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La giovinezza

Da don Ferrante, duca di Gravina, e da Giovanna della Tolfa Frangipani, nacque il Nostro in
quella medesima città il 2 febbraio 1650. Fin dai primi anni parve egli manifestare segni
indubbi di religiosa vocazione. Indossava camicie di lana; s'interessava alle cose dell'ordine
domenicano; l'assistere alle funzioni religiose, e l'imitarle formavano particolarmente la sua
delizia.

Era un giovinetto d'ingegno e vivace; Significativo quel primo saggio del suo valore letterario
che s'intitola: Epigrammata sacra.

Morto il padre in età prematura, cominciava intanto la madre sua a pensar seriamente
all'accasamento del figliuolo. Perciò mise ella l'occhio su vari partiti. Stava per concludere la
laboriosa tela allorché... ecco la sorpresa. Fedele alla sua vocazione, era qualche tempo che
andava il Nostro cercando ancora qualche chiostro domenicano che l'accogliesse. I parenti
suoi opponendovisi, ne fu sempre respinto. S'avvide finalmente che, fintantoché rimaneva in
famiglia, non avrebbe potuto conseguire l'intento suo; e con un pretesto decise di partire.

Religioso

Ecco dunque il nostro giovane in viaggio per la penisola.

A san Domenico di Bologna, dove sosta per qualche giorno, prende egli i primi contatti con i
domenicani lombardi. Proseguendo il viaggio, giunge a Venezia; e qui, come aveva divisato,
veste le bianche lane dell'ordine domenicano, assunto il nuovo nome di fra Vincenzo Maria
(12 agosto 1668).

Già dissi dell'opposizione dei parenti suoi a una tal determinazione.

Al sentir quella novità si può quindi pensare come rimasero. Protestarono, strepitarono; fe-
cero giungere le loro lagnanze fin presso il sommo pontefice. Invano però, che saldo come
roccia persisteva il Nostro nel suo proposito; e il 13 febbraio 1669 emetteva in santa Sabina
sull'Aventino, in Roma, la solenne sua professio- ne religiosa.

Nella Curia Romana

E continuiamo a svolgere il libro della mera- vigliosa sua vita. Entrato nell'arringo degli studi
in san Domenico di Bologna, riceve egli il sacer- dozio il 24 febbraio 1671. Vi vien promosso
lettore il 30 maggio successivo; nominato il 4 luglio lettore di filosofia nel convento di san
Domenico di Brescia. Era appena entrato «in possesso» di tale lettura quando nel concistoro
del 22 febbraio 1672 fu egli nominato cardinale da Clemente X. Accettata con gran
ripugnanza la porpora, fu dal medesimo Clemente creato prefetto della sacra congregazione
del concilio. Ma già fin d'allora andava egli allenandosi all'apostolico ministero; per la qual
cosa, allor- ché il santo padre gli esibì la vacante sede di Manfredonia, egli senz'altro
l'accettò.

A Manfredonia e Cesena
Ecco dunque il Nostro sulla cattedra di san Lorenzo. Vi s'era insediato da poco; e subito
emanò un importante editto sulla riforma dei costumi. Dié mani al restauro della cattedrale,
che consacrò il 14 marzo 1677. Costruì di pianta l'attiguo campanile. Iniziò il 21 marzo suc-
cessivo la prima delle tante visite pastorali. Radunò infine il suo primo sinodo diocesano.

Per andare o restare a Manfredonia avea egli rinunciato a parecchie altre diocesi più vantag-
giose ed importanti. Finalmente gli fu giocofor- za accettare quella di Cesena, che Innocenzo
XI gli offriva. Anche qui spiegò egli dunque il suo zelo in molte e svariate opere: restauro
della cattedrale, missione al popolo, visita pastorale ecc. Ma il principale suo campo
d'azione doveva essere Benevento.

A Benevento

Fu egli destinato a quell'antica e nobilissima sede il 1° dicembre 1685. Si era da poco


accinto alle prime apostoliche fatiche quand'ecco il terremoto mettere a soqquadro la città.
Salvo per un vero miracolo, si applicò egli tosto a ricostruire edifici sacri e profani. Diede
nuova sistemazione alle reliquie di san Bartolomeo Apostolo. Oltre ai diocesani radunò due
[sic! ma: tre, n.d.c.] concili provinciali. Una notevole attività spiegò anche a profitto della
sede suburbi- caria di Frascati, a cui era stato promosso da Clemente XI.

E siamo al 1702. Povero arcivescovo nostro! Dopo tanti affanni e denaro e tempo spesi per
risollevar Benevento dalle sue rovine ecco altro terremoto, e con questo altri lutti e rovine. Or
chi non si sarebbe scoraggiato sotto il cumulo di tante sciagure? Eppure non scoraggiò il
Nostro. Fra mille sacrifici ricostruì il distrutto. Provvide, in più, di acquedotto l'assetata città.
Ne assicurò più volte il contrastato vettovagliamento. Compì tante altre opere che sarebbe
lungo ricordare.
Ed ora qualche cenno sull'azione pastorale.

In omnibus labora

È noto il programma tracciato ai vescovi da san Paolo: In omnibus labora. Opus fac
evangeli- stae. Ministerium tuum imple... Fu sollecito il Nostro nell'attuarlo? Eccome! Ben
quarantano- ve furono i sinodi da lui celebrati; moltissime le visite pastorali; innumerevoli le
Consacrazioni e prediche. Sempre tenne la residenza.

I beneficati

Era un clero molto scadente quello che avea trovato il Nostro a Benevento. Ciò nonostante
riuscì egli con leggi e provvedimenti di vario genere ad elevarne grandemente il livello
culturale e spirituale. In particolare provvide di statuti molti collegi canonicali. Rimise in auge
la recitazione corale. I parroci volle dotti, morige- rati e attivi.

Le gran premure poi che dimostrò per i religiosi e le monache! Ne moltiplicò egli le
fondazioni. Introdusse in Benevento e diocesi nuovi ordini. Fu sensibilissimo ai loro bisogni.
Promosse strenuamente la regolare osservanza.

Sacramento, Culto, Liturgia


Fa meraviglia come in un tempo di rigore giansenistico zelasse tanto il Nostro la vita
sacramentale.

Così egli promosse l'allora quasi negletta comunione dei fanciulli. Non ammise in sortem
Domini se non i veramente chiamati. Istituì in più luoghi la sacra penitenzieria. Inoltre edificò
egli, o restaurò e dotò un'infinità di chiese e di altari. Allo scopo di sovvenire alle necessità
delle chiese medesime fondò i monti delle fabbriche ecclesiastiche e dei tetti. Istituì le lezioni
dei sacri riti. Riformò il canto sacro. Notevole, infine, la sua sollecitudine nel provveder di
sacra suppellettile le chiese, specie le più bisognose.

Maestro e guida

Ci fu chi chiamò l'arcivescovo nostro fervido assertore e divulgatore della dottrina cristiana.
E dis- se bene.

Ai parroci, infatti, fe' egli stretto obbligo di insegnarla; ai parenti e padroni di mandarvi i lo- ro
figliuoli o soggetti.

Introdusse, in Benevento, i chierici della dottrina cristiana. Fondò le missioni annuali


perpetue. Stimolò in tanti altri modi, e con risultati rispondenti al suo zelo, l'attività cate-
chistica.

E che dire dei seminari di Manfredonia e Benevento, da lui ricostruiti? che cosa dei sapienti
regolamenti, con cui li munì?

Amministratore della carità

Ma, come molti fatti dimostrano, bisogna dire che fosse anche il Nostro un esimio
amministratore. Così rifabbricò egli i palazzi vescovili di Manfredonia, Cesena, Benevento e
altri, aumentate di molto le rendite relative. Parimenti risarci o costruì dai fondamenti
moltissime case parrocchiali. Richiamò al dovere i negligenti patroni. Fondò a beneficio dei
poveri, pellegrini e ammalati monti frumentari e ospedali in numero grandissimo.

Vindice dei beni e diritti ecclesiastici

Vindice dei beni e diritti della chiesa il patrimonium Christi, come soleva chiamarli molto egli
fece ancora per la conservazione e difesa loro. Ed anzitutto regolò meglio le spese. Proibi
nel modo più assoluto qualsiasi distrazio- ne dei beni mobili ed immobili. Rilevò con cura lo
stato patrimoniale degli ecclesiastici enti. Contro gli invasori di un tal sacro patrimonio, e in
genere dell'ecclesiastica immunità, prese soprattutto posizione forte. Due soli esempi.
Teneva occupato il duca di Gravina, nipote suo, un mulino di ragione di quella mensa
vescovile. Lo ammonì il Nostro, benché inutilmente. Infine fu fatta la lite; furono udite le parti.
Ma anche allora sostenne egli le parti dell'oppresso: utatur episcopus jure suo. Altra volta
era invece la duchessa di Maddaloni, moglie di un pronipote suo, che impediva ai vassalli
suoi di ricevere gli ordini sacri, con molte altre intromissioni che non dico. Con rispetto e
libertà insieme le fe' egli intendere che, non avendola la chiesa costituita giudice delle
ordinazioni, meglio avrebbe fatto ad occuparsi delle sue domestiche faccende.
Per la tutela del patrimonio culturale

Son celebri per dovizia di scritture antiche gli archivi beneventani. Or da molto tempo
giacevano quelle senz'ordine o regola. Logore dal tempo alcune; in balia del tarlo altre;
disperse altre ancora. Cominciando dalla biblioteca o archivio metropolitano, le ordinò ben il
Nostro, riunendole in 908 volumi. Parimenti, e oltre il disordinatissimo archivio di
Manfredonia, riordinò egli quelli vescovili di Gravina, di San Bartolomeo in Galdo e di
Benevento. Compilò, o fece compilare il famoso Bullarium selectum sacrae beneventanensis
ecclesiae. Mise ogni studio perché vescovi, parroci e rettori, in genere di chiese e luoghi pii
tenessero un proprio archivio. E qui basta della sua azione pastorale. Tempo è ormai che
ripigliamo il filo del nostro raccon- to, prendendo le mosse dalla sua elezione al pontificato
romano.

L'elezione

Era il 20 Marzo 1724, quando i Conclavisti si radunarono per dare un successore a


Innocenzo XIII. La situazione della Chiesa era allora que- sta. Le milizie di Cesare
occupavano Comacchio, terra della Chiesa. L'opposizione Giansenista era ancora viva in
Francia. Napoli e Torino puntavano i piedi su pretesi diritti di natura giurisdizionale. Di qui le
schermaglie dei partiti politici, che si protrassero a lungo, né si conclusero se non quando
venne trovata, fra i papabili, la persona universalmente accetta. Era questi il Cardinal
Vincenzo M. Orsini, Arcivescovo di Benevento; nel quale pertanto conversero tutti i voti dei
Conclavisti. Vane furono le sue resistenze; vane le lacrime e le proteste di sua incapacità.
Alla fine, rassegnato, egli accettò la nomina, assumendo il nome di Benedetto XIII.

Dire delle dimostrazioni di giubilo, che seguirono a quella, sarebbe lungo, e del resto non
interessano tanto, quanto piuttosto il suo comportamento privato e pubblico, col quale si
rivelò subito per quel santo che era.

Alieno dal fasto, povera volle la sua cella.tavolo, un inginocchiatoio, qualche seggiola
impagliata e alcune sacre immagini di carta, eran tutto l'arredamento. Sovente usciva di
Palazzo senza alcun accompagnamento, avendo per ordi- naria meta qualche Chiesa od
Ospedale. Facile a dar udienza a quanti ne lo richiedevano; frugalissi- mo nella mensa.

Il Giubileo

Quando l'Orsini fu eletto in Pontefice Sommo, l'Anno Giubilare era quasi alle porte. Questo
fu da Lui indetto con Lettera Enciclica del 29 Giugno 1724; aperto quindi la Vigilia di Natale.
Se il solo Ospizio della SS.ma Trinità ospitò in quell'anno oltre 300.000 pellegrini, bisogna
pur dire che anno di eccezionale affluenza fu quello. Venne a Roma per il Giubileo la
Principessa Violante Beatrice di Baviera; ci venne Giacomo III, Re d'Inghilterra, con la
consorte Clementina Sobieschi; ci vennero tanti altri illustri personaggi. Ed il Papa ad andare
in testa a tutti con l'esempio suo! Ed ora l'avresti veduto visitare le Sacre Basiliche o gli
Ospizi dei pellegrini; ora lavare a costoro i piedi; ora ministra- re alle mense. Vigile sempre,
e attento perché nulla mancasse di ciò che a quelli potesse occorrere. A ragione qualcuno,
vedendo in quei giorni la Pontificia Maestà curvarsi, benigna, su tanti bisogni, disse di lui ciò
che di Salomone disse la Regina di Saba: Maior est sapientia et opera tua, quam rumor,
quem audivimus (3. Reg. cap. X).

Il Concilio Romano

Contemporaneamente all'apertura della Porta Santa, Benedetto XIII indisse il Concilio


Provinciale Romano. Dal tempo di Innocenzo III non se n'era celebrato uno simile né in
Roma, né (fatte poche eccezioni) nelle altre Provincie Ecclesiastiche! Benedetto volle col
suo esempio indurre gli altri Metropoliti a radunare periodi- camente tali salutevoli consessi.

Il Concilio si aprì il 15 Aprile 1725; e in sette [sic! ma: otto, n.d.c.] sessioni prese una serie di
disposizioni assai opportune sulla condotta del clero, che venne richiamato all'osservanza
dei suoi specifici obblighi. Notevoli quelli riguar- danti l'istruzione catechistica, la visita
annuale delle Diocesi, la distribuzione dei benefici e canonicati, la tenuta degli inventari delle
chiese e istituti di beneficienza, e la triennale riunione dei Sinodi provinciali e diocesani.

Attività riformatrice
Fuor di Concilio e ampliando alla Chiesa tutta la sua attività riformatrice, Benedetto
confermò il decreto di Innocenzo XII circa gli spogli dei Vescovi; proibi agli Ecclesiastici il
sempre da lui deprecato uso delle parrucche; inculcò ai Vescovi, assunti dagli Ordini
Regolari, l'osservanza della loro Regola; elesse a Roma un promotore fiscale per tutte le
Curie Ecclesiastiche; liberò le Chiese parrocchiali dall'onere delle pensioni; interdisse il
giuoco del lotto; cercò di riattivare, specie in Italia, l'attività Sinodale; dette, infine, tante altre
salutari prescrizioni, volte a ristabilire la disciplina ecclesia- stica e la purezza dei costumi.

Questioni politico-religiose

Accennammo ai gravi problemi politico religiosi, che assillavano la Chiesa alla


vigiliadell'assunzione di Benedetto. Or come se ne disimpegnasse il nuovo Eletto, vediamo

1. Con singolare abilità egli condusse a perfe zione i negoziati per Comacchio, già avviati da
tanto tempo. Così il primo anno del suo Pontificato non era trascorso ancora, e quella terra
tornava alla Chiesa. .

2. Abusi di vario genere avevano indotto Clemente XI ad abolire la Legazia Apostolica di


Sicilia, e a sostituirla con nuovi criteri e regola- menti. Se non che sembravano questi non
perfettamente quadrare con gli usi e costumi del paese: donde il disaccordo fra la Chiesa e
l'Impero. Per non perpetuarlo con danno grave delle anime, Benedetto trovò il modo di com-
porlo, senza pregiudicare all'ecclesiastica liber- tà. Pur ripristinando, cioè, un tal Tribunale,
egli ne determinò, ne limitò e ne moderò le compe- tenze, secondo le regole della giustizia
ed equi- tà. In altri termini, levò di mezzo la causa di tutti quei dissapori, e con ciò ridiede la
pace agli animi.

3. Vivaci contrasti sull'immunità ecclesiastica e collazione dei benefici dividevano la Corte di


Roma da quella di Torino. Incominciati sotto Clemente XI, essi non erano ancora ben aggiu-
stati; e intanto diocesi e abbazie erano rimaste senza pastore. Benedetto, cui rincresceva
assai una tal vacanza, iniziò subito nuove trattative. Le difficoltà da superare non furon
poche, né meno gravi. Ma finalmente si venne a un equo accordo o concordato, seguito
tosto dalle nomi- ne ai Vescovati e Abbazie vacanti.

4. Una viva opposizione aveva incontrato in Francia la pubblicazione della Bolla Unigenitus
di Clemente XI. Si diceva, tra l'altro, che essa andava contro i principi di S. Agostino e di S.
Tommaso. In realtà non si voleva sottostare alla condanna delle proposizioni Quesnelliane.

Or Benedetto cercò sin dal principio del suo pontificato di far ricredere i ribelli, lodando molto
la dottrina tomistica sulla grazia e prede- stinazione, e, al contrario, mostrando l'errore di
quella giansenistica. L'opposizione non mollò.

Poiché a capo di questa era lo stesso Arcivescovo di Parigi, Cardinal di Noailles, Benedetto
mise allora in opera ogni mezzo per ridurlo a miglior consiglio. L'assunto era tanto più
difficile, in quanto si chiedeva, fra l'altro, al Porporato la ritrattazione di una sua istruzione
pastorale, ostile a detta Bolla. I negoziati relativi (com'era prevedibile) non furon facili; né
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tanti corrieri fecero, come allora, la spola fra Roma e Parigi.

Ma finalmente l'amor della verità, sorretto e aiutato dalle paterne premure del Papa, ebbe
partita vinta; e così il Cardinale decise di sotto- mettersi. Era, precisamente, il 19 Luglio
1728, quando egli notificò al Santo Padre di accettare assolutamente e semplicemente la
Costituzione Unigenitus, di condannare il libro delle Riflessioni morali, di ritrattare la sua
istruzione pastorale, con tutto ciò che era stato scritto o fatto in conformità a quella.

Per sedici anni si era lavorato per arrivare a una tal dichiarazione!

Alla prudenza, vigilanza e longanimità di Benedetto dovea giustamente toccare la gloria di


aver con ciò messo la scure alle radici del Giansenismo francese!

5. L'occhio volto sempre al bene delle anime e all'onor dell'Apostolica Sede, egli si oppose
ancora con petto fermo alle mene giansenisti- che di certo clero Olandese; riaffermò sul
Ducato di Parma e Piacenza i conculcati diritti della S. Sede; qualche offesa al Nunzio di
Polonia fu da lui paternamente, ma energicamente rintuzzata.

Le Missioni

Nel 1704 il Cardinale Tournon, Visitatore Apostolico nelle Indie Orientali, aveva vietato i
cosiddetti riti malabarici, un insieme di supersti- zioni, il cui accostamento col Cristianesimo
non faceva che intorbidarne la cristallina purezza.

divieto era stato confermato a più riprese dalla S. Sede. Ma che? Continuava, tuttavia,
quella zizzania a crescere, fino a che Benedetto si provò a estirparla del tutto. Onde con
lettera del 13 Dicembre 1727, indirizzata ai Vescovi e Superiori di Missione, confermò
ancora una volta, e più esplicitamente, i precedenti decreti di condanna; ne ordinò una più
esatta esecuzio- ne; soprattutto insistette, perché venissero ammessi ai Sacramenti, e a tutti
gli altri offici della cristiana pietà anche i paria, non essendoci presso Dio eccezione di
persone, né distinzione fra servo e libero.

Gravi crucci procurò sempre alla S. Sede la Missione Cinese. Così anche sotto Benedetto
XIII Missionari non pochi erano stati espulsi di là; altri imprigionati. Limitata di assai, per
quelli rimasti, la libertà di azione, Con due Brevi indirizzati al nuovo Imperatore della Cina sin
dall'inizio del suo Pontificato (1724), Benedetto si felicitò con quello per la sua esaltazione al
trono; e in pari tempo chiese grazia per i prigio- nieri. Benevolmente rispose l'Imperatore,
ridonando a costoro la libertà, e inviando al Papa lettere e doni. Tale era l'alta stima e
considerazione, in cui lo teneva!

Canonizzazioni e culto dei Santi

Fra le opere di Benedetto si conserva ancora, stampata, una raccolta di poesie latine in lode
di parecchi Santi. È la prima, che egli compose quando era ancor adolescente; né possiam
dire che da allora il suo culto per i Santi venisse mai meno. Lo coltivò da religioso, poi da
Cardinale; testimonianze ancor più pubbliche di esso egli diede da Papa.

Infatti egli elevò all'onor degli Altari Toribio, Arcivescovo di Lima, i francescani Giacomo della
Marca e Francesco Solano, la domenicana Agnese da Montepulciano, i gesuiti Luigi
Gonzaga e Stanislao Kostka, nonché molti altri che sarebbe lungo enumerare. Promosse
inoltre a tutto potere il culto della Vergine Santissima di San Giuseppe, Padre putativo di
Gesù, di Santa Caterina e di altri Santi. Molti privilegi accordò ai devoti della Via Crucis.
Confermò con apposito Breve l'autenticità delle Reliquie di S. Agostino, onorate a San Pietro
in Ciel d'Oro di Pavia. Personalmente nutri, infine, una devozio- ne specialissima verso San
Filippo Neri, con i Figli del quale - gli Oratoriani - ebbe sempre gran dimestichezza.

Attività Pontificale

Si racconta che, piccino ancora, egli era stato più volte veduto, con mitra in testa, tener
prediche, sedere quasi in cattedra Vescovile e imitare le funzioni pontificali, che vedeva
svolgersi nella Cattedrale di Gravina, sua patria. È un'altra delle inclinazioni che sortì da
natura e l'accompagnò per tutta la vita. Consacrare pertanto altari e chiese; amministrare i
Sacramenti; assistere o celebrare i divini offici; far visita alle chiese ed ospedali: tutto ciò,
nono- stante l'età grave, era delizioso per lui. Consacrò, in Roma, tra l'altro le Basiliche del
Laterano e dei XII Apostoli con numerosi altari;riservò a sé la consacrazione dei Vescovi e il
conferimento del pallio. Talora fu visto insegnare il catechismo ai fanciulli; spesso, ascoltar
le confessioni o assistere i morenti o predicare nelle chiese.

Studio e arti belle

Ci fu qualcuno, a cui tutto questo fumo di incenso impedì di veder chiaro nell'attività di
Benedetto, facendola consistere quasi tutta in pregare e benedire.
I fatti esposti mostrano però, all'evidenza, che essi colsero solo un lato della medesima.
Quelli che stiamo per passare in rassegna ci convinceranno non meno che il posto di Lui
non è solo fra turiboli e aspersori.

Vediamo infatti.

Come rileviamo dai suoi contemporanei, confermò Benedetto l'Accademia Teologica, già
fondata, con sede alla Sapienza, da Clemente XI; assegnò inoltre una pensione di mille
scudi d'oro da distribuirsi fra i venti Accademici o Dottori; né si compiaceva meno di
partecipare in persona a quelle teologiche esercitazioni.Arcade lui stesso, volle timeritare
Bernardino Perfetti, noto membro dell'Arcadia, facendolo coronar poeta in Campidoglio.

Sugli archivi ecclesiastici emanò un'apposita costituzione; molto incoraggiò le ricerche


scientifiche dei Padri Maurini. Né è da dimenti- care, infine, che l'Università di Camerino
deve a lui la sua fondazione.

Nel campo artistico, egli arricchì l'Urbe di una delle migliori costruzioni decorative con la
scalinata di Piazza di Spagna. Restauri fece inoltre eseguire a San Paolo fuori le Mura, a
Santa Maria Maggiore, a S. Maria in Dominica, a San Sisto e a S. Maria sopra Minerva. Per
ordine suo si continuarono gli scavi del Palatino, già incominciati nel 1720. Ricostruiti
interamente ogni furono San Nicolò dei Prefetti e San Filippo in Via Giulia; e aiuti e
incoraggiamenti di genere ricevettero, finalmente, da Lui opere e artisti anche fuori di Roma.

La figura del Pontefice che siamo andati sin qui delineando, per quanto abbozzata,
sarebbe incompleta se non la studiassimo in relazione altresì alle sue qualità morali.

Carità

Or egli si distinse, anzitutto, per la inesauribile carità. Già dicemmo, infatti, della sua solleci-
tudine per gli infermi. Era una sollecitudine che si rivolgeva non solo alle anime, ma anche ai
corpi. Così nelle sue frequenti visite agli ospedali era solito rendersi conto, personalmente,
delle loro condizioni igieniche; sollecito poi a provve- dere quando queste difettassero.
Sull'esempio di Clemente X, suo predecessore, dispose che dei religiosi a turno prestassero
la loro spirituale assistenza ai degenti. Per i malati della pelle eresse l'ospedale di San
Gallicano. Lo stesso regime carcerario fu molto da lui migliorato. Paterno coi suoi popoli,
alleggerì notevolmente la pressione fiscale; combatté la speculazione; migliorò l'agricoltura.
Miseria e fame, cagionate da Giove Pluvio, desolavano, nel 1729, l'Agro Romano. Agli
infortunati rimasti sul posto, Benedetto fe' distribuire delle abbondanti elemosine; ai molti più
che si erano riversati nell'Urbe assicurò il vettovagliamento.

Alcuni sudditi suoi erano stati presi dai corsa- ri Algerini e condotti, prigioni, in terre lontane.
Anche qui il Nostro fece rifulgere la sua carità, mentre tanto si adoperò, senza risparmio di
fatiche e di denaro, che ne ottenne alla fine la liberazione.

Giustizia
Vero Padre del suo popolo fu Benedetto. Se, però, la giustizia ve l'avesse costretto, sapeva
anche mostrarsi Sovrano e Giudice imparziale.

Qualche saggio.

A molti e gravi inconvenienti dava luogo il cosiddetto diritto d'asilo. Egli lo restrinse parec-
chio. Per l'assassinio non accordò mai grazia! come pure tenne a punire severamente il
broglio e il mal costume. Con alcuni Governatori, rei di qualche trasgressione, non lesinò
biasimi; e del resto nobili e popolani, officiali e subalterni, tutti eran per lui uguali davanti alla
legge. Mai,finalmente, sentenziò, senza aver prima ben posate le ragioni delle parti in causa.

Liberalità

Personalmente ricco di censo, era il Nostro non meno liberale.

È un'altra delle caratteristiche sue qualità morali, che lo resero eminente e anche tanto caro
ai sudditi.

Cominciò, sin dall'indomani della sua elezio- ne, a far sentire le sue beneficienze, aumentan-
do l'onorario ai Segretari delle Congregazioni e assegnando nuove rendite ai Cardinali
poveri.

La diminuzione delle imposte aveva determi- nato una forte contrazione dell'entrata
Camerale. Per non esser costretto a ripristinarle o applicarne delle nuove, non di rado egli
suppli col proprio a quella deficienza.
I doni che riceveva - e quanti non furono! - tutti li convertiva in denaro per i poveri, ovvero
prendevano tosto la strada delle Chiese o dei Conventi o dei Seminari.
Così si racconta come, avendo ricevuto dal Nunzio di Spagna dei ricchi presenti, il Papa se
ne mostrò, sì, contento, ma ordinò di venderli tosto e di distribuirne il prezzo ai poveri. Al
Convento di San Domenico di Castello, che l'aveva ricevuto novizio, donò una magnifica
croce con dei candelieri d'argento del prezzo di

40.000 ducati. E chi potrebbe enumerare tutte le sue liberalità?

Vidi io, a Benevento due grossi inventari di tutti i donativi da Lui elargiti a quella città.
E come Benevento, quanti altri luoghi non beneficiarono della sua generosità!

Austerità

Cosa mirabile è come il Nostro così splendido con gli altri, fosse poi tanto austero con sé.

Di alcuni particolari, che i suoi biografi ci danno a conoscere intorno a ciò, già dicemmo.

Aggiungeremo che, appena eletto Papa, si fece adattare, in Palazzo, una specie di cella
claustrale, dove fece portare il suo solito letto.
E così, quando si trovava in questa, soleva dire che quella era la stanza di Fra Vincenzo
Maria; quando poi entrava nei sontuosi appartamenti delle udienze diceva che quelle erano
le stanze di Benedetto XIII.

Cosa da taluni biasimata, soppresse la guardia del corpo, detta anche delle «<Lancie
spezzate» e congedò parecchi camerieri d'onore.

Nella sua qualità di Pastore e Padre comune si sentiva tenuto a prendere su di sé la pena,
che meritavano i peccati dei popoli; per la qual cosa andava del continuo affliggendo e
macerando il suo corpo.

Pietà

Dalla sua ricca spiritualità attinse, finalmen- te, Benedetto il suo costante amore all'orazione,
che protraeva a lungo, specie nelle ore di notte.

Pur impigliato in tanti affari, egli viveva con la mente e col desiderio fuori del mondo e tutto
assorto in Dio.

Significativo - per dirla con uno dei suoi

biografi che le sue strade fossero sempre quelle che conducevano alle Chiese, dove o
pregava o sentiva le prediche o celebrava la Messa o interveniva al Coro.

Una intensificazione di tali esercizi di pietà fu notata specialmente nei suoi ultimi mesi di vita.

Il caso Coscia

A Benedetto si fa generalmente l'addebito di essersi troppo ripromesso del Cardinal Nicolo


Coscia, suo Segretario di Stato, noto qual con cussionario e venale.

Non intendo entrar qui in polemiche discussioni inopportune. Osservo solo che il Servo di
Dio, già fin dal suo episcopato Beneventano, avea ravvisato nel Coscia parec- chie delle
qualità proprie di un abile e onesto negoziatore. Qual meraviglia quindi che, essen- dosene
servito allora, se ne servisse anche da Papa? Elige viros probatos, non probandos: inculca
va San Bernardo ad Eugenio Papa; e così praticò Benedetto.

Si aggiunge che molti mormoravano in piazza e nelle conversazioni, di Coscia; pochi, però,
se ne richiamavano al Papa, quando pure le stesse invettive non cambiavano in elogi.

Non è da credere, infine, che il Coscia potesse tanto sull'animo del pio Pontefice da
manovrar- lo a piacimento.

Un fatto significativo.
Premeva all'imperatore Carlo VI di ottenere dalla S. Sede la bolla della Crociata, come già
l'aveva il Regno di Sicilia. Il Ministro di Cesare, Cardinal Cianfuegos, che non vedeva
l'impresa facile, prima di intervenire personalmente, richiese il Coscia della sua mediazione.
Pensava con ciò il diplomatico di venire a capo del suo disegno; se non che sbagliò grosso.

Analoghe richieste si sapeva, infatti, che erano state respinte dalla S. Sede. Benedetto volle
vederne il perché; lo trovò giusto; in breve, oppose a Cesare un netto rifiuto. Largo di buone
promesse era stato fino allora il Coscia; tanto che ebbe in dono dal Cianfuegos una
bellissima croce di brillanti. Ognuno si figuri, quindi, come dovettero rimanere i due a quella
notizia! Oh l'eloquenza, oh gli argomenti che sfoderò allora il Coscia per combattere quella
decisione! Fiato sprecato.

Pacifico era, infatti, e fuor di questione che, allorquando una cosa toccava gli interessi della
Chiesa o la salute delle anime, egli, il Santo Pontefice, non udiva che una voce: quella della
coscienza.

Preziosa morte

Ma già la sua giornata mortale volgeva al tramonto. Dopo breve malattia, sublimata dai più
accesi sentimenti di pietà e di rassegnazione, pieno di anni e di meriti, Benedetto rese
l'anima a Dio il 21 febbraio 1730.

La sua salma, prima inumata in S. Pietro, venne poi solennemente trasportata nel Tempio
Minervitano, in Roma.

Nello splendido mausoleo, che ne racchiude le ceneri, egli è raffigurato semiinginocchiato, in


atteggiamento di preghiera. Quella preghiera che, in vita, egli rivolgeva così frequente e
appassionata a Dio e alla Vergine Benedetta noi facciam voti che Egli continui per il
progresso della Santa Madre Chiesa.

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