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Dispensa 2 - MAM (Corso A-L) - prof. G. Adiletta - A.A.

2012/2013

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DEI MECCANISMI

COPPIE CINEMATICHE
Consideriamo un collegamento tra due corpi di un sistema meccanico, che possa consentire un moto
relativo. Nell’ambito della superficie di ciascun corpo è possibile individuare una parte, detta
elemento cinematico (al più coincidente con l’intera superficie del corpo), che durante il moto, è
interamente o in parte a contatto con il corrispondente elemento del corpo collegato. Il tipo di moto
relativo è in relazione con la forma (ideale) dei due elementi cinematici a contatto, che insieme
vengono denominati coppia cinematica.
Le coppie cinematiche possono essere classificate in diversi modi, ma un esame completo
esula dagli scopi di queste note; ci limiteremo a considerare qui soltanto la suddivisione in coppie
inferiori, o elementari, e quelle superiori, seguendo la nomenclatura proposta dalla IFToMM (The
International Federation for Theory of Machines and Mechanisms). Le prime sono quelle in cui gli
elementi sono superfici rigide combacianti, in parte o totalmente; le seconde, tutte le altre. E’ da
osservare che molti testi, seguendo la vecchia definizione di coppia cinematica, riservano la
denominazione di coppie elementari a quelle rigide combacianti il cui moto relativo ha un solo
grado di libertà; queste ultime sono in numero di tre e sono: la coppia prismatica, la coppia
rotoidale, la coppia elicoidale.

Fig. 1

Se il moto relativo è traslatorio la coppia è detta prismatica (Fig.1a); se è puramente rotatorio la


coppia cinematica è detta rotoidale (Fig.1b), se infine è elicoidale la coppia cinematica è detta
elicoidale (Fig.1c). In queste coppie, il contatto tra gli elementi cinematici avviene tra superfici
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combacianti (che interessano in tutto o in parte gli elementi cinematici) ed il tipo di moto relativo,
ad un grado di libertà, dipende proprio dalla forma degli elementi cinematici.
Le coppie superiori sono raggruppabili in due classi: nella prima uno dei due elementi
cinematici è non rigido e il contatto avviene medianti superfici combacianti (es. coppia cinghia-
puleggia in Fig.2a); nella seconda classe gli elementi cinematici sono entrambi rigidi, ma a contatto
secondo punti oppure linee appartenenti a superfici non combacianti. (è il caso, ad es., della coppia
camma-piattello in Fig. 2b). Le coppie superiori in cui è necessaria una forza che assicuri il contatto
durante il moto relativo sono dette a chiusura di forza. Le coppie cinghia-puleggia e camma-
piattello di fig.2, sono entrambe a chiusura di forza.

a) b)
Fig. 2

Il contatto tra gli elementi cinematici di una coppia può avvenire con un moto relativo di
rotolamento, di strisciamento o addirittura di urto.
In Fig. 3 sono alcuni esempi ulteriori di coppie cinematiche con differenti tipi di moto relativo.

CATENE CINEMATICHE, MECCANISMI E RISPETTIVE MOBILITÀ


Mediante le coppie cinematiche è possibile collegare un insieme di corpi rigidi, accoppiandoli
cinematicamente, in modo cioè da consentire un moto relativo tra i corpi stessi.1 Il sistema
meccanico così costituito rappresenta una catena cinematica ed i corpi che lo formano ne
rappresentano i membri (Fig. 4).

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cenno all’utilizzo dei giunti cinematici, che non alterano il tipo di accoppiamento.
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Fig. 3

a) b)
Fig. 4

La definizione si può estendere ai casi in cui qualcuno dei membri risulta deformabile e collegato
tramite coppie superiori a superfici combacianti ad altri membri (es. Fig. 2a). Se ogni membro
risulta accoppiato ad un solo membro o al più a due membri contigui, la catena è semplice. E’
composta se è presente almeno un membro accoppiato con tre o più membri. La catena può essere
aperta o chiusa. Nel primo caso esiste un membro con un solo accoppiamento.
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Un tale sistema può essere considerato libero di muoversi nello spazio, rispetto ad un
sistema di riferimento fisso. In altri termini, possiede i 6 gradi di libertà (g.d.l.) che avrebbe qualora
fosse un insieme rigido. Non essendo invece tale, ai 6 g.d.l. anzidetti vanno sommati un certo
numero di ulteriori g.d.l. che derivano dalla mobilità “interna” della catena, intesa come possibilità
di moto relativo tra i membri. Se la catena è piana, il discorso è analogo, fatto salvo il fatto che i
g.d.l. da insieme rigido sono 3 in luogo di 6. E’ opportuno ricordare che, i g.d.l. possono essere
espressi da opportune coordinate lagrangiane del sistema. Nel caso della Fig. 4b, ad esempio, la
catena cinematica è quella di un manovellismo piano. I gradi di libertà dei membri disaccoppiati
sono complessivamente 4 x 3 = 12. Le tre coppie rotoidali in A, B e C e la coppia prismatica che
accoppia i membri 3 e 4 sopprimono ciascuna 2 gradi di libertà, poiché ciascuna coppia consente un
moto relativo ad un solo g.d.l.. Pertanto, in totale rimangono 12 – (4x2) = 4 g.d.l.
Se uno dei membri della catena viene fissato ad una incastellatura, la catena diventa un
meccanismo, perde la mobilità da insieme rigido e mantiene solo quella associata al moto relativo
tra i membri. Il membro fissato viene denominato telaio o anche ponte. I meccanismi più comuni
sono quelli che presentano un solo g.d.l.. In tal caso, assegnata la posizione di uno dei membri, la
posizione di tutti gli altri resta univocamente determinata. Occorre precisare che nella presente
schematizzazione teorica si prescinde dai giochi, che esistono sempre nella realizzazione pratica
delle coppie cinematiche, proprio per consentire il moto relativo. Il valore di tali giochi dipende
dalla precisione costruttiva, dalla necessità di assicurare la presenza di lubrificante tra gli elementi
cinematici oppure da motivazioni specifiche (come ad es., nel caso di un comando valvola, dalla
necessità di compensare le dilatazioni termiche).
E’ da osservare che, per una data catena cinematica, è possibile costituire tanti meccanismi
distinti quanti sono i membri che la costituiscono; i meccanismi varieranno in dipendenza del
membro che viene fissato. In Fig. 5 sono riportati gli esempi dei manovellismi derivati dalla catena
di Fig. 4b: quello di spinta (in Fig. 5a il membro fisso è il 3), quello a corsoio oscillante (in Fig. 5b
il membro fisso è l' 1), quello a guida (glifo) rotante (in Fig. 5c il membro fisso è il 2), e quello a
corsoio fisso (in Fig. 5d il membro fisso è il 4), nel quale il glifo si muove di moto traslatorio
rettilineo.
Si osserva pure che, nell’impossibilità di moto relativo tra i suoi membri, cioè nell’ipotesi di
soppressione di tutti i gradi di libertà, il meccanismo diventa una struttura. Una caratteristica
fondamentale che può essere riconosciuta negli esempi relativi a meccanismi ad un solo grado di
libertà, è rappresentata dal fatto che un membro del meccanismo, il movente, viene utilizzato come
ingresso del moto e della potenza meccanica, mentre un altro, il cedente, è quello di uscita del moto
e della potenza.

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a) b)

c) d)
Fig. 5

a) b)
Fig. 6

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Nel caso di meccanismi con più gradi di libertà è possibile il funzionamento con uno o più moventi
in presenza di uno o più membri cedenti. Il braccio articolato di uno scavatore, rappresentato in Fig.
6a, ed il differenziale per autoveicoli in Fig. 6b, sono due esempi in proposito.
E’ significativo rilevare che, il modo di utilizzare la potenza meccanica è distintivo del
meccanismo. Infatti, ai fini dell’operazione da compiere, il ruolo prevalente del meccanismo è
talvolta quello di ottenere un particolare moto in uscita (in termini ad esempio di traiettorie o
velocità di punti particolari del membro cedente), determinando una opportuna trasformazione del
moto in ingresso. In altri casi l’aspetto della trasformazione del tipo di moto è secondaria o si
accompagna alla necessità di modulare l’intensità delle forze in uscita. Esempi del primo tipo sono
il meccanismo che costituisce il braccio di un escavatore, o il comando valvola di un motore
alternativo a combustione interna. In entrambi i casi è evidente che i meccanismi impiegati,
rispettivamente, giocano un ruolo fondamentale ai fini del particolare moto richiesto al cedente,
rappresentato dalla benna in un caso e dalla valvola nell’altro. Esempi del secondo tipo sono la
semplice leva o il riduttore costituito da un ingranaggio a ruote dentate. L’amplificazione della
forza disponibile è significativa nel caso della leva. Nel caso del riduttore, la possibilità di ottenere
una coppia maggiore o minore, sebbene a velocità differente da quella di ingresso, giustifica il
ricorso a questo tipo di meccanismo.

SISTEMI ARTICOLATI
I sistemi articolati sono meccanismi costituiti da membri rigidi accoppiati mediante coppie
rotoidali e prismatiche. Il caso più frequente è quello dei sistemi articolati piani. Questi sono
derivanti da catene cinematiche piane con assi delle coppie rotoidali (cerniere) tutti perpendicolari
allo stesso piano del moto e da coppie prismatiche con asse parallelo al piano del moto. Alcuni
meccanismi rappresentati nelle figure precedenti (Fig. 5, Fig. 6a) sono esempi di questo tipo. Altri
esempi sono i quadrilateri articolati, di cui si riporta un esempio in Fig. 7a, e quelli derivanti dall’
esalatero di Watt e da quello di Stephenson, i cui schemi sono riportati in Fig. 7b.
Per questi meccanismi, la determinazione del numero G di gradi di libertà può essere
effettuata mediante la relazione:

G = 3N - VR - VP – 3

dove N è il numero dei membri, VR rappresenta il numero di g.d.l. complessivamente soppressi


dalle cerniere cilindriche, VP il numero di g.d.l. soppressi dalle coppie prismatiche e 3 sono gradi di
libertà soppressi dal vincolo di telaio. Se cerniere e guide prismatiche collegano, ciascuna, non più

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di due membri, allora, indicato con R il numero delle cerniere e con P quello delle guide
prismatiche, è VR = 2 R e VP = 2 P. Se una cerniera collega più generalmente n membri distinti,
per essa bisognerà conteggiare, nel computo di VR, 2(n-1) g.d.l. soppressi. L’applicazione della
relazione va effettuata comunque con attenzione perché in alcuni casi, una parte dei vincoli tipo R o
P sono solo apparenti e vanno pertanto esclusi dal computo.

a) b)
Fig. 7

Un esempio di sistema articolato non piano è il giunto di Cardàno (Fig. 8) (utilizzato per il
collegamento tra alberi rotanti non allineati), in cui i membri rigidi sono collegati mediante coppie
rotoidali con assi non paralleli e concorrenti in uno stesso punto. In tal caso ciascun punto
appartenente ai membri del sistema si muove su di una superficie sferica ed il sistema articolato è di
tipo sferico.

Fig. 8

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CARATTERISTICHE GENERALI DELLO STUDIO DEI MECCANISMI


Lo studio di un meccanismo può essere affrontato dal punto di vista puramente cinematico se
interessano soltanto posizione, velocità ed accelerazione dei membri che lo costituiscono e dei punti
ad essi appartenenti. Se consideriamo un meccanismo ad un solo grado di libertà, il primo passo
dell’analisi comporta la determinazione della posizione di tutti i membri del sistema, assegnata che
sia la posizione di uno dei membri, generalmente il movente oppure il cedente. Successivamente,
per una data la posizione del sistema, si determinano la velocità e l’accelerazione di un qualunque
punto del meccanismo nota che siano la velocità e l’accelerazione di uno dei membri.
Uno studio di sintesi cinematica è quello che consente di determinare il meccanismo capace
di realizzare un insieme di posizioni prestabilite del membro cedente. Questa è l’analisi che viene
condotta inizialmente, ad esempio, quando occorre individuare un meccanismo capace di effettuare
lo spostamento di un oggetto di cui sono assegnate le posizioni iniziale e finale o l’intera traiettoria.
Lo studio dinamico comporta ovviamente l’analisi delle forze che interessano un dato
meccanismo, in relazione al moto. Questo studio comporta l’esame delle forze esterne applicate al
sistema. Queste forze sono: quelle esterne attive, ad esempio le azioni applicate al movente (forza e
coppia motrici) ed al cedente (forza e coppia utili o resistenti); quelle esterne vincolari (forza e
coppia di vincolo del telaio); quelle di inerzia, dovute alle accelerazioni presenti durante il moto;
quelle interne, che si equilibrano mutuamente e che, se sono dovute all’attrito, influenzano le
reazioni ai vincoli, il moto e la potenza trasmessa.
Analogamente al caso di un sistema meccanico di tipo più generale, lo studio dinamico di un
meccanismo può essere condotto assegnandone il moto (studio diretto), e determinando un possibile
sistema di forze congruenti al moto assegnato. Questo studio del meccanismo viene anche indicato
come analisi cinetostatica (può essere condotta con i metodi dell’ analisi statica - quando siano note
le grandezze cinematiche, anche le azioni di inerzia possono essere incluse e trattate in una analisi
dell’equilibrio di tipo statico). Un’analisi di questo tipo può essere più semplicemente limitata alla
determinazione delle sole azioni di inerzia. Queste forze hanno infatti importanza ai fini delle azioni
trasmesse alla struttura del meccanismo e dell’isolamento delle vibrazioni. E dunque, uno studio
dinamico limitato alle forze d’inerzia, consente di affrontare il problema del bilanciamento delle
stesse forze. Questo tipo di analisi viene condotta, ad esempio, per il manovellismo ordinario
ritenendo costante la velocità angolare della manovella. La conoscenza delle azioni di inerzia
consente poi di effettuare il bilanciamento delle stesse forze nei motori che impiegano uno o più
manovellismi combinati. Quando invece le forze di inerzia sono trascurabili rispetto alle altre forze
(note le masse e le accelerazioni in gioco), il moto influenza solamente le eventuali azioni interne

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dovute all’attrito. L’analisi viene allora condotta allo scopo di conoscere completamente il sistema
di forze attive e vincolari e si riduce praticamente ad una analisi di tipo statico.
Diversamente, l’analisi dinamica ha lo scopo di determinare il moto del meccanismo dovuto
ad un assegnato sistema di forze esterne (analisi di tipo inverso). Il problema comporta la
risoluzione di una o più equazioni differenziali in cui sono presenti spostamenti, velocità ed
accelerazioni inizialmente incogniti.

ESERCIZI

ESERCIZIO 1-A

Determinare il numero di gradi di libertà per il meccanismo articolato piano di Figura 1.

Indicati con:

n: il numero di membri
GLD il numero dei gradi di libertà che competono alla totalità dei membri disaccoppiati
CR il numero di coppie rotoidali
CP il numero delle coppie prismatiche
GLS(CR) gradi di libertà soppressi dalle coppie rotoidali
GLS(CP) gradi di libertà soppressi dalle coppie prismatiche
GLS(T) gradi di libertà soppressi dal telaio

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GL gradi di libertà

essendo il meccanismo di tipo piano, risultano:

n=9
GLD = 3 x n = 3 x 9 = 27
CR = 9, CP = 2
GLS(CR) = 2 x CR = 2 x 9 = 18, GLS(CP) = 2 x CP = 2 x 2 = 4, GLS(T) = 3

ed infine:

GL = GLD – GLS(CR) – GLS(CP) – GLS(T) = 27 – 18 – 4 – 3 = 27 – 25 = 2.

ESERCIZIO 1-B

Nella determinazione del numero di gradi di libertà di una catena cinematica ovvero di un
meccanismo, è necessario tenere conto del numero di gradi di libertà effettivamente soppressi dalle
coppie cinematiche. In tal senso occorre fare attenzione ai casi in cui più coppie vincolano gli stessi
gradi di libertà. Un semplice esempio viene mostrato in Fig. 1. Allo schema si può ricondurre il
modello elementare della Fig. 2 per una macchina composta da rotore e statore, accoppiati alle
estremità dell'albero del rotore mediante due cuscinetti .

Fig. 1

Fig. 2

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ESERCIZIO 1-C

Determinare il numero di gradi di libertà per i meccanismi articolati piani di Figura 1.

Fig. 1

ESERCIZIO 1-D

Determinare il numero di gradi di libertà per il meccanismo articolato piano di Figura 1.

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Fig. 1

Nota: A e B rappresentano in figura due coppie rotoidali ognuna delle quali accoppia le due aste che
si incrociano.

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