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Piazza (Sociologia dei fenomeni politici)

Solo per andare via: Le proteste dei/delle migranti in Sicilia


1.Introduzione.
Negli ultimi anni In Italia le migranti sono sempre più diventati protagonisti della scena politica e mediatica.
Di certo come oggetto della contesa politica e dell'attenzione mediatica. La regolamentazione dei flussi
migratori è diventato un punto fisso dell’agenda dai governi italiani, sia di centrodestra che di
centrosinistra, e ancor più del governo Movimento 5 stelle- Lega in carica , così come di quella europea; le
cronache riportano spesso notizie di sbarchi sulle coste italiane, enfatizzando aumenti e diminuzioni dei
flussi ; Alcuni partiti politici utilizzano strumentalmente il tema dell’immigrazione per accrescere il proprio
consenso politico, utilizzando facili slogan “stop invasione”, che rinforzano un generale senso di insicurezza.
Tuttavia le migranti sono anche protagoniste come soggetti attivi nelle mobilitazioni e in alcune campagne
di protesta che animano le piazze negli ultimi anni. Ci riferiamo al movimento migranti e rifugiati di Caserta
attivo dal 2002; alle mobilitazioni di Rosarno o al cosiddetto sciopero delle rotonde di Castel Volturno nel
2010; alle proteste contro il caporalato a Nandò guidate da Ivan Sagnet, a partire dall’estate 2011; al
movimento di lotta per la casa romano (in cui il picco di mobilitazione si è raggiunto tra il 2012 e il 2013
con lo tsunami tour) dalla composizione decisamente multietnica gola alle campagne di protesta dei
facchini della logistica del nord est dal 2016; ancora, alle recenti lotte dei braccianti in Puglia e in Calabria
guidate dal sindacalista USB abubakar soumahoro ; infine, alle recenti mobilitazioni degli indiani Sikh,
braccianti nelle campagne dell'agro pontino.
Condizioni di vita sfruttamento sul lavoro, diritto alla casa sono i temi principali di queste mobilitazioni, che
hanno visto le migranti lottare fianco a fianco con le attiviste autoctone dei sindacati conflittuali e del
movimento delle occupazioni di case e centri sociali. Il susseguirsi di eventi di protesta con una
composizione etnica varia e con un forte protagonismo delle migranti, ci ha spinto ad interrogarci sulle
proteste delle migranti in Sicilia, isola di frontiera, punto di arrivo per molte, ma anche punto di passaggio
obbligato per continuare il proprio viaggio verso nord. Questo contributo è parte di una più ampia analisi
delle proteste delle migranti in Sicilia, e non per le migranti; proteste quindi in cui le migranti hanno avuto
un ruolo attivo e sono soprattutto soggetti e non solo oggetto delle mobilitazioni. Riteniamo infatti che
l'approccio convenzionale allo studio del fenomeno migratorio, basato soprattutto sull’analisi dei flussi,
corra il rischio di considerare le migranti come anonima massa in movimento, le cui uniche specificità sono
la vulnerabilità, l'essere oggetto di controlli e misure repressive o di varie forme di assistenzialismo.
Riteniamo utile lo sviluppo di un approccio critico allo studio delle migrazioni, in cui le migranti recuperano
la propria autonomia d'azione e un ruolo attivo.
2. La Sicilia porta d'Italia e porta d'Europa
Se l'Italia è una delle più importanti porte d'Europa per le migranti provenienti dall’Africa e dai paesi
dell'est, La Sicilia in particolare è il principale, anche se non esclusivo, d'approdo in Italia in quanto il 92%
degli sbarchi avviene sulle sue coste, diventate punto di arrivo delle migranti in fuga da guerre, fame e
miseria. La maggior parte arriva dalla Tunisia (22%) e dai paesi subsahariani, come l'eritrea (14%), il Sudan
(7% ) e la Nigeria (6% ); inoltre, con la chiusura della rotta balcanica a seguito degli accordi tra Turchia ed
Unione europea, dal 2016 l'arrivo di rifugiati siriani In Sicilia è aumentato. La cronaca degli ultimi anni si è
riempita dei viaggi delle migranti nel Mediterraneo per raggiungere le coste siciliane spesso finite in vere e
proprie tragedie del mare. Secondo l'organizzazione internazionale per la migrazione, negli ultimi 15 anni
più di 30.000 sono le migranti morte o disperse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Nello specifico
si tratta di circa 3500 morti/dispersi nel 2014, 3770 nel 2015, 5020 nel 2016, 2830 nel 2017 e 1850 fino ad
ottobre 2018. Alcune di queste tragedie hanno fatto emergere il tema dei rischi dei viaggi in mare delle
migranti e hanno profondamente scosso l'opinione pubblica, anche se temporaneamente. Ricordiamo il
naufragio del 3 ottobre 2013 quando una barca che trasportava migranti dalla Libia all'Italia e affondata al
largo delle coste di Lampedusa, causando la morte di più di 360 persone. Due anni dopo, il 18 aprile 2015,
più di 800 migranti sono naufragati al largo delle coste libiche nel tentativo di attraversare il Canale di
Sicilia. Oltre ad essere un punto di approdo tra i principali, la Sicilia è considerata anche come un punto di
transito per chi vuole continuare il proprio viaggio verso il nord dell'Italia e dell'Europa, per trovare un
lavoro o ricongiungersi con i propri familiari. Fino al 2015, il transito dall'Italia all'Europa era stato facilitato
dall' assenza dei controlli lungo le frontiere. Con la sospensione del trattato di Shengen, e soprattutto, la
ratifica del trattato di Dublino III, i controlli ai confini sono aumentati. Le migranti irregolari sono respinte
alla frontiera e sono forzate a rimanere in Italia o ad attraversare i confini in maniera illegale. Nonostante
ciò, La Sicilia è anche un luogo dove le migranti rimangono per scelta o perché ospiti o detenute nei centri
di accoglienza/detenzione. Il più grande è il CARA di Mineo, in provincia di Catania, recentemente noto per
gli scandali sulla sua gestione corrotta.
3. le politiche italiane sull’immigrazione: regolamentazione e accoglienza
Negli ultimi 10 anni le politiche sulla gestione dei flussi migratori in Italia sono diventate sempre più
restrittive e punitive nei confronti delle migranti, per iniziativa di governi sia di centrodestra che di
centrosinistra. Dopo il naufragio dell'ottobre 2013, era partita l'operazione Mare Nostrum, che prevedeva
l'impiego delle navi militari italiane nel Mediterraneo con l'obiettivo di evitare nuovi naufragi. I costi
dell'operazione e i numeri di arrivi in crescita, hanno portato nel 2014 alla sostituzione dell’operazione
Mare Nostrum con l'operazione Triton, gestita da Frontex il cui quartier generale si trova a Catania dal
2015. L'operazione Triton si è rivelata inadeguata in più di un'occasione sia nel controllo dei confini sia nel
salvataggio delle migranti in mare. Nel tentativo di diminuire i flussi in arrivo, nel 2017 il governo italiano di
centrosinistra, col ministro degli interni Minniti, ha firmato un accordo con alcuni sindaci e capitribù libici, i
quali, in cambio di denaro, si sono impegnati a prevenire le partenze delle migranti dalle coste libiche.
Questo accordo è stato molto criticato dalle associazioni antirazziste, perché visto come una sorta di
esternalizzazione dei confini europei in Libia perché la riduzione degli arrivi non ha significato la riduzione
delle morti in mare e per le decrepabili condizioni di vita delle migranti nei campi libici, in cui i diritti umani
sono regolarmente violati. L'attuale governo Movimento 5 stelle -Lega ha riportato la regolazione dei flussi
migratori al centro del dibattito pubblico e politico. Innanzitutto la decisione del ministro degli interni
Salvini di chiudere i porti alle navi che salvano le migranti nel Mediterraneo, come nel caso della
motovedetta diciotti; decisione molto contestata, ma anche sostenuta dal consenso di buona parte
dell'opinione pubblica. Poi, il decreto Salvini, che restringe la possibilità di ottenere l'asilo o il permesso di
soggiorno, annullando la possibilità di appellarsi qualora la richiesta venga rigettata. Per quanto riguarda il
sistema di accoglienza delle migranti in Italia e Sicilia, questo è fornito sia dallo stato sia da associazioni di
volontariato e ONG. Quando le migranti arrivano nei porti viene fatto un primo controllo e si dividono le
richiedenti asilo e le rifugiati dalle migranti economiche, mentre la decisione finale è presa negli hotspot.
Finiti i primi accertamenti, le migranti economiche vengono riportati nei CPR (centri di permanenza e
rimpatrio) e li rimangono nell’attesa di essere espulse mentre le altre sono portate nei CARA nell’attesa di
ricevere la risposta alla loro richiesta d'asilo. Dopo, vengono portate nei CAS (centri di accoglienza
straordinaria) e negli SPRAR( servizio di protezione richiedenti asilo e rifugiati ), gestiti dai comuni. I tempi di
permanenza all'interno dei centri sono spesso molto più lunghi rispetto a quelli previsti dalla legge. Le
migranti si ritrovano quindi a vivere anche per più di un anno in una condizione di limbo, nell’attesa di
essere rimpatriate o di ricevere i documenti. Recenti studi hanno definito questo sistema d'accoglienza
come una fabbrica di illegalità, perché produce discriminazioni e condanna i migranti ad uno status in legale
in Italia. Il decreto Salvini inoltre, ha in parte modificato il sistema di seconda accoglienza allungando i
tempi legali di detenzione delle richiedenti asilo nelle strutture di accoglienza e sopprimendo il sistema
SPRAR, per sostituirlo con uno non ancora identificato. La mancanza di studi sulle proteste delle migranti in
Sicilia e la centralità dell’isola per quanto riguarda gli arrivi, sono i motivi che spiegano perché abbiamo
circoscritto la nostra analisi esclusivamente alla Sicilia. Questo lavoro si basa sull’analisi delle azioni
collettive di protesta delle migranti, intendendo tutte quelle azioni realizzate da gruppi che agiscono in vista
di un obiettivo, di un cambiamento o della resistenza ad un cambiamento. Abbiamo dunque considerato
azioni collettive, anche se non era chiaro dalle fonti di stampa consultate se queste fossero organizzate o
spontanee. Abbiamo integrato l'interpretazione dei dati raccolti con 5 interviste semi-strutturate
somministrate ad alcuni attivisti migranti e autoctoni, considerati come key informants, sia facenti parte di
reti di movimento sociale, sia del mondo associativo che si occupa di temi legati all'immigrazione e dunque
capaci di avere un punto di vista che riguarda l'intera isola.
4.Le proteste delle migranti: sporadiche e single issue
Nell’analizzare le azioni collettive delle migranti emerge con immediata car e chiarezza la loro sporadicità e
di loro essere concentrate su specifici temi. Infatti, risulta che le proteste delle migranti in Sicilia non hanno
un carattere continuo e stabile, nonostante i continui arrivi sulle coste isolane ma, al contrario, si tratta di
eventi sporadici e discontinui. Nel grafico riportiamo la frequenza dei 54 eventi di protesta registrati per gli
anni considerati nell’analisi.

Chart Title
25

20

15

10

0
2013 2014 2015 2016 2017 2018

Serie 1 Serie 2 Serie 3

Dal grafico è chiaro che a parte un picco nel 2013, dal 2014 in poi abbiamo registrato meno di 10 azioni
collettive di protesta ogni anno in tutta la regione. È possibile che questi numeri siano falsati dalla fonte dei
nostri dati, tuttavia la scarsità di proteste delle migranti emerge anche dalle interviste. Infatti, tutti gli
attivisti intervistati hanno difficoltà a ricordare eventi o periodi di mobilitazione alta negli ultimi 5 anni, a
parte sporadiche proteste eclatanti come quelle del CARA di Mineo. Nel raccogliere i dati, abbiamo anche
registrato sia il luogo geografico che lo spazio fisico punto per quanto riguarda il luogo, tutte le province
siciliane sono state interessate dagli eventi considerati, tranne le province di Enna e di Ragusa. Nella tabella
che segue, riportiamo i luoghi in cui si sono svolte le proteste registrate.

Agrigento 6 11.1
Caltanisetta 1 1.8
Catania 1 1.8
Lampedusa 13 24.1
Mineo 10 18.5
Palermo 10 18.5
Siracusa 3 5.6
Trapani 10 18.5
Totale 54 100

Data la particolare concentrazione di eventi a Mineo e Lampedusa, abbiamo deciso di isolare i due luoghi
per evidenziare come siano, rispetto ad altri, particolarmente coinvolti negli eventi registrati. Notevole
anche il numero di Proto proteste registrate in provincia di Palermo e Trapani. Spazialmente e
geograficamente quindi, le proteste delle migranti in Sicilia negli ultimi 5 anni sono legate ai centri di
accoglienza /detenzione. sebbene la natura di queste azioni sia sporadica e discontinua concentrata
spazialmente attorno e all'interno dei centri di accoglienza /detenzione, le forme di proteste utilizzate dalle
migranti sono varie e virgola per certi versi, anche radicali. Riportiamo nella tabella che segue le forme di
protesta utilizzate dalle migranti nell’arco di tempo considerate.
N %
Blocco stradale 13 24.3
Fuga 6 11.1
Danneggiamento cose 12 22.2
Corteo 4 7.4
Occupazione 3 5.6
Sciopero della fame 3 5.6
Sit-in 8 14.8
Autolesionismo 1 1.9

Le azioni collettive delle migranti negli ultimi 5 anni in Sicilia riguardano la loro condizione di migranti,
quindi di persone in transito per vari motivi da una parte all'altra del mondo virgola che sperimentano
diverse forme di segregazione e segregazione difficoltà nel regolarizzare la propria presenza in Italia.
Sebbene alcune proteste siano legate alle condizioni di vita all'interno dei centri o alla mancata erogazione
del Pocket money giornaliero, molte di queste riguardano leader per ottenere i documenti o la volontà di
spostarsi altrove virgola e dunque sono legate al desiderio di continuare il proprio viaggio.
5.Conclusioni
in questo contributo abbiamo descritto e analizzato le proteste delle migranti in Sicilia dal 2013 al 2018.
Dall'analisi emerge che questo tipo di azioni collettive sono state sporadiche e discontinue, sebbene spesso
radicali nelle forme e sedate con l'intervento delle forze dell'ordine. Inoltre, si tratta di proteste single issue,
e dire riferite ad un unico tema cioè le condizioni delle migranti in Sicilia in quanto tali ospiti, detenuti nei
centri di accoglienza o detenzione. Non si è registrato infatti quasi mai eventi di protesta legati ad altri temi
o condizioni di vita e di lavoro che le migranti stanziali lì in Sicilia sperimentano, come ad esempio lo
sfruttamento lavorativo, ma quasi esclusivamente al macro-tema che riguarda le migranti come soggetti in
transito, in movimento. Molte delle rivendicazioni espresse in queste proteste, infatti, riguardano la volontà
delle migranti ospiti o detenuti in un centro di voler andare via dalla Sicilia, per continuare il proprio viaggio
verso la meta desiderata. Le opportunità lavorative scarse, il voler ricongiungersi con la propria famiglia o
conoscenti, un sistema di accoglienza migliore che garantisca più diritti e supporto, sono i motivi per cui le
migranti arrivate in Sicilia decidono di andare via e virgola per questo, fuggono o protestano contro ciò che
impedisce loro di continuare il loro cammino. Non tutte le migranti che arrivano in Sicilia vanno via anche se
un destino che accomuna molte.

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