P.A. deve operare secondo metodologie e misure comprensibili ed


evidenti all’esterno

trasparenza: immediata e facile controllabilità di tutti i passaggi in cui si articola


l’attività amministrativa ed accessibilità totale (total disclosure). Ai sensi del cd.
T.U. trasparenza 2013 , tale principio va inteso quale accessibilità totale delle
informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche
amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul
perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche

Principio di non aggravamento del procedimento amministrativo

Ogni provvedimento amministrativo deve essere emanato in tempi celeri ed essere la


risultante di un’istruttoria adeguata che consenta un’attenta valutazione degli interessi. Solo
straordinarie e motivate esigenze, legate allo svolgimento dell’istruttoria, possono
consentire alla P.A. di aggravare il procedimento

Obbligo di conclusione esplicita del procedimento amministrativo

La P.A. ha il dovere di concludere il procedimento amministrativo con l’adozione di un


provvedimento espresso, sia quando il procedimento è iniziato su istanza di parte che
d’ufficio
Obbigo generale di motivazione del provvedimento amministrativo

La motivazione consente di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che


hanno indotto l’amministrazione ad adottare un certo tipo di provvedimento in relazione alla
fattispecie concreta

Uso della telematica ed informatizzazione dell’attività amministrativa

L’art. 3bis L. 241/1990 stabilisce il dovere della P.A. di incentivare l’uso della telematica,
sia nei rapporti tra le diverse amministrazioni che tra queste e i privati
Capitolo 2

IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Sezione Prima

L’iter procedimentale: principi, fasi, tempistica e controlli

1. Il procedimento amministrativo: nozione

Nozione

Concezione staticoformalistica

pluralità di atti (susseguenti e diversi fra loro) che, nonostante la loro eterogeneità
e la loro relativa autonomia, sono preordinati allo stesso fine e, cioè, alla
produzione degli effetti giuridici propri di una determinata fattispecie (VIRGA)

Concezione dinamica

forma della funzione, ovvero il tramite (attraverso una serie coordinata di attività e
atti procedimentali) fra due situazioni statiche: il potere (momento iniziale
dell’attribuzione) e il provvedimento (momento finale di produzione) (BENVENUTI,
CASETTA)

Caratteristiche

Eterogeneità degli atti (diversa natura, diversa funzione, diversi agenti)


Relativa autonomia dei singoli atti (con propri effetti, talora impugnabili ex se)
Coordinamento degli atti ad un unico fine

2. Classificazione

Classificazione

Procedimenti d’ufficio o ad istanza di parte


a seconda che possa essere istaurato con atto propulsivo dell’interessato o ad
impulso della stessa P.A. procedente

Procedimenti contenziosi e non contenziosi

a seconda che sia o meno richiesto il contraddittorio tra le parti. La L. 241/1990


tende ad una funzione deflattiva del contenzioso (cfr.: art. 10bis)

Procedimenti connessi (connessione funzionale)

quando l’atto conclusivo di un autonomo procedimento, impugnabile in quanto tale


ex se, condiziona l’esercizio del potere che si svolge nel corso di un altro
procedimento (CASETTA)

3. Funzioni del procedimento

Funzioni

Accertamento, valutazione, ponderazione degli elementi di fatto e degli interessi pubblici e


privati coinvolti
Coordinamento dell’operato e del parere degli organi che intervengono nell’emanazione
dell’atto
Esercizio dell’attività di controllo
Garanzia dell’audizione dell’interessato prima dell’emanazione dell’atto

4. La L. 7-8-1990, n. 241 e la procedimentalizzazione


dell’azione amministrativa

Precedentemente all’adozione della L. 241/1990, mancava, nel nostro ordinamento


giuridico, una disciplina generale del procedimento amministrativo; erano invece presenti talune
normative di settore, afferenti a specifiche tipologie procedimentali (cfr.: la L. 2359/1865, in materia
di procedimento espropriativo).
Con l’approvazione della L. 7-8-1990, n. 241, il legislatore ha adottato una disciplina
unica e generalizzata del procedimento amministrativo, che, improntata a principi come quello della
trasparenza e quello della partecipazione, ha sancito il passaggio da un’attività amministrativa frutto
di una imposizione autoritativa della pubblica amministrazione ad un’attività che tende ad essere
sempre più il risultato di una concertazione con il destinatario del provvedimento amministrativo.
Successivamente, il legislatore è intervenuto più volte sul testo normativo di riferimento,
apportando modifiche o introducendo nuovi istituti, tutti accomunati dall’esigenza di avvicinare
sempre più il cittadino alla P.A. e di rendere l’azione amministrativa quanto più democratica, veloce e
trasparente possibile (si pensi all’introduzione di determinati istituti, come la conferenza di servizi, la
segnalazione certificata di inizio attività, la previsione di una precisa tempistica per lo svolgimento e
la conclusione dell’iter procedimentale, la sempre crescente tendenza informatizzazione degli uffici
pubblici).
I principali correttivi alla L. 241/1990 sono stati apportati con la L. 11-2-2005, n. 15, la L.
14-5-2005, n. 80, la L. 18-6-2009, n. 69 e il D.Lgs. 2-7-2010, n. 104, recante il Codice del processo
amministrativo. Da ricordare sono anche il D.L. 5/2012, conv. in L. 35/2012, cd. manovra semplifica
Italia, che ha inciso sul profilo della tempistica procedimentale, nonché la L. 6-11-2012, n. 190, cd.
legge anticorruzione, che detta, tra l’altro, disposizioni finalizzate ad una sempre maggiore
trasparenza dell’attività amministrativa, al fine di prevenire e combattere l’illegalità negli uffici pubblici.
Proprio in attuazione di quest’ultima, ha visto la luce il D.Lgs. 14-3-2013, n. 33, cd. T.U. trasparenza
per le pubbliche amministrazioni; è un corpus normativo che provvede a riordinare la disciplina in
tema di obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni, tenute a rendere conoscibili agli occhi dei cittadini tutti gli aspetti della loro attività e
dell’organizzazione.
Da ultimo, il D.L. 21-6-2013, n. 69 (conv. in L. 98/2013), cd. decreto del fare, ha previsto,
in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento per il quale la P.A. ha l’obbligo
di pronunciarsi, il diritto per l’istante di ottenere un indennizzo per il mero ritardo.

5. Il procedimento amministrativo disegnato dalla L.


241/1990

Capo I - Principi (artt. 1-3bis)

Principio di legalità
Applicazione dei principi dell’ordinamento europeo
Criteri di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza e pubblicità ai quali deve
ispirarsi l’attività amministrativa (art. 1, comma 1)
Applicazione delle norme di diritto privato nell’adozione di atti di natura non autorizzativa
da parte della P.A. (art. 1, comma 1bis)
Divieto di aggravamento del procedimento (art. 1, comma 2)
Obbligo di conclusione esplicita del procedimento (art. 2, comma 1)
Tempistica procedimentale per l’adozione del provvedimento (art. 2, commi 2 e
seguenti)
Sistema di responsabilità per mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei
termini di legge (art. 2, commi 8 e seguenti)
Risarcimento del danno ingiusto per inosservanza dolosa o colposa del termine (art.
2bis)
Indennizzo per il mero rirtardo in caso di inosservanza del termine di conclusione del
procedimento ad istanza di parte, per il quale sussista l’obbligo di pronunziarsi (art. 2bis,
comma 1bis)
Obbligo generale di motivazione del provvedimento amministrativo (art. 3). È ammessa
la motivazione per relationem, e cioè la motivazione non risultante dal corpo del
provvedimento finale ma dagli atti precedentemente compiuti nel corso dell’iter
procedimentale (pareri, proposte); in tal caso, però, l’atto da cui risultano le regioni della
decisione deve essere indicato e reso disponibile
Incentivo all’uso della telematica nei rapporti interni tra amministrazioni e tra queste ed i
privati (art. 3bis)

Capo II - Responsabile del procedimento (artt. 4-6bis)

Individuazione dell’unità organizzativa responsabile del procedimento (art. 4)

consente agli interessati di verificare l’operato della P.A.

Individuazione e comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento (art.


5)

responsabilizzazione dei funzionari preposti alla gestione del procedimento

Compiti del responsabile del procedimento (art. 6)

maggiore celerità del procedimento

Conflitto di interessi (art. 6bis, introdotto dalla L. 190/2012)

il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i


pareri, le valutazioni tecniche gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale
devono astenersi in caso di conflitto di interessi

Capo III - Partecipazione al procedimento amministrativo (artt. 7-13)

Obbligo di comunicare l’avvio del procedimento (salvo che sussistano ragioni


d’impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità) (artt. 7 e 8)

ai destinatari del provvedimento


ai soggetti che per legge devono intervenire nel procedimento
ai terzi che possono ricevere un pregiudizio dal provvedimento

Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi


diffusi, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, possono intervenire nel
procedimento (art. 9)
I destinatari della comunicazione e i soggetti intervenuti hanno diritto a prendere visione
degli atti del procedimento ed a presentare memorie scritte e documenti (art. 10)
Nei procedimenti ad istanza di parte la P.A. è tenuta a comunicare prima della formale
adozione di un provvedimento negativo, le ragioni del mancato accoglimento della
domanda (cd. preavviso di rigetto). Segue il contraddittorio endoprocedimentale:
l’interessato, venuto a conoscenza delle ragioni ostative, entro dieci giorni può esporre le
tesi giuridiche o addurre gli elementi di fatto ritenuti idonei ad inficiare la tesi della P.A. In
caso di mancato accoglimento delle osservazioni, la P.A. deve emanare il provvedimento
negativo dando ragione del suo operato nella motivazione (art. 10bis)
Stipulazione, tra P.A. e terzi interessati, di accordi procedimentali che evitino la
prosecuzione dell’attività unilaterale della P.A. Tali accordi possono essere finalizzati a
determinare il contenuto discrezionale dell’emanando provvedimento (accordi
integrativi) ovvero a sostituire il provvedimento finale (accordi sostitutivi) (art. 11)
Predeterminazione e pubblicazione dei criteri e delle modalità per l’attribuzione di vantaggi
economici, per assicurare trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa (art. 12)
La disciplina della partecipazione al procedimento non si applica ai procedimenti diretti
all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione, di
programmazione e ai procedimenti tributari (art. 13)

Osservazioni

La ratio della comunicazione di avvio del procedimento è da rinvenire, essenzialmente, nella


circostanza per cui essa consente al cittadino di avere un ruolo attivo nel corso del
procedimento, potendo interloquire con l’amministrazione procedente nonché fornire il
proprio apporto, influenzando la determinazione finale (LIBERATI).
In secondo luogo, bisogna sottolineare che, come chiarito più volte dalla dottrina e dalla
giurisprudenza, l’adempimento della comunicazione di avvio non va inteso in senso
meramente formalistico, in quanto esso deve mettere entrambe le parti —
amministrazione da un lato e privati dall’altro — in condizione di potere effettivamente
esporre le proprie ragioni, concretizzando, così, il momento dialettico tra P.A. e cittadini.
Nella comunicazione, ex art. 8 L. 241/1990, devono essere indicati:
— l’amministrazione competente;
— l’oggetto del procedimento;
— l’ufficio e la persona responsabile del procedimento;
— la data entro cui deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia
dell’amministrazione;
— l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti e, nei procedimenti ad istanza di parte, la
data di presentazione della relativa istanza.
La comunicazione di avvio, ai sensi dell’art. 8 della L. 241/1990, deve essere, inoltre,
personale e rivolta al singolo destinatario; tuttavia, nell’ottica di una sempre più
accentuata tendenza alla informatizzazione e speditezza dell’attività amministrativa, si ritiene
ormai che la comunicazione de qua possa essere inviata anche attraverso procedure
informatiche. Qualora, invece, per il numero dei destinatari non sia possibile o risulti
gravosa la comunicazione personale, l’amministrazione può provvedere alla comunicazione
anche mediante forme di pubblicità idonee, di volta in volta stabilite dall’amministrazione
medesima (cfr. a riguardo anche C.d.S., sez. IV, 9-12-2010, n. 8688).
Capo IV - Semplificazione dell’azione amministrativa (artt. 14- 21)

Conferenza di servizi (artt. 14-14quinquies)

istruttoria (qualora sia opportuno un esame contestuale dei vari interessi pubblici
coinvolti nel procedimento)

d e c i s o ri a (qualora bisogna assumere decisioni concordate tra varie


amministrazioni e sia necessaria l’acquisizione di intese concrete, nulla osta o
assensi di altre PP.AA.)
preliminare (qualora vengano in rilievo progetti di particolare complessità o di
insediamenti produttivi di beni e servizi può, su richiesta dell’interessato, essere
convocata, prima della presentazione dell’istanza o del progetto definitivo)

Accordi tra PP.AA. (art. 15)


Attività consultiva della P.A.: disciplina dei pareri (art. 16)
Generalizzazione del silenzio-devolutivo, salvo eccezioni, nell’ipotesi di acquisizione di
valutazioni tecniche (art. 17)
Attuazione dell’istituto dell’autocertificazione (art. 18)

D.P.R. 445/2000

— dichiarazione sostitutiva di certificazione


— dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà
— trasmissione telematica di istanze e documenti
— decertificazione nei rapporti P.A.-cittadini: gli uffici pubblici non possono più richiedere
certificati ai cittadini ma possono o acquisire d’ufficio dati e informazioni oppure accettare le
autocertificazioni, pena la violazione dei doveri d’ufficio

Segnalazione certificata di inizio attività - S.c.i.a. (art. 19)


Disciplina del silenzio assenso (art. 20)

Capo IVbis - Efficacia ed invalidità del provvedimento. Revoca e recesso (artt. 21bis-
21nonies)

Efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica del privato

dal momento della comunicazione al destinatario


immediata in caso di provvedimenti di carattere cautelare ed urgente

Esecutorietà (art. 21ter)


Efficacia ed esecutività (art. 21quater)
Revoca del provvedimento (art. 21quinqueis)
Recesso dai contratti (art. 21sexies)
Nullità del provvedimento (art. 21septies)

mancanza degli elementi essenziali


viziato da difetto assoluto di attribuzione
adottato in violazione o elusione del giudicato
altri casi espressamente previsti dalla legge

Annullabilità del provvedimento (art. 21octies)

violazione di legge
eccesso di potere
incompetenza
vizi non invalidanti (art. 21octies, comma 2)

Annullamento d’ufficio (art. 21nonies)

Capo V – Accesso ai documenti amministrativi (artt. 22-28)

Definizioni e principi in materia di accesso (art. 22)


Ambito di applicazione dell’accesso (art. 23)
Esclusione dal diritto di accesso (art. 24)
Modalità di esercizio e tutela dell’accesso (art. 25)
Obbligo di pubblicazione (art. 26)
Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi (art. 27)

Capo VI – Disposizioni finali (artt. 29-30)

Ambito di applicazione della normativa sul procedimento (art. 29)


Atti di notorietà (art. 30)

Osservazioni
L’art. 29 individua l’ambito di applicazione della normativa sul procedimento.
Quanto ai soggetti tenuti all’applicazione della legge, questi sono individuati, dal comma 1
della disposizione, nelle amministrazioni statali, negli enti pubblici nazionali, nonché nelle
società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni
amministrative.
Si applicano a tutte le pubbliche amministrazioni, poi, le disposizioni relative alla
responsabilità per ritardo nella conclusione del procedimento (art. 2bis), agli accordi
integrativi o sostitutivi del provvedimento (art. 11) e a quelli fra PP.AA. (art. 15), nonché il
Capo IVbis della legge. Si ricorda che è prevista l’applicazione anche delle previsioni
relative alla tutela giurisdizionale del diritto di accesso (art. 25, commi 5, 5bis e 6), anche se
la relativa disciplina è oggi confluita nel Codice del processo amministrativo.
I commi 2bis e 2ter dell’art. 29 individuano, invece, quelle disposizioni della L. 241/1990
che, attenendo ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera m), della Costituzione, devono trovare uniforme applicazione su tutto il territorio
nazionale. Si tratta delle norme concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di
garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un
responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l’accesso alla
documentazione amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei
procedimenti; a queste ipotesi deve aggiungersi la disciplina degli istituti della
segnalazione certificata di inizio attività, del silenzio assenso e della conferenza di
servizi.
Regioni ed enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, regolano le materie
disciplinate dalla L. 241/1990 nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del
cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa; essi, nel disciplinare i procedimenti di loro
competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle
disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui sopra, ma possono
prevedere livelli ulteriori di tutela. Le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di
Trento e Bolzano, infine, adeguano la propria legislazione alle disposizioni dell’art. 29,
secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

6. Le fasi dell’iter procedimentale

6.1 • Profili introduttivi

Dottrina

Quadripartizione delle fasi del procedimento (fase dell’iniziativa, istruttoria, decisoria e


integrativa dell’efficacia)
Restrizione del procedimento alla fase costitutiva (ZANOBINI)
Tripartizione delle fasi del procedimento (fase preparatoria, costitutiva e integrativa
dell’efficacia) (SANDULLI)
Distinzione tra fasi necessarie (iniziativa e decisione) e fasi eventuali (predecisoria e
integrativa dell’efficacia) (GALLI)

6.2 • I momenti del procedimento

Fase d’iniziativa

Iniziativa privata

istanza (domanda per ottenere un provvedimento)


denuncia (dichiarazioni all’autorità amministrativa per provocare l’esercizio dei
suoi poteri)
ricorso (reclamo per ottenere un riesame degli atti)

Iniziativa d’ufficio

autonoma (quando l’attività propulsiva promana dall’organo competente


all’emissione del provvedimento)

eteronoma (quando l’attività propulsiva promana da un organo diverso da quello


competente all’emissione del provvedimento finale)

— richieste
— proposte

Fase istruttoria

Acquisizione dei fatti

condizioni di ammissibilità (posizione legittimante, interesse a ricorrere)


requisiti di legittimazione (cittadinanza, titolo di studio)
circostanze di fatto

Acquisizione degli interessi (definizione degli interessi pubblici e privati coinvolti nel
procedimento)

conferenza di servizi (art. 14 L. 241/1990)


partecipazione dei privati al procedimento amministrativo
Elaborazione dei fatti e degli interessi

Fase decisoria

Decisione discrezionale
Decisione vincolata
Decisioni monostrutturate
Decisioni pluristrutturate

conferenza di servizi decisoria (art. 14 L. 241/1990)


accordi di programma (art. 15 L. 241/1990)
accordi diretti a determinare il contenuto del provvedimento o sostitutivi di questo
(art. 11 L. 241/1990)

Fase integrativa dell’efficacia

Ricorre nelle ipotesi previste dalla legge quando è necessario valutare la legittimità o la
congruità del provvedimento adottato o quando quest’ultimo, per propria natura, deve
essere portato a conoscenza dei destinatari per esplicare i propri effetti giuridici (cd. atti
recettizi)

Si ricordi che gli atti amministrativi vengono sottoposti ad un controllo, da parte della
stessa P.A. o di altro soggetto esterno, che può intervenire sia su un atto già perfetto ma non
efficace, sia su un atto che già esplica effetti.
Sulla funzione di controllo e, in particolare, sul controllo sugli atti si veda infra par. 9.

Osservazioni

La pubblica amministrazione ha l’obbligo di concludere il procedimento con un


provvedimento espresso, sia nel caso in cui lo stesso consegua ad un’istanza del privato
che nelle ipotesi in cui debba essere iniziato d’ufficio. È questo l’incipit dell’art. 2 L.
241/1990, dedicato alla conclusione del procedimento.
Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della
domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento
espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico
riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.
La tempistica procedimentale è la seguente (art. 2 L. 241/1990, come novellato dal D.L.
5/2012, conv. in L. 35/2012, nonché dalla L. 190/2012):
— salvo diverso termine, stabilito per legge o con diverso provvedimento, il termine
generale per la conclusione dei procedimenti amministrativi è di 30 giorni (art. 2, comma
2);
— per le amministrazioni statali, possono essere individuati termini non superiori a 90
giorni per la conclusione dei relativi procedimenti, mediante decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri (art. 2, comma 3);
— in presenza di particolari presupposti — sostenibilità dei tempi sotto il profilo
dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della
particolare complessità del procedimento — per la conclusione dei procedimenti di
competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali il termine di 90 giorni
può essere ampliato, fino ad un massimo di 180 giorni, mediante i D.P.C.M. di cui sopra.
L’art. 2 della legge sul procedimento amministrativo, nell’intento di porre rimedio agli effetti
lesivi del silenzio procedimentale, prosegue statuendo, da un lato, che la tutela in materia di
silenzio dell’amministrazione è disciplinata dal Codice del processo amministrativo (D.Lgs.
104/2010) e che le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso
il silenzio inadempimento dell’amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte
dei conti (comma 8, sostituito dal D.L. 5/2012, semplifica Italia); dall’altro lato, precisa che
l a mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di
valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e
amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente (nuovo comma 9,
così sostituito dal citato decreto semplifica Italia).
L’organo di governo, infatti, è tenuto ad individuare, nell’ambito delle figure apicali
dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia.
Nell’ipotesi di omessa individuazione, il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente
generale o, in mancanza, al dirigente preposto all’ufficio o, ancora, al funzionario di più
elevato livello presente nell’amministrazione. Per ciascun procedimento, sul sito internet
istituzionale dell’amministrazione è pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben
visibile nella homepage, l’indicazione del soggetto cui è attribuito il potere sostitutivo
e a cui l’interessato può rivolgersi. Tale soggetto, in caso di ritardo, comunica senza indugio
il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell’avvio del procedimento
disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei CCNL, e, in caso di
mancata ottemperanza a tali prescrizioni, assume la sua medesima responsabilità oltre
alla propria (comma 9bis, introdotto dal decreto semplifica Italia e così novellato dal D.L.
83/2012, conv. in L. 134/2012, cd. decreto sviluppo).
Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento, il privato può rivolgersi
al responsabile del rispetto della tempistica affinchè, entro un termine pari alla metà di
quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o
con la nomina di un commissario (comma 9ter, introdotto dal decreto semplifica Italia).
Il responsabile così individuato, entro il 30 gennaio di ogni anno, deve comunicare all’organo
di governo i procedimenti — suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti —
nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai
regolamenti (nuovo comma 9quater).
Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte, infine, devono trovare espressa
indicazione il termine previsto dalla legge o dai regolamenti e quello effettivamente
impiegato (comma 9quinquies, introdotto dal decreto semplifica Italia).
L’art. 2bis L. 241/1990, introdotto dalla L. 69/2009, ha previsto, infine, in capo alla pubblica
amministrazione una responsabilità per l’ipotesi di inosservanza dolosa o colposa del
termine di conclusione del procedimento.
Tale disposizione trova applicazione sia per le pubbliche amministrazioni che per i soggetti
privati preposti all’esercizio di attività amministrativa. Costoro sono tenuti a risarcire il
«danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del
termine di conclusione del procedimento» (art. 2bis, comma 1, L. 241/1990).
Ai sensi dell’art. 30 del Codice del processo amministrativo, tale azione risarcitoria è
sottoposta al termine decadenziale di 120 giorni, che non inizia a decorrere fino a quando
perdura l’inadempimento.
Da ultimo, l’art. 28, comma 9, D.L. 69/2013, conv. in L. 98/2013, cd. decreto del fare, ha
riconosciuto al cittadino il diritto ad ottenere un indennizzo in caso di ritardo nella
conclusione di un procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte per il quale
sussiste l’obbligo della P.A. di pronunciarsi (indennizzo per il mero ritardo).
7. Efficacia dell’atto amministrativo

Nozione: l’efficacia dell’atto amministrativo consiste nell’attitudine dello stesso a


produrre effetti. L’atto amministrativo diviene produttivo di effetti a seguito del completamento della
fase d’integrazione dell’efficacia.

Inizio dell’efficacia

Per gli atti non recettizi gli effetti si producono dal momento in cui l’atto è posto in essere
Per gli atti recettizi gli effetti decorrono dalla comunicazione al destinatario

Modificazioni

Proroga: provvedimento con cui la P.A. differisce ad un momento successivo, rispetto a


quello previsto dall’atto, il termine di scadenza dell’atto
Sospensione: provvedimento di secondo grado con cui si sospende l’esecuzione di un
precedente provvedimento. Viene disposta dallo stesso organo che ha emanato l’atto per
gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario. Il termine della sospensione è
esplicitamente indicato nell’atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una
sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze

Cessazione

Fatti naturali

scadenza del termine, condizione risolutiva, morte dell’interessato, impossibilità


sopravvenuta

Atti del destinatario

rinuncia (va accettata dalla P.A.)

Atti della P.A.

atti di controllo successivo con esito negativo


atti di ritiro (annullamento, revoca, abrogazione)
pronuncia di decadenza

Limiti spaziali
Validità dell’atto (es. ordinanza del Sindaco emessa in riferimento ad un altro Comune, è
nulla)
Efficacia dell’atto (se l’autorità emanante circoscrive l’efficacia dell’atto ad un particolare
ambito territoriale)

8. Esecutività, esecutorietà e coercizione dei provvedimenti


amministrativi

L’esecutività di un provvedimento amministrativo consiste nella sua idoneità «a produrre


automaticamente ed immediatamente i propri effetti, allorché l’atto sia divenuto efficace»
(CASETTA). La regola generale è quella per cui i provvedimenti amministrativi sono «eseguiti
immediatamente» (art. 21quater L. 241/1990). Ciò posto, può succedere che la P.A. debba porre in
essere un’attività di esecuzione al fine di adeguare la situazione di fatto alla situazione di diritto
disposta con il provvedimento. In tale prospettiva, con l’espressione esecutorietà del provvedimento
amministrativo (art. 21ter L. 241/1990) si indica la possibilità che la sua esecuzione «sia compiuta, in
quanto espressione di autotutela, direttamente e coattivamente dalla Pubblica Amministrazione,
senza dover ricorrere previamente ad un giudice» (CASETTA).
Sebbene l’azione amministrativa sia governata dal principio di necessità, tuttavia la P.A.
conserva una certa discrezionalità in ordine all’esecuzione (an, quando, quomodo).

Esecuzione del provvedimento amministrativo

Esecutività (art. 21quater L. 241/1990)

astratta idoneità dell’atto ad essere eseguito

Esecutorità (art. 21ter L. 241/1190)

esecuzione coattiva dell’atto da parte della P.A., nelle ipotesi e secondo le


modalità previste dalla legge, in caso di inottemperanza del destinatario

Fondamento giuridico dell’esecutorietà

L a ratio dell’art. 21ter L. 241/1990 viene ricondotta al principio di legalità ed alla


negazione della esistenza di poteri amministrativi impliciti: i procedimenti esecutivi non
potrebbero essere attuati se non in presenza di una legge che espressamente li preveda o
li giustifichi

Il fondamento giuridico dell’esecutorietà è rinvenibile nella natura pubblica della potestà di


cui si avvale la P.A. per emanare i provvedimenti: da ciò il carattere generale
dell’esecutorietà

Requisiti dell’atto esecutorio (VIRGA)


In genere è un provvedimento
Perfetto (ossia a conclusione del procedimento formativo)
Esecutivo e obbligatorio
Eseguibile (assenza di cause ostative legali di attuazione)
Anche se annullabile (ma non se nullo)
Coercibile per legge (la legge deve dichiarare quali sono i casi in cui il provvedimento è
esecutorio)
Coercibile per natura

Strumenti d’esecuzione

Coercizione diretta (esecuzione coattiva del provvedimento nei confronti dell’obbligato


inadempiente, senza il preventivo intervento dell’organo giurisdizionale)

esecuzione coattiva di prestazione di facere infungibile

esecuzione d’ufficio di obbligo di dare, facere fungibile e materiale


esecuzione in danno
esecuzione fiscale
esecuzione mediante ritenzione su somme di debitori, in suo possesso, per il
recupero dei crediti vantati

Coercizione indiretta (minaccia o applicazione di sanzioni amministrative da parte della


stessa P.A.)

9. Il sistema dei controlli

9.1 • Introduzione

Nozione: la funzione di controllo consiste in un «riesame» volto ad assicurare che gli


organi di amministrazione attiva agiscano in modo conforme alle leggi e secondo l’effettiva
opportunità in relazione al concreto interesse pubblico da perseguire (ALESSI).

Tipi di controllo

Sugli atti (diretto a valutare la legittimità o anche l’opportunità dell’atto amministrativo)


Su soggetti e organi (diretto a riesaminare e valutare l’operato, i comportamenti, la
funzionalità di un organo o di un ente pubblico)
Sull’attività (diretto a valutare il rendimento dell’amministrazione)

9.2 • I controlli sugli atti

Tipi di controlli sugli atti

Di legittimità (conformità formale dell’atto o dell’attività alle norme di legge)


Di merito (convenienza dell’atto o dell’attività per la P.A.)
Interno (che la stessa P.A. esercita al proprio interno)
Esterno (proveniente da soggetti diversi dalla P.A. interessata)
Ordinario (previsto dalla legge come necessario e abituale)
Straordinario (previsto dalla legge come eventuale e disposto a discrezione dell’autorità
amministrativa)
Preventivo (si configura come condizione sospensiva dell’efficacia del provvedimento)

antecedente (interviene su un atto non ancora perfezionato)


susseguente (interviene su un atto perfetto)

Successivo (interviene sull’atto già efficace e se ha esito negativo, ne determina


l’annullamento)
Sostitutivo (quando l’autorità gerarchicamente superiore, accerta l’inerzia dell’autorità
inferiore e si sostituisce ad essa nell’emanazione del relativo provvedimento)

Singoli atti di controllo

Visto (è un controllo preventivo di legittimità che sindaca l’atto sotto il profilo


dell’incompetenza, della violazione di legge e dell’eccesso di potere e che incide sulla sua
efficacia)
Approvazione (è un controllo preventivo di merito che non si limita al sindacato sulla
legittimità, ma si estende alla valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto incidendo
sulla sua efficacia)

Autorizzazione (è un controllo preventivo di merito o di legittimità che rimuove un ostacolo


all’esercizio di un diritto o potere che già appartiene al soggetto e che incide sulla validità
dell’atto)

Omologazione (è un controllo di legittimità e di merito in sostituzione o in aggiunta


all’approvazione)

Annullamento d’ufficio in sede di controllo (è un atto di controllo successivo di legittimità


che interviene dopo che l’atto ha acquistato efficacia)
Il sindacato sugli atti di controllo

Il potere di controllo, una volta esercitato, si estingue, per cui sono inammissibili
autoannullamento o autorevoca
L’atto di controllo positivo, in quanto procedimentale, non è impugnabile autonomamente
L’atto di controllo negativo, in quanto immediatamente impeditivo dell’efficacia dell’atto, è
autonomamente impugnabile
Il diniego del visto da parte della Corte dei conti non è impugnabile poiché proviene da una
magistratura

9.3 • I controlli su organi o enti

Controlli su soggetti

Ispettivo: consiste nel potere di disporre ispezioni ed accertamenti sull’attività delle


amministrazioni controllate

Sostitutivo-semplice: si esplica nella sostituzione di un organo superiore ad uno inferiore


in caso di inerzia o ritardo nel compimento di alcuni atti da parte di quest’ultimo

Sostitutivo-repressivo: consiste nella contemporanea sostituzione dell’organo controllato e


nell’applicazione di sanzioni al titolare di esso

Repressivo: si concretizza nell’applicazione di particolari sanzioni amministrative o


disciplinari al titolare dell’organo controllato

9.4 • I controlli sull’attività

Controllo sull’attività

Controlli interni di gestione (D.Lgs. 286/1999)

controllo di regolarità amministrativa e contabile (legittimità, regolarità e


correttezza dell’azione amministrativa)

controllo di gestione (efficacia, efficienza, economicità)

valutazione dei dirigenti

controllo strategico (adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione


degli strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza
tra obiettivi prefissati e risultati conseguiti)

Controlli esterni sulla gestione delle singole amministrazioni


effettuati dalla Corte dei conti, ex L. 20/1994

Osservazioni

Il D.Lgs. 150/2009, di attuazione della riforma Brunetta, è intervenuto massicciamente sul


sistema dei controlli interni così come delineato dal D.Lgs. 286/1999.
Infatti, dal 30 aprile 2010 è abrogata la disciplina sulla valutazione della dirigenza (art.
5 D. Lgs. 286/1999) che viene sostituita da quella relativa alla misurazione e valutazione
d e l l a performance svolta dagli Organismi indipendenti di valutazione della
performance da cui alla riforma Brunetta (v. retro), i quali sostituiscono a loro volta i servizi
di controllo interno, comunque denominati, di cui al D.Lgs. 286/1999.
L’Organismo indipendente, infatti, monitora il funzionamento complessivo del sistema della
valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni ed elabora una relazione
annuale sullo stato dello stesso; garantisce, altresì, la correttezza dei processi di
misurazione e valutazione, nel rispetto del principio di valorizzazione del merito e della
professionalità.
Ulteriore novità recata dal D.Lgs. 150/2009 è costituita dalla confluenza della funzione di
valutazione e controllo strategico — nei termini di cui all’art. 6, comma 1, D.Lgs. 286/1999
— nella competenza dagli Organismi in questione. A tal fine, questi ultimi riferiscono
direttamente all’organo di indirizzo politico-amministrativo.
I controlli di regolarità amministrativa e contabile sono stati, a loro volta, innovati dal D.Lgs
30-6-2011, n. 123. La riforma attiene unicamente alle procedure del controllo, non andando
a incidere sulla formazione degli atti controllati e la sua ratio è da rinvenire, essenzialmente,
nell’esigenza di razionalizzazione e riorganizzazione delle norme in materia, contenute in
svariati testi normativi.
Sui controlli nell’ambito delle autonomie territoriali, v. retro Parte III, Cap. 3.

Sezione Seconda

L’evoluzione informatica dell’attività amministrativa

1. E-government e digitalizzazione della P.A.

Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche


devono incentivare l’uso della telematica sia nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni, che
tra queste ultime e i privati (art. 3bis L. 241/1990).
Con l’espressione e-government, in particolare, si fa riferimento a quella particolare
modalità di miglioramento della circolazione interna ed esterna dei dati nonché dell’attività in genere
degli uffici pubblici.
Principi ispiratori dell’informatizzazione

Miglioramento dei servizi a cittadini e imprese


Trasparenza dell’azione amministrativa
Potenziamento dei supporti conoscitivi per le decisioni pubbliche
Contenimento dei costi dell’azione amministrativa
Miglioramento dell’efficienza amministrativa
Riqualificazione del personale della P.A.
Valorizzazione del ruolo della P.A.

2. Il Codice dell’amministrazione digitale

2.1 • I diritti di cittadini e imprese

Il Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 4-3-2005, n. 82) rappresenta una sorta


di «Costituzione del mondo digitale», finalizzata alla semplificazione e al riassetto della normativa in
materia di informatica nelle pubbliche amministrazioni. Si fa presente che il Codice è stato
ripetutamente novellato negli anni, con l’obiettivo di renderlo aderente al progressivo miglioramento e
diffusione degli strumenti telematici. Ricordiamo, in particolare, tra gli interventi di modifica quelli
recati dal D.Lgs. 159/2006, dal D.Lgs. 235/2012 e dal D.L. 179/2012, conv. in L. 221/2012.
Nella pubblica amministrazione digitale i cittadini e le imprese hanno nuovi diritti che il
Codice precisa e definisce e che rende, quindi, effettivamente esigibili.

Diritto all’uso delle tecnologie (art. 3)

I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle moderne tecnologie
informatiche per tutti i rapporti con qualsiasi amministrazione dello Stato, ivi comprese le
società interamente partecipate da enti pubblici e a prevalente carattere pubblico e con i
gestori di pubblici servizi

Domicilio digitale del cittadino (art. 3bis)

È facoltà di ogni cittadino quella di indicare alla P.A. un proprio indirizzo di posta
elettronica certificata quale suo domicilio digitale. Tale indirizzo è inserito nell’Anagrafe
nazionale della popolazione residente - ANPR ed è reso disponibile a tutte le PP.AA. e ai
gestori o esercenti di pubblici servizi

Diritto alla partecipazione al procedimento informatico e all’accesso (art. 4)

Cittadini e le imprese hanno diritto di accedere a tutti gli atti che li riguardano e di
partecipare a tutti i procedimenti in cui sono coinvolti tramite le moderne tecnologie
informatiche e telematiche

Effettuazione di pagamenti con modalità informatiche (art. 5)

Le pubbliche amministrazioni ed i gestori di pubblici servizi sono tenuti, a decorrere dal 1°


giugno 2013, ad accettare i pagamenti ad essi spettanti, a qualsiasi titolo dovuti, anche
con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione

Diritto di comunicazione tra imprese e amministrazioni pubbliche attraverso l’ICT (art. 5bis)

La presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti,


anche a fini statistici tra imprese e amministrazioni, nonché l’adozione da parte di queste
ultime di provvedimenti amministrativi, avviene esclusivamente utilizzando le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione. Con le stesse modalità le PP.AA. adottano e
comunicano atti e provvedimenti amministrativi nei confronti delle imprese

Utilizzo della posta elettronica certificata (art. 6)

Le amministrazioni utilizzano la posta elettronica certificata per le comunicazioni che


necessitano di una ricevuta di invio e una di consegna con i soggetti che hanno
preventivamente dichiarato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. La PEC,
dunque, è divenuta il mezzo più veloce e valido per comunicare con la P.A.

Diritto alla qualità del servizio e alla misura della soddisfazione (art. 7)

Le pubbliche amministrazioni provvedono alla riorganizzazione ed aggiornamento dei


servizi resi, sviluppando l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione,
sulla base di una preventiva analisi delle reali esigenze dei cittadini e delle imprese, e
utilizzando strumenti per la valutazione del grado di soddisfazione degli utenti

Alfabetizzazione informatica dei cittadini (art. 8)

Lo Stato promuove iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione informatica dei cittadini, con
particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione

Partecipazione democratica elettronica (art. 9)

Le pubbliche amministrazioni favoriscono ogni forma di uso delle nuove tecnologie per
promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti all’estero, al
processo democratico e per facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che
collettivi

Diritto a trovare on line tutti i moduli e i formulari validi e aggiornati (art. 57)

Le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare on line l’elenco dei documenti


richiesti per ogni singolo procedimento (moduli e formulari validi) e non possono richiedere
l’uso di moduli o formulari che non siano stati pubblicati sul web

Osservazioni

L a posta elettronica certificata (PEC) è un sistema di comunicazione in cui le e-mail


hanno valore equiparato ad una raccomandata con ricevuta di ritorno. Tutte le pubbliche
amministrazioni nonché le società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente
capitale pubblico, devono istituire e pubblicare almeno una casella di posta elettronica
certificata per ciascun registro di protocollo (art. 57 D.Lgs. 82/2005). Le PP.AA., pertanto,
utilizzano la PEC per la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una
ricevuta di invio e di una di consegna a soggetti che hanno preventivamente dichiarato il
proprio indirizzo. Al fine di favorire la presentazione di istanze, dichiarazioni e dati e lo
scambio di informazioni tra amministrazioni, professionisti e imprese, l’art. 6bis del Codice
(inserito dal D.L. 179/2012, conv. in L. 221/2012, cd. decreto crescita bis) prevede
l’istituzione di un Indice Nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei
professionisti.

2.2 • Gli strumenti della P.A. digitale

I diritti individuati nel Codice dell’amministrazione digitale sono resi effettivi dalla P.A.
mediante l’utilizzo di alcuni strumenti, che costituiscono il «mezzo» per realizzare un’effettiva
digitalizzazione dell’azione amministrativa.

Strumenti

Firme elettroniche

firma elettronica
firma elettronica avanzata
firma elettronica qualificata
firma digitale

Documento informatico e fascicolo informatico


Siti internet delle PP.AA.
Carte elettroniche
Carta d’identità elettronica (CIE)
Carta nazionale dei servizi

Posta elettronica certificata (PEC)

In sintesi

L’attività procedimentale delle pubbliche amministrazioni è sempre più orientata nella


prospettiva della massima trasparenza, nella sua accezione di accessibilità totale delle
informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni. La ratio
di ciò è da rinvenire nella esigenza di garantire forme diffuse di controllo sul perseguimento
delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche. In quest’ottica si pone il
D.Lgs. 33/2013, cd.T.U. trasparenza , il quale provvede al riordino degli obblighi di
pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle amministrazioni
pubbliche. In particolare, viene disciplinata la pubblicazione sui siti istituzionali delle
PP.AA. dei documenti, delle informazioni e dei dati sull’organizzazione e attività
amministrativa. Chiunque ha il diritto di accedere a tali notizie pubblicate sui siti,
gratuitamente ed immediatamente.
Capitolo 3

ATTI E PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI

Sezione Prima

Atti e provvedimenti

1. Concetto di atto amministrativo: evoluzione dottrinaria

Nozione: è atto amministrativo quell’atto posto in essere da un’autorità


amministrativa nell’esercizio di una funzione amministrativa.
Diverse sono le teorie succedutesi nel tempo in ordine alla sua essenza.

Teoria tradizionale

Sono considerati atti amministrativi tutti gli atti di natura pubblicistica emanati dal potere
esecutivo (massima estensione della nozione di atto)

Teoria formale e sostanziale

In considerazione dell’inesistenza di una precisa corrispondenza fra potere dello Stato e


rispettiva funzione, può considerarsi amministrativo un atto che promani da un’autorità
amministrativa, ovvero da soggetto a questa equiparato ex lege o attraverso concessione
(profilo formale), nell’esercizio di una funzione amministrativa (profilo sostanziale)

Teoria negoziale

Sulla base di una presunta analogia con l’autonomia negoziale si distingue tra: atti
amministrativi negoziali, cioè dichiarazioni di volontà volte alla realizzazione di finalità
pubbliche, e meri atti amministrativi costituenti atti di scienza, conoscenza. In realtà una
tale analogia è inammissibile

Teoria della procedimentalizzazione e funzionalizzazione dell’attività amministrativa

Si concretizza nel provvedimento amministrativo, discendente da una serie di atti


coordinati e concatenati, caratterizzato dalla manifestazione di volontà e dall’imperatività.
Ne discende la distinzione tra atti e provvedimenti amministrativi
2. Criteri di distinzione degli atti amministrativi

Natura dell’attività

Atti di amministrazione attiva diretti a soddisfare gli interessi propri della P.A.

Atti di amministrazione consultiva volti ad illuminare mediante consigli tecnici, giuridici ed


economici gli organi di amministrazione attiva

Atti di amministrazione di controllo diretti a sindacare sotto il profilo del merito o della
legittimità l’operato dell’amministrazione attiva

Elemento psichico

Atti consistenti in manifestazioni di volontà

Atti consistenti in manifestazioni di conoscenza

Atti consistenti in manifestazioni di giudizio

Atti di natura mista

Discrezionalità

Atti discrezionali

Atti vincolati

Efficacia

Atti costitutivi che creano, modificano o estinguono un rapporto giuridico preesistente

Atti dichiarativi che si limitano ad accertare una data situazione

Risultato

Atti ampliativi che attribuiscono al destinatario nuovi poteri e nuove facoltà

Atti restrittivi che estinguono diritti o creano nuovi obblighi in capo al destinatario

Destinatari

Atti particolari destinati ad un solo soggetto

Atti con pluralità di destinatari

atti plurimi (formalmente unici ma scindibili)


atti collettivi (con i quali la P.A. manifesta la propria volontà unitariamente e
inscindibilmente)

Atti generali (con destinatari non determinati ma determinabili)

Reciproca interdipendenza

Atti composti (costituiti da più manifestazioni di volontà ma giuridicamente considerati


come atti unici)

atti complessi (fusione di pari volontà che esprimono interessi non contrapposti
ma convergenti)
atti continuati (determinazioni molteplici, poste in essere dallo stesso agente)

Atti contestuali (costituiti da più atti che conservano la propria autonomia funzionale)

atti simultanei (unica manifestazione di volontà, rivolta in più direzioni)


atti plurimi (multiple manifestazioni di volontà, rivolte in un’unica direzione)

Procedimento amministrativo

Atti procedimentali

atti propulsivi (istanze, richieste, ricorsi)


atti preparatori (pareri, designazioni, accordi preliminari)

Atti presupposti (pur rilevando ai fini dell’effetto giuridico finale, possono acquistare rilievo
giuridico autonomo nell’ambito del procedimento amministrativo, ovvero costituiscono atto
finale di un procedimento autonomo)

Agenti

Atti di un solo organo


Atti di più organi

atti complessi (concorso di volontà di più organi, con fine ed interesse comune)
aventi pari o differente valore
atti di concerto (adottati da un organo ma d’intesa con altri)
atti di intesa: l’intesa di norma viene raggiunto tra enti differenti ai quali si imputa
l’effetto (CASETTA)

Differenze

Gli atti amministrativi generali sono provvedimenti contenenti proposizioni prescrittive


generali (a contenuto non normativo) e rivolti ad una pluralità di soggetti non determinabili a
priori, ma, individuabili soltanto a posteriori ovvero al momento della loro applicazione.
A differenza dell’atto normativo, l’atto amministrativo generale non possiede i requisiti
della innovatività (poiché esaurisce la sua efficacia con l’emanazione del singolo atto
applicativo) e dell’astrattezza (non avendo attitudine alla ripetizione indefinita a fattispecie
concreta). Un tipico esempio di atto amministrativo generale è il bando di gara.

3. Provvedimenti amministrativi

Nozione: manifestazioni di volontà, aventi rilevanza esterna, provenienti da una P.A.


nell’esercizio di una attività amministrativa indirizzata a soggetti determinati o determinabili e in grado
di modificare unilateralmente la sfera giuridica degli stessi. L’emanazione dei provvedimenti è in
genere preceduta da un «insieme di atti, fatti ed attività, tutti tra di loro connessi» (caratterizzati,
pertanto, da uno scopo comune ed unitario qual è l’adozione del provvedimento finale), che
confluiscono nel procedimento amministrativo (CASETTA).

Forza giuridica (autoritarietà)

I provvedimenti impongono unilateralmente modificazioni nella sfera giuridica dei


destinatari

provvedimenti positivi (costituiscono, modificano o estinguono poteri e facoltà


del destinatario, indipendentemente dal suo consenso)

provvedimenti negativi (sanciscono la non spettanza del provvedimento positivo


al destinatario)

Esecutorietà

Possibilità per la P.A., previa diffida, di dare, coattivamente, immediata e diretta


esecuzione al provvedimento amministrativo, nelle ipotesi e con le modalità previste dalla
legge (art. 21ter L. 241/1990)

Tipicità
I provvedimenti amministrativi sono solo quelli previsti dall’ordinamento

con riguardo al contenuto


con riguardo alla funzione

Nominatività

A ciascun interesse è preordinato un tipo di atto perfettamente definito dalla legge

Temperamenti ai principi di nominatività e tipicità

Le ordinanze di necessità ed urgenza nelle materie previste tassativamente dalla legge

4. Elementi e requisiti dell’atto amministrativo

Elementi

Essenziali (necessari giuridicamente per dar vita all’atto)


Accidentali (componenti eventuali che ampliano o restringono il contenuto naturale
dell’atto)
Naturali (previsti dalla legge per il tipo astratto di atto, automaticamente inseriti anche se
non richiamati)

Requisiti

Legittimità (la mancanza determina l’annullabilità)


Efficacia (necessari perché l’atto spieghi i suoi effetti)

5. Gli elementi essenziali dell’atto amministrativo

Teoria negoziale (VIRGA)

Agente
Destinatario dell’atto
Forma
Oggetto
Volontà

Dottrina tradizionale (SANDULLI)

Soggetto
Oggetto
Forma
Contenuto
Finalità

Agente o soggetto

Centro d’imputazione giuridica che pone in essere l’atto e può essere rappresentato da

un funzionario dello Stato o di altro ente pubblico


un privato investito dell’esercizio di una pubblica funzione

Destinatario

L’organo pubblico o il soggetto nei cui confronti si producono gli effetti del provvedimento
(determinato o determinabile)

Volontà

Nessun atto può considerarsi riferibile all’autore se non è stato consapevolmente voluto.
Per Sandulli invece non rileva il momento psichico dell’agente, ma la statuizione fondata su
una corretta rappresentazione della realtà e coerente, nella conclusione, ai presupposti

Oggetto

È costituito «dalla porzione di realtà giuridica e materiale su cui l’atto è destinato ad


incidere» (C.d.S., sez. V, 19-9-2008, n. 4522)
Comportamento
Fatto
Bene

Contenuto

Naturale (ciò che l’atto dispone)


Implicito (discendente dalle disposizioni normative)
Eventuale (discendente dalla presenza di elementi accidentali)

Finalità

L’aspetto funzionale dell’atto, cioè lo scopo che persegue

Forma

Deve ritenersi vigente il principio generale della libertà della forma (nonostante la
giurisprudenza ritenga che la regola generale sia la forma scritta ad substantiam). La
forma può essere:

esplicita
implicita

6. Struttura formale dell’atto amministrativo

Struttura

Intestazione, cioè l’indicazione dell’autorità da cui promana l’atto


Preambolo in cui sono indicate le norme di legge in base alle quali l’atto è stato adottato,
nonché le attestazioni degli atti preparatori
Motivazione

parte descrittiva in cui la P.A. indica gli interessi coinvolti nel procedimento

parte valutativa in cui la P.A. valuta comparativamente gli interessi indicando le


ragioni per le quali preferisce soddisfarne uno in luogo di un altro

Dispositivo, cioè la parte precettiva dell’atto


Luogo dell’emanazione
Data
Sottoscrizione dell’organo competente

Motivazione

Indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato
l’adozione dell’atto
prima della L. 241/1990, era necessaria solo se imposta dalla legge o dalla
natura dell’atto
con l’art. 3 L. 241/1990 ogni provvedimento deve essere motivato
— tranne gli atti normativi e a contenuto generale
— è ammessa la motivazione per relationem

la mancanza di motivazione non è più vizio di eccesso di potere ma ipotesi di


violazione di legge
sussiste un obbligo di motivazione rafforzata ove, in sede di provvedimento
finale, il dirigente si discosti dalla proposta all’uopo formulata dal responsabile del
procedimento

Sezione Seconda

Il silenzio amministrativo

1. Il silenzio amministrativo: il cd. obbligo di provvedere della


P.A.

Nozione: per silenzio amministrativo si intende l’inerzia della P.A. che non integra un
atto, ma un mero fatto (SANDULLI). Il silenzio si configura allorché la pubblica amministrazione
omette di provvedere quando vi abbia obbligo giuridico. Si pone, pertanto, la necessità di
qualificare giuridicamente tale comportamento omissivo, al fine di individuare gli strumenti di tutela
adoperabili dal privato ove l’inerzia della pubblica amministrazione lo danneggi.

Figure contemplate dall’ordinamento

silenzio assenso: si configura nei casi in cui la legge attribuisce al silenzio il valore di
accoglimento di un’istanza (art. 20 L. 241/1990)
silenzio diniego: si realizza quando la legge conferisce all’inerzia della P.A. il significato
di diniego di accoglimento dell’istanza o ricorso. Tra le ipotesi più importanti di silenzio-
diniego troviamo quella disciplinata dall’art. 53 D.Lgs. 165/2001, T.U. pubblico impiego, ai
sensi del quale l’autorizzazione richiesta da dipendenti pubblici alla P.A. di appartenenza
ai fìni dello svolgimento di incarichi retribuiti si intende definitivamente negata quando sia
inutilmente decorso il termine di 30 giorni per provvedere
silenzio devolutivo: si ha quando il silenzio di una P.A. comporta l’attribuzione della
competenza ad altra autorità (v. art. 17 L. 241/1990)
silenzio-inadempimento: riguarda le ipotesi in cui la P.A., di fronte alla richiesta di un
provvedimento da parte del privato, abbia omesso di provvedere entro i termini previsti
dalla legge (o da norma regolamentare) e questa non contenga alcuna indicazione sul
valore da attribuire al silenzio. Ai sensi degli artt. 31 e 117 del Codice del processo
amministrativo, il privato può adire l’autorità giurisdizionale al fine di ottenere
l’accertamento dell’obbligo della P.A. di provvedere. L’azione avverso il silenzio si svolge
secondo il rito speciale all’uopo previsto
Sul silenzio assenso si veda amplius infra Cap. 4, par. 3.

2. Il problema del provvedimento sopravvenuto

Nozione: con l’espressione provvedimento sopravvenuto si fa riferimento al


provvedimento intervenuto dopo che, a seguito dell’inerzia della P.A., è stato proposto ricorso al
giudice amministrativo.

Silenzio-inadempimento

Impugnazione del nuovo atto anche con motivi aggiunti


Impugnazione nei termini e con il rito previsto per il provvedimento espresso

Silenzio assenso

Il decorso del termine comporta la consumazione del potere della P.A. di decidere
sull’istanza, e cioè l’inammissibilità di una pronuncia tardiva di rigetto

In sintesi

L’art. 2 della L. 241/1990 ha generalizzato l’obbligo di conclusione espressa del


procedimento amministrativo: la pubblica amministrazione è obbligata a concludere il
procedimento con un provvedimento finale espresso entro un termine certo e ragionevole,
nel rispetto dei principi di certezza del diritto e di imparzialità-trasparenza dell’azione
amministrativa.
Detto obbligo rileva ai fini del legittimo affidamento ingenerato dai comportamenti della P.A.
nei confronti del destinatario del provvedimento, il quale si può trovare di fronte ad una
amministrazione che lasci decorrere il termine di conclusione senza adottare alcun atto né
manifestare alcunché.
In questi casi si parla di silenzio-inadempimento (o silenzio-rifiuto), e il rimedio previsto
a tutela del privato consiste in un rito speciale (artt. 31 e 117 c.p.a.) caratterizzato
dalla celerità dei termini processuali, grazie alla quale il privato stesso può ottenere
in tempi brevi una pronuncia di condanna ad adempiere. Il silenzio-inadempimento
rientra fra le ipotesi di silenzio non significativo, caratterizzate dal fatto che la legge non
ricollega nessun significato particolare (di accoglimento o rigetto della richiesta di un
provvedimento) all’inerzia della pubblica amministrazione, limitandosi a qualificarlo come un
inadempimento dell’obbligo di provvedere sancito, in via generale, dall’art. 2 L. 241/1990.
Si noti, infine, che l’obbligo di provvedere della pubblica amministrazione, è desumibile
anche da norme di carattere generico, compresi i principi fondamentali che informano
l’azione amministrativa, quali il principio di legalità, il principio di buon andamento e il
principio di imparzialità, ai sensi dell’art. 97 Cost.
Capitolo 4

TIPI DI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI

1. Le autorizzazioni

Nozione: l’autorizzazione è il provvedimento mediante il quale la P.A., nell’esercizio di


un’attività discrezionale, in funzione preventiva e di regola ad istanza dell’interessato, provvede alla
rimozione di un limite legale posto all’esercizio di un’attività inerente ad un diritto soggettivo o ad
una potestà pubblica che preesistono in capo al destinatario.

Elementi costitutivi

Esistenza di un limite legale all’esercizio di un’attività inerente ad un diritto soggettivo o


potestà preesistente
Apprezzamento discrezionale della P.A. in funzione preventiva
Rimozione di un limite legale

Natura giuridica

Provvedimento ampliativo della sfera giuridica del privato, non a carattere costitutivo
Provvedimento di natura personale (divieto di rappresentanza e intrasmissibilità dello
stesso, salve le deroghe espressamente previste)

Profili funzionali

Provvedimenti autorizzativi in funzione di controllo


Provvedimenti autorizzativi in funzione di programmazione

Tipi di autorizzazioni

Espresse o formali
Tacite (silenzio assenso)

Modali (quando la P.A. può inserire prescrizioni limitative o modali)

Non modali (quando il contenuto è stabilito dalla legge e la P.A. non può inserire
limitazioni)

Personali (quando l’apprezzamento della P.A. riguarda requisiti inerenti la persona del
soggetto autorizzato)
Reali (quando l’accertamento verte su requisiti concernenti una res)

Il rapporto di diritto pubblico nascente dall’autorizzazione

Destinatario

facoltà di esercitare l’attività autorizzata

P.A.

obbligo di «sopportare» l’attività autorizzata

2. La segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.)

Nozione: la segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a., ex dichiarazione di inizio


attività, d.i.a.) è una segnalazione sostitutiva resa da un soggetto interessato all’esercizio di una
attività economica privata e che sostituisce il regime delle autorizzazioni amministrative concernenti
l’esercizio delle attività stesse (art. 19 L. 241/1990, come ripetutamente novellato nel corso degli
ultimi anni).

Ambito di applicazione dell’istituto

È sostituito da una segnalazione dell’interessato ogni atto di autorizzazione, licenza,


concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato per l’esercizio
di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipende all’accertamento
di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale

non sono soggette a s.c.i.a. le ipotesi in cui sussistono vincoli ambientali,


paesaggistici o culturali e quelle relative agli atti rilasciati dalle amministrazioni
preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione,
all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia e all’amministrazione
delle finanze, nonché per atti previsti dalla normativa per le costruzioni in zone
sismiche e per quelli imposti dalla normativa europea
la disciplina dell’art. 19 non si applica alle attività economiche a prevalente
carattere finanziario

Procedura

L’interessato deve presentare la segnalazione corredata da autocertificazioni di stati


personali ex D.P.R. 445/2000, nonché da attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati,
completate con gli elaborati tecnici necessari per consentire alla P.A. le necessarie
verifiche di competenza
Nei casi in cui la normativa vigente prevede l’acquisizione di atti o pareri di enti o organi
appositi, o l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti da
autocertificazione, attestazioni, asseverazioni o certificazioni, salve le verifiche successive
degli organi e delle amministrazioni competenti
L’attività può essere iniziata immediatamente, già alla data di presentazione della
segnalazione
La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei
relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante raccomandata A/R, eccetto i
procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica: in tal caso la
segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte
dell’amministrazione
In caso di accertamento, da parte dell’amministrazione, della carenza dei presupposti e
requisiti necessari, questa può disporre, entro 60 gg. dal ricevimento della segnalazione e
con provvedimento motivato, il divieto di proseguire l’attività e la rimozione degli
eventuali effetti dannosi; è fatta salva la possibilità per l’interessato di conformare
l’attività alla normativa vigente, laddove possibile ed entro un termine fissato dalla P.A.

La P.A. può sempre assumere determinazioni in via di autotutela, ex artt. 21quinquies e


21nonies L. 241/1990
Decorsi 60 gg. dalla segnalazione, in assenza di un provvedimento interdittivo da parte
della P.A., quest’ultima può intervenire solo in presenza di pericolo di danno al patrimonio
artistico e culturale, alla salute, all’ambiente, alla sicurezza pubblica o alla difesa nazionale
e previo motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi
mediante conformazione dell’attività del privato alla normativa vigente
Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni, attestazioni o
asseverazioni che corredano la scia, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti
e dei presupposti di legge è punito con la reclusione da uno a tre anni

Peculiarità della s.c.i.a. (ex d.i.a.) in materia edilizia

Il termine entro il quale la P.A. può adottare provvedimenti inibitori dell’attività è ridotto da
60 a 30 gg. dal ricevimento della segnalazione
Restano ferme le disposizioni, contenute nel D.P.R. 380/2001 e nelle leggi regionali,
relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alla responsabilità e alle sanzioni
Non si applica la s.c.i.a. edilizia nelle ipotesi in cui la denuncia, in base alla normativa
statale o regionale, sia alternativa o sostitutiva del permesso di costruire (si continua ad
applicare la cd. super-d.i.a.)

Natura giuridica

Segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.), denuncia e dichiarazione di inizio attività


(d.i.a.) non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili

Tutela del terzo

Possibilità per gli interessati di presentare solleciti all’amministrazione per l’esercizio delle
verifiche di competenza
In caso di inerzia della P.A. ai solleciti degli interessati, questi possono esperire, innanzi al
G.A., esclusivamente l’azione avverso il silenzio, ex art. 31 c.p.a.
3. Il silenzio assenso

Art. 20 L. 241/1990

Nei procedimenti ad istanza di parte, se l’amministrazione non comunica all’interessato il


provvedimento di rigetto nei termini stabiliti dalla legge sul procedimento, ovvero non indice
una conferenza di servizi, il silenzio equivale a provvedimento di accoglimento
L’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela
S o no esclusi dalla disciplina dell’art. 20 gli atti riguardanti il patrimonio culturale e
paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo
e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità
La disciplina del silenzio assenso non si applica ai casi in cui la normativa dell’UE impone
l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio
della P.A. come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con
D.P.C.M.
Al silenzio assenso si applicano le disposizioni sulla sospensione dei termini procedurali e
sul preavviso di rigetto (artt. 2, comma 7, e 10bis L. 241/1990)
Giurisdizione esclusiva del G.A. sulle controversie relative all’applicazione dell’art. 20

Differenze

La ratio delle diversità delle discipline della s.c.i.a. e del silenzio assenso va ricercata
nella diversità dell’oggetto:
— l’art. 19, concernente materie soggette a provvedimenti autorizzatori a carattere
sostanzialmente vincolato, che non abbisognano di una valutazione comparativa di interessi
primari e secondari, legittima all’esercizio dell’attività in parola a seguito della sola
presentazione di apposita segnalazione dell’interessato;
— l’art. 20, afferendo a settori caratterizzati dall’intervento di autorizzazioni a contenuto
discrezionale, e conseguentemente comportando un’opera di organica disamina degli
interessi in considerazione, impedisce al privato di iniziare l’attività autorizzanda
antecedentemente a l decorso dell’arco temporale funzionale alla maturazione del
provvedimento tacito di accoglimento (FERRARI).

4. Figure analoghe all’autorizzazione

Abilitazione

Provvedimento che consente l’attività di cui trattasi sulla base di un riscontro tecnico circa
la sussistenza dei requisiti di idoneità richiesti dalla legge

Approvazione

Provvedimento mediante il quale l’autorità competente esercita un controllo preventivo di


merito sull’atto o attività compiuta

Nulla-osta

Atto con cui un’autorità amministrativa dichiara di non avere osservazioni in ordine
all’adozione di un provvedimento da parte di un’altra autorità

taluni lo riconducono nell’ambito degli atti autorizzativi, altri lo configurano come


atto strumentale di un procedimento complesso

Licenza

Provvedimento con il quale si consente l’esplicazione di una certa attività

se alla licenza preesiste un diritto soggettivo condizionato si è in presenza di una


specie del genus autorizzazione
se alla licenza preesiste un interesse legittimo si è in presenza della cosiddetta
«licenza in senso tecnico», cioè di un provvedimento con il quale la P.A.,
nell’esercizio di un’attività discrezionale, conferisce a determinati soggetti nuovi
diritti

Registrazione

Provvedimento che è diretto a rimuovere un limite legale all’esercizio del diritto

Dispensa

È un provvedimento con il quale la P.A., sulla base di una valutazione discrezionale,


consente ad un soggetto di esercitare un’attività o compiere un atto in deroga ad un
divieto di legge, ovvero esonera il soggetto dall’adempimento di un obbligo

Differenze

La differenza fra abilitazione e autorizzazione attiene al tipo di discrezionalità cui ricorre


la pubblica amministrazione: discrezionalità amministrativa nel caso di autorizzazione,
discrezionalità tecnica nel caso di abilitazione.
Per quanto riguarda, invece, il tratto distintivo ricorrente fra approvazione e
autorizzazione, va detto che la prima interviene successivamente al compimento dell’atto
o attività, e non prima.
Ancora, nella registrazione, a differenza dell’autorizzazione, la valutazione non è
discrezionale ma fondata sull’accertamento della sussistenza delle condizioni di legge (è
un’autorizzazione vincolata).
Da ultimo, va segnalato che la differenza fra dispensa e autorizzazione consiste nel fatto
che la dispensa consente al destinatario di esercitare un diritto che non preesiste all’atto,
ma è di nuova costituzione.

5. Le concessioni

Nozione: la concessione è il provvedimento amministrativo con il quale la P.A.


conferisce ex novo posizioni giuridiche attive al destinatario, ampliandone così la sfera giuridica
(ROMANO e SANDULLI).

5.1 • Distinzioni preliminari

Distinzioni

Concessioni sui beni

Concessioni di servizi

Differenze dall’autorizzazione

Profilo sostanziale

la situazione sostanziale che legittima il richiedente, a differenza


dell’autorizzazione, è sempre e solo un interesse legittimo

Profilo strutturale

sebbene sia le autorizzazioni sia le concessioni siano atti terminali di un iter


procedimentale, a differenza dei procedimenti autorizzatori, in quelli concessori i
privati reagiscono all’inerzia della P.A. attivando la procedura del silenzio-
inadempimento
Profilo funzionale

a differenza delle autorizzazioni, la P.A. verifica l’ utilità e la vantaggiosità del


conferimento al privato di diritti o poteri

5.2 • Principali categorie di concessioni

Concessioni

Traslative: si trasferiscono al concessionario diritti e potestà di cui è titolare


l’amministrazione, ma che essa non intende esercitare direttamente

di poteri o facoltà sui beni pubblici


di potestà pubbliche appartenenti alla P.A.
di pubblici servizi
concessioni-contratto (nelle concessioni di beni e di servizi, il rapporto che nasce
dalla concessione è regolato da un capitolato, cioè da un atto negoziale tra la
P.A. concedente ed il concessionario: problematica individuazione dell’atto
prevalente — provvedimento amministrativo e cd. capitolato-contratto — nella
fattispecie complessa)

Costitutive: si assegnano al concessionario diritti e potestà che non trovano


corrispondenti in quelli dell’amministrazione

di diritti subiettivi
di diritti all’esercizio di professioni cui sia limitato il numero degli esercenti

5.3 • La disciplina del rapporto di concessione

Controlli sull’attività del concessionario

Controllo preventivo (idoneità organizzativa, economica e finanziaria per lo svolgimento


del servizio)
Controllo successivo

potere di direzione
potere di vigilanza

— di carattere tecnico
— di carattere economico

Ambito di applicazione

L’aspetto pubblicistico è il tratto caratterizzante dell’istituto anche se la giurisprudenza ha


ritenuto applicabili le regole civilistiche dell’interpretazione, dell’invalidità e della
compensazione

Diritti e doveri del concessionario

Tra P.A. e concessionario si instaura un rapporto di diritto pubblico ed il concessionario è


titolare, nei confronti dei terzi, di poteri pubblicistici (poteri disciplinari e di
autorganizzazione)

La responsabilità per i fatti illeciti del concessionario

Il concessionario agisce sempre e soltanto in nome proprio ed è responsabile in proprio


degli atti e dei fatti illeciti

Le vicende del rapporto

La concessione è rilasciata intuitu personae e si estingue:

per cause automatiche (scadenza del termine, morte del concessionario)

con atti risolutivi unilaterali (declaratoria di decadenza, riscatto, revoca)

6. Le figure similari alla concessione

Delega

È l’atto mediante il quale la P.A. conferisce ad un soggetto la facoltà di esercitare un


potere suo proprio (a differenza della concessione non c’è il trasferimento del potere ma
dell’esercizio dello stesso)

Ammissione

È un provvedimento mediante il quale la P.A. nell’esercizio di un potere discrezionale,


conferisce uno status giuridico (come nella concessione, l’effetto è l’ampliamento della
sfera giuridica, ma diverso è l’interesse pubblico sotteso)
Concessione di costruzione di opere pubbliche

È un provvedimento che ha come finalità la realizzazione di opere di pubblico interesse.


L’aspetto concessorio è presente solo nella concessione di costruzione e gestione (ove la
costruzione è meramente strumentale alla gestione di un pubblico servizio), non nella
concessione di mera costruzione (non distinguibile dall’appalto di opere pubbliche)

7. Gli ordini

Nozione: gli o rd in i s o n o provvedimenti restrittivi della sfera giuridica del


destinatario con i quali la P.A., a seguito di una scelta discrezionale o di semplice accertamento, fa
sorgere nuovi obblighi giuridici o impone un comportamento determinato. Possono
distinguersi in generali o speciali, in comandi (ordini positivi) o divieti (ordini negativi).

8. Gli atti ablativi reali

Nozione: gli atti ablativi reali sono i provvedimenti mediante i quali la P.A. priva il
titolare di un diritto reale, estinguendolo, trasferendolo o limitandolo (si pensi, a titolo
esemplificativo, alla espropriazione. Su tale argomento si fa rinvio alla Parte V, Cap. 3).

9. Provvedimenti che operano su atti amministrativi (cd.


provvedimenti di secondo grado)

Nozione: i provvedimenti di secondo grado sono quei provvedimenti con i quali la


P.A. incide su suoi atti precedentemente emanati determinandone la modifica, la cessazione o
sospensione d’efficacia, consolidando provvedimenti invalidi o decidendo controversie
amministrative.
Capitolo 5

GLI ALTRI ATTI AMMINISTRATIVI DIVERSI DAI PROVVEDIMENTI

1. Gli atti amministrativi che non sono provvedimenti

Oltre, ed accanto, ai provvedimenti esiste tutta una serie di atti amministrativi che per lo
più assolvono a funzioni strumentali, accessorie o quanto meno secondarie. Taluni di essi
rappresentano semplici momenti dei procedimenti preordinati all’emanazione ed all’operatività dei
provvedimenti (es. proposte, pareri, accertamenti preparatori, deliberazioni preliminari, visti); altri
pongono in essere compiti di mera testificazione (es. certificazioni, registrazioni, verbalizzazioni).
Tali atti, detti anche meri atti amministrativi, cotituiscono una categoria residuale,
caratterizzata dalla mancanza dei requisiti tipici dei provvedimenti amministrativi.

Meri atti amministrativi

Atti consistenti in manifestazione di volontà

atti paritetici
atti facenti parte del procedimento amministrativo
atti di controllo

Atti non consistenti in manifestazione di volontà

atti ricognitivi (manifestazioni di scienza e di conoscenza)


atti di valutazione (manifestazioni di giudizio)
intimazioni

2. Atti consistenti in manifestazioni di volontà

Atti paritetici

Atti amministrativi con i quali la P.A., tenuta per legge a far fronte ad un obbligo in relazione
ad un dato rapporto di diritto pubblico di natura patrimoniale, determina unilateralmente il
contenuto dell’obbligo stesso in base ad una mera attività accertativa

Atti facenti parte del procedimento amministrativo


Manifestazioni di volontà che si inseriscono nella fase preparatoria del procedimento

richiesta (presupposto per l’emanazione dell’atto da parte dell’autorità)


designazione (indicazione di uno o più nominativi all’autorità competente ad una
nomina)
deliberazioni preliminari
accordi preliminari da concludersi tutte le volte in cui il provvedimento debba
essere adottato d’intesa fra più autorità

Atti di controllo

Manifestazioni di volontà dirette a riesaminare l’operato degli organi di amministrazione


attiva (sul sistema dei controlli in generale si veda retro Cap. 2 di questa Parte)

3. Atti non consistenti in manifestazioni di volontà

3.1 • Profili generali

Categorie (SANDULLI)

Atti ricognitivi (o manifestazioni di scienza e di conoscenza)

funzione dichiarativa

— acquisizione del fatto da accertare


— dichiarazione all’esterno di ciò che si è acquisito

Atti di valutazione

Intimazioni

Natura giuridica degli atti ricognitivi

Atti vincolati

teoria negoziale (VIRGA)


— provvedimenti – meri atti giuridici
teoria pubblicistica (SANDULLI)

— non sono provvedimenti


Funzione certativa

Certezze di fatti

Certezze di rapporti

Certezze legali

Certezze notiziali

3.2 • Tipologia

Tipologia degli atti ricognitivi (dottrina)

GIANNINI

acclaramenti
accertamenti
certazioni
ispezioni
inchieste
verbalizzazioni
certificazioni
registri
registrazioni
notificazioni
comunicazioni

SANDULLI

atti a carattere strumentale


atti a carattere autonomo

Atti consistenti in manifestazioni di giudizio (atti di valutazione)

Presuppongono un procedimento di apprendimento e si risolvono nell’enunciazione di un


giudizio valutativo

giudizi
relazioni
pareri
proposte

Intimazioni

Consistono nel formale avvertimento ad un soggetto, già tenuto ad osservare un obbligo,


ad ottemperare allo stesso

4. I pareri

Nozione: sono atti consistenti in manifestazioni di giudizio con cui gli organi
dell’amministrazione consultiva mirano ad illuminare e/o consigliare gli organi
dell’amministrazione attiva: in tale prospettiva, essi consistono in giudizi su un’attività che dovrà
essere compiuta da parte di chi li chiede.
Sono di regola di competenza di speciali organi collegiali, privi di autonomia
funzionale e quindi impugnabili congiuntamente all’atto finale del procedimento cui si riferiscono
(sull’attività consultiva cfr. l’art. 16 L. 241/1190, come novellato ex art. 8 L. 69/2009, di modifica della
disciplina del procedimento amministrativo).

4.1 • Tipologia e funzioni

Classificazione

Facoltativi (a discrezione dell’amministrazione attiva richiederli o meno)

Obbligatori (la legge impone all’organo dell’amministrazione attiva di richiedere il parere)

non vincolanti
vincolanti

parzialmente vincolanti

conformi

Funzione

Conoscitiva

Valutativa

Di coordinamento

4.2 • Disciplina

Disciplina

Vengono resi a seguito dello svolgimento di un subprocedimento

Sussiste l’obbligo di motivazione

Il parere deve essere acquisito prima dell’emanazione del provvedimento finale


(inammissibilità ex post della funzione consultiva)

In caso di omessa richiesta del parere, ne risponde il responsabile del procedimento

Termini di rilascio (art. 16, comma 1, L. 241/1990)

Parere obbligatorio

20 gg. dal ricevimento della richiesta

Parere facoltativo
immediata comunicazione alla P.A. procedente del «termine entro il quale il
parere sarà reso»

in ogni caso, non oltre i 20 gg. dal ricevimento della richiesta

Acquisizione dei pareri e silenzio dell’organo consultivo (art. 16, comma 2, L. 241/1990)

Parere obbligatorio

la P.A. procedente ha la facoltà di proseguire nell’iter procedimentale


prescindendo dall’espressione del parere richiesto

Parere facoltativo

la P.A. richiedente ha l’ obbligo di procedere indipendentemente dal rilascio del


parere

Osservazioni

La disciplina sui termini e sull’acquisizione dei pareri, di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 16,
subisce una d e ro g a con riferimento ai pareri che devono essere rilasciati da
amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della
salute dei cittadini (art. 16, comma 3, L. 241/1990). Il legislatore, inoltre, ai commi 4 e 5
dell’art. 16, ha previsto, rispettivamente, che i termini per il rilascio dei pareri (obbligatori e
facoltativi) possano essere interrotti, per una sola volta, qualora l’organo consultivo abbia
rappresentato all’amministrazione la necessità di esigenze istruttorie (in tal caso, il parere
deve essere reso entro 15 giorni dalla ricezione dei detti elementi istruttori), nonché la
trasmissibilità dei pareri con mezzi telematici.

Vizi e inoppugnabilità autonoma

Il parere viziato inficia il procedimento amministrativo e quindi il provvedimento


finale: tuttavia, in quanto atto infra-procedimentale insuscettibile di ledere le posizioni
giuridiche, non è di norma autonomamente impugnabile
Differenze

I pareri vanno tenuti distinti dalle cd. valutazioni tecniche, disciplinate dall’art. 17 L.
241/1990.
La differenza tra parere e valutazione tecnica risiede, secondo alcuni, nella circostanza che
il primo ha un oggetto giuridico-amministrativo, mentre la seconda riguarda profili tecnici;
secondo altri ancora, nella circostanza che l’art. 17 riguarda fatti o elementi singoli rilevanti
nel corso dell’istruttoria per la decisione, mentre l’art. 16 riguarda i pareri a istruttoria
conclusa.
La dottrina più moderna (CARINGELLA) definisce le valutazioni tecniche come «giudizi
tecnici espressi in conformità alle scienze ed alle arti».
Nell’ipotesi di inerzia dell’organo competente ad emettere una valutazione tecnica
obbligatoria, si realizza un’ipotesi di silenzio-devolutivo con la sostituzione dell’organo
inadempiente con un altro di pari competenza e capacità tecnico-scientifica. Si
verifica così un effetto devolutivo della competenza ad emettere la valutazione.
L’amministrazione decidente, di fronte al silenzio dell’organo consultivo, può rivolgersi ad
altri organi od enti pubblici, oppure ad istituti universitari, che siano dotati di qualificazione e
capacità tecniche equipollenti a quelle del soggetto rimasto inerte.
Anche nel caso delle valutazioni tecniche vale l’eccezione relativa alle amministrazioni
preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini.
I pareri vanno tenuti distinti anche dalle proposte: queste ultime tendono a sollecitare
l’attività di un altro organo ed al tempo stesso ad esprimere un giudizio cira il contenuto da
dare al provvedimento. Nella proposta vengono a convergere, quindi, una manifestazione di
volontà propulsiva e una manifestazione di giudizio. Inoltre, mentre i pareri sono in genere
richiesti e derivano da organi neutrali, le proposte sono spontanee e provengono da organi
interessati; i pareri, infine, sono atti infra-procedimentali, mentre le proposte danno il via al
procedimento.

5. Gli atti propulsivi

Nozione: gli atti propulsivi mirano a promuovere e stimolare l’attività di organi


statali o soggetti privati, facendo sorgere l’obbligo giuridico per l’amministrazione di emettere un
provvedimento o mettendo in mora il privato per l’adempimento di un obbligo esistente.

Tipi

Atti propulsivi dell’esercizio di poteri

richieste, proposte, direttive

Atti propulsivi per l’adempimento di obblighi


intimazioni, diffide, contestazioni

6. Gli accertamenti costitutivi

Nozione: provvedimenti che, pur incidendo in modo favorevole sulla sfera del
destinatario, non sono manifestazioni di potere discrezionale, ma vengono adottati sul semplice
accertamento della sussistenza dei requisiti e presupposti richiesti dalla legge.

Natura giuridica

Atti vincolati di carattere dichiarativo

Tipi

Iscrizioni, registrazioni, assegnazioni, accertamenti tributari, esecuzioni, sovvenzioni

In sintesi

Quella degli atti amministrativi non provvedimentali costituisce una categoria residuale che
si caratterizza in quanto questi ultimi non sono di norma dotati di esecutorietà, di
autoritarietà e non sono tutti tipici o nominati.
Tale categoria ha trovato espresso riconoscimento nell’art. 1, comma 1bis, L. 241/1990, che
menziona espressamente gli atti di natura non autoritativa, a loro volta raggruppabili in due
grandi categorie:
a ) atti consistenti in manifestazioni di volontà, che si dividono in atti paritetici (non
autoritativi), taluni atti facenti parte del procedimento amministrativo e atti di controllo (che
peraltro, secondo parte della dottrina, sono manifestazioni di giudizio);
b) atti non consistenti in manifestazioni di volontà, che si dividono in atti ricognitivi, aventi
ad oggetto una manifestazione di conoscenza, nonché in atti di valutazione, aventi ad
oggetto una manifestazione di giudizio e intimazioni.
Come insegna GAROFOLI, «gli atti non provvedimentali si connotano per non essere
direttamente impugnabili, in quanto ad efficacia meramente interna al procedimento
amministrativo e come tali insuscettibili di ledere situazioni soggettive facenti capo a terzi.
Fanno eccezione taluni atti che, pure endoprocedimentali, assumono carattere di immediata
lesività (es. pareri vincolanti negativi che non lasciano all’interessato alcun dubbio sul
contenuto della decisione finale)».
Capitolo 6

IL PRINCIPIO DI TRASPARENZA E IL DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI


AMMINISTRATIVI

1. Principio di trasparenza e diritto di accesso

Nozione: il principio di trasparenza si concretizza nell’attribuzione ai cittadini del


potere di esercitare un controllo democratico sullo svolgimento dell’attività amministrativa e
sulla conformità della stessa agli interessi sociali ed ai precetti costituzionali.
La trasparenza, quale accessibilità totale e nel rispetto delle disposizioni in materia di
segreto di Stato, segreto d’ufficio, segreto statistico e protezione dei dati personali, concorre ad
attuare il principio democratico e i criteri costituzionali di imparzialità, buon andamento, efficacia,
responsabilità ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla Nazione
(cfr. l’art. 1 D-Lgs. 14-3-2013, n. 33, cd. T.U. trasparenza nelle pubbliche amministrazioni).
La L. 241/1990, nell’ottica dell’attuazione del principio di trasparenza e del miglioramento
dei rapporti tra P.A. e cittadini, disciplina organicamente il diritto di accesso, inteso sia come diritto
dell’interessato a conoscere gli atti e i documenti di un procedimento, che come «strumento»
finalizzato a consentire agli interessati di intervenire e partecipare in un procedimento in corso,
interloquendo con l’amministrazione.

Trasparenza come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e il


funzionamento delle P.A.

Integra il diritto ad una buona amministrazione


Concorre alla realizzazione di una P.A. aperta, al servizio del cittadino
Parametro per la determinazione degli standard di qualità dei servizi pubblici da adottare
con le apposite Carte dei servizi (D.Lgs. 286/1999)

Diritto di accesso

Principio generale dell’attività amministrativa (art. 22 L. 241/1990)

Appartenenza ai livelli essenziali delle prestazioni, ex art. 117, comma 2, lett. m), Cost.,
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 29, comma 2bis, L.
241/1990)

Osservazioni

Il cd. T.U. sulla trasparenza nelle pubbliche amministrazioni, approvato con D.Lgs.
33/2013, introduce una serie di obblighi in capo alle PP.AA., tenute a pubblicare sui propri
siti istituzionali ogni aspetto della propria organizzazione e attività, in ossequio al principio
della trasparenza quale total disclosure.
In particolare, devono trovare posto sui siti le notizie concernenti gli atti di carattere
normativo e amministrativo generale, l’organizzazione degli uffici e del personale, i
provvedimenti amministrativi e l’attività in genere. Tutti i documenti, le informazioni e i dati
oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli di
fruirne gratuitamente, di utilizzarli e riutilizzarli. In ogni P.A., inoltre, viene istituita, ai sensi
della L. 190/2012, una figura di «Responsabile per la prevenzione della corruzione»; tale
soggetto svolge anche un’attività di controllo sull’adempimento, da parte delle
amministrazioni, degli obblighi di pubblicazione di cui alla vigente normativa (Responsabile
per la trasparenza). Tale decreto introduce, inoltre, una nuova figura di diritto di accesso,
detto «civico» (su cui amplius infra).

2. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi

2.1 • Profili introduttivi

Nozione: il diritto di accesso è il diritto di prendere visione e estrarre copia dei


documenti amministrativi, riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne
lo svolgimento imparziale.
Una compiuta disciplina del diritto di accesso è contenuta nel Capo V della L. 241/1990
(artt. 22- 28) e nel successivo D.P.R. 184/2006, recante specifico regolamento della materia.

Finalità

Trasparenza
Imparzialità dell’azione amministrativa (terzietà e non prevaricazione da parte della P.A.)
Partecipazione dei privati all’attività amministrativa

Osservazioni

Il fondamento costituzionale del diritto di accesso viene ricondotto, in genere:


— all’art. 21 Cost., ossia al diritto di informazione in genere, in tal caso al diritto di essere
informati quali destinatari potenziali di un provvedimento amministrativo (diritto alla
informazione passiva);
— agli artt. 24 e 113 Cost., in quanto è stato osservato che la conoscenza degli atti
amministrativi può essere vista quale mezzo attraverso cui esercitare il proprio diritto di
difesa, in caso di impugnazione in sede giurisdizionale del provvedimento amministrativo, e
grazie al quale evitare la prassi dei cd. ricorsi al buio;
— all’art. 97 Cost., che postula il buon andamento e la imparzialità dell’amministrazione,
maggiore espressione dei quali è costituita proprio dalla trasparenza e dall’accesso
(CARINGEL-LA-GAROFOLI-SEMPREVIVA).

2.2 • Soggetti e oggetto dell’accesso

Oggetto

Documenti amministrativi (cioè ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica,


elettromagnetica, o di qualunque altra specie, del contenuto di atti, anche interni, formati
dalla P.A. e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura
pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale)

Legittimazione attiva

Sono titolari di tale diritto i soggetti che hanno un interesse diretto, concreto ed attuale, alla
tutela di una situazione qualificata e differenziata (diritti soggettivi, interessi legittimi e
diffusi), collegata al documento cui si è chiesto l’accesso

Soggetti passivi

Pubbliche amministrazioni, ovvero tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di


diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto
nazionale o dell’UE
Enti pubblici (anche quelli economici, riguardo allo svolgimento di attività di diritto pubblico)
Aziende autonome e speciali
Gestori di pubblici servizi
Autorità di garanzia e di vigilanza
Amministrazione europea
Imprese di assicurazione

2.3 • I limiti

Limiti (art. 24 L. 241/1990)

Tassativi (sono sanciti direttamente dal legislatore senza che residui in capo alla P.A.
alcun margine discrezionale di apprezzamento)

documenti coperti dal segreto di Stato (art. 39 L. 124/2007)


documenti coperti da segreto o divieto di divulgazione altrimenti previsto
documenti esclusi dal diritto d’accesso da appositi regolamenti

— sicurezza e difesa nazionale


— relazioni internazionali
— politica monetaria
— ordine pubblico e prevenzione e repressione dei reati
— riservatezza
— attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro
procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li
regolano
atti normativi amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione
procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti
informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi
non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato
dell’operato delle pubbliche amministrazioni

Facoltativi (tali limiti sono stabiliti in forma discrezionale dalla P.A. e producono un
semplice differimento dell’accesso)

i l differimento consiste nel rinvio dell’esercizio dell’accesso sino a quando la


conoscenza dei documenti possa impedire o gravemente ostacolare lo
svolgimento dell’azione amministrativa

2.4 • L’esercizio del diritto di accesso

Modalità d’esercizio (art. 25)

Richiesta dell’interessato alla P.A. che ha formato il documento e che lo detiene


stabilmente

può essere accolta


può non essere accolta e cioè

— respinta, con congrua motivazione


— limitata ad alcuno dei documenti richiesti, specie se quelli per i quali viene negata contengono
informazioni riservate o dati sensibili di terzi soggetti
— differita, con congrua motivazione
Osservazioni

Il D.P.R. 184/2006 disciplina le modalità di esercizio del diritto di accesso ai documenti


amministrativi. Questo si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti
amministrativi. La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata e deve essere
rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente.
La richiesta è accolta mediante indicazione della pubblicazione contenente le
notizie, mediante esibizione del documento, estrazione di copie o altra modalità
idonea. Ove provenga da una pubblica amministrazione, la richiesta è presentata
dal titolare dell’ufficio interessato o dal responsabile del procedimento
amministrativo.
Le pubbliche amministrazioni assicurano che il diritto d’accesso possa essere
esercitato anche in via telematica. La richiesta di accesso si intende, invece, respinta
qualora siano decorsi inutilmente 30 giorni dalla sua presentazione; opera, in tal caso, il
meccanismo del silenzio-diniego.

3. Autonomia del diritto di accesso rispetto alla


legittimazione al ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento finale

In giurisprudenza si è ribadita l’autonomia del diritto d’accesso rispetto alla legittimazione


all’impugnazione del provvedimento finale, che consente l’accesso anche in caso di previo
esperimento di ricorso giurisdizionale ovvero laddove l’accesso riguardi gli atti relativi ad un
procedimento sfociato in un atto inoppugnabile.

Giurisprudenza

La richiesta di accesso deve essere supportata da un interesse concreto e attuale


dell’interessato per la tutela di una situazione giuridicamente rilevante. La nozione di tale
interesse è diversa e più ampia di quella rispetto all’interesse all’impugnativa, non
presupponendo necessariamente una posizione soggettiva qualificabile come diritto
soggettivo o interesse legittimo: con la conseguenza che la legittimazione all’accesso può
essere riconosciuta a chi possa dimostrare che gli atti – anche procedimentali – richiesti
abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti,
indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto
di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto a quello relativo
alla situazione legittimante eventualmente l’impugnativa dell’atto (cfr.: C.d.S., sez. V, 24-3-
2011, n. 1772)

4. La tutela del diritto di accesso

In caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso, al


richiedente sono concesse alcune forme di tutela espressamente disciplinate nel nostro ordinamento.
In particolare, il legislatore ha previsto un doppio sistema di tutela, amministrativo e
giurisdizionale, risultante dal combinato disposto degli artt. 25 L. 241/1990 e 116 del Codice del
processo amministrativo: in entrambe le ipotesi, il ricorso deve essere proposto nel termine di 30
giorni dalla conoscenza del provvedimento lesivo, stante l’alternatività delle tutele.

Tutela amministrativa (art. 25, comma 4, L. 241/1990)

Ricorso per il riesame della determinazione negativa

al difensore civico: per gli atti delle amministrazioni degli enti territoriali

alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi per gli atti delle
amministrazioni centrali e periferiche dello Stato

Tutela giurisdizionale (artt. 87, 116 e 133 c.p.a.)

Ricorso al T.A.R. contro le determinazioni e contro il silenzio sulle richieste di accesso


nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi
di trasparenza
Notificazione del ricorso all’amministrazione e ad almeno un controin-teressato
Possibilità che la P.A. sia rappresentata e difesa in giudizio da un proprio dipendente
autorizzato
Trattazione della causa in camera di consiglio (art. 87 c.p.a.)
Sentenza in forma semplificata

in caso di accoglimento del ricorso, il G.A., ri-correndono i presupposti, ordina


alla P.A. l’esibizione e, ove previsto, la pubblicazione del documento, dettando
ove occorre, le relative modalità

Appellabilità della sentenza in 30 giorni


Giurisdizione esclusiva del G.A. (art. 133 c.p.a.)

5. La Commissione per l’accesso ai documenti


amministrativi

Nozione: organo istituito dalla L. 241/1990 al fine di vigilare sulla reale attuazione del
principio della piena conoscibilità dell’attività amministrativa, garantendo il diritto di accesso. È
nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Funzioni (art. 27 L. 241/1990)


Vigila sull’attuazione, da parte delle P.A., del principio di trasparenza
Predispone una relazione annuale sulla trasparenza dell’attività amministrativa da
comunicare alle Camere ed al Presidente del Consiglio dei Ministri
Svolge una funzione di proposta in ordine a modifiche legislative, finalizzate all’attuazione
del diritto d’accesso
Esprime pareri per coordinare l’attività organizzativa delle amministrazioni e garantire
l’uniforme applicazione dei principi in materia di accesso
Decide i ricorsi presentati per il riesame di determinazioni negative assunte da
amministrazioni centrali e periferiche dello Stato

6. Uffici per le relazioni con il pubblico

Per la piena attuazione della legge sull’accesso ai documenti della pubblica


amministrazione, si è statuito (art. 11 D.Lgs. 165/2001) che le pubbliche amministrazioni
individuino un apposito ufficio — denominato URP, ossia Ufficio per le relazioni con il
pubblico — che che garantisca l’accesso agli atti amministrativi e curi l’informazione relativa
agli atti e allo stato dei procedimenti.

Attribuzioni URP

Presta un servizio di utenza che consente ai cittadini l’esercizio del diritto di partecipazion
Informa l’utenza circa gli atti e lo stato dei procedimenti
Svolge ricerche ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte indirizzate alla P.A.
riguardanti gli aspetti organizzativi e logistici

7. L’accesso civico

Nozione: le pubbliche amministrazioni, ai sensi del D.Lgs. 33/2013, cd. T.U.


trasparenza, adottato sulla scorta della L. 190/2012, cd. legge anticorruzione, sono tenute a
pubblicare, nei propri siti istituzionali, ogni informazione concernente la propria attività nonché
organizzazione. Tale obbligo in capo alle PP.AA. comporta il corrispondente diritto di chiunque di
richiedere tali dati, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione. Si tratta della nuova figura
dell’accesso civico.
Entro 30 giorni dalla richiesta la P.A. procede alla pubblicazione nel sito del documento o
della informazione richieste e lo trasmette contestualmente al richiedente, ovvero comunica a
quest’ultimo l’avvenuta pubblicazione sul sito, indicando anche il collegamento ipertestuale.

Richiesta di accesso civico

Non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto ai requisiti soggettivi di legittimazione


Non deve essere motivata
È gratuita
Va presentata al Responsabile della trasparenza della pubblica amministrazione obbligata
alla pubblicazione

8. Accesso e riservatezza

Tra i limiti posti all’esercizio del diritto di accesso ai documenti ex L. 241/1990,


estremamente importante è quello relativo alla tutela della riservatezza di soggetti «terzi», i cui
dati possono essere contemplati nei provvedimenti o documenti amministrativi ai quali si chiede di
accedere.
L’accesso e la riservatezza costituiscono l’uno il limite dell’altro e il legislatore ha
calibrato la disciplina applicabile in caso di contrasto in relazione alla tipologia di dati che vengono
in rilievo. Specificamente, i parametri normativi di riferimento per dirimere eventuali contrasti sono
l’art. 24, comma 7, L. 241/1990 ed il D.Lgs. 196/2003, recante il Codice della privacy.

Rapporti tra accesso e riservatezza

Dati comuni

prevalenza del diritto di accesso

Dati sensibili e giudiziari

prevalenza del diritto di accesso nei limiti in cui è strettamente indispensabile per
consentire al richiedente di curare e di difendere i propri interessi giuridici

Dati sensibilissimi (es., lo stato di salute e la vita sessuale)

giudizio di bilanciamento (art. 60 D.Lgs. 196/2003)


prevalenza del diritto di accesso quando la situazione giuridicamente rilevante di
chi chiede l’accesso è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero
consiste in un diritto della personabilità o in un altro diritto o libertà fondamentale
e inviolabile

In sintesi

Il Codice in materia di privacy, recato dal D.Lgs. 196/2003, esordisce statuendo che
chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano.
L o scopo del Codice è, infatti, quello di garantire che il trattamento dei dati personali si
svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità
dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto
alla protezione dei dati personali. Il trattamento medesimo è disciplinato assicurando un
elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali nonché nel rispetto dei principi di
semplificazione, armonizzazione ed efficacia delle modalità previste per il loro esercizio da
parte degli interessati, e per l’adempimento degli obblighi da parte dei titolari del
trattamento.
Abbiamo vari tipi di dati:
— il “dato personale” è qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o
identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi
compreso un numero di identificazione personale (il decreto salva Italia, D.L. 201/2011,
conv. in L. 241/2011 , ha soppresso qualsiasi precedente riferimento alle persone
giuridiche, enti o associazioni);
— i”dati identificativi” sono quei dati personali che permettono l’identificazione diretta
dell’interessato;
— i “dati sensibili” sono quelli idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni
religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati,
associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i
dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;
— per “dati giudiziari” si intendono, infine, i dati personali idonei a rivelare provvedimenti in
materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da
reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato.
Capitolo 7

PATOLOGIA DELL’ATTO AMMINISTRATIVO

1. Stati patologici dell’atto amministrativo

Il vizio dell’atto amministrativo si concreta nella divergenza tra la fattispecie posta in


essere dalla P.A. e il modello astratto predeterminato dalla legge.
La fattispecie concreta deve rispondere ad un duplice requisito: da un lato deve essere
conforme alle norme di legge e dall’altro alle regole di opportunità.
Ne consegue che i vizi che possono inficiare l’atto amministrativo possono essere vizi di
legittimità (qualora l’atto si discosti da quanto disposto da norme giuridiche) e vizi di merito
(qualora l’atto, sebbene conforme alle norme, non sia rispondente alle regole di buona
amministrazione).
Gli stati patologici di un atto possono assumere diverse gradazioni a seconda della
maggiore o minore divergenza del provvedimento concreto dal parametro normativo.

Invalido

Quando difetti o sia viziato uno degli elementi o requisiti prescritti, ovvero quando vi sia
lesione dell’interesse concreto tutelato dalla norma violata. A seconda della gravità dei vizi
l’atto può essere nullo o annullabile

Irregolare

Quando l’atto presenta un vizio per il quale la legge non commina conseguenze negative
per l’atto stesso, ma solo delle sanzioni amministrative a carico dell’agente

Poi vi sono degli stati patologici caratterizzati dal fatto che il provvedimento, pur conforme
allo schema legale, non è comunque idoneo a produrre effetti:

Imperfetto

Allorché non si sia ancora concluso il suo ciclo di formazione (D.P.R. non controfirmato dal
Ministro)

Inefficace

Quando l’atto, benché perfetto, non è idoneo a produrre gli effetti giuridici in quanto sono
inesistenti i requisiti d’efficacia previsti

dalla legge (controlli)


dalla natura dell’atto ricettizio (comunicazione)
dallo stesso provvedimento (condizione sospensiva, termine iniziale)

Ineseguibile

Quando diventa, di regola temporaneamente, inefficace per il sopravvenire di un atto


ostativo (es.: ordinanza di sospensione) (VIRGA)

Infine, abbiamo la figura dell’inesistenza, che si ha quando il provvedimento manca di


uno degli elementi che ne condizionano l’efficacia.

2. L’invalidità dell’atto amministrativo e l’art. 21octies L.


241/1990

Nozione: l’atto amministrativo è invalido quando è difforme dalla norma che lo


disciplina. La L. 15/2005, di riforma della legge sul procedimento amministrativo, ha compresso
l’area delle invalidità giuridiche degli atti amministrativi: sono da considerare invalidi solo i
provvedimenti amministrativi illegittimi per violazione di norme di carattere sostanziale; le violazioni
di carattere formale o procedimentale, invece, non danno luogo ad annullabilità del provvedimento
laddove il contenuto dello stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato,
stante la sua natura di atto vincolato (art. 21octies L. 241/1990). Analogamente, non è annullabile il
provvedimento per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione
dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato.

Natura della norma violata

Il vizio è di legittimità se la norma è una norma giuridica

l’atto è nullo se manca taluno degli elementi essenziali


l’atto è annullabile quando l’elemento essenziale non manchi ma sia viziato

Il vizio è di merito (inopportunità dell’atto) se la norma è una norma di buona


amministrazione

Tipi d’invalidità

Testuale o virtuale (a seconda che sia espressamente comminata dalla legge o


desumibile dal sistema normativo)

Totale o parziale (qualora afferisca all’intero provvedimento ovvero solo ad una parte di
esso)

Diretta o derivata (è derivata quando l’invalidità discende dalla connessione con un altro
precedente atto invalido)

Invalidità derivata

Sia nell’ipotesi di atti facenti parte di un medesimo procedimento

l’atto invalido può essere autonomamente impugnabile


l’atto invalido può essere impugnato con il provvedimento finale

Sia nell’ipotesi di atti (e procedimenti) autonomi legati da un rapporto di conseguenzialità


(regolamento e atto attuativo)

3. La nullità

Nozione: l’art. 21septies L. 241/1990 prevede la nullità del provvedimento


amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di
attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi
espressamente previsti dalla legge.

3.1 • Casistica

Inesistenza del soggetto

Quando l’agente che ha emanato l’atto non è qualificabile come organo della P.A.

Incompetenza assoluta per territorio

Quando l’atto è emanato da un organo, astrattamente competente, ma al di fuori della


propria sfera di competenza territoriale

Incompetenza assoluta per materia


Quando l’atto è attribuito alla competenza di un settore amministrativo
completamente diverso
Quando l’atto è attribuito alla competenza per materia di un altro potere dello
Stato

Inesistenza dell’oggetto

Termine passivo del provvedimento e cioè il destinatario o la res sui quali l’atto produce gli
effetti giuridici, è inesistente quando

non esiste in rerum natura


è indeterminato o indeterminabile
non è idoneo a realizzare gli effetti che il provvedimento mira a produrre

Mancanza di forma essenziale

Nelle ipotesi nelle quali la forma sia prescritta ad substantiam, e cioè a pena di nullità

Inesistenza del contenuto

Quando la parte precettiva dell’atto ovvero ciò che l’atto intende autorizzare, disporre,
ordinare, attestare etc. è

indeterminata o indeterminabile
illecita
impossibile

Mancanza di finalità

Quando l’atto amministrativo non è preordinato al perseguimento di un interesse (pubblico)


della P.A.

Dal punto di vista processualistico, l’art. 31 del Codice del processo amministrativo
disciplina l’azione di accertamento, e relativa declaratoria, delle nullità previste dalla legge. Inoltre, il
Codice ha attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione delle
controversie in materia di nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione
del giudicato (art. 133 c.p.a.).

3.2 • Le conseguenze della nullità sull’atto amministrativo

Conseguenze della nullità sull’atto

Inesistenza giuridica
Inesecutorietà
Inannullabilità
Insanabilità
Inconvalidabilità
4. L’illegittimità

Nozione: l’atto amministrativo esistente che presenta vizi di legittimità incidenti sui suoi
elementi essenziali, determinando la difformità del provvedimento dalla normativa vigente e, dunque,
la sua annullabilità, è illegittimo. La fonte normativa originaria dei vizi di «legittimità» era l’art. 26
R.D. 1054/1924, che individuava quali categorie di vizi l’incompetenza, l’eccesso di potere e la
violazione di legge. Attualmente essa è rinvenibile nell’art. 21octies L. 241/1990 che, al comma 1,
individua quegli stessi vizi come causa di annullabilità del provvedimento amministrativo, nonché
nell’art. 29 del Codice del processo amministrativo, che, appunto, disciplina l’azione di
annullamento, per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza.

Differenze

Della illegittimità va tenuta distinta l’illiceità. Questa si concretizza nella violazione di


norme giuridiche che sanzionano comportamenti lesivi di diritti altrui. Illecito,
pertanto, non sarà mai un atto (profilo che riguarda l’illegittimità) ma sempre e solo un
comportamento contra ius al quale la legge ricollega una responsabilità ed una
assoggettabilità a sanzione per l’autore dell’illecito.

4.1 • L’incompetenza

Nozione: si ha incompetenza quando un organo della P.A. agisce al di là del


complesso di poteri e di funzioni che esso può, per legge, esercitare. L’incompetenza è assoluta,
quando l’organo della P.A. emana un atto in una materia del tutto sottratta alla competenza
amministrativa e riservata ad un altro potere dello Stato; è relativa se si verifica fra organi
appartenenti allo stesso ramo di amministrazione. Quando si fa riferimento all’incompetenza quale
causa di annullabilità dell’atto, ci si riferisce all’incompetenza relativa.

4.2 • L’eccesso di potere

Nozione: l’eccesso di potere può essere definito come «scorrettezza» in una scelta
discrezionale. Efficaci risultano anche le definizioni di eccesso di potere quale cattivo uso di un
potere da parte della P.A. (QUARANTA); o l’insieme delle violazioni di quei limiti interni che, pur non
essendo consacrati in norme positive, sono inerenti alla natura del potere esercitato (cfr.: interessi
pubblici, precetti di logica e d’imparzialità) (VIRGA); ovvero quale «risvolto patologico della
discrezionalità» che si realizza quando la facoltà di scelta della pubblica amministrazione non viene
da questa esercitata in modo corretto (CASETTA).
Presupposti

Potere discrezionale (per gli atti vincolati, essendone il contenuto predeterminato dalla
legge, non può riscontrarsi vizio della funzione)
Sviamento di potere, ossia esercizio del potere per fini diversi da quelli stabiliti dal
legislatore

la P.A. usa un suo potere discrezionale per un fine diverso da quello per il quale il
potere era stato conferito
la P.A. persegue sì un interesse pubblico, ma con un potere diverso da quello
previsto a tal fine dalla legge

Prova dello sviamento, necessaria per far venir meno la presunzione di legittimità dell’atto

Natura giuridica

Teoria del vizio di volontà (individua il vizio non nella volontà in quanto tale, ma nel
procedimento corretto di formazione della volontà)
Teoria del vizio della causa (individua il vizio nello sviamento dal fine pubblico
determinato dalla norma)
Teoria del vizio dei motivi (mancanza di imparzialità nell’attività amministrativa che
emerge dalla valutazione dei motivi impliciti o esplicitati)
Teoria del vizio della funzione (il vizio dell’atto non deriva dalla deviazione dal fine tipico
ma dalla «linea di continuità costituita dal complesso di atti e provvedimenti attraverso i
quali si svolge la funzione». L’azione deve svolgersi nel rispetto della linea di coerenza tra
una valutazione e le altre)

Figure sintomatiche

La dottrina e la giurisprudenza, consapevoli della difficoltà di raggiungere la prova del vizio,


hanno individuato una serie di ipotesi in cui, pur senza essere raggiunta la prova, si
verificano sintomi (o indici) di un esercizio non funzionale del potere amministrativo

travisamento ed erronea valutazione dei fatti


illogicità o contraddittorietà della motivazione
contraddittorietà tra più atti
inosservanza di circolari
disparità di trattamento
ingiustizia manifesta
violazione e vizi del procedimento
vizi della volontà
mancanza di idonei parametri di riferimento

Figure sintomatiche e prove del vizio

La giurisprudenza tradizionale ritiene che le figure sintomatiche costituiscano prove del


vizio di eccesso di potere idonee a giustificare l’illegittimità e quindi l’annullamento dell’atto
amministrativo. L’impostazione è criticata dalla dottrina prevalente, in quanto proprio il
carattere sintomatico imporrebbe al giudice di verificare se, alla sua presenza, si
accompagni in concreto un allontanamento dell’atto dal perseguimento del fine pubblico
(BENVENUTI)

4.3 • La violazione di legge

Nozione: tale vizio si sostanzia nel contrasto fra l’atto e l’ordinamento giuridico
indipendentemente dalla posizione psicologica del soggetto agente. La violazione di legge deve
considerarsi una figura residuale e l’espressione «legge» deve intendersi in senso ampio,
comprendente tutti gli atti normativi (di fonte primaria, secondaria e europea).

Casistica

Vizi di forma (inosservanza delle regole) prescritte per la manifestazione di volontà


Difetto di motivazione o motivazione insuffciente
Inosservanza delle regole relative alla valida costituzione dei collegi
Contenuto illegittimo
Difetto di presupposti legali
Violazione dei criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza
dell’azione amministrativa (ex art. 1 L. 241/1990)

4.4 • Le conseguenze dei vizi di legittimità

Atto illegittimo

Giuridicamente esistentean
Effcace
Esecutorio

Annullamento dell’atto illegittimo


Apposito provvedimento dell’autorità amministrativa
Sentenza del G.A.

L’atto annullabile, infine, può essere sanato, ratificato o convertito in un atto valido (su
queste ultime figure, v. amplius infra).

5. I vizi derivati - gli atti presupposti

L’atto amministrativo può essere inficiato da

Vizi propri (se l’illegittimità lo riguarda direttamente)


Vizi derivati (se l’illegittimità deriva dal vizio di un atto anteriore — atto presupposto — del
procedimento che non è, salvo rare eccezioni, autonomamente impugnabile)

Atti presupposti

I vizi si riflettono sull’atto successivo, inficiandone la validità (es.: provvedimento conclusivo


del procedimento)
Gli atti presupposti devono formare oggetto di autonoma e distinta impugnativa, sia pure in
occasione dell’impugnativa degli atti successivi

6. La cd. invalidità sopravvenuta

Nozione: è un’invalidità, non configurata dalla giurisprudenza e dubbia per la dottrina,


riguardante i soli atti ad efficacia continuativa. Si presenta come un’invalidità dell’atto dipendente
d a circostanze sopravvenute alla sua adozione (mutamenti legislativi, venir meno dei
presupposti o del pubblico interesse). SANDULLI la ritiene configurabile nell’ipotesi di leggi
retroattive sopravvenute.

7. Illegittimità dell’atto amministrativo e violazione di norme


dell’UE

L’incidenza del diritto dell’Unione Europea sull’ordinamento giuridico interno comporta


che la norma europea costituisca parametro di legittimità dell’azione amministrativa e che la P.A.
debba uniformare la propria azione alle norme dell’UE. Tale principio è codificato dall’art. 1, co. 1, L.
241/1990.

Sorte dell’atto adottato in contrasto con la normativa europea


Se l’atto è adottato in ossequio ad una norma interna da disapplicare in quanto in contrasto
con la norma europea, l’atto è annullabile se la norma interna non radichi in toto il potere; è
nullo se lo radichi in toto
Se l’atto è in contrasto diretto con la norma europea, l’atto è illegittimo e quindi annullabile

Regime d’annullamento dell’atto

Opera il regime generale della verifica dell’interesse pubblico e dell’eliminazione dell’atto,


non quello dell’annullamento automatico

8. Inopportunità dell’atto amministrativo: i vizi di merito

Nozione: l’inopportunità è un vizio che indica la contrarietà dell’atto al principio di


buona amministrazione (art. 97 Cost.), per il quale l’attività amministrativa deve svolgersi nel modo
più idoneo riguardo all’uso dei mezzi e al raggiungimento dei fini. A differenza dei vizi di legittimità, i
vizi di merito non sono suscettibili di una vera e propria classifcazione vista la mutevolezza
dell’interesse pubblico e, quindi, dei criteri di opportunità e di convenienza.

Campo d’applicazione

I vizi di merito possono invalidare solo gli atti discrezionali

Distinzione rispetto all’eccesso di potere

Nell’eccesso di potere la difformità dell’atto si realizza rispetto ad una norma giuridica;


nell’ipotesi di vizio di merito l’atto è difforme a norme non giuridiche di opportunità, equità,
eticità ed economicità

9. Il potere di riesame della P.A. e gli atti di ritiro

9.1 • I rimedi contro gli atti illegittimi e/o inopportuni

L’atto amministrativo viziato può essere eliminato attraverso

Una sentenza dell’autorità giurisdizionale amministrativa


Una decisione amministrativa provocata dal ricorso dell’interessato
Un atto amministrativo spontaneo di ritiro della P.A.
9.2 • Gli atti di ritiro

Definizione

Gli atti di ritiro sono provvedimenti amministrativi a contenuto negativo emanati in base ad
un riesame dell’atto, compiuto nell’esercizio del medesimo potere amministrativo
esercitato con l’emanazione dell’atto, al fine di eliminare l’atto viziato (cd. autotutela)
(VIRGA)

Caratteri

Discrezionali (la P.A. non è obbligata a ritirare l’atto illegittimo o inopportuno ma deve di
volta in volta valutare l’interesse pubblico)

Esecutori (ove abbiano i requisiti di esecutività e obbligatorietà)

Formali (il procedimento e le forme sono le medesime prescritte per l’atto ritirato)

Motivati obbligatoriamente

Ricettizi (da comunicare al destinatario per essere effcaci)


Soggetti alle regole della L. 241/1990 in tema di silenzio rifiuto, comunicazione dell’avvio
del procedimento e partecipazione
Osservazioni

Con l’espressione «autotutela amministrativa» si fa riferimento a quel potere


dell’amministrazione di rimuovere unilateralmente ed autonomamente gli ostacoli che
impediscono la realizzazione dell’interesse pubblico per il quale il legislatore ha conferito lo
specifco potere.
Nell’ambito di tale ampia nozione rileva, poi, la distinzione tra autotutela decisoria
spontanea, con cui la P.A. ritorna sui suoi atti – per eliminarli, ritirarli o emendarli – senza
che ciò consegua alla iniziativa di un terzo, e autotutela decisoria cd. necessaria, collegata
alla funzione di controllo dell’am ministrazione e posta in essere da un’autorità diversa da
quella che ha adottato l’atto sottoposto a controllo.
Nell’ambito dell’autotutela decisoria spontanea rientra anche il potere di riesame, quale
rivalutazione delle situazioni di fatto e di diritto poste alla base di un provvedimento
amministrativo.

9.3 • L’annullamento d’ufficio

Nozione: l’annullamento d’ufficio è un provvedimento amministrativo di secondo


grado con il quale viene ritirato, con efficacia retroattiva (ex tunc), un atto amministrativo illegittimo
per la presenza di vizi di legittimità originari dell’atto. Tale tipologia di annullamento è qualificato
come annullamento d’ufficio, distinto dall’annullamento su ricorso amministrativo e dall’annullamento
in sede di controllo.

Art. 21nonies L. 241/1990

Il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le


ragioni di pubblico interesse, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi
dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro
organo previsto dalla legge

Distinzioni

Annullamento gerarchico (da parte del superiore gerarchico)


Annullamento governativo (potere generale sugli atti degli enti locali)
Autoannullamento (da parte dello stesso emanante-autotutela)

Annullamento per vizi di merito

Configurabile per SANDULLI ed esercitabile dalle

autorità emananti
autorità gerarchicamente superiori
autorità di controllo

Non confgurabile per GALLI

Autoannullamento d’ufficio

Discrezionale, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari
e dei controinteressati quando lo esige l’interesse pubblico, ricorrendo vizi di legittimità
Doveroso

quando l’illegittimità è dichiarata con sentenza passata in giudicato del giudice


ordinario
quando è dichiarata da un’autorità di controllo non titolare del potere di annullare
l’atto

Fondamento

Il potere di annullamento di ufficio è espressione del più generale potere di autotutela


(SANDULLI) e come tale non è soggetto a termine e non è un atto dovuto

Atti annullabili

Provvedimenti per i quali la P.A. abbia ancora il potere di provvedere, che presentino un
vizio di legittimità e per il quali vi sia un interesse pubblico concreto ed attuale
all’eliminazione

Conseguenze

L’annullamento ha efficacia retroattiva (ex tunc)

9.4 • La revoca

Nozione: la revoca è un provvedimento motivato di secondo grado con cui la P.A.


ritira, con efficacia non retroattiva (ex nunc), un atto inficiato da vizi di merito in base ad una nuova
valutazione degli interessi (SANDULLI, VIRGA).
L’istituto ha il suo fondamento nell’esigenza che l’azione amministrativa si adegui
all’interesse pubblico, allorché questo muti: l’art. 21quinquies L. 241/1990 individua, quali cause
giustificatrici che legittimano il ricorso alla revoca, i sopravvenuti motivi di pubblico interesse, il
mutamento della situazione di fatto ovvero una nuova valutazione dell’interesse pubblico
originario.

Tipologie

La revoca presuppone una nuova valutazione degli interessi concreti; è collegata alla
competenza funzionale e per materia dell’organo amministrativo e si concretizza dunque in

autorevoca (dalla stessa autorità emanante)


revoca gerarchica (dal superiore gerarchico)

Presupposti
Mancanza attuale di rispondenza dell’atto alle esigenze pubbliche
Esistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’eliminazione dell’atto

Atti irrevocabili

Atti vincolati
Atti la cui efficacia si è già esaurita

Atti costitutivi di status


Atti costitutivi di diritti quesiti
Provvedimenti contenziosi
Atti di mera esecuzione

Effetti

La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori


effetti e l’obbligo di provvedere all’indennizzo degli eventuali pregiudizi verificatisi in
danno dei soggetti direttamente intervenuti

Non incidenza della revoca sui diritti quesiti

È possibile che siano revocati diritti soggettivi perfetti già concessi con precedente atto
amministrativo, ma non possono essere revocati i diritti che i beneficiari hanno già
esercitato

Conseguenze

La revoca ha efficacia ex nunc e gli effetti dell’atto revocato cessano dal momento di
operatività della revoca

Giurisdizione

Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A. le controversie in materia di


determinazione e corresponsione di indennizzo (art. 133 c.p.a.)

9.5 • L’abrogazione

Nozione: l’abrogazione (o rimozione) è un atto di ritiro che si attua per il sopravvenire


di nuove circostanze di fatto che rendono l’atto non più rispondente al pubblico interesse; si
differenzia dalla revoca, che si concretizza nella rivalutazione delle stesse circostanze originarie
(VIRGA). Gli atti suscettibili di abrogazione sono gli stessi che possono essere revocati. Gli effetti
dell’abrogazione si producono ex nunc. SANDULLI la riconduce nell’ambito della revoca.
9.6 • Altri atti di caducazione

Pronuncia di decadenza

È un atto di ritiro di precedenti atti ampliativi delle facoltà dei privati emesso dalla P.A. in
caso di inadempimento di obblighi e oneri; in caso di mancato esercizio delle facoltà;
nell’ipotesi del venir meno dei requisiti necessari sia per la costituzione che per la
continuazione del rapporto. Sandulli non la configura come atto di ritiro

Mero ritiro

È un atto di ritiro che si esplica nei confronti di atti non ancora efficaci. Per il ritiro è
condizione sufficiente l’accertamento dell’illegittimità o inopportunità, non essendo richiesto
l’apprezzamento di un interesse pubblico

9.7 • Impugnativa dell’atto di ritiro

L’atto di ritiro affetto da vizi di legittimità può essere impugnato e annullato

Ciò determina la riacquisizione di efficacia dell’atto ritirato


Laddove ciò non possa avvenire il privato godrà della tutela risarcitoria

10. Convalescenza dell’atto amministrativo

Gli atti illegittimi, e quindi annullabili, possono essere ritirati oppure sanati e mantenuti in vita
mediante

Un atto che elimina il vizio inficiante il provvedimento (cd. provvedimento di


convalescenza)

convalida (provvedimento costitutivo, emesso dall’autorità competente che


elimina i vizi di legittimità da parte della stessa autorità emanante)
ratifica (provvedimento costitutivo emesso dall’autorità competente, che elimina il
vizio di incompetenza relativa)
sanatoria (emanazione successiva di atto o presupposto di legittimità del
provvedimento)

Differenze
La convalida è un provvedimento nuovo, autonomo, che elimina i vizi di legittimità di un atto
invalido precedentemente emanato dalla stessa autorità. Il provvedimento di convalida deve
contemplare: l’atto che si intende convalidare; il vizio da cui è affetto; la volontà di rimuovere
il vizio invalidante (cd. animus convalidandi).

La convalida può riguardare soltanto:

— atti annullabili (non nulli, in quanto non si può mantenere in vita un atto inesistente);
— c h e non siano stati precedentemente annullati (perchè tale atto può esser solo
rinnovato, non più convalidato);
— in relazione ai quali l’autorità abbia ancora il relativo potere sull’atto (se il potere si è
«consumato», nulla può più l’autorità emanante);
— il cui vizio inficiante possa essere eliminato (non attenga ad invalidità sostanziale).
La convalida opera ex nunc ma, poiché si collega ad un atto precedentemente emanato
conservandone gli effetti anche nel tempo intermedio, di fatto opera ex tunc.
La ratifica anche è un provvedimento nuovo, autonomo, costitutivo, con cui viene eliminato il
vizio di incompetenza relativa da parte dell’autorità astrattamente competente la quale si
appropria di un atto adottato da autorità dello stesso ramo. Per avere efficacia sanante la
ratifica deve contenere la precisa menzione dell’atto e del vizio che si intende sanare e la
chiara e univoca volontà di eliminarlo. Si differenzia dalla convalida per l’autorità che
pone in essere l’atto, che non è la stessa autorità emanante e per il vizio sanabile, che è
solo di incompetenza relativa.
Si ha sanatoria, infine, quando un atto o un presupposto di legittimità del procedimento, che
manca al momento dell’emanazione del provvedimento amministrativo, viene emesso
successivamente in modo da perfezionare ex post l’atto illegittimo. La sanatoria, a
differenza della convalida e della ratifica, non costituisce un provvedimento nuovo
ed autonomo, ma si identifica con l’atto che nel singolo caso è stato omesso; può aversi
solo per alcune categorie di atti (proposte, approvazioni, autorizzazioni, accertamenti
tecnici).

11. Conservazione dell’atto amministrativo

Nozione: opera nell’ipotesi di raggiungimento dello scopo e consente la conservazione


dell’atto illegittimo per vizi di forma laddove risulta ugualmente perseguito in modo efficace
l’interesse pubblico. Il principio si concretizza attraverso una serie di figure giuridiche che tendono a
rendere inattacabile da ricorsi un atto amministrativo che è e resta invalido (applicazione del principio
generale di conservazione degli atti giuridici).

Consolidazione

È una causa di conservazione oggettiva dell’atto amministrativo che dipende dal


decorso del termine perentorio entro il quale l’interessato avrebbe potuto proporre ricorso
avverso il provvedimento invalido (si tratta di una figura processualistica accostabile al
passaggio in giudicato della sentenza). Trascorso tale termine, l’atto amministrativo
diviene inoppugnabile
Acquiescenza

È una causa di conservazione soggettiva dell’atto amministrativo che dipende da


manifestazioni espresse o da fatti concludenti con i quali il soggetto privato si preclude la
possibilità d’impugnare l’atto. Ne sono requisiti:

l’esistenza del provvedimento


la conoscenza dell’interessato
l’accettazione del privato mediante comportamento non equivoco e spontaneo

Conversione

Consiste nel considerare un atto invalido come appartenente ad un altro tipo, di cui
presenta i requisiti di forma e di sostanza (utile per inutile non vitiatur)

Conferma

È una manifestazione di volontà non innovativa con cui l’autorità ribadisce una sua
precedente determinazione, eventualmente ripetendone il contenuto

conferma propria qualora sia adottata sulla base di un nuovo iter procedimentale
(nuova istruttoria, nuova ponderazione di interessi pubblici, nuovo provvedimento)

conferma impropria e cioè atto meramente confermativo

— adottato dalla stessa autorità


— senza una nuova istruttoria
— conferma del dispositivo e della motivazione del provvedimento

In sintesi

La patologia dell’atto amministrativo può essere considerata una delle tematiche più
discusse nell’ambito del diritto amministrativo.
In generale, quando si parla di invalidità dell’atto si fa riferimento alla difformità del
medesimo dal diritto e alla conseguente sanzione della inefficacia dell’atto stesso. Con
l’espressione «patologia», invero, si intende fare riferimento allo stato di «malattia» dell’atto
giuridico, e, nella specie, quello amministrativo. La dottrina, a riguardo, ha ben posto in
evidenza che «nella teoria generale del diritto l’elaborazione di questi concetti è
storicamente da accreditarsi agli studi di diritto civile, con particolare riferimento a quelli sul
negozio giuridico. Il negozio “malato” è quello che nasce affetto da una alterazione»
(BELLOMO).
Con l’espressione vizio dell’atto amministrativo si indica, invero, la divergenza tra la
fattispecie in concreto posta in essere dalla P.A. ed il modello astratto predeterminato
in sede normativa.
Al fine di rilevare un vizio dell’atto è, infatti, necessario procedere ad una comparazione tra
l’atto posto in essere ed il modello astratto. In diritto amministrativo esiste una particolarità in
base alla quale l’atto adottato dalla P.A. per essere legittimo deve rispondere ad un duplice
criterio: deve essere conforme alle norme di legge, da un lato, ed alle regole di opportunità,
dall’altro.
Ne consegue che i vizi che possono inficiare l’atto amministrativo possono essere:
— vizi di legittimità, qualora l’atto si discosti da quanto disposto dalle norme giuridiche;
— vizi di merito, qualora l’atto, sebbene conforme alle norme, non sia rispondente alle
regole di buona amministrazione.
La rilevanza dei vizi di merito trova la propria ratio giustificatrice nel fatto che l’attività della
P.A. è un’ attività funzionalizzata, nel senso che essa non solo deve essere conforme alle
norme di legge, ma deve essere, comunque, protesa alla realizzazione dell’interesse
pubblico (causa del potere).
Capitolo 8

L’ATTIVITÀ NEGOZIALE E CONSENSUALE DELLA P.A.

1. L’attività contrattuale della P.A. in generale

L’attività della pubblica amministrazione è attività vincolata al perseguimento dei fini


pubblici. La realizzazione di questi può avvenire secondo diverse modalità: accanto, ed in
alternativa, all’esercizio autoritativo-unilaterale dell’azione amministrativa, attraverso il
provvedimento amministrativo (tramite il quale si estrinseca il potere di supremazia che la P.A. ha sui
privati), l’amministrazione può optare per un esercizio della stessa mediante moduli convenzionali,
caratterizzati dalla ricerca del consenso del destinatario della sua azione, che, quindi, diviene il
risultato dell’incontro delle due volontà, quella della P.A. e del privato. Espressione di tale modalità
di azione sono sia i contratti, istituti tipici del diritto privato, che gli accordi, i quali vanno ad
integrare o sostituire il provvedimento amministrativo (art. 11 L. 241/1990).
L’utilizzo dello strumento contrattuale costituisce il sistema più agile e veloce affinché la
P.A. adempia al proprio compito istituzionale di provvedere alla cura concreta degli interessi
pubblici.
Si osserva, inoltre, che l’attività contrattuale dello Stato e degli altri enti pubblici, pur
costituendo manifestazione della capacità di diritto privato della P.A., di cui all’art. 1bis L. 241/1990,
è caratterizzata per essere regolamentata da una disciplina composita, formata da norme di diritto
privato e norme riconducibili all’ordinamento giuspubblicistico.

Perseguimento di fini pubblici da parte della P.A. mediante

Attività unilaterale e autoritativa

provvedimento amministrativo

Moduli privatistici

contratti

Attività consensuale

accordi

Art. 1bis L. 241/1990

La P.A. nell’adozione di atti di natura non autoritativa agisce secondo le norme di


diritto privato (salva diversa previsione legislativa)

Differenze

Tra i contratti di diritto comune e gli accordi che la P.A. può concludere con il
destinatario del provvedimento sussiste una notevole differenza: se l’elemento che
accomuna tali istituti è la partecipazione del privato all’azione amministrativa, mediante
l’espressione del proprio consenso alla stessa, tale parificazione è, però, solo di natura
formale.
Dal punto di vista sostanziale, infatti, si deve rilevare che quando la pubblica
amministrazione ricorre al modulo contrattualistico, essa, pur nel perseguimento del
pubblico interesse, agisce su di un piano di parità con il contraente, quindi jure
privatorum, e diviene «parte» del relativo rapporto giuridico; viceversa, in ipotesi di accordi,
il soggetto pubblico non si spoglia del suo potere amministrativo ma opta per l’esercizio
consensuale dello stesso.

2. Il principio dell’autonomia contrattuale e la realizzazione


dell’interesse pubblico

Con riferimento al rapporto tra negozio privato ed interesse pubblico, si rileva che la
P.A. deve, in ogni caso, dar conto sia delle ragioni che la inducono ad utilizzare lo strumento
negoziale in luogo di quello provvedimentale che dell’effettiva realizzazione dell’interesse
pubblico.
Ciò significa che, anche quando la P.A. decide di ricorrere allo strumento contrattuale,
deve essere sempre possibile la verifica successiva, da parte del privato ed eventualmente del
giudice, circa la rispondenza dell’azione amministrativa ai principi di buon andamento ed
imparzialità e deve essere evincibile l’interesse pubblico perseguito.
In tale prospettiva assume specifico rilievo la procedura di evidenza pubblica, che è
quel procedimento che deve precedere la stipulazione di uno specifico contratto: esso, infatti,
consente di conoscere le ragioni che hanno indotto la pubblica amministrazione a stipulare proprio
con un determinato soggetto.

3. Classificazione dei contratti della P.A.

Tipi

Contratti ordinari di diritto privato


Contratti speciali di diritto privato
Contratti ad oggetto pubblico

commistione di provvedimento amministrativo e contratto

Differenze

Quando si parla di attività contrattuale della pubblica amministrazione, un’importante


distinzione è quella basata sulla dicotomia contratti passivi - contratti attivi. I contratti
passivi sono quei contratti con i quali la P.A. si procura beni e servizi necessari al
proprio funzionamento dietro erogazione di somme di denaro (es.: gli appalti, la
compravendita, la locazione, il contratto d’opera ecc.); i contratti attivi, invece, sono quei
contratti mediante i quali l’amministrazione si procura delle entrate finanziarie (es.: la
compravendita, nel caso in cui la P.A. riveste il ruolo di venditore, la locazione quando il
soggetto pubblico è locatore, ecc.).

4. Regime giuridico dei contratti stipulati dalla P.A.

Rapporto contrattuale con la P.A.

Fase pubblicistica (diritto pubblico)

deliberazione a contrarre
scelta del contraente all’esito della procedura di gara
conclusione del contratto
approvazione del contratto

Fase privatistica (diritto privato)

esecuzione del contratto

Natura giuridica dei contratti

I contratti in cui è parte la P.A. possono qualificarsi di diritto privato


Limiti all’attività negoziale e recesso dal contratto stipulato

La P.A. è in genere legittimata a compiere tutti quegli atti di diritto privato posti in essere
normalmente dai soggetti privati, tranne quelli che presuppongono la partecipazione di una
persona fisica. La legittimazione manca anche per quegli atti che mirano al raggiungimento
di fini contrastanti con i fini pubblici
Ai sensi dell’art. 21sexies L. 241/1990, il recesso unilaterale dai contratti della P.A. è
ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto

Norme applicabili nei confronti della P.A.

Artt. 1341-1342 c.c., riguardanti condizioni generali di contratto e clausole vessatorie:


applicabili (Cass. 398/1986)
Artt. 1414 ss. c.c., riguardanti la simulazione: ammessa (Cass. 7151/1983)
Artt. 1358 e 1359 c.c., riguardanti la buona fede in pendenza di condizione e la cd. finzione
di avveramento della condizione contro la P.A.: applicabile la prima, non la seconda
(GALLI)
Art. 1453 c.c. in relazione agli artt. 1219 ss. c.c., riguardanti la mora e la risoluzione per
inadempimento della P.A.: applicabili (Cass., SS.UU. 3451/1985)

5. Il diritto dei contratti pubblici

5.1 • La normativa di riferimento

Con il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici, sono
state recepite le direttive comunitarie in materia di appalti pubblici (nn. 17/2004 e 18/2004) creando
un sistema organico, coerente, semplificato ed esaustivo delle norme disciplinanti le procedure di
affidamento.
Successivamente alla sua approvazione, il Codice è stato oggetto di ulteriori
provvedimenti normativi che hanno apportato «correttivi», integrazioni e modificazioni alle originarie
previsioni. Con il D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 è stato adottato il Regolamento di esecuzione e
di attuazione del Codice, che contiene disposizioni di dettaglio (di particolare rilevanza sono le
norme — artt. 4 e 5 — a tutela dei lavoratori, che prevedono il potere sostitutivo della stazione
appaltante in caso di inadempienza contributiva e retributiva dell’esecutore dell’appalto).
L’importanza dei contratti pubblici nel sistema economico nazionale spiega gli interventi
legislativi settoriali che hanno interessato tale ambito. Si segnalano, in particolare: la L. 136/2010,
che ha introdotto l’obbligo per gli operatori economici di utilizzare conti correnti bancari o postali
dedicati alle commesse pubbliche al fine di contrastare le infiltrazioni mafiose negli appalti; la L.
180/2011, che ha introdotto misure volte a favorire l’accesso agli appalti pubblici delle piccole e
medie imprese; la L. 190/2012 e il D.Lgs. 33/2013, che hanno individuato specifiche modalità per
l’attivazione del principio di trasparenza negli appalti.
Osservazioni

L’assetto normativo dei contratti pubblici, delineato con le direttive comunitarie n. 17 e 18


del 2004 ha subito una sostanziale revisione grazie all’intervento riformatore del legislatore:
è recentissima, infatti, l’approvazione di nuove direttive che sostituiscono le precedenti e
che, all’esito del recepimento, incideranno sulla disciplina nazionale in materia.
In particolare si tratta di un pacchetto di tre nuove direttive in materia di appalti e
concessioni, del 26.2.2014, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 28
marzo 2014:
— la direttiva n. 2014/24/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici,
che sostituisce la direttiva 2004/18/CE;
— l a direttiva n. 2014/25/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure
d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e servizi
postali, che sostituisce la direttiva 2004/17/CE;
— la direttiva n. 2014/23/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione
dei contratti di concessione.
Con riferimento agli appalti nei settori ordinari e speciali, le novità più interessanti
riguardano:
a) la riduzione degli oneri amministrativi connessi allo svolgimento della procedura, sia
per gli enti aggiudicatori sia per gli operatori economici, mediante il crescente ricorso
all’autocertificazione e la promozione degli appalti elettronici in grado di generare
consistenti risparmi economici;
b) una più attenta vigilanza della correttezza delle procedure, arginando la possibilità di
conflitti di interesse, favoritismi e corruzione;
c) un nuovo criterio di determinazione del prezzo, che perde la sua staticità (il prezzo più
basso al momento dell’offerta), per ricomprendere il costo di tutto il ciclo di vita del bene,
manutenzioni e smaltimento finale compresi;
d ) un nuovo ruolo delle pubbliche amministrazioni e un nuovo rapporto con gli
operatori privati: le PP.AA. non saranno più viste come soggetti passivi che spendono
soldi pubblici per procurarsi beni e servizi seguendo precise regole e controlli, ma saranno
chiamate a concepire idee, da realizzare poi con la collaborazione degli operatori
economici. In tale prospettiva viene data ampia risonanza agli strumenti che realizzano una
sinergia tra pubblico e privato (tra questi si segnala il Partenariato per l’innovazione, con il
quale si punta a sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi e al successivo acquisto delle
forniture, servizi o lavori che ne risultano, per soddisfare esigenze individuate
dall’amministrazione aggiudicatrice, che non possono essere soddisfatte con soluzioni
esistenti).
Quanto alla direttiva sulle concessioni, essa, colmando un vuoto normativo presente
nell’ordinamento, introduce una precisa definizione di contratto di concessione,
connessa al concetto di “rischio operativo sostanziale”, definisce l’ambito di applicazione
della normativa, circoscritto alle concessioni di lavori e servizi il cui valore sia di importo
pari o superiore a 5.186.000 EUR e fornisce un quadro giuridico certo nelle procedure di
aggiudicazione delle concessioni.

5.2 • I principi generali in materia di contratti


Relativi all’affidamento e all’esecuzione dei contratti

Garanzia della qualità delle prestazioni che il futuro contraente dovrà fornire
Rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza

Relativi all’affidamento

Rispetto dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non


discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità

Misure volte a favorire l’accesso delle piccole e medie imprese

Suddivisione degli appalti in lotti finanziari


Adozione di criteri di partecipazione alle gare che non escludano le p.m.i.
Coinvolgimento delle p.m.i. nella realizzazione delle grandi infrastrutture e delle
connesse opere integrative o compensative

Applicazione

Della legge sul procedimento amministrativo, L. 241/1990


Delle disposizioni del codice civile

L’art. 2 del Codice dei contratti detta una serie di principi generali che devono
governare sia la fase pubblicistica di scelta del contraente, che quella, prettamente privatistica,
relativa all’esecuzione del contratto. L’individuazione specifica degli stessi da parte del legislatore è,
inoltre, finalizzata a garantire unicità ed omogeneità al sistema, in quanto trattasi di principi
comuni a tutti i contratti pubblici ed applicabili indistintamente, a prescindere dalla tipologia di
contratto.
L’elencazione legislativa parte dalle diverse interpretazioni, affermatesi nel tempo, dei
parametri di buon andamento ed imparzialità della P.A., di cui all’art. 97 Cost., per poi conciliarle con
i principi fondamentali dell’ordinamento dell’Unione europea.

6. L’ambito di applicazione del Codice: art. 3 D.Lgs.


163/2006

6.1 • Ambito oggettivo

Settori di interesse

Ordinari
tutti, tranne

— quelli speciali
— quelli esclusi dall’applicazione del Codice

Speciali

gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, settori postali, sfruttamento di


area geografica

Tipologia di contratti

Appalto: contratto a titolo oneroso stipulato in forma scritta, tra uno o più operatori
economici e una o più stazioni appaltanti, avente ad oggetto

l’acquisizione di servizi o di forniture


la sola esecuzione di opere o di lavori pubblici
la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori o opere, ovvero, previa
acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e
l’esecuzione di lavori o opere di cui all’allegato I del Codice
limitatamente alle ipotesi di infrastrutture strategiche, l’esecuzione con qualsiasi
mezzo di un’opera rispondente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante
o dall’ente aggiudicatore, sulla base del progetto preliminare o definitivo posto a
base di gara

Concessione

concessione di lavori pubblici


concessione di servizi

Differenze

La distinzione tra appalto e concessione si fonda sulla circostanza che nella concessione,
il corrispettivo dei lavori o della fornitura dei servizi è dato esclusivamente dal diritto di
gestire l’opera o il servizio ovvero dallo stesso diritto accompagnato da un prezzo. Il
concessionario, quindi, non viene mai remunerato direttamente dalla pubblica
amministrazione, come accade per l’appaltatore, ma riceve esclusivamente i proventi
derivanti dalla gestione dell’opera o del servizio (canoni pagati dall’utenza). Su un piano
pratico, ciò significa che, mentre l’appalto crea un rapporto esclusivamente tra
l’amministrazione appaltante e quello aggiudicatario, nella concessione detto rapporto
investe anche gli utenti che fruiscono del servizio.

Contratti esclusi in tutto o in parte dall’applicazione del Codice

Applicazione delle disposizioni della Parte I - Titolo II del Codice


Art. 27: norma di chiusura, in quanto contiene principi applicabili ai contratti esclusi

6.2 • Ambito soggettivo

Soggetti tenuti all’applicazione del Codice

Amministrazioni aggiudicatrici

amministrazioni dello Stato


enti pubblici territoriali
altri enti pubblici non economici
organismi di diritto pubblico
associazioni, unioni, consorzi comunque denominati costituiti da detti soggetti

Enti aggiudicatori

amministrazioni aggiudicatrici
imprese pubbliche
soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi

Altri soggetti aggiudicatori

soggetti privati tenuti all’osservanza del Codice

Stazione appaltante

amministrazioni aggiudicatrici
soggetti di cui all’art. 32 del Codice

Osservazioni

Una menzione a parte deve essere fatta alla cd. centrale di committenza e alla stazione
unica appaltante (SUA) che nel sistema delineato dal legislatore stanno acquisendo
sempre più rilevanza.
La cd. centrale di committenza, nel sistema dei contratti pubblici, è un’amministrazione
aggiudicatrice che acquista forniture o servizi o aggiudica appalti di lavori o accordi
quadro di forniture e servizi per altre amministrazioni aggiudicatici (art. 3, comma 34,
D.Lgs. 163/2006): si tratta, in sostanza, di uno strumento di centralizzazione degli acquisti
delle pubbliche amministrazioni che consente ai soggetti pubblici, soprattutto per grandi
volumi di acquisti, di risparmiare sia in termini di prezzi che di costi di gestione della
procedura. Il maggior risparmio è legato al fatto che anzicché procedere ad indire tante
singole gare di appalto, le amministrazioni interessate si rivolgono all’operatore economico
individuato dalla centrale di committenza, comunque all’esito di una procedura concorsuale,
con il quale si procede alla stipula del contratto.
La stazione unica appaltante è una centrale di committenza, da istituire, ai sensi dell’art.
13 L. 136/2010, al fine di “assicurare la trasparenza, la regolarità e l’economicità della
gestione dei contratti pubblici e di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose”.
Successivamente, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30-6-2011
è stata dettata la prima disciplina delle SUA, al quale ha fatto seguito la più dettagliata
circolare del Ministro dell’interno 5-10-2011, n. 119 . La stazione unica appaltante è un
soggetto centralizzato che cura, per conto degli enti aderenti, l’intera procedura di gara per
l’aggiudicazione di contratti pubblici per la realizzazione di lavori, la prestazione di servizi e
l’acquisizione di forniture, svolgendo tale attività in ambito regionale, provinciale e
interprovinciale, comunale e intercomunale. Possono aderire alla SUA, facoltativamente: le
amministrazioni dello Stato, le Regioni, gli enti locali, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti
pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni, unioni, consorzi, e
gli altri soggetti di cui all’art. 32 D.Lgs. 163/2006, nonché le imprese pubbliche e i soggetti
che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente
secondo le norme vigenti.
Quanto all’attività da svolgere, alla SUA è affidata la cura di tutte le fasi della gara che
porta all’individuazione del soggetto contraente, nonché la cura degli adempimenti relativi
all’eventuale contenzioso insorto in relazione alla procedura di affidamento.

7. Procedimento di formazione del contratto: l’evidenza


pubblica

Nozione: l’espressione procedura ad evidenza pubblica indica quella sequenza


procedimentale, definita da regole di ordine pubblico non derogabili dalle parti, che deve essere
seguita dall’amministrazione per addivenire alla conclusione del contratto. In particolare, con tale
locuzione si vuole sottolineare la necessità, nell’ottica del rispetto del principio di trasparenza
dell’azione amministrativa, che vengano rese evidenti le ragioni che inducono una P.A. a stipulare uno
specifico contratto proprio con un determinato soggetto.
Con il termine «evidenza pubblica», quindi, non si indica un tipo autonomo di
contratto, bensì una particolare procedura finalizzata alla sua conclusione.
Il Codice dei contratti pubblici disciplina il procedimento di evidenza pubblica,
scomponendolo in quattro momenti principali (artt. 11 e 12):

Procedura

Fase di deliberazione (provvedimentale) a contrarre e determinazione del contenuto (del


futuro contratto)
Fase di scelta del contraente, che si conclude con l’aggiudicazione
Fase di conclusione del contratto
Fase di approvazione del contratto

8. La fase preliminare: la delibera a contrarre e la lex


specialis

La prima fase del procedimento di evidenza pubblica si apre con l’adozione da parte
della P.A. di un provvedimento amministrativo o di analoga manifestazione di volontà (cd.
deliberazione a contrarre) con cui la stessa dichiara le finalità che intende perseguire ed il modo
con cui intende realizzarle: tale atto rappresenta il presupposto del futuro negozio.
In particolare, ai sensi dell’art. 11, comma 2, del Codice, la delibera a contrarre è l’atto
con il quale la P.A. manifesta la propria volontà di concludere un contratto, fornisce delle
indicazioni di massima circa la futura procedura (g li elementi essenziali del contratto, la
procedura di scelta del contraente che l’amministrazione intende adottare nonché il criterio da
seguire per selezionare l’offerta migliore) e legittima la successiva azione dell’organo esecutivo
che rappresenta l’ente.

Delibera a contrarre

Atto interno dell’amministrazione


Di natura programmatica
Non immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale

Successivamente all’adozione della delibera a contrarre, la P.A. adotta tutte le necessarie


disposizioni che servono a regolare la singola procedura di gara (cd. lex specialis).

Bando di gara (artt. 64 ss. Codice)

Finalità: garantire la più ampia partecipazione e creare una reale concorrenza tra le ditte
partecipanti

Forme di pubblicità: pubblicazione


Immediata impugnabilità: nel caso di autonoma lesività, nel termine di 30 gg. dalla
pubblicazione (art. 120, comma 5, c.p.a.)

Principio della tipizzazione dei bandi di gara

Predisposizione da parte delle stazioni appaltanti sulla base di modelli (bandi-tipo)


approvati dall’Autorità

Contenuto dei bandi di gara

Indicazioni fissate nell’Allegato IX del Codice


Ogni altra indicazione ritenuta utile dall’amministrazione ai fini della gara
Indicazione delle cause tassative di esclusione dalla procedura

Capitolati

Finalità: individuazione della disciplina tecnica e di dettaglio dei contratti che la P.A. vuole
concludere

Tipologia: capitolati generali, riguardano la generalità dei contratti di un certo tipo (es.:
contratti di appalto di opere pubbliche) e fissano, in via generale, le forme e le condizioni
della stipulazione, nonché le clausole fondamentali comuni a tutti i contratti di quella
specie; capitolati speciali, disciplinano il singolo rapporto concreto

Natura giuridica: contrattuale. Laddove menzionati nel bando o nell’invito costituiscono


parte integrante del contratto (art. 5 del Codice)

Successivamente alla pubblicazione del bando, tutti i soggetti interessati, in possesso dei
requisiti richiesti, possono presentare la propria offerta.
La stipulazione di un contratto con una P.A. richiede che il soggetto contraente sia colui
che ha presentato l’offerta migliore e che possegga determinate caratteristiche e requisiti
(individuati dalla legge) che lo rendano meritorio di rivestire una simile qualifica: ciò in considerazione
della natura pubblica della P.A. e delle finalità pubbliche che la stessa deve perseguire con la propria
attività.

9. La scelta del contraente privato: procedure e criteri

La scelta del soggetto contraente deve avvenire sulla base di regole procedurali definite
e criteri oggettivi che, congiuntamente, consentono di verificare la trasparenza della scelta
compiuta dall’amministrazione procedente.

Procedure

Procedura aperta
procedura in cui ogni operatore economico interessato può presentare un’offerta;
è sempre ammessa

Procedura ristretta

procedura in cui solamente gli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti
possono presentare un’offerta; è sempre ammessa

Procedura negoziata

procedura in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro


scelti e negoziano, con uno o più di essi, le condizioni dell’appalto; è utilizzabile
solo in determinati casi, espressamente previsti dalla legge

Accanto a tali modalità di scelta, il Codice introduce delle modalità procedurali


assolutamente nuove per il nostro ordinamento e tutte di matrice europea.

Ed invero, gli artt. 58, 59 e 60 del Codice disciplinano rispettivamente:

— il dialogo competitivo;
— gli accordi quadro;
— i sistemi dinamici di acquisizione.

Criteri di aggiudicazione (art. 81 Codice)

Del prezzo più basso


Dell’offerta economicamente più vantaggiosa

La fase di scelta del contraente termina con l’aggiudicazione.


Dapprima si procede all’aggiudicazione provvisoria della gara al miglior offerente e
successivamente, a seguito dei controlli opportuni e dell’approvazione dell’organo competente
dell’amministrazione pubblica, si formalizza l’aggiudicazione definitiva: si tratta di quel
provvedimento amministrativo con il quale la P.A. individua il soggetto con il quale contrarre. In quanto
atto immediatamente lesivo degli interessi dei concorrenti esclusi, il provvedimento di aggiudicazione
definitiva viene comunicato tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a 5 giorni
ai soggetti indicati nell’art. 79 del Codice, affinché questi possano eventualmente impugnare gli atti
della procedura espletata.

10. La conclusione del contratto

Stipulazione del contratto


È la redazione per iscritto del contratto
Deve avvenire entro 60 gg. da quando è divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva
Sono fatti salvi i poteri di autotutela della P.A.
A pena di nullità la stipulazione avviene: con atto pubblico notarile informatico, in modalità
elettronica, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante oppure mediante
scrittura privata
Il contratto stipulato è sospensivamente condizionato all’esito positivo dell’eventuale
approvazione dello stesso e degli altri controlli stabiliti dalle stazioni appaltanti

Sospensione del termine di stipulazione (art. 11, commi 10 e 10ter, Codice)

Termine dilatorio della stipulazione (cd. stand still period): si tratta di un termine che
blocca, temporaneamente, la stipulazione del contratto («il contratto non può
comunque essere stipulato») per un periodo di 35 giorni decorrente dall’invio «dell’ultima
delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva»

Sospensione automatica del termine: si verifica nel caso in cui venga proposto ricorso
giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva con contestuale domanda
cautelare. L’effetto sospensivo obbligatorio decorre dal momento della notificazione
dell’istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi 20 giorni

11. L’approvazione del contratto

L’approvazione si presenta quale momento necessario affinché il contratto (stipulato)


possa esplicare i suoi effetti, al termine di un controllo di regolarità amministrativa e contabile.

Approvazione del contratto

Da parte dell’organo competente della P.A.


Entro il termine stabilito nei singoli ordinamenti delle specifiche stazioni appaltanti ovvero
in quello di 30 giorni stabilito ex lege

Costituisce la condicio iuris dell’efficacia del contratto

Ha effetto retroattivo, rendendo possibile l’esplicazione degli effetti del contratto sin dal
momento della sua stipula

12. Le forme di tutela in materia contrattualistica

Il Codice dei contratti pubblici ed il Codice del processo amministrativo contengono


alcune disposizioni che, unitariamente intese, concorrono a delineare un preciso sistema di tutele
esperibili in materia di contratti con la P.A.
In particolare, è necessario distinguere le misure stragiudiziali di definizione delle liti dalla
tutela azionabile in sede giurisdizionale.

Tutela stragiudiziale

Transazione: per questioni aventi ad oggetto diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione dei
contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, nel rispetto delle disposizioni del codice civile

Accordo bonario: consentito solo in relazione a controversie relative a lavori pubblici che
superano un certo valore economico; esso, quindi, presenta un ambito di applicazione più
circoscritto rispetto alla transazione

Arbitrato: per le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti


pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee

Informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale

Osservazioni

L’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale, prevista dall’art.


243bis del Codice dei contratti, costituisce, nei fatti, un nuovo strumento deflattivo del
contenzioso: coloro i quali intendono proporre un ricorso giurisdizionale avverso gli atti di
una procedura di affidamento devono preventivamente informarne la stazione appaltante,
indicando, in modo sintetico e sommario, i presunti profili di illegittimità della gara ed i
motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio.
Lo scopo che si intende perseguire è proprio quello di consentire all’amministrazione di
rivedere il proprio operato, in un momento antecedente rispetto alla fase contenziosa. La
P.A., infatti, ricevuta la comunicazione, è tenuta a informare l’interessato delle proprie
determinazioni in ordine ai motivi indicati, decidendo se intervenire o meno in autotutela.
L’inerzia equivale a diniego di autotutela.

Tutela giudiziale

Tecnica del rinvio tra Codice dei contratti pubblici e Codice del processo amministrativo

Giurisdizione esclusiva del G.A. (art. 133 c.p.a.)

Rito processuale in materia di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, e poteri del
G.A. in ordine al contratto medio tempore stipulato, in caso di annullamento
dell’aggiudicazione definitiva, sono disciplinati negli artt. 119 e ss. c.p.a.

L e vicende successive alla stipula del contratto e, comunque, concernenti la fase


esecutiva del rapporto rientrano nella giurisdizione del G.O. (cfr. Cass., SS.UU., ord. 5-4-
2012, n. 5446; C.d.S. sez. VI, 17-3-2014, n. 1312)
Giurisdizione esclusiva del G.A.

Controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte


da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della
normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti
dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della
giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di
annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative

Controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi,
forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento
applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’art. 115
del D. Lgs. 163/2006, nonchè quelle relative ai provvedimenti applicativi
dell’adeguamento dei prezzi, ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4, dello stesso Codice dei
contratti

Osservazioni

Con riferimento al potere del giudice di dichiarare, nello stesso giudizio in cui viene
pronunciato l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva, l’inefficacia del contratto medio
tempore stipulato e di disporre le sanzioni alternative da applicare, si osserva che il
legislatore ha previsto due ordini di cause che generano l’inefficacia del contratto.
In particolare:
a) il contratto è inefficace quando l’amministrazione abbia commesso, durante la procedura
concorsuale, gravi violazioni: si tratta, per lo più, di ipotesi legate alla mancata pubblicità
della gara o al mancato rispetto del termine dilatorio o della sospensione obbligatoria del
termine per la stipulazione del contratto. In tal caso, il giudice dichiara l’inefficacia e decide
se la privazione degli effetti sia retroattiva o soltanto limitata alle prestazioni ancora da
eseguire. Inoltre, il contratto, benché gravemente viziato, resta efficace se giustificato da
esigenze imperative connesse ad un interesse generale;
b) il contratto è inefficace quando sia stato stipulato all’esito di una procedura concorsuale
comunque viziata, quando, però, tali vizi non rientrano tra le “gravi violazioni”: in tal
caso, è rimessa alla discrezionalità del giudice, la decisione in ordine alla possibilità di
dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza.

13. «Acquisti» centralizzati della P.A.

Il ricorso alle ordinarie procedure concorsuali di aggiudicazione non sempre si rivela


essere il sistema migliore per conseguire la soluzione economicamente più efficiente per
l’amministrazione.
Per fronteggiare la crisi economica il legislatore, con una serie di specifiche disposizioni,
ha previsto per acquisti di beni e servizi il ricorso a procedure centralizzate, che comportano una
semplificazione del processo di acquisto, con riduzione dei costi unitari e dei tempi di
approvvigionamento e aumento della trasparenza e della concorrenza.
I due decreti sulla spending review — il D.L. 7-5-2012, n. 52, conv. in L. 6-7-2012, n. 94
e il D.L. 6-7-2012, n. 95, conv. in L. 7-8-2012, n. 135 — hanno, in particolare, dato nuova linfa alle
convenzioni stipulate dalla Consip S.p.A. e agli acquisti mediante il Mercato Elettronico della
pubblica amministrazione. Su tali disposizioni è poi venuta ad incidere la L. 24-12-2012, n. 228
(legge di stabilità 2013).

Acquisti centralizzati

Strumenti di attuazione

convenzioni Consip
Mercato Elettronico della pubblica amministrazione

Differenze

L e convenzioni attivate da Consip S.p.A. – società pubblica con unico azionista il


Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) – consistono in accordi-quadro stipulati, ai
sensi dell’art. 26 L. 488/1999, con imprese fornitrici, aggiudicatarie di specifiche gare
indette dalla società (quale centrale di committenza) in relazione a singole categorie
merceologiche, che s’impegnano ad accettare ordinativi di fornitura da parte delle
pubbliche amministrazioni, alle condizioni e ai prezzi prestabiliti, fino al un limite massimo
previsto (il cosiddetto massimale).
Ove previsto nel bando di gara, le convenzioni possono essere stipulate con una o più
imprese alle stesse condizioni contrattuali proposte dal migliore offerente.
Tali convenzioni vengono solitamente utilizzate per la fornitura di beni e servizi largamente
utilizzati da tutte le amministrazioni e, realizzando un’ipotesi di acquisto centralizzato (dovuto
all’aggregazione della domanda di più amministrazioni), comportano un’economia di spesa
legata al risparmio, per la singola P.A., dei costi di una gara d’appalto, soprattutto quando si
tratta di importi più consistenti.
Il Mercato Elettronico della P.A., invece, è un vero e proprio mercato selettivo in cui
domanda ed offerta si incontrano on line: i fornitori, in possesso della preventiva
abilitazione, offrono i propri beni e servizi direttamente in rete mentre gli acquirenti
registrati (ossia le pubbliche amministrazioni) possono consultare il catalogo delle offerte ed
emettere direttamente ordini d’acquisto o fare richieste d’offerta. Usualmente, il mercato
elettronico della P.A. viene utilizzato per acquisti di importo inferiore alla soglia di rilievo
comunitario e per beni o servizi che presentano caratteristiche specifiche ovvero sono
destinati a soddisfare peculiari fabbisogni.
14. Il contratto ad oggetto pubblico prima della L. 241/1990

Nozione: si definisce contratto ad oggetto pubblico quello che intercorre tra pubbliche
amministrazioni o tra queste e i soggetti privati, caratterizzato dalla mancanza di parità tra i
contraenti, propria del contratto di diritto privato: ed infatti, uno di essi, l’amministrazione, ricopre una
posizione di supremazia rispetto all’altro contraente.
Peculiarità di tali tipi di contratti è, invece, l’oggetto pubblico, costituito da un bene di cui
solo la P.A. può disporre.

Classificazioni

Contratti accessivi a provvedimenti


Contratti ausiliari di provvedimenti
Contratti sostitutivi di provvedimenti

15. I contratti accessivi

Nozione: sono contratti accessivi quei contratti che disciplinano i rapporti


obbligatori nascenti da provvedimenti amministrativi.

Tipi

Concessioni che attribuiscono ai privati utilità derivanti da beni pubblici che danno luogo
ad effetti giuridici patrimoniali

semplici (a carico di una sola parte)


complessi (a carico di ambo le parti, per cui in tal caso al provvedimento si
collega un contratto)

Osservazioni

Nei contratti accessivi si è in presenza di due rapporti: uno contrattuale, l’altro


amministrativo. In quest’ultimo, la P.A. mantiene la sua posizione di autorità, potendo, ad
esempio, revocare la concessione allorché sopraggiungano ragioni di opportunità.
I provvedimenti concessori ad effetti patrimoniali complessi pongono un problema di
collegamento tra provvedimento e contratto: tale collegamento opera nel senso che il
provvedimento può talora condizionare l’esistenza del contratto, ma ciò non significa,
automaticamente, che la validità e l’efficacia di quest’ultimo dipendano dal provvedimento,
in quanto i due atti conservano ciascuno il proprio regime autonomo. Quanto detto non vale,
però, nel caso in cui l’invalidità o l’inefficacia del provvedimento faccia venire meno le
condizioni per l’esistenza del contratto. Pertanto:
— l’annullamento del provvedimento comporta l’invalidità derivata del contratto e non
viceversa;
— l’eventuale risoluzione del contratto per eccessiva onerosità non incide sul
provvedimento;
— entrambe le parti possono chiedere la risoluzione per inadempimento del contratto
stesso;
— l’amministrazione può adottare il provvedimento di decadenza in sede di autotutela in
seguito ad un inadempimento del contratto accessivo tale da compromettere le finalità
stesse del provvedimento concessorio;
— la revoca della concessione per sopravvenienze determina la risoluzione automatica del
contratto accessivo, con obbligo della P.A. di provvedere alla corresponsione di un
indennizzo in favore del privato.

16. I contratti ausiliari di provvedimenti

Nozione: i contratti ausiliari possono essere definiti come strumenti di attuazione di


atti e provvedimenti amministrativi, volti a regolare l’aspetto patrimoniale che da essi deriva
attraverso un regime concordato, che sostituisce la definizione procedimentale dei suddetti obblighi
patrimoniali.

Presupposti

Presenza di un procedimento amministrativo in corso


Obbligo a contenuto patrimoniale in capo ad una o ambedue le parti

Contenuto

Possono corrispondere ad un tipo contrattuale previsto da norme di diritto privato


Possono corrispondere ad un contratto innominato atipico

Distinzione dagli accordi procedimentali ex art. 11 L. 241/1990

Gli accordi procedimentali non hanno ad oggetto necessariamente effetti patrimoniali da


regolare
Gli accordi non si sostituiscono necessariamente ad un atto del procedimento
amministrativo, ma determinano il contenuto del provvedimento finale

17. I contratti sostitutivi


Nozione: i contratti sostitutivi sono quei contratti che sostituiscono o sono posti in
essere in vece di interi procedimenti.

Tipi

Pianificazione urbanistica con lo strumento delle convenzioni urbanistiche

carattere peculiare è la corrispettività: l’impresa elabora un piano


particolareggiato per vaste zone, cede ai Comuni aree per sedi stradali,
costruisce opere di urbanizzazione primaria e secondaria e opere per servizi
pubblici; la P.A. progetta le opere che appalta all’imprenditore, garantisce una
certa volumetria edificabile, cede temporaneamente determinati servizi

Pianificazione e programmazione economica

Osservazioni

L’esperienza dei contratti ad oggetto pubblico ha subito un forte ridimensionamento a


seguito dell’entrata in vigore della L. 241/1990 e, specificamente, della disposizione relativa
agli accordi tra privato e pubblica amministrazione.
Invero, i contratti ad oggetto pubblico hanno costituito una fase intermedia fra le cd. intese
metagiuridiche — che, sebbene avessero la sostanza di «accordi» con il privato, non
vincolavano in alcun modo l’amministrazione (la quale, pertanto, era libera di adottare un
provvedimento difforme dall’accordo raggiunto), e non producevano alcun effetto esterno
(riconducibile sempre e solo al provvedimento amministrativo) — e gli accordi veri e propri,
istituzionalizzati dal legislatore del ’90 come espressione dell’esercizio democratico del
potere amministrativo, vincolanti per entrambe le parti.
È per tale motivo che, con l’intervento dell’art. 11 della legge sul procedimento, quale norma
di carattere generale, tale tipologia di contratto ha assunto una rilevanza residuale, posto
che sia i contratti ausiliari che quelli sostitutivi sono, oggi, riconducibili alla figura degli
«accordi».
La disposizione de qua, infatti, superando i limiti dei contratti ad oggetto pubblico ha
attribuito alle parti la «possibilità di concludere accordi involgenti direttamente l’esercizio dei
poteri amministrativi, vincolanti per entrambe le parti, ferma la sola facoltà di recesso
dell’amministrazione, per motivi di interesse pubblico» (GAROFOLI-FERRARI).

18. Accordi integrativi e sostitutivi nella L. 241/1990

La L. 241/1990 ha sancito il cd. principio di contrattualità dell’azione amministrativa,


ossia il principio in forza del quale il modulo convenzionale di regolazione dei rapporti tra
amministratori ed amministrati assurge a strumento imprescindibile dell’azione dei pubblici poteri. Gli
«accordi», in quanto espressione dell’esercizio consensuale del potere amministrativo, si
caratterizzano per il fatto che con gli stessi la P.A. non si spoglia del proprio potere, ma lo esercita
cercando il consenso «preventivo» del destinatario della sua azione.

Disciplina

L’art. 11 L. 241/1990 prevede due forme di accordi:

accordi integrativi conclusi al fine di determinare il contenuto discrezionale del


provvedimento
accordi sostitutivi stipulati in sostituzione del provvedimento amministrativo. La
L. 15/2005 ha generalizzato il ricorso a tali accordi, escludendo che alla loro
conclusione si possa addivenire nei soli casi previsti dalla legge

Profili giurisdizionali

Devoluzione alla giurisdizione esclusiva del G.A. delle controversie in materia di


formazione, conclusione ed esecuzione di accordi integrativi e sostitutivi (art. 133 c.p.a.).

Eccezioni

L’art. 13 L. 241/1990 esclude l’applicabilità delle norme sulla partecipazione (Capo III della
L. 241/1990, fra le quali la disposizione sugli accordi) ai procedimenti diretti
all’emanazione di

atti normativi
atti amministrativi generali
atti di programmazione e di pianificazione

19. Gli accordi tra pubbliche amministrazioni: in particolare,


gli accordi di programma (art. 15 L. 241/1990 e art. 34 D.Lgs. 267/2000)

Nozione: gli accordi di programma possono essere definiti come accordi


organizzativi, stipulabili da soggetti pubblici, su ogni materia di loro competenza, senza procedure
predeterminate. Specificamente, si tratta di accordi con cui le pubbliche amministrazioni
concordano le modalità di programmazione e di esecuzione di interventi pubblici,
coordinando le rispettive azioni.

Disciplina
Art. 34 D.Lgs. 267/2000
Art. 15 L. 241/1990
Art. 11, co. 2 e 3, L. 241/1990 se compatibili

Soggetti

Necessari

soggetti promotori; Presidenti delle Regioni, delle Province, ovvero i Sindaci che
hanno competenza primaria o prevalente sull’opera da eseguire

Eventuali

i soggetti promotori possono invitare i rappresentanti di altri enti locali o di altre


amministrazioni interessate

Procedimento

Fase dell’iniziativa
Fase istruttoria
Fase conclusiva
Fase integrativa dell’efficacia

Effetti

L’accordo di programma obbliga le parti stipulanti ad ottemperare agli impegni assunti con
lo stesso

Profili giurisdizionali

Devoluzione alla giurisdizione esclusiva del G.A. delle controversie relative alla
formazione, alla conclusione e all’esecuzione di tali accordi (art. 133 c.p.a.)

In sintesi

La pubblica amministrazione, nel perseguire i suoi fini, non si avvale unicamente di forme e
mezzi previsti dal diritto pubblico, ma può anche utilizzare, al pari dei soggetti privati, i
negozi di diritto privato. In questo caso la P.A. si pone sullo stesso piano del privato
cittadino e non agisce in veste di organo pubblico, dotato di potere di imperio e di
autotutela, ma come qualsiasi altro soggetto, con i suoi stessi diritti e doveri.
Appare evidente, infatti, come un’attività amministrativa che si esplichi mediante atti
autoritativi unilaterali non assicura alcuna adesione delle parti private alle scelte della
P.A.; in uno Stato democratico, che consenta ai cittadini di resistere in giudizio contro i
provvedimenti, ciò implica un alto grado di conflittualità e, in definitiva, un rallentamento ed
una perdita di efficacia dell’azione amministrativa. È per questo motivo che, negli ultimi anni,
la legislazione in materia di atti e procedimenti si è evoluta da un modello di esercizio
autoritativo-unilaterale ad un modello di esercizio consensuale-contrattuale della
potestà amministrativa.
Un momento fondamentale di questa evoluzione si è registrato con riguardo alla materia dei
contratti pubblici, disciplinata dal D.Lgs. 163/2006, e degli accordi integrativi e sostitutivi
del provvedimento (art. 11 L. 241/1990). L’uso di questi ultimi è stato generalizzato dalla L.
15/2005, che ha abrogato il principio di tipicità degli accordi sostitutivi.
PARTE QUINTA

BENI, ESPROPRIAZIONE E RESPONSABILITÀ

Capitolo 1: I beni della Pubblica Amministrazione

1. La disciplina dei beni della P.A.: profili introduttivi • 2. La tradizionale distinzione dei
beni pubblici: beni demaniali e beni patrimoniali • 3. I beni demaniali • 4. Beni
patrimoniali indisponibili • 5. Utilizzazione dei beni pubblici • 6. Tutela dei beni
demaniali (art. 823, co. 2, c.c.) • 7. I beni patrimoniali disponibili • 8. I diritti reali della
P.A. su beni altrui • 9. Acquisto dei diritti reali della P.A. • 10. La tutela giurisdizionale in
tema di beni pubblici

Capitolo 2: La disciplina amministrativa della proprietà privata e il governo del territorio

1. Il regime amministrativo della proprietà privata • 2. Il governo del territorio e la


pianificazione urbanistica • 3. I vincoli alla proprietà urbana • 4. L’edilizia e il D.P.R.
380/2001 • 5. Il permesso di costruire • 6. La segnalazione certificata di inizio attività
(s.c.i.a.) in materia edilizia

Capitolo 3: Gli atti ablativi e l’espropriazione

1. Potere ablatorio e concetto di atto ablativo • 2. Espropriazione per pubblica utilità • 3.


La disciplina dell’espropriazione per pubblica utilità • 4. L’acquisizione
provvedimentale: acquisto della proprietà a seguito di utilizzazione senza titolo di un
bene per scopi di interesse pubblico • 5. Gli altri atti ablativi

Capitolo 4: Responsabilità della P.A. e verso la P.A.

1. Gli obblighi della P.A.: generalità • 2. Concetto e tipi di responsabilità • 3.


Responsabilità civile della P.A. per fatti illeciti: distinzioni e dottrina • 4. La
responsabilità extracontrattuale della P.A. • 5. Rapporti tra responsabilità della P.A. e
dei suoi impiegati • 6. La cd. responsabilità oggettiva • 7. La responsabilità contrattuale
della P.A. • 8. La responsabilità precontrattuale • 9. La responsabilità da atto lecito •
10. La risarcibilità del danno derivante da lesione degli interessi legittimi • 11. La
responsabilità nei confronti della P.A. • 12. L’illecito amministrativamente sanzionato
(cd. illecito amministrativo)
Capitolo 1

I BENI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

1. La disciplina dei beni della P.A.: profili introduttivi

Nozione: la pubblica amministrazione, per perseguire i suoi fini istituzionali, si avvale di


un complesso di risorse, costituite da soggetti e da mezzi; questi ultimi, che vengono indicati nel
loro complesso come beni di interesse pubblico, sono costituiti da beni immobili, da beni mobili e
da risorse finanziarie.

1.1 • Beni di interesse pubblico e beni pubblici

Beni di interesse pubblico

Privati

autostrade o strade ferrate costruite e gestite da privati in regime di concessione


strade vicinali
beni di interesse archeologico appartenenti a privati
regime giuridico

— vincoli (storico-ambientale, paesistico, idrogeologico)


— oneri (esecuzione in danno degli obblighi di fare, sottrazione della disponibilità al proprietario)

Pubblici

appartengono a soggetti pubblici


soddisfano un interesse pubblico

Beni pubblici

Appartengono allo Stato o ad altri enti pubblici


Sono soggetti ad un particolare regime giuridico

1.2 • Criteri di qualificazione


Criteri di qualificazione

Soggettivo

appartenenza ad enti pubblici

Oggettivo

funzione che realizza un interesse pubblico

Misto

appartenenza ad un ente pubblico e funzione rivolta a soddisfare un interesse


pubblico

Regime giuridico

inappropriabile da parte dei privati

2. La tradizionale distinzione dei beni pubblici: beni


demaniali e beni patrimoniali
3. I beni demaniali

3.1 • Caratteri e distinzioni

Caratteri

Sono sempre beni immobili o universalità di beni mobili


Devono appartenere ad enti pubblici territoriali

Distinzioni

Demanio necessario

beni immobili o demaniali per natura (SANDULLI)

di proprietà dello Stato e solo eccezionalmente delle Regioni

— demanio marittimo (es.: lidi, spiagge, porti, lagune etc.)


— demanio idrico (es.: fiumi, laghi, porti interni etc.)
— demanio militare (opere permanenti destinate alla difesa nazionale)

Demanio accidentale (o eventuale)

beni di appartenenza sia pubblica che privata ma laddove di proprietà dello Stato
o di altro ente pubblico, sono demaniali

— demanio stradale (strade pubbliche e pertinenze)


— demanio ferroviario (strade ferrate e pertinenze)
— demanio areonautico (aeroporti, piste di atterraggio)
— acquedotti
— beni di interesse storico, artistico ed archeologico

Demanio regionale

Regioni ordinarie

— art. 11 L. 281/1970
Regioni speciali

— beni indicati negli Statuti

Demanio provinciale
art. 824 c.c (strade provinciali)

Demanio comunale specifico

cimiteri
mercati comunali

3.2 • Regime giuridico

Regime giuridico

Sono inalienabili (art. 823 c.c.), salvo eccezioni previste dalla legge (D.P.R. 283/2000)
Non sono suscettibili di acquisto a titolo originario per usucapione (artt. 823 e 1145 c.c.)
Il diritto di proprietà pubblica è imprescrittibile
Sono insuscettibili di espropriazione forzata
La demanialità si estende anche alle pertinenze e alle servitù
Il passaggio di beni dal demanio al patrimonio dello Stato deve essere dichiarato
dall’autorità amministrativa (art. 829 c.c.)

Acquisto e perdita della demanialità

Beni demaniali per natura

acquisto o perdita coincidono con l’esistenza o il venir meno del bene

Beni del demanio artificiale necessario

acquisto mediante realizzazione, per legge, del bene da parte dell’ente pubblico
territoriale; perdita mediante atto di declassificazione

Beni del demanio artificiale accidentale

acquisto della demanialità mediante acquisizione in proprietà da parte dell’ente


territoriale e attribuzione della destinazione tipica del bene demaniale
Pertinenze

la demanialità del bene accessorio viene meno con la manifesta volontà della
P.A. di sottrarre la pertinenza alla sua funzione

Osservazioni

In attuazione della legge delega n. 42/2009, in materia di federalismo fiscale, è stato


emanato il D.Lgs. 28-5-2010, n. 85, cd. «federalismo demaniale», attuativo del
federalismo fiscale. Esso prevede l’individuazione, attraverso decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri, di beni appartenenti al demanio statale che possono essere
attribuiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, su richiesta degli stessi
enti territoriali. L’ente attributario dispone del bene nell’interesse della collettività ed è tenuto
ad fornirne la «massima valorizzazione funzionale».

4. Beni patrimoniali indisponibili

4.1 • Profili generali

Concetto

Rientrano nella catergoria dei beni pubblici


Possono appartenere a qualsiasi ente pubblico e non solo ad enti territoriali
Consistono sia in beni immobili che in beni mobili

Carattere

Indisponibilità

per natura (es.: miniere, acque termali)

per l’appartenenza ad un ente pubblico (es.: foreste, aree di edilizia popolare)

per destinazione (es.: caserme)

per appartenenza e destinazione (es.: sedi e arredi degli uffici, materiale


ferroviario, i mezzi di trasporto pubblico)

4.2 • Elencazione

Principali categorie

Foreste
Miniere
Acque minerali e termali
Cave e torbiere
Beni di interesse storico-archeologico-artistico
Beni militari (non rientranti nel demanio militare)
Beni costituenti la dotazione del P.d.R.
Arredi ed edifici sede dei pubblici uffici

4.3 • Regime giuridico

Regime giuridico

Art. 828 c.c. (non possono essere sottratti alla destinazione se non nei modi stabiliti
dalla legge)

Soggetti ad usucapione (solo se sottratti alla loro estinazione)


Insuscettibili di espropriazione forzata, salvo nell’ipotesi in cui l’espropriazione persegua
un interesse pubblico ritenuto prevalente (C.d.S., Ad. Plen., 27-5-1983, n. 13; art. 4, co. 2,
D.P.R. 327/2001)

Acquisto della indisponibilità

Venuta ad esistenza
Acquisto in proprietà dell’ente
Destinazione

Perdita della indisponibilità

Venir meno del bene


Trasferimento della proprietà
Mutamento della destinazione o trasferimento dell’appartenenza
5. Utilizzazione dei beni pubblici

Distinzione degli usi in base ai soggetti ammessi ad utilizzarli

Esclusivo (o diretto) da parte della P.A.

Generale (chiunque)

esercizio dei cc.dd. diritti civici

— diritto soggettivo a che non sia impedito il libero godimento dello stesso

Particolare (determinati soggetti pubblici o privati)

legge
atto amministrativo di concessione
concessione-contratto
contratto di diritto privato

— diritto soggettivo a che la P.A. si astenga da illegitttime turbative


— interesse legittimo al rispetto delle norme di legge

6. Tutela dei beni demaniali (art. 823, co. 2, c.c.)

Tutela amministrativa

Autotutela decisoria

Autotutela esecutiva

spettano esclusivamente all’ente pubblico proprietario

Tutela giurisdizionale ordinaria

Spetta all’ente pubblico proprietario e/o possessore dei beni

azioni petitorie
azioni possessorie
7. I beni patrimoniali disponibili

Nozione: Fanno parte del patrimonio disponibile dello Stato e degli altri enti pubblici
tutti i beni ad essi appartenenti diversi da quelli demaniali e da quelli patrimoniali indisponibili.

Categorie

Beni corporali (immobili per lo più)

Beni incorporali (diritti reali su cose altrui, diritti di credito)

Titoli di credito (titoli di Stato, azioni)


Danaro

Alienazione

Deve avvenire nelle forme del diritto pubblico

Differenze

I beni patrimoniali disponibili non sono beni pubblici, ma solo beni di proprietà di un ente
pubblico. Essi si distinguono dai beni indisponibili per i seguenti profili:
1) carattere prevalentemente redditizio: i beni del patrimonio disponibile hanno un valore
economico e sono usati dalla P.A. affinché producano reddito;
2) mancanza di una destinazione attuale ad un pubblico servizio.

8. I diritti reali della P.A. su beni altrui

Diritti reali

Diritti demaniali su beni altrui (art. 825 c.c.)

spettano allo Stato o ad un ente territoriale

— per l’utilità di un bene pubblico


— per il conseguimento di fini di pubblico interesse
— servitù prediali pubbliche (di scarico, di scolo e di soprapassaggio)
— diritti di uso pubblico (strade vicinali, aree private di pubblico transito, musei privati, usi civici)
Diritti patrimoniali su beni altrui

disponibili (su beni disponibili)


indisponibili (su beni indisponibili)

9. Acquisto dei diritti reali della P.A.

Acquisto

Ex lege
Atti o fatti di diritto comune (art. 922 c.c.)

atti di acquisto

— negozi giuridici
— provvedimenti giudiziari di esecuzione

Atti o fatti di diritto pubblico

fatti di acquisto basati sul diritto internazionale pubblico


fatti di acquisto basati sul diritto pubblico interno
atti di acquisto di diritto pubblico interno

10. La tutela giurisdizionale in tema di beni pubblici


In sintesi

La pubblica amministrazione, per il raggiungimento dei suoi scopi, si avvale non soltanto di
soggetti, ma anche di beni (mobili ed immobili) che rappresentano la categoria dei cd.
«beni pubblici»: questi si differenziano dai beni «privati» in quanto sono sottoposti ad un
diverso regime giuridico. Più propriamente, col termine di beni pubblici viene indicato il
complesso dei beni appartenenti, a qualsiasi titolo, allo Stato o ad un altro ente pubblico,
siano essi destinati direttamente al servizio della collettività mediante l’uso immediato,
oppure siano diretti a procurare i mezzi da impiegare nell’approntamento dei servizi di
pubblica utilità.
I beni pubblici si distinguono in due grandi categorie:
— beni demaniali, indicati nel loro complesso col termine demanio (art. 822 c.c.);
— beni patrimoniali indisponibili (art. 826 c.c.).
Capitolo 2

LA DISCIPLINA AMMINISTRATIVA DELLA PROPRIETà PRIVATA E IL GOVERNO DEL


TERRITORIO

1. Il regime amministrativo della proprietà privata

Diritto di proprietà

Art. 42 Cost.

la proprietà può essere pubblica o privata


la legge ne disciplina acquisto, godimento e limiti

Diritto assoluto

potere di usare, fruire e disporre di una cosa nei confronti di chiunque e nei limiti
fissati dalla legge

Regime giuridico

Limiti negativi

limiti nell’interesse della proprietà pubblica (obblighi di non fare)


limiti nell’interesse della difesa militare (servitù militari)
limiti di interesse idrogeologico ed agricolo
monopoli
limiti di interesse urbanistico (tutela del territorio)
altri limiti (ad es., quelli dettati da esigenze di igiene, sanità pubblica etc.)

Obblighi positivi

nell’interesse del demanio (obblighi di manutenzione a carico dei proprietari


frontisti)
nell’interesse dell’agricoltura (v. art. 836 c.c.)
Privazione del diritto

atti di trasferimento coattivo del diritto (es.: espropriazione, requisizione in


proprietà, confisca)
atti di attribuzione coattiva del diritto d’uso (es.: requisizione in uso, occupazione
temporanea)
provvedimenti che privano parzialmente del godimento dei beni (es.: servitù di
elettrodotto e simili)
altri atti che sacrificano diritti sui beni

2. Il governo del territorio e la pianificazione urbanistica

Nozione: l’urbanistica è quella branca del diritto che ha per oggetto le norme che
regolano lo svolgimento delle attività di trasformazione del territorio.

2.1 • Titolari e norme di riferimento

Titolari della funzione urbanistica

Potestà legislativa concorrente delle Regioni ordinarie ed esclusiva delle Regioni e


Province speciali (art. 117 Cost.)
Competenza a svolgere funzioni di indirizzo e coordinamento allo Stato
Progettazione e adozione degli strumenti urbanistici di livello comunale al Comune
Adozione dei piani provinciali territoriali alla Provincia
Città metropolitane per la pianificazione territoriale generale (art. 1, co. 44, lett. b), L.
56/2014)

Legislazione fondamentale

L. 1150/1942 (cd. legge urbanistica)


L. 765/1967 (cd. legge ponte)
D.P.R. 327/2001 (T.U. espropriazione, in vigore dal 30-6-2003)
D.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia, in vigore dal 30-6-2003)

2.2 • La pianificazione urbanistica


Piani urbanistici (L. 1150/1942, cd. legge urbanistica)

Normativi o programmatici (contengono norme generali sull’assetto del territorio, da


realizzare con piani attuativi, e provvedimenti immediata mente precettivi, con effetto cd.
conformativo)

territoriale di coordinamento

— provinciale di coordinamento
— urbanistica metropolitana
regolatore generale
programma di fabbricazione
intercomunale
di sviluppo urbanistico delle Comunità montane
dell’area o del nucleo di sviluppo industriale
territoriale paesistico

Attuativi (realizzano la puntuale attuazione delle norme generali)

particolareggiato
di lottizzazione
di edilizia economica e popolare
di recupero
programma pluriennale di attuazione
comparto edificatorio

3. I vincoli alla proprietà urbana

Quella dei vincoli è una tematica che raccorda la materia della pianificazione urbanistica
con quella dell’espropriazione (cfr. gli artt. 9-11 T.U. espropriazione; sul punto v. anche amplius Cap.
successivo).
In particolare, i vincoli conformativi trovano la loro ratio nell’art. 42 Cost., da cui deriva il
cd. potere conformativo della P.A., ossia il potere di connotare giuridicamente, in senso limitativo, il
diritto di proprietà. Essi discendono dalle cd. zonizzazioni del territorio comunale o di parte di esso,
con cui si incide su una generalità di beni e, quindi, nei confronti di una pluralità indifferenziata di
soggetti. Viceversa, i vincoli preordinati all’esproprio sono quelle previsioni urbanistiche
(localizzazioni) che incidono direttamente su un bene determinato, apponendovi un vincolo funzionale
alla realizzazione di un’opera pubblica, ex se incompatibile con la persistenza della proprietà privata.
Vincoli posti con il piano regolatore generale

Vincoli preordinati all’espropriazione

derivano dalle localizzazioni


hanno durata di 5 anni
decadono se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità
possono essere motivatamente reiterati salvo indennizzo del proprietario

Vincoli conformativi

assoluti o relativi
derivano dalle zonizzazioni
destinati ad aree verdi o a bassa urbanizzazione

4. L’edilizia e il D.P.R. 380/2001

Nozione: l’edilizia è quella branca del diritto urbanistico che si occupa specificamente
degli aspetti esecutivi dell’attività edilizia. Per attività edilizia si intende la costruzione di manufatti
stabili destinati a soddisfare bisogni abitativi o produttivi.
Il diritto ad edificare, o jus aedificandi, spetta — come ha riconosciuto la Corte
costituzionale con la famosa sentenza n. 5 del 1980 — al proprietario del suolo su cui viene
costruito il manufatto, e costituisce quindi estrinsecazione del diritto di proprietà. Tuttavia, l’attività
edilizia è sottoposta all’esplicazione di poteri amministrativi finalizzati al controllo sull’assetto del
territorio e sullo sviluppo urbanistico.
La disciplina dell’edilizia è oggi contenuta nel D.P.R. 380/2001, Testo Unico dell’edilizia,
che ha razionalizzato l’intera materia. Tale provvedimento normativo è stato, nel tempo oggetto di
numerose modifiche, sia dirette che indirette, che hanno interessato le diverse ipotesi in cui può
esplicarsi l’attività edilizia e la disciplina dei titoli edilizi eventualmente necessari per realizzare gli
interventi.

Sistema delle attività edilizie realizzabili e relativi titoli edilizi (D.P.R. 380/2001)

Attività edilizia totalmente libera: comprende quegli interventi edilizi per la cui
realizzazione non è richiesto alcun titolo abilitativo né è prevista alcuna specifica
comunicazione all’ente comunale

art. 6, co. 1, D.P.R. 380/2001

Attività edilizia libera previa comunicazione di inizio dei lavori: ricomprende interventi
edilizi che possono essere eseguiti senza il rilascio di alcun titolo abilitativo, ma che
necessitano della previa comunicazione dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato al
Comune

art. 6, co. 2, D.P.R. 380/2001

Attività edilizia soggetta a permesso di costruire: sono soggetti al previo rilascio del
detto titolo abilitativo gli interventi edilizi indicati all’art. 10 D.P.R. 380/2001

artt. da 10 a 21 D.P.R. 380/2001

Attività edilizia soggetta alla cd. “super-d.i.a.”: rientrano in tale tipologia gli interventi
edilizi (ad es. quelli ex art. 22, co. 3, D.P.R. 380/2001) che, per espressa previsione della
normativa statale o regionale, possono essere realizzati mediante d.i.a. (denuncia di inizio
attività) in via alternativa o sostitutiva rispetto al permesso di costruire

artt. 22 e 23 D.P.R. 380/2001 nonché art. 5, co. 2, lett. c), D.L. 70/2011, conv. in L.
106/2011

Attività edilizia soggetta a s.c.i.a.: possono essere realizzati con la segnalazione di inizio
attività – s.c.i.a. (che ha sostituito l’originaria denuncia di inizio attività – d.i.a.) tutti i restanti
interventi edilizi non rientranti nelle precedenti ipotesi

artt. 22 e 23 D.P.R. 380/2001 nonché art. 5, co. 2, lett. b) e c), D.L. 70/2011, conv.
in L. 106/2011

5. Il permesso di costruire

Nozione: il permesso di costruire è il provvedimento legittimante le trasformazioni


urbanistiche ed edilizie.

Interventi da sottoporre al rilascio del permesso di costruire (art. 10 D.P.R. 380/2001, come
novellato dal D.L. 69/2013, conv. in L. 98/2013, cd. “decreto fare”)

Interventi di nuova costruzione


Interventi di ristrutturazione urbanistica
Interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliare, modifiche del
volume, dei prospetti o delle superfici
Mutamenti di destinazione d’uso connessi ad interventi di ristrutturazione edilizia

Procedura di rilascio del permesso di costruire (art. 20 D.P.R. 380/2001, come sostituito dal D.L.
70/2011, conv. in L. 106/2011 e novellato dal D.L. 83/2012, conv. in L. 134/2012 e dal D.L. 69/2013,
conv. in L. 98/2013)

La domanda per il rilascio del permesso di costruire va presentata allo sportello unico
corredata da un’attestazione concernente il titolo di legittimazione e dagli elaborati
progettuali richiesti. La domanda è accompagnata da una dichiarazione del progettista
abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed
adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla
disciplina dell’attività edilizia (in particolare con riguardo alle norme antisismiche, di
sicurezza, antincendio e igienico-sanitarie)

Lo sportello unico comunica entro dieci giorni al richiedente il nominativo del responsabile
del procedimento che, entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, cura l’istruttoria,
acquisisce i prescritti pareri e gli atti di assenso necessari e formula una proposta di
provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-
giuridica dell’intervento richiesto. Il responsabile del procedimento, inoltre, qualora ritenga
che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia necessario apportare modifiche di
modesta entità rispetto al progetto originario, può richiedere tali modifiche
Se entro il citato termine di 60 giorni non sono intervenute le intese, i concerti, i nulla osta o
gli assensi, comunque denominati, delle altre amministrazioni pubbliche, o è intervenuto il
dissenso di una o più amministrazioni interpellate, qualora tale dissenso non risulti fondato
sull’assoluta incompatibilità dell’intervento, il responsabile dello sportello unico indice una
conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti L. 241/1990. Le amministrazioni
che esprimono parere positivo possono non intervenire alla conferenza di servizi e
trasmettere i relativi atti di assenso, dei quali si tiene conto ai fini dell’individuazione delle
posizioni prevalenti per l’adozione della determinazione motivata di conclusione del
procedimento
Il provvedimento finale, che lo sportello unico provvede a notificare all’interessato, è
adottato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio, entro il termine di trenta giorni dalla
proposta. Dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico
mediante affissione all’albo pretorio
Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente
o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di
permesso di costruire si intende formato il silenzio assenso, fatti salvi i casi in cui
sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali
Qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto a vincolo (ambientale,
paesaggistico, culturale) il termine di 30 giorni decorre dal rilascio del relativo atto di
assenso e il procedimento si conclude con l’adozione di un provvedimento espresso (ai
sensi dell’art. 2 L. 241/1990 sul procedimento amministrativo). In caso di diniego dell’atto
di assenso, eventualmente acquisito in conferenza di servizi, decorso il termine per
l’adozione del provvedimento finale, la domanda di rilascio si intende respinta. Il
responsabile del procedimento trasmette al richiedente il provvedimento di diniego
dell’atto di assenso entro cinque giorni dalla data in cui viene acquisito agli atti
Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o
asseverazioni dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti per il
rilascio del permesso di costruire è punito con la reclusione da uno a tre anni
6. La segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) in
materia edilizia

La s.c.i.a. è uno strumento di liberalizzazione delle attività private, che rinviene la sua
disciplina nell’art. 19 L. 241/1990: essa, infatti, sostituisce, a determinate condizioni, «ogni atto di
autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque
denominato». L’istituto è stato introdotto nella legge sul procedimento (in sostituzione della
precedente dichiarazione di inizio attività) dall’art. 49, comma 4bis, D.L. 78/2010, conv. in L.
122/2010, il quale, però, non ha, nel contempo, modificato le disposizioni del D.P.R. 380/2001 in
materia di d.i.a. – denuncia di inizio attività, creando così un dubbio interpretativo.
L’applicazione della s.c.i.a. alla materia edilizia è stata controversa fino all’approvazione
d e l D.L. 70/2011, conv. in L. 106/2011, che, all’art. 5, comma 2., lett. c), ha previsto che «le
disposizioni di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 si interpretano nel senso che le
stesse si applicano alle denunce di inizio attività in materia edilizia disciplinate dal decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380».
Restano escluse dall’applicazione della s.c.i.a. edilizia, e troverà ancora applicazione la
cd. “super-d.i.a.” (come definita nella prassi), le ipotesi in cui la denuncia, in base alla normativa
statale o regionale, sia alternativa o sostitutiva al permesso di costruire (art. 22, comma 3, D.P.R.
380/2001).
Per una disamina della s.c.i.a. si rinvia alla Parte IV, Cap. 4, par. 2.

Interventi realizzabili con s.c.i.a. (art. 22, commi 1 e 2, D.P.R. 380/2001)

Interventi non riconducibili all’elenco di cui all’art. 10 (che necessitano di permesso di


costruire) e all’art. 6 (interventi liberi, o subordinati alla previa comunicazione di inizio dei
lavori)
Varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle
volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la
sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del D.Lgs. 42/2004 e non violano
le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire

Super - d.i.a. (art. 22, co. 3, D.P.R. 380/2001)

Interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo in tutto o in parte diverso


dal precedente e aumento di unità immobiliari, sagoma e volume
Interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da
piani attuativi comunque denominati
Interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici
generali recanti precise disposizioni planovolumetriche

Osservazioni

L’art. 6 del D.P.R. 380/2001 , come sostituito D.L. 40/2010, conv. in L. 73/2010 e novellato
dai decreti legge 83/2012 e 69/2013, come rispettivamente convertiti, individua le categorie
di interventi edilizi cd. liberi, cioè quelli che per la loro realizzazione non necessitano di
alcun titolo abilitativo: si tratta, in sostanza, di interventi che, come osservato dalla dottrina
(LATTANZI), costituiscono «pura espressione del diritto di proprietà».
La norma, in particolare, ai commi 1 e 2, individua, rispettivamente, le ipotesi in cui gli
interventi sono totalmente liberi e quelle in cui gli interventi, pur non necessitando di alcun
titolo autorizzatorio, sono subordinati alla previa comunicazione, anche per via telematica,
dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale.
Rientrano tra le ipotesi di interventi totalmente liberi: a) gli interventi di manutenzione
ordinaria; b) gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino
la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma
dell’edificio; c) le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano
carattere geognostico e che siano eseguite in aree esterne al centro edificato; d) i
movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-
silvo-pastorali; e) le serre mobili stagionali, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola.
La ratio di tale previsione, che consente la realizzazione dei detti interventi senza alcun titolo
legittimante, è da rinvenire nella attitudine degli stessi a determinare un impatto
urbanistico minimo, se non irrilevante.
Ai sensi del comma 2 della disposizione in questione, gli interventi liberi ma subordinati
alla preventiva comunicazione di inizio lavori sono: 1) gli interventi di manutenzione
straordinaria, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino
aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri
urbanistici; 2) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e
ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità; 3) le opere di
pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta; 4) i pannelli solari e
fotovoltaici, a servizio degli edifici; 5) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di
arredo delle aree pertinenziali degli edifici; 6) le modifiche interne di carattere edilizio sulla
superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio di impresa ovvero le modifiche della
destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio di impresa.
Capitolo 3

GLI ATTI ABLATIVI E L’ESPROPRIAZIONE

1. Potere ablatorio e concetto di atto ablativo

Il potere ablatorio è quello con cui una pubblica amministrazione, per un vantaggio della
collettività, sacrifica l’interesse ad un bene della vita di un privato cittadino (GIANNINI).
Le forme e l’intensità del sacrificio imposto variano in relazione ai diversi provvedimenti:
esso può consistere nella semplice limitazione di una facoltà, nell’imposizione di un obbligo o,
ancora, nell’estinzione di un diritto del privato (es.: espropriazione).

Effetti dell’atto ablativo

Privativo di una facoltà o diritto facente capo al destinatario del provvedimento


Acquisitivo di una facoltà o diritto a favore di un soggetto beneficiario (espropriante)

Classificazione dei provvedimenti ablatori

Personali

incidono su un diritto personale (es.: ordini di polizia)

Obbligatori

incidono su rapporti di obbligazione (es.: imposizioni tributarie)

Reali

incidono su diritti reali (es.: espropriazione)


obbligo di indennizzo
motivi di interesse generale
riserva di legge

Efficacia (art. 21bis L. 241/1990)


Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti
di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme
stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile

2. Espropriazione per pubblica utilità

Nozione: l’espropriazione, ai sensi dell’art. 834 c.c., è quell’istituto di diritto pubblico in


base al quale un soggetto, contro il pagamento di una giusta indennità, può essere privato, in tutto o
in parte, di uno o più beni immobili di sua proprietà per una causa di pubblico interesse, legalmente
dichiarata.
L’attuale testo di riferimento in materia è il D.P.R. 327/2001 , un vero e proprio «Codice
delle espropriazioni» che assembla e coordina in un unico sistema le procedure espropriative,
sostituendole con un modello unico di procedimento espropriativo, valevole per tutti gli interventi di
esproprio.

2.1 • Presupposti

Espropriazione per pubblica utilità (e atti ablativi in generale)

Principio della riserva di legge


Obbligo di indennizzo
Motivi di interesse generale a fondamento dell’atto ablativo

2.2 • Caratteristiche e limiti

Elementi del rapporto espropriativo

Parti

l’espropriato, ossia il soggetto, pubblico o privato, titolare del diritto espropriato


l’autorità espropriante, che è l’autorità amministrativa titolare del potere di
espropriare e che cura il relativo procedimento, ovvero il soggetto privato al quale
sia stato attribuito tale potere in base ad una norma
i l beneficiario dell’espropriazione, ossia il soggetto, pubblico o privato, a
favore del quale è emesso il decreto di esproprio
i l promotore dell’espropriazione, che è il soggetto, pubblico o privato, che
richiede l’espropriazione
Oggetto

diritto di proprietà o altro diritto reale


diritti personali di godimento (giurisprudenza)

Indennizzo

somma di danaro non necessariamente commisurata alla effettiva entità del


danno sofferto dall’avente diritto, ma collegato a parametri prestabiliti per legge o
contratto
presupposto di legittimità dell’atto espropriativo previsto dalla Costituzione

— unico
— giusto

Non sono espropriabili

Edifici aperti al culto


Beni demaniali e beni patrimoniali indisponibili
Sedi di rappresentanze diplomatiche di Stati esteri

3. La disciplina dell’espropriazione per pubblica utilità

3.1 • Le competenze in materia di espropriazione: il principio di simmetria

Fonte normativa

D.P.R. 327/2001, cd. Testo Unico in materia espropriativa, sostanzialmente modificato dal
D.Lgs. 302/2002 ed entrato in vigore il 30 giugno 2003

Competenza (art. 6 D.P.R. 327/2001)

L’autorità espropriante è anche quella competente alla realizzazione dell’opera


pubblica o di pubblica utilità (cd. principio di concentrazione o di simmetria)
Le amministrazioni statali e delle autonomie territoriali individuano ed organizzano l’Ufficio
per le espropriazioni
3.2 • L’iter espropriativo

Procedimento

Apposizione del vincolo (approvazione del piano urbanistico generale, o variante, che
prevede l’esecuzione dell’opera pubblica)

il vincolo preordinato all’esproprio individua precisamente il luogo interessato alla


realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità. Ha la durata di cinque
anni: entro tale termine può essere emanato il provvedimento che comporta la
dichiarazione di pubblica utilità dell’opera; se non è tempestivamente dichiarata
tale pubblica utilità, il vincolo preordinato all’esproprio decade (art. 9, commi 2 e
3)
Il vincolo preordinato all’esproprio, dopo la sua decadenza, può essere
motivatamente reiterato, attraverso l’approvazione di una variante di piano o di
un nuovo strumento urbanistico

Dichiarazione di pubblica utilità (essa consegue implicitamente per le opere conformi


allo strumento urbanistico – art. 12 – altrimenti discende esplicitamente dall’approvazione
del progetto dell’opera da realizzare – artt. 18-19)

il provvedimento che dispone la pubblica utilità dell’opera può essere emanato


fino a quando non è decaduto il vincolo preordinato all’esproprio
ai sensi dell’art. 12 D.P.R. 327/2001, la dichiarazione di pubblica utilità si intende
disposta quando l’autorità espropriante approva a tale fine il progetto definitivo
dell’opera pubblica o di pubblica utilità, o di qualunque altro strumento urbanistico
o di altro provvedimento ai quali la normativa vigente riconosca tale effetto
nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera può
essere stabilito il termine entro il quale il decreto di esproprio va emanato. In
mancanza, il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di cinque
anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica
utilità dell’opera

Determinazione dell’indennità di esproprio (provvisoria e definitiva): art. 37 D.P.R.


327/2001

il subprocedimento di determinazione dell’indennità si concretizza nella proposta


fatta dal promotore dell’espropriazione ai proprietari interessati che, a loro volta,
possono presentare osservazioni scritte e depositare documenti. Tale fase, in
contraddittorio tra le parti, può anche condurre alla conclusione dell’accordo di
cessione volontaria

Decreto di esproprio (passaggio della proprietà) ed esecuzione a mezzo di immissione


verbalizzata nel possesso dei beni

il decreto di esproprio è emanato entro il termine di scadenza dell’efficacia della


dichiarazione di pubblica utilità. Esso svolge una funzione di riepilogo dell’intera
vicenda espropriativa ed il suo principale effetto è quello di produrre il
trasferimento del diritto dell’espropriando nella sfera giuridica del beneficiario.
L’esecuzione del decreto si attua attraverso la immissione nel possesso del
bene documentata con redazione di apposito verbale entro il termine perentorio
di due anni dall’emanazione

3.3 • Criteri di computo dell’indennizzo

Criteri di computo dell’indennizzo (artt. 37 e ss. D.P.R. 327/2001)

Aree edificabili: valore venale del bene

con riduzione del 25% in caso di epropriazione finalizzate ad interventi di riforma


economico-sociale

Aree non edificabili: valore agricolo

Aree legittimamente edificate: valore venale del bene

Aree destinate ad opere private di pubblica utilità: valore venale del bene, tranne per
le opere rientranti nell’edilizia residenziale pubblica convenzionata e agevolata

3.4 • L’occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio

Occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione (art. 22bis D.P.R. 327/2001)

Consiste nell’immissione in possesso, da parte dell’espropriante, dei beni immobili da


espropriare prima dell’emissione del decreto di esproprio

Il decreto di occupazione deve essere motivato

Tale occupazione è consentita solo nei casi previsti dal legislatore, e cioè

in ipotesi di urgenza qualificata in ordine ai lavori da eseguire in relazione alla


natura delle opere
p e r interventi di rilevanza strategica previsti dalla legge cd. obiettivo (L.
443/2001)
quando ci sono oltre 50 destinatari della procedura espropriativa
3.5 • La retrocessione del bene espropriato

Retrocessione

Totale

dieci anni senza realizzare o cominciare l’opera pubblica, dalla data di


esecuzione del decreto di esproprio: diritto di chiedere l’accertamento della
decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione del bene ed il
pagamento di una indennità

Retrocessione

Parziale

opera realizzata, ma vi è una mancata utilizzazione di parte del bene: possibilità


di chiederne la restituzione

3.6 • Profili giurisdizionali

Autorità giudiziaria (art. 53 D.P.R. 327/2001 e art. 133 c.p.a.)

Giurisdizione esclusiva del G.A.

per le controversie aventi ad oggetto atti, provvedimenti, accordi e


comportamenti, riconducibili anche mediatamente all’esercizio di un pubblico
potere della P.A.

Giurisdizione del G.O.

per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle


indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa

4. L’acquisizione provvedimentale: acquisto della proprietà a


seguito di utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico

Il problema della occupazione illegittima di un’area da parte della P.A. con conseguente
irreversibile trasformazione della stessa è stato affrontato in più occasioni sia dalla giurisprudenza
che dal legislatore: attualmente tale questione rinviene una disciplina positiva nell’art. 42bis D.P.R.
327/2001, Testo Unico delle espropriazioni, introdotto dal D.L. 6-7-2011, n. 98, conv. in L. 15-7-
2011, n. 111.
Con la detta norma, concernente l’ipotesi in cui un’autorità utilizzi senza titolo un bene
immobile per scopi di interesse pubblico, il legislatore ha previsto che il bene in questione,
modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della
pubblica utilità, può essere acquisito, non retroattivamente, al patrimonio indisponibile dell’autorità
che lo utilizza, previa valutazione degli interessi in conflitto e dietro corresponsione al proprietario di
un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale subìto. Quest’ultimo viene
forfettariamente determinato dal legislatore nella misura del dieci per cento del valore del bene.
L’istituto si applica quando sia stato annullato il precedente atto da cui era sorto il vincolo
preordinato all’esproprio ovvero l’atto che aveva dichiarato la pubblica utilità di un’opera o il decreto
di esproprio, nonché durante la pendenza di un giudizio per l’annullamento dei menzionati atti, ma a
condizione che l’amministrazione, che ha adottato il precedente atto impugnato, lo ritiri.
Considerato che il provvedimento di acquisizione comporta il passaggio del diritto di
proprietà del bene (sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute ovvero del loro
deposito presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A.), esso deve essere trascritto presso la
Conservatoria dei registri immobiliari a cura dell’amministrazione procedente e trasmesso in copia
all’ufficio competente all’aggiornamento degli elenchi degli atti da cui deriva la dichiarazione di
pubblica utilità ovvero con cui è disposta l’espropriazione. La stessa autorità procedente, poi, deve
trasmettere una copia integrale del provvedimento di acquisizione, entro 30 giorni, alla Corte dei
conti.

Art. 42bis D.P.R. 327/2001

Utilizzo di un bene immobile, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento


di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità
Valutazione degli interessi in conflitto
Corresponsione al proprietario di un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non
patrimoniale
Acquisizione del bene al patrimonio indisponibile dell’autorità che lo utilizza
Efficacia non retroattiva del provvedimento di acquisizione
Specifica motivazione in ordine alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico
sotteso al provvedimento

Effetto del provvedimento di acquisizione

Passaggio del diritto di proprietà del bene all’autorità procedente

5. Gli altri atti ablativi

5.1 • Requisizione in proprietà


Nozione: la requisizione in proprietà è un provvedimento ablativo eccezionale e
necessitato che ha luogo per esigenze di carattere militare.

Oggetto

Beni mobili indicati dalla legge (es.: mezzi di trasporto)


Dietro indennità dovuta dal trasferimento

5.2 • Trasferimento coattivo dei diritti d’uso

Ipotesi

Requisizione in uso

immobili (es.: edifici per alloggiare senza tetto di pubblici disastri)


aziende

Occupazione temporanea

strumentale alla realizzazione di opere dichiarate di pubblica utilità

Provvedimenti che privano parzialmente del godimento dei beni

espropriano o costituiscono servitù o altre limitazioni (es.: servitù di elettrodotto di


appoggio di cassette postali)

5.3 • Atti ablativi di urgente necessità

Nozione: gli atti ablativi di urgente necessità sono quelli che la legge disciplina molto
sommariamente, fissando soltanto i presupposti di urgenza indispensabili per la loro adozione; tali
atti sono, quindi, atipici dal punto di vista contenutistico e sono legittimi se adottati nei soli casi
tassativi stabiliti dal legislatore.

Tipi

Occupazione di urgenza
occupazioni necessitate da forza maggiore (eventi naturali calamitosi)
occupazioni necessitate dall’urgenza di eseguire opere dichiarate indifferibili e
urgenti

Requisizione di urgenza

grave necessità pubblica

— beni mobili
— beni immobili: requisizione in uso

Ordini di distruzione di beni e provvedimenti similari

fini preventivi e cautelari

— ordini di distruzione di beni


— ordini di non utilizzazione dei beni
— sequestro cautelare di beni

5.4 • La confisca e il sequestro

Confisca sanzionatoria

Provvedimento

sanzionatorio

repressivo

successivo
ablativo (ma ricade non nell’art. 42, co. 3, Cost. bensì nell’art. 25, co. 2, Cost.)

acquisitivo (dal privato il bene passa alla P.A. senza corrispettivo)

relativo alla cosa servita a commettere un illecito o che ne costituisce il prodotto

Sequestro amministrativo

Atto ablativo
Atto prettamente cautelare
Osservazioni

La confisca sanzionatoria è disciplinata in via generale dagli artt. 20-22 della L. 24-11-
1981, n. 689, che la configurano come una sanzione amministrativa accessoria a quella
consistente nel pagamento di una somma di danaro. Ne sono previste due ipotesi:
— la confisca facoltativa, che può avere ad oggetto le cose che servirono o furono
destinate a commettere l’illecito amministrativo;
— la confisca obbligatoria, che deve avere ad oggetto le cose che sono il prodotto
dell’illecito amministrativo, sempre che appartengano ad uno degli autori dell’illecito.
Si ricordi che all’art. 20 cit. è stata, di recente, introdotta una particolare ipotesi di
confisca obbligatoria: infatti, è previsto che, in caso di violazioni gravi o reiterate, in
materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli
infortuni, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono
destinate a commettere la violazione o delle cose che ne sono il prodotto, anche se non
viene emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento. Tale previsione, tuttavia, non si applica
se la cosa appartiene a soggetto estraneo alla violazione amministrativa ovvero quando, in
relazione ad essa è consentita la messa a norma e quest’ultima risulta effettuata secondo
le disposizioni vigenti (art. 20, comma 4, L. 689/1981, introdotto dal D.L. 12-11-2010, n.
187, conv. in L. 17-12-2010, n. 217, recante misure urgenti in materia di sicurezza
pubblica).
Il sequestro amministrativo, a sua volta, differisce dalla confisca in quanto comporta una
indisponibilità temporanea del bene alla quale non corrisponde, pertanto, pro facto
un effetto ablativo della titolarità del bene per il destinatario del provvedimento. Ciò
deriva dal fatto che mentre la confisca è una conseguenza dell’illecito ed è accessoria ad
altra sanzione amministrativa principale, il sequestro è atto prettamente cautelare,
adottato in via preventiva, per salvaguardare la collettività dai rischi derivanti dalla
pericolosità di un bene (CASETTA).

In sintesi

Nell’ambito della materia espropriativa, la determinazione e quantificazione dell’indennizzo


hanno conosciuto una evoluzione complessa e articolata.
I criteri previsti dal D.P.R. 327/2001, in un prima fase, per stabilire il quantum
dell’indennizzo erano così fissati: per le aree edificabili, quello della semi-somma del
valore venale e del reddito netto rivalutato e moltiplicato per dieci, diminuita del quaranta per
cento in caso di rifiuto, non addebitabile alla P.A., di cessione volontaria del bene (art. 37,
D.P.R. 327/2001); per le aree non edificabili, il criterio del valore agricolo, per le aree
coltivate, mentre, per le aree non coltivate, l’indennizzo viene rapportato al valore agricolo
medio corrispondente al tipo di coltura prevalentemente praticata nella zona e ai manufatti
edilizi legalmente realizzati (art. 40, D.P.R. 327/2001); per le aree legittimamente
edificate, quello del valore venale del bene (art. 38, D.P.R. 327/2001); per le aree
destinate ad opere private di pubblica utilità, quello del valore venale del bene, tranne
nelle ipotesi di opere che rientrino nell’ambito della edilizia residenziale pubblica,
convenzionata e agevolata (art. 36, D.P.R. 327/2001).
Il sistema di calcolo dell’indennizzo, come fissato dal legislatore del 2001, è stato
successivamente modificato a seguito delle due sentenze della Corte costituzionale del
24-10-2007, nn. 348 e 349, che hanno interpretato le norme dell’ordinamento interno alla
luce dei fondamentali principi europei: in particolare, la Corte ha affermato l’illegittimità di
un ristoro economico che non corrisponde al valore reale del bene (in questa ottica, è stato
dichiarato incostituzionale l’art. 37, commi 1 e 2, del D.P.R. 327/2001, in quanto violativo del
detto principio).
Il legislatore ha dovuto prendere atto di queste fondamentali pronunce e, con la L. 244/2007
(Legge finanziaria per il 2008), ha introdotto un nuovo sistema di calcolo per le aree
edificabili.
All’art. 37 del T.U. espropriazioni, i commi 1 e 2 sono stati sostituiti dai seguenti: «1.
L’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore
venale del bene. Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma
economico-sociale, l’indennità è ridotta del 25 per cento. 2. Nei casi in cui è stato concluso
l’accordo di cessione, o quando esso non è stato concluso per fatto non imputabile
all’espropriato ovvero perché a questi è stata offerta un’indennità provvisoria che,
attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva, l’indennità
è aumentata del 10 per cento».
Per le altre categorie di aree, rimane in vigore la disciplina del T.U.:
— per le aree legittimamente edificate, come già prevedeva la L. 2359/1865, l’indennità è
determinata nella misura pari al valore venale. Si calcola il solo valore dell’area di sedime
se la costruzione è abusiva (art. 38);
— per le aree non edificabili, attenendosi ai criteri previgenti e cioè quelli previsti dalla L.
865/1971, il Testo unico prevede che l’indennità è determinata in base al criterio del valore
agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e del valore dei
manufatti edilizi legittimamente realizzati. Se l’area non è effettivamente coltivata,
l’indennità è commisurata al valore agricolo medio, corrispondente al tipo di coltura
prevalente nella zona ed al valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati (art. 40).
Con riferimento a tale ultimo profilo, si tenga presente, però, che la Corte costituzionale, con
l a sentenza n. 181 del 10 giugno 2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del
criterio del valore agricolo medio (citato all’art. 40, comma 2, T.U. espropriazioni) per
commisurare l’indennità dei suoli agricoli o non edificabili. Anche per questi ultimi, difatti,
come già avvenuto con riferimento alle aree edificabili e il conseguente utilizzo del criterio
del valore venale, è necessario che l’indennizzo si ponga in rapporto ragionevole con il
valore del bene.
Capitolo 4

RESPONSABILITÀ DELLA P.A. E VERSO LA P.A.

1. Gli obblighi della P.A.: generalità

Nozione: la P.A., nel provvedere alla realizzazione dei suoi compiti (con mezzi di diritto
pubblico o con mezzi di diritto privato), entra in rapporto con altri soggetti giuridici, nei confronti dei
quali assume spesso degli obblighi.

Primari

Obblighi di sopportare (pati)

tollerare che terzi fruiscano di beni pubblici

Obblighi di non fare

astenersi dal compiere attività vietate da norme (es.: neminem laedere) o


contratti

Obblighi di fare

attivarsi quando richiesto o dovuto

Obblighi di dare

consegnare oggetti determinati, somme di denaro

Secondari

Sorgono dalla violazione degli obblighi primari

responsabilità della P.A.

La violazione dei detti obblighi comporta una responsabilità per la P.A. che, dal punto di
vista giuridico, è chiamata a rispondere di un certo fatto e a sopportarne le conseguenze previste
dalla legge.

2. Concetto e tipi di responsabilità

Noz ione: la responsabilità si configura quale situazione giuridica soggettiva


sfavorevole in cui viene a trovarsi il soggetto che, avendo posto in essere un comportamento
antigiuridico (ossia illecito) è assoggettabile a una sanzione.
La responsabilità giuridica può, a sua volta, essere civile, penale e amministrativa.
La responsabilità giuridica può ricadere anche sulla P.A.: questa può essere
responsabile sia civilmente che amministrativamente. Non può, invece, essere responsabile
penalmente, perché la responsabilità penale è personale, e soltanto le persone fisiche possono
esserne investite.

Responsabilità giuridica

Civile

risarcimento del danno

Penale

violazione di norme penali

Amministrativa

violazione di doveri amministrativi

3. Responsabilità civile della P.A. per fatti illeciti: distinzioni


e dottrina

Nozione: la responsabilità civile, ossia il dovere giuridico imposto ad un soggetto di


risarcire il danno prodotto ad un altro soggetto, in conseguenza della violazione della sfera giuridica
di quest’ultimo, può essere di due specie: contrattuale ed extracontrattuale.

Responsabilità civile

Contrattuale
violazione di un obbligo derivante da un preesistente rapporto obbligatorio

Extracontrattuale

violazione del principio del neminem laedere (si basa sui medesimi principi del
diritto privato, con la necessaria presenza della imputabilità della condotta alla
P.A.)

Poi vi è un terzo tipo di responsabilità civile, cd. precontrattuale. Questa discende dalla
violazione delle norme che regolano la fase delle trattative in ambito contrattuale.

Fondamento della responsabilità civile (Alessi)

Dal punto di vista teorico, va individuato nella divisione dei poteri


Dal punto di vista positivo, è riposto in varie norme costituzionali e negli artt. 2043 e ss. c.c.

Natura giuridica

Teoria della responsabilità diretta (ZANOBINI, VITTA, SANDULLI)

il soggetto che causa il danno è responsabile del risarcimento

Teoria della responsabilità indiretta (CASETTA)

gli enti non hanno capacità di agire e perciò sono costretti a mutuarla dalle
persone fisiche

Teoria intermedia (ALESSI)

perché sussista la responsabilità occorre un nesso di occasionalità fra pubblica


funzione e danno

4. La responsabilità extracontrattuale della P.A.

Riferimenti normativi

Art. 2043 c.c.


Elementi

Condotta da cui sia derivato un danno

attiva
omissiva

Antigiuridicità della condotta

violazione di norme giuridiche cd. di relazione (salvo cause di giustificazione)

Riferibilità della condotta alla P.A.

nesso di necessaria occasionalità (Cass. 10803/2000)

Elemento psicologico (o imputabilità)

dolo
colpa

Evento dannoso

lesione di un diritto soggettivo perfetto


lesione dell’interesse legittimo

Nesso di causalità fra fatto antigiuridico ed evento dannoso

causalità di fatto penalistica (causalità adeguata)


causalità giuridica (artt. 1223 e 2056 c.c.)

5. Rapporti tra responsabilità della P.A. e dei suoi impiegati

Rapporto
Solidarietà e concorrenza alternativa rispetto a quella (diretta) del dipendente

Fonti

Art. 28 Cost.
Normativa in tema di pubblico impiego

Presupposti

Dolo
Colpa grave

Esclusione della responsabilità

Legittima difesa
Violenza fisica

se sono stati informati i superiori

Osservanza di un ordine (legittimo)

la responsabilità ricade su chi ha impartito l’ordine

6. La cd. responsabilità oggettiva

Responsabilità oggettiva

Responsabilità per fatto altrui

responsabilità dei padroni e committenti (art. 2049 c.c.) e del proprietario (art.
2054, co. 3, c.c.)

— responsabilità indiretta

Responsabilità per fatto proprio incolpevole

presunzione di colpa a carico di chi svolge un’attività pericolosa (art. 2050 c.c.)

— è discussa la configurabilità in capo alla P.A., visto che questa persegue finalità pubbliche
Responsabilità per cose in custodia (art. 2051 c.c.)

purché la P.A. abbia la possibilità di esercitare una concreta attività di vigilanza e


controllo, idonea ad impedire l’insorgere di cause di pericolo per i terzi

7. La responsabilità contrattuale della P.A.

Responsabilità

Contrattuale

individuazione dei principi generali previsti dal codice civile (art. 1218 c.c.)

Essa si basa sull’esistenza di un precedente rapporto obbligatorio già vincolante per le


parti, sorto in virtù di contratto, legge, atto unilaterale o, ancora, in base ad un precedente atto illecito
(obbligazione di risarcimento) (CASETTA).

8. La responsabilità precontrattuale

Responsabilità

Precontrattuale

violazione dei principi di correttezza e buona fede (artt. 1337 e 1338 c.c.); nei
contratti ad evidenza pubblica si configura qualora la P.A.

— receda dalle trattative prima dell’aggiudicazione


— si comporti scorrettamente in pendenza della fase di approvazione
— si rifiuti illegittimamente di approvare il contratto o in modo illegittimo annulli o revochi la delibera a
contrattare
è controverso l’inquadramento nella responsabilità contrattuale o extracontrattuale
(tesi quest’ultima ormai maggioritaria)

Osservazioni

Dottrina e giurisprudenza hanno previsto una ulteriore ipotesi di responsabilità configurabile


in capo alla pubblica amministrazione: la cd. responsabilità da contatto amministrativo
qualificato. Tale responsabilità postula la sussistenza di un contatto qualificato tra P.A. e
privato, in forza dell’instaurazione di un procedimento amministrativo, dal quale
discenderebbero alcuni obblighi di protezione in capo alla P.A. medesima.

9. La responsabilità da atto lecito

Nozione: la responsabilità della pubblica amministrazione in alcuni casi può scaturire da


atti leciti. Si tratta, in linea di massima, di casi in cui il soggetto pubblico, svolgendo un’attività
perfettamente lecita e finalizzata al soddisfacimento di interessi pubblici, provochi il sacrificio di un
diritto soggettivo del privato; in tali evenienze, l’ordinamento prevede l’obbligo di corresponsione, da
parte della P.A., di un indennizzo.

Indennizzo

Obbligo di corresponsione da parte della P.A. di un indennizzo quale mezzo diretto ad un


riequilibrio parziale, anche se non meramente simbolico, del pregiudizio subito
Differenza tra indennizzo (ristoro parziale equitativo) e risarcimento (mezzo di prima
reintegrazione della sfera giuridica lesa)

10. La risarcibilità del danno derivante da lesione degli


interessi legittimi

La questione del risarcimento dei danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi è
particolarmente delicata perché ha visto schierarsi su opposti fronti una giurisprudenza per lo più
arroccata su posizioni negative e una parte della dottrina che evidenziava una carenza all’interno del
sistema, la quale si traduceva in un sostanziale svantaggio per il privato.
Prima della storica sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 500/1999, che ha
statuito la risarcibilità degli interessi legittimi, sia pretesivi che oppositivi, il panorama dottrinale e
giurisprudenziale era così schematizzabile:

Dottrina e giurisprudenza

Interessi legittimi puri

posizione caratterizzata dal fatto di non avere alcun punto di contatto con il diritto
soggettivo

— dottrina negava la risarcibilità


Diritti suscettili di affievolimento

diritto soggettivo originariamente rientrante nella titolarità del soggetto ma


suscettibile di affievolimento ad opera dei pubblici poteri

— giurisprudenza ammetteva la risarcibilità

Diritti fievoli ab origine

diritti nati a seguito di un atto ampliativo della P.A.

— giurisprudenza ammetteva la risarcibilità

Diritti in attesa di espansione

interesse che coesiste con una posizione di diritto soggettivo che necessita
dell’atto di rimozione per poter esplicare la sua operatività

— orientamento giurisprudenziale negativo circa la risarcibilità


Una spinta significativa verso la risarcibilità degli interessi legittimi è stata data dal diritto
europeo. Nel recepire le direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, l’art. 13 della L.
142/1992 aveva stabilito che i soggetti lesi a causa di atti compiuti in violazione del diritto europeo
potevano chiedere all’amministrazione aggiudicatrice il risarcimento del danno. A parte le influenze
del diritto europeo, anche nell’ordinamento interno si registravano interventi legislativi favorevoli
alla tutela aquiliana dei danni agli interessi legittimi. A tal fine sono da ricordare l’ art. 17, comma
1, lett. f), L. 59/1997, laddove si prevedeva l’obbligo di indennizzare il privato in caso di ritardata
definizione del procedimento o di incompleto assolvimento degli obblighi da parte della P.A. e il
D.Lgs. 80/1998, che in significative ipotesi di giurisdizione esclusiva attribuiva al giudice
amministrativo il potere di disporre il risarcimento del danno ingiusto anche nei confronti degli
interessi legittimi.
Ma è con la storica sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.
500/1999 che si è aperta definitivamente la strada alla ammissibilità di un’azione risarcitoria del
danno da lesione di interessi legittimi.

Evoluzione normativa e giurisprudenziale

Cass., SS.UU., sent. n. 500/1999

la lesione di interessi legittimi (o danno da provvedimento), al pari di quella dei


diritti soggettivi o di altro interesse (non di mero fatto) giuridicamente rilevante,
rientra nella fattispecie della responsabilità di cui all’art. 2043 c.c. (responsabilità
aquiliana) ai fini della qualificazione del danno come ingiusto.

Art. 7 L. 205/2000
il legislatore con tale norma ha innovato il sistema di riparto di giurisdizione tra
G.O. e G.A., attribuendo a quest’ultimo le controversie risarcitorie non solo nei
casi di giurisdizione esclusiva ma anche nei casi di giurisdizione generale di
legittimità

Corte cost., sent. n. 204/2004

premesso che la dichiarazione di incostituzionalità non investe in alcun modo l’art.


7 della L. 205/2000, «il potere riconosciuto al giudice amministrativo di disporre,
anche, attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno
ingiusto non costituisce sotto alcun profilo una nuova «materia» attribuita alla sua
giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico
demolitorio (e/o conformatorio), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei
confronti della Pubblica Amministrazione»

Art. 30 Codice del processo amministrativo

viene disciplinata nell’ambito dell’azione di condanna l’azione risarcitoria


esperibile contro la P.A. per danni da illegittimo esercizio dell’azione
amministrativa e, quindi, a tutela di interessi legittimi, nonché, nei casi di
giurisdizione esclusiva, per danni da lesione di diritti soggettivi

11. La responsabilità nei confronti della P.A.

11.1 • Fondamento e distinzioni

Responsabilità verso la P.A.

Potere di supremazia della P.A. nei confronti della collettività

generale (se si esprime sulle collettività indifferenziata)

speciale (se si esprime nei confronti di alcuni soggetti specificamente individuati


in base al rapporto che hanno con lo Stato: si pensi ai pubblici impiegati)

Subordinazione al potere di supremazia speciale della P.A.

Responsabilità civile
intesa alla soddisfazione patrimoniale del danno cagionato

Responsabilità penale

propria dell’impiegato che commette un reato

Responsabilità disciplinare

conseguente alla trasgressione di alcuni particolari obblighi discendenti dal


rapporto di impiego

11.2 • Segue: La responsabilità civile e quella contabile

Nozione: la responsabilità civile verso la P.A. deriva da attività dolose o colpose


dell’impiegato che arrechino un danno patrimoniale alla P.A.

Responsabilità civile verso la P.A.

Ipotesi di responsabilità contrattuale

che deriva dal mancato adempimento di obblighi e doveri che l’impiegato ha


verso lo Stato

Responsabilità contabile

Agenti contabili
Coloro che maneggiano pubblico denaro
Coloro che hanno in consegna beni o valori pubblici

la responsabilità di queste soggetti risulta, in genere, dal rendiconto annuale o


dalle spese non autorizzate in bilancio

Danno erariale

Lesione ingiustificata al patrimonio dello Stato posta in essere da un operatore pubblico


nello svolgimento delle proprie funzioni
condotta antigiuridica
nesso causale tra comportamento e danno
dolo o colpa grave
giurisdizione della Corte dei conti

Ipotesi di danno erariale risarcibile

Danno all’immagine della P.A.


Danno da mancato rendimento del servizio

Danno da disservizio

12. L’illecito amministrativamente sanzionato (cd. illecito


amministrativo)

Con l’espressione «illecito amministrativo», la dottrina si riferisce tanto alle ipotesi di


trasgressione di doveri di carattere generale (comuni, cioè, alla generalità degli amministrati), puniti
con sanzione amministrativa (es.: illeciti di polizia o di finanza), quanto alle ipotesi di trasgressione di
doveri propri di soggetti nei confronti dei quali l’amministrazione si trovi in posizione di supremazia
speciale (così SANDULLI).
La disciplina generale dell’illecito amministrativamente sanzionato è stata dettata, per la
prima volta, con L. 24-11-1981, n. 689.
Con tale normativa il concetto è stato limitato alle sole trasgressioni di doveri di carattere
generale laddove, nel caso di trasgressione di doveri da parte dei soggetti nei confronti dei quali la
P.A. si trova in posizione di supremazia speciale, è preferibile parlare di illecito disciplinare.
Ciò posto, l’illecito amministrativamente sanzionato (o «illecito amministrativo» tout
court) può definirsi come quella violazione di un dovere generale cui l’ordinamento ricollega, come
conseguenza giuridica, il pagamento di una somma di danaro a titolo di sanzione amministrativa.

Sanzione amministrativa

Pagamento di una somma di danaro non inferiore a 10 euro e non superiore a 15.000
euro, salvo che si tratti di sanzione proporzionale

Determinazione del quantum dovuto

L’autorità amministrativa deve tener conto

della gravità della violazione, desunta da ogni circostanza del fatto concreto
dell’opera svolta dall’agente per eliminare o attenuare le conseguenze dannose
del fatto (provvedimento)
della personalità del trasgressore
delle condizioni economiche del trasgressore

Differenze

Tutte le forme di illecito presentano un aspetto comune, dato dalla violazione di una
regola posta dall’ordinamento.
Nell’illecito civile la norma violata è posta a tutela di interessi individuali e patrimoniali,
mentre nell’illecito amministrativo la norma mira a tutelare interessi di carattere pubblico.
Allorquando, invece, si tratta di distinguere l’illecito amministrativo dall’illecito penale, il
discorso si complica perché per entrambi vengono in rilievo interessi pubblicistici.
A tal proposito è possibile individuare due orientamenti:
— il primo fa leva sul fatto che l’illecito amministrativo può consistere, a differenza di quello
penale, anche nella violazione del provvedimento amministrativo;
— il secondo individua la distinzione de qua, nel fatto che l’illecito penale è posto a tutela di
un interesse generale, mentre l’illecito amministrativo mira a tutelare interessi pubblici
specifici di cui la P.A. è attributaria.
PARTE SESTA

I SERVIZI PUBBLICI

Capitolo Unico: I compiti della P.A.: funzioni e servizi pubblici

1. Le funzioni pubbliche • 2. Lo sviluppo dei compiti pubblici nello Stato sociale. I servizi
pubblici: teoria soggettiva ed oggettiva • 3. I servizi pubblici locali • 4. La riforma dei
servizi pubblici locali (SPL) • 5. L’affidamento in house
Capitolo Unico

I COMPITI DELLA P.A.: FUNZIONI E SERVIZI PUBBLICI

1. Le funzioni pubbliche

Nozione: le funzioni amministrative designano attività non libere nel loro fine ma intese
alla cura di interessi altrui e segnatamente di interessi pubblici, cioè pertinenti alla collettività,
predeterminati ed individuati in sede politica. La funzione amministrativa in senso tecnico è rivolta alla
cura degli interessi collettivi, assicurata mediante l’esercizio di poteri amministrativi di stampo
pubblicistico.

2. Lo sviluppo dei compiti pubblici nello Stato sociale. I


servizi pubblici: teoria soggettiva ed oggettiva

Teoria soggettiva

Il servizio può considerarsi pubblico in quanto venga gestito da un soggetto


qualificabile come ente pubblico

Teoria oggettiva

Il servizio pubblico comprende le attività lato sensu economiche sottoposte ad un


particolare regime per la rilevanza sociale degli interessi perseguiti, indipendentemente
dall’imputazione soggettiva a pubblici poteri

3. I servizi pubblici locali

Nozione: con l’espressione servizi pubblici locali si intende generalmente il complesso


delle prestazioni di interesse collettivo rimesse alla gestione degli enti locali e suscettibili di
essere erogate tanto dagli enti pubblici stessi quanto da operatori privati.

Disciplina normativa

D.Lgs. 267/2000 (TUEL)

servizi pubblici a rilevanza economica (art. 113)


servizi pubblici privi di rilevanza economica (art. 113bis)
Modalità di gestione servizi pubblici a rilevanza economica (art. 113 TUEL)

Attraverso la costituzione di società di capitali con la partecipazione totalitaria di


capitale pubblico alle quali può essere affidata direttamente tale attività a condizione che
gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a
quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della
propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano
Attraverso l’utilizzo di imprese di gestione idonee da individuarsi mediante procedure di
gara ad evidenza pubblica

Settori esclusi dall’applicazione dell’art. 113

Mercato interno del gas naturale e dell’energia elettrica


Trasporto pubblico locale
Impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva nelle aree montane

4. La riforma dei servizi pubblici locali (SPL)

La disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è stata interessata da


diverse riforme che si sono sovrapposte al quadro normativo delineato dall’art. 113 D.Lgs. 267/2000,
T.U. enti locali, dando vita ad uno scenario piuttosto confuso e per certi aspetti di difficile
interpretazione.

Evoluzione normativa SPL

art. 23bis D.L. 25-6-2008, conv. in L. 6-8-2008 (mod. dal D.L. 135/2009, conv. in L.
166/2009)

conferimento della gestione dei SPL in via ordinaria

— a favore di imprenditori o di società in qualunque forma


— a favore di società a partecipazione mista pubblica o privata

conferimento della gestione dei SPL tramite affidamento in house

— in via eccezionale
— a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipate dall’ente locale aventi i requisiti
previsti dall’ordinamento UE per la gestione in house (v. infra)

Referendum abrogativo 12 e 13 giugno 2011

abrogazione dell’art. 23bis D.L. 112/2008


abrogazione D.P.R. 168/2010 (Regolamento di attuazione dell’art. 23bis)
D.L. 13-8-2011, n. 138 conv. in L. 14-9-2011, n. 148

art. 3bis

— lo svolgimento dei SPL viene organizzato in base ad ambiti o bacini territoriali omogeni definiti
dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano
— la dimensione degli ambiti o bacini territoriali non deve essere inferiore a quella del territorio
provinciale

Evoluzione normativa SPL

D.L. 13-8-2011, n. 138, conv. in L. 14-9-2011, n. 148

art. 4

— gestione concorrenziale, attraverso la liberalizzazione di tutte le attività economiche


compatibilmente con le caratteristiche di universalità ed accessibilità del servizio
— attribuzione di diritti in esclusiva, allorquando risulti l’inidoneità della libera iniziativa economica
privata a garantire un servizio rispondente ai bisogni della collettività. Attribuzione a seguito di
procedura ad evidenza pubblica
— affidamento in house, modalità derogatoria a quella dell’attribuzione di diritti di esclusiva
allorquando il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento sia pari o inferiore a 200.000
euro

D.L. 18-10-2012, n. 179, conv. in L. 17-12-2012, n. 221

art. 34

— obbligo per l’ente affidante di pubblicare sul proprio sito una relazione che evidenzia le ragioni e
la sussistenza dei requisiti previsti dall’UE per la forma di affidamento prescelta

Osservazioni

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 199 del 20-7-2012, ha dichiarato l’illegittimità


costituzionale dell’art. 4 D.L 138/2011, conv. in L. 148/2011.
La ratio della declaratoria di incostituzionalità della menzionata disposizione è da ravvisarsi
nella circostanza che essa è riproduttiva di svariate disposizioni di cui all’art. 23bis
D.L.112/2008, conv. in L. 133/2008, oggetto a sua volta dell’abrogazione referendaria del
giugno 2011, e di parti significative del regolamento di attuazione dell’art. 23bis, il D.P.R.
168/2010. Ciò in violazione del divieto di riproposizione della disciplina formale e
sostanziale abrogata per volontà popolare, di cui all’art. 75 Cost.
In particolare, come spiegato dalla Corte, a distanza di meno di un mese dalla
pubblicazione del decreto dichiarativo dell’avvenuta abrogazione dell’art. 23bis D.L.
112/2008, il Governo è intervenuto nuovamente sulla materia con l’impugnato art. 4, il quale
detta una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che non solo è
contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica
riduzione delle ipotesi di affidamenti in house al di là di quanto prescritto dalla normativa
comunitaria (sul punto si veda par. successivo), ma riproduce letteralmente, in buona parte,
ora nei principi, ora testualmente, talune disposizioni contenute nell’abrogato art. 23bis,
come, ad esempio, il comma 3 dello stesso, “recepito” in via di principio dai primi sette
commi dell’art. 4 del D.L. n. 138 del 2011, in tema di scelta della forma di gestione del
servizio.
In base al giudizio espresso dalla Corte, dunque, l’articolo abrogato rappresenta un evidente
ripristino della normativa abrogata, attraverso l’introduzione di una nuova disciplina della
materia, che non modifica né i principi ispiratori della disciplina normativa preesistente né i
suoi contenuti normativi essenziali, contrastando, in tal modo, con l’intento perseguito
mediante il referendum abrogativo.
Si segnala infine che nell’ottica della riorganizzazione dell’assetto degli enti territoriali, ed in
attesa della riforma costituzionale del Titolo V, la L. 56/2014 (cd. legge Delrio, sulla cui
portata si veda amplius Parte Terza, Cap. 3, Sezione Seconda) ha inciso sulla disciplina
dei servizi pubblici locali di rilevanza economica modificando l’assetto delle competenze.
Ed invero, con l’istituzione delle 9 Città metropolitane, oltre a quella di Roma Capitale, che
subentrano alle Province omonime, il legislatore ha attribuito alle stesse l’importante
funzione di «strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici,
organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano»
(art. 1, comma 44, lett. c) L. 56/2014). Per altre Province viene in rilievo il comma 89 dell’art.
1 della citata legge, il quale prevede che lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive
competenze, attribuiscono alle stesse funzioni provinciali diverse da quelle indicate nel
comma 85 (dove non compaiono i servizi pubblici di rilevanza economica), secondo criteri
che perseguono le seguenti finalità: individuazione dell’ambito territoriale ottimale di
esercizio per ciascuna funzione; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da
parte dei comuni e delle unioni di comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie;
adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel
processo di riordino, mediante intese o convenzioni.

5. L’affidamento in house

Nozione: la cd. gestione in house contrassegna l’ipotesi in cui una P.A. si avvale di
soggetti sottoposti al suo penetrante controllo, al fine di reperire determinati beni e servizi ovvero per
erogare alla collettività prestazioni di pubblico servizio. È questa una modalità derogatoria di
affidamento di servizi pubblici locali rispetto alle modalità di affidamento della gestione attraverso
l’evidenza pubblica.

Requisiti delle società in house

Capitale interamente pubblico

Controllo sulla società da parte dell’ente pubblico proprietario, (attraverso una relazione di
subordinazione gerarchica) analogo a quello esercitato su propri servizi
esistenza di una relazione gerarchica, tale da non residuare alcun potere
decisionale autonomo in capo al controllato

Attività della società svolta in prevalenza per l’ente pubblico proprietario

realizzazione da parte dell’ente aggiudicatario della parte più importante della


propria attività con l’ente che lo controlla

In sintesi

La nozione di «servizio pubblico» è una delle più complesse che la teoria del diritto pubblico
e amministrativo abbia cercato di dare: è un concetto che si colloca a confine tra il
«pubblico» e il «privato», in una sorta di zona grigia i cui limiti mutano costantemente nel
tempo a seguito di trasformazioni socio-economiche, del riassetto dei compiti dello Stato,
nonché per l’evoluzione tecnico-scientifica o per l’insorgere di nuovi bisogni della collettività
cui i pubblici poteri sono chiamati a far fronte.
Il legislatore non ha mai fornito una nozione espressa di servizio pubblico capace di
resistere al mutare delle condizioni sopra illustrate e, conseguentemente, la dottrina non ha
avuto a disposizione precisi e univoci termini di riferimento su cui fondare le proprie
ricostruzioni teoriche (TRETOLA). Secondo un primo filone di pensiero è giusto il riferimento
a criteri di carattere soggettivo; pertanto deve intendersi come servizio pubblico qualunque
attività svolta, direttamente o indirettamente, dalla P.A. Per altri (NIGRO-POTOTSCHING),
invece, è più opportuno ancorare la qualificazione pubblica di un servizio ad un dato
oggettivo, considerando tali quelle attività esercitate sotto il potere direttivo di un organo
pubblico, indipendentemente dal fatto che a svolgerle in concreto sia un soggetto pubblico o
privato. Infine, non manca chi (GIANNINI) pone l’attenzione sul fatto che nell’esercizio di un
servizio pubblico si riscontra l’esercizio di un potere di «autonormazione» diverso da quello
dell’ordinamento statale. Si ricordi, in conclusione sull’argomento, che le modalità di
affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, secondo consolidata
giurisprudenza costituzionale, attengono alla materia della «tutela della concorrenza», di
competenza esclusiva statale, tenuto conto della loro incidenza diretta sul mercato e in
quanto «strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio» (in tal senso, cfr. Corte
cost., 20-3-2013, n. 46).
PARTE SETTIMA

LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Capitolo 1: Principi generali sulla tutela giurisdizionale

1. Profili generali • 2. Il sistema di giustizia amministrativa • 3. Riparto della


giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo • 4. I mezzi di tutela del
privato e la normativa di riferimento • 5. Le questioni di giurisdizione nel giudizio
amministrativo

Capitolo 2: Tutela in sede amministrativa

1. Principi generali • 2. I ricorsi amministrativi • 3. Il procedimento per la decisione del


ricorso (D.P.R. 1199/1971) • 4. Il ricorso gerarchico • 5. Il ricorso in opposizione (art. 7
D.P.R. 1199/1971) • 6. Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica • 7. I cd.
ricorsi atipici

Capitolo 3: Tutela giurisdizionale ordinaria

1. Ambito della giurisdizione del giudice ordinario • 2. Deroghe alla giurisdizione


dell’A.G.O. • 3. Poteri del G.O. in ordine all’atto amministrativo • 4. Le azioni ammissibili
innanzi al G.O. nei confronti della P.A. • 5. L’esecuzione forzata nei confronti della P.A. •
6. La giurisdizione del G.O. in tema di pubblico impiego (rinvio) • 7. Regole procedurali
del giudizio ordinario

Capitolo 4: Tutela giurisdizionale amministrativa

1. Concetti generali sulla tutela giurisdizionale amministrativa • 2. Le azioni di


cognizione esperibili innanzi al G.A. • 3. I Tribunali Amministrativi Regionali • 4. La
giurisdizione generale di legittimità del G.A. • 5. La giurisdizione di merito del G.A. • 6. Il
giudizio di ottemperanza • 7. La giurisdizione esclusiva del G.A. • 8. Gli organi
giurisdizionali amministrativi di secondo grado • 9. La tutela cautelare

Capitolo 5: Il processo amministrativo

1. Principi generali del processo amministrativo • 2. Le parti del giudizio • 3. La


competenza dei T.A.R. • 4. Il ricorso • 5. Costituzione delle parti in giudizio • 6. Altri
incidenti del processo • 7. Sospensione e interruzione del processo amministrativo • 8.
Estinzione del processo • 9. Svolgimento del giudizio • 10. Pronunce giurisdizionali:
provvedimenti adottabili dal G.A. • 11. Impugnativa delle sentenze del G.A. • 12. I riti
speciali

Capitolo 6: Giurisdizioni amministrative speciali

1. La giurisdizione della Corte dei conti • 2. I Tribunali delle acque (R.D. 1775/1933) • 3.
Altri organi speciali di giustizia amministrativa • 4. Il contenzioso tributario • 5. I conflitti
di giurisdizione e di attribuzione
Capitolo 1

PRINCIPI GENERALI SULLA TUTELA GIURISDIZIONALE

1. Profili generali

Nozione: l’espressione “giustizia amministrativa” indica quel complesso di mezzi


concessi dall’ordinamento giuridico ai singoli per tutelare le posizioni giuridiche soggettive di cui
risultino titolari nei confronti della P.A.

Principi fondamentali

Principio della azionabilità in giudizio di tutte le lesioni di diritti soggettivi ed interessi


legittimi anche se derivanti da atti e comportamenti della P.A. (art. 24 Cost.)

Principio dell’autonomia del potere giudiziario (rispetto del principio della separazione dei
poteri: art. 101 Cost., a norma del quale i giudici sono soggetti soltanto alla legge)

Principio di legalità della azione amministrativa, la cui conformità alla legge viene
accertata dall’autorità giudiziaria

Strumenti di giustizia amministrativa

Rimedi giurisdizionali

ricorso al G.A.
ricorso al G.O.

Rimedi amministrativi

ricorso gerarchico
ricorso in opposizione
ricorso al Presidente della Repubblica

2. Il sistema di giustizia amministrativa

La giustizia amministrativa italiana è organizzata secondo il sistema della doppia giuridizione:


— l’Autorità Giudiziaria Ordinaria è competente a decidere delle violazioni di diritti soggettivi,
con il potere di disapplicare l’atto amministrativo che risulti illegittimo, e di dichiararne la illegittimità;
— l’Autorità Giudiziaria Amministrativa è competente a giudicare delle violazioni degli
interessi legittimi (salvo alcuni casi eccezionali in cui giudica anche per violazioni di diritti: cd. casi
di giurisdizione esclusiva) e ad annullare gli atti amministrativi illegittimi (cd. giurisdizione di
legittimità), nonché, in alcuni casi tassativi, anche a sostituirli con altri atti o a riformarli in parte
(sostituendo in tal caso la P.A.: cd. giurisdizione di merito);
— i conflitti di giurisdizione tra A.G.O. e A.G.A. sono attribuiti alle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione.

Oltre alla tutela giurisdizionale (ordinaria e amministrativa) i portatori di interessi hanno


anche a disposizione dei mezzi di tutela amministrativa: i ricorsi amministrativi.

3. Riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice


amministrativo

Il sistema della doppia giurisdizione (o del doppio binario) si basa principalmente sulla
distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi. Proprio la coesistenza di due diversi ordini
di giurisdizione aventi una propria e differenziata competenza ha posto notevoli problemi in ordine
all’identificazione di criteri idonei ad operare il necessario riparto. Numerose sono state le teorie
susseguitesi nel tempo.

Teorie

Teoria che distingue tra attività di gestione e attività d’imperio

attività di gestione

— cognizione del G.O.


attività di imperio vincolata

— cognizione del G.O.


attività di imperio discrezionale

— cognizione del G.A.

Teoria del petitum (in relazione alla natura del provvedimento richiesto) (SCIALOJA)

richiesta di eliminazione dell’atto

— cognizione del G.A.


richiesta di risarcimento

— cognizione del G.O.


Teoria della causa petendi (in base alla situazione giuridica dedotta in giudizio)
cattivo uso del potere-interesse legittimo

— cognizione del G.A.


carenza di poterediritto soggettivo

— cognizione del G.O.


— teoria accolta dalla Cassazione (SS.UU. n. 1657/1949) e dalla giurisprudenza prevalente

Teoria della norma violata (GUICCIARDI)

norma di azione - interesse legittimo

— cognizione del G.A.


norma di relazione - diritto soggettivo

— cognizione del G.O.

Teoria della prospettazione (da parte del soggetto leso)

lesione di diritto soggettivo

— cognizione del G.O.


lesione di interesse legittimo

— cognizione del G.A.

Osservazioni

Fra i tanti possibili, il criterio oggi ritenuto maggioritario è quello relativo alla causa petendi
(o petitum sostanziale) posto dalla Corte di Cassazione.
Con sentenza del 4-7-1949, n. 1657, le Sezioni Unite della Corte hanno posto con chiarezza
il criterio discretivo fra i due ordini di giurisdizioni, osservando che: «tutte le volte che si
lamenta il cattivo uso del potere dell’amministrazione, si fa valere un interesse legittimo e
la giurisdizione è del G.A., mentre si ha questione di diritto soggettivo e giurisdizione del
G.O. quando si contesta la stessa esistenza del potere». In tal modo si è posto il
collegamento seguente: carenza di poterediritto soggettivo, cattivo uso del potere-
interesse legittimo.
La soluzione accolta dalla Cassazione si spiega in quanto si è concordi nel ritenere che il
provvedimento amministrativo, per quanto illegittimo (ossia adottato con cattivo uso di
potere), è pur sempre efficace, ossia dotato di autoritatività ed esecutività comportando,
laddove incida su di un diritto soggettivo, la degradazione del diritto ad interesse legittimo
con conseguente competenza del G.A. (cd. diritti suscettibili di affievolimento).
Dal punto di vista legislativo, il collegamento fra potere amministrativo/interesse
legittimo/giurisdizione del G.A. è confermato dalle previsioni del Codice del processo
amministrativo. L’art. 7 c.p.a., infatti, nel definire la giurisdizione del giudice
amministrativo, stabilisce che tale autorità conosce delle controversie aventi ad
oggetto interessi legittimi e, nelle materie indicate dalla legge, diritti soggettivi, «concernenti
l’esercizio, o il mancato esercizio, del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti,
atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere
e posti in essere da pubbliche amministrazioni».
Il tradizionale riparto di giurisdizione per posizioni soggettive viene meno laddove il
legislatore disponga il cd. riparto per blocchi di materie, ovverosia qualora attribuisca alla
giurisdizione esclusiva di un’autorità giurisdizionale, sia essa ordinaria o amministrativa,
una determinata tipologia di materie. In tale ipotesi, la possibilità, per il giudice adito, di
conoscere — escludendo la competenza di ogni altro giudice — sia questioni inerenti diritti
soggettivi che interessi legittimi implica ex se l’irrilevanza della situazione giuridica
soggettiva sottesa che si vuole tutelare con l’azione.

4. I mezzi di tutela del privato e la normativa di riferimento

Tutela in sede amministrativa

D.P.R. 1199/1971

disciplina organica dei ricorsi amministrativi

Tutela giurisdizionale innanzi al Giudice Amministrativo

Codice del processo amministrativo (recato dal D.Lgs. 2-7-2010, n. 104)

disciplina del processo innanzi al G.A. e della tutela giurisdizionale amministrativa


in generale

Osservazioni

Il Codice del processo amministrativo (c.p.a.) è entrato in vigore il 16 settebre 2010. Esso è
stato successivamente riveduto e corretto in alcuni punti con il D.Lgs. 15-11-2011, n. 195 e,
in seguito con il D.Lgs. 14-9-2012, n. 160, cd. correttivi al Codice del processo. Entrambi,
infatti, hanno dettato disposizioni integrative e correttive al Codice, al fine di rendere più
funzionali taluni istituti processuali.
5. Le questioni di giurisdizione nel giudizio amministrativo

Il sistema dualistico di giurisdizione, basato sulle posizioni giuridiche soggettive,


comporta non poche problematiche, di carattere pratico, relative all’esatta individuazione dell’autorità
giurisdizionale competente che si ripercuotono concretamente sul diritto di difesa del soggetto
interessato da un’attività dell’amministrazione.
Pur dopo l’instaurazione del giudizio, possono verificarsi delle ipotesi di contestazione in
ordine alla scelta del giudice chiamato a dirimere la controversia: quando oggetto di dissenso è la
stessa autorità giurisdizionale, G.A. in luogo di G.O., allora la questione è di giurisdizione; quando,
invece, si discute solo in ordine al tribunale amministrativo effettivamente competente, nell’ambito
quindi dello stesso ordine giurisdizionale (G.A.), allora la questione è inerente alla competenza.
Il legislatore del Codice del processo amministrativo disciplina le diverse ipotesi in cui
può verificarsi una questione di giurisdizione.

Difetto di giurisdizione (art. 9 c.p.a.)

Nel giudizio di primo grado, può essere rilevato oltre che dalla parte anche d’ufficio,
ossia direttamente dal giudice, quindi pur in mancanza di una sollecitazione, in tal senso,
della parte avversa
Nei giudizi di impugnazione, invece, è necessaria un’espressa attività della parte: il
difetto «è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia
impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione»

Regolamento preventivo di giurisdizione (art. 10 c.p.a.)

Si applica l’art. 41 c.p.c.


Ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
Sospensione del giudizio in corso
Possibilità di chiedere misure cautelari nel giudizio sospeso (il giudice non le dispone
qualora non ritenga sussistente la propria giurisdizione)

Translatio judicii (art. 11 c.p.a.)

In presenza di una sentenza con la quale un giudice declini la propria giurisdizione ed


affermi la sussistenza di quella di altro giudice, il giudizio prosegue innanzi a quest’ultimo,
c o n salvezza degli effetti sostanziali e processuali collegati alla domanda
originariamente proposta
Evoluzione storica dell’istituto

Cass., SS.UU., 4109/2007 e Corte cost. 77/2007


art. 59 L. 69/2009
art. 11 c.p.a.
Osservazioni

Con la L. 69/2009 è stata disciplinata l’ipotesi in cui un giudice, in materia civile,


amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiari il proprio difetto di
giurisdizione: in tal caso, egli deve indicare altresì, se esistente, il giudice nazionale che
ritiene munito di giurisdizione e rimettere le parti innanzi ad esso. La disciplina della
translatio judicii è stata, in seguito, recepita e completata dall’art. 11 del Codice del
processo amministrativo. AI sensi del comma 2 del suddetto articolo, laddove la
giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice o
viceversa, la domanda giudiziaria, ferme restando le preclusioni e le decadenze
intervenute, conserva i suoi effetti sostanziali e processuali «se il processo è riproposto
innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione entro il termine
perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato». Quando il giudizio, poi, è
tempestivamente riproposto innanzi al giudice amministrativo, questi può sollevare il conflitto
di giurisdizione, anche d’ufficio, alla prima udienza.
Il comma 4 dell’art. 11 prende in considerazione l’ipotesi in cui in una controversia
introdotta davanti ad un altro giudice, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione,
investite della questione di giurisdizione, attribuiscano quest’ultima al giudice
amministrativo. Anche in tal caso, «ferme restando le preclusioni e le decadenze
intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, se il giudizio è
riproposto dalla parte che vi ha interesse nel termine di tre mesi dalla pubblicazione della
decisione delle Sezioni Unite».
Può accadere, inoltre, che l’errata individuazione del giudice adito si accompagni all’errata
individuazione della situazione giuridica tutelata e, quindi, sui termini per esercitare l’azione.
In tal caso, il comma 5 dell’articolo in esame prevede la possibilità, per il giudice, nel
giudizio riproposto, di concedere la rimessione in termini per errore scusabile rispetto
alle preclusioni e alle decadenze intervenute. Relativamente alle misure cautelari, queste
perdono efficacia trenta giorni dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il
difetto di giurisdizione del giudice che le ha emanate. Le parti, però, possono riproporre le
domande cautelari al giudice munito di giurisdizione (comma 7).
Infine, se il giudizio viene riproposto innanzi al giudice amministrativo, le prove raccolte
innanzi al giudice sprovvisto di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di
prova.
Capitolo 2

TUTELA IN SEDE AMMINISTRATIVA

1. Principi generali

Nozione: la tutela in sede amministrativa è attuata dalla stessa amministrazione


attraverso un procedimento amministrativo instaurato a seguito di un ricorso dell’interessato,
senza, dunque, l’intervento della autorità giudiziaria.

Natura giuridica

Autotutela amministrativa

d’iniziativa della stessa P.A.


con un procedimento interno alla P.A.
senza contraddittorio con gli interessati
la P.A. agisce nel proprio esclusivo interesse
l’atto di ritiro è di regola discrezionale
l’autorità che emana il provvedimento di ritiro conserva il potere di decisione in
merito all’oggetto del provvedimento

Tutela amministrativa o autodichia

procedimento d’iniziativa del ricorrente


procedimento esterno
contenzioso
la P.A. ha l’obbligo di porsi in posizione di terzietà
la decisione circa la sussistenza dei vizi del provvedimento è vincolata ai motivi
addotti dal ricorrente
l’autorità che decide il ricorso una volta emanato il provvedimento decisorio
consuma il suo potere

2. I ricorsi amministrativi
Nozione: il ricorso amministrativo è l’istanza diretta ad ottenere da un’autorità
amministrativa l’annullamento, la revoca o la riforma di un atto amministrativo, con il rispetto delle
forme e dei termini previsti dalla legge, affinché questa risolva di sua autorità la controversia che tale
atto ha generato, nell’ambito dello stesso ordinamento amministrativo.

2.1 • I ricorsi amministrativi previsti nel nostro ordinamento

Tipologie

Opposizione
Ricorso gerarchico

proprio
improprio

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

2.2 • Classificazione

Classificazione

Ordinari

ricorso gerarchico
ricorso in opposizione

— provvedimento non definitivo per eccepire sia vizi di legittimità sia vizi di merito

Straordinari

ricorso al P.d.R.

— provvedimento definitivo (ossia quando, per la natura del provvedimento o per legge, non è
possibile esperire rimedi amministrativi ordinari) per eccepire vizi di legittimità

Impugnatori

si impugna un atto ritenuto lesivo


Non impugnatori

hanno carattere eccezionale ed atipico


hanno ad oggetto un mero comportamento della P.A. o la costituzione o modifica
di un rapporto giuridico

Atto amministrativo

Definitivo

per natura
per legge

— possibili solo ricorso straordinario al P.d.R., ricorso giurisdizionale al TAR, ed, eccezionalmente e
in casi tassativi, un ricorso gerarchico improprio

Non definitivo

possibili ricorsi amministrativi ordinari e ricorsi giurisdizionali al TAR

2.3 • Elementi essenziali dei ricorsi amministrativi

Elementi

Soggetti

persone fisiche
persone giuridiche
associazioni non personalizzate

Interesse

materiale
formale

— personale
— diretto
— attuale

Termini

perentorio di 30 gg.

— gerarchico
— in opposizione
120 gg.

— straordinario

Forma

scritta e in bollo

Oggetto

atto amministrativo
comportamento
rapporto

3. Il procedimento per la decisione del ricorso (D.P.R.


1199/1971)

Istruttoria

Contraddittorio tra le parti e con l’autorità amministrativa


Raccolta delle prove

principio inquisitorio

Conclusione dell’istruzione entro:

90 giorni dalla presentazione del ricorso gerarchico


120 giorni dalla data fissata ai controinteressati per le loro deduzioni, nel ricorso
straordinario
Decisione

Con decreto

indicazione dell’autorità decidente


motivazione
dispositivo
sottoscrizione e data

Contenuto della decisione

Di rito (risolve il ricorso in base ad una questione pregiudiziale)

irricevibilità del ricorso, se presentato fuori termine


inammissibilità del ricorso, se presentato ad autorità diversa da quella indicata
nell’atto
nullità del ricorso, se manca di uno degli elementi essenziali

Di merito (contiene il giudizio sulla fondatezza o meno dei motivi del ricorso)

rigetto

— per infondatezza dei motivi


accoglimento

— annullamento dell’atto (per motivi di legittimità)


— revoca o riforma dell’atto (motivi di merito)

Effetti

Nei confronti delle parti

il rigetto permette al ricorrente di esperire un nuovo ricorso amministrativo o


giurisdizionale
l’accoglimento permette ai controinteressati di esperire un nuovo ricorso
amministrativo o giurisdizionale

Nei confronti della P.A.


Estensione

Oggettiva

investe solo l’atto impugnato

Soggettiva

investe solo le parti, salvo per regolamenti e atti con pluralità di destinatari

Estinzione

Rinuncia

formale e non revocabile

Cessazione della materia del contendere


Sopravvenuta carenza di interesse

4. Il ricorso gerarchico

Nozione: il ricorso gerarchico è un rimedio amministrativo e generale, consistente


nell’impugnativa di un atto non definitivo proposto dal soggetto interessato all’organo
gerarchicamente superiore a quello che ha emanato l’atto, a tutela sia di diritti soggettivi che di
interessi legittimi, facendo valere sia vizi di legittimità che di merito.

Presupposti

Rapporto di gerarchia esterna (altrimenti è r.g. improprio)


Non definitività dell’atto impugnato
Interesse a ricorrere da parte di chi lo propone

4.1 • I due tipi di ricorso gerarchico

Tipi
Ricorso gerarchico proprio

presuppone un rapporto di gerarchia in senso tecnico

Ricorso gerarchico improprio (non è presupposto un rapporto di gerarchia ma un mero


potere di vigilanza sull’autorità che ha adottato l’atto)

carattere eccezionale
ammesso in casi tassativi previsti dalla legge
è proposto a:

— organi individuali avverso deliberazioni di organi collegiali e viceversa


— organi collegiali avverso deliberazioni di altri organi collegiali
— organi statali avverso provvedimenti di altro ente pubblico
— organi statali avverso provvedimenti di organi di vertice

Regime giuridico

Ricorso gerarchico è ammesso in unica istanza (il provvedimento emesso in seguito al


ricorso è definitivo e avverso tale decisione il ricorrente può proporre ricorso
giurisdizionale o straordinario al P.d.R.)

4.2 • Procedimento

Procedimento

Termine per ricorrere

30 giorni dalla notifica o consegna dell’atto

Modalità di presentazione

direttamente all’autorità competente, oppure a mezzo ufficiale giudiziario oppure


raccomandata a.r.

Presentazione ad autorità incompetente

della stessa amministrazione (trasmissione d’ufficio all’organo competente)


di altra amministrazione (eventuale invocazione dell’errore scusabile per la
rimessione in termini)

Contraddittorio ed istruzione
Sospensione del provvedimento impugnato

da richiedere, per gravi motivi

Decisione del ricorso

annullamento o riforma dell’atto


rigetto del ricorso

Silenzio della P.A. sul ricorso

dopo 90 giorni dalla presentazione, il ricorso si intende respinto

5. Il ricorso in opposizione (art. 7 D.P.R. 1199/1971)

Caratteristiche

Atipicità
Rivolto alla stessa autorità che ha emanato l’atto
Eccezionale
Ammesso in casi tassativi
Può essere proposto per motivi di legittimità e di merito
Può essere proposto a tutela di interessi legittimi e di diritti soggettivi

6. Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Nozione: il ricorso straordinario al P.d.R. è un rimedio amministrativo di carattere


generale consistente nell’impugnativa di un atto amministrativo definitivo proposta dal
soggetto interessato direttamente al Capo dello Stato.
6.1 • Presupposti

Requisiti

Ammesso solo per motivi di legittimità e mai di merito


Proposto per la tutela di interessi legittimi e di diritti soggettivi (nei casi di giurisdizione
esclusiva del G.A.)
Circoscritto alle sole controversie devolute alla giurisdizione amministrativa (art. 7,
co. 8, c.p.a.)
Inammissibilità in ipotesi di contenzioso sulle operazioni elettorali (art. 128 c.p.a.)

6.2 • Procedimento

Procedimento

Termine per ricorrere

120 giorni dalla notifica o conoscenza dell’atto

Notifica e deposito

notifica ad almeno un controinteressato e alla P.A. autrice dell’atto e deposito con


la prova della notifica

— presso il Ministero competente


— presso l’organo che ha emanato l’atto impugnato che poi lo trasmetterà al Ministro

Trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale

istituto previsto a tutela dei controinteressati i quali possono scegliere se aderire


alla scelta del primo ricorrente oppure chiedere, con opposizione, entro 60 gg.
dalla notifica del ricorso straordinario, che il ricorso sia deciso in sede
giurisdizionale

— il ricorrente deve depositare l’atto di costituzione in giudizio entro 60 gg. dall’atto di opposizione
— se sono state emesse misure cautelari in sede straordinaria, le stesse perdono efficacia alla
scadenza del 60° giorno successivo al deposito dell’atto di costituzione nel giudizio di opposizione; in
caso di inammissibilità dell’opposizione, il giudice adito dispone le restituzione del fascicolo per le
prosecuzione del giudizio in sede straordinaria

Contraddittorio
eventuale integrazione se il ricorso non è stato notificato a tutti i controinteressati

Sospensione cautelare dell’atto impugnato

da richiedere, in caso di danni gravi ed irreparabili

Istruttoria

è condotta dal Ministro competente nella materia, o dalla Presidenza del


Consiglio dei Ministri

Parere del C.d.S.

obbligatorio e vincolante (art. 69 L. 69/2009)

Decisione

con D.P.R., su proposta del Ministro competente, conforme al parere del C.d.S.

Esecuzione della decisione

non ammesso giudizio di ottemperanza (controverso)


ricorso contro atto della P.A. elusivo o contrastante con la decisione

Rimedi contro la decisione

revocazione

impugnazione dinanzi al G.A., per soli vizi di forma e del procedimento

Osservazioni

Il ricorso straordinario è alternativo a quello giurisdizionale amministrativo (electa una via,


non datur recursus ad alteram). Pertanto:
— se l’atto è stato impugnato con ricorso giurisdizionale al T.A.R. è inammissibile il ricorso
straordinario avverso lo stesso atto (art. 8 D.P.R. 1199/1971);
— se l’atto è stato impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, non
è più impugnabile con ricorso al T.A.R.
La regola dell’alternatività ha la funzione di evitare che sullo stesso atto amministrativo
intervengano due pronunce giustiziali diverse (divieto del ne bis in idem) e che il Consiglio
di Stato si pronunci due volte sullo stesso atto (attraverso parere obbligatorio in sede di
ricorso straordinario e come giudice di appello in sede di ricorso giurisdizionale); inoltre,
serve a salvaguardare il prestigio del Presidente della Repubblica che sarebbe sminuito
ove si ammettesse un sindacato giurisdizionale sul decreto presidenziale. Sulla nozione di
alternatività, mentre in passato si riteneva che essa postulasse l’identità oggettiva del
provvedimento impugnato e soggettiva del ricorrente, la più recente elaborazione dottrinale
mostra di ritenere che l’alternatività emerga sia quando lo stesso provvedimento sia
impugnato da parte di diversi soggetti, sia quando oggetto dei due ricorsi siano atti diversi,
ma legati da un vincolo inscindibile di presupposizione, per cui la caducazione dell’uno si
riflette inevitabilmente nell’eliminazione dell’atto.

7. I cd. ricorsi atipici

Nozione: i ricorsi atipici sono ricorsi proposti avanti ad autorità diversa da quella che ha
emanato l’atto e non legata ad essa da nessun rapporto di gerarchia, neppure improprio.

In sintesi

La tutela in sede amministrativa è attuata dalla stessa amministrazione, attraverso un


procedimento amministrativo, che viene instaurato a seguito di un ricorso dell’interessato.
La funzione della tutela in sede amministrativa è quella di consentire, se possibile, in seno
allo stesso ordine amministrativo, una soluzione alle controversie insorte nell’ambito di
esso (e che coinvolgono interessi dell’amministrazione) e di permettere alla P.A. di
esprimere (attraverso la decisione del ricorso) le proprie definitive determinazioni sulla
controversia, prima che essa, eventualmente, prosegua in sede giurisdizionale (SANDULLI).
Capitolo 3

TUTELA GIURISDIZIONALE ORDINARIA

1. Ambito della giurisdizione del giudice ordinario

Nozione: la giurisdizione del G.O., in relazione agli atti amministrativi, è determinata


dall’art. 2 della legge 2248/1865, allegato E (L.A.C.). In base a tale articolo sono devolute alla
giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia
questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la P.A. e ancorché
siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa.

2. Deroghe alla giurisdizione dell’A.G.O.

Casi

Materie attribuite alla giurisdizione di giudici speciali

Corte dei conti in materia di pensioni


Commissioni tributarie

Giurisdizione esclusiva del G.A.


Arbitrati obbligatori (incostituzionali per Corte cost., 152/1996)

3. Poteri del G.O. in ordine all’atto amministrativo

3.1 • Regole generali e limiti della potestà del G.O. nei confronti della P.A.

Generalità

Il G.O. può conoscere di tutti i comportamenti della P.A. lesivi di diritti soggettivi, sia dei
meri comportamenti che degli atti compiuti in esecuzione di provvedimenti amministrativi

Principi generali (artt. 4 e 5 L.A.C.)


Il G.O. può conoscere degli effetti dell’atto e il suo sindacato è limitato alla sola valutazione
in via incidentale della legittimità
Il G.O. non può incidere sull’atto amministrativo, anche se illegittimo
Il G.O. può solo dichiarare l’illegittimità dell’atto e quindi
disapplicarlo

Limiti al sindacato del G.O.

L’accertamento dell’atto amministrativo da parte del G.O. è limitato alla rilevanza che esso
riveste per il giudizio in corso (non ha quindi efficacia erga omnes)
Il sindacato del G.O. è di sola legittimità (per vizi di incompetenza, violazione di legge o
eccesso di potere) e non potrà in nessun caso estendersi al merito

Divieto di annullamento dell’atto

Il divieto del G.O. riguarda i provvedimenti amministrativi di carattere costitutivo e non


opera nei confronti di atti dichiarativi
Il divieto si estende anche alle attività materiali della P.A. solo se espressione dei fini
istituzionali dell’ente e della potestà discrezionale della P.A.

Revoca dell’atto da parte del G.O.

Atti compiuti dalla P.A. in regime di diritto privato


Attività meramente materiali

Atti compiuti sine titulo

Deroghe al divieto di annullamento e revoca dell’atto

Trascrizione del matrimonio


Rettifica dei certificati di stato civile
Cancellazione di ipoteca
Retrocessione dei beni espropriati
Opposizione all’ordinanza-ingiunzione per le sanzioni amministrative
Cessazione della condotta sindacale monoffensiva

Provvedimenti dell’Autorità per la privacy ex L. 196/2003

3.2 • Disapplicazione dell’atto da parte del G.O.


Disapplicazione dell’atto

Il G.O., pur non potendo procedere all’invalidazione dell’atto, ove ne riscontri l’illegittimità è
abilitato a disapplicarlo
Il problema che si pone è quello di stabilire se il potere di disapplicazione riguardi la sola
ipotesi di cognizione incidentale su atti illegittimi di cui all’art. 5 L.A.C. ovvero anche quello
di cognizione diretta di cui all’art. 4 L.A.C.
Secondo Virga, la disapplicazione concerne le sole ipotesi in cui il G.O. conosce della
legittimità dell’atto in via incidentale
Secondo SANDULLI, la disapplicazione costituisce uno strumento di portata generale
operante sia in sede di cognizione diretta (art. 4) che incidentale (art. 5)
Dottrina e giurisprudenza maggioritaria escludono la disapplicazione in malam partem,
ossia di atti già favorevoli al destinatario, che quindi vedrebbe così compressa la sua sfera
giuridica

Oggetto

La dottrina tradizionale riteneva che la disapplicazione concernesse i soli atti viziati per
incompetenza o violazione di legge
Secondo Virga la disapplicazione andrebbe limitata all’eccesso di potere estrinseco
ovvero all’eccesso di potere per sviamento
Secondo la dottrina prevalente, la disapplicazione è estesa a qualsiasi vizio di legittimità

Officiosità del potere di disapplicazione

Il potere di disapplicazione può essere esercitato dal giudice ex officio e non è precluso
dalla mancanza di istanza di parte o eventuale inoppugnabilità dell’atto

Rapporti con il G.A.

La disapplicazione dell’atto amministrativo è inibita qualora la legittimità dell’atto sia stata


acclarata dal G.A. con sentenza

3.3 • Poteri eccezionali della P.A. nell’attività di diritto privato

Poteri

L’art. 7 L.A.C. conferisce alla P.A., oltre al potere di disporre della proprietà privata per
grave necessità, il potere di portare ad esecuzione, in pendenza di giudizio avanti il G.O.,
gli atti di diritto privato delle cui conseguenze giuridiche si disputa mediante decreto
motivato senza pregiudizio dei diritti delle parti
Osservazioni

Un problema, molto dibattuto sia in dottrina che in giurisprudenza, concerne l’ammissibilità


della disapplicazione da parte del giudice penale, unanimamente ammessa solo ove il
giudice penale abbia cognizione diretta ed in via principale dell’atto amministrativo, ossia
allorquando questo sia esterno alla fattispecie incriminatrice (es.: disapplicazione del
provvedimento illegittimo con cui si ammette il reo all’oblazione).
La questione si presenta, invece, particolarmente delicata ove il provvedimento illegittimo
assuma rilevanza indiretta nel processo penale, operando internamente alla fattispecie
incriminatrice, quale presupposto (art. 650 c.p.; art. 20, lett. b), L. 47/1985), oggetto
materiale o mezzo esecutivo della condotta, o come circostanza aggravante o scriminante
(art. 51 c.p.).
In particolare, problema lungamente dibattuto, a livello dottrinale, è quello relativo
all’ammissibilità della disapplicazione in peius ( o in malam partem) ovvero della
disapplicazione concernente non già gli atti incidenti negativamente nella sfera giuridica del
destinatario (cd. disapplicazione in bonam partem), ma quelli ampliativi della stessa
(concessioni, autorizzazioni). In tali casi il disapplicare l’atto comporterebbe il venir meno
dell’effetto ampliativo intervenuto per effetto dello stesso e, quindi, una compressione della
sfera giuridica del destinatario.
La questione si è posta soprattutto in tema di reati edilizi. Il problema è quello di stabilire se
il giudice penale possa, prima ancora che la concessione edilizia sia stata annullata in sede
amministrativa, ravvisare gli estremi del reato di costruzione abusiva dopo aver verificato
che una costruzione è abusiva in quanto eseguita in base a concessione illegittima e, quindi,
da disapplicare ex art. 5 L.A.C.
La giurisdizione penale aveva ammesso tale possibilità, consentendo al giudice penale di
disapplicare la concessione illegittima ai fini della configurazione del reato di costruzione in
assenza di concessione ex art. 20, lett. b), L. 28-2-1985, n. 47 (ora confluito nell’art. 44
D.P.R. 380/2001); tuttavia la Cassazione (SS.UU., 31-1-1987, n. 1) è di contrario avviso.

4. Le azioni ammissibili innanzi al G.O. nei confronti della


P.A.

Tipi

Azioni costitutive

dottrina e giurisprudenza le ritengono ammissibili quando non incidono sui poteri


pubblici della P.A.

Azioni dichiarative
sempre consentite contro la P.A.

Azioni di condanna

risarcitorie

— sempre ammissibili

Azioni di condanna

reintegratorie

— devono ritenersi ammissibili solo qualora la P.A. abbia agito o detenuto qualcosa sine titulo,
eccedendo il titolo o sulla base di un titolo inefficace

Azioni possessorie

la giurisprudenza ammette l’esperibilità delle azioni di spoglio e di manutenzione,


ma solo a fronte di tutte le attività poste in essere dalla P.A. iure privatorum, sine
titulo e senza potere
non sono ammissibili tali azioni laddove la P.A. sia entrata in possesso di un
bene in virtù di un provvedimento espropriativo

Altre azioni

sequestro e provvedimenti di urgenza, ex art. 700 c.p.c., sono inammissibili ove


incidono su atti amministrativi e su destinazioni di beni demaniali o indisponibili
convalida di sfratto
actio negotiorum gestorum

actio de in rem verso, se la P.A. riconosce l’utilità dell’operato svolto


procedimento monitorio
art. 844 c.c. per emissioni intollerabili

5. L’esecuzione forzata nei confronti della P.A.

In ordine alla possibilità di portare ad esecuzione giudizialmente le sentenze di condanna


ottenute nei confronti della P.A., occorre ricordare che l’ esecuzione forzata, ove ammissibile, può
esercitarsi sia nella forma dell’espropriazione (art. 2910 c.c.), sia nelle forme specifiche regolate
dagli artt. 2930-2933 c.c.
Processo di espropriazione

Beni

solo del patrimonio disponibile (SANDULLI)

Denaro

la giurisprudenza più recente ha negato che le destinazioni di bilancio possano


condizionare l’esecuzione forzata sulle casse della P.A.

Crediti

la giurisprudenza ritiene pignorabili solo i crediti originati da rapporti di diritto


civile e non da titoli di diritto pubblico

Esecuzione forzata in forma specifica

È ritenuta ammissibile tranne quando risulti eccessivamente onerosa per il debitore o la


distruzione della cosa sia di pregiudizio per l’economia nazionale (artt. 2058 e 2933 c.c.)

6. La giurisdizione del G.O. in tema di pubblico impiego


(rinvio)

Sull’argomento si rinvia amplius al Cap. 4 della Parte II.

7. Regole procedurali del giudizio ordinario

Parti

Capacità delle persone fisiche

art. 75 c.p.c.

Capacità delle persone giuridiche


private

— relativi organi esterni, previsti o autorizzati


pubbliche

— deliberazione ad agire o resistere


— competenza a rappresentare l’ente in giudizio

Difesa della P.A.

Avvocatura dello Stato

salvo in primo grado e nelle controversie di lavoro, in cui la difesa può essere
affidata a propri funzionari ex art. 417bis c.p.c.

Foro

Art. 25 c.p.c.

per le cause nelle quali è parte un’amministrazione dello Stato è competente, a


norma delle leggi speciali sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e
nei casi ivi previsti, il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio
dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe
competente secondo le norme ordinarie. Quando l’amministrazione è convenuta,
tale distretto si determina con riguardo al giudice del luogo in cui è sorta o deve
eseguirsi l’obbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della
domanda

Prove

Principio di presunzione di legittimità degli atti amministrativi

la P.A. non deve dimostrare la fondatezza delle sue asserzioni

Interrogatorio formale e giuramento

ammessi dopo ampio dibattito sul punto


Capitolo 4

TUTELA GIURISDIZIONALE AMMINISTRATIVA

1. Concetti generali sulla tutela giurisdizionale


amministrativa

La giurisdizione amministrativa è esercitata dai Tribunali Amministrativi Regionali


(T.A.R.) e dal Consiglio di Stato, secondo le norme del Codice del processo amministrativo (art. 4
c.p.a.). A questi organi, bisogna aggiungere il Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione
siciliana (art. 6 c.p.a.).

Tipi

Generale di legittimità

annullamento di atti non conformi alle norme giuridiche

Speciale di merito

annullamento, revoca o modifica di atti anche per la loro inopportunità

Esclusiva

cognizione anche su diritti soggettivi

1.1 • Organi

Organi

Giudici amministrativi generali

T.A.R. (primo grado)


C.d.S. e Consiglio amministrativo della Regione Siciliana (di appello)
Giudici amministrativi speciali

Corte dei conti


Tribunali delle acque pubbliche
Commissioni tributarie
Commissari per gli usi civici
altri organi particolari

1.2 • Tipologie di giudizio innanzi al G.A.

Giudizio amministrativo

Di cognizione

per stabilire la fondatezza della pretesa all’eliminazione dell’atto impugnato

Cautelare

strumentale e accessorio rispetto al cognitorio, è volto a preservare le utilità


fornite dalla eventuale sentenza favorevole da eventi che possono manifestarsi nel
corso del processo

Di esecuzione

assicura coattivamente l’attuazione concreta della pronuncia di cognizione

2. Le azioni di cognizione esperibili innanzi al G.A.

Azioni esperibili innanzi al G.A. (artt. 29-30 e 31 c.p.a.)

Azione di annullamento nel termine di decadenza di 60 gg.

violazione di legge
incompetenza
eccesso di potere

Azione avverso il silenzio della P.A. e declaratoria di nullità

Azioni esperibili innanzi al G.A. (artt. 29, 30 e 31 c.p.a.)

Azione di condanna

illegittimo esercizio di attività amministrativa


mancato esercizio di attività amministrativa obbligatoria
lesione di diritti soggettivi (nei casi di giurisdizione esclusiva)
possibilità di chiedere il risarcimento del danno in forma specifica ex art. 2058
c.c., sussistendone i presupposti

L’azione di condanna al risarcimento è proponibile

In aggiunta all’azione di annullamento

contestualmente al giudizio
fino a 120 gg. dal passaggio in giudicato

In via autonoma nel termine di decadenza di 120 gg.

dal verificarsi del danno


dalla conoscenza del provvedimento

Azione di condanna al rilascio del provvedimento richiesto (cd. esatto adempimento) (art. 34,
co. 1, lett. c), c.p.a.)

è esercitata nei limiti dell’art. 31, co. 3, c.p.a.

attività vincolata
non residuano margini di esercizio della discrezionalità
non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dalla
P.A.

contestualmente dall’azione di annullamento del provvedimento di diniego o all’azione


avverso il silenzio

Atti non impugnabili innanzi al G.A.

Atti amministrativi emanati da organi non amministrativi


Atti politici
Atti di diritto privato della P.A.
Atti di altri organi giurisdizionali
Atti soggettivamente amministrativi ma non formalmente amministrativi
Atti interni, endoprocedimentali e preparatori di altri atti amministrativi
Atti meramente confermativi e gli atti esecutivi
Atti soggetti a controllo preventivo
Atti soprassessori ed interlocutori
Regolamenti, se improduttivi di effetti immediatamente lesivi
Atti programmatici e pianificatori

3. I Tribunali Amministrativi Regionali

Istituzione e disciplina

L. 1034/1971 (oggi regolati dal Codice del processo amministrativo)

Competenza

Giurisdizione generale di legittimità


Giurisdizione di merito per materie tassativamente determinate
Giurisdizione esclusiva per materie tassativamente determinate

4. La giurisdizione generale di legittimità del G.A.

Nozione: ai sensi dell’art. 7 c.p.a., il G.A., in sede di giurisdizione di legittimità, conosce


delle controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni,
comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri
diritti patrimoniali conseguenziali, pure se introdotte in via autonoma.

Caratteri
Generale

per tutte le lesioni di interessi legittimi da atti amministrativi

Simmetrica

a quella del G.O. sui diritti soggettivi

Limitata quanto ai poteri di cognizione

vizio di incompetenza

vizio di violazione di legge

vizio di eccesso di potere

Oggetto del ricorso

Atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni

atti amministrativi, non politici né normativi, costituenti manifestazioni di volontà,


formalmente e materialmente amministrativi

Posizioni soggettive tutelabili

Interessi legittimi di persone fisiche o giuridiche; eventualmente diritti soggettivi la cui tutela
non sia attribuita all’autorità giudiziaria ordinaria o ad altri organi di giurisdizione

Cognizione incidenter tantum (art. 8 c.p.a.)

Oltre ai casi di giurisdizione esclusiva il T.A.R. può conoscere di questioni relative a diritti
soggettivi quando la soluzione delle stesse è presupposto necessario per la decisione
della controversia relativa ad un interesse

Riserva a favore del G.O.

Questioni relative alla falsità di atti e documenti


Questioni concernenti lo stato e la capacità delle persone fisiche, esclusa la capacità di
stare in giudizio
5. La giurisdizione di merito del G.A.

Nozione: la giurisdizione di merito mira all’esame dell’atto oltre che sotto il profilo
della legittimità anche sotto il profilo della convenienza e della opportunità.
Ai sensi dell’art. 7, comma 6, c.p.a. nell’esercizio della giurisdizione di merito il G.A. può
sostituirsi all’amministrazione.

Caratteri

Giurisdizione eccezionale

rispetto alla regola della giurisdizione di sola legittimità

Giurisdizione tassativa

solo nei casi previsti espressamente dall’art. 134 c.p.a. e dalla legge

Giurisdizione aggiuntiva

rispetto a quella di legittimità

Poteri del G.A.

Può annullare l’atto per motivi di legittimità


Può riformarlo in tutto o in parte
Può sostituirlo con un altro atto da esso formato

Casi di giurisdizione di merito (art. 134 c.p.a.)

Attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato (giudizio di


ottemperanza)
Atti ed operazioni in materia elettorale attribuiti al G.A.
Sanzioni pecuniarie, la cui contestazione sia devoluta al G.A.
Contestazioni sui confini degli enti territoriali
Diniego rilascio nulla osta cinematografico
Altre ipotesi indicate dalla legge (art. 7 del Codice)
Differenze

Per GIANNINI e VIRGA il criterio differenziatore fra giurisdizione di legittimità e di


merito dovrebbe ricercarsi non già nella possibilità di esaminare l’opportunità dell’atto
(preclusa anche per la giurisdizione di merito), ma nei diversi caratteri riguardanti l’esame
del fatto, il potere di istruzione più ampio ed il potere di decisione.
Secondo tali autori, quindi, la giurisdizione di merito non comporterebbe una valutazione di
opportunità, convenienza e adeguatezza dell’atto amministrativo, in quanto sarebbe in
contrasto con il principio della separazione dei poteri (ed in particolare con la riserva di
amministrazione ex art. 113 Cost.) ammettere che il G.A. eserciti una funzione
sostanzialmente amministrativa.
Secondo LANDI e POTENZA, giudizio di merito è quello che si svolge per accertare non
solo la conformità formale dell’atto alla legge, ma anche la incensurabilità del provvedimento
sotto il profilo dell’opportunità e della convenienza. Ma ciò non vuol dire che il G.A. detenga
anche, in tal modo, un potere di amministrazione attiva in senso stretto, in quanto la sua
attività non è spontanea, ma provocata dal ricorso giurisdizionale, ed è vincolata dal
principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato.

6. Il giudizio di ottemperanza

Nozione: il giudizio di ottemperanza è un giudizio proposto davanti al giudice


amministrativo per ottenere l’adempimento dell’obbligo dell’autorità amministrativa di
conformarsi al giudicato del G.O. e del G.A. Si tratta della pià importante ipotesi di giurisdizione di
merito del G.A.

Giudizio di ottemperanza

Ambito di applicazione (art. 112 c.p.a.)

sentenze del G.A. passate in giudicato


sentenze e altri provvedimenti esecutivi del G.A. (sentenze di I grado e misure
cautelari)
sentenze passate in giudicato e provvedimenti equiparati del G.O.
sentenze passate in giudicato e provvedimenti equiparati per i quali non è
prevista l’ottemperanza (es. sentenze tribunale acque pubbliche)
lodi arbitrali esecutivi inoppugnabili

Presupposti
giudicato o pronuncia esecutiva o lodo arbitrale esecutivo inoppugnabile
necessità di un provvedimento della P.A. successivo alla pronuncia
inottemperanza della P.A.

Domande esperibili

azione di condanna per il pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi


maturati dopo il passaggio in giudicato
azione di risarcimento danni per mancata esecuzione, violazione o elusione
giudicato
ottemperanza di chiarimento
azione di risarcimento danno ingiusto per illegittimo esercizio dell’attività
amministrativa

Competenza (funzionale inderogabile)

Giudice del provvedimento in relazione a:

sentenze del G.A. passate in giudicato


sentenze e provvedimenti esecutivi del G.A.
provvedimenti T.A.R. confermati in appello con motivazione avente medesimo
contenuto dispositivo e conformativo

T.A.R. nella cui circoscrizione ha sede il giudice del provvedimento in relazione a:

sentenze passate in giudicato e provvedimenti equiparati del G.O.


lodi arbitrali esecutivi inoppugnabili
sentenze passate in giudicato e provvedimenti equiparati per i quali non è
prevista l’ottemperanza

Poteri del giudice dell’ottemperanza

Sostituzione alla P.A.

considera inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione delle sentenze


esecutive
adotta il provvedimento necessario per dare attuazione alla decisione
ordina l’ottemperanza prescrivendo le modalità attuative
dichiara nulli gli eventuali atti adottati in violazione o elusione giudicato

Nomina, se necessario un commissario ad acta

Fissa somma di denaro

per ogni violazione successiva


per ogni inosservanza successiva
per ritardo nell’esecuzione

Conosce

questioni inerenti l’esatta ottemperanza

questioni inerenti atti del commissario ad acta

Fornisce chiarimenti in ordine alle modalità dell’ottemperanza

7. La giurisdizione esclusiva del G.A.

Nozione: con il termine giurisdizione esclusiva si indica un particolare tipo di


giurisdizione in cui la competenza a conoscere sia di questioni afferenti a diritti soggettivi, sia
di questioni attinenti ad interessi legittimi è attribuita ad un solo organo giurisdizionale, che nella
fattispecie è il giudice amministrativo.

Caratteri

Eccezionale, poiché ammessa nelle sole materie tassativamente indicate dalla legge e
dall’art. 133 c.p.a.
Non ammette concorrenza con altre giurisdizioni
Ammessa sia per la lesione di diritti soggettivi che di interessi legittimi
È soggetta ai principi generali che regolano la giurisdizione amministrativa, laddove si
verta in tema di interessi legittimi

Oggetto

Atto amministrativo
Rapporto tra P.A. e soggetti terzi

Limiti

Questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità delle persone fisiche salvo che si
tratti della capacità di stare in giudizio e la risoluzione dell’incidente di falso

Ipotesi

Art. 133 c.p.a., tra cui ricordiamo:

risarcimento del danno ingiusto cagionato dall’inosservanza dolosa o colposa del


termine di conclusione del procedimento
accesso ai documenti amministrativi e violazione degli obblighi di trasparenza
amministrativa
contratti pubblici
urbanistica ed edilizia
espropriazione per pubblica utilità
servizi pubblici

D.Lgs. 198/2009

class action nei confronti della P.A.

8. Gli organi giurisdizionali amministrativi di secondo grado

Organi

C.d.S. in sede giurisdizionale

Sezioni singole
Adunanza plenaria

Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana

appelli avverso la decisione del T.A.R. siciliano


i ricorsi in unico grado per i giudizi di ottemperanza a decisioni dello stesso
Consiglio

9. La tutela cautelare

Presupposti

Pregiudizio grave e irreparabile

Fumus boni iuris


Possibile imposizione di cauzione nel caso in cui il provvedimento cautelare comporti
effetti irreversibili

Tutela

Non più limitata alla richiesta di sospensione del provvedimento impugnato


Il ricorrente chiede l’emanazione di misure cautelari compresa l’ingiunzione a pagare una
somma di denaro

Misure cautelari

Collegiali

concesse in camera di consiglio dal Collegio

Monocratiche

prima della trattazione della domanda cautelare da parte del Collegio


in caso di estrema gravità ed urgenza

Ante causam

eccezionale gravità ed urgenza prima della notifica del ricorso

Impugnazione dell’ordinanza

Appello al C.d.S.
Ottemperanza

Possibilità di assicurare l’esecuzione delle ordinanze cautelari mediante l’attribuzione al


giudice degli stessi poteri previsti nel giudizio di ottemperanza. È necessaria una istanza
di parte motivata e notificata

Differenze

Le misure cautelari collegiali sono concesse nel caso in cui il ricorrente alleghi di subire
u n pregiudizio grave ed irreparabile durante il tempo necessario per giungere alla
decisione del ricorso.
L e misure cautelari monocratiche vengono richieste ed eventualmente concesse dal
Presidente del T.A.R. dinanzi a cui pende il relativo ricorso, in ipotesi di estrema gravità
ed urgenza tali da non consentire neppure la dilazione fino alla camera di consiglio.
Le misure cautelari anteriori alla causa sono previste in caso di eccezionale gravità
ed urgenza, tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso e la
domanda di misure provvisorie con decreto presidenziale.
Capitolo 5

IL PROCESSO AMMINISTRATIVO

1. Principi generali del processo amministrativo

L’espressione processo amministrativo indica quell’«iter sequenziale», (SCOCA) nel


quale, o mediante il quale, si svolge un giudizio che porta alla soluzione di una controversia (o
lite) in cui una parte è una pubblica amministrazione ovvero un soggetto che eserciti una funzione
esecutiva. In particolare, esso consiste in una sequenza di atti un esercizio di poteri del giudice (il
G.A.) e delle parti, disciplinati in modo rigoroso nelle forme e nei termini.
Il processo amministrativo, che si inserisce nell’ambito dei mezzi di giustizia
amministrativa, ha, nel tempo, subìto un’evoluzione mirata a imprimere una maggiore celerità al
giudizio ed a realizzare una pienezza di tutela del cittadino nei confronti della pubblica
amministrazione.
La disciplina del processo amministrativo è oggi contenuta nel Codice del processo
amministrativo, approvato con il D.Lgs. 2-7-2010, n. 104, il quale rappresenta, in ordine di tempo,
l’ultimo tassello di quel programma di riforme finalizzato a rendere il contenzioso tra privato e P.A. non
più solo uno strumento di verifica della legittimità degli atti amministrativi ma il luogo dove si realizza
la tutela piena ed effettiva dei cittadini avverso atti e comportamenti dell’amministrazione lesivi dei
propri diritti ed interessi.

Principi

Della domanda
Dell’impulso processuale di parte
Del contraddittorio
Del libero convincimento del giudice
Della concentrazione
Dell’oralità
Della collegialità
Della ragionevole durata

Osservazioni

Oltre ai principi di carattere tipicamente processualistico, il legislatore del Codice, nel Libro
I, ha dettato degli altri principi generali che devono orientare lo svolgimento del giudizio:
— la giurisdizione amministrativa deve assicurare una tutela piena ed effettiva secondo i
principi della Costituzione e del diritto europeo (art. 1 c.p.a.);
— il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e
del giusto processo, ex art. 111, comma 1, Cost.: evidente l’intento del legislatore di
improntare un processo amministrativo in cui la P.A. perde le sue prerogative, legate alla
posizione di supremazia legittimata dalla «pubblicità» dell’interesse perseguito con la sua
azione, e agisce sullo stesso piano dei cittadini e degli altri soggetti privati. Inoltre, il giudice
e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo (art. 2
c.p.a.);
— importante anche il richiamo al dovere di motivazione e di sinteticità degli atti (art. 3
c.p.a.): è stabilito, difatti, che ogni provvedimento del giudice deve essere motivato e che il
giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica.

Presupposti dell’azione

Interesse a ricorrere

personale
attuale
concreto

Legittimazione ad agire

Differenze

Tra la legittimazione ad agire e l’interesse a ricorrere (o legittimazione processuale)


sussiste una profonda differenza.
La legittimazione ad agire di un soggetto va individuata nella titolarità di una posizione
soggettiva, qualificabile come interesse legittimo o diritto soggettivo che viene dedotta
in giudizio dalla parte: essa, pertanto, spetta a chi riveste una posizione qualificata, nel
senso di una posizione che l’ordinamento conferisce in capo ad un soggetto individuato, che
lo differenzia rispetto alla collettività.
L’interesse a ricorrere, invece, consiste nell’utilità concreta che il ricorrente può
ottenere dal giudizio: si tratta della possibilità di ottenere un qualche beneficio
dall’accoglimento del ricorso. L’interesse a ricorrere deve essere, quindi, a carattere
personale e concreto e deve sussistere durante tutto il corso del giudizio «fino alla
pronunzia definitiva con la sentenza di merito» (PICOZZA).
2. Le parti del giudizio

Nozione: parte è sia il soggetto che propone l’azione che il soggetto avverso il quale
l’azione è proposta.

Parti principali e necessarie

Ricorrente
Amministrazione autrice dell’atto impugnato (resistente)
Eventuali controinteressati

Parti accessorie

Interventori

Osservazioni

Il controinteressato è colui che ha un interesse uguale e contrario rispetto al ricorrente e


posizione analoga a quella del resistente. Se il controinteressato risulta espressamente dal
provvedimento impugnato o è facilmente individuabile, lo stesso deve necessariamente
essere coinvolto nel giudizio (attraverso la notifica del ricorso), per assicurare il rispetto del
contraddittorio.

3. La competenza dei T.A.R.

Nozione: la competenza può essere definita come il quantum della giurisdizione


spettante a ciascun organo giudiziario. Si tratta di un profilo fondamentale nell’ambito della
distribuzione interna del potere di decidere tra diversi giudici appartenenti allo stesso ordine
giurisdizionale: specificamente, la problematica si pone nel senso di individuare, all’interno
dell’A.G.A., il T.A.R. che legittimamente può pronunciarsi sulla controversia.

Competenza

Competenza territoriale inderogabile (art. 13 c.p.a.)

criteri generali
Competenza funzionale inderogabile (art. 14 c.p.a.)

cognizione esclusiva di certe materie da parte di un determinato Tribunale per


attribuzione legislativa

T.A.R. territorialmente competente: criteri generali

Criterio della sede dell’organo o dell’ente emanante


Criterio dell’efficacia dell’atto
Criterio del luogo di prestazione del servizio del pubblico dipendente

Osservazioni

Ai sensi dell’art. 15 del Codice del processo amministrativo, come sostituito dal D.Lgs.
160/2012, il difetto di competenza è rilevato d’ufficio finché la causa non è decisa in
primo grado, mentre nei giudizi di impugnazione esso è rilevato se dedotto con
specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o
esplicito, ha statuito sulla competenza.
In ogni caso, il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda
cautelare e, se non riconosce la propria competenza territoriale e funzionale, non decide
sulla stessa. In mancanza di domanda cautelare, il difetto di competenza può essere
eccepito entro il termine previsto per la costituzione in giudizio. Il presidente fissa la
camera di consiglio per la pronuncia immediata sulla questione di competenza. Il giudice,
nei casi di misure cautelari, provvede con ordinanza, e, se dichiara la propria
incompetenza, indica il giudice ritenuto competente. Se, nel termine perentorio di trenta
giorni dalla comunicazione di tale ordinanza, la causa è riassunta davanti al giudice
dichiarato competente, il processo continua davanti al nuovo giudice. L’ordinanza che
pronuncia sulla competenza senza decidere sulla domanda cautelare è impugnabile
esclusivamente con il regolamento di competenza. Il giudice dinanzi al quale la causa è
riassunta, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d’ufficio il regolamento di
competenza. L’ordinanza che pronuncia sulla competenza e sulla domanda cautelare può
essere impugnata col regolamento di competenza, oppure nei modi ordinari quando
insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sulla domanda cautelare. In
pendenza del regolamento di competenza la domanda cautelare si propone al giudice
indicato come che decide in ogni caso.
I provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice dichiarato incompetente perdono efficacia
alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’ordinanza che
regola la competenza. La domanda cautelare può essere riproposta al giudice dichiarato
competente.
4. Il ricorso

Nozione: il ricorso è l’atto introduttivo del giudizio davanti al T.A.R., con il quale
l’interessato chiede al G.A. la tutela della propria posizione giuridica lesa dall’attività della P.A.
Si tratta dell’istanza rivolta al giudice dall’interessato al fine di ottenere l’annullamento,
sulla base dei motivi proposti, del provvedimento impugnato ovvero, ove consentito, l’accertamento
dell’esistenza di un diritto vantato dal ricorrente ed illegittimamente negato o pregiudicato
dall’amministrazione. Solo in ipotesi di controversia rientrante nella giurisdizione di merito è possibile
chiedere al G.A. di sostituirsi all’amministrazione. Inoltre, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 7 e 30 del Codice, il ricorrente può chiedere al giudice amministrativo la condanna
dell’amministrazione al risarcimento dei danni dallo stesso subiti.

Contenuto (art. 40 c.p.a., come sostituito dal D.Lgs. 160/2012)

Elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il
ricorso è proposto
Indicazione dell’oggetto della domanda, compreso l’atto o il provvedimento eventualmente
impugnato, la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua
conoscenza

Contenuto (art. 40 c.p.a.)

Esposizione sommaria dei fatti


Motivi specifici su cui si fonda il ricorso
Indicazione dei mezzi di prova
Indicazione dei provvedimenti chiesti al giudice
Sottoscrizione del ricorrente o del difensore (con indicazione della procura speciale)

I motivi di ricorso non specifici sono considerati inammissibili.

Notifica

I termini sono perentori

in Italia: 60 giorni da notifica o pubblicazione dell’atto


in U.E.: 90 giorni
fuori U.E.: 150 giorni

La mancata notifica rende il ricorso irricevibile

Deposito
Deposito presso la cancelleria del T.A.R. entro 30 gg. dall’ultima notifica
In mancanza il ricorso è irricevibile

Motivi

Elementi essenziali del ricorso


Il G.A. è vincolato dai motivi addotti dal ricorrente

Sospensione

È principio generale che il ricorso non sospende l’esecuzione dell’atto impugnato


L’eventuale sospensione va richiesta in caso di pericolo di danni gravi e irreparabili

Differenze

Il ricorso al giudice amministrativo assume un ruolo diverso rispetto a quello che riveste
l’atto di citazione nel processo civile e che, sostanzialmente, li differenzia.
Ed invero, mentre nel processo amministrativo il ricorso realizza una vocatio iudicis, intesa
nel senso di invitare il giudice a provvedere sulla questione sottoposta al suo giudizio, con la
citazione si attiva una vocatio in ius, essendo l’atto rivolto ad altro soggetto (convenuto),
che viene in vitato a comparire davanti al giudice.

5. Costituzione delle parti in giudizio

Parti resistenti

Possono costituirsi nel termine di 60 gg. dal perfezionamento della notifica nei confronti del
destinatario interessato

Ricorso incidentale

È consentito solo ai controinteressati e non di norma alla P.A., se non per atti di altre
amministrazioni
È proponibile solo nei confronti dell’atto già impugnato con ricorso principale
Non è proponibile dal ricorrente principale
È accessorio rispetto al ricorso principale

Intervento

Volontario

ad adiuvandum

ad opponendum

Per ordine del giudice

Osservazioni

L’intervento nel processo amministrativo è disciplinato dagli artt. 28, 50 e 51 del


nuovo Codice. In particolare, l’art. 28 prevede tre fattispecie di intervento:
— qualora il giudizio non sia stato promosso contro alcuna delle parti nei cui
confronti la sentenza debba essere pronunciata: queste possono intervenirvi, senza
pregiudizio del diritto di difesa;
— l’intervento volontario da parte di chiunque non sia parte del giudizio e non sia
decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse: questi può intervenire
accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova. La disciplina di tale tipologia di
intervento è prevista dall’art. 50 del Codice e prevede che lo stesso sia proposto con atto
diretto al giudice adito in cui sono indicate le ragioni su cui esso si fonda con la produzione
dei documenti giustificativi;
— l’intervento per ordine del giudice (intervento iussu iudicis): il giudice, anche su
istanza di parte, quando ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di un terzo,
ne ordina l’intervento. Ai sensi dell’art. 51 del Codice il giudice indica gli atti da notificare e il
termine della notificazione.

6. Altri incidenti del processo

Casi

Regolamento preventivo di giurisdizione


Questioni di competenza
Ricusazione del giudice
Questioni di stato e capacità delle persone (esclusa quella di stare in giudizio)
Querela di falso
Questione di legittimità costituzionale
Questione di interpretazione di norme europee

7. Sospensione e interruzione del processo amministrativo

Sospensione necessaria

Art. 295 c.p.c.: quando il giudice adito o altro giudice debba risolvere una controversia,
dalla cui definizione dipenda la decisione della causa
Quando sorga una questione di stato o capacità di persone fisiche
Quando sia proposto regolamento preventivo di giurisdizione (SATTA)
Quando sia proposta querela di falso e la falsità influisce sul giudizio
Quando sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale di una legge
Nei casi di questioni pregiudiziali rientranti nella competenza riservata alla Corte di
Giustizia europea

Sospensione facoltativa

Art. 296 c.p.c.: sospensione su istanza delle parti, ove sussistano giustificati motivi, per non
più di 3 mesi

Interruzione relativa alla parte

Se l’evento si verifica dopo la notifica del ricorso ma prima della costituzione in cancelleria,
l’interruzione opera di diritto dal verificarsi dell’evento
Se l’evento si verifica dopo la costituzione, l’interruzione ha luogo dal momento in cui il
procuratore della parte colpita dall’evento fa presente, all’udienza, il verificarsi dell’evento
stesso, o dalla notifica alle altre parti
Se l’evento, invece, si verifica dopo la discussione, non si ha interruzione

Interruzione relativa al procuratore

In qualunque momento produce l’interruzione di diritto del processo (es.: morte, radiazione
dall’albo etc.)

Prosecuzione del giudizio

In caso di processo sospeso


presentazione di istanza di fissazione di udienza entro 90 giorni dalla
comunicazione dell’atto che fa venir meno la causa della sospensione

In caso di processo interrotto

presentazione di nuova istanza di fissazione di udienza della parte nei cui


confronti si è verificata l’interruzione

8. Estinzione del processo

Cause

Pronuncia della decisione


Per cessazione della materia del contendere
Sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere
Decadenza per mancata riassunzione dopo la sospensione o interruzione

Rinuncia al ricorso

Implicita

il giudice la desume dal comportamento delle parti o da atti o fatti univoci

Con dichiarazione

sottoscritta dalla parte o dall’avvocato munito di procura speciale e depositata in


segreteria
resa in udienza e messa a verbale

Va notificata alle altre parti almeno 10 gg. prima dell’udienza


È necessario che le parti che hanno interesse alla prosecuzione del giudizio non si
oppongano
Al rinunciante spetta il pagamento delle spese di giudizio, salvo che il giudice le compensi

Perenzione
Annuale
Ultraquinquennale

se non è compiuto alcun atto di procedura


dal deposito del ricorso

9. Svolgimento del giudizio

Attività di produzione delle parti

Presentazione di memorie (fino a 30 gg. liberi prima dell’udienza)


Presentazione di repliche (fino a 20 gg. liberi prima dell’udienza)
Presentazione di documenti (fino a 40 gg. liberi prima dell’udienza)
Presentazione di istanze

Istruzione del ricorso

L’istruttoria non è una fase necessaria


La scelta di qualunque mezzo istruttorio appartiene al Tribunale

Singoli mezzi istruttori

Richiesta di documenti
Richiesta di chiarimenti
Verificazione
Consulenza tecnica d’ufficio
Ispezione
Testimonianza (nella sola forma scritta)

Assunzione dei mezzi di prova

La decisione sui mezzi istruttori è assunta dal Presidente o dal magistrato da lui delegato o
dal collegio (es. per la CTU e la verificazione)
Nel rispetto del principio del contraddittorio

Fissazione dell’udienza di discussione


Una qualsiasi delle parti costituite può richiedere la discussione del ricorso entro un anno
dal deposito dello stesso o dalla cancellazione della causa dal ruolo

Udienza di discussione

Il giudice incaricato fa la relazione, esponendo i fatti ed i motivi di diritto quali risultano dal
ricorso, dal controricorso e dalle memorie delle parti
Le parti che si sono fatte rappresentare da un avvocato sono ammesse a discutere
sinteticamente le proprie difese
Se il giudice ritiene di decidere in virtù di una questione rilevata d’ufficio

se la questione emerge in udienza, il giudice ne dà atto a verbale


se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice si riserva sulla
questione assegnando alle parti un termine massimo di 30 gg. per il deposito di
memorie

10. Pronunce giurisdizionali: provvedimenti adottabili dal


G.A.

Sentenza

Definitiva, se definisce il giudizio per intero

di merito
di rito

irricevibilità del ricorso


inammissibilità del ricorso
improcedibilità del ricorso (quando la causa di improcedibilità
si verifica o viene accertata all’udienza di discussione: art. 85
c.p.a.)

Non definitiva, se definisce in parte il giudizio

Osservazioni

L’art. 74 del Codice sancisce che, nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero
la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il
giudice decide con sentenza in forma semplificata. La motivazione della sentenza può
consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se
del caso, ad un precedente conforme.

Ordinanza

Misure cautelari
Misure interlocutorie (quando il giudice non definisce nemmeno in parte il giudizio: art. 36
c.p.a.)
Decisione sulla competenza

Decreto

Nei casi previsti dalla legge (ad es.: abbreviazione dei termini, art. 53 c.p.a.; dichiarazione
di improcedibilità del ricorso, art. 85 c.p.a.)

11. Impugnativa delle sentenze del G.A.

Mezzi di impugnazione

Ricorso per revocazione


Ricorso in appello al C.d.S.

di II grado
è devolutivo
non è sospensivo

Opposizione di terzo
Ricorso per Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per soli motivi
inerenti la giurisdizione

12. I riti speciali

Nozione: il Libro IV del Codice del processo amministrativo contiene la disciplina dei riti
speciali. Si tratta di forme processuali “speciali” che si discostano da quella ordinaria del processo
amministrativo, in ragione della particolarità della materia cui attengono.
Il legislatore del Codice ha proceduto ad una riorganizzazione degli stessi mediante
riduzione ed unificazione dei riti speciali disciplinati dalla legislazione vigente e l’eliminazione di
quelli superflui o desueti.

Osservazioni

Regole comuni a tutti i riti speciali sono:


a) la netta riduzione dei termini processuali rispetto a quelli ordinari;
b) la creazione di un particolare rito processuale «speciale», finalizzato a favorire la
rapida definizione nel merito delle relative controversie.

Riti speciali nel Codice del processo amministrativo

In materia di accesso ai documenti amministrativi

In materia di tutela contro l’inerzia della P.A. (ricorso avverso il silenzioinadempimento


della pubblica amministrazione)

Il rito per decreto ingiuntivo

Il rito abbreviato comune a determinate materie ex art. 119 del Codice


In materia di procedure di affidamento di lavori pubblici, servizi e forniture

In materia di operazioni elettorali relativamente alle elezioni di Regioni, Province, Comuni


e dei membri spettanti all’Italia nel Parlamento europeo

12.1 • Accesso (si veda anche Parte IV, Cap. 6)

Ambito oggettivo dell’azione

Contro determinazioni e silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi


Per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di
trasparenza

Domanda

Autonoma: da notificare entro 30 gg.


alla P.A.
al controinteressato

Incidentale: istanza notificata e poi depositata nella segreteria del T.A.R. adito

Caratteristiche

Giurisdizione esclusiva G.A.


Rimedio generale
Rito accelerato
Rito semplificato
Ampi poteri cognitori e decisori del giudice
Tutela effettiva

Legittimati

Richiedente l’accesso
Controinteressati

12.2 • Silenzio

Proponibilità

Fintanto che perdura l’inadempimento


Entro un anno dalla scadenza del termine per provvedere

Cognizione

Il giudice accerta l’obbligo della P.A. di provvedere e il suo inadempimento


Il giudice conosce della fondatezza della pretesa nei casi di

attività vincolata
quando la P.A. non ha più discrezionalità
non sono necessari ulteriori adempimenti istruttori

Rito
Ricorso senza previa diffida
Notifica

alla P.A. inerte


al controinteressato

Trattazione in camera di consiglio


Termini processuali dimezzati
Proponibili motivi aggiunti

conversione in rito ordinario

Proponibile domanda risarcitoria

Sentenza di accoglimento

Ordine alla P.A. di provvedere entro termine non superiore a 30 gg.


Nomina del commissario ad acta

12.3 • Decreto ingiuntivo

Caratteristiche

Nelle materie di giurisdizione esclusiva del G.A.


Per controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale
Si applica il Capo I del Titolo I del Libro IV c.p.c.
Competenza del Presidente o di un magistrato delegato per l’ingiunzione
Opposizione proponibile con ricorso

12.4 • Riti abbreviati

Rito abbreviato comune (art. 119)

Termini processuali dimezzati ad eccezione della notifica di


ricorso
ricorso incidentale
motivi aggiunti
appello C.d.S. avverso ordinanza cautelare

Rito abbreviato appalti pubblici

Termine di 30 gg. per la notifica di

ricorso
motivi aggiunti

Osservazioni

Per quanto riguarda il rito in materia di operazioni elettorali relativamente alle elezioni di
Regioni, Province, Comuni e dei membri spettanti all’Italia nel Parlamento europeo,
si osserva che tale tipo di controversie rientra, ex art. 134 del Codice, nelle ipotesi di
giurisdizione con cognizione estesa al merito. In relazione alle elezioni regionali, provinciali
e comunali, l’art. 129 del Codice disciplina la tutela anticipata giurisdizionale, ossia la
possibilità di ricorrere immediatamente, senza attendere l’esito delle elezioni, avverso i
provvedimenti del procedimento elettorale preparatorio, limitandola agli atti di esclusione di
liste o di candidati. Per quanto riguarda il contenzioso ordinario relativo alle operazioni
elettorali di Comuni, Province, Regioni e Parlamento europeo questo è disciplinato dagli
artt. 130-132 del Codice del processo amministrativo: contro tutti gli atti del procedimento
elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso (entro 30
giorni, decorrenti nel primo caso, dalla proclamazione degli eletti e nel secondo dalla
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’elenco dei candidati proclamati eletti) solo alla
conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’impugnazione dell’atto di
proclamazione degli eletti. Il giudizio così incardinato mira, dunque, a verificare qualsiasi
vizio del procedimento elettorale, che abbia causato un’alterazione nell’esito delle elezioni: il
T.A.R, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati
illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo (art. 130, comma 9).
Capitolo 6

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE SPECIALI

1. La giurisdizione della Corte dei conti

1.1 • Attribuzioni della Corte dei conti in generale

Funzioni della Corte dei conti

Di controllo
Amministrativa
Consultiva in materia di contabilità generale dello Stato
Giurisdizionale

1.2 • I caratteri della giurisdizione della Corte dei conti

Caratteri

Esclusiva

conosce di tutte le questioni relative sia a diritti soggettivi che interessi legittimi
nelle materie affidatale
esclude la giurisdizione di ogni altro giudice

Piena

estesa all’accertamento dei fatti


estesa all’applicazione del diritto

Sindacatoria

non è vincolata da
— precedenti statuizioni della P.A.
— domande delle parti o del P.M.
— motivi addotti in causa

1.3 • Ambito della giurisdizione

Ambiti

Responsabilità degli impiegati dello Stato

giudizi di responsabilità contabile


giudizi di responsabilità amministrativa

Responsabilità degli amministratori e dipendenti delle Regioni e degli altri enti pubblici
Giudizi ad istanza di privati
Giudizi in materia di pensioni

Impugnativa

Opposizione di terzo

estraneo al processo e da esso danneggiato

Appello

presso le sezioni centrali

Ricorso per revocazione

art. 395 c.p.c.

Ricorso alla Corte di Cassazione avverso le sentenze delle Sezioni centrali

solo per difetto di giurisdizione


2. I Tribunali delle acque (R.D. 1775/1933)

Generalità

Le controversie concernenti il demanio idrico sono attribuite alla competenza dei Tribunali
delle acque pubbliche

Tribunali regionali

Istituiti presso 8 Corti di appello (Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo
e Cagliari)

Tribunale superiore

Organo di unica istanza sulle questioni di interessi legittimi


Organo di seconda istanza sui giudizi di appello contro le sentenze dei T.A.R.
Sede a Roma

Natura giuridica

Tribunali regionali

sezioni specializzate dell’autorità giudiziaria ordinaria (ZANOBINI, SANDULLI,


VIRGA, GIANNINI)

Tribunale superiore

come giudice unico è giurisdizione amministrativa speciale


quale giudice di appello costituisce una sezione specializzata dell’autorità
giudiziaria ordinaria

Competenza dei Tribunali regionali

Demanialità delle acque


Limiti dei corsi o bacini
Diritti relativi a derivazioni ed utilizzazioni di acque pubbliche
Indennità e risarcimento per espropriazione o occupazione occorrenti per la esecuzione di
opere idrauliche
Risarcimento danni da opere idrauliche eseguite dall’amministrazione
Ricorsi contro la determinazione dell’indennità di espropriazione dei diritti esclusivi di
pesca sulle acque del demanio pubblico ex artt. 25 e 29 R.D. 1604/1931
Appello contro le sentenze del Tribunale in materia di azioni possessorie riguardanti le
acque pubbliche

Competenza del Tribunale superiore

Competenza generale di legittimità


Competenza speciale di merito
Competenza in materia di revoca e decadenza dei diritti esclusivi di pesca

3. Altri organi speciali di giustizia amministrativa

Organi di rilievo

Commissione per i ricorsi in materia di brevetti

per invenzioni industriali, modelli industriali e marchi d’impresa

Commissari per gli usi civici

sono giudici ordinari con competenza specializzata in materia di accertamento e


tutela dei demani civici e dei diritti di uso civico

4. Il contenzioso tributario

Rientrano nel contenzioso tributario quelle controversie tra contribuente ed


amministrazione, aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, nonché
le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli
interessi e ogni altro accessorio.
La disciplina di tale tipologia di contenzioso è rinvenibile nei D.Lgs. nn. 545 e 546 del
31-12-1992, concernenti, rispettivamente, l’ordinamento degli organi di giurisdizione tributaria e il
processo tributario. Si consideri, però, che il sistema della giustizia tributaria è stato oggetto di
numerose novità introdotte, nei citati testi normativi, con il D.L. 6-7-2011, n. 98, conv. in L. 15-7-
2011, n. 111; successivamente, con il D.L. 13-8-2011, n. 138, conv. in L. 14-9-2011, n. 148 è stato
realizzato un intervento di aggiustamento e di coordinamento delle precedenti disposizioni, con
particolare riguardo al contributo unificato e alla comunicazione della PEC e del numero di fax del
difensore.

Organi
Commissioni tributarie regionali, aventi sede nel capoluogo di ogni regione
Commissioni tributarie provinciali, con sede nel capoluogo di ogni provincia

Osservazioni

La giurisdizione tributaria è esercitata in primo grado dalle Commissioni tributarie


provinciali, con sede nel capoluogo di ogni Provincia, ed in secondo grado dalle
Commissioni tributarie regionali, con sede in ogni capoluogo di Regione.
Al processo tributario, ex art. 2 D.Lgs. 546/1992, si applicano le disposizioni del codice di
procedura civile, salve specifiche previsioni contenute del decreto stesso o eventuali
incompatibilità delle norme codicistiche con la medesima disciplina di settore.
I mezzi per impugnare le sentenze delle commissioni tributarie sono:
— l’appello: si propone innanzi alla Commissione regionale avverso le sentenze della
Commissione provinciale;
— i l ricorso per Cassazione: è esperibile avverso le sentenze della Commissione per i
motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell’art. 360, comma 1, del c.p.c.;
— l a revocazione: è ammessa ai sensi dell’art. 395 del c.p.c. contro le sentenze delle
commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono
ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate. Le sentenze per le quali è scaduto il
termine per l’ appello possono essere impugnate per i motivi di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell’ art.
395 del c.p.c. purché la scoperta del dolo o della falsità dichiarata o il recupero del
documento o il passaggio in giudicato della sentenza di cui al n. 6 siano posteriori alla
scadenza del termine suddetto.
Tra le principali novità introdotte dal legislatore del 2011 si segnalano:
— l a composizione delle Commissioni tributarie, con la previsione di rigide norme di
incompatibilità volte a garantire l’imparzialità e la terzietà del corpo giudicante;
— l’introduzione del contributo unificato, che ha sostituito la vecchia imposta di bollo, con un
importo che varia dai 30 ai 1.500 euro a seconda del valore della controversia;
— la possibilità di definire le liti fiscali di piccolo importo, ossia di valore non superiore a
20.000 euro, pendenti alla data del 1-5-2011, in cui è parte l’Agenzia delle entrate;
— il reclamo obbligatorio per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, relative
ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, quale condizione di ammissibilità del ricorso. Il
reclamo può contenere una proposta motivata di mediazione e la sua disciplina è dettata
dal nuovo art. 17bis D.Lgs. 546/1992.

5. I conflitti di giurisdizione e di attribuzione

Nozione: si ha «conflitto» quando due o più autorità affermano o negano,


contemporaneamente la propria potestà di conoscere di una determinata questione o se sorge il
pericolo che si determini una tale situazione.
Conflitti

Di attribuzione

le autorità appartengono a poteri diversi (es.: P.A. - G.A.)

Di giurisdizione

le autorità appartengono a diversi ordini di giurisdizione (es.: G.A. - G.O.)

Di competenza

le autorità appartengono allo stesso potere e allo stesso ordine (es.: T.A.R. -
C.d.S.)

Tipi

Positivi

le autorità affermano tutte il proprio potere

Negativi

le autorità negano contemporaneamente di avere potere

Reali

le autorità si sono già pronunciate

Virtuali

le autorità non si sono ancora espresse

Strumenti per la verifca

Mezzi di impugnazione in generale


Regolamento di giurisdizione
Elevazione di conflitto di giurisdizione e di attribuzione

conflitti di competenza e di giurisdizione

art. 134 Cost.

conflitti di attribuzione
INDICE GENERALE
PARTE PRIMA: L’ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO

Capitolo 1: Il diritto amministrativo tra l’ordinamento nazionale e quello europeo

1. Il diritto amministrativo: concetto e caratteri


2. La Pubblica Amministrazione
3. Origini ed evoluzione del sistema amministrativo italiano
4. La dimensione ultrastatale del diritto amministrativo: la P.A. europea
5. Le fonti del diritto europeo

Capitolo 2: Le funzioni dello Stato

1. Lo Stato
2. Funzioni dello Stato
3. Il potere politico e la funzione politica
4. Gli atti politici
5. Il potere esecutivo e la funzione amministrativa
6. Gli atti di alta amministrazione

Capitolo 3: Le fonti del diritto amministrativo

1. Il sistema delle fonti


2. Le fonti dell’ordinamento costituzionale italiano
3. La Costituzione
4. Altre fonti di rango costituzionale
5. Fonti di origine europea
6. Le fonti primarie
7. Le fonti secondarie
8. Le ordinanze
9. Gli Statuti degli enti pubblici
10. Le fonti secondarie dubbie
11. Testi unici e codici
12. La consuetudine
13. Norme interne della P.A.
14. La cd. prassi amministrativa
15. Interpretazione ed applicazione del diritto amministrativo

PARTE SECONDA: I SOGGETTI

Capitolo 1: Le situazioni giuridiche soggettive di diritto amministrativo

1. Situazioni giuridiche soggettive


2. I diritti soggettivi: profili generali e classificazioni
3. Gli interessi legittimi.
4. Gli interessi superindividuali
5. La tutela degli interessi collettivi: l’azione di classe (class action)
6. Interessi amministrativamente protetti (o semplici)
7. Interessi di fatto

Capitolo 2: I soggetti del diritto amministrativo

1. Principi costituzionali in tema di organizzazione della P.A.


2. L’organizzazione amministrativa italiana: il pluralismo della P.A.
3. Gli enti pubblici
4. I caratteri degli enti pubblici
5. Distinzioni tra enti pubblici
6. Riordino e riduzione degli enti pubblici non economici
7. Enti pubblici economici
8. I soggetti pubblici di origine sovranazionale
9. La struttura degli enti pubblici. Organi e uffici
10. Rapporto organico e rapporto di servizio
11. La questione della prorogatio degli organi (L. 444/1994)
12. Rapporti interorganici
13. L’esercizio privato di pubbliche funzioni (o munus)

Capitolo 3: La competenza in diritto amministrativo

1. La competenza
2. Il trasferimento dell’esercizio della competenza
3. Difetto di competenza
4. Segue: L’incompetenza
5. I conflitti di competenza
6. L’esercizio di fatto di pubbliche funzioni (cd. funzionario di fatto)

Capitolo 4: Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni

1. Il pubblico impiego
2. L’evoluzione storico-normativa del lavoro pubblico: dalla privatizzazione alla «riforma
Brunetta»
3. Segue: Le attuali prospettive di riforma
4. L’ambito di applicazione del T.U. pubblico impiego
5. Il nuovo sistema delle fonti del pubblico impiego
6. La contrattazione collettiva
7. Accesso al pubblico impiego
8. L’organizzazione dei pubblici uffici
9. Le forme flessibili di impiego presso la P.A. e le consulenze esterne
10. La dirigenza pubblica
11. I doveri-obblighi dell’impiegato e il nuovo codice di comportamento
12. I diritti del pubblico dipendente
13. Responsabilità dell’impiegato: profili generali
14. Segue: La responsabilità disciplinare
15. Lo svolgimento del rapporto di impiego
16. La mobilità
17. Estinzione del rapporto di impiego
18. La giurisdizione in tema di pubblico impiego

PARTE TERZA: L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA

Capitolo 1: L’amministrazione statale

1. Le formule organizzatorie
2. L’organizzazione amministrativa dello Stato
3. Il Governo
4. Il Consiglio dei Ministri
5. Il Presidente del Consiglio dei Ministri
6. I Ministri
7. I Comitati interministeriali
8. I Ministeri
9. Le Agenzie
10. Le Aziende autonome
11. Gli organi di rilievo costituzionale
12. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL)
13. Il Consiglio Supremo di Difesa
14. Il Consiglio Superiore della Magistratura e i Consigli dei giudici speciali
15. Il Consiglio di Stato
16. La Corte dei conti
17. Le Conferenze permanenti
18. L’Avvocatura dello Stato
19. Le Scuole della Pubblica Amministrazione
20. L’organizzazione periferica dello Stato

Capitolo 2: Le Autorità amministrative indipendenti

1. Le Autorità amministrative indipendenti


2. Natura delle Autorità e strumenti di tutela

Capitolo 3: Gli enti territoriali

Sezione Prima: Le Regioni

1. Assetto territoriale della Repubblica


2. Le Regioni: concetto ed elementi costitutivi
3. Regioni ad autonomia ordinaria e Regioni ad autonomia speciale
4. Il sistema di governo delle Regioni
5. I controlli sugli organi regionali
6. L’autonomia statutaria e le ulteriori attribuzioni delle Regioni

Sezione Seconda: Comuni, Province e Città metropolitane

1. Le tappe del processo di riforma delle autonomie locali


2. Il Comune e la Provincia
3. Istituzione di nuovi Comuni e Province e altre modifiche territoriali
4. Altri enti locali
5. Le Città metropolitane
6. Lo status di Roma come capitale della Repubblica
7. I controlli sugli organi degli enti locali
8. Controllo sostitutivo e potere di annullamento

PARTE QUARTA: L’ATTIVITÀ DELLA P.A.

Capitolo 1: L’attività amministrativa

1. L’attività amministrativa: definizione e caratteri


2. Attività amministrativa di diritto pubblico e privato
3. La discrezionalità amministrativa
4. La discrezionalità tecnica
5. La discrezionalità mista
6. I principi dell’attività amministrativa tra Costituzione ed ordinamento europeo

Capitolo 2: Il procedimento amministrativo

Sezione Prima: L’iter procedimentale: principi, fasi, tempistica e controlli

1. Il procedimento amministrativo: nozione


2. Classificazione
3. Funzioni del procedimento
4. La L. 7-8-1990, n. 241 e la procedimentalizzazione dell’azione amministrativa
5. Il procedimento amministrativo disegnato dalla L. 241/1990
6. Le fasi dell’iter procedimentale
7. Efficacia dell’atto amministrativo
8. Esecutività, esecutorietà e coercizione dei provvedimenti amministrativi
9. Il sistema dei controlli

Sezione Seconda: L’evoluzione informatica dell’attività amministrativa


1. E-government e digitalizzazione della P.A.
2. Il Codice dell’amministrazione digitale

Capitolo 3: Atti e provvedimenti amministrativi

Sezione Prima: Atti e provvedimenti

1. Concetto di atto amministrativo: evoluzione dottrinaria


2. Criteri di distinzione degli atti amministrativi
3. Provvedimenti amministrativi
4. Elementi e requisiti dell’atto amministrativo
5. Gli elementi essenziali dell’atto amministrativo
6. Struttura formale dell’atto amministrativo

Sezione Seconda: Il silenzio amministrativo

1. Il silenzio amministrativo: il cd. obbligo di provvedere della P.A.


2. Il problema del provvedimento sopravvenuto

Capitolo 4: Tipi di provvedimenti amministrativi

1. Le autorizzazioni
2. La segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.)
3. Il silenzio assenso
4. Figure analoghe all’autorizzazione
5. Le concessioni
6. Le figure similari alla concessione
7. Gli ordini
8. Gli atti ablativi reali
9. Provvedimenti che operano su atti amministrativi (cd. provvedimenti di secondo
grado)

Capitolo 5: Gli altri atti amministrativi diversi dai provvedimenti

1. Gli atti amministrativi che non sono provvedimenti


2. Atti consistenti in manifestazioni di volontà
3. Atti non consistenti in manifestazioni di volontà
4. I pareri
5. Gli atti propulsivi
6. Gli accertamenti costitutivi

Capitolo 6: Il principio di trasparenza e il diritto di accesso ai documenti amministrativi

1. Principio di trasparenza e diritto di accesso


2. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi
3. Autonomia del diritto di accesso rispetto alla legittimazione al ricorso giurisdizionale
avverso il provvedimento finale
4. La tutela del diritto di accesso
5. La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi
6. Uffici per le relazioni con il pubblico
7. L’accesso civico
8. Accesso e riservatezza

Capitolo 7: Patologia dell’atto amministrativo

1. Stati patologici dell’atto amministrativo


2. L’invalidità dell’atto amministrativo e l’art. 21octies L. 241/1990
3. La nullità
4. L’illegittimità
5. I vizi derivati - gli atti presupposti
6. La cd. invalidità sopravvenuta
7. Illegittimità dell’atto amministrativo e violazione di norme dell’UE
8. Inopportunità dell’atto amministrativo: i vizi di merito
9. Il potere di riesame della P.A. e gli atti di ritiro
10. Convalescenza dell’atto amministrativo
11. Conservazione dell’atto amministrativo

Capitolo 8: L’attività negoziale e consensuale della P.A.

1. L’attività contrattuale della P.A. in generale


2. Il principio dell’autonomia contrattuale e la realizzazione dell’interesse pubblico
3. Classificazione dei contratti della P.A.
4. Regime giuridico dei contratti stipulati dalla P.A.
5. Il diritto dei contratti pubblici
6. L’ambito di applicazione del Codice: art. 3 D.Lgs. 163/2006
7. Procedimento di formazione del contratto: l’evidenza pubblica
8. La fase preliminare: la delibera a contrarre e la lex specialis
9. La scelta del contraente privato: procedure e criteri
10. La conclusione del contratto
11. L’approvazione del contratto
12. Le forme di tutela in materia contrattualistica
13. «Acquisti» centralizzati della P.A.
14. Il contratto ad oggetto pubblico prima della L. 241/1990
15. I contratti accessivi
16. I contratti ausiliari di provvedimenti
17. I contratti sostitutivi
18. Accordi integrativi e sostitutivi nella L. 241/1990
19. Gli accordi tra pubbliche amministrazioni: in particolare, gli accordi di programma
(art. 15 L. 241/1990 e art. 34 D.Lgs. 267/2000)
PARTE QUINTA: BENI, ESPROPRIAZIONE E RESPONSABILITà

Capitolo 1: I beni della Pubblica Amministrazione

1. La disciplina dei beni della P.A.: profili introduttivi


2. La tradizionale distinzione dei beni pubblici: beni demaniali e beni patrimoniali
3. I beni demaniali
4. Beni patrimoniali indisponibili
5. Utilizzazione dei beni pubblici
6. Tutela dei beni demaniali (art. 823, co. 2, c.c.)
7. I beni patrimoniali disponibili
8. I diritti reali della P.A. su beni altrui
9. Acquisto dei diritti reali della P.A.
10. La tutela giurisdizionale in tema di beni pubblici

Capitolo 2: La disciplina amministrativa della proprietà privata e il governo del territorio

1. Il regime amministrativo della proprietà privata


2. Il governo del territorio e la pianificazione urbanistica
3. I vincoli alla proprietà urbana
4. L’edilizia e il D.P.R. 380/2001
5. Il permesso di costruire
6. La segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) in materia edilizia

Capitolo 3: Gli atti ablativi e l’espropriazione

1. Potere ablatorio e concetto di atto ablativo


2. Espropriazione per pubblica utilità
3. La disciplina dell’espropriazione per pubblica utilità
4. L’acquisizione provvedimentale: acquisto della proprietà a seguito di utilizzazione
senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico
5. Gli altri atti ablativi

Capitolo 4: Responsabilità della P.A. e verso la P.A.

1. Gli obblighi della P.A.: generalità


2. Concetto e tipi di responsabilità
3. Responsabilità civile della P.A. per fatti illeciti: distinzioni e dottrina
4. La responsabilità extracontrattuale della P.A.
5. Rapporti tra responsabilità della P.A. e dei suoi impiegati
6. La cd. responsabilità oggettiva
7. La responsabilità contrattuale della P.A.
8. La responsabilità precontrattuale
9. La responsabilità da atto lecito
10. La risarcibilità del danno derivante da lesione degli interessi legittimi
11. La responsabilità nei confronti della P.A.
12. L’illecito amministrativamente sanzionato (cd. illecito amministrativo)

PARTE SESTA: I SERVIZI PUBBLICI

Capitolo Unico: I compiti della P.A.: funzioni e servizi pubblici

1. Le funzioni pubbliche
2. Lo sviluppo dei compiti pubblici nello Stato sociale. I servizi pubblici: teoria
soggettiva ed oggettiva
3. I servizi pubblici locali
4. La riforma dei servizi pubblici locali (SPL)
5. L’affidamento in house

PARTE SETTIMA: LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Capitolo 1: Principi generali sulla tutela giurisdizionale

1. Profili generali
2. Il sistema di giustizia amministrativa
3. Riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo
4. I mezzi di tutela del privato e la normativa di riferimento
5. Le questioni di giurisdizione nel giudizio amministrativo

Capitolo 2: Tutela in sede amministrativa

1. Principi generali
2. I ricorsi amministrativi
3. Il procedimento per la decisione del ricorso (D.P.R. 1199/1971)
4. Il ricorso gerarchico
5. Il ricorso in opposizione (art. 7 D.P.R. 1199/1971)
6. Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
7. I cd. ricorsi atipici

Capitolo 3: Tutela giurisdizionale ordinaria

1. Ambito della giurisdizione del giudice ordinario


2. Deroghe alla giurisdizione dell’A.G.O.
3. Poteri del G.O. in ordine all’atto amministrativo
4. Le azioni ammissibili innanzi al G.O. nei confronti della P.A.
5. L’esecuzione forzata nei confronti della P.A.
6. La giurisdizione del G.O. in tema di pubblico impiego (rinvio)
7. Regole procedurali del giudizio ordinario

Capitolo 4: Tutela giurisdizionale amministrativa

1. Concetti generali sulla tutela giurisdizionale amministrativa


2. Le azioni di cognizione esperibili innanzi al G.A.
3. I Tribunali Amministrativi Regionali
4. La giurisdizione generale di legittimità del G.A.
5. La giurisdizione di merito del G.A.
6. Il giudizio di ottemperanza
7. La giurisdizione esclusiva del G.A.
8. Gli organi giurisdizionali amministrativi di secondo grado
9. La tutela cautelare

Capitolo 5: Il processo amministrativo

1. Principi generali del processo amministrativo


2. Le parti del giudizio
3. La competenza dei T.A.R.
4. Il ricorso
5. Costituzione delle parti in giudizio
6. Altri incidenti del processo
7. Sospensione e interruzione del processo amministrativo
8. Estinzione del processo
9. Svolgimento del giudizio
10. Pronunce giurisdizionali: provvedimenti adottabili dal G.A
11. Impugnativa delle sentenze del G.A.
12. I riti speciali

Capitolo 6: Giurisdizioni amministrative speciali

1. La giurisdizione della Corte dei conti


2. I Tribunali delle acque (R.D. 1775/1933)
3. Altri organi speciali di giustizia amministrativa
4. Il contenzioso tributario
5. I conflitti di giurisdizione e di attribuzione
(1) Le «antinomie» sono i contrasti che si creano fra le norme che disciplinano una
medesima fattispecie ma in modo differente. Il nostro ordinamento e l’esigenza di certezza del diritto
impongono che eventuali antinomie siano risolte mediante l’applicazione di alcuni criteri che
consentono di individuare l’unica norma da applicare al caso concreto.
(2) Le circolari amministrative sono la categoria più importante e controversa di norme
cd. interne.
La circolare non è una figura autonoma di atto amministrativo, né può essere mai un atto
a carattere normativo, ma è un mezzo di notificazione (o di comunicazione) di un atto
amministrativo.
(3) Analogia legis: procedimento attraverso il quale vengono risolti i casi non previsti dalla
legge, estendendo ad essi la disciplina prevista per i casi simili.
(4) Analogia iuris: procedimento che estende a fattispecie non regolate i principi generali
del diritto.
(1) Modello di organizzazione che presuppone che tutto il potere e le competenze
decisionali siano accentrate negli uffici centrali di una struttura amministrativa, mentre agli uffici
periferici vengono affidati solo compiti istruttori ed esecutivi. Tale forma di organizzazione è esclusa
dall’art. 5 Cost., che promuove e favorisce il decentramento.
(2) Si tenga presente che l’art. 23 del disegno di legge costituzionale n. S 1429,
attualmente all’esame del Parlamento, prevede la soppressione del CNEL. La ratio di tale
disposizione è individuata nella obsolescenza di tale organo che non appare più rispondente alle
esigenze di raccordo con le categorie economiche e sociali poste a fondamento della sua istituzione.
Table of Contents
Titolo pagina
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Premessa
PARTE PRIMA: L’ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO
Capitolo 1: Il diritto amministrativo tra l’ordinamento nazionale e quello europeo
1. Il diritto amministrativo: concetto e caratteri
2. La Pubblica Amministrazione
3. Origini ed evoluzione del sistema amministrativo italiano
4. La dimensione ultrastatale del diritto amministrativo: la P.A. europea
5. Le fonti del diritto europeo
Capitolo 2: Le funzioni dello Stato
1. Lo Stato
2. Funzioni dello Stato
3. Il potere politico e la funzione politica
4. Gli atti politici
5. Il potere esecutivo e la funzione amministrativa
6. Gli atti di alta amministrazione
Capitolo 3: Le fonti del diritto amministrativo
1. Il sistema delle fonti
2. Le fonti dell’ordinamento costituzionale italiano
3. La Costituzione
4. Altre fonti di rango costituzionale
5. Fonti di origine europea
6. Le fonti primarie
7. Le fonti secondarie
8. Le ordinanze
9. Gli Statuti degli enti pubblici
10. Le fonti secondarie dubbie
11. Testi unici e codici
12. La consuetudine
13. Norme interne della P.A.
14. La cd. prassi amministrativa
15. Interpretazione ed applicazione del diritto amministrativo
PARTE SECONDA: I SOGGETTI
Capitolo 1: Le situazioni giuridiche soggettive di diritto amministrativo
1. Situazioni giuridiche soggettive
2. I diritti soggettivi: profili generali e classificazioni
3. Gli interessi legittimi.
4. Gli interessi superindividuali
5. La tutela degli interessi collettivi: l’azione di classe (class action)
6. Interessi amministrativamente protetti (o semplici)
7. Interessi di fatto
Capitolo 2: I soggetti del diritto amministrativo
1. Principi costituzionali in tema di organizzazione della P.A.
2. L’organizzazione amministrativa italiana: il pluralismo della P.A.
3. Gli enti pubblici
4. I caratteri degli enti pubblici
5. Distinzioni tra enti pubblici
6. Riordino e riduzione degli enti pubblici non economici
7. Enti pubblici economici
8. I soggetti pubblici di origine sovranazionale
9. La struttura degli enti pubblici. Organi e uffici
10. Rapporto organico e rapporto di servizio
11. La questione della prorogatio degli organi (L. 444/1994)
12. Rapporti interorganici
13. L’esercizio privato di pubbliche funzioni (o munus)
Capitolo 3: La competenza in diritto amministrativo
1. La competenza
2. Il trasferimento dell’esercizio della competenza
3. Difetto di competenza
4. Segue: L’incompetenza
5. I conflitti di competenza
6. L’esercizio di fatto di pubbliche funzioni (cd. funzionario di fatto)
Capitolo 4: Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni
1. Il pubblico impiego
2. L’evoluzione storico-normativa del lavoro pubblico: dalla privatizzazione alla «riforma
Brunetta»
3. Segue: Le attuali prospettive di riforma
4. L’ambito di applicazione del T.U. pubblico impiego
5. Il nuovo sistema delle fonti del pubblico impiego
6. La contrattazione collettiva
7. Accesso al pubblico impiego
8. L’organizzazione dei pubblici uffici
9. Le forme flessibili di impiego presso la P.A. e le consulenze esterne
10. La dirigenza pubblica
11. I doveri-obblighi dell’impiegato e il nuovo codice di comportamento
12. I diritti del pubblico dipendente
13. Responsabilità dell’impiegato: profili generali
14. Segue: La responsabilità disciplinare
15. Lo svolgimento del rapporto di impiego
16. La mobilità
17. Estinzione del rapporto di impiego
18. La giurisdizione in tema di pubblico impiego
PARTE TERZA: L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA
Capitolo 1: L’amministrazione statale
1. Le formule organizzatorie
2. L’organizzazione amministrativa dello Stato
3. Il Governo
4. Il Consiglio dei Ministri
5. Il Presidente del Consiglio dei Ministri
6. I Ministri
7. I Comitati interministeriali
8. I Ministeri
9. Le Agenzie
10. Le Aziende autonome
11. Gli organi di rilievo costituzionale
12. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL)
13. Il Consiglio Supremo di Difesa
14. Il Consiglio Superiore della Magistratura e i Consigli dei giudici speciali
15. Il Consiglio di Stato
16. La Corte dei conti
17. Le Conferenze permanenti
18. L’Avvocatura dello Stato
19. Le Scuole della Pubblica Amministrazione
20. L’organizzazione periferica dello Stato
Capitolo 2: Le Autorità amministrative indipendenti
1. Le Autorità amministrative indipendenti
2. Natura delle Autorità e strumenti di tutela
Capitolo 3: Gli enti territoriali
Sezione Prima: Le Regioni
1. Assetto territoriale della Repubblica
2. Le Regioni: concetto ed elementi costitutivi
3. Regioni ad autonomia ordinaria e Regioni ad autonomia speciale
4. Il sistema di governo delle Regioni
5. I controlli sugli organi regionali
6. L’autonomia statutaria e le ulteriori attribuzioni delle Regioni
Sezione Seconda: Comuni, Province e Città metropolitane
1. Le tappe del processo di riforma delle autonomie locali
2. Il Comune e la Provincia
3. Istituzione di nuovi Comuni e Province e altre modifiche territoriali
4. Altri enti locali
5. Le Città metropolitane
6. Lo status di Roma come capitale della Repubblica
7. I controlli sugli organi degli enti locali
8. Controllo sostitutivo e potere di annullamento
PARTE QUARTA: L’ATTIVITÀ DELLA P.A.
Capitolo 1: L’attività amministrativa
1. L’attività amministrativa: definizione e caratteri
2. Attività amministrativa di diritto pubblico e privato
3. La discrezionalità amministrativa
4. La discrezionalità tecnica
5. La discrezionalità mista
6. I principi dell’attività amministrativa tra Costituzione ed ordinamento europeo
Capitolo 2: Il procedimento amministrativo
Sezione Prima: L’iter procedimentale: principi, fasi, tempistica e controlli
1. Il procedimento amministrativo: nozione
2. Classificazione
3. Funzioni del procedimento
4. La L. 7-8-1990, n. 241 e la procedimentalizzazione dell’azione amministrativa
5. Il procedimento amministrativo disegnato dalla L. 241/1990
6. Le fasi dell’iter procedimentale
7. Efficacia dell’atto amministrativo
8. Esecutività, esecutorietà e coercizione dei provvedimenti amministrativi
9. Il sistema dei controlli
Sezione Seconda: L’evoluzione informatica dell’attività amministrativa
1. E-government e digitalizzazione della P.A.
2. Il Codice dell’amministrazione digitale
Capitolo 3: Atti e provvedimenti amministrativi
Sezione Prima: Atti e provvedimenti
1. Concetto di atto amministrativo: evoluzione dottrinaria
2. Criteri di distinzione degli atti amministrativi
3. Provvedimenti amministrativi
4. Elementi e requisiti dell’atto amministrativo
5. Gli elementi essenziali dell’atto amministrativo
6. Struttura formale dell’atto amministrativo
Sezione Seconda: Il silenzio amministrativo
1. Il silenzio amministrativo: il cd. obbligo di provvedere della P.A.
2. Il problema del provvedimento sopravvenuto
Capitolo 4: Tipi di provvedimenti amministrativi
1. Le autorizzazioni
2. La segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.)
3. Il silenzio assenso
4. Figure analoghe all’autorizzazione
5. Le concessioni
6. Le figure similari alla concessione
7. Gli ordini
8. Gli atti ablativi reali
9. Provvedimenti che operano su atti amministrativi (cd. provvedimenti di secondo grado)
Capitolo 5: Gli altri atti amministrativi diversi dai provvedimenti
1. Gli atti amministrativi che non sono provvedimenti
2. Atti consistenti in manifestazioni di volontà
3. Atti non consistenti in manifestazioni di volontà
4. I pareri
5. Gli atti propulsivi
6. Gli accertamenti costitutivi
Capitolo 6: Il principio di trasparenza e il diritto di accesso ai documenti amministrativi
1. Principio di trasparenza e diritto di accesso
2. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi
3. Autonomia del diritto di accesso rispetto alla legittimazione al ricorso giurisdizionale
avverso il provvedimento finale
4. La tutela del diritto di accesso
5. La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi
6. Uffici per le relazioni con il pubblico
7. L’accesso civico
8. Accesso e riservatezza
Capitolo 7: Patologia dell’atto amministrativo
1. Stati patologici dell’atto amministrativo
2. L’invalidità dell’atto amministrativo e l’art. 21octies L. 241/1990
3. La nullità
4. L’illegittimità
5. I vizi derivati - gli atti presupposti
6. La cd. invalidità sopravvenuta
7. Illegittimità dell’atto amministrativo e violazione di norme dell’UE
8. Inopportunità dell’atto amministrativo: i vizi di merito
9. Il potere di riesame della P.A. e gli atti di ritiro
10. Convalescenza dell’atto amministrativo
11. Conservazione dell’atto amministrativo
Capitolo 8: L’attività negoziale e consensuale della P.A.
1. L’attività contrattuale della P.A. in generale
2. Il principio dell’autonomia contrattuale e la realizzazione dell’interesse pubblico
3. Classificazione dei contratti della P.A.
4. Regime giuridico dei contratti stipulati dalla P.A.
5. Il diritto dei contratti pubblici
6. L’ambito di applicazione del Codice: art. 3 D.Lgs. 163/2006
7. Procedimento di formazione del contratto: l’evidenza pubblica
8. La fase preliminare: la delibera a contrarre e la lex specialis
9. La scelta del contraente privato: procedure e criteri
10. La conclusione del contratto
11. L’approvazione del contratto
12. Le forme di tutela in materia contrattualistica
13. «Acquisti» centralizzati della P.A.
14. Il contratto ad oggetto pubblico prima della L. 241/1990
15. I contratti accessivi
16. I contratti ausiliari di provvedimenti
17. I contratti sostitutivi
18. Accordi integrativi e sostitutivi nella L. 241/1990
19. Gli accordi tra pubbliche amministrazioni: in particolare, gli accordi di programma (art.
15 L. 241/1990 e art. 34 D.Lgs. 267/2000)
PARTE QUINTA: BENI, ESPROPRIAZIONE E RESPONSABILITà
Capitolo 1: I beni della Pubblica Amministrazione
1. La disciplina dei beni della P.A.: profili introduttivi
2. La tradizionale distinzione dei beni pubblici: beni demaniali e beni patrimoniali
3. I beni demaniali
4. Beni patrimoniali indisponibili
5. Utilizzazione dei beni pubblici
6. Tutela dei beni demaniali (art. 823, co. 2, c.c.)
7. I beni patrimoniali disponibili
8. I diritti reali della P.A. su beni altrui
9. Acquisto dei diritti reali della P.A.
10. La tutela giurisdizionale in tema di beni pubblici
Capitolo 2: La disciplina amministrativa della proprietà privata e il governo del territorio
1. Il regime amministrativo della proprietà privata
2. Il governo del territorio e la pianificazione urbanistica
3. I vincoli alla proprietà urbana
4. L’edilizia e il D.P.R. 380/2001
5. Il permesso di costruire
6. La segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) in materia edilizia
Capitolo 3: Gli atti ablativi e l’espropriazione
1. Potere ablatorio e concetto di atto ablativo
2. Espropriazione per pubblica utilità
3. La disciplina dell’espropriazione per pubblica utilità
4. L’acquisizione provvedimentale: acquisto della proprietà a seguito di utilizzazione senza
titolo di un bene per scopi di interesse pubblico
5. Gli altri atti ablativi
Capitolo 4: Responsabilità della P.A. e verso la P.A.
1. Gli obblighi della P.A.: generalità
2. Concetto e tipi di responsabilità
3. Responsabilità civile della P.A. per fatti illeciti: distinzioni e dottrina
4. La responsabilità extracontrattuale della P.A.
5. Rapporti tra responsabilità della P.A. e dei suoi impiegati
6. La cd. responsabilità oggettiva
7. La responsabilità contrattuale della P.A.
8. La responsabilità precontrattuale
9. La responsabilità da atto lecito
10. La risarcibilità del danno derivante da lesione degli interessi legittimi
11. La responsabilità nei confronti della P.A.
12. L’illecito amministrativamente sanzionato (cd. illecito amministrativo)
PARTE SESTA: I SERVIZI PUBBLICI
Capitolo Unico: I compiti della P.A.: funzioni e servizi pubblici
1. Le funzioni pubbliche
2. Lo sviluppo dei compiti pubblici nello Stato sociale. I servizi pubblici: teoria soggettiva ed
oggettiva
3. I servizi pubblici locali
4. La riforma dei servizi pubblici locali (SPL)
5. L’affidamento in house
PARTE SETTIMA: LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
Capitolo 1: Principi generali sulla tutela giurisdizionale
1. Profili generali
2. Il sistema di giustizia amministrativa
3. Riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo
4. I mezzi di tutela del privato e la normativa di riferimento
5. Le questioni di giurisdizione nel giudizio amministrativo
Capitolo 2: Tutela in sede amministrativa
1. Principi generali
2. I ricorsi amministrativi
3. Il procedimento per la decisione del ricorso (D.P.R. 1199/1971)
4. Il ricorso gerarchico
5. Il ricorso in opposizione (art. 7 D.P.R. 1199/1971)
6. Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
7. I cd. ricorsi atipici
Capitolo 3: Tutela giurisdizionale ordinaria
1. Ambito della giurisdizione del giudice ordinario
2. Deroghe alla giurisdizione dell’A.G.O.
3. Poteri del G.O. in ordine all’atto amministrativo
4. Le azioni ammissibili innanzi al G.O. nei confronti della P.A.
5. L’esecuzione forzata nei confronti della P.A.
6. La giurisdizione del G.O. in tema di pubblico impiego (rinvio)
7. Regole procedurali del giudizio ordinario
Capitolo 4: Tutela giurisdizionale amministrativa
1. Concetti generali sulla tutela giurisdizionale amministrativa
2. Le azioni di cognizione esperibili innanzi al G.A.
3. I Tribunali Amministrativi Regionali
4. La giurisdizione generale di legittimità del G.A.
5. La giurisdizione di merito del G.A.
6. Il giudizio di ottemperanza
7. La giurisdizione esclusiva del G.A.
8. Gli organi giurisdizionali amministrativi di secondo grado
9. La tutela cautelare
Capitolo 5: Il processo amministrativo
1. Principi generali del processo amministrativo
2. Le parti del giudizio
3. La competenza dei T.A.R.
4. Il ricorso
5. Costituzione delle parti in giudizio
6. Altri incidenti del processo
7. Sospensione e interruzione del processo amministrativo
8. Estinzione del processo
9. Svolgimento del giudizio
10. Pronunce giurisdizionali: provvedimenti adottabili dal G.A
11. Impugnativa delle sentenze del G.A.
12. I riti speciali
Capitolo 6: Giurisdizioni amministrative speciali
1. La giurisdizione della Corte dei conti
2. I Tribunali delle acque (R.D. 1775/1933)
3. Altri organi speciali di giustizia amministrativa
4. Il contenzioso tributario
5. I conflitti di giurisdizione e di attribuzione
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