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Diritto romano

Personae e res
Non a tutti gli esseri umani spettavano diritti. Per avere capacità giuridica si doveva esser: liberi,
cittadino romano e Pater familias.
Gli schiavi erano considerati res mancipi. In un primo momento anche i plebei furono esclusi da
tali diritti, attraverso lotte riuscirono ad ottenere: diritto di voto, la possibilità di partecipare ai
comitia. La libertà poteva essere ottenuta per nascita (a seconda dello stato della madre) o poteva
essere acquistata successivamente per volontà del dominus (attraverso la manumissio) che lo
rendeva liberto ma non ingenuus (chi nasce libero).
Il ius civile riconosce tre forme di manumissio: vindicta, censu e testamento.
- La manumissio vindicta: nell’effettiva controversia sulla situazione di libertà o servitù di
uno schiavo interveniva una terza persona (spesso che si era già precedentemente
accordata con il dominus) che rivendicava la libertà dello schiavo. Il dominus anziché
opporsi ne riconosceva la fondatezza e veniva formulata dal magistrato giusdicente
l’addictio, dove veniva riconosciuta la libertà dell’ex schiavo. Col passare del tempo vi fu
un’evoluzione di tale manumissio, essa si limitò ad una volontà da parte del dominus di
voler rendere libero il proprio schiavo.
- Manumissio censu: si attuavano in occasione del censimento, cioè una dichiarazione da
parte del dominus del suo patrimonio indicando anche coloro sottoposti alla sua potestas
- Manumissio testamento: manumissio di più frequente e larga applicazione, era una
disposizione di ultima volontà con la quale il dominus poteva, attraverso il testamento,
rendere il suo schiavo libero. Esso aveva effetto dopo la morte del testatore ma poteva
anche rinviarlo ex die, un termine a seguito del quale uno schiavo diveniva libero (100gg)
oltre a rendere libero lo schiavo lo si poteva anche nominare come erede.
Nell’ultima età repubblicana si diffuse l’usanza che il dominus dichiarasse di fronte alcuni amici di
voler liberare il proprio schiavo (manumissio inter amicos). Tale manomissione però non aveva
rilievo nel ius civile ma coloro che erano stati liberati venivano tutelati dal pretore nel godimento
di questa situazione. In età augustea vi fu la lex Iunia che riconobbe alla manumissio inter amicos
di rendere lo schiavo libero ma non cittadino romano, bensì latinus, assimilò i manumissi inter
amicos ai latini coloniarii detti latini iuniani. Ù
Vi furono altre leggi che vietarono di manomettere schiavi di età inferiore ai 30 anni, se fossero
comunque stati liberati il manomesso era libero ma non cittadino romano, diveniva LATINO
IUNIANI. Le manomissioni per far acquisire anche la cittadinanza romana dovevano: essere
riconosciute dal iure civili, riguardare uni schiavo avente 30 o più anni e che fosse disposta dal
dominus e non da chi lo avesse soltanto in bonis.
In epoca post classica vi furono altre manumissio, ad esempio quelle per epistulam, da Giustiniano
fu abolita la categoria dei latini iuniani e venivano livellati i vari modi di manomissione,
stabilendosi che producevano tutti l'effetto di fare acquistare sia la libertà che la civitas romana.
a partire da Costantino, vi fu la manomissione ecclesia consistente nella dichiarazione di voler
rendere libero il proprio schiavo, davanti alle autorità ecclesiastiche.
la condizione dei liberti non fu uguale a quella degli ingenui, sia dal punto di vista della
considerazione sociale sia perché hai liberti non era concesso di far parte delle alte cariche
magistratuali. il dominus diveniva patronus. Il liberto era vincolato dal diritto di patronato, cioè un
atteggiamento di rispetto e devozione nei confronti del suo ex padrone, ad esempio, non poteva
esperire contro il patronus azioni penali. Contro il liberto ingrato vi furono gravi sanzioni. l'ingenuo
doveva prestare al patrono le “operae” cioè giornate lavorative. prima della manomissione lo
schiavo prestava un giuramento che lo impegnava anche sul piano religioso. Ben presto si ritenne
opportuno far nascere una vera e propria “obbligatio operarum” facendo prestare subito dopo la
manomissione al liberto o un nuovo giuramento o una promessa delle opere mediante stipulatio.
infine il patronus aveva il diritto di succedere il proprio liberto. Le 12 tavole si erano preoccupate
di regolare la successione ereditaria dei padroni solo per il caso che il liberto fosse morto senza
aver fatto testamento. Venne poi assicurato ai Patroni il diritto di succedere in almeno metà del
patrimonio dei propri liberti sia che essi avessero fatto testamento sia che non lo avessero fatto.
Ehi hai Patroni spettava la tutela legittima sui propri liberti cioè non solo la tutela impuberum ma
anche la tutela mulierum.
la libertà si poteva anche perdere per varie cause, quella di gran lunga più importante fu la
prigionia di guerra. il prigioniero di guerra perdeva la libertà e diveniva servus hostium. Il romano
che riusciva a liberarsi dalla prigionia e tornava entro i confini del territorio romano ridiventava
libero e cittadino romano e riacquisivi tutti i diritti cui era titolare prima. Per riavere anche la
potestas sui figli essi non divenivano sui iuris ma erano in una situazione si “suspenso” fino a che vi
era la possibilità che il padre potesse ritornare. Se il padre fosse ritornato avrebbe riavuto la
potestà sui figli, se fosse morto in prigionia i figli sarebbero divenuti sui iuris. Questo si chiama
concetto di pendenza.
Altra causa di perdita della libertà data da un senatoconsulto Claudiano: se una donna libera
avesse avuto una relazione con uno schiavo altrui e l’avesse continuata nonostante fosse diffidata
dal dominus dello schiavo diveniva anch’essa schiava.
Cives e non cives
Non tutti coloro che erano sottoposti all’egemonia romana godevano della cittadinanza romana, vi
furono e latini e i peregrini. I latini erano i cittadini del Lazio, di cui faceva anche parte Roma, ma a
questi antichi latini venne ben presto estesa la cittadinanza romana. Nella fase dell’espansione
italica la condizione di latini venne estesa agli abitanti delle colonie (latini coloniarii) i quali
vennero poi assimilati i latini iuniani. Furono definiti “peregrini” quelle popolazioni e associazioni
cittadine con cui Roma venne a contatto nel suo cammino espansionistico. Dapprima nell'ambito
del territorio italico successivamente nei territori extra italici dove vennero una dopo l'altra
costituite le varie province. Dopo l'estensione della cittadinanza romana alle popolazioni di tutta la
penisola italica la condizione di peregrini riguardo ormai gli abitanti delle province. Ehi tra i
peregrini una condizione peggiore ebbero i “peregrini dediticii” voi cioè coloro che avendo
resistito ad oltranza con le armi erano stati costretti da Roma alla “deditio” cioè alla resa
incondizionata.
la cittadinanza romana si acquistava anzitutto per nascita: era cives chi nasceva in costanza di un
regolare matrimonio da un cittadino romano. fu anche possibile acquistare la civitas romana in
una serie di altre ipotesi. A parte l'ipotesi degli schiavi manomessi la cittadinanza romana poteva
essere concessa mediante provvedimenti autoritativi a singole persone o gruppi di persone. Il
fenomeno più imponente fu quello della concessione della cittadinanza romana ad intere
comunità virgola che culminò nell'estensione, sotto Caracalla alle popolazioni di tutto il territorio
dell'impero romano. La perdita della cittadinanza romana poteva aversi anche per volontari a
scelta del civis come ad esempio nell'ipotesi dei cittadini che si trasferivano nelle colonie latine e
diventavano latini coloniali. Ma poteva derivare da provvedimenti volti a privare della civitas a
titolo punitivo, coloro che, per essersi macchiati di gravi comportamenti illeciti, venivano ritenuti
indegni di continuare a far parte della comunità dei cittadini romani. Quella di più larga e generale
applicazione fu un provvedimento di espulsione dalla comunità e dal territorio cittadino, adottato
sotto la veste di solenne interdizione cioè proibizione dall'acqua e dal fuoco ritenuti elementi
simbolici fondamentali della comunità. Tale INTERDICTIO conseguiva normalmente all’exilium che
dapprima era volontario perché prima che venisse condannata la pena di morte per sottrarsi e ciò
il cittadino poteva rinunciare alla cittadinanza romana ed andare in esilio. La cittadinanza si
perdeva anche in tutti i casi in cui si perdeva la libertà.
Sui iuris e alieni iuris: qualifica di ppater familias
nell'ambito del diritto privato potevano aspettare diritti solo alle persone sui iuris. Ehi era su iuris
la persona uomo o donna che non era alieni iuris e non essendo sottoposta altrui potere era
giuridicamente autonoma. I tipi di potere che comportavano tale sottoposizione erano 3: la
potestas, la manus e il mancipium.
Patria potestas: derivava dal fatto naturale della procreazione e aveva durata vitalizia punto i figli
restavano alieni iuris anche se erano di età avanzata ed anche se avevano a loro volta procreato
dei figli. Si restava nella condizione di alieni iuris fino a chi è un ascendente in linea maschile era
vivo. Potevano essere sottoposti a tale potere anche i figli adottivi acquisiti mediante l’adoptio o
l’adrogatio.
Manus: sottoposte soltanto le donne si affiancò normalmente al matrimonio così a ricadere la
moglie in mano del marito. I modi di costituzione della mano sono tre: usus, confaerratio e
coemptio.
Mancipium: derivava dall'originaria funzione dell'atto formale della mancipatio. La mancipatio era
un formalizzato scambio contestuale tra il bronzo pesato e pagato come corrispettivo è un oggetto
di particolare pregio e importanza quale poteva essere una delle res considerate mancipi. Oggetto
della mancipatio poteva anche essere un figlio duepunti il padre poteva costituire su di lui il potere
di mancipium a favore di un altro pater familias. tele di mancipi Bum il pater faceva ormai ricorso
anche per liberarsi dalla responsabilità per un delitto commesso dal figlio. Ogni persona su iuris di
sesso maschile veniva indicata con la qualifica tecnica di pater familias con ciò non si intende per
forza un vero padre di figli ma può indicare anche un nucleo familiare composto solo dalla sua
persona.
Capacità giuridica e capacità d’agire
l'idoneità di una persona ad avere diritti viene denominata capacità giuridica e chiara tale capacità
viene considerato come soggetto di diritto. Al soggetto di diritto spetta non solo la titolarità di
diritti ma anche la attribuibilità di obblighi ad esempio taluno può essere proprietario creditore
come può d’altro canto essere debitore. va tenuto distinto il campo del ius publicum e ius
privatum. nel campo del diritto pubblico la condizione che essenzialmente rilevava era quella di
civis e implicava quella di libero non aveva nessun rilievo la condizione di sui iuris o alieni juris. Nel
campo del diritto privato la condizione che fondamentalmente rilevava era quella di sui iuris
mentre la condizione di civis non era richiesta e in tutti i casi anche i pellegrini erano riconosciuti i
titolari di una serie di diritti e obblighi. Dal concetto di capacità giuridica va distinto il diverso
concetto di capacità d'agire che è la capacità di compiere validamente atti giuridici cioè aventi
effetti giuridicamente riconosciuti. Ehi la capacità di agire non presuppone la capacità giuridica
limitazioni della capacità giuridica delle donne sui iuris
nel campo del diritto pubblico la donna era esclusa da ogni diritto di partecipazione alla gestione
politica della res pubblica due ponti era infatti privata sia del suffragio sia del ius honorum. la
romana non aveva capacità giuridica di diritto pubblico. Riguardo alla capacità giuridica di diritto
privato era di fondamentale rilevanza la condizione di sui iuris nella quale tuttavia veniva a trovarsi
solo quando oltre a non essere in protestas non era nemmeno in manu. in effetti nel campo del
diritto privato la donna su iuris poteva essere titolare della maggior parte dei diritti incontrava
però molte limitazioni. era esclusa dalla patria potestas concepita come esclusivamente virile. Non
poteva adottare tuttavia però nel diritto giustinianeo non vi era tale incapacità in quanto poteva
adottare se le fosse morto un figlio. era inammissibile che alla donna spettasse la capacità di tutela
essendo lei bisognosa di un tutore ma successivamente si ammise che in alcuni casi la donna
potesse diventare tutrice ad esempio nei casi in cui fosse vedova. La lex Voconia stabilì che una
donna non poteva essere erede mediante testamento da parte di chi fosse stato censito per visto
che la donna non poteva votare. ne scaturiva, quindi, una limitazione alla capacità donne di
succedere ereditariamente tuttavia dagli inizi dell'epoca del Principato vi fu la possibilità di eludere
praticamente la norma. La donna non poteva diventare formalmente erede ma poteva acquistare
ugualmente il patrimonio in qualità di fedecommissaria; quindi il testatore doveva istituire erede
un'altro e disporre a favore la donna un fideicommissum hereditatis. Un senatus consultum
Vellaenum Ehi vieto alle donne di assumere formalmente in veste di garante responsabilità per
debiti altrui, sia di assumere comunque obbligazioni al fine sostanziale di favorire qualcun altro
punto le disposizioni di ciò, sebbene motivate dall'intento di proteggere le donne, finivano col
limitare notevolmente la loro capacità patrimoniale nel mondo degli affari.
La condizione dei coloni
forti limitazioni vennero introdotte per i coloni. fu imposta l'eredità dei mestieri da padre a figlio.
Per coloni poi si faceva riferimento a coloro che lavoravano la terra e non potevano essere
svincolati da ciò nemmeno dal volere del proprietario del fondo. I coloni vincolati al fondo rustico
erano ormai considerati parti di esso. Teoricamente i coloni erano persone libere ma di fatto la
loro situazione era molto simile a quella degli schiavi.
Impuberi
Per riconoscere ad un individuo la capacità d’agire si deve avere una certa maturità fisica e
psichica, deve quindi raggiungere una certa età. Per un antico principio (presente nelle XII tavole)
avevano bisogno di tutela le persone che non avevano ancora raggiunto la capacità di procreare
(la pubertà). L’età pubere fu poi considerata età della ragione.
In base alle XII tavole diventava tutor, l’adignatus proximus cioè la persona sui iuris di sesso
maschile legato da parentela in linea maschile. Con il raggiungimento della pubertà ci si liberava
dalla tutela e da quel momento potevano compiere atti giuridicamente validi. I sabiniani
stabilirono che il raggiungimento della pubertà doveva essere verificato di volta in volta, i
proculiani stabilirono che l’età della pubertà fosse 14 per gli uomini e 12 per le donne. All’interno
degli impuberi vi erano gli “infantes” cioè coloro che non avevano ancora capacità intellettiva per
organizzare un discorso impegnativo (fino ai 7 anni di età) e a loro fu negata ogni capacità di
compiere atti giuridici. Dai 7 anni in poi l’individuo è “pupillus”

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