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STORIA MODERNA

1 CAPITOLO

La crescita o la diminuzione della popolazione è una delle variabili fondamentali dello sviluppo
della società europea nell’età moderna.
Del 500’ si hanno informazioni frammentarie a causa della frammentazione dei poteri pubblici e
l’assenza di apparati burocratici per la stima della popolazione.
Dal 1450 al 1600 la popolazione europea riprese ad aumentare a causa di massicce immigrazioni
dalle campagne verso i centri urbani, nonostante ciò l’Europa rimaneva largamente rurale (solo
nell’Italia centro-settentrionale e nei Paesi Bassi gli agglomerati urbani erano molto alti).
Questa crescita demografica può essere stata dovuta a un attenuarsi dell’epidemie e a un
abbassamento dell’età del primo matrimonio dovuto a una ripresa economica, in questo modo il
tasso della natalità superò quello delle mortalità (questi tassi erano molto vicini tra loro quindi una
minima variazione aveva delle conseguenze a livello globale).
Una popolazione in crescita comporta un incremento della domanda di generi alimentari e di altri
bene di prima necessità, questo aveva una forte influenza sulle strutture di produzioni.
Se la domanda aumentava i prezzi dei prodotti tendevano ad aumentare, soprattutto se la
condizioni sociali e tecnologiche non permettono una crescita della produzione sufficiente a
fronteggiare le molte richieste. La domanda di beni non di prima necessità dipendeva, di
conseguenza, dai prezzi dei beni di prima necessità.
Alla domanda di maggiori beni di prima necessità avrebbero dovuto rispondere le strutture
produttive di base.
LE STRUTTURE DI BASE  La struttura agraria più diffusa in tutta l’Europa era la signoria.
La signoria era un insieme organico formato da terre appartenenti direttamente al proprietario
terriero, il signore, e da altre terre a disposizione dei contadini, i quali per utilizzarli dovevano
pagare un canone annuo al signore. Tale pagamento poteva avvenire in natura, cioè lavorando
gratis oppure cedendogli una parte del raccolto ottenuto da questi appezzamenti o ancora in
denaro, un tot di denaro all’anno. Questi appezzamenti diventavano quasi proprietà dei contadini
che potevano venderle, comprarle o trasmetterle in eredità ai proprio figli.
Accanto a questi tipi di appezzamenti esistevano anche i terreni “liberi” per i quali nessuna forma
di pagamento era dovuta.
Le migliorie alla produzione agricola dipendevano da zona a zona ma il più delle volte il tassa
mento dai parte dei proprietari terrieri non permettevano interventi di miglioria, per questi i
contadini, per aumentare la produttività, estendevano i campi a danno di pascoli o boschi e
intensificando lo sfruttamento dei terreni, a scapito della loro produttività.
Inoltre i proprietari terrieri tendevano a cedere i loro appezzamenti a blocchi a dei fittavoli, cioè
affittuari di terreni agricoli e quindi: se il contratto di affitto era di breve durata, l’affittuario
tendeva a sfruttare al massimo terra, bestiame e lavoratori in modo da trarre il maggior guadagno
possibile; se, al contrario, il contratto di affitto era di lunga durata, l’inflazione tendeva a erodere
le rendite percepite dai proprietari terrieri, che cercavano di scaricare su altri questo loro relativo
impoverimento.
In tutto ciò s’inseriva il mercato, cioè se i raccolti erano abbondanti i prezzi scendevano
vertiginosamente, invece se i raccolti erano scarsi i prezzi salivano.
Per questo tipo di famiglie il primo obiettivo era l’autosufficienza, visto l’oscillare del mercato.
Il tutto comportava una radicalizzazione delle differenze interne al mondo rurale, anche perché i
proprietari terrieri che avevano un guadagno sufficiente non erano sollecitati a fare delle migliorie
per la produzione agricola.
La produttività era abbastanza modesta: si continuava a recuperare la fertilità della terra
lasciandola riposare per uno o due anni dopo ciascun raccolto, inoltre la riduzione di bestiame
faceva ridurre il concime disponibile.
LE STRUTTURE SECONDARIE  Nelle città avveniva la produzione manifatturiera, centrate
sulle botteghe e associazioni di mestiere.
Le corporazioni, o associazioni di mestiere, erano nati per riunire tutti gli artigiani che svolgevano
una stessa attività e regolamentare il loro lavoro evitando la concentrazione della ricchezza nelle
mani di pochi. Gli statuti delle corporazioni stabilivano le regole per l’accesso al mestiere,
fissavano il numero di lavoratori massimi per ogni bottega, quanto questi dovessero essere pagati
e se fosse consentito assumere donne.
All’inizio del ‘500 l’attività più diffusa era quella tessile e più precisamente la lavorazione della lana.
Il primato industriale era detenuto da Bergamo, Firenze e Milano ma che furono superate dalle
industrie dell’Inghilterra e dei Paesi Bassi, che avviarono la produzione di panni di lana di nuovo
tipo, più leggere e meno costosi.
Dopo la metà del secolo però le industrie italiane si risollevarono riconvertendosi alla lavorazione,
più pregiata, della seta impiegando manodopera femminile più conveniente e più flessibile.
Nel XVI secolo sorsero nuove industrie, come l’industria della carta, incoraggiata dalla diffusione
della stampa a caratteri mobili.
La domanda di questi prodotti era molto “elastica” cioè si contraeva a ogni rialzo dei prodotti
agricoli, di conseguenza venivano fortemente colpiti gli artigiani più deboli che non riuscendo a
vendere i loro prodotti, si caricavano di debiti e quindi il carattere iniziale delle corporazioni si
perse.
Non erano sotto la giurisdizione delle associazioni: i sobborghi delle città e le campagne; oppure le
donne e altre fasce particolari (furono iniziate ad impiegare queste fasce di popolazione per una
manodopera a basso costo e fu introdotto il PUTTING-OUT SYSTEM cioè i commercianti fornivano
tutti gli attrezzi necessari per la lavorazione alle donne, le donne lavoravano a casa e
consegnavano il prodotto finito e il commerciante si occupava di venderlo).
LA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI (STRUTTURE TERZIARIE)  La circolazione delle merci
era affidata in maggior misura a mercanti itineranti.
Il cuore commerciale di ogni città era il mercato settimanale o giornaliero, esso in genere era
situato al centro dello spazio urbano e conferiva il suo carattere specifico. Le attività commerciali si
svolgevano anche nelle botteghe degli artigiani e nei magazzini dei mercanti.
Il commercio ambulante da un lato entrava in concorrenza con queste strutture, dall’altro si
integrava con esse utilizzando come punto di appoggio (il più delle volte erano dei parenti).
All’interno di queste comunità mercantili si misero a punto nuovi strumenti societari e finanziari,
come la società in accomandita e la lettera di cambio che consentiva di effettuare un pagamento in
una città e riscuotere in un’altra.
Nella seconda metà del secolo nacquero le compagnie mercantili “privilegiate”, cioè che godevano
di “privilegi” conferiti da un’autorità cittadina o statale, di solito consistevano nel diritto di
esercitare in esclusiva il commercio di un determinato prodotto o in una determinata area.
Queste compagnie inizialmente erano delle associazioni temporanee cioè costituite per
un’impresa e destinate a sciogliersi al momento della sua conclusione con il tempo, però, queste
compagnie tendevano a migliorarsi fino a diventare permanenti.
I prodotti più costosi erano gli unici a muoversi sulle lunghe distanze tipo: il vino, l’olio, le fibre
tessili e il legname da costruzione.
IL DENARO E LA FINANZA  La circolazione del denaro era già presente, anche se era un
fenomeno molto ridotto, ad esempio: i ricchi mercanti trafficavano in denaro oppure gli apparati
burocratici richiedevano denaro per poter far fronte alle spese inerenti alle guerre. La finanza del
‘500 cresceva grazie al rapporto con i sovrani, poiché essi necessitavano di molto denaro e ciò
comportava il prestito da grandi compagnie di mercanti- banchieri, che venivano ripagati cedendo
loro il diritto esclusivo a sfruttare miniere, a incamerare le tasse su un determinato prodotto
oppure a esigere le imposte dirette di una determinata ragione (queste grandi compagnie
operavano anche con i privati, agendo da intermediari per i piccoli e i medi investimenti nel
settore creditizio).
Dopo il 1550, per raccogliere denaro, gli Stati e le principali famiglie nobili cominciarono a
emettere titoli di debito consolidato a tasso fisso che venivano gestiti e messi in circolazione
appunto da queste compagnie bancarie, le quali consentivano di effettuare anche speculazioni
finanziarie più rischiose e più redditizie sui cambi tra le monete.
Tuttavia il mercato del credito era sottoposto alle stesse brusche fluttuazioni che caratterizzavano
altri mercati ( i sovrani a turno infatti dichiaravano bancarotta).
LA POVERTà ALL’INTERNO DELLA SOCIETà  All’interno della società del ‘500,
caratterizzata da cali e riprese in tutti i settori, si distinguevano due tipi di povertà: “poveri
congiunturali” cioè le loro condizioni disagiate dipendevano da una congiuntura sfavorevole,
“poveri strutturali” cioè coloro che erano in ogni caso inabili a procurarsi il necessario per vivere e
dovevano ricorrere alla carità del prossimo.
Quest’ultimi chiedevano l’elemosina ponendo le loro speranze nella carità dei buoni cristiani.
Inizialmente l’elemosina era socialmente accettata, ma successivamente si cominciò ad essere più
ostili poiché la strade si riempivano sempre più di mendicanti fino a diventare un fenomeno
allarmante. Questo portò alcune autorità cittadine a risolvere la questione in modo radicale cioè
emanando il divieto di mendicare oppure la centralizzazione delle elemosine o ancora l’espulsione
degli immigrati e nuove forme di lavoro coatto, fino a raggiungere la costruzione di luoghi di
reclusione dove internare i mendicanti per toglierli dalle strade e costringerli a lavorare. Questi,
quindi, si trasformavano di manodopera a basso costo.
L’EUROPA DEL 1600  Una gravissima carestia colpì l’Europa nel 1590. Questo innescò una
serie di reazioni a catena, la crescita demografica si rallentò in alcune regione e in altre si fermò
totalmente. Nei decenni precedenti si ebbe una processo di espansione produttiva (crescita della
domanda dei beni, miglioramenti all’aziende e ai metodi etc.) ma era molto fragile e bastarono,
infatti, pochi anni di sovrapproduzione e la conseguente caduta dei prezzi a metterlo in crisi.
Questa crisi non escluse nessun settore anche il commercio internazionale.
Molti storici hanno definito questo insieme di fattori negativi la “CRISI MALTHUSIANA”, derivante
dal fatto che la popolazione aveva raggiunto il massimo livello che le risorse disponibili potevano
consentire.
Il maggior sfruttamento delle terre fece peggiorare la loro produttività, di conseguenza il pane e i
beni di prima necessità divennero rari, questo comportò un peggioramento delle condizioni di vita.
Le varie difficoltà economiche comportavano il rinvio del matrimonio e quindi iniziavano a fare figli
molto più tardi, questo fece calare vertiginosamente il tasso di natalità (l’aggravante era che le
epidemie tendevano a colpire i giovani in età riproduttiva, gli anziani e i bambini).
Oltre al volto negativo ci fu un volto positivo cioè nelle campagne le aziende da frammentarie
passarono a unitarie e quindi più funzionali, la manodopera acquistò maggior potere contrattuale
(visto la rarità), e i salari recuperarono potere d’acquisto.

2 CAPITOLO SCOPERTA DELL’AMERICA

All’inizio del 1400 si avviarono una serie di viaggi ed esplorazioni mirate ad aprire una via
marittima verso l’Oriente.
Il progetto fu sostenuto ampiamente dal Portogallo e soprattutto da Enrico il Navigatore, che
istituì anche una scuola che mirava a preparare astronomi, geografi e navigatori. A partire dal 1415
i portoghesi conquistarono: Ceuta in Marocco, Madera e le isole Azzorre, spingendosi sempre più a
sud fino a conquistare Capo Verde e il Golfo di Guinea.
Nel 1487 Bartolomeo Diaz raggiunse la punta meridionale dell’Africa, chiamata da lui Capo di
Buona Speranza e nel 1497-98 Vasco da Gama portò a termine la circumnavigazione del
continente africano e raggiunse Calicut nell’India meridionale.
Questi successi portoghesi furono dovuti da alcuni innovazioni tecniche tipo: il timone a ruota, la
caravella (piccolo veliero a tre alberi che poteva viaggiare con poco equipaggio dando spazio così a
merci e provviste).
Questi viaggi erano finanziati dalla corona e da investimenti privati, soprattutto dai mercanti
italiani, che con l’avanzata dei turchi furono costretti ad abbandonare gli scali del Mediterraneo
orientale concentrandosi su quella iberica e soprattutto Portogallo e Andalusia.
Tra il 1442 e il 1462 il Portogallo divenne il principale fornitore d’oro in Europa (avevano fondato
un emporio fortificato sulle coste della Guinea, Sao Jorge de Mina) e dall’Africa arrivavano anche
altri merci tipo pepe e avorio e anche schiavi.
Il Portogallo riesportava queste merci verso altri paesi dell’Europa favorendo così l’arricchimento
della corona e dei mercanti.
Questi successi marittimi del Portogallo, risvegliarono l’attenzione della Spagna (nel 1479 era
avvenuta l’unione della corona della Castiglia e di Aragona grazie al matrimonio di due eredi al
trono Isabella e Ferdinando).
La popolazione in forte crescita e l’espansione dei commerci determinarono un generale aumento
della ricchezza del paese, questo incoraggiò la Spagna a lanciarsi nelle conquiste oltremare.
La prima conquista furono le isole Canarie, completata solo nel 1497 a causa della resistenza della
popolazione.
Nel 1492 i sovrani accolsero con favore la proposta di Colombo (aveva avanzato prima questa
proposta al re del Portogallo che si era mostrato, però, più interessato al proseguimento delle
spedizioni sulla costa africana), una proposta di spedizione navale basata sull’idea che la Terra
avesse una circonferenza del 30% (libro di Tolomeo) e che quindi per arrivare alle Indie fosse più
semplice e agevole la rotta verso occidente (Paolo Toscanelli).
LA PRIMA SPEDIZIONE  La spedizione di Colombo si componeva di tre caravelle- la Nina, la Pinta
e la Santa Maria - e partì da Palos il 3 Agosto 1492.
Il 12 Ottobre Colombo giunse in un’isola dell’attuale arcipelago delle Bahamas, che battezzò con il
nome di San Salvador. Lasciò San Salvador dopo soli due giorni per proseguire la sua spedizione
giungendo a isole più grandi battezzati da lui con il nome di Cuba e Espanola, attuale Santo
Domingo.
Tornò in Spagna nel 1493 con un ricco assortimento di monili d’oro donatogli dagli indigeni,
questo incoraggiò la Regina ad organizzare una seconda spedizione pochi mesi dopo.
Nel frattempo, però, Isabella si rivolse al papa Alessandro VI chiedendogli di stabilire chi fossero i
legittimi possessori delle nuove terre appena scoperte, e fu stipulato il Trattato di Tordesillas nel
1494 con il Portogallo.
TRATTATO DI TORDESILLES  L’Oceano Atlantico venne diviso da una linea longitudinale che
passava a 370 leghe dalle isole di Capo Verde: tutte le terre a est della linea sarebbero stati di
dominio del Portogallo; invece tutte le terre a ovest di dominio spagnolo.
LA SECONDA SPEDIZIONE  La seconda spedizione di Colombo non ebbe i risultati sperati anche
se furono scoperte ed esplorate altre isole ma non si trovarono né oro, né spezie e né cose
preziose.
LA TERZA SPEDIZIONE  La terza spedizione di Colombo avvenne nel 1498 e in questo caso
approdò sulla terraferma, cioè nell’attuale Venezuela. Qui trovò grossi quantitativi di oro e di
perle. Tuttavia la sua cattiva amministrazione dei territori coloniali provocarono dei gravi disordini
e quindi lui fu arrestato e ricondotto in Spagna.
LA QUARTA SPEDIZIONE  La quarta spedizione di Colombo avvenne nel 1502 ma che ebbe poca
fortuna.
Tra i gli uomini che accompagnarono Colombo durante la spedizione vi erano gli hidalgos, un certo
numero di cavalieri non insigniti ufficialmente di titolo nobiliare, qualche borghese e molti artigiani
e contadini in cerca di fortuna, e qualche donna.
Colombo morì, così, nel 1506 dimenticato da tutti e in povertà a causa di quest’ultima spedizione,
ma i viaggi continuarono anche dopo la sua morte.
Nel corso dei viaggi effettuati tra il 1501 e il 1507 Amerigo Vespucci scoprì che le terre nuove non
erano propaggini dell’Asia ma un nuovo continente.
PRIMA FASE DELLA CONQUISTA  A partire dal 1508 questi viaggi si trasformarono in vere e
proprie imprese di conquista. I primi territori occupati furono: Portorico, Giamaica e Cuba (qui si
trovò molto oro e questo permise alla Castiglia di sostituirsi al Portogallo che era il principale
fornitore di metalli preziosi).
Gli spagnoli seguirono il modello portoghese: le spedizioni erano organizzate allo stesso modo e gli
insediamenti avevano carattere di scali commerciali come quelli portoghesi.
A Siviglia la regina Isabella fondò nel 1503 la Casa de Contratacion.
SECONDA FASE DELLA CONQUISTA La seconda fase dell’occupazione spagnola in America iniziò
nel 1519, quando Hernan Cortés esplorando le coste della penisola dello Yucatan trovò una civiltà
molto più ricca di quelle incontrate in precedenza e si lanciò nella conquista di questi territori, che
fu terminata solo due anni dopo.

ATZECHI  Cortes venne a contatto con gli Atzechi che risiedevano nel territorio del Messico
centrale. Questi inizialmente era una popolazione nomade, che successivamente si stabilì
sull’altopiano messicano nel XIV, fondandovi la propria capitale Tenochtitlan. Erano dotati di un
organizzazione militare e grazie a ciò nel ‘400 avevano esteso il loro controllo territoriale,
imponendo alle varie città-Stato della regione di pagare alla città capitale dei tributi, che
consistevano in tessuti, oro, piumaggi preziosi e gioielli.
Tenochtitlan era un enorme centro urbano dotato di acquedotti e fontane ed era divisa in quattro
quartieri ciascuno dei quali composto da un’ottantina di calpulli ( una via di mezzo tra il clan
familiare e un’associazione di mestiere). Loro detenevano la proprietà collettiva della terra e
presiedevano all’organizzazione della vita dei membri. Ai vertici della gerarchia sociale vi era una
ricca e potente nobiltà da cui provenivano i capi militari, i funzionari pubblici e l’alto clero. La
carica di imperatore era ereditaria e infatti la mobilità sociale era molto ridotta. Alla base della
gerarchia sociale vi erano schiavi, prigionieri di guerra o condannati per gravi delitti o debiti.
Utilizzavano il bronzo, avevano un calendario formato da 13 mesi ognuno dei quali costituito da 20
giorni, fausti o infausti. La vita sociale e quella individuale erano regolati in base ai principi di
ordine cosmico.
Cortes fu inizialmente accolto pacificamente, infatti fu molto semplice per lui insiediarsi al potere.
Ma i suoi metodi brutali spinsero la popolazione a ribellarsi e cacciare Cortes, che riuscirà a
riconquistarla solo nel 1521.

MAYA  Un’altra popolazione dell’America centrale era quella Maya i cui primi insediamenti
risalivano al II millennio a.C. Il loro territorio era pieno di luoghi di culto, ognuno dotato di
completa autonomia, dove il clero vivevano in permanenza e i contadini dei dintorni si recava per i
culti religiosi e per portare i loro prodotti al mercato. Accanto al clero esisteva una potente nobiltà
che aveva il monopolio della terra e imponeva pesanti tributi ai contadini. Essi avevano un
complesso sistema di scrittura e possedevano un’importante conoscenza dell’astronomia. Si
opposero al dominio spagnolo in modo molto verace. Francisco de Montejo impiegò circa
vent’anni per portare a termine la conquista.

INCAS  Un’altra popolazione con cui gli spagnoli vennero a contatto fu quello degli Incas. Questo
impero era fondato sulla continuità territoriale e sul controllo politico attuato mediante
l’inserimento dei governati locali all’interno di un sistema di potere centralizzato. Al vertice della
struttura vi era il sovrano, l’Inca, che esercitava il potere assoluto e la società era fortemente
gerarchizzata. Ogni villaggio possedeva collettivamente la terra e i contadini erano tenuti a
coltivare i campi dei signori del clero, oltre ai propri. Essi dovevano fornire, inoltre, lavoro gratuito
per la costruzione di strade e canali di irrigazione. Erano abili ingegneri e attribuivano grande
importanza alla divinazione. Non conoscevano la scrittura ma, grazie a un sistema di cordicelle
colorate, erano in grado di tenere i conti, elaborare statistiche e comunicare informazioni. Questa
società così gerarchizzata favorì, paradossalmente, l’inserimento dei spagnoli.

Nel 1500 Pedro Alvarez Cabral, navigatore portoghese, in una spedizione scoprì il Brasile che
diventò la più grande colonia del Portogallo (ma non ebbe grandi attenzioni poiché non fu trovato
né oro e né cose di valore).
Nel 1498 Vasco de Gama arrivò a Calicut, formando un vasto impero marittimo denominato
Estado de India che mirava di rompere il monopolio arabo e indiano del commercio delle spezie e
assicurare così il monopolio di tutte le merci che arrivavano in Europa al Portogallo.
Questo impero era formato da piccoli insediamenti, sia sulla terraferma e sia sull’isole, situati in
posizione strategica per il controllo delle vie marittime, alcuni di essi fungevano da fortificazione
altri come scali commerciali, il tutto grazie ad accordi con i sovrani locali e grazie alla strategia
attuata dall’ammiraglio Alfonso de Albuquerque (sfruttare le varie rivalità interne).
La penetrazione portoghese in Oriente, però, fu tutt’altro che pacifica e molte volte ricorse all’uso
della forza.
Gli egiziani, i vari sultani dell’India e dell’Indonesia e i turchi tentarono a più riprese (1509, 1511,
1538) di coalizzarsi contro i portoghesi ma furono sempre sconfitti dalla superiorità delle navi
armate di cannoni, da queste vittorie i portoghesi riuscirono a imporre ai convogli marittimi
orientali il pagamento di una serie di pedaggi utilizzando, delle volte, anche la pirateria (non
ottennero mai il controllo del Mar Rosso).
La spedizione grandiosa fu di Ferdinando Magellano, convinto di una passaggio che avrebbe
permesso di raggiungere le Indie, convinse Carlo V a finanziare l’impresa. Nel 1520 riuscì a
superare la punta meridionale dell’America, attraversando lo stretto che da lui prese il nome, si
affacciò in un grande oceano sconosciuto agli occidentali a cui fu attribuito il nome di Pacifico (in
tutti e tre mesi della sua navigazione restò calmo per questo motivo gli fu attribuito questo nome).
Raggiunse le Marianne e poi le Filippine dove fu ucciso dagli indigeni, ma la spedizione nonostante
ciò, continuò e solo una nave rientrò in patria su cinque.
Nel 1557 i portoghesi riuscirono ad ottenere dalla Cina il permesso di installarsi a Macao e di
trasformarsi in agenti commerciali esteri dell’Impero cinese, sia verso l’India e l’Occidente e verso
il Giappone (da questo derivano le maggior entrate).
La corona portoghese aveva lasciato il commercio africano al monopolio di compagnie
commerciali private, accontentandosi solo di un 5%, invece per quanto riguarda il commercio
indiano decise di dichiarare il monopolio reale che andava obbligatoriamente convogliato alla Casa
da India di Lisbona (fondata da Vasco de Gama) da qui le merci passavano ad Anversa dove fu
fondata la Casa da India nel 1508 (nel 1520 gli introiti derivanti dal commercio delle spezie
costituiva il 40% di tutte le entrate della corona).
L’assoggettamento e le conquiste furono possibili:
1) Per il superiore equipaggiamento militare degli spagnoli.
2) Il favore con cui furono accolti dalle popolazioni sottomesse.
3) Il mancato diffondersi delle notizie tra le popolazioni assoggettate.
4) Le malattie cioè i popoli assoggettati non avevano alcuna difesa immunitaria contro i nuovi
agenti patogeni portati dagli europei.
5) La privazione della loro cultura connessa con la mancanza e l’insufficienza della scrittura.
Si considera che nel 1605 nell’America centrale si contano un poco più di un milione di abitanti
confronto a 25 milioni nel 1519.
L’organizzazione dei nuovi territori e la loro colonizzazione da parte degli spagnoli si basò
sull’esportazione del modello urbano castigliano. Nel 1523 Carlo V stabilì ufficialmente le regole
relative alla dislocazione territoriale delle città e alla distribuzione e organizzazione dello spazio.
Contemporaneamente gli spagnoli introdussero la struttura territoriale della parrocchia, in modo
che l’affermazione delle autorità civile andasse di pari passo con quella dell’autorità religiosa.
Nel 1502 Isabella ordinò di assegnare a ogni comunità indigena uno spagnolo di provata moralità
che amministrasse la giustizia e proteggesse gli abitanti da qualsiasi abuso.
Nacque l’encomienda, per esportazione di un modello europeo, esse consisteva in una serie di
villaggi e città sottoposti al dominio reale e che la corona di Castiglia affidava a una persona
meritevole che veniva chiamato l’encomendero. L’encomendero aveva il compito di riscuotere
dagli abitanti le tasse e le prestazioni convenute cioè lavorare per lui, in cambio egli si impegnava a
proteggerli e a garantire loro l’istruzione religiosa.
La corona introdusse il corregimiento , una forma di giurisdizione pubblica affidata a funzionari
regi, con questo Carlo V mirava al recupero della corona di terre e giurisdizione.
Venne creata il Consejo de Indias a Madrid per la gestione complessiva degli affari americani e che
aveva il compito di preparare le ordinanze relativa ai nuovi territori e di istruire le pratiche
provenienti da essi.
I nuovi territori furono suddivisi in due viceregni: la Nuova Spagna e la Nuova Castiglia, ciascuna
dotata di propri organi di governo e governata da un proprio viceré.
Questa nuova politica attuata non fu sempre delle migliori, molti spagnoli consideravano gli
abitanti dei nuovi territori come dei trofei da esibire e molti altri, invece, non provarono alcuna
simpatia e infierirono su loro con assoluta crudeltà. Una tra le ragioni principali della crudeltà
furono dovuti alla convinzione da parte degli spagnoli di convertire i pagani alla fede cristiana.
Ai funzionari del regno si affiancarono così molti missionari, spicca il nome di Bartolome de Las
Casas, che da encomendero si trasformò in estremo difensore degli indigeni denunciando tutte le
forme di crudeltà che erano costretti a subire. Queste furono portate alla luce solo da Filippo II che
nel 1573 emanò un ordinanza in cui sottoscriveva di trattare gli indigeni con umanità e di usare la
persuasione al posto della forza.
Le conseguenze di queste conquiste furono evidenti a tutti. Furono trovati molti giacimenti d’oro e
d’argento in Perù e in Messico e molti indigeni furono messi a lavorare in queste minieri, ma i loro
fisici gracili non reggeva tanta fatica quindi tendevano a morire proprio per questo motivo furono
affiancata dai schiavi neri. Questo permise alla corona di Spagna di arricchirsi molto, ma tutto ciò a
danno delle manifatture spagnole. L’abbondanza di oro influenzava il valore dei metalli preziosi,
che perdevano potere d’acquisto rispetto ad altri prodotti e in particolare a quelli agricoli ( si
svalutò anche il valore delle monete). Per effetto dell’inflazione i prezzi dei prodotti spagnoli si
lievitarono e di conseguenza si diffusero i prodotti più economici proveniente dalle regioni
europee. L’inflazione si diffuse seguendo principalmente le vie del commercio della penisola
iberico diffondendosi in tutta Europa e favorendo di conseguenza l’esportazione di merci più
convenienti provenienti dalle aree più periferiche dell’Europa, es la Polonia.
Verso il XVI le comunità mercantili dell’Europa occidentale acquisirono nuovi mercati per i loro
prodotti, locali o coloniali. Oltre alle spezie, infatti, in Europa arrivarono mais, cacao, tabacco,
patata, pomodoro cambiando così i consumi europei e l’intera economia.

3 CAPITOLO LA RIFORMA
All’inizio del ‘500 si avvertiva l’esigenza di una profonda riforma della Chiesa, che comportasse in
realtà un ritorno alla semplicità e alla purezza delle origini. Chi richiedeva questo ritorno alla
semplicità delle strutture ecclesiastiche ne individuava le cause e le conseguenze, cioè:
assenteismo dell’alto clero, sfarzo smodato della Curia romana, eccessivo coinvolgimento del
papato negli affari politici e mondani. Infatti la nomina a capo di un vescovato o di un’abbazia era
prima di tutto un affare politico e coloro che ricoprivano quel ruolo non aveva alcun interesse a
esercitare quelle cariche, a dimostrazione di ciò loro preferivano risiedere a Roma o nella loro
corte invece delle località sperdute a loro assegnate e per questi motivi veniva nominato un vicario
in modo da sostituirli fisicamente (il più delle volte i vicari erano analfabeti, concubinari e rozzi).
Inoltre tutti i proventi delle terre di proprietà dell’istituzione religiosa lasciavano il paese dirette a
Roma dove il prelato risiedeva, e dove attraverso questo commercio riusciva a mantenere tutto lo
sfarzo principesco delle dimore cardinalizie, il tutto a scapito del commercio locale del paese da cui
partivano le merci. Questo commercio però non bastava e infatti a ciò si aggiungeva un’altro
mezzo per racimolare risorse ovvero la concessione di indulgenze in cambio di elemosina.
Nel 1517 il papa Leone X introdusse l’indulgenza plenaria , essa prevedeva che venisse stabilita
una quantità di denaro per coloro che si fossero pentiti dei loro peccati e avessero deciso di
richiedere la carità; la giustizia umana si spingeva fino a monetizzare le varie offese e a stabilire la
somma che doveva essere pagata per cancellarle. Questa raccolta “delle offerte” era affidata
all’opera di appositi predicatori che attraverso dei slogan facili da memorizzare, riuscivano a
convincere e a diffondere la propria opera.
MARTIN LUTERO Lutero nacque nella Germania centrale, da una famiglia abbastanza agiata.
Studiava diritto all’università quando, a 22 anni, fu colpito da un fulmine, questo evento scatenò in
lui una profonda crisi esistenziale, che lo indusse a entrare nel convento degli agostiniani della
città, dove iniziò un lungo periodo di penitenza e di studio. La sua formazione fu profondamente
influenzata dalla teologia di Sant’Agostino e si fondava sulla convinzione che la salvezza non si
poteva raggiungere se non attraverso la grazia gratuitamente concessa da Dio.
Le basi della teoria della salvezza, per Lutero, erano: “ Solo attraverso la fede, solo attraverso la
grazia, solo attraverso la scrittura”.
Convinto delle proprie teorie Lutero cominciò a diffonderle e nell’ottobre del 1517, rese pubbliche
le 95 tesi sulla dottrina delle indulgenze (si dice affiggendoli sulla porta della cattedrale di
Wittenberg). In esse egli non si limitava a denunciare solo gli abusi ma affrontava anche, per
demolirlo, lo stesso fondamento dottrinario dell’indulgenza, sostenendo che solo Dio, e non il
papa, aveva il potere di rimettere le pene da Lui inflitte.
Queste 95 tesi ebbero un successo incredibile e furono stampate migliaia di copie. All’interno di
esse vi era un chiaro attacco alla Chiesa di Roma e la reazione di quest’ultima non tardò ad
arrivare: l’immediata denuncia dei contenuti da parte del vescovo e un processo contro Lutero per
eresia. Si concluse nel 1520 con una sentenza di scomunica.
Lutero rispose con un’opera “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca” in cui si rivolgeva alla
nobiltà invocando una riforma della Chiesa e contestando l’esistenza stessa del clero.
Scrisse anche una seconda opera “Della cattività babilonese della Chiesa” in cui negava la validità
dei sacramenti introdotti dalla tradizione, riconoscendo solo quella del battesimo e dell’eucarestia;
e una terza opera “ La libertà del cristiano” in cui sosteneva il principio della libertà interiore
dell’uomo, padrone della sua anima e libero dalla costrizione di pratiche esteriori. Tutti questi
scritte ebbero un successo incredibile.
La questione di Lutero si trasferì da un solo piano religioso anche al piano politico e dopo
l’elezione di Carlo d’Asburgo a imperatore nel 1521 fu convocata a Worms la << Dieta della
nazione tedesca>> cioè l’assemblea degli “stati” dell’Impero, composta da setti principi elettori,
dai principi territoriali e dalle città. All’interno di questa Dieta si affrontò anche la questione di
Lutero, poiché spettava all’autorità imperiale rendere esecutivo il provvedimento di scomunica.
Federico il Savio di Sassonia riuscì ad ottenere che gli fosse concesso un salvacondotto affinché
potesse comparire di fronte all’imperatore e all’assemblea e fare atto di sottomissione. Lutero si
presentò di fronte alla Dieta, ma a tutte le contestazioni risposte con un netto rifiuto e quindi fu
bandito dalle terre cristiane. Federico il Savio gli offrì un posto sicuro in cui rifugiarsi, facendolo
nascondere nel suo castello, qui egli continuò a scrivere e a studiare, dedicando maggior parte del
suo tempo alla traduzione della Bibbia in tedesco.
La situazione andò piano piano radicalizzandosi trasferendosi sul piano politico, il quale Lutero non
aveva mai attaccato e dando così avvio a una serie di rivolte.
1 RIVOLTA La prima fu quella dei Cavalieri, che tra il 1521 e il 1525, scatenarono un attacco
contro i grandi feudatari, dai quali furono duramente sconfitti.
2 RIVOLTA  La seconda fu la guerra dei Contadini. A partire dal ‘500 le comunità rurali della
Germania avevano conosciuto un notevole sviluppo, il rapporto con i signori feudatari era regolato
da un “patto” che non poteva essere violato da nessuna delle due parti. Sulla spinta, però,
dell’espansione del mercato e dell’aumento dei prezzi sui prodotti agricoli molti signori stavano
adottando una politica che mirava ad alterare quegli accordi, cioè: aumento delle tasse, la confisca
dei terreni ai vassalli e la limitazione della libertà personale.
Le prime rivolte scoppiarono in Germania sud-occidentale nel 1524 e in pochi mesi si estesero a
quasi tutte le regioni centro-meridionali. I contadini cercarono di organizzarsi, dandosi un
programma e delle parole d’ordine, che confluirono in un documento, I dodici articoli dei contadini
tedeschi. Questo documento si aprivano con due rivendicazioni: la prima che sottolineava il diritto
delle comunità a scegliere il proprio parroco che predicasse secondo il vangelo; la seconda che
prescriveva che le tasse dovute alla Chiesa dovessero servire al sostentamento del parroco e
nient’altro.
Ad infiammare ulteriormente queste rivolte vi fu la predicazione di un ex allievo di Lutero, Thomas
Muntzer che si staccò dal pensiero del maestro, mettendo in discussione l’ordine sociale e politico
della società. Muntzer sosteneva che solo il “popolo dei semplici” potesse avere accesso alla
parola divina e inoltre predicava l’avvento di una teocrazia. La reazione dei vertici fu violenta,
Muntzer fu catturato, torturato e ucciso e tutte le bande rivoluzionarie di contadini furono isolate
e sconfitte.
ULDRYCH ZWINGLI  Zwingli fu influenzato da Erasmo e la sua predicazione si basava su un
cristianesimo depurato dalla superstizione cioè dalla credenza del potere miracolistico di riti,
immagini e devozioni. Fu nominato parroco della Chiesa di Zurigo, dove iniziò un programma di
riforma della Chiesa locale che si basava sull’abolizione del culto dei santi, la condanna della
dottrina del Purgatorio e la contestazione della gerarchia ecclesiastica e del celibato dei preti.
Questo programma suscitò le reazioni del vescovo di Costanza, da cui Zurigo dipendeva così, nel
1523, il Consiglio della città convocò un’assemblea di fronte la quale Zwingli presentò i suoi 67
articoli di fede, fondandosi principalmente sulla lettura filologica delle Sacre Scritture (ES: La messa
era una semplice commemorazione dell’Ultima cena).
Poiché nessuno riuscì a contraddirlo in maniera convincente i suoi 67 articoli furono approvati
dall’assemblea, e adottati a fondamento della Chiesa di Zurigo. Queste riforme religiose furono
accompagnate da una serie di provvedimenti politico- sociali, quali la creazione di una “cassa”
municipale per l’assistenza ai poveri, un tribunale dei costumi e una scuola di studi biblici.
Zwingli si distingueva da Lutero su un’importante punto dottrinario, ovvero la messa. Per Lutero la
messa non era un sacrificio ma il corpo e il sangue di Cristo erano presenti nel pane e nel vino della
messa; invece per Zwingli la messa era la semplice commemorazione dell’Ultima cena.
Entrambi però condannavano la correnti degli anabattisti (il battesimo degli adulti) e si trovavano
d’accordo sul fatto che i veri cristiani erano solo coloro che seguivano alla lettera le parole del
Vangelo e quindi si rifiutavano di andare in guerra e uccidere.
Questa corrente suscitò le reazioni delle autorità civili che attivarono una forte repressione nei
loro confronti.

Fin dall’inizio la Riforma religiosa s’intrecciò con le questioni di carattere politico ed economico.
Federico il Savio, infatti, appoggiò Lutero chiedendo che fosse processato in Germania per
affermare la propria autonomia rispetto alle autorità romane; lo smantellamento della gerarchia
ecclesiastica e la confisca dei beni della Chiesa era a favore, di conseguenza, dei poteri laici.
La Riforma aveva dissolto la tradizionale gerarchia della Chiesa romana, fondata sull’autorità locale
dei vescovi ma facente capo a un potere sovranazionale come la Curia e il papa, e affidava alle
autorità laiche solo il compito di proteggere le Chiese locali.
I principi tedeschi, le autorità di Zurigo e tutti i poteri laici videro nella Riforma un’opportunità per
accrescere la portata dei loro poteri all’interno dei propri territori, ma tuttavia la divisione religiosa
comportava gravi problemi all’interno della società e del territori e nessuna autorità era disposta a
tollerarla.
All’interno dell’Impero furono perciò convocate una serie di Diete al fine di trovare un assetto
giuridico- religioso che tenesse conto delle trasformazioni avvenute ma allo stesso tempo che
salvaguardasse la pace e l’ordine.
1 DIETA  Dieta di Spina, convocata nel 1526 fu stipulato il principio di territorialità, in base al
quale ogni principe era lasciato libero di decidere se applicare o meno l’editto di Worms (Questo
editto dichiarava Lutero un fuorilegge e vietava la lettura o il possesso dei suoi scritti e permetteva
a chiunque di uccidere Lutero senza subire conseguenze legali) e bandire il luteranesimo dai suoi
domini.
2 DIETA  La seconda Dieta fu tenuta sempre a Spina, nel 1529. Qui si introdusse un principio di
tolleranza a favore delle minoranze, ma solo per quelle cattoliche all’interno dei territori luterani.
3 DIETA  Carlo V riuscì a raggiungere una tregua in Italia e nel 1530 chiese la convocazione di
un’ulteriore Dieta. Essa si svolse ad Augusta, qui erano presenti anche i luterani rappresentati da
Filippo Melantone. Quest’ultimo presentò all’assemblea un documento, la Confessio Augustana,
suddiviso in 28 articoli. I primi 21 sottolineavano tutti gli elementi di contatto tra cattolicesimo e
luteranesimo, e solo gli ultimi 7 ribadivano i punti più controversi quali la giustificazione per sola
fede, il matrimonio dei preti, la natura della messa. Bastò questo per rendere il documento
inaccettabile, e suscitare la reazione di Carlo V che ordinò di applicare l’editto di Worms, di
restituire i beni confiscati alla Chiesa e ripristinare l’autorità dei vescovi.
Di tutta risposta i protestanti si riunirono nella Lega di Smalcalda, opponendosi ai suoi ordini. Carlo
V non poteva permettersi di aprire un nuovo fronte di guerra per questo decise di chiedere una
tregua, ma questa non servì per mettere fine al conflitto.
I principi cattolici allora decisero di riunirsi anche loro in una lega, sotto la guida del duca di
Baviera. Carlo V preoccupato decise di chiedere la convocazione di un concilio generale al papa,
che rifiutò, quindi decise di avviare dei colloqui religiosi in cui cattolici e luterani si confrontassero
sulle varie posizioni. Nel 1541 a Ratisbona si cercò di creare un equilibrio tra i luterani e i cattolici,
ma anche questo tentativo fallì e la guerra tra i due riprese.
Carlo V riportò anche una vittoria militare, ma non riuscì a raggiungere l’obiettivo della
riunificazione religiosa, così nel 1555 si arrivò alla stipulazione di una pace, la pacificazione di
Augusta. Attraverso essa l’imperatore accettava lo stato di fatto della frattura religiosa e lo
regolava secondo due principi: i sudditi erano tenuti a seguire la confessione religiosa del loro
principe territoriale, e la Chiesa rimaneva proprietaria dei benefici ecclesiastici di coloro che
fossero passati al luteranesimo dopo il 1552, mentre perdeva quelli confiscati prima di quella data.

GIOVANNI CALVINO  Calvino aveva una formazione umanistica e una vastissima cultura. Della
sua conversione alla Riforma nel 1533 si sa ben poco, ciò che è certo e che nel 1534 a Parigi rischiò
di essere arrestato come eretico e dovette fuggire. Trovò rifugio, inizialmente, a Strasburgo
successivamente a Ferrara per fermarsi nel 1536 a Ginevra, dove era molto conosciuto (era
conosciuto poiché aveva scritto l’opera più importante e celebre della Riforma, l’Institutio
Christianae Religionis).
I rapporti con la città di Ginevra s’incrinarono, tanto che se ne dovette allontanare per poi
ritornare nel 1541. Calvino riuscì a trasformare, in pochi anni, Ginevra in una comunità governata
secondo i suoi principi e nel centro propulsore di una dottrina religiosa destinata ad avere una
larga diffusione.
La dottrina di Calvino prendeva le mosse dalla dottrina di Lutero, dal quale condivideva il principio
della giustificazione per sola fede, ma era più vicino a Zwingli nel considerare i sacramenti come
puro segno della fede interiore e nel ridurre la messa a un semplice rito di commemorazione
dell’Ultima cena.
Secondo Calvino la grazia era un dono gratuito di Dio e in base ai suoi imperscrutabili disegni, Egli
la donava ad alcuni e la negava ad altri. Questa era la dottrina della predestinazione: alcuni erano
da Dio destinati ad essere salvati, altri a essere dannati. L’individuo, quindi, non poteva far nulla
per meritare la salvezza, doveva comunque sforzarsi di fare del bene ma tutto ciò rendeva
superflua la lettura della parola di Dio, la predicazione e l’esistenza di una Chiesa.
Calvino al suo ritorno a Ginevra attuò un programma riformatore degli ordini religiosi e politici
della città, trasformandola in una vera comunità cristiana: i “pastori” avrebbero dovuto spiegare la
parola di Dio e amministrare i sacramenti; i “dottori” interpretare le Scritture; i “diaconi” aver cura
dei poveri; gli “anziani” vigilare sull’osservanza di tutte le leggi morali e civili. A capo della Chiesa
fu istituito il Concistoro, un organo collegiale formato da anziani e pastori, che aveva anche il
compito di vigilare sulla condotta delle magistrature cittadine.
Ginevra divenne così un punto di riferimento e di attrazione per tutti quegli evangelici costretti a
fuggire dalla propria città (Calvino sotto il punto di vista dottrinale fu intransigente).
Il Luteranesimo rimase confinato in Germania al contrario il Calvinismo si diffusa a macchia d’olio:
in Francia, Svizzera, Olanda, Ungheria. Sul perché di questa diffusione possiamo riprendere le due
tesi più accreditate:
- Max Weber  La dottrina calvinista dell’ascesi laica e della santificazione del lavoro fosse
congeniale allo sviluppo del capitalismo e che il calvinismo si fosse diffuso nelle aree più
avanzate dal punto di vista economico.
- Natalie Zemon Davis  Analizzò come affrontarono il calvinismo alcune categorie della
popolazione a Lione, precisamente gli operai tipografici e le donne. I primi gruppi calvinisti
costituitisi in Francia avevano una forte impronta comunitaria. Gli operai dell’industria
tipografici videro in queste pratiche religiose un’occasione di un egualitarismo, invece le
donne vi videro l’opportunità di una partecipazione più attiva alle pratiche del culto. Ma
queste pretese furono sconfessate dalle pratiche religiose e da Calvino poiché l’eguaglianza
riguardava la sfera spirituale e non quella sociale; e alle donne non era loro compito
prendere parola in pubblico. Sia Lutero sia Calvino assegnavano inediti compiti di guida
spirituale ai padri di famiglia, estendo così la subordinazione delle donne ai loro mariti
anche sulla sfera religiosa oltre a quelle sociali e giuridiche. In compenso però si alzò il
tasso di alfabetizzazione.

LA RIFORMA IN INGHILTERRA  Il distacco della Chiesa inglese da quella romana venne da ragioni
personali o politico- dinastiche più che religiose. Enrico VIII non aveva avuto un erede maschio
dalla moglie Caterina D’Aragona, e chiese dunque al papa di dichiarare nullo il matrimonio in
modo da poter sposare una dama di corte, ovvero Anna Bolena. Ma papa Clemente VII Medici
rifiutò, allora il re si rivolse al Parlamento, che tra il 1532 e il 1534 approvò una serie di atti con i
quali si ruppero piano piano tutti i legami tra la Chiesa inglese e quella romana, cioè abolendo il
trasferimento delle rendite ecclesiastiche e negando la competenza del papa nelle nomine dei
benefici. Nel 1535 fu emanato, ufficialmente, l’Atto di Supremazia, con il quale si conferiva al re il
titolo di Capo Supremo della chiesa d’Inghilterra. Successivamente furono soppressi tutti gli ordini
religiosi e tutti i beni furono incamerati dalla corona, però dal punto di vista dottrinario non era
cambiato nulla.
Durante il regno di Enrico VIII furono ribaditi il celibato dei preti, la dottrina della
transustanziazione e i sette sacramenti. Con la morte di Enrico e l’ascesa al trono del figlio Edoardo
VI il partito protestante guadagnò il favore della corte. Nel 1549 fu ufficialmente adottato il Book
of Common Prayer, redatto dall’arcivescovo Cranmer. Il processo di riforma si arrestò nel 1553
quando salì al trono la sorellastra di Edoardo, Maria Tudor, detta la sanguinaria per la sua feroce
repressione del protestantesimo. Il processo di riforma riprese anni più tardi con l’ascesa al trono
di Elisabetta I.
LA RIFORMA IN ITALIA  La riforma in Italia fu incarnata da Erasmo, che inizialmente fu un
seguace di Lutero. Il Sacco di Roma del 1527 fu la spinta decisiva a richiedere un cambiamento
all’interno della Chiesa, perché questo evento fu interpretato come una punizione divina.
All’interno della Curia si faceva sempre più forte la richiesta di una convocazione di un concilio
generale, ma il papa cercò di evitarlo poiché poteva essere minato il suo ruolo.
In Italia si diffusero diversi gruppi religiosi ognuno con la propria dottrina che richiedeva il
cambiamento. Il più importante fu quello di Napoli di Juan de Valdes.

4 CAPITOLO GUERRE D’ITALIA


La pace di Lodi del 1454 avrebbe dovuto iniziare un periodo di tranquillità tra i diversi Stati italiani.
In realtà nel 1492 dopo la morte di papa Innocenzo VIII e Lorenzo de’ Medici e l’elezione a capo
della Chiesa di Alessandro VI, iniziò un periodo di instabilità e conflitti. I fattori furono:
- La politica di Alessandro VI (papa) mirava a costruire uno Stato territoriale per il figlio
Cesare.
- La Repubblica di Venezia voleva ingrandire i propri possedimenti sulla terraferma.
- Ludovico il Moro, signore di Milano, voleva consolidare il proprio regno dopo averlo
sottratto al nipote Gian Galeazzo Sforza.
- Le pretese dinastiche dei vari sovrani stranieri sugli Stati Italiani ( ES: Gian Galeazzo Sforza
aveva spostato una nipote del re di Napoli Ferrante di Aragona, quest’ultimo quindi aveva
pretese alla successione del Ducato di Milano; il re di Francia Carlo VIII avanzava pretese
sul regno di Napoli).
!!! In questo periodo il sovrano si sentiva investito dai dei diritti di proprietà sui suoi domini, che
intendeva farli valere per sé e per i suoi eredi. Tutta l’organizzazione burocratica- statale era
improntata su questo principio: le risorse necessarie a far funzionare l’apparato amministrativo e
a finanziare le guerre, dovevano in primo luogo provenire dai possedimenti privati della corona e
in secondo luogo dai sudditi. A tutto ciò s’aggiungeva anche la gloria militare e l’onore, infatti i re e
i principi non esitavano a scendere direttamente in battaglia.
Al trono imperiale si accedeva attraverso un collegio di sette principi elettori!!!
Ludovico il Moro e la nobiltà napoletana premevano affinché Carlo VIII intervenisse in Italia. Così
nel settembre del 1494 il re di Francia iniziò la sua spedizione che fu molto rapida, giunse a Milano
dove fu accolto in modo positivo, poi puntò su Firenze e infine su Napoli che conquistò senza
combattere. Questo evento diede il via a una serie di sconvolgimenti politici e militari in Italia.
L’Esercito di Carlo VIII si trattenne solo un anno in Italia poiché fu sconfitto in battaglia da
un’alleanza di Stati e quindi dovette ritornare in Francia ma riuscì a mantenere il controllo sul
ducato di Milano ma non quello sul Regno di Napoli e invece a Firenze il governo fu rovesciato da
un governo repubblicano guidato da Girolamo Savoranola.
Nel 1498 morì Carlo VIII e il nuovo re Luigi XII decise di proseguire la politica del sue predecessore.
Luigi XII adottò una diversa strategia, anteponendo all’azione militare un’intensa attività
diplomatica. Egli per ottenere il trono di Napoli decise di accordarsi con Ferdinando il Cattolico (re
d’Aragona), a scapito del sovrano del Regno Napoli Federico III. Questo accordo prevedeva la
spartizione del regno tra i due sovrani: Luigi XII (re di Francia) avrebbe ottenuto la Campania e l’
Abruzzo, mentre Ferdinando il Cattolico (re d’Aragona) avrebbe ottenuto la Calabria e la Puglia.
Questo accordo non durò a lungo e infatti scaturì una guerra, in cui Luigi XII venne sconfitto e
dovette riconoscere la sovranità di Ferdinando il Cattolico sul Regno di Napoli.
Intanto papa Alessandro VI riuscì a investire il figlio Cesare Borgia della signoria delle Marche e
della Romagna, ma fu molto breve come potere poiché terminò con la morte del papa Alessandro
VI. Questa occasione venne sfruttata da Venezia che cercò di impadronirsi della Romagna, ma
contro di essa si costituì immediatamente una lega, la Lega di Cambrai formata dal nuovo papa
Giulio II e dai più potenti sovrani europei: la Repubblica fu sconfitta e perse gran parte dei suoi
possedimenti in terra nel 1510.
A Firenze cade il governo dei Savonarola e si istaura un regime repubblicano oligarchico, ma fu
sconfitto nel 1512 da un’alleanza guidata dal papa e restaurata la signoria dei Medici.
Alla morte di Giulio II, salì al trono Leone X che cambiò totalmente politica stipulando il trattato di
Noyon ponendo fine a un’epoca di conflitti, questa però pace durò ben poco fino al 1521 quando
gli eserciti stranieri invasero nuovamente l’Italia.
Alla morte di Luigi XII salì al trono Francesco I di Valois (FRANCIA) e alla morte di Ferdinando il
Cattolico salì al trono Carlo V d’Asburgo (SPAGNA).
Dal XV secolo ben tre Asburgo in successione erano riusciti a salire al trono e lo stesso avvenne con
Carlo V che fu eletto al trono attraverso l’elezione dei principi elettori, ma soprattutto grazie
l’appoggio di potenti banchieri tedeschi, attraverso i quali egli riuscì a comprare i voti ottenendo
così una vittoria schiacciante.
Carlo V regnava su un territorio molto vasto: ereditò i domini aragonesi di Ferdinando, quelli
castigliani di Isabella compresi i nuovi possedimenti americani, dal padre Filippo d’Asburgo il
dominio della Franca Contea, Paesi Bassi e altri territori che erano appartenuti al Ducato di
Borgogna e inoltre anche i territori austriaci e tedeschi ereditati dagli Asburgo.
Si ritrovò, quindi, a dominare su una molteplicità di territori, diversissimi tra loro per lingua,
costumi, istituzioni e soprattutto senza continuità territoriale.
L’elezione di Carlo V, però, alterava l’equilibrio sancito dalla pace di Noyon e infatti le ostilità si
aprirono nuovamente in Italia nel 1522, quando i francesi furono scacciati da Milano e
Massimiliano Sforza potè riprendere possesso. L’esercito francese di Ferdinando I non tardò a
reagire, marciando su Milano per poi prendere d’assedio Pavia. Qui tuttavia i francesi furono
sconfitti in battaglia e lo stesso Ferdinando I fu fatto prigioniero e costretto ad accettare la pace di
Madrid (1526), con la quale si impegnava a rinunciare per sempre al Ducato di Milano e a cedere
la Borgogna.
Tornato in patria, il re di Francia denunciò il trattato di pace e avviò un’immediata azione
diplomatica, convincendo i vari Stati Italiani (preoccupati dell’eccessivo potere di Carlo V) a unirsi
nella Lega di Cognac, a questa alleanza aderirono: il papa Clemente VII de’ Medici, Firenze,
Venezia e Milano. Prima però che la guerra entri nel vivo, si verifica un episodio clamoroso,
destinato a scuotere tutta l'Europa. Nel maggio del 1527 i Lanzichenecchi, soldati imperiali, per la
maggior parte mercenari tedeschi di fede luterana, rimasti senza paga e poi senza il
comandante Georg von Frundsberg, riescono ad aggirare le truppe della Lega, nell'Italia del nord, e
decidono di attaccare Roma. Il Sacco di Roma suscitò grande scalpore in tutta la cristianità, per il
significato simbolico di punizione divina.
Dopo mesi di occupazione, l’esercito si ritirò e tra il papa e Carlo V si giunse a un compromesso:
l’imperatore si impegnava a restituire al papa i suoi domini e a restaurare la signoria dei Medici a
Firenze; in cambio Clemente VII riconosceva i diritti dell’imperatore sui territori italiani e nel 1530
lo incoronò imperatore.
La pace di Cambrai, stipulata lo stesso anno, sanzionava lo stato di fatto: Milano restava nelle
mani dell’imperatore e la Borgogna in quelle di Francesco I.
Questo però non pose fine alla guerra tra Francia e Spagna e infatti il conflitto riprese nel 1536 e
nel 1542. Con la pace di Crepy, firmata nel 1544, Francesco I riconobbe a Carlo V nuovamente il
dominio imperiale su Milano ma in cambio si vide riconoscere la sovranità sulla Savoia e parte del
Piemonte, ma anche questo accordo ebbe breve durata.
Alla morte di Francesco I, succedette al trono il figlio Enrico II, che riprese la lotta ma adottando
una strategia diversa. Spostò il conflitto in Germania, alleandosi con i principi luterani nel 1552 e
solo quando questo fronte si chiuse con la pace di Augusta del 1555, ritornò in Italia riaprendo le
ostilità ma fu sconfitto duramente in battaglia. Solo nel 1559 si ha la pace di Cateau- Cambresis
che chiuse definitivamente il conflitto, ma Carlo V non siglò l’accordo.
Nel 1556 aveva abdicato il trono suddividendo i suoi possedimenti al figlio e al fratello: al figlio
Filippo II andavano i territori spagnoli con le loro appendici americane, i domini in Italia e quelli
provenienti dall’eredità borgognona, cioè Paesi Bassi e Franca Contea; al fratello Ferdinando I
andavano i territori ereditari degli Asburgo in Austria, i regni di Boemia e di Ungheria e i domini
imperiali.
IL REGNO DI FILIPPO II (SPAGNA) L’impero di Filippo II continuava a presentare problemi di
gestione, nonostante il padre carlo V avesse introdotto degli strumenti di coesione, ad esempio
erano stati istituiti e riorganizzati gli organi collegiali il cui compito era di istruire tutte le pratiche
riguardanti quella materia o quel territorio. Per le questioni di politica generale vi era un Consiglio
di Stato, formato da poche persone di fiducia del re, e il Consiglio di Guerra, per le questioni
militari e infine il Consiglio delle Finanze per gestire le entrate e il patrimonio dell’Impero. Era
presente il Tribunale dell’Inquisizione pronto a perseguitare ogni forma di religione diversa da
quello dello stato (i primi ad essere perseguitati furono gli ebrei e successivamente i moriscos). Nel
1523 Carlo V aveva ottenuto il diritto di presentazione, acquisendo il controllo sulle nomine delle
cariche ecclesiastiche.
IL REGNO DI FERDINANDO I (FRANCIA)Il Regno di Francia era invece più compatto. Ina materia
fiscale la corona godeva dell’importante diritto di imporre un’imposta diretta sulla terra senza
dover passare dall’approvazione degli Stati Generali. Le risorse finanziarie, però, erano insufficienti
per questo motivo si diffonde la pratica della venalità degli uffici cioè la vendita delle cariche
pubbliche (questo conferiva loro un diritto patrimoniale permanente). Nelle provincie esistevano
delle assemblee rappresentative dei tre ordini, gli Stati Provinciali, che in alcune zone si
occupavano anche della ripartizione dei tributi. La suprema carica militare e civile delle provincie,
cioè il governatore, era ereditaria e appartenente a grandi casati feudali. Questi comunque erano
dei poteri provinciali forti e la monarchia poteva funzionare solo in collaborazione con essi. Per
difendere le entrate e gli interessi della corona i vari sovrani cominciarono ad avvalersi di
funzionari da loro nominati.
La corte che radunava nobili provenienti da tutte le regioni del regno svolgeva una funzione
unificatrice. In materia religiosa grazie al concordato del 1516, il sovrano aveva il diritto di nomina
ai benefici ecclesistici e quindi una notevole influenza sulla Chiesa.
ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE
IN GERMANIA  Era suddivisa in centinaia di Stati, città- Stato indipendenti gli uni dagli altri e
sottomessi all’autorità dell’imperatore. A dare unità a questa territorio frammentato, oltre
all’imperatore, era anche la Dieta imperiale un’assemblea composta dai ceti dell’Impero, cioè dai
principi territoriali, elettori e non, e dai rappresentati delle città. Tra l’imperatore e la Dieta
esisteva una tensione politica di fondo poiché, l’imperatore cercava di accrescere le proprie
competenze giurisdizionali e i ceti difendevano le proprie competenze che si esprimevano
attraverso l’assemblea. Un altro motivo di attrito era il controllo delle cariche pubbliche poiché per
la nobiltà erano un’occasione per accrescere le proprie entrare e il la loro influenza sulla città,
invece per i ceti più poveri era l’unica garanzia per non sprofondare nella povertà assoluta.
Nonostante le tensioni imperatore e assemblee tendeva a collaborare, il re non riusciva a gestire
da solo tutte le pratiche riguardanti i propri territori e quindi doveva far affidamento a un consiglio
di cittadini, le entrate del re dipendevano in buona parte dai contribuiti provenienti dalle città del
suo regno e gli eserciti erano forniti in gran parte dalla nobiltà. Molti regni erano organizzati in
questo modo.
LA CASTIGLIA E L’ARAGONA  La Castiglia e l’Aragona avevano delle assemblee rappresentative,
le Cortes, formate da clero, nobiltà e rappresentanti delle città. Questi erano dotati, a sua volta, di
organi di autogoverno e quindi erano legati al sovrano solo due principi: l’obbligo di rispettare le
leggi e pagare i tributi. A partire dal XV secolo accanto ai magistrati cittadini fu introdotta la figura
del corregidor, nominato dal sovrano, che aveva funzioni amministrative e di amministrare la
giustizia. Quando salì al trono Carlo V cercò di rendere le Cortes più arrendevoli e tutte le cariche
pubbliche furono ricoperte dai cortigiani0 fiamminghe. Per questi motivi quando Carlo V lasciò la
Spagna per recarsi in Germania a ricevere la corona imperiale, importanti città insorsero, dando
vita alla rivolta dei comuneros dal 1520 al 1521.
LA FRANCIA  La Francia aveva una struttura politica molto simile a tutti gli altri stati ma molto
più semplice da gestire. Era suddivisa in città- Stato che godevano di ampia autonomia e ciascuno
dei regni preesistenti aveva conservato le proprie istituzioni. La Francia aveva un’assemblea
rappresentativa, quali i Stati Generali. Il regime fiscale variava moltissimo da una provincia all’altra
e lo stesso valeva per la legislazione e i sistemi di misura. I domini del re di Francia costituivano
un’unità territoriale compatta, all’interno della quale il re poteva essere sempre presente.

5 CAPITOLO LA CONTRORIFORMA
Carlo V premeva affinché cattolici e luterani s’incontrassero e trovassero punti di accordo
dottrinari e ponessero fine alla divisione religiose, ma papa Clemente VII si oppose sempre alla
convocazione di un concilio e all’avvio di una discussione ufficiale sulla riforma della Chiesa (per
diversi motivo uno tra i quali è che lui era figlio illegittimo e quindi non avrebbe potuto accedere
alle cariche ecclesiastiche).
Il suo successore Paolo III si mostrò invece più disponibile: incaricò alcuni prelati di redigere un
Consiglio di emendamenti ecclesiastici e di proporre una serie di importanti misure moralizzatrici,
nominò cardinali alcuni rappresentati del partito delle riforme e accettò la richiesta di convocare
un concilio. La città prescelta per il primo concilio fu Trento e nel 1545 i lavori si aprirono.
Il concilio fu molto lungo e travagliato, si terminò dopo vent’anni, nel 1563 dopo una sospensione
di dieci anni dal 1552 al 1562 dovuta all’ostilità di papa Paolo IV.
I luterani non parteciparono al Concilio tranne per una breve apparizione e l’imperatore Carlo V
richiese che le questioni dottrinarie fossero posposte a quello dei problemi disciplinari. Il risultato
fu l’accoglienza in modo positivo di molte critiche sul piano disciplinare ma la totale opposizione
alle critiche dottrinarie adottando così un atteggiamento intransigente.
Furono approvati:
- I decreti dogmatici  Ribadiscono le posizioni dottrinarie contestate dai riformati ma
chiusero alcune questioni dubbiose su alcuni precetti della Chiesa, tipo la natura del
sacramento del matrimonio. Si riaffermarono quindi le dottrine della giustificazione per
fede e per opere, della natura del sacrificio della messa, della possibilità dell’uomo di
scegliere tra bene e male e del valore operativo dei sacramenti della Chiesa. Si ribadì che i
sacramenti erano sette e si stabilì uno statuto diverso per gli ecclesiastici rispetto ai laici
con l’obbligo al celibato.
- I decreti disciplinari  Affrontavano gli abusi ecclesiastici e si proponevano di eliminarli
rafforzando il potere gerarchico dei vescovi sui parroci. Si stabiliva che essi dovevano
risiedere obbligatoriamente nella loro diocesi, che il clero della parrocchia doveva ricevere
un’adeguata preparazione frequentando delle scuole apposite. La registrazione sui dei
registri di matrimoni, battesimi, nascite e morti e che il matrimonio era valido solo se fatto
attraverso un rito pubblico con dei testimoni. Per facilitare l’insegnamento della dottrina
cristiana fu elaborato il catechismo.
Queste riforme comportarono un forte clima di repressione. I libri e le altre pubblicazioni furono
poste sotto severe controllo e nel 1559 fu stilato il primo “Indice dei libri proibiti” (seguirono una
seconda e una terza edizione e della Bibbia fu proibita la diffusione in volgare) e fu costruita
un’apposita commissione che si sarebbe occupata della materia cioè la Congregazione dell’Indice.
Nel 1542 il papa aveva creato un tribunale provvisorio per coordinare la lotta contro l’eresia
affidandone il controllo alla Congregazione dell’Inquisizione universale, dopo il Concilio essa
acquistò un enorme potere (già nel 1517 era molto attiva con la persecuzione delle minoranze
religiose tipo gli ebrei). In Spagna si aveva l’Inquisizione spagnola, negli stati italiani l’Inquisizione
romana e in Francia l’Inquisizione non fu mai ammessa e la repressione fu affidata a dei tribunali
laici.
Oltre a tutte le forme repressive il Concilio comportò anche un attenzione particolare alle attività
di pedagogia, dalla predicazione all’istruzione( anche se il Concilio non affrontò direttamente la
questione). Gli ordini religiosi si fecero carico di questa attività, attraverso le missioni e l’intensa
opera di evangelizzazione. Negli anni ’20 e ’30 furono creati nuovi ordini, quali i teatini, i
cappuccini e i barnabiti. Molto persuasiva fu l’azione svolta da quest’ultimi nei confronti degli
ordini e dei monasteri femminili, ponendo l’attenzione su una rigorosa disciplina, sulla clausura e
l’obbligo al celibato.
L’istruzione dei fanciulli fu un altro importante aspetto della pedagogia della riforma cattolica, e
negli anni ’30 furono fondate due nuove scuole: la Compagnia di Sant’Orsola per l’istruzione delle
bambine, e la Compagnia di Gesù per i fanciulli ( i chierici pronunciava i consueti tre voti cioè
castità, povertà e obbedienza aggiungendone un quarto quale la speciale obbedienza al papa).
Furono fondati nuovi collegi poiché i gesuiti si specializzarono in due settori: quello delle missioni o
quello dell’istruzione. Questi collegi si diffusero a macchia d’olio in tutta Europa per il loro
programma innovativa infatti vennero utilizzati metodi didattici del tutto innovativi come il teatri,
la musica e la danza.
Una ruolo importante ebbe l’arte che attraverso la creazione di uno stile architettonico proprio
della Chiesa si rendeva immediatamente riconoscibile e riconducibile a loro (facciata maestosa e
navata rettangolare).
Tutti i campi del sapere furono posti sotto stretta sorveglianza e il punto da cui non dovevano
differire era l’aristotelismo ufficiale della Chiesa. Tutte le minoranze religiose, che fino ad allora
erano state tollerate, furono sottoposte a nuove vessazione, tipo la creazione di appositi spazi
detti ghetti in cui risiedere e si diffuse il fenomeno del proselitismo: dovevano indurli a convertirsi.
Il clima di intolleranza si estese anche sui culti popolari tradizionali, ponendo un attenzione
maggiore al fenomeno della stregoneria. Inizialmente si pensava che fosse una semplice
superstizione ma successivamente attraverso la diffusione di una trattato riguardante l’argomento
si diede vita a una vera e proprio caccia alle streghe. Le persone accusate di ciò subivano terribili
pressioni fisiche e psicologiche mirate alla confessione, molti confessavano per porre fine al
supplizio. La stragrande maggioranza degli accusati furono di sesso femminile.

7 CAPITOLO LE GUERRE DI RELIGIONE NEI VARI STATI


IN FRANCIA  Dopo il 1535 il calvinismo si diffuse rapidamente in Francia e l’iniziale
atteggiamento di tolleranza fu subito abbandonato. Negli anni ’40 Francesco I chiese alla Sorbona
di redigere un elenco di 26 articoli di fede da opporre ai riformati con annesso elenco di libri
proibiti. Con la morte di Francesco I e l’ascesa al trono di Enrico II la lotta all’eresia si intensificò.
Nel 1559 Enrico II morì e salì al trono il figlio Francesco II, ancora minorenne e quindi sotto la
tutela della madre Caterina de’ Medici. La monarchia quindi si trovava ad attraverso un momento
di debolezza e gli ugonotti sfruttarono l’occasione per venir alla luce, riunendo il primo sinodo
nazionale della Chiesa riformata a Parigi e l’anno successivo chiesero al re l’autorizzazione per
praticare liberamente il loro culto. La debolezza della monarchia favorì anche il rafforzamento di
grandi casati nobiliari. Francesco di Guisa, duca di Lorena, prese le redini della politica
schierandosi contro qualsiasi concezione agli ugonotti di contro il re di Navarra, appartenente al
ramo dei Borbone, aveva appoggiato la Riforma e quindi si opponeva all’idee di Francesco di
Guisa.
Francesco II morì e salì al trono Carlo IX anch’egli minorenne, ma stavolta la madre, Caterina de’
Medici, decise di assumere il potere, senza permettere ad altri di sostituirsi al suo ruolo da
reggente. Questo provocò l’ostilità dei partiti nobiliari, che vedevano nella debolezza della corona
la possibilità per affermare il principio della divisione di potere tra sovrano e nobiltà. Caterina però
si mostrò molto abile nel sedare i conflitti ed evitare che uno dei due partiti (rappresentati da
Francesco di Guisa da una parte e dall’altra dal re di Navarra) si rafforzasse troppo a danno
dell’altro e della corona stessa, in modo che il sovrano mantenesse il proprio ruolo di supremo
arbitro della giustizia e della pace.
In tutti ciò la diffusione del calvinismo provocava diverse tensioni e Caterina decise di attuare il
“colloquio di religione” in cui protestanti e cattolici in cui entrambi le parti avrebbero potuto
esprimersi, questo tentativo fallì. La reggente allora decise di attuare un misura di compromesso,
concedendo agli ugonotti la libertà di culto, al di fuori delle grandi città, questo scatenò
l’indignazione del partito cattolico guidato da Francesco di Guisa.
La questione aveva assunto una dimensione politica internazionale: a fianco dei cattolici si schierò
Filippo II di Spagna e accanto agli ugonotti si schierarono alcuni principi tedeschi e Elisabetta I
d’Inghilterra.
La sconfitta dei protestanti e la morte di Francesco di Guisa permisero alla reggente di riprendere
il controllo della situazione, emanando l’editto di Amboise nel 1563, con il quale si ribadiva la
concessione di una limitata libertà di culto agli ugonotti.
Dopo pochi anni si arrivò nuovamente alla guerra aperta seguita da una fragile pace e dallo
scoppio di una terza fase di ostilità che da una guerra tra partiti nobiliari passò ad un conflitto
religioso vero e proprio.
Il partito cattolico si organizzò attraverso le associazioni e alleanze correligionari, molto simile
all’organizzazione ugonotta. L’ostilità tra le due parti assunse toni sempre più aspri, accusandosi a
vicenda di essere degli eretici e di conseguenza l’utilizzo di forza e violenza per difendere la propria
religione.
A corte il fratello più giovane del re aveva aderito al partito cattolico, la politica di conciliazione di
Caterina fallì e il conflitto iniziò ad essere una rivolta degli ugonotti contro la corona e Caterina era
sempre più decisa di attuare una soluzione più repressiva e autoritaria.
In questo clima così instabile la sorella del re, Margherita di Valois fu promessa in sposa a Enrico
di Borbone che era protestante, ma il matrimonio che segnava una vittoria indubbia del partito
protestante si rivelò una profonda sconfitta. Nella notte di San Bartolomeo del 1572 gli ugonotti,
che erano riuniti per festeggiare il matrimonio avvenuto, furono sterminati e le stragi non si
fermarono solo alla capitale ma si estesero in tutto il paese. Il partito ugonotto sembrava
totalmente sterminato e di conseguenza sconfitto ma a risollevare le sue sorti fu l’inaspettata
elezione del duca di Angiò a re di Polonia, a condizione che si impegnasse a mantenere la pace tra
religioni diverse. Ciò portò un periodo di relativa pace da una parte e dall’altra infuse molto
coraggio ai protestanti che si riorganizzarono in congregazioni e assemblee politiche
democratiche. La rivalsa ugonotta si avvalse anche di strumenti ideologici cioè che il potere fosse
condiviso tra il re e le assemblee degli ordini e che un governo retto da una donna era fonte di
corruzione.
Nel 1574, però, muore Carlo IX e il successore era il duca di Angiò che aveva assunto la corona
della Polonia, e che tornando in Francia prese il nome di Enrico III.
Nel frattempo all’interno della politica si era creato un terzo partito tra i cattolici e gli ugonotti: i
politici, costituito da tutti coloro che temevano l’ingerenza della Spagna e le conseguenze della
guerra civile, e quindi premevano perché si arrivasse a una pace fondata sul principio della
separazione tra unità politica e unità di fede. Il nuovo re Enrico III decise di attuare la tradizionale
strategia della corona, cioè fare pace con gli ugonotti e concedendo loro ampie prerogative.
I cattolici reagirono organizzandosi in leghe e varie forme di organizzazione e il capo militare di
questa riscossa cattolica, fu Enrico di Guisa che poteva anche aspirare alla successione di Enrico III.
Questa possibilità diede il via a una nuova e definitiva fase di guerra chiamata “la guerra dei tre
Enrichi” poiché presero parte il sovrano Enrico III (cattolico), il capo cattolico Enrico di Guisa e il
capo ugonotto Enrico di Borbone.
Enrico III fece assassinare il capo dei cattolici, Enrico di Guisa e un altro importante esponente di
quello schieramento, il cardinale di Lorena. Ciò provocò una furibonda reazione della Lega
cattolica che fece emanare un pronunciato dai giuristi di Sorbona dove si liberavano tutti i sudditi
dall'obbligo di fedeltà al sovrano. Enrico III fu così costretto a lasciare Parigi e ad avvicinarsi agli
ugonotti, alleandosi con Enrico di Borbone, ma nell'agosto 1589 cadde vittima di un attentato per
mano di un frate fanatico cattolico, ed in punto di morte riconobbe Enrico di Borbone come
legittimo erede al trono, indicandolo come suo successore, a condizione che abbracciasse la fede
cattolica. Tuttavia il papa lo aveva scomunicato, dichiarandolo decaduto dai suoi diritti, e la città di
Parigi era insorta, dandosi un governo autonomo. La situazione degenerò rapidamente e le truppe
straniere invadevano la Francia da nord.
La paura di un trionfo spagnolo portò Enrico di Borbone ad abiurare pubblicamente, attraverso
una cerimonia solenne, al calvinismo e abbracciare la religione cattolica. Il papa gli concesse la
propria assoluzione e da quel momento poteva considerarsi legittimo re di Francia col nome di
Enrico IV. Fu questo un passaggio indispensabile per la pacificazione della Francia e la
restaurazione dell'autorità dello stato, nella convinzione che la pace religiosa fosse il presupposto
di una forte monarchia.
Nel 1598 si giunse così alla pace di Vervins con gli spagnoli e all’emanazione dell’editto di Nantes,
con il quale si facevano importanti concessioni agli ugonotti, cioè:
- La facoltà di praticare la propria religione in quelle città in cui era stata fino allora praticata,
con l’esclusione della corte e della città di Parigi.
- La Francia veniva suddivisa in città cattoliche e città protestanti e l’assegnazione agli
ugonotti alcuni piazzeforti, tipo Rochelle, che avrebbero potuto servire alla loro difesa in
caso di attacco.
IN SPAGNA E NEI PAESI BASSI  Anche l’impero spagnolo dovette affrontare la rivolta di alcune
provincie che difendevano la loro autonomia politica e religiosa.
Con l’ascesa al trono di Filippo II cambiarono molte cose. Egli decise di fare di Madrid la capitale e
fissare la sua residenza all’Escorial, inoltre decise di occuparsi personalmente di tutte le questioni
attinenti ai suoi domini e potenziò il sistema di consigli creato da suo padre Carlo V (avevano il
compito di assistere il re nelle decisioni da prendere).
Il conflitto più violento riguardò la politica da tenere nei Paesi Bassi, che era suddiviso in 17
provincie indipendenti le une dalle altre e unite solo da un’assemblea degli Stati Generali, in cui
ciascuna di essa inviava i propri rappresentanti. Tutte le provincie avevano il diritto di nominare i
propri governanti e di amministrare autonomamente la giustizia e ognuna di essa aveva un proprio
governatore.
Anche nei Paesi Bassi si diffusero le dottrine riformate e a questo seguirono dure repressioni ma
non avevano coinvolto il ceto dirigente e di conseguenza non avevano turbato il rapporto tra
governatori locali e il sovrano. Questo clima cambiò totalmente dopo l’abdicazione di quest’ultimi
e la reggenza di Margherita D’Austria (sorellastra di Filippo II) e del suo consigliere cardinale di
Granvelle a questo si aggiunse anche la volontà di introdurre l’Inquisizione spagnola al quale si
oppose totalmente il ceto dirigente locale poiché violava il diritto e il privilegio degli abitanti dei
Paesi Bassi di essere giudicati solo all’interno del proprio paese e da proprio magistrati.
La coalizione tra grande e piccola nobiltà costrinse, però, la reggenza a ritirare tutti i
provvedimenti contro i riformati.
La prima reale spaccatura fu determinata nel 1561, quando una bolla papale di riforma della
Chiesa dei Paesi Bassi, suddivideva la regione in 15 nuovi sedi episcopali per le quali Filippo II
godeva del diritto di presentazione ( cioè scegliere il vescovo), questo allarmò la popolazione in
quanto vide una forte intromissione del re negli affari locali.
Si creò un movimento di opposizione, inizialmente moderato, guidato da Guglielmo D’Orange che
proponeva una pacifica convivenza tra calvinisti e cattolici, ma il re rifiutò totalmente questa
proposta. Il clima di tensione degenerò totalmente in crisi quando i nobili fiamminghi richiedevano
l’abolizione dell’Inquisizione spagnola, e nel 1566 Filippo II mandò un esercito guidato dal duca
d’Alba con il compito di placare, anche con metodi repressivi, la ribellione dei fiamminghi. Questo
diede inizio alla Guerra degli Ottant’anni.
Arrivato a Bruxelles, il duca d’Alba, istituì un tribunale speciale contro gli eretici e condannò a
morte tutti i protestanti senza eccezione.
I capi della rivolta riuscirono però a fuggire in Germania, e da lì riuscirono ad organizzare la
resistenza , trovando come alleati gli ugonotti francesi, i principi protestanti tedeschi e Elisabetta
d’Inghilterra. I costi della guerra erano eccessivi e Filippo II nel 1575 dichiarò bancarotta, l’esercito
quindi privato del soldo, si abbandonò alle forme tradizionali di autofinanziamento, saccheggiando
la città di Anversa.
Questo episodio scaturì, nel 1576, nella pacificazione di Gand in cui gli Stati Generali delle 17
provincie decisero di accordarsi con Guglielmo d’Orange e con i ribelli di unirsi contro Filippo II,
tale accordo prevedeva sì il riconoscimento della superiorità spagnola da parte delle province
fiamminghe, ma anche la ritirata delle truppe imperiali dal paese, la tolleranza religiosa e
l’istituzione di un governo approvato dagli Stati Generali, comunque con il necessario benestare
spagnolo.
Questa pace però durò ben poco nel 1577, infatti, Giovanni d’Austria, nuovo governatore delle
Fiandre, autorizzò il culto della sola religione cattolica, provocando la reazione dell’Olanda e della
Zelanda e facendo scaturire nuovamente rivolte religiose e sociali. Filippo II allora decise di
cambiare politica inviando Alessandro Farnese, egli riuscì a convincere le provincie cattoliche a
staccarsi dall’alleanza con i protestanti (pacificazione di Gand) e a proclamarsi nuovamente fedeli
al re, attraverso l’Unione di Arras. Le sette provincie del Nord tra cui l’Olanda, continuarono la
guerra fino al 1581 e proclamarono la propria indipendenza affidando a Guglielmo d’Orange la
carica di governatore e in risposta all’Unione di Arras formarono l’Unione di Utrecht, in cui si
costituì ufficiosamente lo stato delle Provincie Unite.
Solo nel 1609 si arrivò a una tregua tra lo stato delle Provincie Unite e l’impero spagnolo (Filippo II
era morto da tempo) e solo nel 1648 essa fu ufficialmente riconosciuta.
IN INGHILTERRA  La divisione religiosa avveniva anche in Inghilterra. Il breve regno di Maria
Tudor (figlia di Enrico VIII e Caterina d’Aragona) fu caratterizzato da un ritorno al cattolicesimo e
dalla persecuzione del ceto dirigente protestante. Con l’ascesa al trono di Elisabetta I si ebbe il
rovesciamento della situazione, la regina era convinta che per dare unità al regno era necessaria
l’uniformità religiosa, ma contemporaneamente era anche decisa a non scontrarsi direttamente
con la nobiltà e il clero cattolico.
Per risolvere la questione in maniera meno conflittuale possibile emanò l’Atto di Supremazia con il
quale si proclamava “suprema reggente” della Chiesa d’Inghilterra, e un Atto di Uniformità con il
quale approvava un Book of Common Prayer che voleva essere un compromesso tra le posizioni
calviniste più radicali e la tradizione liturgica cattolica.
I protestanti e i cattolici ne furono ugualmente scontenti ma l’obiettivo primario di Elisabetta I era
l’uniformità religiosa infatti attuò un uso del sistema clientelare, cioè favorì i fedeli della Chiesa
d’Inghilterra ed escluse i non conformisti dalle cariche pubbliche e dai benefici.
I tentativi, però, di riportare l’Inghilterra nell’orbita cattolica non si arrestarono soprattutto con
l’arrivo della regina di Scozia Maria Stuart, nel 1568. Maria Stuart era una regina fortemente
cattolica e gli scozzesi avevano aderito in larga parte al calvinismo, proprio questa opposizione
costrinse Maria Stuart ad abdicare in favore del figlio e a rifugiarsi in Inghilterra da Elisabetta I
(sua sorellastra).
Maria Stuart divenne il punto di riferimento del partito cattolico, formato dai potenti feudatari
delle provincie settentrionali e che nel 1569 tentarono anche una sollevazione contro Elisabetta, la
rivolta fallì ma Maria Stuart continuò ad organizzare delle sollevazioni cattoliche, per questi motivi
fu condannata a morte nel 1587.
Elisabetta I fu costretta a schierarsi nella lotta religiosa della politica internazionale:
- Nel 1584 quando come erede al trono di Francia fu designato un ugonotto e la Spagna
appoggiò la lega cattolica, Elisabetta si schierò al fianco di Enrico di Borbone;
- Elisabetta appoggiò i protestanti dei Paesi Bassi nella rivolta contro Filippo II inviando
direttamente un esercito in aiuto dei ribelli. Per questi motivi Filippo II, nel 1588 inviò una
flotta contro l’Inghilterra. La spedizione dell’Invincibile Armata fu però un fallimento a
causa di una tempesta che la travolse durante l’attraversata.
Elisabetta I si mostrò molto abile anche in campo economico e fiscale. Il temporaneo
rallentamento dell’inflazione le permise di ripristinare il valore originario della moneta e la
popolarità che ne seguì permise la raccolta di fondi per la costruzione di un esercito e di una flotta
mercantili utilizzabile anche in caso di guerra. Vi furono una serie di trasformazioni che
riguardarono, però, anche la società tipo il costo del mantenimento di una flotta e dell’esercito, la
perdita dei punti di riferimento religiosi tradizionali, la lotta alle superstizioni popolari condotti
della Chiesa riformata, la crescente povertà. Furono presi una serie di provvedimenti contro il
vagabondaggio e la stregoneria e fu emessa una legge sui poveri, ma l’applicazione e la gestione di
questi provvedimenti rafforzarono i ceti dirigenti locali. Sul campo economico le industrie furono
stimolate dalla crescita delle popolazione, dalla crescita della domanda dei beni e dalla crisi delle
industrie italiane infatti si specializzarono nel commercio e nella produzione di un tipo di tessuto di
lana molto più leggero che invase il mercato europeo. Questo sviluppo industriale fu
accompagnato e sostenuto dallo sviluppo di nuove organizzazioni commerciali, cioè potenti
associazioni tradizionali funsero da modello per la creazione di nuove compagnie privilegiate
ovvero associazioni di mercanti riconosciute dalla corona e dotate di diritti esclusivi di commercio
(ES: La Compagnia della Moscovia che aveva il diritto esclusivo del commercio con la Russia).
IMPERO OTTOMANO  Nel 1453 i turchi avevano conquistato Costantinopoli e da allora avevano
continuato ad espandere i loro domini, conquistando la Siria e l’Egitto. Attraverso questi
controllavano il Mar Rosso e la principale via delle spezie provenienti dall’Oriente. In Africa
avevano conquistato Algeri e Tunisi e i due porti africani erano diventati dei covi di pirati. I
prigionieri catturati nel corso di queste incursioni venivano venduti come schiavi, a meno che non
pagassero pesanti riscatti.
L’Impero ottomano continuava ad espandersi divenendo una minaccia per l’Europa.
Iniziò così una lunga lotta tra le potenze cristiane, precisamente gli Asburgo e gli ottomani, che
continuavano a espandere i loro territori conquistando anche Rodi, altre isole del Mediterraneo
orientale, Belgrado e gran parte dell’Ungheria. Nel 1535 Carlo V attraverso una spedizione riuscì a
conquistare Tunisi, ma poco dopo la flotta cristiana fu sbaragliata dalla flotta degli ottomani.
Gli ottomani negli anni successivi riuscirono a conquistare Cipro e Malta.
Quest’ultima conquista incoraggiò le potenze europee ad allearsi, e il papa Pio V riuscì a
convincere Venezia e la Spagna a stipulare una Lega Santa. Nel 1571 la Lega Santa riuscì a
sconfiggere la flotta turca nella battaglia di Lepanto, l’avvenimento in Europa fu esaltato come la
vittoria che aveva messo fine all’avanzata dei turchi. In realtà non fu così perche nel 1669 i turchi
vinsero la guerra di Candia (Creta) strappando l’isola ai veneziani e nel 1683 assediarono Vienna.
Qui, però, subirono una pesante sconfitta e fu stipulata la pace di Carlowitz, questa pose fine
all’espansione dell’impero ottomano e il conseguente ridimensionamento del loro impero.
IN ITALIA  In Italia, dopo decenni di guerre, il dominio spagnolo seppe assicurare all’Italia un
lungo periodo di pace. Grazie a questo periodo di pace la popolazione riprese a crescere,
rallentandosi o fermandosi durante l’epidemia di pesti che colpirono l’Italia nel 1630, nel 1656 e
nel 1657. La crescita demografica comportò uno sviluppo dell’agricoltura, favorita dalla domanda
di generi alimentari e dai prezzi che continuavano a salire. Tutto ciò spinse i contadini a
riconvertire almeno una parte delle loro terre, introducendo colture intensive che richiedevano
molta più manodopera. Crebbe così la produzione di olio, limoni, vino e seta che venivano
esportati in tutta Europa. Nella pianura padana il processo di riconversione fu più imponente
perché basato sulle bonifiche e sulla creazione di un sistema di canalizzazione delle acque, questo
processo, però, richiedeva enormi investimenti e fu incoraggiato e sostenuto dalle autorità di
governo. La produzione manifatturiera aumentò velocemente fino al 1570 per poi assestarsi. Il
mercato europeo fu invaso dalle manifatture dell’Europa nord- occidentale che vendevano drappi
di lana più leggeri ed economici, ma le città dell’Italia centro- settentrionale seppero far fronte alla
concorrenza attraverso dei meccanismi di riconversione cioè l’abbandono delle produzioni a basso
costo a favore dei beni di lusso, che richiedevano investimenti di capitali e manodopera
qualificata. Ovunque crebbero gli investimenti di capitale nelle operazioni di credito, soprattutto a
Genova, che a partire dal 1550 si specializzò nelle anticipazioni finanziarie alla corona spagnola,
correndo anche grossi rischi. Anche la società cambiò, molti membri della grande aristocrazia
trovarono impiego nell’esercito spagnolo e molti appartenenti alla nobiltà minore ricoprirono
cariche pubbliche nell’amministrazione.
Dalla Spagna vennero modelli di governo e amministrazione delle finanze e della giustizia, ma
giunsero influenze determinanti anche sul campo letterario, nel mondo dell’abbigliamento e nel
modo di vivere.
L’egemonia spagnola però ebbe anche degli aspetti negativi, l’alleanza tra Filippo II e il papato si
tradusse nella repressione sistematica e feroce di qualsiasi forma di dissenso.
Filippo II e i suoi successori seppero intrattenere buoni rapporti con i poteri locali italiani, sia
all’interno dei loro diretti domini che fuori. Il principio dell’autogoverno venne generalmente
rispettato. Fu la guerra dei trent’anni con le esigenze finanziarie e militari a mettere in crisi i
precari equilibri. Il progetto politico della corona prevedeva la sospensione dei privilegi locali a
favore di una più equa distribuzione degli oneri di guerra tra tutti i domini, ma il ceto dirigente
italiano non era d’accordo come anche la corte di Madrid, che era spaccata al proprio interno.
A Napoli l’introduzione di una gabella sulla frutta nel 1647 scatenò una rivolta popolare guidata da
Tommaso Aniello detto Masaniello. Parte della nobiltà e del popolo civile appoggiarono
inizialmente la rivolta, ma presto ne presero le distanze. La folla fu accusata di cieca violenza,
quando in realtà i suoi attacchi furono limitati e mirarono a colpire le persone e le cose degli
appaltatori delle gabelle, e fu proprio così che all’interno del popolo civile si arrivò alla decisione di
eliminare Masaniello. La sua morte, però, esasperò ulteriormente la situazione: il campo popolare
si trovò ancora più diviso tra una fazione moderata, che chiedeva riforme del sistema fiscale senza
mettere in discussione la lealtà alla Spagna, e una fazione più radicale che arrivò a proclamare
repubblica. La coesione tra i diversi movimenti della rivolta fu garantita dall’esercito.
Una parte dei ribelli chiese aiuto al duca di Guisa, ma l’altra parte più moderata cominciò ad avere
trattative segrete con gli spagnoli, che in breve riuscirono a recuperare il controllo sulla città.

CAPITOLO 8 LA GUERRA DEI TRENT’ANNI


Dopo la Pace di Augusta nel 1555 furono anni di relativa pace, durata una ventina di anni circa.
Nel 1575 la conclusione del Concilio di Trento e l’attivismo della Compagnia di Gesù cominciavano
a far sentire gli effetti di irrigidimento dottrinario e prese di posizioni intransigenti, nel frattempo
Heidelberg (Germania) divenne il centro spirituale e politico del calvinismo tedesco.
L’irrigidimento e la forte intransigenza produssero i loro effetti nel 1608 quando i protestanti
diedero vita a un’alleanza militare denominata Unione evangelica, a cui i cattolici risposero con la
creazione della Lega Cattolica.
Il potere imperiale subì anch’esso un evoluzione. Massimiliano II credeva che la pace religiosa era
un obiettivo prioritario e che giustificava una politica di compromesso fondata su una serie di
concessioni ai protestanti. Suo figlio Rodolfo cercò di revocare tutte le concessioni e dovette
scendere a patti con la nobiltà protestante soprattutto in Boemia.
I contrasti furono frequenti finché nel 1609 Rodolfo II emanò la Lettera di Maestà con la quale
riconosceva ai protestanti il diritto di costruire proprie chiese e di professare liberamente la loro
religione.
Tutto cambiò nel 1612 quando al trono imperiale venne eletto Mattia d’Asburgo e peggiorarono
nel 1617 quando sul trono di Boemia salì Ferdinando d’Asburgo (intransigente cattolico).
Alcuni nobili furono arrestati, chiese protestanti rase al suolo e fu vietata la riunione del consiglio
che si occupava di questioni ecclesiastiche, così nel 1618 un gruppo di nobili invase il castello di
Praga, assalendo i governatori asburgici, condannandoli a morte e gettandoli dalla finestra
(Defenestrazione di Praga).
Questo fu l’episodio che fece partire la guerra dei Trent’anni.
Poco dopo la Dieta generale del Regno di Boemia elesse a proprio re Federico V del Palatinato,
capo dell’Unione evangelica. A fianco dell’imperatore, Ferdinando d’Asburgo, si schierò la Lega
Cattolica, guidata dal duca Massimiliano di Baviera. Ma le forze dell’impero e dei bavaresi
riuscirono a sconfiggere le truppe boemi-palatini nella battaglia della Montagna Bianca del 1620.
La repressione fu feroce: condanne a morte ed espropriazioni decimarono la nobiltà protestante.
Nel frattempo entrò anche in guerra la Spagna con gli alleati cattolici e avevano invaso il
Palatinato, e Federico V era stato privato del titolo di principe elettore, che fu conferito invece a
Massimiliano di Baviera.
Fino ad allora la guerra era confinata entro i territori dell’impero ma con l’entrata della Spagna e
l’aggressiva politica di Ferdinando II preoccuparono gli stati vicini e in particolare la Repubblica
delle Provincie Unite, che con la Spagna aveva firmato una tregua e non era arrivata mai a una
pace definitiva.
L’Olanda alleandosi con l’Inghilterra e Federico V del Palatinato sostenne l’intervento in guerra di
Cristiano IV di Danimarca, ma che fu sconfitto.
Ferdinando II vedeva, quindi, sempre più vicino il sogno di una restaurazione cattolica e
dell’affermazione della corona asburgica sui territori dell’Impero, per questo emanò, nel 1629, un
editto di restituzione con il quale disponeva che venisse restituito alla Chiesa tutto il patrimonio
laicizzato dopo il 1552. Questo provvedimento era stato emanato senza l’approvazione della Dieta
imperiale, perché Ferdinando rivendica a sé il diritto di agire da solo in tutto ciò che poteva essere
utile alla propagazione del comune benessere.
Ma per i principi, sia cattolici sia protestanti, si trattava di una violazione della prassi costituzionale
dell’Impero e che nessuno di loro accettava, il tutto fu accentuato dai favori e privilegi che
Ferdinando II diede, attraverso questi accordati, a Wallenstein. Il trionfalismo di Ferdinando II
diede nuova compattezza ai suoi nemici.
In tutto ciò la Francia con Richelieu, tradizionale nemica della Spagna, era riuscita a indurre il re di
Svezia a entrare in guerra, e quando nel 1630 le truppe svedesi sbarcarono sulle coste del Mar
Baltico, anche gli elettori di Branderburgo e di Sassonia fino ad allora fedeli all’imperatore, si
schierarono apertamente contro di lui.
Gli svedesi era ben equipaggiati e dotati di un forte carisma per questo motivo le sorti della guerra
furono rovesciati e gli svedesi riuscirono ad arrivare a Monaco di Baviera.
La morte del re svedese in guerra non fece arrestare l’avanzata svedese, e l’avanzata svedese nei
territori tedeschi spinsero i principi ribelli a cercare un accordo con l’imperatore, che fu siglato nel
1635 con la Pace di Praga.
Questo comportò l’entrata direttamente della Francia in guerra, gli anni che seguirono furono
caratterizzati da violenza e distruzione. Per questi motivi si intensificarono i tentativi di
pacificazione e nel 1648 sfociarono nella pace di Vestfalia.
Cattolici e protestanti furono divisi anche nelle trattative di pace, a Munster si firmò la pace con i
protestanti e a Osnabruck con quelle cattoliche.
Sul piano religioso:
- Si ripresero le clausole della pacificazione di Augusta del 1555, estendendole anche al
calvinismo.
- Ogni territorio avrebbe assunto come sua religione quella che era stata dichiarata
prevalente in quell’anno, anno di riferimento 1624.
- Libertà di culto privato.
- La Chiesa Cattolica sarebbe rientrata in possesso di tutte le proprietà sequestrate dopo il
1624.
Sul piano politico:
- Tutti i signori territoriali furono dichiarati sovrani all’interno del proprio territorio e fu loro
riconosciuto il diritto di stringere relazioni diplomatiche e stipulare alleanze con paesi
stranieri.
- Riconoscimento dell’indipendenza delle Province Unite.
- La Francia acquisì i vescovati di Metz, Toul e Verdun.
- La Svezia ottenne una serie di possedimenti sulla riva tedesca del Baltico.
- Ferdinando II perse diversi territori e il sogno di istaurare il cattolicesimo come religione del
regno.
LA GERMANIA DOPO IL CONFLITTO  La Germania uscì da questo conflitto profondamente
devastata e la situazione fu aggravata, anche, dallo scoppio della peste nel 1628 che si aggravò
ulteriormente nel 1630. Il tutto comportò a delle vere e proprie modifiche della società, si ebbe un
profondo vuoto demografico soprattutto nelle regioni orientali e i signori feudali adottarono delle
misure più severe per legare i contadini alla terra, ciò comportò un peggioramento della
condizione giuridica dei contadini , che furono costretti sempre più a fornire prestazioni di lavoro
gratuito.
LA SPAGNA DOPO IL CONFLITTO La Spagna dovette affrontare le conseguenze politiche e sociali
del conflitto, oltre a quelle economiche e sanitarie. Gli alti costi della politica di Filippo II lo
costrinsero a dichiarare nuovamente bancarotta nel 1596. Nel 1598 salì al trono Filippo III che
introdusse una nuova figura all’interno della politica, il favorito (una sorta di primo ministro). Il re
non gestiva più direttamente tutte le questioni di governo ma nella maggior parte di essi si affidava
alla mediazione di un Favorito.
Filippo III scelse come favorito il duca di Lerma, che approfittò della situazione per promuovere
amici e parenti , suscitando così il malcontento degli esclusi.
L’inflazione aveva portato al raddoppiamento dei prezzi e il peso fiscale era distribuito in maniera
diseguale, a svantaggio della Castiglia, e l’espulsione dei moriscos aveva comportato una grave
perdita della forza lavoro. A far cadere comunque il duca di Lerma fu l’opposizione delle fazioni
interne alla nobiltà, questo precedette di poco la morte di Filippo III.
Salì al trono Filippo IV che scelse come suo favorito il conte di Olivares. Egli era un riformatore
convinto di dare una nuovo assetto istituzionale alla Spagna e di attuare una politica estera
aggressiva, in modo da restaurare l’egemonia spagnola sulla scena europea. Il suo governo si
caratterizzò per una serie di ordinanze che avrebbe dovuto ridurre gli sprechi in tutti i settori della
vita pubblica e dall’amministrazione a corte. I risultati pratici di tale politica furono nulli. Olivares
dedicò molto attenzione alla distribuzione diseguale del peso fiscale a scapito della Castiglia, infatti
nei suoi disegni riformatori una giusta distribuzione del peso fiscale sarebbe andata di pari passo
con l’uniformazione giuridica e istituzionale, da un lato estendendo a tutti i territori il modello
istituzionale della Castiglia e dall’altro chiamando agli uffici del governo centrale sudditi
provenienti non solo dalla Castiglia ma anche dall’Italia, dal Portogallo etc. tutto questo iniziava
con la creazione di un esercito unificato. Ma i grandiosi disegni di Olivares erano destinati al
fallimento a causa sia delle resistenze interne da parte di provincie che fino ad allora avevano
goduto di grande autonomia, sia a causa della scena politica internazionale che vedeva la Spagna
sempre più impegnata all’interno della guerra. Infatti proprio questa guerra mise in grave crisi la
Spagna, le conseguenze furono la ricerca di nuove entrate, il sequestro delle rendite del debito
pubblico e il cercar di condizionare le politiche autonome della Catalogna e del Portogallo. La
situazione si aggravò dopo il 1635 e la presenza delle truppe francesi presso i confini e nel 1640 la
Catalogna fece rivolta dichiarandosi una repubblica indipendente, a questa si aggiunse quella del
Portogallo che puntava a recuperare l’indipendenza e infine nel 1647 anche le provincie italiane.
Nel frattempo Olivares era caduto in disgrazia e la sua politica accentratrice risultò un fallimento.
Solo il Portogallo riuscì ad ottenere l’indipendenza, nella Catalogna e nelle provincie dell’Italia le
rivolte furono sedate e riportate all’ordine.
LA FRANCIA DOPO LA GUERRA  In Francia nel primo decennio del secolo Enrico IV aveva cercato
di risollevare le condizioni del paese, flagellato dalle continue guerre. Ridusse l’ imposta sulla
proprietà fondiaria e introdusse la paulette, una tassa che permetteva di rendere ereditari gli uffici
pubblici venali (la possibilità di trasmettere la carica ai propri eredi rafforzava il processo di
promozione sociale).
Gli aristocratici dell’epoca se ne sentivano minacciati poiché gli uffici pubblici erano fonte di
entrate aggiuntive rispetto alle rendite tradizionali provenienti dalla proprietà della terra.
La politica accorta di Enrico IV fu interrotta bruscamente dal suo assassinio per mano di un
fanatico cattolico nel 1610. Successivo a lui vi fu un periodo in cui la monarchia francese dovette
affrontare l’età minore del re e della reggenza della regina. La grande nobiltà intravide la
possibilità di riacquistare spazio e visibilità politica, per questo chiese e ottenne la convocazione
degli Stati Generali nel 1614, ma non fu in grado di dare seguito alle proprie rivendicazioni.
In questo quadro così complesso Richelieu riuscì a conquistare la fiducia di Luigi XIII, e diventando
così primo ministro nel 1624. Gli obiettivi di Richelieu erano:
- Consolidare il potere della corona all’interno del paese.
- Rafforzare la posizione della Francia nel contesto internazionale.
Decise quindi di ridimensionare i privilegi degli ugonotti, attaccando le loro piazzeforti, ed
espugnandole una ad una, fino a quella più importante di Rochelle nel 1628. Dopo revocò l’editto
di Nantes ed emanò al suo posto un editto di grazia con il quale concedeva libertà di culto agli
ugonotti ma li privava delle piazzeforti smantellando la loro organizzazione politico-militare.
Riportò all’ordine i grandi governatori di provincia i quali avevano pretese politiche che
costituivano una minaccia costante per il potere della corona.
Per migliorare l’apparato burocratico e rendere effettivo il controllo della corona si incrementò la
vendita delle cariche pubbliche, creando un gruppo di ufficiali fedeli al re e al suo primo ministro, e
al tempo stesso rese stabile la figura dell’intendente, cioè un funzionario nominato dal re, e dal re
licenziabile, che sovraintendesse all’amministrazione della giustizia e della fiscalità delle provincie.
In politica estera Richelieu si schierò subito contro le potenze cattoliche, fino al 1635 evitò di
entrare direttamente in guerra finanziando solamente i nemici dell’imperatore (soprattutto la
Svezia).
L’entrata poi in guerra e tutto l’apparato burocratico poteva essere mantenuto solo attraverso un
aumento dell’imposizione fiscale: la moltiplicazione degli uffici veniali, l’aumento delle tasse e
l’invadenza degli emissari del governo centrale, questo però provocò l’insurrezione di molte città.
La situazione degenerò nel giro di pochi anni, i primi a sollevarsi furono i contadini per l’aumento
delle tasse e nel 1635- 1637 una guerra contadina attraverso la Francia dal Sud Ovest, seguita nel
1639 da un’insurrezione in Normandia.
Richelieu morì nel 1642 e successivamente il suo re Luigi XIII, lasciando così al trono un erede di
soli cinque anni Luigi XIV ma la politica di Richelieu fu continuata da Mazzarino.
Mazzarino si assunse il compito di guidare la Francia alla conclusione della guerra e alla firma della
pace di Vestfalia. Ma la vittoria causò la rivolta dei magistrati dei Parlamenti e dei principi del
sangue, che si ribellarono contro l’ulteriore inasprimento fiscale voluto da Mazzarino. Dal 1648 al
1653 la Francia fu attraversata da una guerra civile chiamata la Froda.
L’iniziativa partì dal Parlamento che si rifiutò di registrare la nuova tassa a carico dei detentori di
cariche pubbliche. All’atto di insubordinazione si allegò il malcontento popolare e da questo
scaturì la guerra civile, che si sarebbe potuta terminare rapidamente se non si aggiungessero
anche i grandi aristocratici per rivendicare il loro diritto- dovere di assistere il re e di condividere
con lui le scelte politiche e la gestione dello Stato.
Alla fine la divisione del fronte nobiliare e l’alleanza con la Spagna, indussero anche i principi a
cercare la pace, e il giovane re, la madre e il suo primo ministro, poterono tornare a Parigi.

CAPITOLO 9 LE RIVOLUZIONI INGLESI


Elisabetta I morì senza lasciare eredi diretti, quindi salì al trono il suo parente più prossimo:
Giacomo Stuart re di Scozia, che unificò così le due corone.
Si trovò a governare su tre regni totalmente diversi l’un dall’altro, sia per la religione, per i costumi
e l’organizzazione amministrativa e sociale.
La stessa Scozia è un regno dove si è radicato il presbiterianesimo, una declinazione del calvinismo
che rifiuta la tradizionale gerarchia ecclesiastica protestante e riconosce il ruolo esclusivo delle
assemblee degli anziani delle singole comunità.
In Inghilterra vi è invece la Chiesa ufficiale anglicana, che ha mantenuto l’architettura piramidale di
matrice cattolica pur evolvendosi dal punto di vista teologico in senso protestante.
Settori minoritari della società hanno però abbracciato il calvinismo e, a causa del loro radicalismo
religioso, sono chiamati puritani.
In Irlanda, la maggioranza della popolazione professa il cattolicesimo, mentre gli immigrati inglesi
(cioè il vertice della società locale ) appartengono alla Chiesa nazionale irlandese, modellata su
quella anglicana anche se più vicina al modello calvinista.
Quindi i problemi che si trovò ad affrontare Giacomo Stuart erano più o meno gli stessi degli altri
regni: il dissesto delle finanze dello Stato, causato dalle guerre, e sul piano religioso,
l’individuazione di un punto di equilibrio tra le diversi correnti interne alla Chiesa d’Inghilterra e a
tutto ciò si aggiungeva anche il fatto che doveva anche guadagnarsi la fiducia dei propri sudditi e
soprattutto della grande nobiltà.
Giacomo Stuart è un fervente assertore dell’assolutismo monarchico e governa senza tener conto
del Parlamento, affiancandosi però di un favorito, il duca di Buckingham. Egli tenta di stabilire
l’uniformità religiosa sotto la difesa della Chiesa anglicana e perseguita tutte le forme di
protestantesimo di tipo presbiteriano. Inoltre aumentò i titoli onorifici e introdusse il
mantenimento dell’esercito anche in tempo di pace.
Ma ciò che causò forti tensioni fu la decisione del sovrano di far sposare il figlio ed erede al trono
Carlo con la principessa cattolica Enrichetta Maria di Borbone, sorella del re di Francia. Alla futura
regina (e al suo seguito) sono concesse la possibilità di professare il culto cattolico a Londra e la
facoltà di educare al credo cattolico i figli.
Tali scelte del sovrano si legano alla sua volontà di cambiare la tradizionale politica inglese di
sostegno allo schieramento protestante europeo a favore di un ruolo di mediazione fra potenze
cattoliche e potenze protestanti.
I sospetti di un cripto cattolicesimo, il dissenso per il ministro favorito e quelli per la politica estera,
molto ambigua si accentuarono nel 1625, quando salì al trono Carlo I (suo figlio).
Le dispute dottrinarie divennero materia di conflitto politico e la posizione del ministro favorito del
duca di Buckingham, molto vicino all’arminianesimo (corrente interna al calvinismo) accrebbe la
tensione e l’ostilità verso il re.
Il contrasto tra Carlo I e i membri puritani della Camera dei comuni cominciò ad accentuarsi in
occasione dell’emissione di un prestito forzoso, quando alcuni parlamentari si rifiutarono di
pagare e furono imprigionati; ma nel 1628 fu riconvocato il Parlamento e fu presentata una
Petizione del Diritto al re nella quale si denunciavano gli arresti illegali.
Carlo I accettò la petizione ma non migliorarono i suoi rapporti con il Parlamento al punto da
scioglierlo e non convocarlo più per ben 11 anni, nel 1629.
Nel frattempo il duca di Buckingham fu assassinato, il re continuava ad attorniarsi di persone
sospette filo cattolicesimo e a promuovere alle più alte cariche della Chiesa d’Inghilterra vescovi
arminiani, come William Laud. Carlo I e Laud attuano una politica repressiva nei confronti di
puritani, presbiteriani e, in generale, di coloro i quali non si uniformano alle nuove direttive e
provocando così la fuoriuscita dalla Chiesa anglicana di molti fedeli di sentimenti anticattolici e
protestanti.
La non convocazione del Parlamento comportava l’impossibilità di ottener eun aumento delle
entrati statali e implicava la ricerca di fonti alternative tipo: la vendita di monopoli (licenze di
esercitare un’attività), e nel ripristino di vecchie tasse cadute in disuso.
Questo provocarono diverse protese isolate, ciò che fece degenerare totalmente la situazione fu la
pretesa di estendere ai tempi di pace la tassa dello Ship money cioè il contributo finanziario per
l’armamento delle navi. Carlo I cercò di legittimare la tassa ma un numero sempre maggiore di
contribuenti cominciarono a non pagarla.
Il problema maggiore provenne, però, dalla Scozia. Gli scozzesi nutrivano forte ostilità nei
confronti di Carlo I poiché li escludeva dalle cariche pubbliche, non faceva nulla per farli
partecipare ai benefici dello sviluppo commerciale ma lo scontro più acceso si ebbe sul fronte
religioso. Carlo I e Laud cercarono di estendere l’uniformità dottrinaria anche alla Scozia
presbiteriana introducendo il Common Prayer Book, gli scozzesi però rifiutarono e minacciarono la
secessione.
Per reprimere la rivolta in Scozia, Carlo I aveva bisogno di finanziamenti e proprio per questo
motivo convocò nel 1640, dopo ben 11 anni, il Parlamento che fu chiamato il corto Parlamento, in
quanto fu sospeso tre settimane dopo a causa delle proteste e delle rivendicazioni che gli furono
sottoposte.
I rapporti con la Scozia peggiorarono al punto che l’esercito scozzese varcò i confini e travolse
l’esercito inglese, minacciando di invadere tutta l’Inghilterra se il re non avesse ritirato le misure
religiose e non avesse pagato una grossa somma a titolo di risarcimento delle spese di guerra.
In Novembre Carlo I fu costretto a riconvocare il Parlamento, che fu chiamato stavolta il lungo
Parlamento, perché sarebbe durato fino al 1660. Nel frattempo Londra fu attraversata da una
grave crisi commerciale che aveva quasi paralizzato l’economia cittadina, questo si espresse in una
minacciosa manifestazione popolare.
Sfruttando l’occasione i Parlamentari alzarono il tiro delle loro rivendicazioni: abolizione dello Ship
Money e di tutte le tasse arbitrarie, scioglimento dei tribunali che si erano distinti per le vessazioni
contro i sudditi, messa a morte come traditore del primo ministro del re, convocazione delle
Camere ogni tre anni, e diritto del parlamento di controllare la scelta dei ministri regi.
Questa situazione di crisi fu peggiorata ulteriormente da uno scoppio di una rivolta cattolica in
Irlanda. Il sovrano si trova ancora una volta obbligato a chiedere sostegno finanziario per
l’organizzazione di un esercito; il Parlamento, timoroso che le truppe possano essere utilizzate
contro di sé, chiede il controllo sul comando militare della spedizione.
Tra il 1641 il 1642 la situazione degenerò completamente: il Parlamento approvò una Grande
Rimostranza con la quale ripercorreva i motivi di dissenso che lo avevano contrapposto al re e i
consiglieri di cui questi si era circondato. Carlo I, convinto che questo sia un invito alla sedizione
popolare, decide allora di intervenire con la forza, violando la tradizionale immunità del
Parlamento, entrando in Parlamento con le forze armate per arrestare cinque membri della
Camera dei Comuni ma l’operazione fallì e i cinque parlamentari riuscirono a mettersi in salvo. La
conseguenza diretta fu che Londra si sollevò contro il re e tutto ciò lo costrinse ad abbandonare la
città nel 1642 e a rifugiarsi a York.
Qui Carlo I arma un esercito di volontari da schierare contro il Parlamento che egli proclama ribelle
alla sua autorità. Di contro in Parlamento i fautori della lotta armata erano una minoranza, ma
riuscirono ad armare un esercito alleandosi anche con gli scozzesi.
Nel 1645 l’esercito parlamentare inflisse una disastrosa sconfitta all’esercito del re nella battaglia
di Naseby, nella quale ebbe un ruolo fondamentale Cromwell (membro della Camera dei Comuni).
Qualche tempo dopo il re si arrese, consegnandosi agli scozzesi. Nei mesi successivi, però, il
Parlamento fu attraversato da aspri dibattiti. Una minoranza di parlamentari erano favorevoli alla
tolleranza religiosa e favorevoli alla ricerca di una pace negoziata con le forze realiste(gli
Indipendenti) e di contro una maggioranza presbiteriana che voleva una rigida ortodossia e che
erano decisi a combattere fino alla vittoria (Presbiteriani).
Anche l’esercito risentiva di queste divisioni: gli ufficiali di antica nomina cercavano di venire a
patti con il re, invece tra gli ufficiali più giovani si diffusero simpatie per il movimento dei Livellatori
(gruppi di radicali il cui programma politico prevedeva la tolleranza religiosa, il diritto di voto
esteso a tutti i maschi adulti tranne servi e medicanti, la riduzione dei dazi e l’abolizione dei
monopoli commerciali e la democratizzazione dell’intera organizzazione sociale).
Le discussioni e le divisioni, sempre più intese, vengono però troncate dalla fuga di Carlo I, che
cercò di accordarsi con gli scozzesi e si ebbe così lo scoppio di una seconda fase della guerra civile.
Quando il re fu nuovamente sconfitto e fatto prigioniero, le truppe invasero la Camera dei Comuni,
interrompendo i lavori e arrestando una quarantina di parlamentari, trasformando il Parlamento a
un “Parlamento- troncone” che si dichiarò “ supremo potere della nazione”. Uno dei suoi primi
atti fu la costituzione di un’alta corte di giustizia con il compito di processare il re. Carlo I fu
condannato a morte e decapitato nel 1649; fu poi abolita la Camera dei Lord e fu proclamato il
Commonwealth, la Repubblica.
All’interno della città e dell’esercito scoppiarono disordini ma Cromwell riuscì a stabilire l’ordine e
marciò contro l’Irlanda, dove mise fine alla rivolta con metodi spietati. Poco dopo pacificò con la
Scozia e poté dedicare le sue energie alla guerra appena scoppiata con l’Olanda.
Un Atto di navigazione emanato nel 1651, vietava l’approdo in porti inglesi a navi che non
avessero un equipaggio inglese oppure del paese di provenienza delle merci. Questo era un
evidente attacco ai traffici olandesi e di un tentativo nel inserirsi nel commercio del Baltico, poiché
gli olandesi si erano specializzati nel ruolo di intermediari commerciali tra i paesi del Baltico e
quelli dell’Europa occidentale. Il rifiuto dell’Olanda fu immediato e la guerra che seguì, però, fu a
vantaggio dell’Inghilterra, che subito dopo riuscì a stringere vantaggiosi trattati commerciali con la
Svezia, il Portogallo e la Danimarca.
La strategia espansionistica di Cromwell prevedeva un attacco contro la Spagna e le sue colonie
americane e un’alleanza con la Francia sempre antispagnola, che le fruttò la conquista dell’isola
della Giamaica. L’Inghilterra repubblicana si imponeva come potenza marittima e commerciale.
Nel 1653 Cromwell fu nominato Lord protettore della Repubblica e si trasferì a Whitehall, egli
impose una dittatura militare e fu costretto dall’esercito da rifiutare la corona nel 1667.
Alla morte di Cromwell cercò di seguire le sue orme il figlio ma questo momento si mostrò
l’instabilità del regime dittatoriale, infatti subito si dimise.
Nel 1660 il generale Monk, con l’approvazione del Parlamento, restaurò la monarchia Stuart
mettendo sul trono Carlo II.
Il re continuava ad essere l’unica incarnazione legittima del potere politico e il problema
costituzionale si riduceva all’individuazione delle misure necessarie a mantenere la sua azione
nella legalità e impedirgli di trasformarsi in un tiranno.
Nella Dichiarazione di Breda Carlo II si era espresso a favore di un’amnistia generale e di una
libertà di coscienza in materia religiosa, ma il Parlamento si mostrò meno incline alla tolleranza
religiosa, soprattutto nei confronti del radicalismo religioso. Nel giro di pochi anni furono approvati
diversi atti tesi a escludere i non anglicani dalle cariche pubbliche e mettere al bando le sette non
conformiste.
Carlo II continuò a mostrarsi, comunque, tollerante in materia religiosa e a scontrarsi su questo
con una parte del Parlamento, che temeva il risorgere di complotti cattolici. Questi timori si
accentuarono quando l’Inghilterra, nel 1672, si schierò a fianco di Luigi XIV contro l’Olanda (guerra
a fianco di un sovrano cattolico contro un paese protestante). Questo spinse il Parlamento a
rafforzare le misure di difesa delle proprie prerogative e al contenimento dei poteri del re. Con
l’Olanda fu firmata la pace e in politica interna fu emanato il Test Act, con il quale si imponeva a
chiunque ricoprisse cariche pubbliche di giurare fedeltà alla Chiesa anglicana e fu definito il
principio dell’ Habeas corpus, che tutelava il diritto degli arrestati a comparire entro breve tempo
davanti a un giudice.
Carlo II non aveva eredi diretti e il parente più prossimo era Giacomo che era un cattolico
dichiarato, il Parlamento si spaccò in due: Whigs cioè oppositori alla successione e i Tories cioè i
favorevoli alla successione (questi saranno i futuri partiti che si alterneranno al governo del corso
del secolo successivo).
La maggioranza risultò favorevole a Giacomo e nel 1685 salì al trono. Ben presto però attuò una
politica autocratica e filo cattolica, sospendendo il Test Act del Parlamento ed emanando una
Dichiarazione di Indulgenza con la quale concedeva libertà di culto a tutti i non conformisti,
compresi i cattolici.
L’opposizione si rivolse subito a Guglielmo d’Orange, governatore dell’Olanda e marito
protestante di Maria, figlia primogenita dello stesso Giacomo, chiedendogli di intervenire a difesa
dell’Inghilterra protestante. Quando Guglielmo sbarcò in Inghilterra, Giacomo fuggì a Londra,
permettendo al Parlamento di destituirlo senza combattere e offrire la corona all’Orange.
Guglielmo e Maria salirono così al trono d’Inghilterra grazie a quella che fu definita la Gloriosa
Rivoluzione, e a patto che accettassero il Bill of Rights, un atto solenne nel quale si sanciva “la
libertà di parola e di discussione o di stampa in Parlamento” e si definivano in modo dettagliato i
punti e i limiti del potere del re, che perdeva il diritto di sospendere le leggi, e di imporre tributi e
mantenere un esercito senza il consenso del Parlamento.

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