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Basi Biologiche

Lezione n°20
23/11/2022
Professore: Federico Gulluni
Sbobinatori e controllori:
Elena Santucci
Giulia Sartori

IL CICLO CELLULARE
Cosa è il ciclo cellulare?
Il ciclo cellulare è il tempo che intercorre tra due divisioni mitotiche consecutive.
Esso potrà avere una durata variabile a seconda del
tipo di cellula che entra nel ciclo e tipo organismo.
Se prendiamo un organismo differente dal nostro
esempio un embrione di rana possiamo notare che
ha un tempo di ciclo cellulare brevissimo: la cellula
si divide completamente nelle cellule figlie in solo
mezz’ora.
Se già parliamo di organismi come il lievito si può
vedere che il tempo di divisione passa a un’ora e
mezza. Passando poi ai mammiferi, vediamo come
una cellula dell’epitelio intestinale ha un tempo
all’incirca di 12 ore.
Se poi preleviamo delle cellule dei fibroblasti dei mammiferi e ne facciamo una cultura in
laboratorio potremmo vedere che hanno un tempo di ciclo cellulare di circa 20 ore.

Perché il ciclo cellulare dura così a lungo?


Di fatto ci sono tutta una serie di processi e processi che si svolgono secondo una sequenza
ordinata di eventi, che devono essere completati nella cellula prima di potersi dividere e
segregare nelle cellule figlie.
In particolar modo nella fase iniziale la cellula dovrà accrescersi: questo comporta un
aumento delle membrane, del suo contenuto genetico e proteico, degli organelli... e
prepararsi alla duplicazione del DNA. Solo dopo tutti questi eventi, che già richiedono molto

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tempo, e se tutto è andato a buon fine, avremo la condensazione del DNA in cromosomi e
quindi i cromosomi verranno segregati durante la mitosi nelle due cellule figlie.
Dopo di che le due cellule dovranno effettivamente essere tagliate e diventare due cellule
indipendenti. Seguentemente potranno di nuovo entrare nel ciclo cellulare e uscire e andare
in contro al processo di differenziamento.

FASI CICLO CELLULARE


Il ciclo cellulare comprende 4 fasi essenziali:
3 fasi appartenenti al processo di interfase, durante il quale la cellula cresce costantemente:
- G1(GAP1): relativamente lunga in cui la cellula deve
ricevere gli stimoli mitogenici (come quelli visti nella
scorsa lezione) attraverso una segnalazione mediata
dalle macrochinasi della via di Ras, che indurranno la
cellula a crescere le proprie dimensioni e andare in
contro alla fase S
-S: avviene la replicazione completa del DNA
-G2(GAP2): se tutto va a buon fine, in questa fase vi è
un ulteriore controllo del processo di accrescimento che
se superata permetterà l'ingresso nella fase M
Alla fine della mitosi (fase M) si otterranno poi due
cellule indipendenti identiche alla cellula madre
(originale)

La durata è molto variabile, la mitosi normalmente dura


massimo un’ora/un’ora e mezza a differenza della fase
di replicazione del DNA che, negli organismi più complessi come vertebrati e mammiferi in
generale che hanno una gran quantità di DNA, richiedere circa 10h

Dunque, non è tanto lo step di divisione cellulare che richiede tempo quanto tutto lo step
preparatorio (fase G1, S, G2) che richiede molto tempo prima di poter avere effettivamente
la divisione delle cellule figlie (indipendenti).

La fase mitotica si divide in una serie di sottofasi:


1. Profase:
- la lamina nucleare si disassembla
- la cromatina inizia a condensare
- si formano i due poli, formati ognuno dal centrosoma, dai quali si formerà un fuso mitotico
2. Prometafase:
- i cromosomi sono visibili, questo perché la cromatina è sufficientemente condensata
- si sta assemblando il fuso mitotico
3. Metafase:

2
- i cromosomi sono perfettamente allineati al piano equatoriale della cellula
- ogni cromatide è legato a un microtubulo legato da un polo o dall’altro
4.Anafase:
- i cromatidi, adesso tutti attaccati a un fuso mitotico, segregano in 2 cellule indipendenti
5.Telofase:
- le due cellule
formatesi nella fase
precedente, formano
un solco di scissione

Citochinesi: il solco di
scissione si fa sempre
più netto e taglia le due cellule separandole. In ogni cellula la cromatina si despiralizzerà, si
riformerà la lamina nucleare, il nucleo e il citoscheletro si riorganizzerà nello stesso modo in
cui si trova quello della cellula iniziale.

Sequenza di Fluorescenze:
Interfase: citoscheletro normale dove dalla regione
perinucleare si va verso il centro della cellula formando tutti i
binari dove si muovono le vescicole. Possiamo ben vedere
che i cromosomi non sono per niente visibili in quanto la
cromatina è ancora despiralizzata.
Profase precoce: si inizia a vedere la condensazione della
cromatina anche se ancora i cromosomi non sono visibili e il
citoscheletro attua un processo per cui la cellula inizia a
diventare più rotondeggiante
Tarda profase: la cellula è adesso più arrotondata, si iniziano
a vedere i poli da cui originerà il fuso mitotico
Prometafase: si vedono chiaramente i singoli cromosomi e
centrosomi (che rappresenteranno i poli opposti del fuso
mitotico)
Metafase: tutti i cromosomi sono andati ad allinearsi
perfettamente lungo il piano equatoriale di divisione; ciascun
cromatide sarà attaccato da un microtubulo che arriverà uno
da un lato oppure dall’altro
Una volta che tutti i cromatidi sono attaccati ai microtubuli del fuso mitotico si ha la fase
cruciale (l’anafase).
Anafase: sottoposta a un rigido controllo da parte della cellula.
N.B: la cellula non entrerà in anafase fintanto che tutti i
cromosomi non sono attaccati dai poli opposti, altrimenti le

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due cellule che genereranno avranno contenuto genetico alterato.
In anafase, dunque, si ha la segregazione dei cromosomi verso i due poli.

Anafase tardiva: si inizia pian piano a despiralizzarsi il nuovo


DNA, non vediamo più i singoli cromosomi
Tarda telofase: si riforma la lamina nucleare, la cromatina è
completamente despiralizzata e rimane solo un ponte di
microtubuli che dovrà essere tagliato dalle citochinesi per
dividere fisicamente le due cellule e completare quindi la
mitosi.

La maggior parte del tempo, in realtà, la cellula lo spende per crescere e raddoppiare la
propria massa di proteine e organelli e DNA (G1, S, G2) perché in queste fasi di GAP oltre che
a crescere a livello di proteine, organelli e così via, si ha anche il controllo che nell’ambiente
esterno e in quello interno per avere la sicurezza che le condizioni siano adatte e che ci siano
una serie di fattori tali da supportare la divisione mitotica stessa.

Dovranno esserci dei fattori di crescita nell’ambiente esterno che segnaleranno, tramite le
vie viste nelle lezioni
precedenti, un segnale
mitogenico (esempio la
via Ras-chinasi).

Se mancano questi
segnali la cellula può
arrestare il processo
divisione, arretrare
nella fase G0 e uscire di
fatto dal ciclo cellulare.
Questa uscita potrà:
- essere reversibile: il
momento in cui compariranno di nuovo degli stimoli e ci saranno nuovamente le condizioni
favorevoli la cellula rientra nel ciclo
- essere irreversibile: nel caso di cellule completamente differenziate come i neuroni o
cellule cardiache, che non devono più dividersi, rimarranno nella fase G0 irreversibile e
dunque non potranno più rientrare nel ciclo.

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SISTEMA DI CONTROLLO DEL CICLO CELLULARE
Il sistema di controllo del ciclo cellulare comprende dei punti di controllo che assicurano che
i processi chiave del ciclo avvengano nella successione corretta e nel modo corretto.

Esistono 3 fondamentali punti di controllo, per fare in modo che tutto proceda secondo una
sequenza specifica e soprattutto corretta:

1’ punto di controllo: tra la fase G1 e l’inizio della fase S


In questa fase la cellula si chiederà: “l’ambiente è favorevole per proseguire la divisione” e se
lo chiede perché per duplicare il DNA avrà bisogno di spendere una grande quantità di
energie, avrà bisogno di un sacco di nucleotidi, quindi è un processo altamente dispendioso.
N.B: la cellula entra in fase S solo se l’ambiente è favorevole e se è supportata da tutta una
serie di fattori

2’ punto di controllo: al termine della fase G2


In questa fase la cellula si chiederà: “tutto il DNA è stato correttamente replicato?”; “il
processo è concluso?”; “ci sono stati danni al DNA che potrebbero portare a effetti negativi
se la cellula passa alla prossima fase”
Se tutto è corretto e in regola, non ci sono danni al DNA, è stato correttamente replicato,
l’ambiente è idoneo e favorevole, ci sono abbastanza fattori di crescita nell’ambiente
extracellulare, invia un segnale positivo che fa passare la cellula dalla fase G2 alla fase M.

RICORDA: Questo è un evento irreversibile, una volta che la cellula entra in mitosi in qualche
modo si dovrà dividere.

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Esiste però ancora un punto di controllo:
3’ punto di controllo: a metà della mitosi, nello specifico nel passaggio tra la metafase e
l’anafase. Questo è un punto di controllo che verifica che tutti i cromatidi fratelli siano
attaccati ai poli opposti del fuso. Solo quando questo è affermativo, viene scatenata
l’anafase che porta alla segregazione dei cromosomi (processo irreversibile) e in qualche
modo poi la cellula dovrà uscire dal ciclo.

Tutti questi eventi di controllo vengono mediati da processi di fosforilazione e


defosforilazione mediati da chinasi specifiche che controllano il ciclo cellulare.
Quindi ad esempio per iniziare a replicare il DNA (passaggio G1-S) avremo una chinasi
specifica che segnalerà alla cellula di essere pronta effettivamente a iniziare il processo di
replicazione andando a fosforilare una serie di substrati che mettono in atto il processo di
replicazione

Chi fa tutto questo?


A compiere questo lavoro sono le chinasi dipendenti da ciclina (Cdk).
Sono una serie proteine, anzi meglio, sono una serie di enzimi con attività
chinasica, sono 4, e sono responsabili degli eventi chiave che mediano la
transizione da una fase all’altra del ciclo cellulare.
In realtà sono sempre espresse durante tutto il ciclo cellulare ma sono
spesso mantenute inattive, perché per essere attive necessitano di una
proteina (chiamata appunto ciclina) la quale si lega alla Cdk attivandola.
Quindi: solo quando è presente la ciclina, la Cdk funziona.

Questo ci permette di controllare la transizione tra le vari fasi,


proprio perché esistono delle cicline differenti che verranno
espresse e degradate in maniera ciclica, controllando la
transizione tra una fase e l’altra del ciclo cellulare.

S
Versione semplificata del sistema di controllo: si ipotizza che
una transizione da G1 a S è mediata dall’espressione della
ciclina S che si lega alla S-Cdk la quale a sua volta va a
fosforilare una serie di proteine coinvolte nella replicazione
del DNA. Dopo di che, una volta replicato il DNA non servirà
più questa ciclina e quindi verrà degradata e eliminata,
cosicché la Cdk alla quale era legata si inattiva.
Successivamente verrà espressa una nuova ciclina, la ciclina M
(o ciclina mitotica), che si legherà alla sua Cdk e controllerà la
fase mitotica. Al momento di uscire dalla mitosi, la cellula andrà a spegnere e eliminare la
ciclina M inibendo la Cdk. la cellula, quindi, uscirà dalla fase M e potrà rientrare nella fase G.

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L’alternanza, la ciclicità di espressione di queste cicline determina l’attivazione delle Cdk
specifiche delle singole sottofasi e controllerà la transizione da una fase all’altra.

Nel grafico, si può vedere cosa succede alla ciclina M della fase mitotica, che inizierà ad
essere espressa durante l’interfase ma a
livelli molto molto bassi, raggiungerà il
picco proprio durante la fase mitotica:
qui attiverà la Cdk specifica della mitosi.
Successivamente la sua espressione
calerà improvvisamente perché verrà
decretata nel momento in cui la cellula
passa dalla mitosi di nuovo all’interfase.

Lo spegnimento della ciclina è sufficiente a mediare la transizione da una fase all’altra.

La cosa fondamentale è che cambia la concentrazione delle cicline ma non cambia mai la
concentrazione delle Cdk, che sono sempre espresse anche se non saranno attive in tutte le
fasi.

Qui vediamo:

● Nella fase G1 o G1-S: si ha una ciclina (azzurra) che si lega alla sua ciclina Cdk,
attivando il processo e tutte le funzioni di mantenimento della cellula in fase G1.
Questa ciclina ha un picco di espressione solo durante la fase G1
● Nella fase S: si ha una ciclina S (arancio) responsabile della transizione alla fase
successiva; infatti, inizia a essere espressa già nella fase G1 ma raggiunge il picco
all’inizio della fase S attivando la Cdk specifica. Rimane alta fino alla fase G2 per poi
calare improvvisamente nel momento in cui la cellula entra in mitosi
● Nella fase M: si ha una ciclina M (verde), responsabile della divisione mitotica

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Alla fine per uscire dal ciclo la cellula degrada tutte le cicline e in questo modo medierà
l’uscita dalla mitosi.

Domanda: il fatto che le cicline dipendenti kines sono sempre espresse; quindi, esempio che
la ciclina S è espressa anche nella fase G2 vuol dire che vi è un accrescimento anche nella
fase G2?
No, perché la ciclina S media la replicazione del DNA, a volte la replicazione prosegue per
tempi più lunghi perché durante la fase S può esserci qualche problema quindi la ciclina S
rimane attiva per controllare che sia tutto corretto.

PRINCIPALI CDK E CICLINE


Le cicline però non hanno i nomi
utilizzati precedentemente (S, M…) ma
si chiamano D, E A, B.

La Ciclina si lega a Cdk quindi per fare un


esempio: la ciclina-A si legherà ad una
Cdk2.

C’è una specificità di ciclina-Cdk in base


alla fase del ciclo cellulare.

MECCANISMO DI ATTIVAZIONE DELLE CDK


Le Cdk, le chinasi, di fatto non sono attivate semplicemente dal legame con la ciclina
corrispondente ma richiedono anche un secondo evento che è quello della fosforilazione
attivatoria

A sinistra vi è la Cdk inattiva, con il sito


catalitico con l’ATP, e un’ansa rossa
chiamata ansa T che blocca il sito catalitico
della ciclina-chinasi. All’arrivo della ciclina
corrispondente che si lega alla Cdk, l’ansa T

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verrà spostata. In questo stato la Cdk però non è completamente attiva; ha una parziale
attivazione. Per essere completamente attivata è necessaria una fosforilazione sull’ansa T da
parte della chinasi che attiva la Cdk (CAK)

Avremo una Cdk completamente funzionale e in grado di andare a fosforilare delle proteine
a valle che medieranno gli effetti propri di quella fase del ciclo cellulare

MECCANISMI DI INIBIZIONE DELLE CDK


Esistono dei meccanismi anche di inibizione dell’attività delle Cdk legate a ciclina.

1-Fosforilazione inibitrice
Nel caso della M-Cdk, esempio, avremo il complesso
Cdk-ciclina attivo perché presenterà il fosfato attivatore
(aggiunto dalla CAK). È possibile mantenere il fosfato
inattivo per più tempo in modo da consentire alla
cellula di non entrare subito in mitosi ma di fare ancora
qualche processo che riguarda il controllo del DNA e
prolungare ad esempio la fase G2.

Questo controllo avviene tramite l’aggiunta di un fosfato inibitorio, in una regione vicina al
sito catalitico (o sito attivo) della Cdk, che viene aggiunto della chinasi Wee1. Esisterà
ovviamente una fosfatasi (Cdc25) che farà l’opposto rimuovendo il fosfato inibitorio nel
momento in cui la cellula deciderà effettivamente di entrare in mitosi
Quindi: di norma questa ciclina è attiva e media l’entrata in mitosi; in presenza del fosfato
inibitore, l’entrata nel ciclo non avviene. Quando poi sarà pronta verrà attivata la fosfatasi
Cdc25 che riporterà tutto alla normalità.

2-Legame di proteine inibitrici (CKI)


Il secondo meccanismo di inibizione della funzione del complesso Cdk-ciclina, ed è quello
che prevede l’utilizzo di proteine accessorie con attività inibitorie del complesso.
Questa proteina, chiamata p27, funziona legandosi al complesso attivo determinando un
riarrangiamento della tasca catalitica della Cdk e inibendo dunque la sua attività chinasica.
Questa è specifica della transizione esempio dalla
fase G1/S alla fase S. Può capitare che la cellula
nonostante abbia ricevuto un segnale favorevole
per l’inizio della fase G1, essendo questa molto
lunga, quando deve iniziare la fase S le condizioni
siano cambiate e diventano sfavorevoli. Se
diminuiscono quindi gli stimoli mitogenici la
cellula non entra nella fase S ma decide di

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prolungare la fase eG1 aspettando che arrivino dei nutrienti che possano sopportare la
replicazione completa del DNA.
La cellula esporrà dunque la proteina P27 che va a bloccare il complesso ciclina-Cdk:
distorcendo il sito attivo della Cdk e inserendosi nel sito che lega ATP (tutto inibisce
ulteriormente l’enzima). Il processo durerà fin tanto che gli stimoli esterni non saranno
educati e sufficienti a far progredire la cellula nella fase S

3-Degradazione della ciclina


Questo meccanismo è
responsabile dell’uscita della
cellula dalla divisione mitotica.
In questo caso si ha il complesso
ciclina-Cdk, che controlla la
divisione mitotica, attivo.
Per poter uscire dalla mitosi la
cellula andrà a ubiquitinare la
ciclina:

● Ubiquitinazione: processo di aggiunta di molecole di ubiquitina sulla ciclina che


mediano un segnale di indirizzamento al proteasoma
● Proteasoma: complesso proteico in grado di tagliare le proteine in peptidi più piccoli

In questo modo verrà degradata la ciclina-B e verrà spento il segnale responsabile della
divisione mitotica e di conseguenza la cellula uscirà dalla mitosi.

Controllo processo di ubiquitinazione


A controllare il processo di ubiquitinazione è una proteina chiamata APC
(AnaphasePromotingComplex =
complesso che promuove
l’anafase).
Questa proteina APC
normalmente è presente in
condizioni inattiva; viene attivata
quando la proteina Cdc20 si lega
a un suo dominio specifico.
Cdc20 viene lasciata libera di
attaccarsi ad APC solamente
quanto tutti i cromatidi sono
attaccati a un determinato
microtubulo proveniente da una
delle due direzioni.

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Quando la cellula riceve questo segnale, attiva CDc20 che si lega ad APC formando un
complesso attivo che è a sua volta in grado di attivare gli enzimi di ubiquitinazione E1 ed E2,
i quali attaccano la catena di poliubiquitina sulla ciclina. L’attacco indirizzerà la ciclina al
proteasoma e la cellula spegnerà il segnale che la mantiene in mitosi e uscirà dalla divisione
mitotica, rientrando potenzialmente nella fase G1.

Il complesso proteosomiale
Come funziona questo complesso proteosomiale?
Si tratta di una struttura piuttosto grande, formata da due subunità principali che si
assemblano e accolgo all’interno
delle proteine poliubiquitinate, che
non sono altro che proteine con
molecole di ubiquitina attaccate
sopra che fungono da segnale di
indirizzamento al proteasoma: la
proteina entra nel proteasoma e
viene tagliata in peptidi più piccoli.

: struttura dell’ubiquitina, che è una molecola


molto piccola che può essere aggiunta in
modo sequenziale formando una catena di
poliubiquitina.

Processo di ubiquitinazione
Il processo di ubiquitinazione funziona tramite le ubiquitine ligasi (E1, E2, E3) che sono in
grado di trasferire l’ubiquitina su un substrato specifico, quindi sulla proteina che deve
essere degradata.
E3 è un grado di riconoscere il
substrato, interagirà con E2 la
quale ha attaccata l’ubiquitina. Il
complesso E2-E3-substrato
medierà il trasferimento
dell’ubiquitina al substrato
corrispondente.
E1, l’enzima iniziale, è in grado di
caricarsi l'ubiquitina, utilizzando
una molecola di ATP come energia, trasferirla a E2 il quale poi a sua volta tramite l’attacco
con E3 medierà il trasferimento sulla proteina bersaglio da degradare.

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Non si attacca solamente una molecola di ubiquitina ma come abbiamo visto si forma una
catena di poliubiquitina. L’aggiunta sequenziale di ubiquitine determina una differenziazione
della velocità con cui una proteina verrà degradata: più lunga sarà la catena più rapidamente
la proteina sarà indirizzata al proteasoma verso la degradazione, meno ubiquitine sono
presenti più la proteina sarà stabile per un certo lasso di tempo.

RIASSUNTO CHECK-POINT DEL CICLO CELLULARE


Riassumendo, abbiamo un controllo nella fase tra G1 e S, uno tra fase G2 e M e l'ultimo
durante la mitosi, tra metafase e anafase:
● Il primo è quello mediato dalle proteine
inibitorie della Cdk, quelle che si legano al
complesso P27 che si legano al complesso
Cdk-ciclina e lo mantengono attivo. P27
viene rimossa e la cellula entra in fase S.
● Il secondo tra G2 e M è quello mediato dalla
proteina fosfatasi attivatrice (Cdc25) che
rimuove il fosfato inibitorio attaccato dalla
chinasi e medierà il passaggio in mitosi.
● Il terzo è mediato dalla proteina APC che a
sua volta ubiquitinerà la ciclina che medierà
l’uscita della cellula dalla mitosi

LE FASI DEL CICLO CELLULARE


1.FASE G1
La fase G1 è la fase in cui la cellula entra solamente se trova degli stimoli mitogeni
derivati dall’ambiente esterno, altrimenti può:
- bloccarsi e indirizzarsi/parcheggiarsi nella fase G0 reversibile e attendere che
arrivino dei segnali mitogeni per rientrare nel ciclo cellulare
- entrare in una fase G0 irreversibile se ha raggiunto il proprio differenziamento
terminale. Un esempio lo è che al termine dello sviluppo, molte cellule
neuronali raggiungendo il proprio stato di differenziamento
terminale, non dovendosi dividere più per tutto il resto della
loro vita, entrano in questa fase G0 dalla quale non escono più
perché vanno a smantellare tutto l’apparato di controllo del
ciclo cellulare e quindi rimangono lì per sempre.
La maggior parte delle cellule comunque opta per la fase
reversibile, rimanendo nello stato G0 finché non arriva uno
stimolo.

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Domanda: Si è mai pensato di dare uno stimolo alle cellule cerebrali per rientrare in fase G1?
SI, ci sono degli approcci in cui si cerca di far tornare allo stato originale le cellule neuronali
quindi in grado di differenziare. Però sono approcci puramente sperimentali.

In questa fase, si
hanno fattori di
crescita che sono in
grado di attivare la
ciclina D che
promuove il
passaggio dalla fase
G0 reversibile a una
fase G1 attiva in cui la
cellula rientra nel
ciclo cellulare. A promuovere la produzione
di questa ciclina D sono i fattori mitogeni
che sono quelli della catena che parte da
Ras.

Abbiamo il fattore di crescita che si lega al


recettore tirosin-chinasico che a sua volta
attiva Ras, che a cascata recluta Raf, che
attiva MEK, che attiva ERK che trasloca nel nucleo e trasportando anche i geni della ciclina D.
Alla fine della via di segnalazione Ras permette la produzione e espressione della ciclina
responsabile dell’ingresso della cellula in fase G1.

Le cellule entrano dunque in fase G1


semplicemente perché la via di Ras porta
all’espressione della ciclina D che attiverà la
Cdk corrispondente (in questo caso la Cdk-4)
che porterà a sua volta l’espressione di geni
che attivano la proliferazione cellulare.
Lo stimolo mitogeno porta all’espressione
della ciclina D (azzurra), che si lega alla sua
Cdk-4 (gialla). Il complesso formatosi trasloca
a livello nucleare dove trova la proteina Rb
(rossa, chiamata Retino blastoma, che
normalmente blocca il fattore trascrizionale
E2F (verde) in uno stato inattivo. E2F
normalmente prescriverebbe dei geni
implicati nella proliferazione cellulare.

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Le proteine E2F si legano a sequenza specifiche di DNA nei promotori di molti geni che
codificano proteine necessarie per l’ingresso nella fase S. E2F trascriverebbe per la ciclina E e
la ciclina A che controllano il passaggio dalla fase G1 e S e poi man mano mantengono la fase
S, coinvolte nella sintesi del DNA e nella duplicazione dei cromosomi.

Normalmente la cellula, se non ha stimoli mitogeni, reprime questi geni della transizione
verso la fase S. Quando arriva lo
stimolo mitogeno la ciclina D, legata
alla sua Cdk, fosforila per Rb, e quindi
rimuove l’inibizione del fattore
trascrizionale E2F che dunque è
attivo e è in grado di mediare per la
trascrizione delle cicline delle fasi
successive.

La ciclina D, legata al suo complesso Cdk-4 fosforila


Rb e la rimuove da E2F che libero trascrive
tantissimi geni e tra questi anche i geni della fase S
(ciclina E ed A) che legandosi a Cdk-2 sono
responsabili della transizione nella fase S e della
duplicazione completa del DNA.

Perché si chiama RetinoBlastoma (Rb)?


Perché è stata identificata nell’ambito di studi su un raro tumore infantile dell’occhio,
chiamato retinoblastoma, dove questa proteina (rossa) è assente o difettosa.
Le mutazioni sono a carico di entrambi gli alleli codificanti la proteina Rb che viene inattivata
da queste mutazioni provocando la formazione di tumori nella retina (retinoblastomi)
perché queste cellule perdono il freno inibitorio (proteina rossa) che normalmente tiene
bloccata la proliferazione.

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IL GUARDIANO DEL GENOMA
Esiste una proteina predisposta al controllo che la
replicazione proceda correttamente senza danni al DNA
stesso ed è chiamata “Proteina guardiano del genoma” o
p53.

Quando abbiamo un danno al DNA,


derivante da modificazioni o da
fattori esterni (in questo caso i raggi
X) si attivano delle chinasi specifiche
chiamate ATM e ATR le quali a loro
volta attivano chinasi Chk1 e Chk2 le
quali sono responsabili della
fosforilazione di p53.
Normalmente p53, infatti, viene
mantenuto non fosforilato, legato
alla proteina Mdm2 e in questa
conformazione (legato) p53 viene
ubiquitinato e degradato nel
proteasoma quindi non media alcuna
segnalazione.

Se qualcosa non funziona p53 viene


fosforilato in modo che si stacchi
Mdm2. A questo punto p53 è stabile,
non viene più degradato e media una
trascrizione di geni legati al blocco della
proliferazione.
Tra questi geni uno dei più noti è il gene
p21 che è una proteina analoga a p27;
quindi, in grado di legarsi al complesso ciclina-Cdk attivo e lo mantiene un una
conformazione inattiva in questo modo da tempo alla cellula di riparare il danno al DNA
danneggiato prima di replicarlo onde evitare di dividersi e generare cellule che porteranno
delle mutazioni o potenzialmente cancerogene.

Eventualmente la riparazione del DNA non funzionasse, oltre un certo tempo, p53 è in grado
di indirizzare quella cellula in apoptosi. Piuttosto che farla divider in una condizione con un
danno al DNA, che può essere potenzialmente dannoso a livello organismico, indirizzerà la
cellula (dopo un certo lasso di tempo se il DNA non è stato riparato) verso la via di apoptosi.

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P53 è un grado di bloccare le cellule durante due fasi del ciclo cellulare, in due punti di
controllo:
● in fase G1 (Start in G1 tardiva): prima della replicazione del DNA, se si accorge che il
DNA è stato danneggiato impedisce l’ingresso nel ciclo cellulare e nella fase S
● in fase G2 (punto di controllo G2/M): prima dell'ingresso in mitosi se vi è stato un
problema durante la replicazione del DNA che ha portato a un danno potenzialmente
problematico se la cellula dovesse entrare in mitosi

Se p53 è assente o difettosa, la replicazione incontrollata del DNA danneggiato porta a un


alto tasso di mutazioni e alla produzione di cellule che tendono a diventare cancerose

2.FASE S
In questo caso si ha, a livello del DNA,
un complesso di riconoscimento
dell’origine di replicazione (ORC)
localizzato sul DNA e che viene legato a
una proteina chiamata Cdc6. A un certo
punto viene prodotta la Cdk con la sua
ciclina responsabile della transizione
nella fase S. Questa inizia a staccare
Cdc6 e carica due DNA-elicasi vicino al
complesso di riconoscimento
dell’origine di replicazione. A questo
punto quando arriva l’attivazione
completa della Cdk-2 legata alla ciclina
A della fase S, viene effettivamente
iniziata la replicazione: viene fosforilato
questo complesso di riconoscimento
dell’origine di replicazione per far in modo che non si abbia una doppia replicazione.
Il fosfato rimane attaccato alla Cdk-ciclina A per impedire che il DNA si replichi due volte.
Inoltre, per evitare che il DNA si replichi nuovamente la proteina Cdc6 viene degradata e
quindi questo permette un doppio controllo per evitare di avere una doppia replicazione.

Da qui in avanti verrà reclutata sempre grazie a questo complesso Cdk-ciclina A, la polimerasi
che effettuerà la replicazione completa del DNA.

3.FASE G2
E’ una fase sostanzialmente di controllo, cioè controlla che le cellule prima che entrino in
mitosi abbiamo replicato completamente il DNA e senza errori. In caso di difetti nella
replicazione o nel caso in cui questa si stia prolungando per tempi troppo lunghi abbiamo un

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blocco del ciclo cellulare, dovuto all’attivazione del citocromo specifico che mantiene la
cellula in fase G2. La CDC25 non viene attivata e rimane nel suo stato inibitorio fino a che
tutto non sia di fatto completato per quanto riguarda la replicazione del DNA.
Se abbiamo un danno al DNA durante la replicazione e questo non viene riparato in tempi
più o meno rapidi si attiverà un programma di morte cellulare e quella cellula verrà
eliminata.

4.FASE M
Qui avremo l’attivazione del complesso CDK1-ciclinaB, il quale porterà alla fosforilazione e
attivazione di tutta una serie di proteine che sono implicate nel rimodellamento del
citoscheletro e sono quindi proteine che vanno a formare il fuso mitotico, che vanno a
condensare il DNA nei cromosomi e proteine che mantengono i cromatidi fratelli adesi gli
uni agli altri fino a che non parte l’anafase.

Chi controlla il passaggio dalla metafase ad anafase?


È il complesso APC-C, questa proteina non soltanto ubiquitina la ciclina B necessaria per fare
uscire la cellula dalla mitosi, ma va a ubiquitinare le securine che sono delle proteine che
sono in grado di inibire la separasi, la quale taglia le
coesine che tengono uniti tra di loro i cromatidi fratelli.
Chi attiva la mitosi? La fosfatasi Cdc25, che
normalmente è inattiva fino a che la cellula non decide
di entrare in mitosi. Nel momento in cui la cellula
vuole entrare in mitosi, esiste una chinasi chiamata
PLK, o chinasi polo, che fosforila e attiva cdc25;
quando questa è fosforilata, è in grado di eliminare il
fosfato inibitorio e quindi la ciclina M (ovvero la ciclina
B) è libera di funzionare e promuove l’ingresso in
mitosi.
Anche qui esiste un processo di inibizione della
fosforilazione di Cdc25 se la cellula presenta un danno
al DNA: quindi a chinasi PLK, sarà inattiva fino a che il
danno verrà riparato, bloccherà il processo di
attivazione della fosfatasi che rimuove i fosfati inibitori
e promuove l’ingresso in mitosi.
Una volta entrati in mitosi avremo un complesso CDK1-ciclina B; quindi, la CDK1 sarà attiva e
andrà a fosforilare delle proteine strutturali o regolatorie che portano poi alla divisione
mitotica. Per esempio, la condensazione dei cromosomi è data dall’attivazione delle
condensine, molecole che legano filamenti di DNA e li portano gli uni vicino agli altri (li
condensano) e formano la struttura tipica del cromosoma visibile durante la divisione
mitotica, struttura data dal riarrangiamento dei singoli filamenti di DNA, l’uno compattato
insieme all’altro.

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Inoltre, i complessi CDK1-ciclina B portano alla demolizione dell’involucro nucleare. È
presente, infatti, la lamina nucleare che forma una struttura interna alla membrana nucleare
che riveste il nucleo, questa viene disassemblata grazie a questo complesso, il nucleo viene
quindi smantellato.
Dopo di che avremo un riarrangiamento del
citoscheletro di actina: l’actina (in viola) diventa
localizzata solo a livello corticale al di sotto della
membrana plasmatica dando forma sferica alla
cellula nel passaggio dalla profase alla metafase e
poi fino all’anafase quando tornerà ad allungarsi
la cellula. Qui in blu vediamo il citoscheletro
formato da microtubuli si riarrangia a formare il
fuso mitotico, quindi con i singoli cromosomi che
contatteranno i singoli cromatiti fratelli.
Ci sarò anche una riorganizzazione della
membrana interna, quindi il Golgi e il reticolo
endoplasmatico dovranno essere divisi in modi
più o meno uguali ai poli opposti della cellula, perché la cellula nuova che verrà creata dovrà
avere di nuovo il Golgi e il reticolo endoplasmatico.
Dopo di che avremmo delle chinasi che coadiuvano questa CDK1 e la ciclina B nelle loro
funzioni, e sono appunto polo-like kinase (vista prima), che serve appunto per attivare Cdc25
ma serve anche ad assemblare il fuso mitotico e la struttura centrosomiale da cui
dipartiranno i microtubuli del fuso.
Poi avremo le CHINASI Aurora-A e Aurora-B le quali medieranno due processi chiave:
● Aurora-A sarà in grado di riconoscere l’attacco corretto tra il cromatide e il
microtubulo corrispondente, quindi il legame microtubulo-cinetocore
● Aurora-B interverrà nella fase finale della mitosi, la citochinesi, fosforilando delle
proteine che mediano il taglio del corpo intracellulare per la formazione delle due
cellule figlie
Quindi esse sono chinasi accessorie, a loro volta attivate da CDK1-ciclina B, che coadiuvano il
processo di divisione mitotica, fosforilando ulteriori proteine.
Quello che succede in metafase che prevede il passaggio in anafase è l’allineamento dei
cromosomi a livello equatoriale, ciascun cromatide (di destra e di sinistra) deve essere
attaccato al suo cinetocore da un microtubulo (uno proveniente da destra e uno da sinistra).
Questo genera una tensione tale percepita dalla chinasi Aurora-A che farà in modo che la
cellula passi in anafase solo quando queste tensioni saranno presenti su tutti i cromatidi
allineati in metafase. Altrimenti non verrà promosso il passaggio in anafase.

Le coesine e le condensine
Chi tiene uniti i cromatidi fratelli e quindi condensato il DNA? Sono delle proteine che legano
i filamenti di DNA e sono le coesine e condensine. Le coesine (in verde) sono degli anelli che

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tengono uniti i cromatidi fratelli (cromatide di sinistra è tenuto insieme al cromatide di
destra con questi anelli). Le condensine (in blu) sono anelli che servono a riorganizzare i
filamenti singoli di DNA condensandoli nella struttura del cromosoma.

Sia le coesine che le condensine vengono ubiquitinate e eliminate da APC nel momento in
cui la cellula passa in anafase. Quindi quando la cellula entra in anafase e prosegue poi in
telofase, abbiamo la despiralizzazione del DNA perché le coesine e le condensine vengono
degradate.
Questo è il processo con cui il complesso APC attivo viene legato a CDC20, diventa attivo e va
ad ubiquitinare la securina, proteina (in arancione) che blocca la separasi (in azzurro), che a
sua volta è una proteasi che taglia altre proteine. Questa separasi attiva, senza la securina,
va a tagliare queste coesine (in viola) con cui i cromatidi fratelli vengono tenuti insieme.
Quindi in anafase i cromatidi fratelli si separano e vanno ai poli opposti della cellula perché
la separasi taglia i loro punti di adesione, rendendoli quindi dei cromatidi indipendenti, e
quindi grazie alla tensione generata dai microtubuli ai poli opposti vanno uno da una parte
della cellula e l’altro dalla parte opposta.
Tutto questo avviene solamente se il cinetocore è attaccato ad un microtubulo derivante dal
polo del fuso mitotico. Se non abbiamo l’attacco del fuso al cinetocore, CDC20 è inibito e
quindi APC non è funzionale e non
abbiamo un taglio delle coesine.
Quindi l’anafase scatta solo nel
momento in cui tutti i cromosomi
sono attaccati ad un microtubulo
proveniente dal fuso mitotico.
In quel momento si attiva CDC20,
taglia la securina, attiva la separasi
che taglia le coesine e i cromatidi
vanno da un lato e dall’altro.
Il complesso APC-CDC20 non fa solo
questo ma media anche l’uscita
generale dalla mitosi; quindi, non
solo separa i cromatidi fratelli ma
degrada anche tutte le cicline

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responsabili del mantenimento della cellula in mitosi. Quindi dall’anafase in avanti la
ciclinaM/ciclinaB (ovvero la ciclina della fase mitotica) legata a CDK1 verrà degradata tramite
ubiquitinazione e questo spegnerà di fatto il segnale che mantiene la cellula in mitosi,
perché ormai i cromosomi sono segregati e quindi la cellula tornerà in interfase, avendo
creato due cellule indipendenti.

Qui vediamo il processo di uscita dalla fase mitotica, la ciclina B legata alla CDK1 è attiva
durante la fase M, dall’anafase in poi la ciclina B viene degradata a seguito del processo di
poliubiquitinazione e la cellula esce dalla fase mitotica tornando nuovamente in fase G1,
dove ci saranno nuovi stimoli che porteranno nuovamente all’espressione della ciclina D.
Comincerà quindi un
nuovo ciclo cellulare.
(N.B.: ciclinaB=ciclinaM)

SCHEMA RIASSUNTIVO:

Abbiamo
● i singoli passaggi del ciclo cellulare con le varie fasi (in basso)
● i vari check point (in basso), ovvero i punti di controllano che mediano l’arresto in
una determinata fase del ciclo cellulare, a causa di danni al DNA (si attiverà per

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esempio P53), a causa di un eccesso di stimoli proteici (con attivazione sempre di
P53), a causa di un ambiente sfavorevole con interruzione del ciclo in fase G1 o G0.
Per concludere il punto di controllo mediato da APC in metafase è l’ultimo punto di controllo
in cui la cellula può ancora andare incontro ad una corretta segregazione dei cromosomi e
una corretta conclusione del ciclo cellulare.
Dopo di che il ciclo cellulare finisce.
Qui di seguito abbiamo un riassunto di quelle che sono le cicline e complessi utilizzati nelle
varie fasi del ciclo cellulare.

APOPTOSI
L’apoptosi è sostanzialmente uno dei vari modi con cui la cellula può effettivamente uscire in
maniera irrevocabile dal ciclo cellulare, andando incontro proprio a morte cellulare.
Può essere:
● Indotta, quindi ad esempio nel caso in cui ci sia un danno eccessivo al DNA e la
cellula non riesce a ripararlo, essa preferisce andare incontro ad apoptosi
● Programmata, quindi durante lo sviluppo determinate cellule debbano andare
incontro ad apoptosi per permettere lo sviluppo corretto dei tessuti che formeranno
l’organismo adulto.
Oltre all’apoptosi ci sono altre tipologie di morte cellulare, come la necrosi, l’anoikis e
l’autofagia. Le più importanti risultano però essere appunto l’apoptosi e la necrosi.
Qui vediamo un’immagine di microscopia elettronica
in cui vediamo una prima differenza sostanziale tra le
due. A sinistra vediamo la necrosi, nella quale la
cellula pare essere esplosa, rilasciando una grande
quantità di materiale nell’ambiente extracellulare.
Questo materiale rilasciato, però, rappresenta un
problema per l’organismo perché stimola
l’infiammazione. Dunque, si può dire che la morte
mediante necrosi non è un tipo di morte pulita, come lo è invece l’apoptosi, e quindi
l’organismo cercherà di evitare di portare la cellula ad una situazione di necrosi, perché

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appunto si rompe la membrana nucleare e tutto ciò che si trova all’interno esce fuori e causa
un’infiammazione localizzata molto importante.
Nella maggior parte dei casi invece ci sarà una morte programmata chiamata apoptosi, in cui
si vede che la cellula mantiene la sua struttura e dunque la membrana esterna non si rompe
e non rilascia materiale esterno; questo permette di evitare risposte infiammatorie. Inoltre,
formando questa struttura molto compattata in cui il DNA viene tagliato, le proteine
vengono tagliate e inglobate in questi corpi apoptotici, questi ultimi possono essere ripuliti e
mangiati da cellule del sistema immunitario come i macrofagi.
Qui a destra vediamo il corpo apoptotico di una cellula andata
incontro ad apoptosi che è inglobato da un macrofago adibito
appunto alla pulizia di quelle cellule che sono andate incontro
ad apoptosi; in questo modo evitiamo risposte infiammatorie,
che porterebbe comunque dei danni.
Come abbiamo accennati prima però la morte cellulare può
anche essere programmata, quindi essere un aspetto non
derivante da un danno per esempio del DNA, ma da un
qualcosa che avviene naturalmente durante il ciclo di vita.

Nell’immagine sottostante, a sinistra vediamo la zampa di un topo al giorno 0 e rivediamo


poi a destra la stessa zampa dopo l’ottavo giorno. In verde fluorescente sono marcate le
cellule in apoptosi: ci sono tutta una serie di cellule in apoptosi che spariscono
completamente da un giorno all’altro; quindi, nel processo di formazione del tessuto della
zampa è programmato che una serie di cellule interdigitali vadano in contro a morte
programmata e dunque che vengano eliminate per fare in modo che il tessuto adulto si
formi.

Questa morte cellulare tramite apoptosi è un processo appunto controllato ed è


programmato che quelle determinate cellule interdigitali ad un certo punto debbano sparire.

Questo però non succede solo nello sviluppo embrionale ma può succede anche in
organismi adulti; quindi, potremmo trovare linfociti T e linfociti B che hanno per esempio
dei recettori non utili che esempio hanno fagocitato, internalizzato degli agenti patogeni,

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questi devono essere eliminati e riceveranno una segnalazione che induce la morte della
cellula programmata e si andrà incontro la processo di apoptosi.
Oppure pensando ai tessuti, questi non potranno crescere a dismisura quindi anche a livello
tessutale ci dovrà essere una serie di cellule che andranno incontro a morte programmata
per mantenere la dimensione dell’organo.
Oppure ancora può capitare che alcune cellule del nostro organismo subiscano dei danni al
DNA, come le cellule dell’epidermide che subiscono di solito radiazioni derivanti
dall’esposizione luminosa. Per evitare che queste diventino delle cellule tumorali, esse
ricevono dei segnali per andare incontro ad apoptosi così da evitare che si arrivi alla
trasformazione tumorale.

Il processo di apoptosi
Cosa succede durante l’apoptosi? Il citoscheletro collassa completamente, viene tagliato, la
membrana nucleare sparisce, il DNA e la cromatina si condensano (quasi come se la cellula
dovesse entrare in mitosi), il nucleo si frammenta con tutte le membrane interne e si
formano delle vescicole ancora rivestite dalla membrana plasmatica, in questo modo
abbiamo i cosiddetti corpi apoptotici, quindi a differenza della necrosi non viene rilasciato il
contenuto cellulare verso l’esterno, dunque non avremo un’ infiammazione ma abbiamo dei
corpi ben definiti contenenti strutture non più funzionali della cellula che vengono
riconosciute da cellule del sistema immunitario, ovvero i macrofagi che prendono ciascuno
di questi corpi apoptotici e li inglobano al loro interno, in questo modo la cellula muore in
modo pulito, senza rilasciare nulla all’esterno e senza provocare processi infiammatori.
Qui abbiamo un’immunofluorescenza
in cui si possono vedere nuclei rossi
che rappresentano il DNA di cellule
ancora vive e cellule verdi che sono
cellule in cui sono stati marcati i corpi
apoptotici. Vedete che si formano dei
corpi indipendenti, alcuni di questi
sono un po’ giallini perché contengono
al loro interno il segnale rosso del DNA condensato che si è diviso nei vari corpi apoptotici.
Questi verranno individuati dalle cellule del sistema immunitario e verranno eliminati.

Proteine di controllo dell’apoptosi


Chi controlla l’apoptosi? Sono le proteine caspasi, infatti anche qui
abbiamo una cascata segnalatoria iniziata da una serie di proteine
definite caspasi iniziatrici (caspasi 8 e caspasi 9), come vedete qui
sono caratterizzate da un dominio azzurro di legame a delle
proteine adattatrici e da un sito di taglio tra questa regione verde
scuro e verde chiaro che determina dominio proteasico.

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Quindi ci sarà un evento iniziale che scatenerà il taglio di questa regione tra il verde chiaro e
il verde scuro del dominio proteasico e attiverà questi due monomeri inattivi formando un
tetramero e diventerà quindi una caspasi iniziatrice attiva; questa non taglia nulla a livello di
strutture della cellula se non delle caspasi esecutrici che sono caspasi che taglieranno tutte
le componenti della cellula formando i corpi apoptotici. Quindi le caspasi iniziatrici si
attivano e attiveranno delle caspasi esecutrici chiamate caspasi 3, caspasi 6, caspasi 7 che ad
esempio tagliano la lamina nucleare e taglieranno le varie componenti cellula in pezzi più
piccoli.

Perché si chiamano caspasi?


Perché nel loro sito attivo nucleasico hanno una cisteina e questo sito attivo è in grado di
tagliare i residui di acido aspartico, quindi il nome è composto dalla C di cisteina e da ASP di
acido aspartico che viene tagliato. Da qui C(ASP), cioè caspasi. Quindi dal nome delle caspasi
possiamo sostanzialmente ricordarci cosa tagliano (acido aspartico).

Nell’immagine sottostante, a sinistra vediamo le caspasi iniziatrici che hanno un codominio


(la regione grigia) che le blocca nello stato inattivo. Quando arriva un segnale che induce
apoptosi, viene tagliato il codominio che le mantiene nella forma inattiva, i due monomeri
subiscono un taglio a livello della regione tra il marrone scuro e il marrone chiaro (il dominio
nucleasico) e il marrone scuro si ripiega attaccandosi alla regione più grande in marrone
chiaro, formando questo tetramero con due regioni piccole e due grandi che è una caspasi
iniziatrice attiva. Quest’ultima ha un’attività proteasica, infatti andrà ad attivare le caspasi
effettrici scatenando una reazione a cascata; quindi, queste caspasi attive (azzurre) ad
esempio inizieranno a tagliare la lamina nucleare e poi il DNA ma a loro volta saranno in
grado di tagliare altre caspasi, attivandole, come ad esempio le caspasi Z che andranno poi a
tagliare le singole proteine all’interno della cellula.

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Domanda: Le prime proteine si tagliano da sole? Si, si tagliano da sole nel momento in cui
arriva il segnale al codominio e quindi l’attività proteasica di queste iniziali si ripercuote su
quelle effettrici (che vengono tagliate da quelle iniziali).

Questa cascata è una cascata


irreversibile, per cui quando
viene indotta l’apoptosi e quindi
vengono attivate le caspasi
iniziatrici, la cellula non ha più
possibilità di andare indietro e
andrà per forza incontro ad
apoptosi. Dunque, l’attivazione di
queste caspasi iniziatrici sarà
strettamente controllata e
regolata.

Quindi abbiamo la caspasi attiva


sotto forma di tetramero con due
subunità grandi e due subunità
piccole che hanno funzione nucleasica; la caspasi iniziatrice taglia di nuovo le subunità
grandi e subunità piccole delle caspasi effettrici e le attiva; queste attiveranno altre caspasi e
così via (a cascata) fino a che tutto non viene tagliato all’interno della cellula.
Chi è che media l’inizio di questa cascata di attivazione delle caspasi? È un segnale
apoptotico dato da queste proteine adattatrici (nell’immagine hanno dominio azzurro
analogo al dominio di regolazione delle caspasi iniziatrici). Quindi i domini azzurri si
associano e verranno poi rimossi e di fatto avremmo un taglio della porzione verde che si
ripiega su quella azzurra formando il sito attivo della caspasi
(si parla delle caspasi 8 e 9).
Dopo di che abbiamo le caspasi 3, 6 e 7 che non sono dei
monomeri (come 8 e 9) ma esistono già appaiati tra di loro,
vengono tagliate e vanno a creare un tetramero a seguito del
taglio delle caspasi iniziatrici, e poi abbiamo il taglio di tutta
un’infinità di substrati che include tutti i componenti della
cellula per andare a formare i corpi apoptotici. Quindi le
proteine adattatrici forniscono l’avvicinamento necessario dei
due monomeri per farli diventare attivi; quindi, il semplice
avvicinamento di questi due monomeri scatena la loro
capacità di tagliarsi e attivarsi e scatenerà l’attività di altre
caspasi iniziatrici.
Qui a sinistra vediamo una caspasi effettrice che ha tagliato il
dominio iCAD di una DNAasi, che è la CAD normalmente

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tenuta inattiva,infatti le DNAasi sono proteasi che tagliano il DNA e normalmente vengono
tenute inattive per evitare che la cellula si autotagli il DNA quando non serve. Quando va in
apoptosi, invece, le caspasi rimuovo questo blocco, cioè tagliano iCAD, il quale attiva la CAD,
caspase-3 activated Dnase, la quale taglia il DNA tra i nucleosomi; tagliando il DNA tra i
nucleosomi crea delle bande di DNA a lunghezza estremamente regolare e possiamo usare
questa marcatura e questo taglio come indice del fatto che è avvenuta l’apoptosi: con il
passare delle ore (immagine in basso), partendo dal tempo zero al tempo dodici, vediamo è
il DNA iniziale della cellula che viene poi tagliato in frammenti più piccoli e regolari a seguito
dell’attivazione di questa nucleasi.
Quindi se noi abbiamo un gel di DNA possiamo capire se le cellule che abbiamo in coltura
sono andate incontro ad apoptosi o meno perché avremo questo bandeggio regolare dovuto
al taglio dei nucleosomi nel caso in cui le cellule siano andate in apoptosi.
Oppure potremmo usare dei coloranti fluorescenti, delle molecole coniugate ad altre
molecole fluo per visualizzare in vivo le cellule apoptotiche, come succedeva nell’esempio
della zampa, in cui vediamo marcate in verde le cellule che stanno andando in apoptosi nella
zona interdigitale.

Come vengono marcate? Con una proteina chiamata annessina-5 che viene legata a questa
molecola FITC, un fluoroforo che emette del colore verde; quindi, quando l’annessina-5 si
lega a delle membrane di cellule apoptotiche
noi vedremo questo segnale verde.
Come si lega l’annessina? Riconosce tramite
uno ione Ca la fosfatidilserina esposta sul
versante extracellulare
Nelle prime lezione abbiamo detto che il
versante intracellulare nelle cellule vive
presenta fosfatidilserina ma che nelle cellule
vive la fosfatidilserina non compare mai sul
versante esterno; quindi quando la cellula va
in apoptosi abbiamo
un'inversione con lo
spostamento della
fosfatidilserina verso
l’esterno, questa che
compare nel versante
extracellulare segnala alle
cellule del sistema
immunitario che quella
cellula è andata in
apoptosi e dovrà essere

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eliminata e quindi essere fagocitata.
Possiamo utilizzare questa fosfatidilserina a nostro vantaggio per visualizzare questa
molecola di annessina collegata al fluoroforo
A livello invece di sistema immunitario l’esposizione della fosfatidilserina manda un segnale
con scritto “MANGIAMI” alla cellula sistema immunitario, quindi ad un fagocita, questo
riconoscerà con i suoi recettori questa fosfatidilserina esposta sui corpi apoptotici e formerà
una protrusione della membrana plasmatica formata da actina che polimerizza intorno al
corpo apoptotico, fintanto che tutto il corpo apoptotico non viene inglobato completamente
dal fagocita, e quindi verrà poi degradato ed eliminato dall’ambiente extracellulare.
Allo stesso tempo questi fagociti possono rilasciare delle citochine che mediano una
attenuazione di eventuali risposte infiammatorie che possono essere scatenate, perché
ovviamente la cellula può anche andare in apoptosi dovuta per esempio ad un danno
tessutale o un danno a livello infiammatorio; quindi nel dubbio la cellula rilascia queste
citochine come DGFbeta che abbiamo visto la lezione precedente che mediano l’eventuale
risposta infiammatoria presente nella zona in cui la cellula è andata in apoptosi.

Le vie di attivazione dell’apoptosi


Esistono due vie per mandare una cellula in apoptosi:
● Via intrinseca, che prevede una apoptosi dovuta per esempio da un danno al DNA,
da stress da proteine misfoldate, ovvero che non vengono foldate
(ripiegate)correttamente che causa inevitabilmente un potenziale danno alla cellula
che viene dunque mandata in apoptosi. Come viene mandata in apoptosi tramite
questa via? Ci saranno delle proteine pro-apoptotiche appartenenti alla famiglia delle
BCl2??, che formano dei pori nella membrana esterna del mitocondrio, dai quali
verrà rilasciato il citocromo c, che è una molecola che funge da segnale attivatorio
delle caspasi. Quindi la via intrinseca è sostanzialmente una via mitocondriale.
● Via estrinseca, che prevede un’interazione tra un recettore presente membrana con
un determinato ligando esterno, questa interazione ligando-recettore induce
direttamente le caspasi (quindi in questo caso non passiamo dalla via mitocondriale e
non serve il rilascio del citocromo c). Questa interazione ligando-recettore sarà
sufficiente ad attivare le caspasi iniziatrici e daranno inizio alla cascata con
attivazione delle caspasi effettrici, le quali medieranno la formazione dei corpi
apoptotici che poi verranno eliminati dalle cellule del sistema immunitario.

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Via intrinseca (o via mitocondriale)

Le caspasi vengono attivate dal rilascio molecole rossa, il citocromo C, si forma un poro nella
membrana esterna del mitocondrio e il citocromo C esce dal mitocondrio e va a legarsi ad
una proteina chiamata Apaf1, induce un rimodellamento della sua struttura tridimensionale
tale per cui viene esposto il dominio azzurro, chiamato dominio CAD, che è un dominio di
reclutamento delle caspasi ed è esposto solo in seguito al legame di apas1 con il citocromo
C.
A questo punto si assemblano 7 unità di Apaf1 leganti il citocromo e che espongono tutte
verso l’interno la zona azzurra CAD di reclutamento delle caspasi. Le caspasi 9, ad esempio,
hanno questo dominio CAD (dominio regolatore) in azzurro; quindi, si legano a loro volta a
dominio di Apaf1. Quindi se avevamo 7 unità di apaf1 leghiamo 7 unità di caspasi 9,
orientando CARD delle caspasi 9 sopra il CAD di apaf1. Si forma questa struttura chiamata
apoptosoma che media l’attivazione di queste caspasi iniziatrici (caspasi 9), le quali mediano
poi l’attivazione di caspasi esecutrici. Arriviamo così all’induzione ad apoptosi.
Chi è forma il poro sul mitocondrio da cui esce il citocromo? Sono delle proteine
appartenenti alla famiglia di BCl2. Nella famiglia di BCl2 in realtà abbiamo delle proteine sia
antiapoptotiche (come BCl2) sia proapoptotiche (come Bax e Bak), quindi esisterà
sostanzialmente un equilibrio tra il numero di molecole di proteine BCl2 proapoptotiche e
proteine BCl2 antiapoptotiche. Se abbiamo una maggior quantità di proteine
proapoptotiche, verrà creato il poro nella membrana esterna del mitocondrio e uscirà il
citocromo e indurrà l’apoptosi. Quindi Bax e Bak sono quelle proteine che si associano sulla
membrana esterna del mitocondrio e formano questo poro tramite cui esce il citocromo.
Loro però si associano solo nel caso in cui la proteina BCl2 venga inattivata; altrimenti BCl2,
essendo anapototica tende ad inibire la formazione del poro sulla membrana del

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mitocondrio. Quindi lo stimolo apoptotico inibisce le BCl2 e fa sì che ci sia la formazione del
poro sul mitocondrio.
In questa immagine si vede come nella via inattiva abbiamo BCl2 attiva, che inibisce proteine
verdi (Bax e Bak) che si assocerebbero per creare poro. Questo fintanto che la BCl2
antiapoptotica è attiva. Se arriva però lo stimolo apoptotico, questo è in grado di attivare la
proteina Na-BH3, sempre appartenente alla famiglia delle BCl, questa, chiamata anche
proteina Puma o Bad, è in
grado di inattivare/inibire
la BCl2 antiapoptotica.
Questa Nabh3 (verde)
inibisce la proteina BCl2
che non riuscirà più a
fermare l’azione delle
proteine Bax e Bak nella
formazione del
mitocondrio. Verrà quindi
creato il poro da cui
uscirà il citocromo C e
tutto questo scatenerà
l’apoptosoma.
Quindi ricapitolando, abbiamo un danno al DNA o stress mis-foldate, questo attiva il rilascio
del citocromo C, tramite Bax e Bak, il citocromo si lega a Apaf1, il quale, tramite ATP come
fonte di energia, si assembla in 7 unità che formano il nucleosoma; in verde abbiamo il
dominio CARD, il legame delle caspasi iniziatrici, arriva la caspasi 9, che è la caspasi
iniziatrice, si attacca al dominio CAD, si attiva e a sua volta taglia le caspasi effettrici, come la
casp-3.

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SCHEMA GENERALE:
Tutto parte ad esempio da uno stimolo
apoptotico mediato da P53, che attiva per
esempio puma, che era la proteina chiamata
nabh3, la quale inibisce BCl2 antiapoptotica e
fa si che Bax evadano a fare il poro sulla
membrana mitocondriale, esce il citocromo,
che attiva apaf1, forma l’apoptosoma, attiva la
caspasi 9 e in seguito le caspasi effettrici 3 e 7.
Abbiamo tutte le componenti della cellula e si
creano così i corpi apoptotici.

Via estrinseca

In questo caso il mitocondrio non ha un ruolo. Tutto quanto è mediato dall’interazione tra
ligandi presenti nella membrana plasmatica della cellula che deve andare in apoptosi, in
particolar modo abbiamo i linfociti T, o citotossici o killer, che presentano un ligando,
chiamato ligando FAS, in grado di attaccarsi a delle cellule che espongono il recettore di
morte fas, queste sono cellule che hanno subito un danno e andranno in apoptosi grazie
all’esposizione di questo recettore che verrà riconosciuto dai linfociti T
Cosa succede quando abbiamo il legame tra ligando FAS e recettore di morte FAS? Succede
che all’interno ci sono i domini rossi attaccati al recettore, chiamati domini di morte, che
riconoscono i domini di morte sulla proteina adattatrice che attiva una caspasi 8 (nella via

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intrinseca mitocondriale avevamo la caspasi 9) che viene reclutata sul dominio effettore di
morte della proteina adattatrice FAS. Si forma il complesso DISC. Una volta che questo
complesso si è formato la caspasi 8 taglia il suo legame con il resto del complesso, si
riassembla il suo tetramero e diventa attivo mediando la cascata di attivazione delle caspasi
effettrici.
Tutto questo, ad esempio, porta all’eliminazione non solo di cellule che hanno subito danni
al DNA ma anche ad eliminare cellule tumorali. Può succedere che la disformazione
tumorale sia sufficiente ad esporre dei recettori che vengono poi legati dai ligandi FAS dei
linfociti t citotossici, che sono quindi in grado di eliminare delle cellule che sono andate
incontro a trasformazione tumorale. Quindi questa via porta non soltanto all’eliminazione di
cellule difettose e danneggiate dal punto di vista del DNA e delle proteine ma anche
all’eliminazione di cellule tumorali. Tutto questo tramite apoptosi mediata dal legame tra
recettore di morte FAS e ligando FAS.

LE DUE VIE A CONFRONTO:

A sinistra abbiamo la via estrinseca dove abbiamo il legame tra recettore di morte e ligando.
Attivano la caspasi 8, la quale attiva la caspasi iniziatrice e attiva le caspasi 3, 6 e 7. Al
contrario nella via intrinseca (a destra) abbiamo la attivazione di un canale a livello della
membrana mitocondriale, dal quale fuoriesce il citocromo c, il quale attiva il complesso
Apaf1-caspasi 9 (non la caspasi 8) che taglia tutte le caspasi effettrici 3 e 7.

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Quindi a questo punto possiamo capire a cosa servissero quelle vie di segnalazione (di cui si
è parlato nella lezione precedente) ad esempio mediate da P3chinasi, che servono a
mantenere attiva la proteina BCl2 antiapoptotica. A valle dei recettori tirosin-chinasici c’era
l’attivazione di questa proteina PKB con delle fosforilazioni inviate da PDK1. Questa mantiene
la sopravvivenza cellulare proprio perché va ad inattivare Bac che a sua volta manderebbe
BCl2 nella sua forma inattiva. Quindi inibisce di fatto l’apoptosi. Quindi è importante che la
cellula abbia dei segnali di sopravvivenza perché altrimenti andrebbe incontro ad apoptosi
spontanea, in assenza di stimoli che ne mediano la sopravvivenza.
Se immaginiamo un recettore tirosin-chinasico senza un ligando, la P3chinasi è inattiva,
quindi la bcl2 è inattivo, Bax e Bac formano il poro nella membrana del mitocondrio e fa
uscire il citocromo c, il quale attiva la caspasi; quindi, tutto va in apoptosi.
Per fortuna viene mantenuta l’attività delle chinasi quasi sempre attiva, fino a quando viene
programmata la morte cellulare, e dunque BCl2 è attivo e quindi Bax e Bac non formano il
poro e il citocromo c non esce e la cellula non va in apoptosi.
Tutto questo quindi ci dice che i fattori di crescita sono estremamente importanti per
controllare la sopravvivenza delle cellule. Durante lo sviluppo, ad esempio, a livello
neuronale, non tutti i neuroni che si formano durante le prime parti dello sviluppo
sopravvivranno, ma ci sarà una competizione.
Quindi solamente la metà dei neuroni formati durante lo sviluppo riuscirà a percepire dei
segnali di sopravvivenza tali da non farli andare in apoptosi; gli altri andranno in apoptosi e
quindi nel tessuto adulto ci troveremo con una struttura formata effettivamente dal numero
di neuroni dipendenti dalla disponibilità dei fattori di crescita.

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