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La diffusione della schiavitù nell'antica Grecia

La schiavitù era una pratica molto comune nell'antica Grecia. Si stima che la maggioranza dei cittadini
ateniesi possedesse almeno uno schiavo.
Per gli antichi greci il lavoro manuale era considerato degradante e a occuparsene dovevano essere gli
schiavi, vera colonna portante del sistema economico greco.
Gli schiavi nell'antica Grecia erano numerosissimi, c'erano molti più schiavi rispetto ai cittadini liberi, con
una media di almeno 3 schiavi per ogni cittadino libero.
I grandi proprietari terrieri potevano contare sul lavoro di decine, centinaia di schiavi ma anche le famiglie
più modeste che vivevano in città avevano almeno uno schiavo a cui competevano i lavori domestici.
Gli schiavi erano considerati delle merci e venivano comprati e venduti con estrema disinvoltura, il mercato
degli schiavi era il più attivo della città, al pari solo con quello del grano.
Erano molto richiesti gli schiavi destinati ai lavori pesanti nei campi e nelle miniere, gli schiavi specializzati
nelle fabbricazioni artigianali e gli schiavi colti che ricoprivano il ruolo di insegnanti dei bambini e di
segretari personali.

Le condizioni di vita degli schiavi


Le condizioni di vita degli schiavi potevano essere molto diverse, a seconda del padrone e del tipo di
mansione che dovevano svolgere, anche se erano trattati con una relativa umanità ed era concessa loro la
possibilità di "riscattarsi" pagando il prezzo della propria libertà, non ottenevano di fatto una posizione
sociale rilevante e restavano sempre ai margini della società.
Il padrone prendeva tutte le decisioni per il proprio schiavo, come il matrimonio e la nascita dei figli, che
diventavano automaticamente proprietà della famiglia padronale.

Tutti i lavori venivano svolti dagli schiavi


Essi erano distinti in più categorie:

 schiavi pubblici, cioè appartenenti allo Stato;


 schiavi privati, che stavano in casa col padrone;
 schiavi dei templi.

Le condizioni di vita più difficili erano quelle degli schiavi destinati ai lavori pesanti: in campagna gli schiavi
dissodavano, aravano, seminavano il terreno e giravano le pale delle macine del mulino e del frantoio a
mano perché di fatto il valore di uno schiavo era inferiore a quello di un animale da lavoro.
Anche i medici avevano i loro schiavi, a cui spettava la cura degli altri schiavi, dei poveri e le mansioni
considerate più degradanti come la cura di piaghe infette, l'estrazione dei denti o la somministrazione di
clisteri.
Gli schiavi non venivano arruolati nell'esercito ma rivestivano il ruolo di attendenti, ossia si occupavano del
trasporto di armi e di bagagli dei soldati che svolgevano il servizio militare, occupandosi anche
dell'addestramento fisico del proprio padrone.

L’affrancamento/manomissione
L’affrancamento, cioè la liberazione dalla condizione di schiavo, poteva essere comprata con i risparmi
accumulati oppure ottenuta dal padrone, in vita o alla sua morte, quale ricompensa per i servizi prestati, ed
eccezionalmente, dallo Stato per aver combattuto nella flotta o nell’esercito.
La libertà poteva essere totale o parziale in base al volere del padrone. Nel primo caso lo schiavo era
protetto da qualsiasi tentativo di porlo nuovamente in schiavitù (come, per esempio, dagli eredi del
padrone che lo aveva affrancato). Nel secondo caso lo schiavo doveva sottostare a un contratto, che fissava
alcuni limiti alla sua libertà. Una volta liberato, lo schiavo non godeva però degli stessi diritti di un cittadino.

La schiavitù in Grecia non fu mai abolita: l’umanità ha poi dovuto attendere 2.500 anni per l’abolizione della
schiavitù, avvenuta nel XIX sec. d.C.

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