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Introduzione
Tutto il problema della riforma della Messa è legato alla questione del
Movimento Liturgico, di cui, prima o poi, dovremo approfondire la storia.
Ma cos'è il Movimento Liturgico? “Il Movimento Liturgico – dice dom
O. Rousseau – è il rinnovamento di fervore del clero e dei fedeli per la
liturgia” (Martimort, L'Eglise en prière, Cerf 1961). Questo rinnovamento
nasce per riparare alla grave crisi del secolo XVIII. In questo secolo la
liturgia cessò di essere una forza vitale del Cattolicesimo, dopo aver subito i
ripetuti attacchi del Giansenismo e del Quietismo.
La Rivoluzione francese aggravò poi questa situazione critica, con la
soppressione degli ordini religiosi e la chiusura di molti luoghi di culto.
Dicevamo che questa storia è tutta da approfondire e, con l'aiuto di Dio, è
stato approfondita sul nostro bollettino.
Desideriamo fare la conoscenza della vita e dell'opera di uno degli
uomini che più hanno contribuito alla restaurazione della liturgia nel secolo
XIX. No, non parliamo dell'iniziatore del Movimento Liturgico, il grande
abate Guéranger, che riportò la vita benedettina nella Francia post-
rivoluzionaria. Lui è certamente il gigante e il maestro indiscusso della
liturgia cattolica.
Vogliamo, invece, parlare di un uomo meno conosciuto, ma a nostro
giudizio importantissimo per il Movimento Liturgico, si tratta del padre
Emmanuel Andrè di Mesnil-Saint-Loup.
Sacerdote Parroco Monaco
Père Emmanuel Andrè è certamente una delle più luminose figure della
storia della Chiesa della fine dell'Ottocento. A noi interessa principalmente
come esponente di quello che diventerà il Movimento liturgico, quello vero.
A fianco di Prosper Gueranger, il parroco-monaco di Mesnil-Saint-Loup
risplende come apostolo di un cattolicesimo integralmente vissuto, che
trova nella vita liturgico-sacramentale l'anima vivificatrice per tutto il
popolo. Chi ha conosciuto la parrocchia di Mesnil-Saint-Loup è rimasto
colpito dall'intensa vita di fede lì vissuta, vi ha scorto visibilmente una
Chiesa viva, viva della vita della grazia. Ma da dove nasceva tutta questa
capacità di operare il bene in mezzo al popolo da parte del père Emmanuel?
Certamente dalla sua santità di vita, dall'amore a Nostro Signore Gesù
Cristo, accompagnato però da un profondo studio della dottrina cristiana,
della Sacra Scrittura, dei Padri della Chiesa, soprattutto Sant'Agostino.
Lo studio assiduo e profondo del père Emmanuel veniva poi riversato
nelle anime con la predicazione, con gli scritti, con il buon catechismo.
Oggi c'è molta, moltissima confusione a riguardo della dottrina cristiana.
Molta confusione sul Cristianesimo, tantissima sulla Chiesa. Quando si
ascoltano opinioni, convinzioni, giudizi sommari sulla Chiesa da parte
anche di cattolici, c'è di che essere molto preoccupati. Cosa sappiamo sulla
santa Madre Chiesa, cosa pensiamo e diciamo di essa? Da chi ricaviamo
convinzioni e giudizi, dalle pagine dei giornali laicisti e secolarizzati?
Approfondiremo ciò che scriveva il père Emmanuel sulla Santa Chiesa: è
uno studio e una meditazione che certamente risulteranno purificatori per la
nostra mente e per il nostro cuore.
Iniziamo con ciò che il père Emmanuel dice sulla Chiesa nostra Madre.
PRIMA PARTE
IL MISTERO DELLA CHIESA
I
La chiesa, nostra madre
È detto, nelle Sacre Scritture, che la Sapienza si costruì una dimora, che
ella scolpì sette colonne e preparò un banchetto. Gli interpreti leggono
questo come allegoria di Nostro Signore, Sapienza eterna, che edificò la sua
Chiesa, donandole come sostegno delle volte dell'edificio i sette sacramenti
della legge nuova. Di conseguenza, è impossibile considerare i sacramenti
senza essere condotti a contemplare la Chiesa, la Chiesa casa di Dio, la
Chiesa città del Verbo, nella sua magnifica struttura e nelle sue proporzioni
grandiose.
Il battesimo ci rivela le generazioni misteriose che si moltiplicano in
continuo nel seno della Chiesa.
La confermazione ce la presenta colma della virtù di Dio e terribile come
un esercito parato in battaglia.
L'Eucarestia ci inizia alla vita intima, alle gioie della Sposa, alle
tenerezze della Madre.
La penitenza e l'estrema unzione ci fanno vedere all'opera i potenti
mezzi di cui ella dispone per la distruzione del peccato e il compimento di
ogni giustizia.
L'ordine dispiega sotto i nostri occhi la varietà dei suoi ministeri, la
potenza e la perpetuità della sua azione gerarchica.
Quanto al matrimonio, ci mostra come, in essa, la successione stessa
delle generazioni umane è subordinata al lavoro della generazione degli
eletti.
I sette sacramenti aprono come sette punti di vista, sotto i quali
consideriamo differenti aspetti della Chiesa; è tempo di considerarla in una
visione d'insieme, che ci rivelerà più chiaramente ancora Gesù Cristo
operante in essa e per essa in mezzo al genere umano.
Ciò che innanzitutto colpisce nella Chiesa, è il carattere di perfetta unità
che è in essa. Questa unità è un riflesso o, per meglio dire, un'espressione
dell'unità stessa delle persone divine. Nostro Signore l'ha voluta così: “Ti
prego, o Padre, perché siano uno, come Tu sei in me e Io in Te (Gv 17,21)”.
Così l'unità che è nella Chiesa è stata stabilita da Nostro Signore su modello
dell'unità di natura che è tra il Padre e se stesso. Dice ancora: “Io in essi, e
Tu in me, perché siano perfetti nell'unità (Gv 17,23)”. E attraverso queste
parole, spiega come l'unità debba stabilirsi tra i membri della sua Chiesa. In
virtù dell'unità di natura, il Padre è nel suo Verbo, per una sorta di
compenetrazione ineffabile: allo stesso modo Nostro Signore vuole essere
in ciascuno di noi, per una presa di possesso di tutto il nostro essere che
assimila al suo.
Di conseguenza, noi non formiamo più che una sola persona mistica e
questa persona è Gesù Cristo esteso e sviluppato, Gesù Cristo uomo
perfetto, Gesù Cristo tutto in tutti (Col 3,11).
Questa perfetta unità è un segno evidente che la Chiesa è divina: “perché
il mondo creda che Tu mi hai mandato (Gv 17,21)”. Perché non è dato né
all'uomo, né alla natura, di formare un legame così stretto.
Ci sono nel mondo alcune unità morali, ad esempio la famiglia, la patria;
ma non si avvicinano all'unità della Chiesa.
Ciò che costituisce l'unità della famiglia, è lo stesso sangue che scorre
nelle vene, è sovente l'identità di gusti e di attitudini, è infine la comunità di
gioie e sofferenze. L'unità tra i cittadini di una stessa patria può essere più
misteriosa ancora: è una gran cosa respirare la stessa aria natale, l'aver
abbeverato la propria intelligenza al succo nutriente della medesima lingua,
il possedere in comune tutta un'eredità di glorie e di dolori che risale a
lunghi secoli; bisogna aver qualche volta lasciato il suolo patrio per
comprendere il segreto amore che ci attacca ad esso.
Sì, questi legami di famiglia e di patria sono grandi e altrettanto sacri;
ma c'è un legame più intimo del primo, più augusto del secondo, mille volte
più sacro di tutti e due, ed è il legame che ci unisce tutti a Nostro Signore in
una stessa Chiesa. Questo legame è più intimo che il legame del sangue,
perché lo spirito di vita che anima le membra di Gesù è infinitamente più
unente che la volontà dell'uomo e della carne (Gv 1,13). E' più stretto che il
legame della patria terrena, perché ci fa concittadini della patria celeste, ci
fa abbeverare al Verbo vivente di Dio, ci fa entrare in comunione di glorie e
dolori inenarrabili, va dall'eternità all'eternità.
Per caratterizzare la forza di questo legame, San Paolo non ha trovato
niente di meglio che di dire: “Noi tutti non formiamo che un solo corpo in
Gesù Cristo, essendo membra gli uni degli altri (Rm 12,5)”. L'unità delle
membra animate dallo stesso principio di vita, obbedienti ad uno stesso
motore, cospiranti al benessere di un medesimo tutto, questa unità
rappresenta l'unità che ci racchiude tutti in Gesù. I fedeli che aderiscono a
lui sono un unico corpo; ne è il capo e lo Spirito Santo ne è l'anima. “Un
solo corpo e un solo Spirito”, dice ancora l'apostolo (Ef 4,4). La Chiesa è
dunque propriamente il corpo di Gesù Cristo. Tertulliano va più lontano, e
dice che ella è il corpo delle tre Persone divine (De baptismo). Vuole dire
con questo che la Chiesa è il luogo di abitazione dell'adorabile Trinità nel
seno della creazione.
Mentre Nostro Signore era sulla terra, le tre Persone divine risedevano
nella sua umanità come nel loro luogo proprio; e attraverso essa si
manifestavano al mondo. Questa manifestazione fu resa sensibile in due
circostanze della sua vita mortale; precisamente nel giorno del suo
battesimo e nel giorno della sua trasfigurazione. Dio, dice S. Paolo, essendo
in Gesù Cristo, ha riconciliato a sé il mondo (2Cor 5,19). Dopo che Nostro
Signore è risalito al Cielo, le tre Persone divine hanno preso la Chiesa per il
luogo della loro dimora e delle loro operazioni quaggiù. Questa presa di
possesso ha avuto luogo il giorno di Pentecoste ed essa è irrevocabile.
Da allora, la Trinità adorabile non ha cessato di manifestarsi agli uomini
attraverso la Chiesa: Dio ha messo in noi, dice S. Paolo, il mistero della
riconciliazione (2Cor 5,18). Una volta, un tiranno gettò tre giovani israeliti
in una fornace ardente: era l'immagine della Chiesa in mezzo al mondo,
erano tre in onore delle tre Persone divine.
Ora, mentre un angelo li custodiva e faceva spirare un vento rinfrescante
in questo fuoco, cantavano, e cantavano Dio nella Chiesa. Benedetto sei tu,
dicevano, Dio dei nostri padri, nel tempio santo della tua gloria. Il tempio
santo della gloria di Dio, è la Chiesa in coloro tra i suoi membri che sono
glorificati con Gesù Cristo.
Benedetto sei tu, sul trono santo del tuo impero. Il trono santo
dell'impero di Dio, è sempre la Chiesa, nel cui seno Dio risiede, per
estendere dappertutto il suo regno. Benedetto sei tu, per lo scettro della tua
divinità. Lo scettro di Dio, è ancora la Chiesa, attraverso la quale governa
tutte le creature, e abbatte le potenze nemiche.
Continuando il loro cantico, i giovani ebrei invitano tutte le creature a
benedire il Signore, lui che vola sulle ali dei venti, lui che cammina sui
flutti del mare, lui che troneggia sui cherubini e il cui sguardo trapassa gli
abissi; e per questa evocazione grandiosa di tutti gli esseri, ci fanno
comprendere che tutti nella Chiesa prendono una voce per lodare Dio. Sì, la
Chiesa abbraccia tutta la creazione, comprende il visibile e l'invisibile, essa
tutto riconduce alla gloria di Dio.
Questa Chiesa così grande e bella, questa Gerusalemme celeste
sovranamente libera e sovranamente amante, è la nostra madre, dice il
grande apostolo (Gal 4,26). Dio ci ha fatto l'immensa grazia di nascere nel
suo grembo e, vivendo in essa, noi gioiamo dei doni inenarrabili della bontà
di Dio; siamo, come dice in qualche parte S. Agostino, immersi nell'amore.
Condizione necessaria:
uno sguardo cattolico sulla chiesa
II
La Chiesa prima di Gesù Cristo
E' impossibile avere una più larga idea della Chiesa di quella che dà S.
Agostino. Ascoltiamo il dottore.
“Nostro Signore Gesù Cristo, dice, come uomo perfetto, ha un capo e un
corpo. Il capo, è lui stesso nella sua natura umana, lui che è nato dalla
Vergine Maria, che ha patito sotto Ponzio Pilato, è risorto, è salito al Cielo,
è alla destra del Padre, da lì attendiamo che venga a giudicare i vivi e i
morti; tale è il capo della Chiesa, il corpo unito a questo capo, è la Chiesa,
non la chiesa di un dato paese, ma quella che è in tutta la terra, non la
Chiesa di una data epoca, ma quella che da Abele fino alla fine del mondo
racchiude tutti i credenti; è in una parola l'intero popolo dei santi che
appartengono ad una medesima città; questa città, dico, è il corpo di Cristo,
avente il Cristo per capo.
In Essa, abbiamo per concittadini i santi angeli: ma siamo, noi, nelle
fatiche del viaggio; loro, nella città, attendono il nostro arrivo” (Sal 90).
Così, nel pensiero di sant'Agostino, la Chiesa comprende, dall'inizio del
mondo fino alla sua fine, tutti coloro che credono in Gesù Cristo: per
questa fede, hanno il Cristo come capo, e formano il suo corpo. “La
Chiesa, dice, che ha generato Abele, Enoc, Noè e Abramo, ha generato
anche Mosè e i profeti che sono loro posteriori prima della venuta del
Signore; ed è ella, la medesima Chiesa, che ha generato gli apostoli, i nostri
santi martiri, e tutti i buoni cristiani.
Tutti questi di cui parliamo sono apparsi nel mondo in differenti epoche,
ma sono racchiusi nella società di un solo popolo, e cittadini della stessa
città, hanno sopportato le fatiche del pellegrinaggio; alcuni le sopportano
anche oggi, e gli altri le sopporteranno da ora fino alla fine del mondo”. (De
baptismo contra Donatistas, libro I).
Ancora di più, questa Chiesa, che cammina quaggiù, non forma che una
sola società con le milizie angeliche: perché queste, come ci insegna S.
Paolo, riconoscono per capo il Cristo, che è il capo di ogni principato e
potestà (Col. 2,10). “La Chiesa, nella sua totalità, dice S. Agostino,
abbraccia non solamente quella porzione di se stessa che cammina sulla
terra, lodando il nome del Signore dall'alba al tramonto; ma anche quella
che, in Cielo, è sempre rimasta fedele a Dio, e non ha mai provato il male
della caduta.
Questa, formata dai santi angeli, vive nella beatitudine e, come conviene,
soccorre la parte di se stessa che è in viaggio: perché l'una e l'altra saranno
unite nella gioia dell'eternità, e ora sono nel vincolo della carità”
(Enchiridion, 56).
Lo si vede, è impossibile avere una più vasta concezione della Chiesa:
essa abbraccia tutti i tempi, abbraccia sia il tempo che l'eternità. Non
dimenticheremo mai la gioia che ci diede la lettura de La città di Dio di S.
Agostino.
Stavamo terminando i nostri studi classici; avevamo l'animo
completamente svuotato, solo la nostra memoria era piena di qualche
frammento di Virgilio e Cicerone. Non avevamo in verità dimenticato
Nostro Signore Gesù Cristo ma, come tutti i giovani che sono stati saturati
di paganesimo, non lo conoscevamo.
Questa lettura fu dunque per noi una rivelazione. Man mano che le
pagine passavano sotto le nostre mani, un velo si alzava davanti al nostro
spirito. Era un'impressione analoga all'alzarsi della luce per chi è di fronte
ad un orizzonte immenso che le tenebre gli nascondevano.
Contemplavamo il Verbo incarnato, in mezzo al mondo, con la sua
Chiesa. In presenza del fatto prodigioso della sua Incarnazione,
scomparivano tutti gli avvenimenti che hanno agitato l'umanità; e l'antichità
profana non ci appariva più che come una delle molteplici forme dello
smarrimento della razza di Adamo.
Ci rappresentavamo la storia dell'umanità come una montagna al
culmine della quale è eretta la croce del Calvario. Uno dei versanti, sono i
tempi succedutisi prima della venuta del Signore; l'altro, sono i tempi
succedutisi dopo questa venuta.
La croce domina e illumina le due epoche, anche se in un modo non
uguale. Da un lato, è Gesù Cristo promesso e atteso; dall'altro, è Gesù
Cristo dato e ricevuto, riempie tutto; è la chiave del grande enigma del
mondo. Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre (Eb 13,8).
Comprendevamo ugualmente che la Chiesa, che la città di Dio riempie
tutti i tempi; che è, come dice S. Epifanio, il principio e la fine di tutte le
cose. Perché che cos'è la Chiesa? Sono tutti quelli che hanno la fede in
Gesù Cristo: prima di lui, le anime credevano in colui che doveva venire;
oggi, credono in colui che è venuto.
Ma questa differenza non è che accidentale: al fondo, tutti i credenti non
formano che un tutto; e questo tutto, è la Chiesa, che abbraccia tutte le
epoche del mondo. Ci si perdoneranno questi ricordi, che entrano nel nostro
soggetto.
Ora che è ben stabilito che la Chiesa è di tutti i tempi, esamineremo
quale era il suo stato prima di Gesù Cristo. Non bisogna ragionare di Gesù
Cristo come di una creatura. Prima della sua Incarnazione, esisteva come
Verbo di Dio e, in questa qualità, governava il mondo con forza e disponeva
tutto con dolcezza per la sua entrata quaggiù.
Prima che Abramo fosse, io sono, diceva ai Giudei scandalizzati per una
simile affermazione (Gv 8,58). La Sacra Scrittura descrive in una maniera
meravigliosa l'azione incessante del Verbo eterno, della Sapienza divina,
dall'inizio del mondo. “Pur essendo una, può tutto; immutabile in se stessa,
rinnova tutto; si trasporta tra le nazioni nelle anime sante, fa profeti e amici
di Dio. E' lei che ha liberato il primo uomo dal proprio peccato. Lei che ha
guarito il mondo, governando nell'arca il giusto Noè. Lei che scorse
Abramo in mezzo alla corruzione universale, e lo conservò senza colpa
davanti a Dio. Lei che entrò nell'anima del servitore di Dio Mosè (Sap 7,27
e Sap 10).
In una parola suscitò di tanto in tanto, sul cammino dell'umanità, uomini
animati dello spirito profetico; tenne una moltitudine di anime nell'allerta,
col toccare le premesse di un Salvatore: esse credettero in lui, sperarono in
lui, e furono salvate.
Nel medesimo tempo in cui agiva nel segreto delle anime, il Verbo di
Dio, seguendo ciò che dice Tertulliano, anticipava la sua incarnazione. Si
manifestava in differenti maniere, attraverso il ministero degli angeli, ai
giusti dei primi tempi; prendeva una voce umana per parlare loro. Faceva
loro intravedere la forma umana sotto la quale sarebbe venuto in questo
mondo. Queste rivelazioni parziali preparavano la grande Rivelazione
totale, l'apparizione del Verbo nella carne. Lo stato della Chiesa, in quei
tempi remoti, rispondeva a questa opera misteriosa, a questa rivelazione
parziale della Sapienza divina.
Questa Sapienza restava invisibile e agiva invisibilmente: allo stesso
modo la Chiesa era invisibile e si propagava invisibilmente. Era formata
dalle anime che il raggio illuminante della Sapienza aveva toccato e che
respiravano dopo la venuta del Salvatore; queste anime erano disseminate
nelle nazioni; non erano raggruppate in una società obbediente a un capo
visibile, sottomesse a una gerarchia visibile.
Conseguentemente la Chiesa, che si componeva di tutte queste anime,
restava invisibile. Non è che nell'antichità non ci fosse stata, anche prima
della religione detta mosaica, una forma di religione tradizionale. Questa
religione esisteva, con i suoi sacrifici, i suoi riti espiatori, anche con il suo
sacerdozio. Ma tutti questi segni esteriori, senza i quali non si può
concepire un culto, non erano spirituali come il nostro sacrificio e i nostri
sacramenti; non avevano efficacia in se stessi, traevano tutto il loro valore
dalla fede di chi li utilizzava collegandoli al sacrificio dell'Agnello
immolato fin dall'origine del mondo (Ap 13,8). Non formavano il legame di
una società spirituale come la Chiesa.
Erano, in confronto dei nostri sacramenti, ciò che erano le apparizioni
passeggere di Dio rispetto al mistero dell'Incarnazione nel quale il Verbo si
è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1,14).
Riassumendo, il legame della Chiesa, prima di Nostro Signore, era
puramente la fede nella sua venuta; e, essendo questo vincolo per sua natura
invisibile, lo era anche la Chiesa.
Oggi, al contrario, vi è, tra i membri della Chiesa, il legame visibile dei
sacramenti, che sono i segni spirituali di una società spirituale; poi
soprattutto il vincolo visibile di una gerarchia che è assistita dalla presenza
permanente dello Spirito Santo.
Si può dire che tra le due epoche, vi è la differenza come tra la notte e il
giorno. La notte non è senza luci, essa gioisce dello sfavillio delle stelle
disseminate nel firmamento, e soprattutto della luna, questo luce di minore
dignità che ne dissipa le tenebre. Così, i tempi anteriori a Gesù Cristo
avevano le luci delle fiaccole profetiche che Dio faceva brillare nei suoi
grandi servitori Noè, Abramo, Giobbe e gli altri; poi, quando il crepuscolo
della Rivelazione primitiva ha iniziato a spegnersi, ebbero lo splendore del
popolo giudeo che fu come una luce disposta da Dio per dissipare la notte
dell'infedeltà.
Ma tutte queste luci scomparvero davanti allo splendore della Chiesa
resa ormai visibile, davanti alla luce permanente e indefettibile dello Spirito
Santo che abita in essa. È là il vero sole, la grande luce che presiede al
giorno.
Non ringrazieremo mai a sufficienza Dio d'essere nati, di essere cresciuti
in questo oceano di splendore. Ci sia sufficiente per il momento questo
colpo d'occhio generale gettato sui tempi passati prima di Nostro Signore.
Nel capitolo seguente, specificheremo le differenti fasi che ha attraversato
l'umanità, e seguiremo in esse le tracce della Chiesa.
Il Popolo di Dio come società temporale
e la Chiesa, prima di tutto società spirituale
Mai si è parlato tanto della Chiesa come in questi anni. Dopo il Concilio
Vaticano II, il “Concilio della Chiesa”, molti affermavano che si era
finalmente raggiunta una maggiore conoscenza e coscienza su di essa.
In verità, è sotto gli occhi di tutti, si è vissuta una stagione di
impoverimento proprio a riguardo del modo di concepire e vivere la Chiesa.
La si è ridotta molte volte a una società puramente umana, guidata da leggi
umane e considerata solo dal punto di vista sociologico. Si è insistito in
modo unilaterale sul concetto di “popolo di Dio”, sul dover “fare
comunità”, e si è di fatto perso uno sguardo profondo, “mistico” sulla
Chiesa.
Tutto ciò ha causato danni enormi. Le bellissime pagine sulla Santa
Chiesa del padre dom Emmanuel Marie Andrè, possono aiutare molti nel
riscoprire aspetti dimenticati o mai conosciuti di questo grande mistero di
salvezza.
Recuperare uno guardo profondo sulla Santa Chiesa, che abbraccia tutto
il piano di Salvezza di Dio, Antico e Nuovo Testamento, è il miglior
antidoto per combattere quello sguardo “piccino” e “meschino” che circola
oggi su di essa.
III
I due Testamenti
IV
Profezie riguardanti la Chiesa
Abbiamo visto, nel precedente capitolo, come la Chiesa aveva per così
dire covato nell'umanità prima di Nostro Signore.
Durante un primo periodo, cioè da Adamo a Mosè, essa era disseminata
in tutti i popoli con le tradizioni primitive, ma segretamente, senza alcuna
forma visibile; a datare da Mosè, essa si concentrò più specialmente nel
popolo giudeo, apparve al mondo una figura di ciò che dovrà essere e, sotto
questa figura, prepara la sua apparizione. Infine Nostro Signore la fa
sorgere e brillare nel grande giorno.
Dicendo che la Chiesa era come concentrata nel popolo giudeo, siamo
lontani dal pretendere che vi fossero degli eletti solamente che in questo
popolo. Sant'Agostino dimostra che ve ne erano tra gli altri popoli,
comunemente designati sotto il nome di Gentili (La Città di Dio, libro 18,
capitolo 47). Diciamo solamente che il popolo giudeo era come il crogiolo
misterioso nel quale si elaborava lentamente questa meraviglia delle
meraviglie che si chiama Incarnazione, e quell'altra meraviglia che si
chiama Chiesa.
Questo popolo conteneva una moltitudine di uomini carnali; e questi non
andavano per nulla d'accordo con la condizione profetica in mezzo alla
quale vivevano. Ma vi erano anche degli uomini spirituali; e questi, elevati
dalla fede al di sopra dei loro tempi, penetravano l'avvenire, e vedevano
chiaramente che questo stato non era che una preparazione ad un ordine di
cose tutto spirituale e tutto divino.
Questi uomini hanno scritto: e l'insieme dei loro scritti, chiamati Antico
Testamento, comprende sia la descrizione dello stato in cui sono, sia la
profezia del mondo futuro. Andiamo a studiare queste profezie.
Lo Spirito Santo le ha ispirate: perché è lui che ha parlato attraverso i
profeti (Simbolo di Nicea). “Attraverso essi, dice Sant'Agostino, Dio
preparava le anime degli uomini, affinché desiderassero il pontefice per il
quale non c'è bisogno di pregare” (Cont. Ep. Pet., libro 2, capitolo 5).
Descrivevano dunque questo pontefice: ma nello stesso tempo
descrivevano quel popolo nuovo in mezzo al quale egli doveva esercitare il
suo sacerdozio, che è la Chiesa estesa al mondo intero.
I profeti attribuiscono a questa Chiesa diversi caratteri, per i quali essa
contrasta completamente con la sinagoga giudaica:
- Essa è universale, e deve comprendere tutti i popoli.
- Essa è indefettibile, ha le promesse di una perpetua durata.
- Essa è spirituale.
Andiamo a riconoscere successivamente, nelle profezie, questo triplice
marchio della Chiesa di Gesù Cristo.
Innanzitutto, diciamo, le profezie parlano unanimemente della Chiesa
come dovente estendersi al mondo intero. L'Antico Testamento era
necessariamente limitato a un popolo: perché consisteva nel fatto che
questo popolo si sviluppasse temporalmente sotto la guida di Dio che vi
manteneva la vera religione.
Il salmista cantava: Dio è conosciuto in Giudea, il suo nome è grande in
Israele (Sal. 75,1). Il tempio di Gerusalemme era il solo luogo del mondo
dove Dio fu legittimamente onorato. Tutto indica una restrizione ad un
angolo dell'universo.
Quando si tratta della Chiesa, al contrario, tutti i limiti sono tolti, non ci
sono confini al suo impero che il mondo stesso. Ascoltiamo Dio che parla
ad Abramo: In te tutte le nazioni saranno benedette (Gn 12,3). In te, nella
tua stirpe, cioè, come spiega San Paolo (Gal 3,16), nel Cristo che uscirà
dalla tua stirpe, tutte le nazioni parteciperanno ad una comune benedizione.
Più tardi Giacobbe, annunciando a suo figlio Giuda magnifici destini, gli
dichiara che lo scettro non abbandonerà la sua stirpe, fino a quando arriverà
colui che deve essere inviato: e sarà, aggiunge, l'atteso delle Genti, verrà per
salvare tutti i popoli del mondo (Gn 49,10).
Così, dall'inizio, prima ancora che ci fosse un popolo giudaico, è
stabilito che il Salvatore uscirà dalla stirpe di Abramo, dalla discendenza di
Giuda, ma che la salvezza si estenderà da Israele a tutti i popoli. I salmi
sono pieni di allusioni a questo regno del Messia su tutta l'estensione della
terra:
- Nel salmo 2, Dio dona a suo Figlio in eredità tutte le nazioni, e in
possesso i confini del mondo.
- Nel salmo 21, che descrive in modo sorprendente la passione di Nostro
Signore, ce ne mostra il frutto; ed è che tutte le nazioni si ricorderanno del
Signore e si convertiranno a lui.
- Il salmo 71 è tutto una magnifica descrizione dell'universo sottomesso
alla dominazione piena di dolcezza del Figlio di Dio.
Ci limitiamo a queste citazioni: lo spirito di questi divini cantici è uno
spirito di lode universale, è già la Chiesa che canta e che prega. Potremmo
ugualmente portare tutto Isaia all'appoggio della nostra tesi. Questo principe
dei profeti viveva in anticipo in seno alla Chiesa. Vedeva tutti i popoli
camminare alla sua luce; vedeva Dio prendere tra i gentili preti e leviti;
vedeva le isole, cioè i popoli più lontani del mondo, attendere con
impazienza gli inviati del Signore. “Venite a me, dice il Signore a tutti i
popoli, ascoltate e la vostra anima vivrà, e io farò un'alleanza eterna con
voi. Ecco che ho dato (il mio Cristo) ai popoli come testimone, ai Gentili
come capo e maestro. Chiamerai le nazioni che non conosci; e i popoli che
ti ignoravano correranno a te, a causa del Signore Dio, e del Santo d'Israele
che ti ha glorificato” (Is 55,3-6).
Cosa possiamo sperare di più formale per stabilire la cattolicità della
Chiesa?
I profeti non solamente contemplavano queste magnifiche promesse, ma
ne desideravano il compimento con un ardore estremo.
“Abbi pietà di noi, o Dio di tutti, gridava l'Ecclesiastico, guarda a noi e
svelaci la luce della tua misericordia. Manda il tuo timore sulle nazioni che
non ti cercano; perché sappiano che non vi è altro Dio che te e raccontino le
tue meraviglie. Alza la tua mano sulle nazioni straniere, perché vedano la
tua potenza. Come in loro presenza sei stato santificato in noi, così alla
nostra presenza sii glorificato in esse; perché sappiano, come noi sappiamo,
che non vi è altro Dio che te, o Signore” (Sir 36,1- 16).
Magnifica preghiera! Essa è realizzata oggi; e, grazie alla Chiesa, l'intero
universo è sulla via di conoscere il solo vero Dio. I Giudei non
disapprovavano che il regno del Messia dovesse abbracciare tutti i popoli;
solamente, avendo perduto il senso tutto spirituale delle profezie, erano
arrivati a considerarlo come un conquistatore che dovesse sottomettere loro
l'universo intero. Non facevano attenzione al fatto che le promesse che li
riguardavano, loro personalmente, fossero condizionali, mentre le promesse
relative al Messia e alla sua Chiesa erano assolute ed eterne.
Dio prometteva loro la felicità, la prosperità, e, diciamolo, una sorta di
magistratura sul resto del mondo, se fossero stati a Lui fedeli, a Lui e al suo
Cristo: nel caso contrario, li minacciava di una irrimediabile dispersione che
sarebbe stata per loro l'annientamento come popolo.
La profezia di Giacobbe, riferita più sopra, suppone espressamente che
lo scettro uscirà da Giuda al momento della venuta del Messia: cosa che
segna molto il declino del popolo giudaico. Il Deuteronomio, il mirabile
testamento di Mosè, ruota tutto quanto sul tema che l'esistenza sociale del
popolo dipende dalla sua fedeltà a Dio (capitolo 28). Diversi salmi pongono
come condizione alla durata della nazione giudaica la sua obbedienza alla
legge divina.
Osea vede i figli d'Israele rimanere lunghi giorni senza re, senza
principe, senza sacrificio, senza sacerdozio, senza oracolo, in una parola
annientato come popolo, e questo a causa dell'infedeltà (Os 3,49).
Isaia mette quest'infedeltà in rapporto alla vocazione dei Gentili:
“Coloro che non m'interrogavano mi hanno cercato, coloro che non mi
cercavano mi hanno trovato; ho detto eccomi, eccomi, a un popolo che non
invocava il mio nome.” E, al contrario, “ho teso le braccia al popolo
incredulo che cammina sulla strada che non è la buona, seguendo i suoi
propri pensieri” (Is 65,1-2).
San Paolo s'impadronisce di questo testo per presentare ai Giudei la loro
opposizione al Salvatore, causa della loro riprovazione (Rm 10,20-21)
mette loro sotto gli occhi un passaggio di Geremia che annuncia
chiaramente la sostituzione di una alleanza nuova a quella stipulata con i
loro padri del Sinai, e che loro stessi hanno rotto (Ger 8,8- 13).
Tutti questi testi mostrano sovrabbondantemente il carattere
condizionale delle promesse fatte alla nazione giudaica: al contrario, quelle
che sono fatte alla Chiesa sono assolute e indefettibili.
Faremo osservare che, in tutti i passi così numerosi in cui il Messia è
presentato come assiso su un trono eterno, è semplicemente supposto che
avrà un popolo per lui, e che questo popolo gioirà senza fine dei benefici
del suo impero: in tutte le promesse fatte a riguardo del Messia, la Chiesa è
dunque racchiusa, essendo quella casa di Giacobbe nella quale regnerà
eternamente (Lc 1,32).
A volte è esplicitamente designata come avente parte all'eternità delle
promesse. “Farò con voi, dice Dio agli uomini, un patto eterno; sono le
misericordie promesse a Davide e che non verranno meno. Come i cieli
nuovi e la terra nuova che stabilirò davanti a me, così la vostra posterità e il
vostro nome sussisteranno alla mia presenza”, cioè eternamente (Is 55,3 e
66,22).
Tutte le promesse di fecondità, di perpetuità, fatte alla Chiesa del
Messia, sono nascoste il più sovente sotto le immagini di una prosperità
temporale. I profeti, uomini spirituali, parlavano a un popolo ancora
carnale, ed è per questo che presentavano i beni spirituali sotto dei colori
improntati alla vita presente. Tuttavia, sotto queste immagini, si riconosce
facilmente un regno spirituale, una società spirituale. Quando il salmista
dipinge la giustizia e la pace che germinano dalla terra sotto il regno del
Messia; quando lo mostra prendersi cura dei poveri e dei piccoli; quando
dice che pronuncerà ai suoi fratelli il nome di Dio, che lo loderà in una
grande Chiesa: noi abbiamo una descrizione della dolcezza e dei benefici
del Vangelo (Sal 21,23-26).
Quando Isaia dice che la conoscenza di Dio coprirà il mondo, come i
flutti coprono il fondo del mare, fa vedere che sarà conquistato dalla
predicazione, non dalle armi (Is 11,9). Quando descrive le sofferenze
inaudite di colui che nomina il braccio di Dio, e che vi vede la salvezza di
tutti gli uomini, e lo dota di una lunga posterità (Is 53 e 54), ci inizia al più
profondo dei misteri,e al più lontano dal senso umano: la redenzione del
mondo attraverso la croce. Quando Geremia, dopo aver parlato della nuova
alleanza, dona per carattere al popolo nuovo, che tutti conosceranno Dio dal
più piccolo al più gran- de, che tutti avranno la legge di Dio scritta nei loro
cuori, non poteva descrivere più chiaramente una società spirituale (Ger
31,31-34).
Potremmo prolungare queste citazioni: queste sono sufficienti per
dimostrare che i profeti hanno visto e conosciuto la Chiesa come società
eminentemente spirituale, altrettanto elevata al di sopra delle società
temporali come i pensieri di Dio lo sono al di sopra dei pensieri degli
uomini.
Andiamo a vedere, ora, Nostro Signore all'opera nella formazione di
questa Chiesa, che è nello stesso tempo il frutto del suo sangue e l'oggetto
del suo amore.
V
Gesù Cristo e la Chiesa
San Paolo chiama Gesù il nuovo Adamo: c'è in questa definizione una
sorprendente illuminazione (1 Cor. 15, 45-47).
Adamo, il primo Adamo, era stato destinato da Dio a diventare il
capostipite di una umanità tutta santa; ma cadde nel peccato e generò invece
una umanità carnale e peccaminosa. Allora Dio lo sostituì con Nostro
Signore Gesù e ne fece un nuovo Adamo, cioè il capostipite di una umanità
nuova, questa sì veramente santa ed immacolata. Adamo per generare
l’umanità aveva avuto bisogno di un aiuto che gli era simile: Dio aveva
donato a lui Eva; ma per mantenere l’unione dell’origine, l'aveva formata
della sostanza di Adamo.
Nostro Signore, anch'egli, per generare l’umanità nuova, volle un aiuto;
e Dio gli donò la Chiesa; ma qui ancora, per affermare l’unità, la formò
togliendola dal fianco del nuovo Adamo. Adamo è nello stesso tempo
anteriore e superiore a Eva; anteriore essendo suo principio, superiore
essendo il suo capo; e tuttavia ella è sua eguale, poiché diviene sua sposa.
Tutti questi rapporti si ritrovano in Nostro Signore rispetto alla sua
Chiesa; le è precedente come principio, superiore come capo; ma la ama, si
china su di lei, la solleva a lui, e noi osiamo dire che la rende sua eguale
facendola sua sposa.
Se esaminiamo il racconto della creazione di Eva, vi distinguiamo tre
cose:
- E' formata da Dio dalla sostanza stessa di Adamo
- Dio la conduce e la presenta ad Adamo
- Questi la riconosce come osso delle sue ossa, come carne della sua
carne, e la prende come sposa (Gn 2,20-25).
Questi tre aspetti si riproducono nel mistero della Chiesa; andiamo ora a
mostrare come.
Per prima cosa diremo che Gesù Cristo ci si mostra come il principio
della Chiesa; essa è tratta e formata della sostanza di grazia che è in Lui.
Questa proposizione è vera sia per i tempi precedenti all’Incarnazione che
per i tempi posteriori. Dopo il peccato, Gesù Cristo è l’unico mediatore tra
Dio e gli uomini: tutti gli eletti, dal primo fino all’ultimo, sono
spiritualmente scaturiti da una Grazia che deriva da Lui; e in Lui sono uno
come l’origine misteriosa che li ha prodotti e che li sostiene. Tuttavia,
bisogna riconoscere che, dopo l’Incarnazione, noi siamo in una dipendenza
da Gesù Cristo più intima e completa.
Nella nostra nascita, nella nostra crescita come figli di Dio, noi troviamo
la vita divinamente umana di Gesù che agisce in noi, che ci trasforma, che
ci unifica; ed è là propriamente il mistero della Chiesa. Gli antichi, pur
viventi di Gesù Cristo per la fede, non entrarono in questo mistero prima di
noi. Noi siamo, secondo San Paolo, innestati su Gesù Cristo, come il
pollone selvatico sull'ulivo franco. Notiamo ancora un punto molto
importante. La vita divinamente umana di Gesù si trasmette nelle anime,
seguendo la via ordinaria, attraverso le mani dei ministri sacri attraverso le
quali Gesù Cristo continua ad agire, per mezzo dei Sacramenti che
contengono sotto segni sensibili sia le operazioni della sua grazia sia la sua
sacra persona.
Pertanto la Chiesa è una Società visibile, costituita visibilmente e che si
sviluppa visibilmente. Sotto questo aspetto, essa data dall’Incarnazione e
dalla morte di Cristo; è completamente posteriore a lui, non esisteva prima
di lui; la si rappresenta a buon diritto come nascente dal suo cuore trafitto
dalla lancia del soldato. La morte di Nostro Signore è stata voluta da Dio,
perché le anime avessero una piena vita, i Sacramenti una piena efficacia.
Nel momento in cui le ultime gocce di sangue sgorgarono con l’acqua
del suo costato trafitto, l’opera della formazione della Chiesa fu consumata.
Un saluto alla nuova Eva, che nacque allora, tutta pura e immacolata, dal
fianco dell’Adamo celeste, dal cuore amatissimo di Gesù!
Dopo aver tratto Eva dal costato di Adamo, Dio la conduce e la presenta
egli stesso ad Adamo; allo stesso modo, la Chiesa, tratta da Gesù Cristo, è
condotta a lui dal Padre celeste.
Come avviene questo? Essa è formata dalle grazie che Lui ha meritato;
ma queste grazie, è Dio che le dispensa e che, dispensandole, attira le anime
verso suo Figlio Incarnato. “Nessuno viene a me, dice Lui stesso, se mio
Padre non lo attira.” (Gv 6,44).
Venuto quaggiù per riparare la disobbedienza di Adamo, Nostro Signore
ci appare in ogni cosa come essenzialmente dipendente dal Padre suo. Non
giudica, non parla da sé stesso, non cerca la sua gloria, non è venuto per
fare la sua volontà, non fa che ciò che vede fare al Padre suo (Gv 5,13-30;
8,26-30).
Allo stesso modo, accumula meriti; prega, e prega con lacrime, perché
tali meriti siano applicati agli uomini; ma, quanto all’applicazione che è
fatta, si mette nella dipendenza del Padre suo; e questa applicazione ha
luogo dopo una scelta, una elezione, le cui ragioni si perdono nelle
profondità della sapienza e della scienza di Dio (Rm 11).
Ci sono dei segni esterni, anche eclatanti, che designano Nostro Signore
agli uomini; interiormente, vi è un'attrattiva, derivante dal Padre della luce,
che gli conduce le anime.
Mentre riposa nella mangiatoia, attorniato dai suoi primi adoratori Maria
e Giuseppe, da una parte la voce degli angeli, dall’altra i raggi della stella lo
indicano ai pastori e ai magi, ai Giudei e ai Gentili. Essi accorrono: è già la
Chiesa, la Chiesa al completo. Vi è là una prima potenza venuta dall'alto.
Più tardi il dito di S. Giovanni Battista indica l’Agnello di Dio ai primi
apostoli (Gv1,36). Andrea, Giovanni vengono a lui, poi Simon Pietro, poi
Filippo, poi Natanaele, attirandosi gli uni gli altri.
In seguito Gesù parla, predica, fa dei miracoli: si manifesta da sé. Ma
accanto al dito di Giovanni Battista, c’è il dito di Dio. Accanto a Gesù che
parla, c’è il Padre che insegna (Gv 6,43-46), è il Padre che rivela suo Figlio
ai piccoli e agli umili, che gli prepara pian piano una Chiesa (Mt 11, 25-
27).
Quando Simon Pietro, elevandosi sopra la carne e il sangue, confessa
apertamente la divinità di Nostro Signore, vi è là una rivelazione speciale
del Padre della luce (Mt 16,17). E’ da Lui che discendono le sublimi
prerogative di Pietro; sta al Padre designare coloro che avranno i primi posti
nel regno di suo Figlio (Mt 20,23).
Riassumendo, la costruzione della Chiesa si fa per un’elezione e per
vocazione di tutti i suoi membri, i quali sono sovrapposti uno a uno, come
pietre vive, sul primo e principale fondamento, sulla pietra angolare che è
Gesù Cristo. Dio è l’architetto dell’edificio. Come Dio, Nostro Signore
agisce congiuntamente col Padre, poiché tutto ciò che il Padre fa lo fa lui
ugualmente (Gv 5,19); ma, come uomo, accetta umilmente quelli che il
Padre gli dona (Gv 17,6-19).
Queste verità sono più che certe. Tuttavia non si dovrà mai pensare che
Nostro Signore resti passivo nella costruzione della sua Chiesa. La edifica
egli stesso con gli uomini che Suo Padre gli mette tra le mani. Dio conduce
ad Adamo la sua sposa; ma Adamo l'accetta, e ne fa la sua sposa. Dio
conduce a Gesù la Sua Chiesa, che ha scelto; ma Gesù l’accoglie; l'ha scelta
anche lui come sua sposa, ratifica amorosamente e liberamente la scelta
paterna.
La Scrittura ci lascia intravvedere il rapimento che si impossessa
dell'anima di Adamo, alla vista di Eva sua sposa: la contempla, la riconosce
ed esclama: è osso delle mie ossa, carne della mia carne! Così, ma con una
ben altra potenza e una ben altra dolcezza, trasalì il cuore di Gesù, quando
suo Padre gli condusse i suoi primi apostoli e in loro la Chiesa. Questi gli
apparvero come le primizie della sua grazia, rivestiti dei suoi meriti, ornati
in anticipo dal suo preziosissimo sangue. Può gridare anche lui: sono osso
delle mie ossa, carne della mia carne!
Su uno di essi fissa uno sguardo ancora più profondo e illuminante che
su gli altri, e gli dice: “Simone, figlio di Giovanni, d’ora in poi ti chiamerai
Pietro” (Gv 1,42). In questo apostolo vedeva tutta la Sua Chiesa.
Dopo che il Padre suo gli ha portato così le pietre principali, Nostro
Signore agisce subito come fondatore e come capo. Gli occhi fissi sul piano
invisibile dell’architetto eterno, edifica la Sua Chiesa; assegna ad ogni
membro il suo luogo e la sua funzione. Compone definitivamente il collegio
apostolico, lasciando sempre a Pietro il suo incontestabile primato, e vi
aggiunge il privilegio dell’infallibilità; sceglie i ministri di secondo ordine, i
settantadue discepoli; a tutti dona una missione. Così si trova costituita in
tutte le sue parti la gerarchia della Chiesa nuova, uscita indifferentemente
dalle diverse tribù d’Israele: attorno ai pastori e ai capi si raggruppano i
semplici fedeli. Il corpo mistico del Verbo è provvisto di tutti i suoi organi e
di tutte le sue membra.
Questa Chiesa è ancora nell’infanzia: il Verbo Incarnato conversa in
mezzo ad essa come il suo precettore e la sua guida; la istruisce con
parabole, e la guida con i suoi esempi. Sopporta in essa le debolezze e
imperfezioni della giovinezza, con una bontà e longanimità incomparabili.
Nel momento in cui il buon pastore è afferrato, colpito, crocefisso, le
timide pecore si disperdono. Ma Egli resuscita, recupera e riunisce ancora il
suo gregge; ristabilisce per sempre nella fede le colonne della sua Chiesa,
gli apostoli; conferma a Pietro le sue divine prerogative di primato e
infallibilità dottrinali; a tutti rinnova la loro missione, infine sale al cielo in
loro presenza. Ormai la Chiesa è associata alla vita immortale di Gesù
glorificato; la virtù della sua resurrezione si è estesa ad essa. Ma è tempo
che passi dall'infanzia alla virilità. Il corpo mistico del Salvatore è formato;
ma gli occorre un'anima, uno spirito che la dirige. Questo spirito sarà lo
Spirito Santo, lo Spirito del Padre e del Figlio, lo Spirito che li unisce con
un legame indissolubile.
Nostro Signore è salito al Cielo, per mandarlo alla sua Chiesa, perché la
regga, la illumini, la vivifichi per sempre.
Mirabile capitolo del Pére Emmanuel, del suo testo sulla Chiesa. Viene
considerato il rapporto tra lo Spirito Santo e la Chiesa di Gesù Cristo.
Leggendolo vi troveremo profondità di contenuto e semplicità di
linguaggio.
Una vera meditazione, densa di dottrina e sapienza, quanto mai utile.
Siamo in un momento di confusione proprio su questi argomenti. C'è oggi
chi parla dello Spirito Santo quasi fosse “staccato” da Nostro Signore Gesù
Cristo. In rapporto poi alla Chiesa, quasi venisse lo Spirito ad instaurare una
nuova stagione, quella di una Chiesa spirituale come un’assoluta novità
rispetto al passato.
Nostro Signore insegna chiaramente che la missione dello Spirito di
verità è basata sulla sua propria. “Lo Spirito, dice ai suoi apostoli, riceverà
ciò che è in me e ve lo annuncerà (gv 16,14) non aggiungerà alla mia opera
nulla di essenziale”.
Non dunque la Chiesa di una “nuova Pentecoste”, come molto sentiamo
dire oggi, ma la Chiesa di Cristo, quella di sempre, il cui legame (tra Capo e
Corpo mistico) è lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. Non
una Chiesa pentecostale, dove lo Spirito dà nuove verità e cambia la fede in
continuazione, ma la Chiesa di Gesù Cristo che lo Spirito custodisce nella
verità della Rivelazione conclusasi con la morte dell'ultimo Apostolo.
Lasciamoci educare da queste belle e profonde considerazioni, il lavoro
per restare cattolici o diventarlo ogni giorno di più, deve essere paziente e
inesorabile.
VI
Lo Spirito Santo e la Chiesa
San Giovanni, nella sua prima epistola, mette in risalto i tre testimoni
celesti, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; e i tre testimoni terrestri,
l’acqua, il sangue, lo spirito (1 Gv 5,7-8).
I tre testimoni celesti rendono testimonianza che Gesù Cristo è vero Dio;
i tre testimoni terrestri rendono testimonianza che è vero uomo. Perché,
morendo, è uscito dalla sua bocca un soffio o uno spirito, è uscito dal suo
fianco dell'acqua e del sangue: cosa che segna in lui una vera umanità.
Ma l’acqua, il sangue e lo spirito ci ricordano anche le tre effusioni, i tre
battesimi che hanno prodotto la Chiesa. Vi è stato primariamente un
battesimo d'acqua; Gesù l'ha ricevuto per essa nel Giordano. Vi è stato in
seguito un battesimo di Sangue; l'ha ricevuto per essa nella sua Passione.
Infine, dall’alto del Cielo, gli ha donato il battesimo dello Spirito Santo.
L’acqua non sarebbe stata sufficiente per lavare la Chiesa, senza il
Sangue di Gesù Cristo; l’acqua e il sangue non sarebbero stati sufficienti
per vivificarla, senza l’effusione dello Spirito Santo. Non è senza
fondamento che noi chiamiamo battesimo l’effusione dello Spirito Santo.
Nostro Signore ha impiegato questa espressione: “Tra pochi giorni, dice ai
suoi apostoli, sarete battezzati nello Spirito Santo” (At 1,5).
Ma, perché non si intenda affatto con questo un'effusione passeggera, ciò
che Nostro Signore chiama qui un battesimo, lo definisce altrove un abito:
“Sarete, dice ancora agli apostoli, rivestiti della virtù dall’alto” (Lc 24,49).
No, lo Spirito Santo venendo nella Chiesa non doveva discendervi come un
visitatore di passaggio, ma come un consolatore permanente e come un
ospite eterno. “Io pregherò il Padre, dice Nostro Signore ai suoi, e vi donerà
un altro Consolatore, perché dimori con voi eternamente; è lo Spirito di
verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vuole e non lo conosce;
ma voi, voi lo conoscerete, perché abiterà in voi e sarà in voi” (Gv 14,16-
17).
Queste parole del divin Maestro segnano evidentemente un modo di
abitazione nuova, nello stesso tempo più intima e più completa, dello
Spirito Santo negli apostoli e nella Chiesa.
Ascoltiamo su questo punto Sant'Agostino: “Prima della Pentecoste,
dice, gli Apostoli avevano lo Spirito Santo, e non l’avevano; perché non
l’avevano al grado in cui dovevano averlo.
L'avevano con restrizione; doveva essere dato a loro senza restrizione.
L’avevano segretamente; dovevano riceverlo pubblicamente” (In Joan.).
L’avevano, aggiungiamo noi, individualmente; dovevano riceverlo
collettivamente. Il carattere della missione dello Spirito Santo, il giorno
della Pentecoste, fu dunque di essere dato pienamente, sensibilmente,
collettivamente. Abitava in Nostro Signore con pienezza; in quel giorno
discese con pienezza nel Corpo mistico di Gesù Cristo che è la Chiesa; e
per questa presenza, accompagnata da tutti i doni celesti, la fece passare
immediatamente dall’infanzia all’età adulta.
Si manifestò in Nostro Signore in una maniera sensibile; discese
visibilmente sugli apostoli, e manifestò la sua presenza in loro attraverso
ogni sorta di operazioni meravigliose; e oggi manifesta la sua presenza nella
Chiesa attraverso dei segni più chiari del sole.
Era completamente in Nostro Signore. Ormai, lo fu completamente nella
Chiesa; non tutto intero in ogni membro, ma tutto intero nel corpo;
diversificando le sue operazioni seguendo la natura di ogni membro,
esprimendo la sua unità attraverso l’unità del corpo composto da tutte le
membra.
E’ per questo che noi diciamo che è stato donato agli apostoli, non
individualmente, ma collettivamente; fu loro donato per essere il loro
legame vicendevole, il legame della Chiesa, la causa permanente della sua
indissolubile unità.
Prima della Pentecoste, lo Spirito Santo portava la sua azione quaggiù,
ora in un punto ora su un altro; illuminava e santificava ora un’anima ora
un’altra; non risiedeva in un corpo, non aveva un centro d’azione
invariabile. Da allora, questo divino Spirito è stabilito a perpetua dimora nel
Corpo mistico di Gesù; è là il centro dove è stabilito, da cui irradia
sull’umanità tutta intera.
Tutto questo ci dà la chiave di lettura di una espressione di S. Agostino,
strana al primo momento, ma tanto giusta quanto profonda. Egli chiama la
Pentecoste: la natività dello Spirito Santo (Serm.). Per l’Incarnazione, il
Verbo si donò un corpo visibile; nacque al mondo, si manifestò agli uomini.
Allo stesso modo, alla Pentecoste, lo Spirito Santo entrò in un corpo
visibile, che è la Chiesa; vi entrò per esserne come l’anima, e per essa si
manifestò sensibilmente al mondo.
E’ disceso su Gesù il giorno del suo battesimo in forma di colomba,
simbolo d'innocenza, di dolcezza e d’amore. Discese sulla Chiesa nascente
sotto forma di lingue di fuoco, per mostrare che il corpo del Verbo sarà lui
stesso tutto verbo e nello stesso tempo tutta carità.
Lingue di fuoco, proselitismo bruciante, apostolato nella carità,
irraggiamento dello Spirito di verità su tutta la terra: ecco il carattere
immortale della Chiesa, e il suo connotato all’interno dell’umanità.
La dottrina che esponiamo tratta da S. Agostino è stata magnificamente
espressa da S. Gregorio Nazianzeno; è una gioia compara re queste due
luci. “Dalla Pentecoste, dice S. Gregorio, lo Spirito Santo è dato più
perfettamente; non è più solamente presente per ciò che opera come lo era
prima, ma dimora con noi, conversa con noi in una maniera che si può dire
sostanziale. Era conveniente che avendo vissuto il Figlio con noi
corporalmente, lo Spirito venisse anche Lui corporalmente; e che,
andandosene il primo, il secondo gli succedesse” (Oratio 41, in Pent.).
Le ultime parole di S. Gregorio ci mettono sotto gli occhi e ci invitano a
considerare la successione o, come dicevano gli antichi, la divina economia
dei misteri. Durante la sua vita mortale, Gesù aveva lavorato a formare il
corpo delle sua Chiesa, di cui aveva costituito la gerarchia e distribuito i
ministeri. Era un lavoro analogo a quello col quale Dio plasmò dalla terra il
corpo del primo Adamo; a questo corpo dotato di tutte le sue membra
restava da infondere lo spirito della vita; Dio lo fece e Adamo divenne
anima vivente (Gn 2,7).
Così Gesù, dall’alto dei cieli, effuse lo Spirito della vita sulla sua Chiesa;
ed ella si alzò, ed ella fu vivente di una vita immortale. Ma era necessario,
perché questa effusione avesse luogo, che Gesù fosse glorificato. “Se io non
me ne vado, disse ai suoi apostoli, lo Spirito non verrà; ma se io me ne
vado, ve lo manderò” (Gv 16,7).
Gesù non poteva inviare lo Spirito Santo che come Dio, unitamente al
Padre; perché procede da tutti e due. Era necessario, per fare questo invio,
che fosse per così dire riunito al Padre, essendo risalito al Cielo e assiso alla
sua destra.
Era inoltre conveniente che lo Spirito Santo, che procede dal Figlio, non
cominciasse quaggiù la sua missione che dopo che il Figlio avesse
terminato la sua. Nostro Signore insegna chiaramente che la missione dello
Spirito di verità è basata sulla sua propria. “Lo Spirito, dice ai suoi apostoli,
riceverà ciò che è in me e ve lo annuncerà” (Gv 16,14). Non aggiungerà alla
mia opera nulla di essenziale; vivificherà i germi che ho deposto. Prenderà
le mie parole e i miei misteri, ve ne donerà l’intelligenza, li scriverà nel più
intimo del vostro cuore. Farà circolare in voi una vita che prende la sua
sorgente in me”. Così ci è svelato il ruolo dello Spirito Santo nella Chiesa:
unisce le membra al capo, fa passare nelle membra la vita del capo divino
che le domina. Quando era sulla terra, Nostro Signore era in mezzo ai suoi
apostoli come il primo tra loro, ma sempre come uno di loro.
C’era tra lui e loro un legame in qualche modo individuale e mescolato
ad affetto umano. Ma sale al Cielo; da allora apparve come il capo che
domina il corpo, al quale per la pura fede tutte le membra si uniscono. Ed è
lo Spirito Santo che forma il legame. Esce da Gesù Dio e uomo, da Gesù
capo della Chiesa, come un fiume di vita impetuoso, e va ad espandersi in
tutte le membra, unendole, consolidandole, donando loro una coesione
potente che nessuna forza può dissolvere.
Così si spiega la parola dell’Apostolo: “Gesù è asceso al più alto dei
cieli, per tutto riempire” (Ef 4,10). E’ asceso per penetrare dei suoi influssi
tutte le membra del suo corpo mistico e attraverso esse il mondo intero. E’
salito come il sole, per inondare tutto col suo calore; e questo calore è lo
Spirito Santo.
Grazie a questo divino Spirito, Gesù è in comunicazione intima e
continua con i suoi fedeli; vive in essi, essi vivono in Lui. Gesù e la Sua
Chiesa, il capo e il corpo, formano una sola e stessa persone mistica. Poco
importano i luoghi e i tempi: c’è un’unità perfetta, grazie allo Spirito
immenso ed eterno. Grazie ancora a lui, questo Corpo mistico cresce e si
sviluppa come i corpi viventi, fino a un termine conosciuto da Dio, che sarà
la riunione piena di tutti gli eletti in Gesù Cristo, ciò che S. Paolo chiama la
piena misura dell'età perfetta di Gesù Cristo (Ef 4,13).
E questo termine, il Corpo mistico di Gesù Cristo lo attenderà
infallibilmente, sotto l'impulso vitale dello Spirito Santo che lo anima.
Questo sguardo dello Spirito Santo nella Chiesa ci porta a considerare
allo stesso tempo la sua azione esterna e la sua vita intima, a contemplare in
essa la dignità della Sposa e la tenerezza della Madre.
Oltre la soglia
***
***
IX
L’infallibilità del Papa
Sant'Agostino chiama la sede di Pietro: la cattedra dell'unità. Ora,
aggiunge, in questa cattedra dell'unità, Dio ha collocato la dottrina della
verità. Lì dov'è l'unità, la è la verità: quale indicazione illuminante! L'errore
è mutante, la verità è immutabile; l'errore ha mille volti, la verità è una;
l'errore divide, la verità unisce.
Se la Chiesa è una, è perché è in possesso della verità, o piuttosto è
perché lo Spirito di verità ha preso possesso di essa. Ed è dal centro della
sua unità che si irradia la luce della verità. La verità, quaggiù, è la fede. La
fede è dunque il principio interiore dell'unità della Chiesa. San Paolo ci fa
conoscere molto chiaramente quale sia la costituzione della Chiesa, con
queste semplici parole: “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo
(Ef. 4,5)”.
La Chiesa è un corpo, di cui noi siamo le membra, e di cui Gesù Cristo è
il capo: un solo Signore! Ora è la fede che unisce le membra viventi sulla
terra al capo che è in Cielo: una sola fede! Quanto al battesimo, è il
sacramento della fede, cioè lo strumento e il segno pubblicamente della
nostra incorporazione a Gesù Cristo che si fa interiormente per la fede: un
solo battesimo!
Tutta la Chiesa, visibile e invisibile, è in questi tre termini. È chiaro che,
se la fede potesse spegnersi nella Chiesa, non ci sarebbe più Chiesa: ogni
legame sarebbe spezzato tra la terra e il Cielo; l'umanità navigherebbe alla
deriva fuori da Dio e dal suo Cristo.
San Paolo insegna che Gesù Cristo abita nei nostri cuori per la fede (Ef
3,17). Avrebbe potuto dire: per la carità. Dice: per la fede, perché la fede è
la radice prima della carità e di tutta la vita cristiana.
La fede è l'anima dei sacramenti: cosa sarebbero senza la fede della
Chiesa che agisce in essi, o piuttosto grazie alla quale Gesù Cristo stesso,
che li ha istituiti, agisce in essi? Dei segni vuoti e inefficaci.
I sacramenti operano i loro effetti meravigliosi indipendentemente dalla
fede del ministro che li applica; ma non indipendentemente dalla fede della
Chiesa. È essa che provoca l'azione divina, per le mani dei ministri buoni o
cattivi. La fede è dunque nello stesso tempo sia il legame dell'unità della
Chiesa quaggiù, che la virtù che la rende feconda. Per questo era di primaria
necessità che Nostro Signore, istituendo la sua Chiesa, provvedesse al
mantenimento integrale della fede fino alla fine del mondo. Vi ha
provveduto, promettendo, poi donando alla sua Chiesa lo Spirito di verità:
“Pregherò il Padre, dice agli apostoli, e vi invierà un altro Consolatore,
perché dimori con voi eternamente. È lo Spirito di verità. Quando lo Spirito
di verità sarà venuto, vi insegnerà tutta la verità” (Gv 14,16 e 16,13).
È evidente che, essendo lo Spirito di verità nella Chiesa a perpetua
dimora, la fede vi risplenderà per sempre. Ma dove e come manifesta la sua
azione illuminatrice? La fede è quaggiù il comune patrimonio dei figli di
Dio. Una sola fede, dice l'apostolo. Per la fede, ogni fedele entra in
partecipazione dell'eterna verità; è in rapporto con lo Spirito di verità.
Bisogna dunque rispondere che questo Spirito di luce manifesta la sua
presenza in tutte le membra della Chiesa, fino a quelle più umili.
Tuttavia non si manifesta in tutti alla stessa maniera. Nella Chiesa
visibile, come nell'uomo stesso, occorre distinguere la testa e il corpo; la
testa, o la Chiesa docente, sono i pastori e i dottori (Ef 4,11); il corpo, o
Chiesa discente, sono i semplici fedeli. Nella testa, lo Spirito Santo si
manifesta attraverso un insegnamento che esclude l'errore e che comprende
tutta la verità; nel corpo, si manifesta attraverso una rettitudine, proveniente
dalla fede, che gli fa accettare docilmente l'insegnamento dei pastori.
Sant'Agostino fa capire l'immensa differenza che esiste, dal punto di
vista dei doni soprannaturali, tra Gesù Cristo e noi, attraverso la stessa
comparazione del capo e delle sue membra; nel capo sono riuniti tutti i
sensi, fatto che dona ad esso una conoscenza molto perfetta del mondo
sensibile; le altre membra non hanno che un solo senso, il tatto, che dono ad
esse un conoscenza molto limitata; è così, conclude, che tutti i doni
soprannaturali sono riuniti ad un grado eminentissimo in Gesù Cristo nostro
capo; e che noialtri, che siamo sue membra, vi partecipiamo in una misura
ristretta ma nonostante questo molto reale (De agone christiano).
La stessa comparazione può essere utilizzata, salvate tutte le
proporzioni, in rapporto ai capi visibili della Chiesa e ai semplici fedeli. I
primi, che hanno la missione di insegnare la fede, godono certamente di una
grazia particolare che la fa loro cogliere con pienezza e annunciare con
precisione; perché è ai pastori e dottori, nella persona degli apostoli, che lo
Spirito illuminatore è stato direttamente promesso. Ma i secondi (i fedeli
ndr.) non sono sprovvisti di un certo discernimento nelle cose della fede,
che fa loro accettare gioiosamente la verità e ripudiare la menzogna, come
per un istinto soprannaturale.
Un insegnamento eretico offende le orecchie del popolo cristiano, irrita
la sua coscienza, talmente il senso della fede è delicato in esso. Tutto questo
ci fa comprendere il modo di agire dello Spirito Santo nella Chiesa.
Diffonde e mantiene la fede dappertutto; la fa fluire in tutte le vene di
questo grande corpo come un sangue puro e generoso. In più, nello stesso
tempo in cui dona ai pastori e ai dottori delle luci per cogliere e formulare il
dogma, dona ai semplici fedeli una grazia per discernerli da tutto il
groviglio umano, per nutrirsene, per assimilarli.
E così, tutte le membra dimoreranno unite nella verità e nella pace. Qual
è, in questo insieme imponente, il ruolo del Papa? Eccolo, è grande e
meraviglioso.
Lo Spirito di verità è stato donato ai pastori e dottori collettivamente, ma
non individualmente. Risiede in essi in generale: per questo il loro
insegnamento unanime su un dato punto è una pietra d'angolo della verità.
Non risiede in ciascuno di essi: da cui segue che ciascuno di essi, preso
individualmente, può sbagliarsi. Questo Spirito divino è al contrario unito
specialmente e inseparabilmente alla cattedra di Pietro e alla persona del
Papa che vi è assiso. Questa assistenza speciale, individuale, perpetua è il
frutto di una preghiera di Nostro Signore: Pietro, ho pregato per te, perché
la tua fede non venga meno (Lc 22,32). In conseguenza di questa preghiera,
il Papa, che presiede ai pastori e dottori della Chiesa, solo tra tutti è
infallibile. Lo Spirito di verità, che può abbandonare questo o quel pastore e
dottore, non lo abbandonerà mai, lui che è il supremo pastore e il primo dei
dottori.
Ordinati attorno a lui, uniti alla sua fede inviolabile, i pastori e dottori
della Chiesa formano quell'esercito celeste di cui parla la Scrittura, e per il
quale essa intende tutti gli astri del firmamento distribuiti in brillanti
costellazioni. E colui che volesse separarsi da esso, diventerà uno di quei
astri erranti, che vanno a spegnersi per sempre, dice San Giuda, in una
tempesta tenebrosa (Giuda 13). Il sole è il centro di un sistema planetario:
se voi eliminate il centro, i pianeti, uscendo dalle loro orbite, porterebbero
la confusione nel cielo. A tutto l'insegnamento della Chiesa, a tutti i maestri
in Israele, occorreva un centro nello stesso tempo fisso e luminoso: è la
Chiesa romana, è la sede di Pietro. È detto nell'ufficio degli Apostoli che la
loro dottrina fa risplendere la Chiesa, come il sole fa brillare la luna
(responsorio VII). L'insegnamento apostolico sussiste integralmente nella
cattedra di Pietro: “Per questo, dice magnificamente San Massimo, tutti i
confini del mondo si volgeranno verso di essa, come verso il sole dell'eterna
luce.”
Abbiamo mostrato come il potere gerarchico, che è formalmente uno nei
vescovi, si riassume in un pastore universale che è il Papa. Ora, mostriamo
come l'insegnamento della fede, che deve essere una su tutte le labbra, si
esprime infallibilmente attraverso una sola bocca, la bocca del Papa.
Essendo la Chiesa visibile, occorreva necessariamente che l'unità della
fede, che è il legame interiore delle anime a Gesù Cristo, si esprimesse
esteriormente in un uomo eletto da Dio, che proclamasse la fede e decidesse
in ultima istanza le questioni che la riguardano. E quest'uomo doveva essere
messo in evidenza, perché ciascuno lo ascoltasse. Abbiamo chiamato il
Papa, capo della Chiesa, e interprete della sua fede. È in lui che la nostra
fede si manifesta a tutti; è per lui che essa risuona nel mondo. Quando il
sovrano pontefice promulga un punto di dogma, non inventa nulla; ascolta
la nostra fede nel respiro delle nostre anime, dice il Padre Lacordaire;
l'ascolta, poi la formula, poi la propone al mondo. In questo lavoro, lo
Spirito Santo lo assiste, in modo che non possa sbagliare: ecco il mistero
dell'infallibilità.
Tutti i secoli cristiani hanno salutato l'infallibilità. I Padri di tutti i
concili, per ottenere conferma dei loro decreti, si sono sempre rivolti a colui
al quale Nostro Signore ha detto: Conferma i tuoi fratelli (Lc 22,32). Da più
secoli, delle nubi erano state accumulate dai protestanti e dal gallicanesimo;
hanno intercettato i raggi dell'infallibilità pontificia; hanno portato, ahimè!
un grande raffreddamento della fede.
Il concilio Vaticano (Vaticano I, ndr.) ha soffiato su queste nubi; possa la
luce, che viene da Roma, riscaldare potentemente le anime ridonando loro
la fede!
Uno sguardo soprannaturale
Basta trascrivere queste tre frasi tratte dal Capitolo X dell'opera “La
sainte Église” del Père Emmanuel, per rendersi conto di essere di fronte a
tutto un modo di affrontare la conoscenza del mistero della Chiesa per noi
alquanto nuovo.
Dopo decenni di sociologismo ecclesiastico, di politica sulla Chiesa, di
indagini giornalistiche sulla situazione dei cattolici, come è commovente
stare di fronte a un discorso sulla Chiesa che attinge alla vita
soprannaturale. Leggiamolo, meditiamolo; assaporiamo queste pagine
sull'anima della Chiesa. Facciamone oggetto di confronto tra di noi,
parliamone, sarà il miglior modo per vivere profondamente il nostro amore
alla santa madre Chiesa.
Questo scritto è un vero antidoto al terribile virus del naturalismo che ha
invaso tanti cattolici di questi tempi: guardano alla Chiesa come a una cosa
naturale, umana, quasi fosse una questione politica.
Anche molti di coloro che vivono una sincera vita di fede, che sperano
tutto dal Signore e dalla sua grazia, quando considerano la vita della Chiesa,
giudicano le cose in modo troppo umano, non ricavano i giudizi da questo
sguardo soprannaturale, che è il solo veramente cattolico.
X
L’Anima della Chiesa
***
A quest'anima della Chiesa, sant'Agostino ha dato un nome, un nome
dolce e bello come essa; la chiama la colomba. L'ha chiamata così, dal
Cantico dei Cantici: “una è la mia colomba, mia tutta bella (Ct 6,8)”. E
ancora: “alzati, affrettati, mia colomba, mia tutta bella, e vieni! (Ct 2,10)”.
Lo stesso Padre chiama ancora l'anima della Chiesa, da un'altra espressione
del Cantico dei Cantici, il giardino chiuso, nel quale non si trovano che
degli alberi verdi e rigogliosi, e che racchiude la fontana sigillata, immagine
dello Spirito Santo. (Lib. II Ad Cresc.)
Lo Spirito Santo, sorgente d'acqua viva, vento di mezzogiorno, conserva
nel giardino chiuso una primavera perpetua; fa regnare nell'anima della
Chiesa, con la giustizia, una pace e una gioia che rinascono sempre (Rm
14,17). Regnante come maestro nell'anima della Chiesa, la fa lavorare e
lottare. Il lavoro e la lotta per la generazione delle anime; questo lavoro è
quello nel quale il male è vinto con la forza del bene (Rm 12,21). L'arma,
con la quale lavora e lotta l'anima della Chiesa, è la preghiera, ma una
preghiera umile, ardente e incessante; una preghiera che è un gemito, il
gemito della colomba. A questo gemito corrisponde una perenne effusione
di grazie, che attira le anime all'unità della carità.
Vogliamo conoscere la preghiera che si libera giorno e notte dall'anima
della Chiesa? È il Padre nostro, ma il Padre nostro proferito con un gemito
inenarrabile che forma lo Spirito Santo (Rm 8,26). L'anima della Chiesa
domanda infaticabilmente la santificazione del nome di Dio, l'avvento del
suo regno, il compimento della sua volontà, il dono del pane quotidiano, la
remissione dei peccati, il soccorso nelle tentazioni, la liberazione dal male.
E questa preghiera è esaudita infallibilmente nella misura in cui essa si
produce: perché è di essa che Nostro Signore ha detto: “tutto ciò che
domanderete al Padre mio, Egli ve la darà (Gv 15,16)”.
Pregando così, l'anima della Chiesa lotta: contro quali nemici? Contro
gli uomini carnali che sono in essa e che la fanno soffrire e gemere. Lotta
contro di essi, per spogliarli della loro vita di peccato, e per comunicare loro
la vita della grazia. Essi resistono; e questa resistenza produce in seno alla
Chiesa uno strappo doloroso. È la lotta di Giacobbe e di Esaù nel seno di
Rebecca. “Ciò che lo spirito fa contro la carne, dice Sant'Agostino,
battagliando, non per odio, ma per amore, gli spirituali lo fanno contro i
carnali. Ma la guerra degli spirituali è una reprimenda in spirito di carità, la
loro spada è la parola di Dio” (Contra epistolam Parmeniani, libro II). “Gli
eletti e i riprovati, dice a sua volta Bossuet, sono nel corpo della Chiesa: gli
eletti, come la parte alta e spirituale; i riprovati, come la parte inferiore e
carnale, la carne che lotta contro lo spirito.
La Chiesa soffre in questo una incredibile violenza, più grande dei dolori
del parto, perché, sentendoli (i carnali, ndr) nell'unità del suo corpo, ella si
tormenta per attirarli all'unità del suo spirito; e nessuna persecuzione le è
più dura che la loro resistenza ostinata. “Essa geme in continuazione nei
giusti che sono la parte celeste per i peccatori che sono la parte terrestre e
animale; e la conversione dei peccatori è il frutto di questo gemito interiore
e perpetuo. Dio non si lascia piegare che per i gemiti di questa colomba;
voglio dire per le preghiere, mischiate di sospiri, che fa la Chiesa nei giusti
per i peccatori; ma Dio esaudisce la Chiesa, perché ascolta in essa la voce di
suo Figlio. Tutto ciò che si fa per la Chiesa, è Gesù Cristo che lo fa; tutto
ciò che fa Gesù Cristo nei fedeli, lo fa per la santa Chiesa. Amen.” “La
Chiesa sospira in questi stessi giusti per tutte le anime sofferenti, o meglio
sospira in tutte le anime sofferenti e provate per tutte le anime sofferenti e
provate: le loro sofferenze, la loro oppressione porta grazia, sostegno e
consolazione le une per le altre.”
Ed ecco come ama, come prega, come lavora l'anima della Chiesa, nello
stesso tempo gioiosa e sofferente, nello stesso tempo in pace e in guerra; ma
la guerra è fuori di essa, la pace di dentro, la sofferenza è transitoria, la
gioia sarà eterna.
***
L'anima della Chiesa ci mostra l'azione dello Spirito Santo in ciò che
essa ha di più intimo e di più nascosto. Lo Spirito Santo riempie il corpo
mistico di Gesù; le sue operazioni sono di tre tipi. Innanzitutto, agisce nella
gerarchia cattolica attraverso la via dei sacramenti. Questa azione si
produce allo stesso modo su tutti i punti del globo dove esiste la Chiesa.
Essa ha un lato essenzialmente sensibile e percepibile. E' per essa che la
Chiesa è una società visibile. L'unità gerarchica e sacramentale è per così
dire l'unità organica della Chiesa.
Secondariamente, agisce come Spirito di verità, per l'insegnamento della
dottrina rivelata. Questa azione si produce su tutti i punti della Chiesa, ma
essa ha il suo centro a Roma. Essa ha il suo lato esteriore e il suo lato
interiore: tuttavia è soprattutto interiore.
L'unità della fede e della dottrina costituiscono l'unità morale della Chiesa.
Infine lo Spirito Santo agisce come Spirito di amore, per la diffusione della
carità nei cuori (Rm 5,5).
Questa azione si manifesta al di fuori per una fioritura di opere di carità,
che dona alla Chiesa un aspetto d'eterna giovinezza. Ma in se stessa, è del
tutto interiore, molto segreta e molto nascosta, anche quando si produce
sotto il velo e per l'azione dei sacramenti. Essa non ha un centro visibile
sulla terra, come l'insegnamento della fede; ha il suo centro in Cielo, nel
cuore di Nostro Signore, e secondariamente nel cuore della Vergine
Santissima. Essa fa l'anima della Chiesa, che è invisibile.
Diffondendo la carità nei cuori, lo Spirito Santo dona alla Chiesa il suo
supremo carattere di unità. Ciò che fa l'unità di un popolo, non è né l'unità
costituzionale, né la stessa unità di lingua ma piuttosto quel sentimento
interiore e potente che si chiama patriottismo.
Così è la carità che è il vero legame di unità nella Chiesa; aggiungiamo
tuttavia che non si forma che per la verità. San Cipriano ha detto: “Un solo
Dio, un solo Cristo, una sola Chiesa. Come Dio è assolutamente uno, come
Gesù Cristo è assolutamente uno, la Chiesa deve essere assolutamente una.”
Questa tendenza all'unità perfetta non si può realizzare sulla terra. Il
legame delle membra della Chiesa, quaggiù, è la fede, è la sotto- missione
ad un unico capo visibile: ma sotto il velo di questa unità si prepara un'unità
più alta e definitiva, quella il cui legame sarà la carità pura, e di cui la
manifestazione è riservata al Cielo.
Allora, come dice San Paolo, Dio sarà tutto in tutti; allora, secondo San
Giovanni, saremo simili a Dio; allora la Chiesa apparirà nella sua gloria,
senza macchia e ruga alcuna; allora lo Spirito Santo manifesterà la sua
opera. Fino ad allora, lavora in segreto alla formazione dell'anima della
Chiesa; e questo segreto è talmente impenetrabile che anche coloro che ne
fanno parte non sanno per una scienza assoluta di farne parte.
L'anima della Chiesa è rivestita di una nube luminosa che acceca
l'occhio umano. Adoriamo il segreto di Dio!
L'intercessione dei Santi e di Maria.
XI
L'intercessione dei Santi e di Maria
Noi capiamo difficilmente, dice il libro della Sapienza, le cose che sono
sulla terra e troviamo con difficoltà quelle che sono alla portata dei nostri
occhi; quanto a quelle che sono in cielo, chi le potrà penetrare? (Sap. 9,16)
L'uomo può ben, ad esempio, studiare il corso di un fiume, fosse anche
al prezzo di mille difficoltà. Ma non può seguire la traccia del vento, pesare
l'acqua delle nuvole, farsi un computo rigoroso dei fenomeni celesti; e la
sua scienza al riguardo si riduce a un cumulo di ipotesi. È così, a più forte
ragione, per il mondo spirituale.
Certi fenomeni passano sotto i nostri occhi, e prendono una forma
sensibile, come la distribuzione delle grazie attraverso i sacramenti, ma altri
fenomeni si producono in modo molto nascosto e molto misterioso, come
quella pioggia di grazia che cade segretamente nelle anime, e che è dovuta
all'intercessione dei santi.
Sappiamo che i santi pregano, sappiamo che le loro preghiere attirano
sulla Chiesa la pioggia del Cielo; ma non possiamo seguire il volo di queste
preghiere, né calcolare la quantità di grazia che ne risulta, né valutare i frutti
che esse producono.
Tuttavia la nostra ignoranza è illuminata dallo Spirito Santo; e il poco
che sappiamo sui misteri del mondo invisibile è di natura tale da causarci
una grande gioia. Non temiamo dunque di avvicinarci a ciò che
sant'Agostino chiama un grande mistero, che chiama la dispensazione
occulta della misericordia divina (De baptismo contra Donatistas). “Colui
che può capire, dice S. Agostino, come Dio, autore di tutte le creature, le
governi tutte per la mediazione delle anime sante, che fa suoi ministri in
Cielo e sulla terra (perché è lui che le fa come sono, e nella creazione
occupano il primo rango); colui che può capirlo, che lo capisca, ed entri
così nella gioia del suo Signore” (De agone christiano).
Con queste magnifiche parole, il grande Dottore ci apre la porta, e ci
introduce lui stesso nella gioia del Signore: entriamo, ammiriamo,
adoriamo. Constatiamo in primo luogo che le anime sante sono vicine a Dio
(Sap. 6,20). Essendo vicine a Dio, è chiaro che tengono il primo rango nella
creazione. Ora, è un principio formulato da S. Denis, Dio riconduce a sé le
creature che sono lontane da lui attraverso quelle che sono vicine a lui.
Conseguentemente le anime sante sono, in Cielo e sulla terra, i ministri
delle sue adorabili e benevole volontà. Vicine a Dio per la loro purezza,
penetrate dai suoi splendori in ragione di questa stessa purezza, esse
servono a diffondere ovunque le influenze divine.
In verità, la potenza di cui sono rivestite e di cui ci meravigliamo. Vi è
dunque nella Chiesa una gerarchia visibile; ma questa gerarchia è nella
dipendenza della misteriosa gerarchia delle anime sante. I vescovi, i preti,
predicano, battezzano; ma sono quelle (le anime sante ndr) che, per le loro
preghiere, rendono la predicazione feconda e assicurano gli effetti dei
sacramenti.
La loro lingua è la chiave del cielo; e la salvezza delle anime dipende da
loro innanzitutto. Esse sono perfettamente sottomesse a Dio; e per questo
motivo, Dio sottomette loro tutto, anche gli angeli cattivi. Perché Dio, dice
S. Agostino, governa attraverso la creatura intelligente che vive nella
rettitudine, quella che si è pervertita. Esse sono nascoste, così bene nascoste
nella loro umiltà profonda, che esse si ignorano da se stesse; e sono esse che
sostengono tutto nella Chiesa, come il cuore che non si vede e che si sente
appena battere, sostiene tutto l'uomo. Formano la più pura e la più spirituale
porzione dell'anima della Chiesa, a fianco ad esse, ci sono delle anime
ancora carnali, che esse portano e mantengono nella sfera della grazia, sotto
l'azione dello Spirito Santo. Esse sanno così bene far fruttificare il tesoro
delle indulgenze, da procurare alle anime del purgatorio un inestimabile
sollievo.
Vi sono tra esse e i santi del Paradiso delle meravigliose affinità; e si può
dire che in generale non ci vengono in aiuto se non attraverso la loro
mediazione. Vivendo in un corpo mortale, e avendo i loro affetti lassù, esse
sono un legame di unione tra l'altare e il Cielo, come dei fili che legano due
continenti separati da abissi.
Ci si può domandare se siano più utili alla Chiesa i santi del Cielo, o i
santi della terra: i primi, senza dubbio, sono più potenti; ma sono gli ultimi
che li provocano ad agire, e che sono loro rappresentanti quaggiù fino a
quando li raggiungeranno lassù.
Abbiamo sufficientemente detto per far capire come il buon stato della
Chiesa dipende dal numero delle anime sante che porta nel suo seno, e dal
loro grado di santità. Ecco perché bisogna gridare a Dio: Mio Dio, donaci
dei santi!
Ci si permetta di citare un brano che abbiamo letto poc'anzi nella vita di
una santa religiosa morta da più di quarant'anni. Agonizzava. La duchessa
di (…), curvandosi verso di lei, le domandò: “Madre mia, che ne pensate?
Rivedremo noi Enrico V?”. La morente, già coperta di un sudore freddo, e
non vedendo le cose di quaggiù che nella luce dell'eternità, rispose: “Ah!
Dio è ben più occupato a fare dei santi che a fare dei re!”. Furono le sue
ultime parole. Morì poco dopo.
Sì, Dio è ben più occupato a fare dei santi che a fare dei re! Gli stessi
buoni re sono una grazia preziosa accordata alla preghiera dei santi. E
d'altronde i santi non sono forse dei re, che Dio riveste di una potenza tanto
più grande quanto è invisibile? Come non chiamare re coloro a cui tutto è
sottomesso, poiché essi stessi sono sottomessi a Dio?
Tutta la potenza che Dio depone nelle anime sante è un passaggio di
quella che ha posto in Maria, Madre di suo Figlio Gesù. Maria, come
dicono i Greci, è la tutta santa: per eccellenza, essa è pura; per eccellenza, è
vicina a Dio; per eccellenza, è la dispensatrice della misericordia divina, è
la distributrice delle grazie.
Nella sua onnipotente intercessione è contenuta la salvezza del mondo.
Donando tutto a Maria, non togliamo nulla a Gesù. Perché Gesù stesso, dal
quale abbiamo tutto, vuole che abbiamo tutto attraverso Maria (S.
Bernardo). I magnifici privilegi di Maria sono stati proclamati, cantati da
tutti i teologi: ma la grande voce della Chiesa, nella liturgia, domina tutte le
loro voci. Cosa poteva dire di più ardito la Chiesa in onore di Maria, che
applicarle le parole che, nella loro accezione prima, sono relative alla
Sapienza eterna?
La Sapienza eterna, è Gesù Cristo, Verbo eterno, fatto carne per la nostra
salvezza. Tutto ciò che è del Figlio è della Madre. Così pensa la Chiesa. La
Chiesa ci mostra Maria, sotto i tratti della Sapienza, presiedente alla
formazione di un mondo che è la Chiesa stessa: ella vi opera, ella vi dispone
ogni cosa; colui che la trova, trova la vita, e attinge la salvezza del Signore
(Prov. 8,22-35; Epistola della festa dell'Immacolata Concezione).
Altrove Maria ci è presentata come regnante da sovrana nel popolo dei
santi. Dio le dice: “abita in Giacobbe, fa la tua dimora in Israele, metti le
tue radici tra i miei eletti”. E Maria abita nella pienezza dei santi (Sir.
24,12-16; epistola del comune della Beata Vergine).
Altrove ancora, è proclamata la madre del casto amore, del timore, della
scienza, della santa speranza. In lei è ogni grazia che guida e illumina; in lei
ogni speranza di vita e di virtù (Sir. 24,23-31; Epistola della festa del Cuore
immacolato di Maria).
Emerge chiaramente da questi testi che Maria esercita un'influenza
universale della grazia sul popolo dei santi; e che Dio distribuisce attraverso
le sue mani le ricchezze della sua misericordia.
Riassume e concentra in lei tutta questa potenza di intercessione che è
versata nell'anima della Chiesa; è l'organo primo e necessario di tutta questa
mediazione supplicante che i santi esercitano in favore dei peccatori. E non
solamente intercede come supplicante, ma agisce come avvocata; non
solamente agisce come avvocata, ma interviene come madre.
Vedremo, nel prossimo capitolo, i rapporti di Maria con la Chiesa; e
constateremo che la Chiesa tutta intera è una riproduzione della creatura
unicamente bella, unicamente accetta a Dio, che ha dato la nascita nel
tempo a suo Figlio Gesù.
Maria Santissima e la Chiesa
***
***
E' molto interessante che Maria e Roma siano in fondo lo stesso nome.
Maria, in ebraico Miriam, è formato dal verbo roum, che significa esaltata.
Roma vuol dire: Esaltazione. Maria ha prestato il suo nome a Roma, sua
immagine terrena. Se i due nomi di Maria e di Roma non fanno che un solo
nome, gli amori di Roma e di Maria non sono che un solo amore.
Durante il Medio Evo, Maria era esaltata; Roma lo era anche lei. Dio era
conosciuto sulla terra, Nostro Signore era re. Il protestantesimo, cercando di
sostituire il regno della ragione al regno di Nostro Signore che è la verità,
ha sentito che occorreva abbassare Maria e la Chiesa romana. Ha detto alle
anime: Non pregate Maria; ai popoli: Non andate più a Roma. E la notte si è
fatta in molte anime. E le tenebre hanno invaso la terra.
Ma l'eresia concorre malgrado se stessa al trionfo dell'eterna verità: il
mistero della Chiesa, inutilmente oscurato, è stato messo dallo Spirito Santo
in piena luce, nei due termini che lo personificano, la santa Vergine e il
Papa.
Un tempo Pietro aveva detto a Gesù: Tu sei il Figlio di Dio; e Gesù
aveva risposto a Pietro: Tu sei Pietro e su di te costruirò la mia Chiesa. Oggi
abbiamo sentito Pio IX dire a Maria: Tu sei Immacolata; e Maria, attraverso
la voce della Chiesa, rispondere a Pio IX: Tu sei infallibile. Felici noi di
aver preso parte a questa doppia affermazione, attraverso l'anelito della
nostra anima verso Maria concepita senza peccato, verso il Papa infallibile.
“Un grande segno è apparso nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna
sotto i suoi piedi, e attorno al suo capo una corona di dodici stelle” (Ap
12,1). Era Maria Immacolata che la mano del Papa svelava ai nostri occhi.
Essendo Maria così esaltata, occorreva che Roma, sua immagine terrena,
lo fosse anch'essa; lo è stata per la definizione dell'infallibilità pontificia.
Poi è sorto il grande drago rosso che cerca di divorare la donna e il bambino
(Ap 12,3-4). L'inferno si è scatenato più furiosamente che mai contro la
stirpe della donna benedetta. Ma, vedendo le contorsioni del serpente
antico, si sente che è ferito a morte.
I suoi artifici per sviare gli uomini lontano da Maria e lontano da Roma,
sono sventati: Maria è pregata, Roma è ascoltata.
Occorreranno forse lunghi anni per sviluppare le conseguenze del
doppio atto posto da Pio IX da un lato, e dall'altro dal concilio Vaticano
(Vaticano I, ndr). Abbiamo una ferma fiducia che porterà, nel tempo che
Dio sa, un trionfo eclatante della santa Chiesa.
È impossibile che Roma sia ascoltata senza che la fede rinasca;
impossibile che Maria sia pregata senza che la carità rifiorisca.
L'esaltazione di Roma, è l'estinzione delle eresie e degli scismi;
l'esaltazione di Maria, è la conversione e la salvezza eterna delle anime;
l'esaltazione di Roma e di Maria, è l'avvento del regno di Dio sulla terra
come in Cielo.
Tutto! L’umanità non esiste che per essa e la Chiesa non esiste che per
Gesù Cristo, e tutto si compie in lui.
SECONDA PARTE
LA CHIESA E IL MONDO
XIII
La Chiesa in cammino
***
***
Nostro Signore istituì una Chiesa visibile, nella quale ogni uomo si può
rifugiare come nell'arca, per fuggire le acque del diluvio.
Le donò una gerarchia e la segnò con dei caratteri così sorprendenti che
ognuno può dire a se stesso: è qui la casa di Dio e la porta del cielo.
“La Chiesa, dice sant'Ambrogio, collocata su una montagna che tutto
domina dalla sua altezza, cioè il Cristo, dopo essere nascosta dalle tenebre e
dalle rovine di questo mondo; inondata dalla bianca luce del sole eterno,
essa proietta su di noi i raggi della grazia spirituale” (Expositio Evangelii
secundum Lucam).
“La visibilità della Chiesa, dice sant'Agostino, non potrebbe essere
contestata, né dare luogo ad alcun equivoco. Gesù Cristo ha predetto che
verranno degli uomini dicendo: il Cristo è qui, è là; è nel deserto, lontano
dalle folle e dai popoli; è in una camera ritirata, avviluppato da tradizioni e
dottrine segrete (Mt 24,26). Sono degli impostori. Il Cristo è nella sua
Chiesa; e questa è diffusa dappertutto, e continuerà a crescere fino alla
mietitura (Mt 24,30). Essa è una città, collocata su una montagna, della
quale il suo fondatore ha detto che non può essere nascosta (Mt 5,14). Essa
non è confinata in un angolo del mondo: essa è molto conosciuta in ogni
luogo” (De unit. Eccl.).
Sarebbe per lei poco l'essere conosciuta, se non fosse riconoscibile e
riconosciuta come Chiesa divina. Ora essa porta dei caratteri indelebili, che
la distinguono come tale per tutte le coscienze umane: ed è la sua unità, la
sua santità, la sua cattolicità, la sua apostolicità.
***
***
***
***
***
La Sposa vive del suo Sposo, la Chiesa vive di Cristo, secondo la triplice
aureola: La Verginità, il Martirio e la Dottrina.
Ed è secondo questa triplice aureola che la Chiesa deve testimoniare di
appartenere allo Sposo che è Cristo. Se venisse meno nel tempo questa
testimonianza di verginità-martirio-dottrina non avremmo più di fronte la
Chiesa di Cristo.
Per questo il Signore preserva nella sua Chiesa questa triplice
testimonianza.
Anche dentro la terribile crisi, che attacca proprio la verginità, il martirio
e la dottrina, il Signore garantisce luoghi dove le tre aureole sono visibili
perché vissute.
Una grande traccia per la nostra vita.
XV
Le tre aureole
Gesù Cristo vive nella sua Chiesa, lo Sposo vive nella sposa. Essendo la
vita dello Sposo quella della sposa, la fisionomia della Chiesa è quella di
Gesù Cristo.
I misteri di Gesù Cristo, che sono passati da più di diciotto secoli,
sussistono, continuano e fruttificano nella Chiesa.
Gesù Cristo è presentato al mondo come modello della vita perfetta,
come dottore del genere umano, come testimone del Padre suo fino
all'effusione del sangue. La Chiesa, anch'essa, si presenta al mondo con la
triplice aureola della verginità, della docenza e del martirio.
Diciamo una triplice aureola, per parlare con San Tommaso. Questo
dottore insegna, in effetti, che i santi possono avere, oltre la ricompensa
essenziale che corona la loro carità, una triplice ricompensa dovuta alle
grandi vittorie riportate sul demonio, sul mondo, sulla carne, attraverso la
verginità, il martirio e la dottrina.
Questa triplice ricompensa consiste in una certa somiglianza speciale
con Gesù Cristo, in un certo splendore che si diffonde attorno ad anime
sante che l'hanno meritato. Ora, questa somiglianza esiste necessariamente
nella fisionomia della Chiesa; questo splendore è la sua veste propria.
O voi che conoscete dal Vangelo l'adorabile figura di Gesù Cristo,
guardate la Chiesa: ritroverete in questo libro vivente, o piuttosto in questo
ritratto perfetto, ritroverete Gesù Cristo. Egli cammina sempre nelle strade
di questo mondo con la sua purezza verginale, col suo sangue sparso, con la
sua dottrina immacolata; perché la sua Chiesa, è Lui.
Ciò che noi chiamiamo la triplice aureola della Chiesa, potremmo
chiamarla, forse più giustamente ancora, la triplice testimonianza che la
Chiesa rende a Gesù Cristo; sì, come sposa, essa gli rende testimonianza
con una purezza che resta inviolabile in mezzo alle sozzure del mondo, con
l'effusione perpetua del suo sangue, infine, ciò che per certi versi è più
grande ancora, con una dottrina che confonde tutti gli errori e proclama
tutte le verità.
***
San Paolo dichiara che la legge mosaica non ha nulla per portare alla
perfezione (Eb 7,19). Condurre tutte le cose alla perfezione era proprio di
Gesù Cristo veniente nel mondo: e la sua opera, nella quale tutto è perfetto,
è la Chiesa.
Gesù Cristo ha tracciato la regola della vita perfetta dicendo: “Se vuoi
essere perfetto, va, vendi tutti i tuoi beni, dona il ricavato ai poveri e avrai
un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). Questo stato di
completo distacco, che è propriamente lo stato religioso, è messo in
opposizione da Gesù Cristo con lo stretto adempimento della legge.
Nello stesso tempo in cui Gesù Cristo donava ciò che chiamiamo i
consigli evangelici, ne offriva il modello in se stesso; o piuttosto donò
l'esempio prima dell'insegnamento. Egli è il primo religioso: povero, casto,
fino a nascere da una vergine, obbediente fino alla morte e alla morte di
croce, divinizzerà in lui questi tre elementi fondamentali della vita religiosa.
È impossibile supporre che Nostro Signore non abbia potuto praticare
eminentemente queste virtù; esse in lui sono sostanziali: doveva avere il
primato in tutte le cose, dice san Paolo (Col 1,18).
Ora, è altrettanto impossibile che la pratica della vita religiosa manchi
mai nella Chiesa. Lo stato di perfezione le è essenziale. Anche se non tutti i
suoi membri vi sono chiamati. Per chi esamina il fondo delle cose, esso
tiene al principio costitutivo della Chiesa; risulta dalla presenza permanente
in esso dello Spirito Santo, di colui che Nostro Signore chiama il dito di
Dio, perché perfeziona tutto ciò che tocca.
Dire che lo stato religioso è un superfluo nella Chiesa, sarebbe come dire
che la Chiesa può esistere senza riprodurre fedelmente i tratti di Gesù
Cristo, sarebbe misconoscere il suo nome e il suo amore di sposa, la sua
qualità e i suoi privilegi di corpo mistico. È più giusto affermare che lo
stato di perfezione è lo stato proprio della Chiesa.
Sant'Agostino ha potuto supporre una situazione del genere umano nella
quale, abbracciando tutti la verginità, il numero degli eletti, per questo
stesso fatto, si sarebbe completato (De sancta virginitate). Non è mai stato
ammesso come possibile uno stato della Chiesa in cui la verginità fosse
scomparsa.
Quando i nemici della Chiesa dirigono i loro sforzi contro lo stato
religioso, sanno bene che colpiscono la Chiesa al cuore; sanno che nello
stato religioso è il massimo della sua vitalità e della sua forza; perché i suoi
membri agiscono con tanta più efficacia sul mondo quanto più sono
distaccati dal mondo. Il mondo perseguita i religiosi, perché teme di esserne
convertito, ma non può distruggere questa gloriosa semenza, che è
immortale come le querce delle nostre foreste.
Tutti gli apologisti della religione hanno stabilito che la potenza e l'onore
del clero risiedono nel celibato, che qui si trova la causa della superiorità
della Chiesa romana sulle comunità dissidenti.
***
Nostro Signore si è presentato agli uomini come dottore: “non avete che
un maestro - ha detto loro - che è il Cristo (Mt 28,19-20)”. Da allora, il
dottorato è in permanenza nella Chiesa, che in tutte le cose continua Gesù
Cristo.
L'abbiamo detto, il primo atto della Chiesa è stato parlare tutte le lingue.
Uscendo dal Cenacolo, essa si è messa ad insegnare. Ne aveva la missione;
è per lei un diritto e un dovere. La Chiesa è stata costituita da Gesù Cristo
come la maestra del genere umano (Mt 28, 19-20).
Ci sarebbe da dire immensamente su questo ufficio della Chiesa,
principalmente oggi quando tutti gli sforzi del diavolo tendono a erigere
dappertutto delle cattedre di pestilenza contro la cattedra della verità. Per il
momento, ci contenteremo d'indicare come la Chiesa compie la sua
missione.
Ogni osservatore semplicemente imparziale può facilmente riconoscere
che si fa dappertutto, nella Chiesa e attraverso la Chiesa, un lavoro di
manifestazione della verità. Gesù Cristo ha posto nel suo seno tutte le
verità; essa le mette in luce, come il minatore estrae dalle viscere del suolo i
filoni d'oro e d'argento; o piuttosto li produce al di fuori, per una sorta di
parto meraviglioso, come la terra fa germogliare fiori e frutti (Sal 84,12).
Questa manifestazione abbraccia tutta l'estensione della dottrina rivelata,
ed anche comprende una quantità di verità naturali che hanno un rapporto
essenziale con la Rivelazione. In una parola, essa è totale e non parziale,
seguendo la promessa del Salvatore: lo Spirito vi insegnerà tutta la verità
(…). L'unzione vi insegnerà tutto (Gv 16,13; 1Gv 2,27). Il cardinale
Manning sottolinea con profondità che questo dispiegarsi totale della verità
è il carattere della Chiesa romana. Gli anglicani, dice, hanno qualche tratto
del dogma, dei rari tratti della morale; sono nulli nella scienza ascetica e
mistica, che traccia le vie dell'anima penitente e racchiude i segreti
dell'amore divino. Si sente che sono stranieri alla colomba che geme, alla
sposa che ama.
La Chiesa, al contrario, proietta ogni giorno, attraverso i suoi dottori e le
sue stesse vergini, le più ammirabili luci su queste questioni così belle. La
Chiesa inoltre si proporziona a tutti; dal suo seno di madre fa colare per i
suoi figli un latte puro e abbondante; ai forti, riserva un nutrimento più
solido (Eb 5,12-14). Essa si sente responsabile della dottrina agli insensati
come ai saggi (Rm 1,14).
Mentre i suoi frati e le sue suore fanno scuola ai bambini fino in Africa e
in Oceania, i suoi dottori rovesciano le vane chimere di una scienza empia e
orgogliosa, ed edificano la vera scienza in armonia con la fede.
Come non gridare in presenza di un simile spettacolo: “O Santa Chiesa,
tu sei la maestra della verità; tu fai brillare una luce che, partendo da Dio,
abbraccia tutta la creazione. Fuori di te, non vi è che una contraffazione
della scienza; e questa stessa contraffazione non sarebbe possibile, se tu non
avessi ispirato alle anime quella sete di conoscenza che tu sola puoi
appagare”.
Verità nella Chiesa
***
Ci resta da mettere in luce un punto relativo alle sette cristiane.
Seguiamo sempre la nostra guida, Sant'Agostino.
Al tempo del grande dottore, certi fuorviati pretendevano che bisognasse
ribattezzare gli eretici battezzati nell'eresia, come se ogni battesimo dato
fuori dal grembo della Chiesa fosse nullo. Fondandosi sulla costante
pratica della Chiesa romana, Sant'Agostino sostenne che il battesimo dato
fuori della Chiesa è valido, ammesso che sia stato dato nella forma voluta,
con l'intenzione di fare un cristiano. E i suoi potenti argomenti miravano ad
annientare l'errore che combatteva. Restò quindi acquisito che le sette
cristiane dissidenti possono generare dei cristiani; esse li generano, non per
il loro errore che è totalmente infecondo, ma per il bene del battesimo che
esse hanno conservato.
Di seguito, ed è a questa conseguenza che vogliamo giungere, i cristiani
che generano non appartengono a loro; appartengono alla Chiesa, attraverso
il battesimo di essa per cui si ritrovano, anche senza saperlo, figli della vera
Chiesa che è la Chiesa romana.
Tale è dunque il meraviglioso spettacolo che offre il mondo! La Chiesa
cattolica diviene madre, non solamente per le mani dei suoi propri figli, ma
per le mani anche dell'eresia o dello scisma: perché tutti i battezzati le
appartengono per il fatto stesso del loro battesimo. Ma citiamo
Sant'Agostino. “La Chiesa, dice, possiede i sacramenti come per diritto di
eredità, avendoli ricevuti da Gesù Cristo. Per cui chiunque battezza fuori di
essa, propriamente parlando non battezza; ma è lei (la Chiesa romana, ndr)
che battezza, è lei che genera, e in lei Gesù Cristo. La separazione non ha la
virtù di generare, è solo l'unità che genera. Dunque, conclude, è solo la
Chiesa che genera, sia direttamente, sia servendosi dei suoi servitori (che
sono lo scisma e l'eresia); e solo a lei appartengono i figli, come prodotti
dalla virtù di Gesù Cristo suo Sposo” (De baptismo contra Donatistas, libro
I, capitolo 10).
Da questi fondamenti molto certi, è consolante pensare che vi è nei paesi
eretici e scismatici un grande numero di figli della vera Chiesa. Sono tali i
figli in tenera età, legittimamente battezzati; sono tali anche molti adulti,
che non hanno mai dato allo scisma o all'eresia una adesione formale, e che
hanno vissuto della grazia del loro battesimo. Sicuramente, fuori dal
grembo della vera madre, sono meno privilegiati di noi; ma non sono privati
degli aiuti, attraverso i quali possono giungere alla salvezza.
Se vi giungono d'altronde, non è (come abbiamo letto prima) in virtù
della loro buona fede, ma della fede che hanno in Gesù Cristo. La buona
fede non è il principio della giustificazione, ma solamente la fede. Buona
fede vuol dire che non vi è un'adesione formale all'errore; è un elemento
negativo. La salvezza non risulta che da un elemento positivo, che è
l'adesione dell'anima alla verità rivelata o, altrimenti detto, la fede operante
attraverso la carità.
Quanto a coloro che hanno commesso il peccato di scisma o eresia, sono
separati dalla Chiesa; e per questo stesso fatto, perdono il frutto del
battesimo che hanno ricevuto. Diventano come il figlio morto che, nel
giudizio di Salomone, resta diviso dalla falsa madre; quanto alla Chiesa, la
vera madre, essa possiede il figlio vivo; e Gesù Cristo, di cui Salomone è
l'immagine, porta un giudizio giusto, affinché sia irrevocabilmente restituito
a lei.
XVII
Giudei e Gentili
***
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Cristianesimo e Islam
XIX
L’Islam e la Cristianità
La parola folgorante degli apostoli distrusse gli idoli, non solamente gli
idoli di legno o di metallo che ricevevano un culto grossolano, ma gli idoli
anche di carne ed ossa, cioè il culto dei disonesti piaceri. Il regno dello
spirito fu proclamato di fronte al mondo (Is 3,18).
Il diavolo, lo spirito immondo che il profeta aveva visto sollevato e tolto
dalla terra dallo Spirito di Dio (Zc 13,2); il diavolo meditava una rivincita.
Avendo la conoscenza del vero Dio riempito il mondo come un mare
debordante (Is 11,9), non osò rialzare gli idoli di legno e di pietra. Ma,
poiché le passioni sono sempre palpitanti nel cuore dell'uomo decaduto,
rialzò il culto della carne. Forgiò una religione autorizzante tutti i vizi, e fu
l'islamismo.
L'islamismo è un prodotto di tutti i fermenti impuri che covavano nei
paesi dove la fede non era penetrata profondamente.
Esaminiamolo nella sua origine, nella sua marcia di conquista, nel suo
scopo provvidenziale: troveremo materia per delle riflessioni del più alto
interesse.
***
***
Dio non è l'autore del male; non lo permette che per il bene; e nella sua
Provvidenza tanto misericordiosa quanto giusta, lo contiene in determinati
limiti che non può superare. La tempesta più violenta non devia dalla linea
che la mano di Dio le ha tracciato (Gb 38,11).
L'islamismo si abbatté, per un terribile giudizio di Dio, sui popoli che
avevano misconosciuto il dono della fede.
L'Oriente fu la terra nutrice di grandi eresie. Fu anche, è vero, il teatro
dei grandi concili. Ma questi concili non potettero spegnere i tizzoni ardenti
lanciati dagli eresiarchi.
L'errore, vinto sul terreno dottrinale, rimase nel cuore di molti,
riproducendosi sotto mille forme, e il più delle volte favorito dai poteri
pubblici. Infine Dio si stancò; e per punire coloro che avevano oltraggiato
la persona adorabile del suo Cristo, scatenò su di essi l'anticristo Maometto.
I settari del Corano vennero ad accamparsi successivamente ad
Alessandria, a Gerusalemme, ad Antiochia, e coprirono con il frastuono
delle battaglie le vane dispute teologiche dei Greci.
Più tardi, il patriarca di Costantinopoli mosse contro Roma pensieri di
rivolta, e terminò con una aperta rottura tutta una serie di insolenti
grattacapi. Allora Dio lasciò che il fiume guadagnasse il terreno; e
Costantinopoli, la testa dello scisma, cadde sotto gli attacchi di Maometto
II. Colui che non voleva obbedire al Papa dovette curvarsi davanti al
sultano.
***
Tutti i cattivi cristiani non escono dalla Chiesa per la porta grande aperta
dall'eresia e dallo scisma; ve ne sono molti che restano nel suo grembo, e
che la affaticano con i loro costumi depravati. Nessun fatto è messo più in
evidenza, nel Vangelo, che questo mischiarsi inevitabile dei buoni e dei
cattivi sotto il tetto di una stessa società.
La Chiesa è comparata ad un'aia, sulla quale pula e buon grano sono
mischiati (Lc 3,17); a un gregge, che contiene capri e pecore (Mt 25,33); ad
una rete, che trae pesci buoni e cattivi (Mt 13,47); ad una casa, nella quale
ci sono vasi preziosi e vasi di scarto (2 Tm 2,20).
A nessuno è concesso di pronunciare una separazione anzitempo; poiché
nessuno può sondare i cuori e le anime, fuori dal Giudice supremo, e non lo
farà che nel tempo stabilito. Allora, come colui che vaglia, pulirà la sua aia;
allora, come il pastore, separerà i capri dalle pecore; e farà fare dai suoi
angeli la cernita dei pesci contenuti nella rete della sua Chiesa; e i vasi
preziosi risplenderanno nella casa del padre, per tutta l'eternità.
***
***
Il Père Emmanuel pensa a tutto, considera tutti gli aspetti del mistero
della Chiesa, non fa censure.
Ecco allora che ci dona questo capitoletto sul potere secolare: mirabile
pagina, pur nella sua essenzialità, sulla dottrina cattolica intorno al potere
civile nei suoi rapporti con la Chiesa.
Utilissime queste righe per capire che cos'è il Liberalismo cattolico e per
evitarlo.
Appoggiato a tutta la Tradizione della Chiesa, Père Emmanuel lo
definisce un'eresia e una follia.
Come è triste dover constatare che oggi l'eresia liberale fa da padrona
nelle menti e nei cuori dei cattolici, con il sostegno della gerarchia.
Leggiamo, studiamo, riflettiamo.
XXI
Il potere secolare
***
La Chiesa, società religiosa, ha per oggetto diretto la felicità eterna degli
uomini; le società umane, al contrario, hanno per oggetto diretto la loro
felicità e prosperità temporali. È chiaro che, non vivendo l'uomo quaggiù
che per raggiungere un fine più alto che è il possesso stesso di Dio, il suo
benessere e la sua sicurezza temporale devono essere subordinate a questo
destino superiore.
Di conseguenza le società umane, che mirano ad assicurare questo
benessere e questa sicurezza, devono tendere a questo scopo in modo da
facilitare a coloro che le compongono il perseguimento della felicità eterna.
Esse hanno dunque, oltre il loro fine diretto, un fine ulteriore, che è quello
di concorrere alla salvezza eterna degli uomini.
Nella sfera in cui si esercita la loro azione propria e diretta, vale a dire
nel regolamento degli interessi umani, esse sono libere e sovrane; la Chiesa
non si ingerisce in quest'ordine di cose. Ma, in tutto ciò che tocca gli
interessi eterni degli uomini, come ad esempio nelle questioni
dell'educazione, esse sono sottomesse di diritto alla direzione suprema della
Chiesa.
San Tommaso paragonava le diverse potenze che compongono la
cristianità ai vascelli di una flotta che ricevono tutti dei segnali da un
vascello ammiraglio, che è la Chiesa romana; essa lascia alle differenti
potenze la propria autonomia; come ogni capitano è capo sulla propria
nave, così esse sono sovrane in casa propria; ma nello stesso tempo essa
regola i loro movimenti, per farli concorrere alla gloria di Dio e del suo
Cristo, e alla salvezza eterna delle anime.
Si possono ancora spiegare con un'altra similitudine i rapporti tra la
Chiesa e le potenze secolari. Tutti i pianeti che gravitano attorno al sole
hanno un doppio movimento: uno di rotazione su se stessi, l'altro di
gravitazione attorno all'astro centrale. Così le società cristiane devono avere
un doppio movimento armonizzato: uno per il quale agiscono come società
umane, regolanti gli interessi umani; l'altro per il quale prendono parte alla
vita della Chiesa.
Era così ai tempi di San Tommaso: ed era il bene, era l'ordine, era la
pace.
***
***
C'è qualcosa di peggio del rifiuto ebraico del Messia, delle eresie
cristiane e degli scismi.
C'è qualcosa di più orribile dell'idolatria pagana o del disordine morale
dei cristiani: c'è il Mistero d'Iniquità. Un disegno oscuro contro Dio e la sua
opera di salvezza. Un disegno oscuro che è all'opera nella storia.
I maghi, le sette gnostiche, i manichei che conducono alla moderna
massoneria: ecco gli uomini dell'Anticristo. Ecco il pericolo più grande per
la Chiesa, che deve difendersi da questo male operante nell'oscurità.
XXII
Il mistero d’iniquità
***
Abbiamo percorso le molteplici forme di errore che circondano e
combattono la verità di Dio: una tra queste sarà questo mistero d'iniquità
che cerchiamo di scoprire?
Il giudaismo non è il mistero d'iniquità di cui parla l'apostolo: poiché è
buono in se stesso, e non è divenuto cattivo che per la sua opposizione alla
fede cristiana.
È dunque l'idolatria? L'idolatria è un'empietà manifesta: ma, dai tempi
dell'apostolo, scompariva di fronte al cristianesimo come la neve si scioglie
ai raggi del sole. Il fondo dell'idolatria, è l'ignoranza; non comporta quel
dispiegamento di malizia, né quel carattere misterioso che l'apostolo ci
segnala.
San Paolo avrebbe voluto parlare di alcuni tentativi sordi di eresia e di
scisma, che si sarebbero prodotti in mezzo ai primi fedeli? Non lo
pensiamo. L'eresia che è una negazione parziale della fede, lo scisma che è
una rottura dell'unità, sono, se si vuole, dei misteri d'iniquità: non sono il
mistero d'iniquità propriamente detto, nel quale bisogna intendere una
negazione totale della verità, un'opposizione radicale ad ogni bene, ad ogni
pace.
Non abbiamo difficoltà a dire che il maomettismo è fuori questione,
poiché l'apostolo parla di un male che esisteva dai suoi tempi e che si
tramava sotto i suoi occhi.
Avrebbe voluto designare, con un'espressione forte, i cattivi costumi di
certi cristiani, che sono per la Chiesa una così dura prova? Evidentemente
no. Un cristiano depravato, che comunque conserva la fede, non è
precisamente un mostro d'iniquità; è sovente un uomo debole e ignorante. È
forse più colpevole di un uomo nato nell'eresia; e tuttavia, secondo la
testimonianza di Sant'Agostino, è più facilmente convertibile. La pula
interna, dice questo Padre, è più facilmente cambiata in frumento, che la
pula esterna.
Quanto al potere secolare, non è ad alcun titolo un mistero d'iniquità:
l'apostolo, per primo, lo dichiara buono, utile, onorabile. Se diviene cattivo
e nocivo, ciò non tiene per nulla alla sua essenza.
Riassumendo, l'apostolo ha voluto parlare di un male occulto ben
diversamente pericoloso rispetto a tutte le forme di errore che abbiamo
percorso. Ha voluto designare non so quale virus inoculato nelle vene
dell'umanità decaduta, che la lavora, nel quale sono condensati tutti i veleni
dell'inferno. Questo male segreto e violento si lega nel suo spirito
all'apparizione dell'uomo di peccato, del nemico personale di Gesù Cristo,
dell'Anticristo.
La manifestazione di costui sarà l'irruzione completa di questo male che
avrà covato durante secoli.
***
(*)
Citiamo Dom Mabillon, nella sua edizione delle opere di San Bernardo. A riguardo
di una predicazione di San Norberto, riportata nella sua lettera 45, il sapiente riporta
tutte le opinioni e predizioni riguardanti l'Anticristo. Ecco le sue parole a riguardo di
Pierre d'Ailly: Petrus de Alliaco, cardinalis et episcopus Cameracensis, ex
astronimicis indiciis et observationibus, predixit Anti-christus anno Domini 1789
exoriturum.
Chiesa e Massoneria
Il capitolo XXIII che qui riportiamo chiude la seconda parte del libro
sulla Santa Chiesa del Père Emmanuel, quella dedicata al rap- porto tra la
Chiesa e il mondo. Terminando questa sezione della sua opera, il Père
Emmanuel mette in evidenza quelli che sono i due poli opposti della storia:
la Chiesa e la massoneria.
Quest'ultima è l'antagonista irreconciliabile della Chiesa, nemica di ogni
bene, e la lotta finale sarà con essa e sarà la fine dei tempi.
Lo studio sapiente del Père Emmanuel ci aiuta a vivere con intelligente
vigilanza in questi tempi durissimi per la fede.
Occorre sapere per guardarsi dal male.
XXIII
I due campi
***
***
continua cap 31
TERZA PARTE
LA CHIESA ALLA FINE DEI TEMPI
Testo del capitolo. Testo del capitolo. Testo del capitolo. Testo del
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INDICE
[NOME CAPITOLO 1] 5
[NOME CAPITOLO 2] 7
Pubblicato in [gennaio 2018]
Prima edizione