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CAPITOLO 28 – I PROMESSI SPOSI

In questo capitolo ci troviamo a Milano, in crisi per l’arrivo della carestia. Questa
carestia fu caratterizzata dalla mancanza di cibo, chiusura delle fabbriche,
abbandono dei campi e scarse condizioni igieniche che comportarono problemi alla
salute dei cittadini. Nonostante la città stava subendo un declino dal punto di vista
dei poveri, i più potenti fecero poco niente per impedire ciò. Tra questi, però, c’era il
cardinale Federico Borromeo che per conto suo cercò di aiutare i più in difficoltà.
Una delle opere più caratteristiche fu il lazzaretto, che purtroppo fu chiuso in fretta
a causa delle condizioni igieniche molto scarse.
Nel mentre arrivarono a Milano i Lanzichenecchi che portarono la peste.
Dal punto di vista manzoniano troviamo meno criticità rispetto agli altri capitoli
perché Manzoni si mette nei panni del popolo che dovrà affrontare a breve la peste
e ne prova pietà. Questa malattia accomunerà tutta la popolazione, ricchi e poveri.

CAPITOLO 29 – I PROMESSI SPOSI

Questo capitolo inizia con l’arrivo dei Lanzichenecchi. Don Abbondio fu molto
preoccupato dall’arrivo di questo popolo e Agnese lo convinse ad andare con lei al
castello dell’Innominato per trovare protezione.
Sia per Agnese che per Don Abbondio questo cambiamento fu pesante a causa della
mente sovrappensiero, mentre per Perpettua non fu un problema.
Agnese era preoccupata e triste perché non incontrò la figlia durante il viaggio. Don
Abbondio, invece, era diffidente riguardo la conversione dell’Innominato e questo lo
preoccupava.

CAPITOLO 30 – I PROMESSI SPOSI

All’inizio del capitolo i tre personaggi arrivano al castello dell’Innominato, circondato


da guardie che difendevano i bisognosi che si trovavano all’interno delle mura.
Agnese e Perpettua diedero una mano all’interno del castello, mentre Don Abbondio
non fece niente, bensì passava il suo tempo a lamentarsi e facendosi domande sul
conto dell’Innominato.
I Lanzichenecchi partirono verso Mantova e finalmente i bisognosi furono liberati dal
castello. Gli ultimi a lasciare le mura furono i tre protagonisti di questo capitolo. Una
volta tornati a casa Don Abbondio e Perpettua trovarono la casa a soqquadro che fu
saccheggiata. Ciò comportò, alla fine del capitolo, un conflitto tra i due.

N.B.: Questi tre capitoli, nonostante non parlino dei protagonisti del romanzo, sono
molto importanti per quelli che sono i fini etici e politici di Manzoni.
Abbiamo da una parte Don Abbondio che veste i panni di un mediocre da poter
criticare.
Dall’altra parte abbiamo l’Innominato che si mette a servizio del popolo
combattendo una guerra per aiutare i bisognosi, una guerra giusta.
Manzoni ci dice che questi capitoli hanno uno scenario triste, ma i seguenti saranno
ancora peggio.

CAPITOLO 31-32
I capitoli 31 e 32 sono i capitoli che Manzoni dedica alla diffusione della
peste.
31: Le persone pensano che non sia un’epidemia, bensì vittime della
carestia durante la guerra.
Manzoni accusa le dicerie e i potenti per l’incapacità di gestire la
situazione.
La peste a Milano arriva a causa di un soldato italiano dell’esercito
italiano, il quale passa a Milano a salutare dei parenti e una volta morto i
parenti vengono trasportati all’interno del Lazzaretto.
Le dicerie dicono che la peste non è una malattia che viene da sé, bensì
sono gli untori a portarla apposta.
Le uniche figure considerevoli sono i frati Cappuccini i quali provano a
curare gli ammalati.
Per convincere gli abitanti che la peste sia una malattia, il ministero della
sanità durante una celebrazione decide di fare sfilare un carro con sopra
una famiglia morta di peste.
32: Manzoni in questo capitolo ci fa capire che difronte alla peste
neanche la santità può far molto, perché anche i frati si ammalano.
Federico Borromeo si ammala

CAPITOLO 33
Il capitolo si introduce con il malanno di Don Rodrigo. Dopo una notte
turbolenta, nella quale sogna di essere soffocato da una folla di appestati.
Percepisce il dolore fisico della comparsa dei bubboni attraverso il sogno
(la folla che lo spinge); poi gli appare la figura di Fra Cristoforo, ovvero la
paura della morte e del giudizio. Dopo quest’immagine urla e si sveglia.
Una volta sveglio Don Rodrigo capisce di aver preso la peste. Fa rapporto
al Griso chiedendogli di chiamare un dottore. Egli non chiamerà un
dottore, bensì chiamerà i Monatti e ruberà le ricchezze di Don Rodrigo. Il
Griso si ammala e muore.
A metà del capitolo riappare la figura di Renzo, che una volta guarito dalla
peste, decide di tornare a Milano, fermandosi al suo paese. Qui rincontra
Tonio (testimone di Renzo e amico) e Don Abbondio. Don Abbondio
spiega a Renzo che Perpettua è morta, Fra Cristoforo è sparito e Lucia è a
Milano.

CAPITOLO 34
Renzo arriva a Milano. Qui vede una donna la quale è stato chiusa in casa
senza cibo né niente solo perché il marito è morto.. Renzo la aiuterà
dandole del pane.
In questo capitolo troviamo l’episodio di Cecilia. Cecilia è una bambina
morta ben vestita e ben pettinata, ma già morta. La madre di questa
bambina paga i Monatti per far sì che sua figlia venga trattata bene. Sa
che anche lei e l’altra bambina moriranno a breve.
Renzo arriva a casa di Don Ferrante dove scopre che Lucia è al lazzaretto.
Il capitolo si conclude con l’arrivo di Renzo al Lazzaretto.

CAPITOLO 35
Renzo giunge al Lazzaretto, cerca disperatamente Lucia ma capisce di
essere nel reparto maschile. Qui incontra Padre Cristoforo il quale ha
fatto richiesta di aiutare gli ammalati nel lazzaretto. Renzo gli spiega che
sta cercando Lucia e lui gli dice di andare a cercarla nel reparto femminile.
Renzo ha paura che Lucia sia morta dicendo che se così fosse avrebbe
ucciso Don rodrigo. Padre Cristoforo si arrabbia perché dice che non deve
avere tempo per questi sentimenti, bensì deve trasformare la vendetta in
perdono e umiltà. In seguito, gli mostra le condizioni di Don Rodrigo e i
due pregano per l’ammalato.

CAPITOLO 36
In questo capitolo finalmente Renzo e Lucia si ritrovano.
Renzo si trova nella cappella durante la celebrazione della messa per i
sopravvissuti alla pestilenza. La messa è diretta da San Felice il quale è
pieno di buonanima.
Renzo giunge nel reparto delle donne e qui incontra Lucia.
Lucia rimane stupita in modo negativo perché non pensava di rivederlo
dopo il suo voto di castità e le dice che ha sbagliato perché il suo voto è a
danno del prossimo visto che sono fidanzati. Lei non cambia idea e Renzo
chiama Fra Cristoforo il quale le spiega che il suo voto è sbagliato perché
era già impegnata.
Al fine del capitolo Lucia e Renzo salutano Fra Cristoforo che ha finito le
sue funzioni nel romanzo.

CAPITOLO 37

Il capitolo 37 è un capitolo di passaggio perché non accade nessun fatto


rivelante, ma semplicemente il destino di alcuni personaggi. In questo
capitolo arriva la così detta pioggia purificante che fa sparire la peste.
Renzo, la vedeva Agnese (prima volta in tutto il romanzo che viene
sottolineata la vedovanza di Agnese) e Lucia decidono di trasferirsi nel
Bergamasco.
Inoltre ci viene raccontato quello che è il destino di Gertrude (monaca di
Monza). Per scelta del cardinale Borromeo, Gertrude viene rinchiusa e
abbandonata alla castità per gli atti compiuti anni prima.
Viene raccontato il punto di vista di Don Ferrante il quale ignorava
l’esistenza della peste. Viene raccontato ciò ironicamente perché
Manzoni sostiene che Don Ferrante è morto a causa di questa sua
asetticità.

CAPITOLO 38
La narrazione inizia con Lucia che torna in paese assieme alla vedova
torna in paese.
Don Abbondio decide di sposare finalmente Renzo e Lucia, i quali per un
po' continuano a vivere nei dintorni del loro paese. Poi Renzo diventa
socio di Bortolo e la famiglia si sposta nella bergamasca. Nascerà la prima
bambina, Maria.
Alla fine del romanzo i due promessi sposi ci illustrano la MORALE del
romanzo:
I guai che tu li cerchi o meno arrivano, ma avere fiducia in dio fa in modo
che passino e che diventino la base per azioni migliori.
L’autore decide di donare ai due protagonisti un finale felice, ma senza
colpi di scena (per essere coerente con lo stile di tutto il romanzo).

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